il Brigante www.ilbrigante.it
MAGAZINE PER IL SUD DEL TERZO MILLENNIO
IL FOCUS Trivelle e traditori e il Sud paga ancora
ANNO 14 - N. 43 DICEMBRE 2014 € 2,00
DANNY WISE ‘A BONAFFICIATA FIRENZE CAPITALE L’alta moda sicula Tra cartelle e fagioli Luci ed ombre approda nel mondo un gioco senza tempo sull’accordo del 1864
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JINGLE BLACK
ingle Bells, Jingle Bells … Il Natale si avvicina. I colorati folletti di Santa Claus, che lavorano tutto l’anno per tagliare il traguardo della consegna dei doni entro la magica notte, stanno intensificando il loro già febbrile ed instancabile ritmo.
Nella slitta di Babbo Natale, tra riforme e rincari, convivono allegramente lo “Sblocca Italia” e tre regioni d’Italia. Meridionali, naturalmente. Sono la Puglia, la Sicilia e la Basilicata, tutte sedi di giacimenti petroliferi dai quali non solo non traggono alcun beneficio, ma, essendo per il nostro Sud la beffa compagna di viaggio più puntuale del danno, si apprestano a ricevere l’ennesimo “regalo”.
Grazie al compagno di viaggio “Sblocca Italia”, infatti, la gestione dell’energia è passata da materia regionale a materia nazionale, col risultato che le nostre tre sorelle, oltre a non godere della ricchezza di una propria
G INO G IAMMARINO
materia prima, tra poco si ritroveranno “invase” dalle trivelle, con i poco confortanti esiti che leggerete più avanti. Un’amara considerazione che si può fare è certamente quella di un governo italiano che ormai lavora, a prescindere da sigle e imbonitori politici che si susseguono, contro le terre ed i popoli che ne compongono la poco omogenea struttura, per conto terzi.
A Tempa Rossa e Guardia Perticara (la prima è un giacimento, la seconda ospiterà i depositi di GPL), per fare un esempio, con la compagnia olandese Shell ci sono i francesi della Total ed i giapponesi della Mitsui E&P Italia che hanno acquistato il loro 25% proprio dai francesi. Fanalino di coda è proprio l’italica ENI, detentrice solo del 21%.
Sgombriamo il campo dagli equivoci: non stiamo facendo l’ennesima lamentela inconcludente e suicida, tanto cara ai nostri governanti e ad un certo Nord
supponente per giustificare e ribaltare i propri torti sui meridionali. Sappiamo benissimo che oggi le economie non hanno confini e che un certo meridionalismo, quando parla di sudditanza alle imprese “italiane” si dimostra ormai fuori dalla realtà. Ma non possiamo non sottolineare le scriteriate manchevolezze di chi toglie ai poveri per dare ai ricchi, indossando la divisa del lacchè.
Per restare nelle favole, assistiamo allo spettacolo poco edificante di un governo tricolore che, travestito da Robin Hood, tassa in misura insopportabile gli abitanti della foresta di Sherwood per poi consegnare il bottino allo sceriffo della contea di Nottinghamshire il quale, a sua volta, lo consegna ad un sovrano usurpatore. Derubate e mazziate, le tre Cenerentole (che si contrappongono alle sette sorelle del petrolio) assistono alla messa in scena
con l’atteggiamento allibito di chi ha subito uno scippo e non riesce a farsene una ragione.
Jingle Bells, Jingle Bells … Natale si avvicina. Le renne sono morte da tempo, uccise da un pianeta che sacrifica l’ambiente agli interessi delle compagnie petrolifere, e un Santa Claus sporco di petrolio e cattivo come un Greemlin comincia a fare il pieno di benzina alla propria slitta turbo – sedici valvole. Ma quanto è strano il destino di questo nostro Sud: una volta ai bambini cattivi Babbo Natale, che era la bontà fatta persona, portava del carbone. Ai giorni nostri, un Babbo Natale incattivito regala carbon fossile ai ricchi petrolieri.
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Il focus Le trivelle alla conquista del Sud L’analisi petrolio e salute, esiste un nesso? La politica Quattro passi verso la libertà Le previsioni AsCoMer consigli per gli aquisti natalizi L’iniziativa CCIA Napoli sostiene il commercio nelle feste L’impresa Danny Wise dalla Sicilia nel Mondo L’emendamento un brigante a Montecitorio L’identità La tragica fine del generale Borjes L’ esposizione Il museo del brigantaggio Stampa&regime “the National” go on! La tradizione ‘A Bonafficiata Il collezionista Cartoline da Napoli La gastronomia parte il progetto Capitan Cooking Il teatro L’identità sale sul palco Il cinema La scuola più bella del mondo Il cinema L’altro Adamo La lettura La controrivoluzione La storia Firenze capitale: luci ed ombre su un accordo
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DIREttORE RESpONSABILE GINO GIAMMARINO VICE DIREttORE SIMONA BUONAURA HANNO COLLABORAtO: VITTORIO CROCE ANTONIO GENTILE VALENTINA GIUNGATI GERMANA GRASSO MAURIZIO MEROLLA ROSI PADOVANI VITTORIO RAIO RAFFAELE SANTILLO LUCIANO SALERA CANIO TRIONE SERGIO ZAZZERA PAOLA VONA
piazza Stazione Centrale piazza Garibaldi, 136 - 80142 Napoli www. il br igan te.it info@ ilb rig ant e.com tel. 081 19339716 pROGEttO GRAFICO FRANCESCO CARDAMONE FOtOGRAFO CIRO ANDREOTTI
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La rivista è stata chiusa il giorno 1 Dembre alle ore 14:00 Autorizzazione Tribunale Napoli n. 5159 decreto 22/11/2000 A NNO 14 - NUMER O 4 3
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IL SUD NUOVA TERRA DI CONQUISTA DEI PETROLIERI
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a minaccia petrolifera incombe sulle bellezze del Sud. Qualcuno, dall’alto, ha deciso che le trivelle saranno il futuro del nostro mare e, molto probabilmente, saranno anche la sua fine. Nonostante le ultime stime del ministero dello Sviluppo economico abbiano riferito che la quantità di idrocarburi che si trova nel sottosuolo delle nostre splendide regioni e nei fondali marini, soddisfi solamente per qualche mese i consumi nazionali, i ‘potenti’ del
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SERVIZIO A CuRA DI RAFFAELE SANtILLO
nostro Paese hanno deciso che vale la pena rischiare. Tutto nasce dal decreto legge ‘Sblocca Italia’ del governo, diretto dal premier Matteo Renzi, e dal famigerato articolo numero 38. Si tratta di una norma che taglia fuori completamente le Regioni, riportando in capo ai ministeri le autorizzazioni ambientali per le concessioni a trivellare, denominate offshore (in mare). Per le concessioni sulla terra ferma (onshore), invece, il decreto fa riferimento a intese con le Regioni interessate. La
La situazione in Basilicata
a Lucania è la Regione che più di altre è interessata all’argomento ‘petrolio’, se non altro perché ospita il più grande giacimento dell’Europa continentale. Qui l’oro nero venne scoperto nel 1987. Grazie alla Basilicata, l’Italia è al quarto posto fra i paesi europei produt-
tori di petrolio. La Val d’Angri, dove si concentra il bacino più importante, da sola produce l’82% del petrolio italiano e possiede, come detto, il più grande giacimento di petrolio onshore (sulla terraferma) dell’Europa continentale. Gli ambientalisti hanno sottolineato come il nuovo
competenza, comunque, è attribuita al ministero dello Sviluppo economico; le procedure autorizzative (Via) per istanze, permessi di ricerca, concessioni, invece, sono di competenza del ministero dell’Ambiente e non più delle Regioni, come accadeva in passato. Le grandi compagnie petrolifere, ovviamente, hanno subito approfittato della situazione e in poche settimane hanno presentato oltre 120 richieste per la ricerca di idrocarburi in terraferma e in mare. Insomma, un’area di 145 chilometri quadrati,
provvedimento del Governo metta a serio rischio la Lucania. Inoltre, dallo studio condotto dal ‘Centro Grif – Fabio Gob’ (illustrato alcune settimane fa a Potenza), è emerso che i lavori per il nuovo giacimento di ‘Tempa Rossa’ sono quasi
di cui 123 in mare, che va dall’Adriatico al Tirreno, fino al Golfo di Taranto e al Canale di Sicilia, rischia di venire interessata dalle perforazioni delle trivelle. I residenti delle regioni coinvolte (praticamente tutte quelle del Meridionale dell’Italia), mossi dall’amore per la loro terra, affiancati dagli ambientalisti di svariate associazioni, sono scesi in piazza per dire ‘no’ alle trivelle. Ecco qual è la situazione nelle diverse regioni del Sud.
completati e nel 2016 cominceranno le estrazioni. A pieno regime il sito ‘produrrà’ 50mila barili al giorno: questo è il dato più spaventoso.
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7 La situazione in Sicilia
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a situazione in Sicilia. Ci spostiamo di alcune centinaia di chilometri ed arriviamo nella splendida Sicilia,
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dove già si pensa ad un referendum contro le trivellazioni. E’ arrivata, infatti, in commissione Ambiente all’Ars la proposta referendaria del M5s per fermare le trivellazioni e annullare gli effetti dell’articolo 38 dello Sblocca Italia. Greenpeace, Wwf e Italia nostra, sostenuti da Enzo Maiorca e dalla moglie, diffidano il
La situazione in Campania
e compagnie petrolifere hanno messo gli occhi anche sulla Campania. Ad interessare le multinazionali dell’oro nero sono soprattutto il Sannio e l’Irpinia. A tal proposito, la Regione, diretta dal governatore Stefano Caldoro, ha preso una posizione netta, chiara, decisa, dicendo ‘NO” alle trivelle e annunciando il
ricorso alla Consulta contro lo ‘Sblocca Italia’. Il caso in Campania è scoppiato nella cittadina di Gesualdo, dove una società aveva programmato trivellazioni ad appena 350 metri dal centro storico, progetto allegato al permesso di ricerca all’attenzione della Regione, che con lo ‘Sblocca Italia’ ha certamente meno voce in
ministero dell’Ambiente dal dare l’ok ai piani di trivellazione nel Canale di Sicilia avanzati dalla Schlumberger italiana. “Abbiamo analizzato bene le carte e siamo davanti, a nostro giudizio, a gravissime omissioni, che non possono essere taciute. Ecco perché oltre alle osservazioni, abbiamo ritenuto importante inviare anche una diffida alla com-
missione ‘Via’, affinché, alla luce di quanto da noi evidenziato, si fermino subito questi progetti”. Questa è la posizione ufficiale delle associazioni ambientaliste. La Schlumberger ha presentato richiesta per due progetti di ricerca nel Canale di Sicilia, uno tra Capo Passero e Malta, e uno tra Malta e Pantelleria.
capitolo. L’assessore delegato all’Energia Fucci ha chiesto di fermare le trivellazioni, proponendo alla giunta un ricorso alla Consulta contro il decreto legge del governo. Il provvedimento è stato discusso ed approvato da tutti i gruppi anche in Consiglio. L’ordine del giorno impegna la giunta a intraprendere qualsiasi
iniziativa utile per modificare gli articoli 36, 37 e 38 dello ‘Sblocca Italia’.
La situazione in Calabria
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nche la Calabria, soprattutto il suo versante Ionico, è
interessata alla nuova ‘moda’ delle trivellazioni. La zona più a rischio è quella di Soverato. Così come accaduto in Campania, Antonella Stasi, presidente con funzioni della Regione calabrese, aveva fatto proprio l’appel-
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lo sottoscritto da diverse associazioni ambientaliste, decidendo di impugnare lo ‘Sblocca Italia’. Questo accadeva pochi giorni prima delle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale della Calabria, che ha sancito la vittoria del candidato del Partito
democratico Mario Oliverio. Adesso cosa succederà? Il nuovo governatore continuerà la strada intrapresa dal predecessore, agendo contro il governo del suo stesso colore politico?
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La situazione in Abruzzo
e trivelle mettono a rischio anche le bellezze naturali dell’Abruzzo. A lanciare l’allarme è la Confcommercio di Pescara, che invita il governatore Luciano D’Al-
fonso a ricorrere alla Corte Costituzionale contro lo ‘Sblocca Italia’. “Deve essere chiaro a tutti – fanno sapere i vertici di Confcommercio - che il vero petrolio della nostra Regio-
ne è il turismo e che occorre abbandonare senza indugio ogni scellerata e improbabile strategia che pensi che le trivelle petrolifere possano essere
La situazione in Puglia
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a Puglia, soprattutto la zona di Gallipoli, interessa sempre più alle multinazionali intenzionate a trovare il petrolio nei
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mari del Salento. Il 5 novembre scorso, infatti, la Schlumberger Italiana spa ha presentato un’istanza al ministero per lo Sviluppo economico per l’avvio di alcune prospezioni nell’area marina che interessa 14 comuni. La zona indicata nella richiesta è molto vasta e va dal Golfo di Taranto, passando per le
coste calabresi, fino a Leuca. L’istanza per le prospezioni riguarda anche un tratto di mare che dista 12,3 miglia dal sito di importanza comunitaria ‘Litorale di Gallipoli e Isola Sant’Andrea’ e a 12,1 miglia dal ‘Litorale di Ugento’. I comuni interessati dovranno presentare le controdeduzioni entro il 4 gennaio 2015.
un motore dell’economia abruzzese”.
Anche in Puglia, come nel resto delle regioni del Sud coinvolte dalla ‘caccia al petrolio’, sono state tantissime le manifestazioni di protesta per dire ‘no’ alle trivelle e per salvaguardare le bellezze dei territori. Basteranno cortei e scioperi per fermare questo nuovo scempio nel Meridione?
L’ORO NERO IN BASILICATA E SICILIA Il parere di Legambiente e Greenpeace
ome già detto una delle regioni che più di altre ha già dato tanto in passato (e rischia di farlo ancora in futuro) in termini di trivellazioni petrolifere è la Basilicata. Per capire cosa accade in Lucania, da oltre quindici anni, abbiamo sentito Marco De Biasi, presidente di Legambiente Basilicata. “Sono anni che faccio l’ambientalista – ha affermato De Biasi – e non mi è mai capitato di incontrare così tante persone disposte a firmare una petizione contro un provvedimento”. Il presidente si riferisce
alla raccolta firme che Legambiente ha organizzato in Basilicata per spingere il governatore Pittella a presentare ricorso contro lo ‘Sblocca Italia’, che rischia seriamente di far diventare il nostro Paese, soprattutto il Meridione, un vero colabrodo. “I lucani – continua – sono stanchi di questa situazione. Sono oltre 15 anni che convivono con le trivellazioni e con i danni che esse comportano. Si tratta, infatti, di un’attività industriale chimica a grosso impatto ambientale. Tra qualche anno, inevitabilmente, ci saranno delle ripercussioni anche sulla salute delle
persone. Del resto, i giacimenti sorgono a pochi chilometri dai centri abitati. A tutto questo, bisogna aggiungere gli scarsi controlli agli impianti eseguiti negli anni. Sembra che l’Eni, in Basilicata, agisca in una situazione di extraterritorialità: tutto gli è concesso e tutto può fare”. Tante concessioni per ottenere in cambio cosa? “Poco o nulla – conclude De Biasi -. La Regione e i Comuni che ospitano gli impianti si dividono il 7% a barile. Purtroppo, queste risorse non vengono utilizzate per il rilancio ambientale, economico ed occupazionale della Basilicata,
così come noi chiediamo inutilmente da tempo”. Anche in Sicilia la situazione è tutt’altro che tranquilla. Alle cinque trivelle offshore già attive (4 di proprietà dell’Eni, una dell’Edison), con lo ‘Sblocca Italia’, altre quattro sono pronte ad iniziare l’opera di estrazione del petrolio. Molto attiva sull’isola è Greenpeace, che, insieme ad altre organizzazioni, associazioni di categoria e alcuni comuni, ha presentato un ricorso al Tar contro ‘Offshore Ibleo’, progetto che prevede la costruzione di otto pozzi, una piattaforma e vari gasdotti al largo della costa tra
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Gela e Licata, e la diffida alla Commissione di Valutazione di Impatto Ambientale del ministero dell’Ambiente affinché stoppi l’eventuale concessione del parere positivo ai progetti di prospezione nel Canale di Sicilia presentati dalla compagnia Schlumberger Italiana. Il responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Andrea Boraschi ha dichiarato: “La nostra associazione si occupa soprattutto dei cambiamenti climatici, provocati dall’utilizzo delle
fonti di energia fossili. Questo è uno dei motivi per cui ci battiamo contro le trivelle”. L’ambientalista di Greenpeace ha le idee molto chiare: “Ritengo che sia folle che un paese come l’Italia, invece di investire sulle nuove energie rinnovabili, preferisca adottare una strategia economica in un settore, come quello del petrolio, scarso e scadente, con grossi rischi per l’ambiente. Scarso perché l’oro nero che c’è ancora nel nostro sottosuolo è veramente poco, utile a soddisfare il fabbi-
sogno nazionale per massimo due mesi. Scadente perché il petrolio italiano è di pessima qualità, pieno di materiale nocivo, che molto spesso viene rimosso subito dopo l’estrazione. A tutto questo si deve aggiungere il grosso impatto ambientale delle trivelle e i danni alla salute delle persone. Questi non sono provocati dall’estrazione in se, ma dai processi successivi, come quello della raffinazione. Non a caso, Gela, che ospita una grossa raffineria dell’Eni,
PAPALEO E QUELLA PUBBLICITÀ
CHE “NON SI DOVEVA FARE”
Ha esordito alla regia con ‘Basilicata coast to coast’ ed ha firmato un brano di musica jazz dal titolo ‘Basilicata on my mind’. Ha lasciato, quindi, l’amaro in bocca al popolo lucano la partecipazione di Rocco Papaleo, lucano doc, allo spot di una nota compagnia energetica che promuoveva sconti sulla benzina nei fine settimana. Oggi si torna a parlare di trivellazioni, dopo che la Lucania si è sentita depredata proprio da quella società (e non solo da quella) dello spot incriminato, società che ha riempito bidoni con il petrolio lucano e da cui il territorio non ha ricavato alcun vantaggio. Abbiamo incontrato l’attore e regista Rocco Papaleo e gli abbiamo chiesto:
Lei è stato attaccato per aver preso parte ad uno spot di una nota compagnia energetica. Come si è difeso? Ha risposto: “non mi sono difeso. Io facevo il mio lavoro e le polemiche che ha suscitato quello spot mi hanno particolarmente ferito. Devo dire la verità, posso anche comprendere le ragioni di quelle polemiche. Ora, a distanza di tempo, ci ripenso con malumore ed ho un certo malessere rispetto ai problemi che sorsero. Se potessi tornare indietro, probabilmente non parteciperei a quello spot”. (ger.gra.)
presenta una situazione ambientale molto critica, con ripercussioni anche sulla salute dei residenti. Infine, non bisogna dimenticare il rischio di un disastro provocato da un guasto ad un pozzo o da una esplosione di una piattaforma. Anche se il combustibile disponibile è in quantità minima, un problema di questo tipo, in un mare praticamente chiuso come il Mediterraneo, potrebbe provocare una tragedia di proporzioni immani”.
l’Analisi
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tRIVELLAZIONI E SALutE. ESIStE uNA CONNESSIONE? MAuRIZIO MEROLLA
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irca l’85% dell’energia primaria mondiale è prodotta dai cosiddetti combustibili fossili (petrolio, carbone e gas naturale). Questa percentuale mette bene in evidenza l’importanza che questi ricoprono nell’economia e nella politica mondiale. Ora, se taluni vantaggi derivanti dalla produzione di energia e dal commercio dei combustibili fossili sono innegabili, altrettanto è da dire riguardo ai rischi che essi comportano, soprattutto per l’ambiente.
L’argomento è quanto mai attuale e di pubblico interesse e difatti ricerca ed estrazione di idrocarburi costituiscono fra gli elementi centranti del Decreto Legge 133 del 12 settembre 2014, ai più noto come lo “Sblocca Italia”. Nel suddetto decreto si annunciano dunque urgenti misure in materia di energia “al fine di valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli
approvvigionamenti del Paese” ed inoltre che “le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilità, urgenti e indifferibili”. Una delle regioni in cui saranno effettuate queste operazioni, attraverso le tanto discusse trivellazioni, è la Basilicata, già principale giacimento petrolifero dell’Europa continentale. Proprio la Basilicata però, così come altre aree interessate dal decreto, pongono all’attenzione alcune criticità che non possono essere ignorate. Innanzitutto, come sottolinea il dottor Gaetano Rivezzi, Presidente Regionale dell’ISDE – Medici per l’Ambiente, queste zone che già possiedono un livello d’inquinamento elevato soffriranno ulteriori sforzi difficilmente sostenibili. “Eventuali guadagni inoltre – afferma Rivezzi – non risarcirebbero comunque la popolazione della Basilicata che corre degli enor-
mi rischi per la salute. A causa del forte inquinamento vi è un forte rischio infatti di trasmettere un’alterazione dello sviluppo genetica, soprattutto fra le donne, che andrebbe a sollecitare processi biologico-molecolari. Questi provocherebbero mutazioni epigenetiche che alterano il programma genico dei feti, cosicché nelle generazioni successive si riscontri un netto aumento del rischio di malattie endocrino-metaboliche, oncologiche (anche in età anticipata), cardiovascolari ed immuno-allergiche”. L’Associazione Medici per l’Ambiente ha inoltre stilato un documento in cui contesta per intero il d.l. Sblocca Italia. A riguardo Rivezzi afferma “Non siamo per bloccare ogni cosa ma bisogna essere attenti a fornire strumenti per poter fare opere senza creare inquinamento. Noi ci battiamo per una Valutazione di Impatto Sanitario (VIS), attualmente non applicato in Italia, ed ancora chiediamo l’adozione del cosiddetto principio di precauzione, che limiterebbe i danni prima ancora di realizzare delle spese”. Quanto mai allarmante la situazione lucana, che non differisce di tanto da quella del resto delle regioni interessate. Sot-
toposte a trivellazioni infatti saranno anche altre aree come la Campania e la Sicilia, che in questo senso non se la passano tanto meglio. Abbiamo raccolto a riguardo i pareri del dottor Marfella, oncologo del Pascale di Napoli, che ha dato interessanti spunti, non solo in ambito medico, sulla questione: “Innanzitutto vi sono due aspetti: il primo è che non si trivella su faglia, negli Stati Uniti è addirittura proibito, mentre l’appennino è il centro della faglia. In secondo luogo quella appenninica è una faglia vulcanica e quindi si tratta di una zona altamente sismica e quindi, un ulteriore pericolo”. Anche dal punto di vista economico, si tratterebbe secondo Marfella di un investimento tutt’altro che giustificato, considerando i rischi che implica. Egli sostiene che il petrolio non
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11 sia più la risorsa che era un tempo e aggiunge un’ulteriore controindicazione, ovvero la pessima
compensazione ambientale”. Un altro aspetto da non sottovalutare secondo
qualità del petrolio locale: “Il petrolio non può avere componente vulcanica. Al contrario il petrolio estratto da noi è ricco di zolfo, che ne impedisce il trasporto per motivi di sicurezza. Questo implica la necessità di raffinare il petrolio in loco, creando un ulteriore danno alla salute delle persone del posto, come in Val d’Agri, in Basilicata, dove nonostante non vi sia ancora un registro tumorale vi è un disastro ambientale certificato. I dati locali forniscono una situazione preoccupante e pongono allo stesso livello di mortalità di Napoli e Caserta, in cui vi è la percentuale più alta, senza però alcuna
l’oncologo è il possibile inquinamento di una delle poche falde acquifere pulite in quanto l’acqua resta comunque il “bene più prezioso che abbiamo”. “Occorre essere molto chiari – conclude Marfella – il rischio che corre l’appennino campano è 10-20 volte superiore a quello che vi è per i lavori in Val Susa. Io quindi mi aspetto una reazione 10-20 volte superiore a quella avuta dai No Tav.
L’unica industria che ci può permettere di uscire in buone condizioni da questa crisi è la tutela del territorio. Questa è una
ALC F&F SRL VIA BOTTICELLI, 25 81031 AVERSA (CE) 081/8135446 – 081/8654749
vera fonte di produzione e che non arrechi danni alla popolazione e alla terra. Si investa sul fotovoltaico e sull’eolico che sono in crescita e non sul petrolio che è in ribasso. Pertanto chi vuole le trivellazioni, senza giri di parole, o è un idiota o è un venduto. Non esistono altre alternative. Queste operazioni non fanno altro che favorire alcuni lobbisti che lo Stato aiuta per favori reciproci. Quali sarebbero questi vantaggi? Se non vi è un ritorno economico e se questi vantaggi comunque non riguardano i cittadini?”. Le proteste contro le trivellazioni non si sono fatte attendere. Ma anche le minimizzazioni e la delegit-
l’Analisi timazione di queste ad opera delle istituzioni, che su temi in cui vi sono alti interessi come quelli delle risorse energetiche, sono sempre state poco aperte al dialogo con le realtà locali. D’altro canto, le varie realtà politiche dei luoghi interessati non sembrano disposte a rinunciare a manifestazioni di dissenso e alla rivendicazione del proprio diritto alla salute, diritto peraltro sancito dalla stessa Costituzione alla quale il Presidente del Consiglio e i suoi ministri hanno giurato fedeltà. L’avranno forse dimenticato in buona fede per la fretta, date “l’urgenza e l’indifferibilità” che caratterizzano queste misure…
la politica
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QuAttRO pASSI VERSO LA LIBERtà Il Sud come Comunità politica cancella l’uniformità statale
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e ultime decisioni dello Stato italiano, che aprono a ulteriori trivellazioni nelle regioni del Sud, in particolare in Basilicata e Sicilia, confermano il ruolo coloniale del Meridione e, dunque, l’impossibilità delle popolazioni locali di opporsi a quest’ennesimo selvaggio sfruttamento dei propri territori. E’ ben evidente, considerando poi il degrado generale in cui vive, oramai, tutto il Mezzogiorno, che si è giunti ad un punto di non ulteriore tolleranza. Servono iniziative politiche e strumenti istituzionali fortemente innovativi che creino le condizioni ideali per una trasformazione radicale del ruolo del Sud a livello nazionale ed europeo. La questione decisiva, la chiave per determinare una cascata di innovazioni
ANtONIO GENtILE
è l’auto-riforma politicoistituzionale, l’invenzione delle proprie istituzioni di autogoverno con il profilo e la dignità di relazioni costituzionali.
Dunque, la rivoluzione politica prima di quella economica, la creazione della propria libertà politica, la istituzionalizzazione libera di relazioni federali ascendenti. Cioè la rivoluzione del nuovo federalismo come fine della subordinazione gerarchica del Mezzogiorno, fine di quel modello statale centro-periferia che ci ha consegnati e confinati in una periferia degradata dell’Impero e che ha funzionato da causa-effetto di tanti problemi, diseconomie distruttive, deficit civile. L’obiettivo a cui guardiamo è un processo autodeterminato di creazione di una “Comunità politica”
del Sud Italia, iniziativa senza precedenti nella storia meridionale, ma semplicemente più adeguata agli scenari geopolitici del nuovo millennio e alla crescente domanda di libertà che sta emergendo nelle popolazioni del Mezzogiorno. Lo stato meridionale nella sua lunga storia ha avuto le caratteristiche di una “comunità politica” originato da un’azione di conquista e, quindi, per sua natura, accentrato, autoritario,
paternalistico. Tale e più dura è stata l’unificazione italiana che si è conclusa con la conquista dell’esercito regolare piemonteseitaliano. Un Mezzogiorno conquistato che ne riceve un centralismo brutale e devastante. Nessuna decisione costituente coinvolse, tra l’altro, una rappresentanza del popolo meridionale. L’analisi storica più recente ci dice che è in atto una trasformazione epocale di portata mondiale e, soprat-
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tutto, europea e ci ricorda che dopo l’89-’91, con la caduta del Muro di Berlino e della politica bipolare, è cambiato il mondo. Si ha, in pratica, lo sgretolamento di un lungo periodo storico che andava avanti dalla Rivoluzione Francese. L’omogeneizzazione unitaria delle pluralità e particolarità che ha retto fino a un certo punto del dispiegamento della rivoluzione industriale e della modernità dell’800 e prima metà del ’900, oggi, nell’epoca della “rivoluzione del silicio”, non può più reggere e declina progressivamente insieme al concetto dello Stato nazionale. Cambiano i valori di riferimento, le
diversità, le culture locali, le individualità e le aree territoriali riprendono la scena e richiedono rispetto, titolarità di diritti e poteri. Lo Stato moderno non può più governare l’insieme delle particolarità. E’ necessario un sistema politico nuovo per conservare le aree territoriali con le loro peculiarità. Ed è qui che si inserisce la rivoluzione federalista che emerge nell’epoca postmoderna come un’importante tentativo per conciliare il crescente e diffuso desiderio delle popolazioni di mantenere e recuperare i vantaggi delle comunità politiche di più ridotte dimensioni con la necessi-
tà di adattarsi in dei sistemi sempre più grandi, allo scopo di mantenere e rafforzare la propria particolarità culturale. Il federalismo, ricordiamolo, è stato inventato più di tremila anni fa nel bacino del Mediterraneo. Bisogna, però, rendersi conto che il federalismo di Cattaneo, di Gioberti e altri rappresenta il passato ed è alle nostre spalle. Il vecchio federalismo ottocentesco muoveva da una pluralità e cercava tramite un foedus, un patto, di costruire l’unità ed è stato strumento per costruire lo stato unitario. Il nuovo federalismo, che noi sosteniamo, rappresenta invece il rovescio di
la politica
quello tradizionale, basandosi non su un patto politico di fedeltà ma su un contratto. Uno strumento politico fortemente innovativo che potrà offrire al Mezzogiorno la possibilità di sottrarsi alla omogeneizzazione unitaria recuperando libertà e titolarità di diritti e poteri. E nei prossimi numeri de “il Brigante”, sempre più laboratorio politico del nuovo Meridione, continueremo ad approfondire questo appassionante tema, offrendo al Sud uno strumento concreto per raggiungere l’obiettivo dell’auto-governo e ospiteremo il contributo dell’autorevole e riservatissimo “gruppo” di Blu Elitè Pensiero.
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le previsioni
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ACQuIStI NAtALIZI A SuD CONSIGLI DALL’ AS.CO.MER.
Natale si avvicina e la frenesia dell’acquisto perfetto anche, ma il budget delle famiglie si è ristretto ulteriormente rispetto allo scorso anno e i prezzi dei prodotti invece hanno subito nuovi incrementi. L’Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha effettuato il consueto monitoraggio pre-natalizio per i prezzi dei prodotti relativi alle feste, dal quale il potere d’acquisto delle famiglie risulta incidere pesantemente sui consu-
VALENtINA G IuNGAtI
mi, condizionando soprattutto le spese per i regali natalizi: si prospetta una contrazione pari al -6,2% e un budget approssimativo di 125,70 Euro per famiglia. Restano in vetta regali di tipo enogastronomico, giocattoli elettronica e hi-
tech. In crescita gli acquisti online. I costi maggiorati sono relativi soprattutto ai prodotti tipici delle festività che subiscono un incremento del +1,2%, agli alberi di Natale +3%,
addobbi di vario tipo +2% e prodotti alimentari 1,9%. Il budget si restringe, ma la voglia di conquistare un’idea unica per un regalo originale è ambizione di tutti. Abbiamo intervistato i passanti per comprenderne gli andamenti e le idee per gli acquisti natalizi e conoscere in quanti optano o comunque preferirebbero acquistare prodotti “made in Sud”. Le zone in esame sono state molteplici, come le fasce d’età. Ne è emerso un quadro molto
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chiaro: la crisi ha drammaticamente ridotto il budget per gli acquisti, molto spesso i regali sono destinati solo ai più piccoli e sono nella maggior parte dei casi pensieri o comunque oggetti utili. Si attesta però una grande partecipazione per la scelta di prodotti realizzati da imprese del Sud, dove la qualità delle materie prime e le risorse sono moltissime. Come ci ricorda il grande impegno dell’associazione As.Co.Mer (Associazione
per il consumo tra i meridionali) affinché il mercato e conseguentemente l’economia del meridione possano crescere, è bene scegliere prodotti realizzati al Sud, dove le aziende offrono al consumatore articoli che vantano una grande tradizione nonché un’originalità che non trova eguali nei prodotti importanti. Riportiamo di seguito alcune interviste concesseci in cui abbiamo chiesto ai partecipanti idee per i prossimi regali di Natale e soprattutto se era loro intenzione acquistare prodotti realizzati da imprese meridionali.
«Mi ha fatto illuminare, nel senso sarebbe una cosa giusta e opportuna puntare su prodotti fatti al Sud, in modo da poter dare una
mano in un momento di recessione e di difficoltà. Sicuramente cercherò nel mio piccolo di portare un vantaggio alle aziende del Sud». «Certamente, è quello che sempre faccio tutte le volte che vengo a Napoli. C’è molta scelta e prezzi convenienti, per me tutto quello che ha Napoli è bello, certo ci sono anche delle cose negative ma Napoli è
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Napoli».
«Quest’anno c’è molta crisi, però un pensiero lo si deve comunque fare, anche che costi poco. Certo perché questa è la nostra terra, bisogna farlo. Se ne ho l’opportunità, perché no?!». «Con la crisi che c’è, è dura … farò i soliti regali ai ragazzi, ai miei figli, la nipotina. Li compreremo
le previsioni
soprattutto a Roma dove abitiamo, ma noi siamo napoletani quindi li abbiamo comprati anche qua: i nostri prodotti sono i migliori».
«Qua c’è la crisi, regali non ne possiamo fare perché siamo casalinghe: ci mantengono i nostri figli e il governo non fa niente… noi abbiamo i nipotini vorremmo fare tanti regalini, stiamo male, ma purtroppo dobbiamo rinunciare per-
ché i soldi non ci sono».
«Quest’anno proprio no, farò dei pensierini ad amici e parenti. Si, come capita, non mi faccio il problema, poiché vado a Roma comprerò anche da qualche bancarella». «Diciamo di si, per mia moglie uno smartphone e per i parenti cose utili sostanzialmente. Assolutamente si, siamo meridionali, la nostra terra è piena di ricchezze, tanta artigianalità che deve essere valorizzata sempre». «No, di solito non arrivo
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all’ultimo momento, ma scelgo cose molto pratiche tipo cioccolatini, oppure soldi ai figli. Sicuramente, però, siamo molto tarpati dalla politica».
«Io ho molta fiducia nel Sud Italia, ma è una situazione particolare. Oggigiorno non penso lo farei». «Certo, innanzitutto del Sud Italia, perché sono i prodotti più ricercati e più buoni. Bisogna guardare queste cose, altrimenti dia-
mo tutto al Nord e al Sud niente. Già ci hanno tolto tanto, sin dall’Unità di Italia con cui hanno preso le fabbriche e le hanno portate al Nord, dal conte Cavour … ».
«Non sono brava a fare i regali, ma se ci fosse quest’opzione sicuramente si. Sono per far crescere la nostra terra che a volte viene discriminata e messa da parte». «Se devo comprare qualcosa, compro prodotti del Sud».
«Per il momento solo per mio figlio e mia figlia che sono le persone più importanti, poi per il resto si va al risparmio visto che è un periodo nero. Per l’acquisto dei prodotti, invece, sicuramente si, viva il Sud!».
«Per la crisi che c’è tutti regali utili, perché altrimenti sarebbe uno spreco … ai bambini piccoli si possono comprare dei giochini. Se scelgo prodotti meridionli? Sicuramente si, perché bisogna valorizzare la nostra regione, altrimenti non si va avanti … già viene mandata sempre indietro, in questo modo possiamo riuscire a portarla su almeno noi meridionali». «Assolutamente nessuna idea. Generalmente cerco di valutare il prodotto non per dove è stato realizzato. Comprerò tutti i giocattoli per i nipoti, se ne andrà molto denaro sicuramente. Per me esiste l’Italia, non esiste il Sud e il Nord, ma industrie che producono buoni prodotti.. a me interessa che il prodotto sia buono». «Certamente, li dobbiamo pubblicizzare cosi cresciamo, altrimenti se compriamo sempre all’estero o al Nord Italia siamo sempre fermi».
«Qualcosa si, certamente, un po’ perché fa parte del made in Italy, ma anche perché è giusto rilanciare l’economia campana».
«Da un po’ di tempo a questa parte usiamo fare un regalo collettivo, cumulativo, per donare qualcosa di più utile, spendendo meno ma facendo un regalo più importante. Per la domanda sui prodotti rispondo certamente di si. Sono del Sud, mi piacerebbe acquistare cose fatte da artigiani per conservare la nostra tradizione, cose locali».
«Idee sicuramente pacchetti benessere che quelli non te li compri mai da solo».
«Se guardo all’origine del prodotto che acquisto? No, in genere poiché lavoro tutto il giorno per comodità compro online, su Amazon e siti simili, perché la merce mi arriva direttamente a casa».
«Avrei tante idee, ma i soldi non ci sono, cose utili. Per gli acquisti “made in Sud” le rispondo certamente si. Almeno cerchiamo di aiutarci fra di noi visto che il Nord ci critica sempre. Di prodotti ne abbiamo abbastanza, possiamo fare invidia contrariamente a quanto pensano i nordisti che ci denigrano solamente».
«Penso di si, l’importante è spendere… se ce li lasciano, meglio spenderli al Sud che darli a quei signori là!».
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le Iniziative
LA CCIA NApOLI pROpONE uN NAtALE A SOStEGNO DEI COMMERCIANtI
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n concerto dell’orchestra Pietà dei Turchini il 19 dicembre; la prima maratona nelle strade dello shopping (7 dicembre) e, per i più piccini, due giorni con Babbo Natale in piazza nel fine settimana dell'Immacolata e con la Befana il 5 genna-
io. Sono queste le iniziative realizzate dalla Camera di Commercio di Napoli nel quartiere di Chiaia in occasione delle festività natalizie e rese note dal presidente, Maurizio Maddaloni, a margine dell’accensione delle luminarie in piazza dei Martiri. “Come ogni anno l’ente camerale partenopeo ha predisposto
un programma di iniziative a sostegno delle attività commerciali e turistiche durante il periodo natalizio - ha affermato Maddaloni e il quartiere di Chiaia ha anticipato l’avvio delle iniziative promozionali grazie all’impegno dell’associazione dei commercianti presieduta da Carla della Corte. Nei prossimi giorni -
ha sottolineato il presidente della Camera di Commercio - presenteremo il programma completo di iniziative di solidarietà e di promozione delle attività imprenditoriali durante il periodo natalizio, coinvolgendo gli operatori economici e le associazioni di categoria”.
l’Impresa
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L’ASCESA DI DANNY WISE Dal Mediterraneo al mondo SIMONA BuONAuRA
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Sono solamente una tavolozza bianca dove le donne esprimono i loro sogni che io trasformo in realtà donandole la felicità”. Con queste parole lo
stilista siciliano Danny Wise spiega la sua arte ed il suo know-how nell’approcciarsi alla realizzazione di un capo di abbigliamento alta moda, una borsa o ad un accessorio che come caratteristica deve essere unico e di gran lusso! Colore, forme aggressive e solarità si mescolano alla cultura del fasto
decorativo siciliano e alla storia di un artigianato fatto di tradizione e ricerca di perfezione attraverso la manualità. Nei suoi capi haute couture le pelli più pregiate come tessuti preziosi tinti con colori brillanti quali lilla, blu, rosa cipria. Abbiamo incontrato l’eclettico stilista per entrare un giorno con lui nel suo mondo dorato: Quando nasce la maison Danny Wise? La base operativa è in Sicilia? E la produzione è effettuate tutta in Italia? « Nasce il 7 giugno del 1992. Era il mio sogno, il sogno di un ex top model che oggi è una realtà estesa su 5 continenti e questo per me è motivo di grande orgoglio. La base operativa , non è più solo in Sicilia ma anche a Milano e a Parigi, dove spero di unificare quanto prima il quartier generale. Alcune tipologie di uffici, inoltre, sono su 5
continenti . La produzione è solo Italiana ». Lei è stato prima modello e poi stilista, ci parla della sua ascesa nel mondo della moda? «Decisi di andare a Firenze, allora era lì era il centro della moda, con Pitti Uomo; così vendetti parte dei miei giocattoli per finanziare il mio viaggio, non sto a dilungarmi sulle singole tappe posso dire però che il successo arrivò quasi subito. Avevo prestato la mia immagine ai top brand di allora: avevo 7 agenzie che mi rappresentavano nel mondo, poi alcuni manager mi consigliarono di andare in Giappone perché con i tanti lavori e con un book pieno di copertine potevo essere super pagato lì ma nel 1992 feci il grande passo e decisi di disegnare una donna tutta mia, e cosi ha preso il via la mia terza vita» . È vero che la sua azienda è l’unica italiana ad essere stata accettata alla Camera Alta moda Francese? Sorride «Sì li ha costretti il mio talento». Se dovesse descrivere in tre punti fondamentali
della sua creazione quali citerebbe? «La Classe Francese, d'altri tempi, lo sfarzo americano, la cromaticità mediterranea, e poi tanta femminilità senza mai sfociare in volgarità ed un pizzico di frivol, per togliere la noia e la monotonia». Tra le 12 linee della sua casa di moda c’è quella denominata Extra Luxury Travel. Ci può rivelare una delle richieste più bizzarre che le è stata commissionata? « Più che richieste bizzarre sono io che spesso sussurro ai clienti come essere unici, molti vogliono un Dannywise ma non sanno cosa vogliono. Indossare Dannywise è come guidare una Roll Royce. Una volta proposi ad un mio cliente di realizzare per lui i cappuccetti personalizzati per i suoi amati falchi ed il guanto in coccodrillo in tinta con il piumaggio, o una tinta che si sposasse bene, il cliente ne fu entusiasta. Oppure ricordo una volta una mia cliente giapponese quando ancora non era diffuso il custom, per darmi il punto di colore mi portò la sua Rolls rosa dal Giappone fino davanti
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l'atelier di Milano, mi disse “caro Danny ecco il colore che voglio” e mi diede in mano le chiavi. Era rosa come il cincillà che le avevo fatto l'anno precedente ed era uguale alla macchina, feci tutta la valigeria della macchina: morbida, rigida e con rotelle, in tinta con la macchina ed in coccodrillo, adesso facciamo anche Yachts e Jets, se il cliente è meno facoltoso personalizziamo il suo elicottero». Il suo lavoro è rivolto alla ricerca estetica di alto profilo anche nel campo dell’arte. In merito alla produzione della ceramica greca risalente al III secolo a.C. ha compiuto un’iniziativa singolare alla scoperta di un nuovo Ellenismo nel Mediterraneo. Di cosa si tratta? «Studiando le varie epoche ero stanco di sentire sempre della dominazione esterna subita dai popoli del mediterraneo e sud Italia così ho deciso di lasciare una traccia di me nei secoli inabissando dei vasi Dannny Wise nei mari a me più cari e realizzando delle mappe che permetteranno un giorno di ritrovar-
le». Da imprenditore pensa che il made in Italy sia ancora vivo? « Il made in Italy per me è già morto perché non vedo un ricambio generazionale. Il problema sta nel fatto che ai giovani nelle scuole non hanno professori preparati, pensi che ci sono scuole di moda statali che insegnano modellistica con professori che non sono modellisti né stilisti, né sarti inoltre non passano dalla teoria alla pratica magari tagliando i tessuti, anche per mancanza di fondi. A mio avviso i giovani non amano più il bello, di contro invece gli altri
popoli con il passare degli anni si sono attrezzati con macchinari sempre più sofisticati ed assumono tecnici italiani a fine carriera offrendogli tanti soldi». Lei è un uomo del Sud ma ha visitato il mondo, a suo parere quanto ancora può fare il Mezzogiorno, ricco di arte e bellezze, per risollevarsi da questo impasse economico e strutturale? « L'arte e le bellezze a cui le fa riferimento non sono del sud , sono state costruite al sud ma da popoli diversi, che amando il clima e per goderne insieme ai meravigliosi paesaggi si sono fer-
l’Impresa mati là. Il Mezzogiorno ha guardato sempre queste opere come alcuni oggi guardano le pale eoliche, come qualcosa di astratto, del futuro prossimo caduto dal cielo. L’unica soluzione è puntare sui giovani e sulla cultura rinnovando le scuole. Senza cultura, non si ama il bello, se non si ha come punto di riferimento il bello inizia l'ignoranza e con essa l’impossibilità di creare nuove speranze».
l’Emendamento
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uN BRIGANtE A MONtECItORIO
n brigante si è introdotto nel Palazzo. Nelle polverose stanze di Montecitorio si aggira, da tempo, quasi invisibile, un tipo strano, un po’ demodé, deciso a farla finita con lo strapotere settentrionale. Come primo colpo ha assestato una mazzata decisiva: un emendamento piccolo, piccolo nella Legge di Stabilità (la finanziaria) con il quale si stabilisce, in accordo con le banche, che i debitori che pagano tutti i mesi una rata di mutuo possono, per i prossimi tre anni, sospendere la restituzione del capitale continuando a pagare gli interessi sull’intero debito residuo. Le banche guadagnano di più per i maggiori interessi che percepiranno; i debitori tirano un salvifico respiro di sollievo per non doversi privare di preziosa, rara e costosa liquidità; l’economia smette di rovinare sempre più giù e comincia
CANIO tRIONE
a riprendersi; lo Stato ricomincia a vedere un rivolo di gettito in più; si chiarisce quello che sembrava arcano e cioè che lo sviluppo può ripartire senza grandi opere e quindi senza grande spesa pubblica e nuovo debito; la classe media ricomincia a vedere i soldi. Una panacea! Ma chi ci rimette? Tutti giornali hanno dato ampio risalto alla notizia e alla fiducia nel futuro che essa ispira; solo i grandi quotidiani del Nord hanno fatto finta di nulla. Come mai? Forse esiste dietro questi ultimi una Spectre che ha intuito come questo provvedimento sia una minaccia seria alla loro prevalenza. Fino a che c’è la crisi si può chiedere allo Stato ulteriori aiuti o opere pubbliche (lo “sblocca Italia” cosa è se non altra spesa pubblica a favore dei soliti amici per lavori spesso inesistenti?), ma se lo sviluppo parte da solo, che succede?! Il potere dei politici di
spendere e spandere (con annesse mazzette) che fine fa? Se la classe media rialza la testa che fine fanno i
che si fa? Fino a quando c’è la crisi la gente è disposta a pagare qualunque cifra per pochi spiccioli che gli prestiamo, ma se loro
grandi ipermercati e le grandi imprese? Ma anche qualche banca è stata colta alla sprovvista dal colpo del nostro brigante e si sta chiedendo: come?! Il cliente deve decidere se restituire o meno i soldi? E il nostro potere di negare o concedere (a caro prezzo) i soldi dove va a finire? E se la cosa si dovesse reiterare
hanno diritto a non restituire il capitale, tutto il nostro potere che fine fa? È vero che guadagniamo di più ma non conteremo più nulla!!! Financo i famigerati rating di Basilea (uno, due o tre fa lo stesso) sono stati annientati in un colpo solo! Nelle segrete stanze dei mammasantissima della finanza italiana ci si comincia a chiedere:
“… ma chi è questo che ha pensato una cosa del genere? Cosa vuole? E chi lo ha mandato? Quale Potere perverso ha deciso di far finire la crisi? Stavamo così bene con la disoccupazione, il Pil in discesa libera … vai a vedere che finisce e tutto si rimette a posto?!?!?!” In realtà, non è successo nulla di tutto quanto abbiamo fin qui coloritamente descritto. Semplicemente, un giovane ingegnere gestionale di Bitonto -vici-
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l’Emendamento
no Bari- deputato del Movimento 5 Stelle, ha seguito un nostro suggerimento e ha portato in Commissione bilancio un emendamento che abbiamo scritto tempo fa e che metteva d’accordo tutti (banche e clienti, famiglie e Stato) nel segno dello sviluppo. Le banche prestano un po’ di più a persone (imprese e famiglie) che hanno già offerto garanzie sufficienti ed a tassi già pattuiti e lo fanno automaticamente, cioè senza costi di istruttoria o valutazione rischi … niente, si incassano più
nelle rate periodiche e quindi potranno utilizzare tali danari per altro (investimenti o pagare nuovi o vecchi occupati o nuove materie prime, o beni di consumo per la famiglia, o gli studi per i ragazzi … ), senza per questo spiegare le ragioni, sostenere spese, portare fatture e documenti che non bastano mai. In sintesi: senza perdere quel tempo che ormai non abbiamo più. È una rivoluzione benefica nella quale, alla “banca nemica”, inventata ed
finanza al servizio della economia reale, sia essa produttiva (imprese), sia essa consumatrice (fami-
problemi finanziari d’Italia, ma il loro tempo è finito, l’economia non si regge più.
interessi e basta. I clienti se hanno necessità oppure semplicemente vogliono fare un acquisto un po’ più impegnativo del solito, comunicano alla banca che per qualche mese o anno non restituiranno per tre anni il capitale insito
imposta dalle Università di economia del Nord, abbiamo sostituito una “banca amica”, frutto della millenaria filosofia di vita del Sud. Insomma, ad una finanza demenziale e autolesionista mondialista abbiamo sostituito una
glie). Una rivoluzione copernicana semplicissima che si è realizzata in un colpo solo, ben assestato, al momento giusto. Certamente le forze del male si stanno riorganizzando per ovviare a tale deprecabile soluzione dei
Recuperare la filosofia costruttiva è una necessità per tutti, grandi e piccoli. Quindi il nostro brigante di Bitonto deve spuntarla, a tutti i costi e per il bene di tutti, polentoni e terroni, potenti e gente comune.
in collaborazione con museo Campano Capua e wwf Caserta
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LA tRAGICA FINE DEL GENERALE BORJES VIttORIO CROCE
ubito dopo l'unificazione le regioni dell’Italia meridionale furono avvampate dal “brigantaggio”, un fuoco inarrestabile che bruciò vigoroso per più di un decennio. In quel periodo moltissimi giunsero da ogni parte d’Europa per sostenere la lotta all’invasore piemontese. Essi si
vanissimo aveva preso parte alle guerre carliste schierandosi con chi sosteneva don Carlos, fratello del re Ferdinando VII. Sul fronte opposto, invece, militava la fazione liberale che sponsorizzava Isabella, figlia minorenne del defunto sovrano e della reggente Maria Cristina.
battevano per Francesco II di Borbone, il legittimo sovrano che i Savoia avevano spodestato dal trono di Napoli con la forza delle armi: di qui il nome di “legittimisti”.
sconfitta dei legittimisti e così Borges, come tanti altri, fu costretto a partire per l’esilio in terra di Francia. Qui rimase inoperoso per qualche tempo fino a quando nel meridione d’Italia irruppero Garibaldi e le truppe sabaude di Vittorio Emanuele II. La centrale legittimista capitolina si ricordò subito di quel valoroso ufficiale che si era coperto di gloria in Spagna. Borges accettò senza remore la proposta di recarsi nel sud della Penisola per dare una organizzazione militare agli insorti e per assumere
Tra questi un posto di primo piano spetta a don José Borges la cui drammatica storia merita di essere raccontata. Borges era nato nel 1813 a Fernet, piccolo villaggio catalano della penisola iberica. Figlio di un ufficiale cresciuto nel clima della sollevazione popolare contro le armate napoleoniche, gio-
La “partita” si chiuse con la
il comando generale delle operazioni. Nella notte tra il 13 e il 14 settembre del 1861, accompagnato da una ventina di connazionali, in gran parte vecchi compagni d’arme, sbarcò in Calabria, sulla spiaggia di Gerace, nei pressi di Capo Spartivento.
E qui provò la prima delusione: sul litorale calabro, infatti, non trovò traccia di quei reparti di soldati napoletani che gli emissari borbonici gli avevano promesso. Borges, però, non era uomo che si scoraggiava facilmente. Malgrado il pessimo inizio volle portare avanti l’impresa. Nei giorni seguenti entrò in contatto con alcuni capibanda locali e, soprattutto, con Carmine Crocco Donatelli, un ex soldato borbonico che aveva alla sue dipendenze una grossa schiera di briganti. Borges pretendeva che i briganti si mettessero al suo servizio anche perché i reparti andavano organizzati dal punto di vista militare. Crocco, invece, voleva conservare la sua autonomia di azione e non voleva stare agli ordini di
quell'ufficiale spagnolo.
Le continue divergenze sul modo di portare avanti la lotta finirono per condizionare le azioni dei briganti che pure, in quel periodo, erano riusciti ad ottenere più di qualche successo contro i piemontesi. I due, comunque, erano fatti per non intendersi: alla rigorosa impostazione militare di Borges corrispondeva, infatti, l’improvvisazione di Crocco e degli altri capibanda i quali conducevano una guerra tutta particolare nella quale era difficile intravedere tattiche e piani di azione. Quando poi il disegno di impadronirsi di Potenza, dove Borges contava di insediare un governo provvisorio, fallì specialmente per il disimpegno di Crocco e dei suoi briganti, l’ufficiale catalano decise, di sciogliere il sodalizio. Radunati una dozzina di connazionali e alcuni napoletani, senza frapporre indugio, prese la via di Roma: l’idea era di raggiungere re Francesco per rappresentargli la vera realtà del movimento insurrezionale. Iniziò così
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23 un lungo e difficile cammino attraverso un territorio
allora di accordare un breve momento di riposo.
ad arrendersi, anche perché gli italiani avevano dato fuoco ai piani bassi della cascina. Borges, conservando tutto il suo aplomb, fece il gesto di consegnare la spada al maggiore, complimentandosi per la brillante azione.
Cosa che l’ufficiale italiano rifiutò con disprezzo vedendo in lui un volgare brigante. I prigionieri furono condotti a Tagliacozzo e rinchiusi in un corpo di guardia in attesa dell’esecuzione. Borges, dopo aver vanamente tentato di giustificare la sua missione e quella dei suoi connazionali, sentendo ormai vicina la fine, chiese di avere il conforto di un confessore. Domandò, inoltre, di essere fucilato assieme ai suoi uomini con il petto rivolto al plotone di esecuzione, privilegio che gli fu negato. impervio, inospitale, sconosciuto, con i soldati piemontesi e le guardie nazionali continuamente alle calcagna. Nella notte tra il 7 e l’8 dicembre, mentre infuriava una violenta bufera di neve, il gruppetto giunse in Abruzzo, nei pressi di Tagliacozzo, a sole quattro miglia dal confine con lo Stato Pontificio: la salvezza, dunque, era ad un tiro di schioppo. Gli uomini erano sfiniti per la marcia e per il freddo intenso. Borges decise
Luogo scelto per la sosta fu la cascina Mastroddi, in località “La Luppa”, nel comune di Sante Marie. La decisione, però, non si rivelò felice.
La presenza del drappello venne segnalata da alcune guardie nazionali al maggiore Franchini che subito fece intervenire i suoi bersaglieri. Circondato il casolare i piemontesi andarono all’assalto. Dopo un violento scontro a fuoco gli spagnoli furono costretti
Un ufficiale spagnolo, tale Pedro Martinez, si fece dare una penna e su un pezzo di carta scrisse: “Noi siamo tutti rassegnati a esser fucilati: ci ritroveremo nella valle di Giosafat, pregate per noi”. Si prepararono, quindi, a morire da veri soldati. Il generale guidava impavido il gruppetto e cercava di tenere alto il morale dei suoi uomini. Dopo aver abbracciato uno ad uno i suoi compatrioti ed aver esortato i bersaglieri a mirare dritto, si mise in ginocchio e intonò
S.S. Appia Km 184,500 Francolise (Ce) mail: info@montedellatorre.it Tel: 0039 333 52 33 944
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assieme agli altri una triste litania in spagnolo. Il canto fu interrotto dal crepitare degli spari che misero fine alla coraggiosa avventura di don José Borges e dei suoi compagni. La stessa sorte, di lì a breve, subirono i napoletani che avevano seguito il generale spagnolo nella fuga verso Roma. A Sante Marie, nella cascina Mastroddi, un austero cippo marmoreo ricorda che lì l’8 dicembre del 1861 “si infranse l’illusione del generale José Borjes e dei suoi compagni di restituire a Francesco II il Regno delle Due Sicilie.
Catturati da soldati italiani e guardie nazionali di Sante Marie al comando di Enrico Franchini furono fucilati lo stesso giorno a Taglicozzo”. Nel dicembre del 2003 questo cippo ha sostituito una vecchia lapide che definiva Borges e i suoi seguaci “banditi e mercenari”, riprendendo una considerazione di quel particolare periodo storico che per tanto tempo l’ha fatta da padrone. Oggi invece, e l’amministrazione comunale di Sante Marie l’ha dimostrato, si tende sempre più a rivisitare quegli accadimenti e a riconoscere la dignità morale con la quale tanti uomini coraggiosi si batterono e dettero la vita per la causa napoletana. Proprio come quel valoroso generale catalano.
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RIONERO IN VuLtuRE uN MuSEO A CASA DI CROCCO
l museo multimediale del Brigantaggio, inaugurato nel settembre scorso, sorge in uno dei luoghi più
rappresentativi del fenomeno sociale che contraddistinse gli anni immediatamente successivi alla presa del Sud Italia e all’unità nazionale. Rionero in Vulture, in provincia di Potenza, è situato “sul pendio di una collina a levante della montagna detta Monticchio, ed il suo
pAOLA VONA
tenimento è coperto di vigne, oliveti, ortaglie, castagneti, campi, boschi e pascoli di meravigliosa vegetazione.” A parlare è
essere definito, di briganti. Questi insorti procurarono non poche preoccupazioni ai nuovi signori d'Italia, i Savoia, e grane alle truppe
Carmine Crocco che così descrive l'amato borgo natio proprio all'inizio delle sue memorie redatte a partire dal 1889 durante la prigionia nel carcere di Santo Stefano. Il celebre “Generale” nacque nel centro lucano nel 1830 e fu a capo di un vero e proprio esercito, se così può
piemontesi di stanza nel “selvaggio” meridione, man mano rimpinguate e poste agli ordini del famigerato Cialdini, appositamente inviato per domare il “focolaio lucano”. Lo stuolo al seguito di Crocco e dei suoi luogotenenti era costituito da un amalgama mista: ex garibaldini ed ex borbonici (o entrambe le cose), semplici contadini e pastori vessati dalle prepotenze dei nuovi padroni o dei vecchi signori divenuti comodamente italiani anche loro. C’erano anche banditi abituati alla vita di macchia e popolani da sempre vissuti nell'oppressione che, stanchi di subire vessazioni, si ritrovarono delusi dalle vuote promesse dei conquistatori dalla “parlata straniera”. S'imposero in Basilicata, Puglia e finanche Molise, dal 1861 al
1865 circa, aiutati dalla chiesa, anch'essa privata dei propri beni, dalla gente comune (tra cui facilmente trovavano seguito), e dalla
natura stessa dei luoghi. I boschi e le grotte del Vulture erano infatti un rifugio sicuro ed inaccessibile.
È giusto dunque che proprio a Rionero si racconti un pezzo di storia per troppo tempo celato o infamato dai racconti dei vincitori, dalle penne dei loro “scrittori salariati” (citando Gramsci che così si espresse nel 1920 sull'edizione piemontese dell'”Avanti!”) o dalle teorie pseudo scientifiche di studiosi poco illuminati. Sede del museo è un ex carcere borbonico, in origine grancia (un deposito di prodotti alimentari) del quattrocentesco convento di Santa Maria degli Angeli di Atella.
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25 Grazie all'intervento di restauro durato oltre cinque anni realizzato dall'amministrazione comunale e condotto dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici della Basilicata, quello che all'esterno sembrava solo un anonimo casermone, rivelò le antiche strutture e le interessanti vicende della fabbrica. Attorno alla grancia, è verosimile che
zie ai quali è possibile vedere fotografie d'epoca, filmati, scene tratte da film e leggere la storia di briganti e brigantesse. L'allestimento è stato curato dalla società specializzata Doc-Archiviazione Documentale di Potenza. Al piano terra, in quella che era un’ex cella, vi è un ambiente dedicato a proiezioni e convegni.
Un'intera sala è dedicata a Carmine Crocco, quella dove venivano sistemati i detenuti per piccoli reati.
Ben visibili, vicino alla finestra di questa stanza, i graffiti incisi sulla pietra e sul legno delle finestre dai carcerati: nomi, disegni, dichiarazioni di innocenza e diversi simboli, alcuni di vi fosse un borgo, di fatto il primo nucleo di Rionero, dove vivevano i contadini che lavoravano a servizio dei monaci.
Con la confisca dei beni ecclesiastici operata da Gioacchino Murat nei primi anni dell’Ottocento, la struttura fu adibita a carcere mandamentale, funzione che rivestì fino alla metà del Novecento. Con il cambio di destinazione d'uso le mura furono rialzate e nelle pareti furono ricavate numerose feritoie, che il restauro ha riportato alla luce, atte ad ospitare baionette e fucili. Il museo è allestito su due piani, in quelle che erano le celle in cui non pochi briganti trascorsero giorni e notti in attesa di essere trasferiti. L’area è interamente attrezzata con schermi piatti e pannelli touch, gra-
Al primo piano si accede per mezzo di scale in pietra, dove sono ancora ben visibili gli alloggiamenti delle strutture dei cancelli che sbarravano il passo. La cella, un tempo utilizzata per la quarantena, è oggi dedicata ai personaggi più celebri maschili, mentre quella in cui erano alloggiate le donne, è incentrata sulle figure femminili.
difficile interpretazione. Numerose incisioni sono presenti anche sulle ruvide pareti della cella di isolamento, al piano terra: spiccano le croci segnate dalle tacche, che indicavano il trascorrere dei giorni. Ad indicare l'originaria destinazione monacale del cubicolo è una nicchia che,
verosimilmente, accoglieva un piccolo altare. Il museo ospita le sculture in legno realizzate dagli artisti siciliani Giovanni Lo Verso e Igor Scalisi, autori anche di scenografie realizzate per Giuseppe Tornatore. Le opere rappresentano alcuni briganti celebri, ricreati a grandezza naturale, nelle pose tipiche delle fotografie e dei ritratti d'epoca. All'ingresso ritroviamo così il viso barbuto di Carmine Crocco e, passeggiando per le sale, la fiera Michelina De Cesare, in posa con il suo fucile. Immancabile, l'aviglianese Ninco Nanco, appena steso dalle fucilate dei piemontesi, così come appare nella fotografia che gli fu scattata, a mo’ di trionfo, subito dopo l'uccisione.
Il museo, sito in largo Mazzini, è attualmente visitabile su prenotazione telefonando al n u m e r o 0972724284 (lunedì – venerdì: dalle 18 alle 20). Le visite guidate, gratuite, sono realizzate dai giovani della Pro Loco, preparati ed appassionati conoscitori delle vicende post unitarie. Raggiunto il primo obiettivo, ovvero la realizzazione di una mostra permanente, l’amministrazione comunale punta ora alla realizzazione, di concerto con l'Apt Basilicata, di un centro di documentazione e studio sul brigantaggio.
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Stampa&Regime
“THE NATIONAL” GO ON ! G INO G IAMMARINO
scito in fase sperimentale per cinque giorni, il giornale che fa riferimento all'area indipendentista di Scozia diventa quotidiano: un conforto per la causa autonomista, ma anche una severa lezione per il meridionalismo di casa nostra... Sessantamila (dico 60.000) copie vendute e diecimila (dico 10.000) abbonamenti per la versione digitale: questo il più che lusinghiero biglietto da visita esibito nel primo giorno di uscita nelle edicole del “The National”, il quotidiano che fa riferimento all’area indipendentista di Scozia. E lo fa con fermezza e spirito batta-
indipendente” stampato a chiare lettere sotto il logo. In vendita a 50 Pence (60 centesimi al cambio in euro) e con una foliazione di 32 pagine, il rinato quotidiano, uscito in versione sperimentale per cinque giorni, ha realizzato nei successivi quattro vendite dal trend talmente positivo e convincente da far dichiarare al suo editore Richard Walker: “Adesso che abbiamo superato il periodo sperimentale, abbiamo un eccitante piano per far crescere The National nel panorama dei media scozzesi”.
gliero, come si può evincere nel sottotitolo “Il giornale che supporta una Scozia
registrato nel recente referendum catalano (80,2% su duemilioni di votanti),
Si tratta certamente di un segnale incoraggiante e che, dopo la pesante affermazione dei “Sì” all’indipendenza dalla Spagna
seppure effettuato con finalità di semplice son-
cesso editoriale del “National”, anche noi che con "Il
daggio, non può non far riflettere gli attuali difensori di una Europa che cerca di cancellare con tutti i mezzi le identità dei suoi popoli. Ad esempio, l’inaspettato intervento a gamba tesa di Elisabetta d’Inghilterra la quale, nonostante la posizione ufficiale data inizialmente da Buckingham Palace (“…la Corona è al di sopra della politica”), a quattro giorni dalla consultazione scozzese rompeva il silenzio con un minaccioso: “Gli elettori riflettano attentamente!”. Per non parlare della magistratura spagnola che sta indagando gli organizzatori del sondaggio in Catalogna per stabilire se autorità e funzionari, organizzando il referendum non abbiano compiuto un reato. Dunque, ritornando al suc-
Brigante" ci battiamo da anni (nel prossimo 2015 taglieremo il traguardo dei 15), non possiamo non rinnovare l’invito, rivolto a coloro che hanno a cuore le sorti del Sud del terzo millennio, a non disperdere le già esigue forze con tentativi velleitari ed inconcludenti, destinati a concludersi nel nulla dopo l’entusiasmo dei primi sei mesi di vita.
Siamo e saremo qui, decisi a far crescere la nostra terra insieme a chiunque abbia a cuore la causa meridionale e le nostre porte sono aperte a chi abbia buona volontà. Ma nel composito mondo meridionalista, non sono pochi coloro che debbono fare un po’ di sana autocritica.
la tradizione
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‘A BONAFFICIATA
’A mana è libbera!». Con questo annuncio, volto a garantire che nell’estrazione dei numeri non c’è trucco e non c’è inganno, chi si è assunto la gestione del gioco della tombola dà inizio alla “mana”, vale a dire, al giro, durante il quale si aggiudicheranno i rispettivi premi coloro che per primi avranno realizzato le combinazioni, che vanno dall’ambo alla cinquina e, infine, alla tombola, che equivale al riempimento della cartella. In qualche caso, si conviene anche che un premio spetti a chi realizza la “tombola chiena”, quando tutte le cartelle di un giocatore saranno state riempite; in tal caso, il quantitativo di cartelle dev’essere uguale per tutti i partecipanti. Figlia naturale del gioco del lotto – che si radica e si diffonde a Napoli nel corso del XVII secolo, dopo essere nato, a quanto sembra, fra i due secoli precedenti al Nord (Milano, o forse Genova, o ancora Venezia) –, la tombola è per i napoletani il passatempo natalizio per eccellenza, più del “sette e mezzo” e del “mercante in fiera”. A dire il vero, il napoletano non designa questo divertimento col suo nome italiano, bensì con quello di “bonafficiata”, o di “bonafficiatella”, o ancora, semplicemente, di “afficiata”, corrispondenti tutti al concetto di “beneficiata”, perché la conquista di taluno dei premi ha l’ef-
un gioco senza tempo SERG IO ZAZZERA
fetto di beneficare, per quanto in maniera modesta, il vincitore. D’altronde, il medesimo appellativo
è attribuito a Napoli pure allo stesso gioco del lotto, che, in passato, con una parte del ricavato beneficava anche le giovani ospiti della Santa Casa dell’Annunziata, assegnando loro una dote in vista del matrimonio. Il lotto, poi, ha generato due “figli cattivi”: un maschio, ch’è “’o juóco pìcculo”, vale a dire, il lotto clandestino, e una femmi-
na, ch’è l’“arriffa”, sorta di lotteria, nella quale l’assegnazione dei premi è collegata ai numeri estratti sulla ruota di Napoli; entrambi, infatti, sono praticati in frode al fisco. Viceversa, la tombola è la sua “figlia buona” e tale rimane, anche quando talvolta a colui che ospita la “turnata” viene corrispos t a una quota dell’importo totale pagato dai partecipanti; ciò non vale, infatti, a “incattivire” la “figlia buona”, ché quella somma vale a compensare il percettore del disturbo
arrecatogli. Le regole del gioco sono abbastanza semplici: il giocatore che ha acquistato il cartellone è incaricato di “tirà’” (estrarre) un “nummariello” per volta dal “panariello” di vimini e di annunciarlo. Gli altri giocatori, a loro volta, copriranno quel numero, se presente nelle loro cartelle, adoperando, secondo l’uso moderno, dei gettoni di sughero, ma, meglio ancora, secondo la tradizione, un “fasulo” per volta. Chi avrà realizzato per primo ciascuna delle combinazioni vincenti, lo dichiarerà e ritirerà il relativo premio, costituito da una parte delle poste pagate all’inizio per l’acquisto delle cartelle. Dicevo poc’anzi che i numeri estratti ven-
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gono annunciati da colui che vi provvede; in realtà, però, a Napoli si preferisce praticare la “tombola parlata”, nella quale l’annuncio è dato proclamando la “figura” corrispondente al numero nella “Smorfia” del gioco del lotto; saranno, poi, gli altri partecipanti che, come nel responsorio di una litania, dichiareranno il numero. Per intenderci, può avvenire che il conduttore del gioco annunci: «’O ffuóco», oppure «’O chianto», o ancora «’A panza», e gli altri giocatori rispondano: «8», o «65», ovvero «86», e così via. Al riguardo, durante le festività natalizie non è affatto difficile che, nel passare davanti a qualche “basso” dei quartieri più popolari della città, si possa udire un responsorio di tal gene-
re. E si badi che, perché lo svolgimento possa articolarsi secondo tale modalità, è necessaria una conoscenza profonda della “Smorfia” da parte di tutti i giocatori: posso attestare, per esperienza personale, di avere assistito a tombole giocate in altre città d’Italia, nelle quali era assolutamente assente il brio conferito dalla “chiammata” delle “figure”. Una variante della tombola, che presenta aspetti, per un certo verso, anche intriganti è la cosiddetta “afficiata d’’e femmeniélle”, nella quale all’estrazione dei numeri è preposto un omosessuale, il quale, di solito, tra le “figure” corrispondenti ai numeri sceglie sempre quelle dotate di una valenza maggiormente “osée”.
La “bonafficiata”, dunque, costituisce il passatempo caratteristico delle festività natalizie: il “panariello” e le cartelle vengono prelevati dal cassetto che li custodisce l’8 dicembre, festività dell’Immacolata Concezione, e rimangono in uso fino
al 6 gennaio, giorno dell’Epifania. Dopo tale data, essi torneranno in quello stesso cassetto, dove
la tradizione
attenderanno con pazienza il trascorrere di un altro anno.
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il Collezionista
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CARtOLINE DA NApOLI
l collezionismo un... virus che non attacca tutti, ma se si resta contagiati, quasi sempre sarà per tutta la
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e cartoline di Napoli. Quelle che ci mostrano Napoli com'era e Napoli com'è. Comunque e sempre bella. Bellissima. Non a caso spesso è stata indicata tra le città più affascinanti e interessanti del mondo. Per cultura, tradizioni, musica, storia millenaria, per il patrimonio artistico, per il mare, per il Vesuvio...
...Ieri ed oggi
vita. Desiderosi di non… guarire. Il collezionismo è un mondo che appassiona milioni di persone di ogni continente; un mon-
do che prende in esame i settori più disparati, dai quadri agli orologi, dal modellini di auto, moto, treni e navi ai pass d'albergo, dai biglietti delle lotterie alle Barbie, dai francobolli agli autografi, dai gadget di Topolino ai carillon, dalle capsule di champagne e spumante alle viacards, dai cristalli Swarovski alle cartoli-
ne... Già, proprio di cartoline vi parliamo in questa prima puntata. Si racconta che anche la regina Vittoria possedesse una collezione di cartoline. Per una questione di spazio ci occuperemo solo di quelle che immortalano Napoli. In più diamo qualche indicazione a chi ha voglia di iniziare a conservarle.
gatti, treni o navi o le Promocard di Diabolik e della Vodka, ma chi si occupa stabilmente di collezionismo suggerisce di dedicarsi preferibilmente ad una, al massimo due tematiche. Napoli è una tematica ricca. Ed alcuni, guardando le cartoline del passato (1898-1919, gli anni definiti come l’Età Dorata delle cartoline, in cui furono particolarmente popolari) si interrogano: ma davvero la
Napoli di oggi è più bella di quella del passato con il suo fascino, con la sua semplicità? Non sono pochi coloro che amano mettere vicine nelle proprie raccolte le cartoline che ritraggono la stessa piazza, la stessa strada così come erano e come sono attualmente. Il luogo inquadrato è spesso totalmente mutato. E non solo perché non esistono più i tram, ma c’è la
VIttORIO RAIO
Le cartoline eternano molte di queste caratteristiche della nostra metropoli. Va detto sùbito che chi inizia a conservare le cartoline è bene che decida quali. Altrimenti si rischia di raccogliere tanto materiale anche difficile da catalogare. Ovviamente, liberi di collezionare cartoline paesaggistiche, sportive, di cani,
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il Collezionista
31 francobolli e delle monete) implica la catalogazione delle stesse a cominciare dalla data di stampa (dal 1901 al 1906, ad esempio, il retro non veniva suddiviso) e dal fotografo. Come accade per i francobolli, per valutarne una se ne guarda la condizione:
stazione della metropolitana o perché alle poche carrozzelle che venivano fotografate sono subentrate centinaia di auto e moto. Tra le cartoline che potete vedere in queste pagine qualche esempio di metamorfosi: dalla stazione centrale di piazza Garibaldi, che continua a cambiare fisionomia, al luogo dove sorse lo stadio del Sole poi denominato San Paolo. Grande il fascino della cartolina in bianco e nero che inquadra Fuorigrotta mentre viene costruito l’impianto. Gli operai sono al lavoro: stanno costruendo il primo anello dello stadio che verrà inaugurato il 6 dicembre 1959. Significative e belle
anche quelle antiche che ci mostrano “il Catello dell’Uovo e S. Lucia”, “via Roma, già Toledo”, “Villa Municipale”,
“Chiesa di S. Ferdinando e Galleria Umberto I”, “piazza Dante”. Collezionare cartoline (deltiologia: il terzo hobby più diffuso dopo quello dei
fresca di stampa, q u a s i nuova, eccellente, buona, accettab i l e , comunque da conservare in attesa di trovarne una eguale, ma migliore. Come trovare quelle più antiche? Nel classico scantinato, nella soffitta della nonna, nei mercatini, presso i negozi di antiquariato, scambian-
dole con altri amanti del settore, nelle fiere. Quando si acquistano occorre badare alla pulizia della cartolina, ai bordi, agli angoli, se viaggiata è meglio poter leggere il testo (la rende più appetibile nel caso di rivendita). Il valore può lievitare del 100% se lo stato è ottimo, può decrescere anche del 50-80% se pessimo. Una cartolina anche se rara, può valere poco se ritrae un qualcosa o una località che non interessa. Per conservarle occorre fare attenzione all’umidità, agli insetti, alla luce soprattutto del sole, alle copertine ricche di acidi. Soprattutto se le cartoline sono di altissima qualità e valore meglio i metodi di conservazione degli archivi. Va anche detto che c’è chi ama mettere on line la propria collezione per suscitare l’invidia di coloro ai quali manca qualche pezzo pregiato, l’oggetto del desiderio. Infine, i collezionisti sentimentali, i nostalgici spesso mostrano le proprie cartoline anche per discutere di come e quanto sia cambiata l’area di una città negli anni. Una racco-
mandazione: prima di acquistare una cartolina dal valore alto assicurarsi della bontà dell’acquisto. Non era necessario? Meglio dare questo consiglio.
la Gastronomia
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NOttE D’INCANtO una piccola grande magia
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ROSI pADOVANI
cocca la mezzanotte, tutte le campane suonano a festa. Gli occhi rapiti di un bimbo brillano e si riflettono lucidi nel timido bagliore di una candelina, come giuggiole dolci. Le manine disposte a coppetta, timorose, umide d’emozione, in trepidante attesa si apprestano a compiere il rito benedetto che di generazione in generazione si perpetua passando il Sacro Testimone al più piccolo della famiglia, e ad accogliere un altro Bambinello, per poggiarlo delicatamente in una mangiatoia, in una capanna, nel presepe. E’ la magia di una notte con una sola stella, una per tutti, da Oriente ad Occidente. Un gesto simbolico, una processione accennata nella sala da pranzo, spen-
te le luci dopo il cenone, uno dietro l’altro in fila, ciascuno con la sua candelina, in ordine crescente dal più piccolo al capostipite, per rinnovare la Santa Nascita. -Tu scendi dalle stelle…E’ così che a Napoli si sente il Natale. Il Presepe ci rappresenta, e mentre costruiamo montagne di cartapesta e capanne di cartone, dispo-
nendo pastori e ruscelli, pecorelle o ceste di frutta, sappiamo che ci stiamo sintonizzando con una tradizione che viene da lontano, dove tutto ha un significato. Nella notte Santa quell’attimo cattura sospiri, intime speranze, per un momento magico tutto si ferma raccogliendo il desiderio di serenità, di quiete, di pace, nell’incanto del gesto tenero di un bimbo. Vivaddio
siamo a Napoli, grazie a Dio non a Gerusalemme, terra Santa, terra maledetta… noi fortunati mortali dotati di ogni bene e grazia. Incoscienti, inconsapevoli e pazzi. – co’ chesti pastori, chistu presepe se fa’- apostrofava mio nonno, tra l’arrabbiato e il rassegnato, e così oggi troppo spesso siamo costretti a pensare noi. Che Presepio stupendo si potrebbe fare… Ma poi si torna a tavola, per continuare a festeggiare in famiglia, felici, tra nuvole di zucchero, struffoli, torroni, paste reali e pacchetti, per ricordare i tre re che portarono i loro doni al Dio nato, e infine appare, sontuosa, in tutta la sua ricca magnificenza, nel suo naspro bianco di sposa, sua maestà la cassata!
CASSAtA NApOLEtANA Più leggera della sorella siciliana, la cassata napoletana non è poi tanto difficile da preparare, occorre un po’ di tempo e di pazienza, va preparata il giorno prima, ma il risultato è eccellente, da esserne orgogliosi!
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la Gastronomia CApItAN COOKING
INGREDIENtI Occorrente 1 pan di spagna da 5-6 uova pasta di mandorle verde glassa bianca canditi Ripieno: ricotta di pecora 1kg zucchero a velo 1/2 kg cioccolato fondente 200 gr liquore strega q.b. canditi prepariamo un pan di spagna con 6 uova, e quando è freddo tagliamolo a strisce verticali di un cm. circa. Mescoliamo in una ciotola con un cucchiaio di legno la ricotta con lo zucchero, fino a renderla leggera e spumosa. tagliamo con il coltello il cioccolato fondente a pezzi di grandezze diverse (è una goduria quando capita il pezzettino più grande).e aggiungiamo alla ricotta, insieme ai canditi e un po' di strega Foderiamo uno stampo un po’ più grande di quello usato per il pan di spagna con carta argentata e disponiamone le strisce distese in orizzontale bagnandole con uno sciroppo di acqua zucchero e strega. Riempiamo con la ricotta. Chiudiamo con un altro strato di pan di spagna che bagnamo ancora con lo sciroppo e foderiamo con carta argentata. poggiamo un piatto sopra per fare pressione e mettiamo in frigo per una notte. Il giorno dopo rivoltiamo la cassata su un piatto di portata, rivestiamo con la glassa bianca sciolta a bagnomaria e levighiamo con un coltello. Rivestiamo il bordo con la pasta di mandorle verde e decoriamo a piacere. Vedrete l’ovazione di gioia che accoglierà la vostra meravigliosa cassata!
Partono i bastimenti…. Questa volta è una nave da crociera a portare idealmente da oltreoceano numerose ricette della tradizione, messaggere di storia e identità, rimaste invariate anche dopo decenni di integrazione degli italiani all’Estero. Entra nel vivo Capitan Cooking, la gara gastronomica dedicata agli allievi particolarmente meritevoli degli Istituti alberghieri, segnalati dai presidi, che collega i giovani chef con i loro amici lontani in tutto il mondo. Il progetto è stato presentato dalla direttrice Cordelia Vitiello insieme al presidente di Asmef (Associazione Mezzogiorno e Futuro) Salvo Iavarone, ed al giornalista Carlo Galimberti, il 30 settembre a Palazzo Marigliano a Napoli, presenti il presidente della Camera di Commercio Maurizio Maddaloni ed il senatore Domenico De Siano. Obiettivo di Capitan Cooking è mettere in collegamento i giovani chef con le comunità espatriate oltre confine, stimolando la crescita professionale e l’inserimento nel mondo del lavoro. Un’idea vincente, quella di dare ai ragazzi la possibilità di entrare in contatto con importanti realtà affermate della Campania, nell’ottica di una mobilità internazionale, realizzando il sogno di una professione libera e creativa. In palio infatti, dopo la finale a maggio a Sorrento, uno stage con grandi chef internazionali. I giovani concorrenti potranno elaborare o reinventare le ricette tradizionali, utilizzando prodotti tipici del territorio, grazie anche a numerose importanti etichette campane che hanno collaborato alla riuscita del progetto. La cultura gastronomica intesa come identità di un territorio, filo indissolubile che lega passato e futuro. Annunciato ad Ischia il 3 ottobre all’ Hotel Continental, il 12 novembre Capitan Cooking, che prende il posto di “Miss Chef”, ha visto un incontro a Battipaglia con tutti gli Istituti alberghieri che partecipano, con cui si sono delineate le linee guida. Il 24 novembre il presidente Salvo Iavarone è stato ospite ad Uno Mattina Caffè per presentare il progetto a livello nazionale, ed il 25 approda alla Farnesina con l'ambasciatore Cristina Ravaglia Ministro degli italiani all'estero. Nove gli Istituti coinvolti in questa prima edizione: I.I.S.S. “Luigi Vanvitelli”, Lioni (Av) - Istituto Paritario “Francesco Petrarca”, Torre del Greco (Na) - ISIS “Elena di Savoia”, Napoli - I.P.S.S.E.O.A. “De Gennaro”, Vico Equense (NA) - I.T.C. “Antonio Sacco”, Sant'Arsenio (Sa) - IIS "Enzo Ferrari", Battipaglia (Sa) - IS.I.S. "Vittorio Veneto", Napoli I.S.I.S. - “De Medici”, Ottaviano (Na) I.P.S.A.R. "Le Streghe", Benevento Non ci sono dubbi, il varo di Capitan Cooking è avvenuto, e la nave timonata dalla grande professionalità dei sui ideatori, portando innovazione e tanto entusiasmo, siamo certi che navigherà a vele spiegate per lidi assai lontani.
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il teatro
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V.E.R.D.I. E FRANCISCHIELLO L’identità sale sul palco
l 27 dicembre 1894, esattamente centoventi anni fa, scompariva Francesco II di Borbone, ultimo sovrano del Regno delle Due Sicilie, e con lui la Nazione napolitana. Molte manifestazioni si sono già svolte per ricordarne la
nei panni del giovane sovrano fino a salire idealmente sugli spalti di Gaeta da dove, sventolando la bandiera gigliata, in un emozionante crescendo di pathos giunge a disegnarne una figura assai lontana dallo stereotipo suggerito dal nomignolo che gli fu
San Valentino è il 14 Febbraio, nei giorni in cui cade il Regno. Poi c’è il primo personaggio che compare nella tragedia shakespeariana, una sentinella che si chiama Francesco. Anche il rapporto tra Amleto ed Ofelia è stato traslato in quello tra Francesco e
figura e molte altre ne verranno, a testimonianza del grande fermento che muove verso la riappropriazione della nostra storia e della nostra identità. In questo fertile humus si colloca a pieno titolo il testo, nello scorso novembre riproposto al Nuovo Teatro San Carluccio di Napoli, dal titolo: “Francischiello, un Amleto re di Napoli”, scritto e portato in scena da un intenso e coinvolgente Carmine Borrino, arricchito dalle musiche del violinista Lino Cannavacciuolo. L’attore parte seduto sugli scalini del palco, chiacchierando in modo informale con i suoi spettatori, per poi entrare lentamente
affibbiato.
Maria Sofia reso in una forma più emozionale ed infantile, cercando di controbattere le calunnie e le volgarità sessuali di cui furono bersaglio i due sovrani».
Alle telecamere del nostro Brigantiggì, interrogato più che intervistato da Vincenzo Martongelli, Borrino ha spiegato il senso della sua operazione teatrale: «Ho pensato di restituire attraverso la figura di Francesco II una parte della nostra storia negata. Anche di prendermi uno sfizio, se vuoi, collegando tra loro questi due personaggi, Amleto e l’ultimo sovrano della nostra nazione. All’interno del testo di Shakespeare ci sono tanti riferimenti. Per esempio c’è la canzone di San Valentino cantata da Ofelia: e noi sappiamo che il giorno di
Sei entrato profondamente ed in modo originale nel personaggio … «La storia ci ha passato la figura di un sovrano, oltre che inetto anche bigotto. Io ho provato ad interpretarlo anche con altre idee. Reputo l’essere cristiano un
grande valore, ho dato per scontato che avesse letto e dunque conoscesse Sant’Agostino, tra i primi ad interrogarsi sull’essere ed il non essere: il più noto dubbio amletico!». Possiamo definire la tua come un’opera “contro storica”? «Si, ma io la definirei “contemporanea”soprattutto in riferimento alla pesante ed antistorica retorica con la quale si sono voluti festeggiare a forza centocinquanta anni di una unità che non si è mai davvero realizzata. Dirò di più: penso che questo spettacolo possa far riflettere per rifare un’Italia, questa volta partendo dal Sud!».
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Di taglio e ambientazione diversa, ma nel solco comune del precedente spettacolo anche il testo di Luca Cedrola “V.E.R.D.I. Vi è ragione di interrogarsi”, riproposto tra le splendide mura di Palazzo San Teodoro, sempre a Napoli, con la partecipazione straordinaria di Mariano Rigillo e Cicci Romano, accompagnati del soprano Elena Somma e dal pianista Mariano Bellopede, per la regia di Bruno Garofalo. La “ragione di interrogarsi” del titolo viene qui estesa a tutto il Risorgimento attraverso la musica mediante un percorso emozionale che, se da una
parte sollecita al Meridione il suo ruolo, dall’altra mette il dito sulle pesanti responsabilità dei meridionali. Anche Cedrola è passato
per le telecamere della nostra trasmissione, intervistato da Gabriella Diliberto. Spieghiamo ai nostri lettori il significato da lei attribuito all’acronimo V.E.R.D.I … «Certo. Il significato che ho voluto dare al nome del noto musicista è Vi E’ Ragione Di Interrogarsi, in contrapposizione a quello che i filorisorgimentalisti dell’epoca vollero intendere come Vittorio Emanuele Re Di Italia. Da qui parte quello che è un viaggio nella storia e nella cultura italiana, ma anche meridionale attraverso dei brani poetici, letterari, musical i ,
uniti a mie personali considerazioni». Tre forme di espressione diverse per raccontare cosa?
«Un sentimento, un mood che attraversa la città e che venti o trenta anni fa non esisteva: diventa sempre più pressante la richiesta di verità sul periodo storico che portò all’unità d’Italia. Significativo nel teso un passaggio dove l’onorevole Volponi, negli anni ’80, pone degli interrogativi sulla materia in epoca non ancora sospetta. Altrettanto significativa della nostra incapacità di gestire il patrimonio artistico e culturale dell’Italia, la citazione da un brano di Ligabue che recita: tutta questa bellezza senza navigatore!». Dalla celebrazione dei centoventi anni dalla scomparsa di Francesco II di Borbone a quelle del prossimo (2015) centocinquantenario di Firenze capitale d’Italia. Nella speranza che, di questi tempi, non venga ulteriormente dissipato denaro pubblico, quanto è importante, per italiani, napoletani e meridionali in generale, prendere coscienza di tutto questo? «Secondo me è molto importante, a patto che non divenga un alibi per i napoletani. Nello spettacolo io mi chiedo e chiedo agli spettatori di chi è la colpa di aver reso sudditi i meridionali. E’ necessario che soprattutto i nostri giovani vengano a conoscenza delle verità nascoste della storia, non come rimpianto per quello che si era ma come punto di parten-
il teatro za per quello che si potrà diventare. Più stimolante, invece, e su questo mi piacerebbe aprire un confronto, il tema della prossimità del potere alla menzogna: ieri ci hanno nascosto gli accadimenti dei nostri nonni, oggi il potere ci continua a mentire, con tutto il subdolo che le nuove tecnologie permettono. Mi pare che non tutti abbiano ancora fotografa-
to, con l’attenzione che merita, questo problema».
Dunque, due spettacoli diversi, ma con un unico filo conduttore: il dubbio, ossia, porsi domande e darsi risposte anche diverse da quelle che qualcuno ci ha propinato forse per troppo tempo. Partiti da Amleto, potremmo approdare a Cartesio il quale considerava “il dubbio” quale via maestra per giungere ad una piena consapevolezza di se … Ma questa è ancora un’altra storia.
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il Cinema
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LA SCuOLA pIù BELLA DEL MONDO poca fantasia, tanti luoghi comuni GERMANA G RASSO
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Ci dispiace che qualcuno si sia offeso: non era nostra intenzione. Amo Napoli e i napoletani e con un tono da commedia volevo mostrare la situazione di una scuola del Sud - non di tutte - che nonostante le difficoltà strutturali e lo Stato assente riesce a cambiare ed a vincere grazie all'intelligenza e al cambiamento dei suoi professori. C'è da offendersi? Prendo spesso in giro Napoli da napoletano, ma tutti i miei film rivelano un grande amore per la mia città. Qualcuno si può indisporre, ma molti ne colgono l’ironia”. Così il regista napoletano Luca Miniero ha commentato le polemiche ed i
sto articolo. In questa commedia una scuola del Centro si confronta con una del Sud per un errore, una fatale aggiunta di vocale che mette in moto l’intera macchina comica. La scena in cui il preside ed i docenti della scuola toscana accolgono la scolaresca campana, credendola ghanese, con lo striscione ‘Benvenuta Africa!” in bella mostra è la summa di tutti gli stereotipi ed i cliché che il Mezzogiorno continua a subire. In quella scena “non c’è intento denigratorio – ha voluto sottolineare Miniero in conferenza stampa – ma intendevo sottolineare quella meridionalità che mostra i problemi persi-
malumori suscitati dal suo ultimo film, ‘La scuola più bella del mondo’, in sala durante la stesura di que-
stenti al Sud”. “La scuola più bella del mondo è quella dove i docenti sono motivati,
dove le strutture sono meno ‘sgarrupate’, dove c’è maggiore attenzione ai ragazzi”. Questa la ricetta di Miniero per uno degli aspetti più importanti del nostro Paese e del suo futuro: quella scuola, bistratta, maltratta, delusa nelle aspettative, oggetto frequente di riforme intraprese da ogni governo, che mai centrano realmente l’obiettivo. Così la scuola si pone come la coscienza di un Paese che invecchia e che ha un’enorme responsabilità nei confronti
toscana modello, il secondo nei panni di un docente di una ‘sgarrupata’ scuola di Acerra, vicino a Napoli, deluso dalla scuola in quanto istituzione e che non crede più nell’insegnamento come attività nobile e nobilitante. “Sono un preside prepotente e competitivo – ha dichiarato De Sica – ma che crede nell’insegnamento. Invece, il personaggio interpretato da Rocco Papaleo non ci crede più. Alla fine del film, io sarò meno competitivo e
delle future generazioni. Forte del successo di ‘Benvenuti al Sud’(2010), ‘Benvenuti al Nord’ (2012) e ‘Un boss in salotto’ (2014), Miniero ci confessa che potrà accadere che ritornerà al Sud per un prossimo progetto, “ma non farò più un film NordSud, che sembra ormai sia l’unica etichetta che attraversi i miei film”. Protagonisti di ‘La scuola più bella del mondo’, prodotto da Cattleya e distribuito da Universal, sono Christian De Sica e Rocco Papaleo, antagonisti, il primo nei panni del severo preside di una scuola
lui avrà capito che la scuola è l’aspetto più importante nel nostro Paese, che crea il futuro dell’Italia”. Alla domanda se è ancora lecito – in questi tempi – parlare di Nord e Sud ed in quali termini. Papaleo risponde che “Nord e Sud sono due facce della stessa medaglia. Nel nostro Paese ci sono le differenze, ma c’è anche uno spirito comune che va scovato. Le differenze devono rappresentare una risorsa. L’unione delle differenze – ribadisce l’attore lucano – può far diventare il nostro un grande Paese”.
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L’ALtRO ADAMO: uN VIAGGIO DA pLAtONE ALLO SpAZIO COSMICO
asquale Squitieri torna al cinema con un film da lui diretto, nel quale ha anche una piccola parte, prodotto da Elide Melli in collaborazione con Rai Cinema. Il titolo “L’altro Adamo” già rende il messaggio che il regista ha voluto dare allo spettatore
ovvero un nuovo inizio che mira ad un futuro inglobato in un rapido progresso. Partendo infatti dal dato che tra pochi anni la popolazione mondiale salirà a 9 miliardi e mezzo e la robotizzazione aumenterà del 35 %, Squitieri ha voluto dire la sua su quello che potrebbe essere lo scenario che ci aspetta, o forse aspetta i nostri figli. Interpretato da Lino Capolicchio e Marianna Jensen il film racconta la vita di Adamo Koll “un uomo incasel-
SIMONA BuONAuRA
lato in una società priva di ideali, di sentimenti, di passioni insomma priva di anima” che divide la sua vita con un super computer dotato di una mano, quasi umana (ed in effetti lo è, perché è quella di Ottavia Fusco, opprimente e matriarcale capufficio del protagonista), e ribattezzato Ulisse perché ha sempre una risposta ai suoi quesiti. Adamo porta all’occhiello del soprabito un minuscolo bottone luccicante ovvero una telecamera che poi, una volta a casa, collega al pc per rivedere assieme alla macchina le scene vissute poco prima. Questa operazione gli permette, grazie all’avanguardia di Ulisse, intelligenza artificiale ma a noleggio che gli costa un po’ di soldi al mese, di poter creare un suo doppione televisivo e modificare alcune delle azioni compiute, offrendogli esiti diversi della vita un po’ come avveniva nel film “Sliding doors” di Peter Howitt. Finché un giorno non chie-
de alla super macchina di fargli vivere una storia d’amore con una donna apparsa tra le tante immagini e i volti registrati; il Pc si mette al lavoro avvertendo Adamo che le emozioni saranno passate da lui tramite un contatto tra le mani in modo da rendere l’accaduto più vero. La storia quindi comincia e Adamo incontra la bella passante nei panni di una povera cieca della quale si innamora subito e che cerca di aiutare a ritrovare la vista, rubando e facendosi togliere un rene per racimolare la cifra richiesta dai medici consultati, sino al tragico epilogo dell’omicidio di lei da parte di lui che scopre di essere stato ingannato. Ma quello che doveva essere una realtà virtuale diventa reale e Adamo viene condannato all’ergastolo, perché le immagini per volere di Ulisse vengono captate dalla polizia, in base al principio che “ogni cosa che abbiamo realizzato, prima l’abbiamo immaginata”. Il ritmo della pellico-
la è angosciante, lento e forse un po’ retrò: se si considera che la sceneggiatura è stata scritta nel 1972 forse si trova la spiegazione che il futuro visto dal regista è quella immaginato 40 anni fa e che oggi forse ha dei contorni diversi. Vero è però che i social network , strumento di comunicazione specialmente tra i giovani, hanno l’aspetto di Ulisse che permette di far vivere a coloro che li usano una realtà virtuale senza, talvolta, rendersi conto che comunque ciò che scrivono e le persone all’altra parte del pc sono vere ed anche se si usa uno strumento astratto i codici che passano attraverso i suoi canali sono decodificati e vissuti in modo maledettamente reale. Ma il film è anche una metafora delle grandi ideologie politiche, per le quali si è ammazzato e fatto di tutto, oggi ormai tragicamente dimenticate da un Paese senza identità che ha smarrito i propri valori.
la Lettura
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LA “NOStRA” CONtRORIVOLuZIONE Da Firenze un libro e tante idee
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ella splendida sala “Luca Giordano” di palazzo Medici-Riccardi, sede del Consiglio provinciale di Firenze, la Delegazione Toscana dell’Ordine Costantiniano di S.Giorgio, in occasione del recente 50° anniversario del Gran Magistero di SAR l’infante Don Carlos di Borbone Due Sicilie, ha promosso venerdì 7 novembre la presentazione del libro del confr. Guido Fineschi Sergardi, intitolato “La nostra Controrivoluzione”.
L’iniziativa, che fa seguito ad altri passati eventi culturali organizzati dalla suddetta Delegazione al fine di ricordare le particolari tematiche legate all’identità cristiana ed ai valori dell’antica tradizione, è stata voluta anche per contribuire a sostenere il necessario processo di
revisionismo della nostra storia-patria. Non a caso la presentazione si è svolta presso il prestigioso palazzo che ospitò il Ministero dell’Interno nel 1865, allorquando fu scelta Firenze come capitale d’Italia, di cui sono in corso i preparativi per i festeggiamenti dei 150 anni. La conferenza, aperta dal Delegato Ettore d’Alessandro duca di Pescolanciano, che ha illustrato le ragioni del promuovere tali eventi culturali identitari tra le svariate attività svolte dai confratelli (sono state riepilogate le tante attività realizzate dal 2007 ad oggi nel segno del credo, carità e cultura), si è articolata con gli interventi di mons. Giovanni Scarabelli, del cavaliere Giovanni Cipriani dell’Università di Firenze,
del cavaliere Iacopo E. Inghirami dell’Università di Milano-Bicocca, di Antonio Bellizzi di San Lorenzo moderati da Antonio Lovascio già vice-direttore de “La Nazione”. Ha concluso gli interventi l’autore cavaliere Guido Fineschi Sergardi con un suo appello ai giovani.
La Delegazione ha anche omaggiato di un ricordo costantiniano il Presidente della Provincia di Firenze ed il direttore della testata giornalistica napoletana “Il Brigante”, Gino Gianmarino oltre a ringraziare i cavalieri grossetani per la ristampa degli atti sui “Viva Maria” per tale occasione. I confratelli intervenuti: il M.se Andrea Serlupi d’Ongran con consorte, il M.se Pietro Lorenzo Bartolini Salimbeni con sorella M.sa Selvaggia, Niccolò Ridolfi dei Marchesi di Montescudaio con consor-
te, N.U. Aubrey Westinghouse, Fabrizio Boni, Luigi Borgia, Epifanio Lo Sardo, Carlo Testi, Franco Biagini, Pierpaolo Guidi, Fabrizio Druda e Massimiliano Pescini, Leonardo Pilastri, Maurizio Chiggio, Francesco Lapucci, Francesco Guidotti e consorte, Giancarlo Marinelli, Piero Gramigni, Sandro Barbacci, Vincenzo Maresca. L’evento culturale ha visto
la partecipazione di numerose personalità, tra le quali: S.E. Rev.ma Mons. Gianfranco Girotti, Reggente Emerito della Penitenzieria Apostolica; il M.se Giovanni Fossi, Gran Cancelliere del Sacro Militare Ordine di Santo Stefano; M.se Don Raffaele Carrega Bertolini, Principe di Lucedio, Delegato SMOM; la M.sa Donna Elena Torrigiani, Duchessa di Santa Cristina, con la figlia, Donna Elena Torrigiani di Santa Cristina; il ten. col. Marco Grandini, Com.te Reparto Operativo CC. Siena ed il maggiore CC. Andrea Pagliaro; On. Marco Cellai; gli allievi del corso "Ghibli" della Scuola Militare dell'Aereonautica, "Giulio
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Douhet"; N.U. Ascanio Ruschi dell’Ass. Comunione Tradizionale; Prof. Stella Rudolph Mellini; molti confratelli e consorelle dello SMOM come il cav. Massimo Ambrogi, cav.
Giuseppe Vescovo, cav.Enrico Passi, dama N.D. Maria Alli Maccarani, dama Jaqueline Panducci, dama Titti Minucci del Rosso, dama Stefania Quinterio Brentano, Simone Ferri
Graziani, Stefania Giusti, Agostino Lippi, Alessandro Baldi; Roberta Pelaconi Morgantini; N.U. Alberto ed Andrea Migone; Conte Stanislao
la Lettura
Medolago Albani.
“IL BRIGANtE” pREMIAtO A FIRENZE
L
a nostra testata giornalistica ha ricevuto un attestato di stima dalla Delegazione Toscana del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio. Il riconoscimento è stato ritirato dal nostro
direttore Gino Giammarino con le seguenti motivazioni: “La Delegazione Toscana del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio esprime il più alto apprezzamento per l’iniziativa culturale di promo-
zione della Storia patria napoletana ed in particolare di quella collegata alla Famiglia Reale Borbone Due Sicilie, svolta da più di u decennio dalla testata giornalistica “il Brigante”, per il costante attivismo
nella ricerca di ricordi storici relativi al passato Regno delle Due Sicilie con i suoi rispettivi Sovrani di Borbone, nonché per la valorizzazione dell’immagine delle insorgenze delle Due Sicilie”.
la Storia
C
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FIRENZE, 15 SEttEMBRE 1864 Luci ed ombre sulla convenzione
ome sottotitolo a “Firenze Capitale” ho inserito un “luci ed ombre” che, però, a voler essere sinceri ed obiettivi al massimo, avrebbe dovuto citare solo le ombre che, di luci, in realtà non ce ne furono o qualora qualcuna timidamente si accese, cedette immediatamente il passo alle ombre incombenti. Se tutti noi vivessimo in Toscana ed in particolare a Firenze sapremmo già parecchio su questo avvenimento che, come tutte le ricorrenze che si intendono festeggiare in Italia, se ne comincia a parlare un anno prima per, poi, festeggiarle con qualche mese di anticipo sulla data canonica facendo, così, in modo che la gente, distratta da ben altri problemi che, diciamocelo francamente, sono tanto ma tanto più importanti che non
LuCIANO SALERA
cinque anni di “pseudo capitale” di un ancor più “pseudo Regno d’Italia” possono interessare gli italiani a 150 anni di distanza. Del resto non mancano le prove a dimostrazione che oggi come oggi, riesumare vecchie ricorrenze non importa più a nessuno (lo abbiamo visto nel 2007 per i 200 anni dalla nascita di Garibaldi e nel 2011 per i 150 anni, attenzione … non dell’avvenuta Unità d’Italia, ma della proclamazione di quel risibile Regno d’Italia -17 marzo 1861che Casa Savoia si costruì su misura per i comodi suoi!) Benissimo. Ma cosa doveva farci la capitale di quel Regno a Firenze? In attesa di Roma, Torino non andava più bene?
No, non poteva più andar bene perché Torino rappresentava l’egemonia del Piemonte sul nuovo Regno e gli ambienti liberali, principalmente toscani e meridionali, vedevano in Torino capitale un ostacolo enorme sulla strada del decentramento delle autonomie locali e dello sviluppo dell’ordinamento statale. Per quanto riguarda Roma, obiettivamente, l’attesa si prospettava lunga. C’era Napoleone III a far da sentinella allo Stato Pontificio ed a Pio IX e per i frettolosi Vittorio Emanuele II e compagnia cantante (Cavour non lo nominiamo neanche in quanto era già partito
per l’al di là) c’era ancora molto da aspettare tanto è vero che pur la potentissi-
intervento delle sètte rivoluzionarie, a conquistar Napoli (per questa capitale
ma Massoneria Inglese (quella italiana non la cito neanche perché praticamente inesistente o -nella migliore delle ipotesi- in via di frettolosa riorganizzazione dopo le batoste prese da tutte le polizie politiche dai vari Stati preunitari) nulla poteva contro una realtà immutabile.
basta pensare all’opera devastatrice di “don” Liborio Romano e dei camorristi in veste di polizia di stato) oltre a Firenze e Roma che erano i “gangli” vitali della Nazione Italiana preunitaria.
Napoleone III era una garanzia per Pio IX ed un vero spauracchio per quella banda di piemontesi che viveva solo in funzione di raggiungere l’obiettivo posto a suo tempo da Carlo Alberto ovvero di fare dell’Italia “lo spazio vitale del Piemonte” che, a sua volta, riprendeva la cosiddetta “teoria del carciofo” sempre di Sabauda memoria, politiche, in forza delle quali, i magnanimi aspiranti a sedere sul futuro trono del Regno d’Italia, erano mossi non certamente dal rendere di pratica attuazione l’unità confederativa d’Italia sotto il Papa bensì la ben più vantaggiosa realizzazione della conquista della Lombardia prima per passare, poi, grazie al “disinteressato”
Questo per sommi capi (molto sommi in verità) la realtà italiana che portò, attraverso gli anni, alla data del 15 settembre 1864 quando a Parigi fu sottoscritta una Convenzione in due protocolli separati in forza dei quali in uno veniva stabilito di porre fine, da parte della Francia all’occupazione di Roma che durava dal 1849 (data della fine della Repubblica Romana) e, nell’altro, in attesa di Roma, che la capitale da Torino sarebbe stata trasferita in altra città. In quell’occasione non furono fatti nomi su quale potesse essere questa città, ma era opinione diffusissima che Firenze sarebbe stata la città prescelta a rivestire il ruolo di capitale del pargoletto Regno d’Italia in attesa che Roma -
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41 come appena detto- si fosse resa disponibile ad occupare il prestigioso incarico. E a questo punto cominciarono le dolenti note, o, come ho appena detto, cominciarono a calare le prime ombre ad offuscare il rilucente splendore delle abbaglianti luci risorgimental-sabaude.
Il trasferimento della capitale non era solo un fatto formale di puro carattere amministrativo. Era un fatto di rilevanza economica epocale per quei tempi. Già s’erano delineati gli schieramenti: quello del “no” a togliere, pur se per poco, il ruolo di capitale a Torino e quello del “si” che vedeva in questo trasloco, pur se momentaneo, una irripetibile occasione per far soldi. Come? E che importa. Cosa volete che potesse
importare come far soldi ad una categoria di operatori economici (ma chiamiamoli “faccendieri” o “gruppi di pressione o di ”lobbying”, come si direbbe oggi) dotati di una organizzazione che agiva solo per l'affermazione dell'interesse particolare del loro “mandante” esercitando la propria influenza su determinate decisioni politiche al fine di ottenere provve-
dimenti favorevoli alla parte per la quale lavoravano. Questa gentaglia (che sarebbe, poi, quella che ha fatto l’Italia, e si vede … !) da svariati decenni lucrava su tutto: dal traffico d’armi, alla produzione di materiale bellico, dal vestiario militare alle forniture per gli ospedali, che erano affollatissimi grazie alle guerre continue, dagli appalti -di qualunque genere fossero- perfino alle … feste paesane ed ai “balli cotillons”!
tra i propri sostenitori ben 52 morti e 187 feriti tutti colpiti da arma da fuoco e da colpi di sciabolate e baionette. Questo, non lo dimentichiamo, mi raccomando, perchè Vittorio Emanuele II era il Re Galantuomo ed il defunto (purtroppo) Ferdinando II era Re Bomba! Ahi, ahi: la storia scritta dai vincitori … !
Questi due blocchi contrapposti: “si” e “no” finirono, come in tutte le faide di stampo criminale in violentissimi scontri fisici nelle piazze e nelle vie di Torino che si vide catapultata, improvvisamente, dalla quotidianità sonnolenta ed uggiosa nella quale era immersa da sempre, ad una realtà fatta di manife-
Tutto questo avveniva il 21 e 22 settembre 1864 (v/ “La prima strage di Stato”, Roberto Gremmo, Ed. Soria Ribelle, Biella, sett. 1999) ma la cosa ebbe un seguito nei giorni 25 e 29 gennaio 1865 con ulteriori manifestazioni di protesta che registrarono la loro conclusione trionfale il 30 di gennaio quando si verificò un tentativo di assalto alle carrozze reali (in una delle quali era accomodato nientemeno che Sua Mae-
stanti che contestavano tutto e tutti, barricate (oggi “blocchi stradali”) con interventi finali dell’esercito per riportare l’ordine e la calma a suon di morti e feriti! E proprio per riportare l’ordine e la calma nella stravolta capitale (quasi ex) del Regno Sabaudo, la rivolta popolare, peraltro manovrata dai fautori del “no”, fu costretta a contare
stà Vittorio Emanuele II) dirette al Gran Ballo di Corte. Precedentemente, parlo sempre del 1864, nella sabauda Torino prese a circolare un opuscoletto di appena 23 pagine, rigorosamente anonimo se non per una sigla “C.A.R***” che faceva bella mostra di se sul frontespizio. L’opuscoletto dal costo di cent. 20 risultava edito e
la Storia stampato dalla Tipografia nazionale di R. Jona - Torino, 1864.
Orbene questo opuscoletto, che fa bella mostra di se nella mia libreria, aveva come argomenti principali una serie di “proposte e suggerimenti” da parte di un “anonimo” al Governo, al Parlamento e al Municipio, per fare di Torino una città “industriale e manifatturiera” (ma scusate, durante tutti gli anni in cui ci è stato imposto -come un purgante- il “mito del Regno Sardo” nel cui contesto Torino rappresentava la pietra preziosa che risultava prima ed imbattibile qualunque fosse l’argomento di cui si parlava, ora aveva bisogno dei suggerimenti di un anonimo per trasformasi in città industriale? E le industrie di prima che fine avevano fatto? Beh, lasciamo perdere.)
dicevo: in questo opuscoletto ci sono alcune pagine dedicate all’argomento di cui ci stiamo occupando.
Ovvero del “trasloco” della capitale. Ebbene non voglio assolutamente anticiparvi niente perché farete una scoperta a dir poco eccezionale trattandosi di argomento ai più del tutto sconosciuto. (continua…)
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l’Agenda
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Appuntamenti del meridionalista
Benedizione delle bandiere Regno delle Due Sicilie Lunedi 8 dicembre 2014 alle ore 10:30 presso la Cappella del Pozzo in Capurso (BA), in occasione della Festa dell'Immacolata, patrona del Regno delle Due Sicilie, si ripeterà il suggestivo rito della benedizione delle bandiere del Regno delle Due Sicilie. Nell’occasione sarà distribuito ai partecipanti l'edizione straordinaria de Il Carlino con la storia della devozione alla Madonna del Pozzo e del legame della casa reale Borbone-Due Sicilie con il Santuario.
Alla Corte del Gusto: tradizione, sapori e solidarietà al Castello-Palazzo Ducale di Marigliano Il 7 e l’8 dicembre, in occasione della Festa dell’Immacolata, lo storico edificio si animerà con laboratori di degustazione, cena-racconto, mercatini di eccellenze e il concerto “DonnaMadonna”. Nella suggestiva cornice del Castello-Palazzo Ducale di Marigliano, le Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, organizzano una speciale due giorni dedicata ai sapori e ai saperi tipici della Regione Campania. Raduno di canoa&kayak itinerante “VII I Fiumi dei Briganti – II Memorial Antonio Stellavato”, Dal 26 dicembre 2014 al 2 Gennaio 2015 Il programma potrà essere soggetto a variazioni dovute ai livelli idrometrici o a motivi logistici. La quota di iscrizione al raduno, per pagaiatori ed accompagnatori, è di 30€ comprensiva dell’assicurazione AcquaViva UISP, FICT o Firaft (previo tesseramento in loco). L’iscrizione dà diritto a pasti e pernotti nelle strutture convenzionate e alle cene sociali a 10€ e alla Riffa. Gli accompagnatori iscritti hanno la possibilità di partecipare ad attività di rafting, trekking, visite guidate, convenzionate con la Trekking&Paddles. Costo: 10€ ad attività.
Maddaloni ricorda Giacinto De’ Sivo In occasione del II centenario della nascita di Giacinto de' Sivo (29 novembre 1814 - 29 novembre 2014), l’ Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie organizza per sabato 6 dicembre un convegno dedicato alla figura del grande storico e letterato di Maddaloni intitolato “Giacinto De’ Sivo: storico, letterato, politico”. Il convegno si svolgerà dalle ore 10:00 presso il Convitto Nazionale G. Bruno in via S. Francesco D’Assisi, 119 – Maddaloni (CE).
Insorgenza Civile Nuova sede a Napoli Domenica 7 dicembre 2014 a partire dalle 10:00 Insorgenza Civile incontra amici ed iscritti nell’occasione della inaugurazione della nuova sede napoletana in piazza San Domenico Maggiore – Palazzo di Sangro.
Le voci per Napoli Domenica 14 Dicembre 2014 dalle 10:30 il terzo Raduno del Gruppo SEI NAPOLETANO SE… e di tutti i gruppi di Facebook e la gente perbene di Napoli - Piazza San Domenico Maggiore – Napoli
Aperitivo del Brigante Originale iniziativa tra caffè letterario e musica d’autore. Da lunedì 8 dicembre presso lo Xeo Café & Stickhouse Bar in Piazza Sette Settembre, 20/21 a Napoli dalle 17:30 il primo di una serie di appuntamenti settimanali per incontrarsi e discutere di meridionalità, degustando prodotti meridionali accompagnati dalla musica di Roberto Natale Bobbit Dj. Ingresso a pagamento (€ 5,00).
Roma, dal Bellambriana un calcio a Equitalia Sabato 13 dicembre presso l’Hotel Golden Tulip Bellambriana in via Luca Passi, 6 – Roma, una cena spettacolo con Salvatore Mazzella, musica e canti briganteschi per dare, almeno per una sera, un calcio a tutti i problemi finanziari.