il Brigante MAGAZINE PER IL SUD DEL TERZO MILLENNIO
L’ASSEDIO E LE COLPE “Le voci di dentro” si interrogano
PARLA T. E. FROSINI Europa e indipendenza
ANNO 14 - N. 41 OTTOBRE 2014 € 2,00
PIPPO CALLIPO Imprenditore e resistente
L’IDENTITÀ
La battaglia del Macerone
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NAPOLI SOTTO SCACCO G INO G IAMMARINO
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n principio fu la mozzarella, attaccata e messa sotto accusa in collegamento con l’inquinamento della “Terra dei fuochi”. Ricordate? Si toccò il colmo quando nei punti vendita del Nord si arrivò a specificare, con vistosi cartelli, che i latticini esposti “non” provenivano dal Sud, tralasciando che il Settentrione d’Italia non può vantare nessuna tradizione gastronomica in quel settore.
Ma soprattutto che Seveso, le cui acque sono giudicate più pericolose della Diossina a circa quaranta anni dalla sciagura del 1976, non era una lontana provincia del Bangla Desh, ma di quella Brianza che spesso viene venduta mediaticamente come un fiore all’occhiello del Paese. Poi, in rapida successione, è toccato al caffè, partendo da una celebre caffetteria della città: “E’ rancido, legnoso e terroso, gli do tre e mezzo” – sentenziò Andrej Godina, responsabile per l’Italia della coffe education di Scae (Speciality Coffee Association of Europe), dopo aver girato Napoli e Firenze assieme ai suoi collaboratori e…ad una troupe di “Report”, la trasmissione RAI di Milena Gabanelli.
La stessa che in queste ore ha battuto un nuovo record, sparando a zero contro un altro simbolo di Napoli nel mondo, la pizza, prima ancora di iniziare ad andare regolarmente in onda: complimenti vivissimi!
Poi ci sono i casi di Ciro Esposito, del quale si tenta sporcare la memoria per salvare l’aggressore (non posso ancora scrivere “assassino”) romanista Daniele De Santis e le sue amicizie politicamente altolocate, Genny ‘a Carogna che ha parlamentato con la Polizia e la società esattamente come il suo omologo di fede viola (ma i media hanno visto solo lui) e Davide Bifolco, freddato da un carabiniere a soli 17 anni per un vago sospetto, rimasto sulla terra del Rione Traiano.
Terra di fuoco. Da mesi siamo costretti a vedere decine e decine di servizi giornalistici, partiti con il naturale meccanismo della cronaca che si amplifica di sé, ed assurti al ruolo, sempre più insopportabile per i tantissimi napoletani perbene, di moralizzatori di una città allo sbando. Definizione che ci porta a vette inusitate, con il primo cittadino ed ex PM Luigi De Magistris,
sollevato dal suo incarico in seguito alla condanna per gli abusi professionali nell’ambito dell’inchiesta “Why not” e, alzando ancora il tiro, agli interrogatori al Presidente di questa Repubblica, Giorgio Napolitano, sul quale preferisco non dilungarmi, avendo più volte palesato il mio giudizio negativo.
Tutto quanto sopradescritto descrive sicuramente la cornice di una serie di nemici di Napoli (e più in generale del Sud) sempre pronti a muovere con decisione contro un modo di essere ed un modello diverso. Ma ripararsi dietro il vittimismo non servirà a noi e non cambierà i, pur stantii, luoghi comuni contro la meridionalità.
Anche perché, quando parliamo di Napoli, facciamo riferimento ad una città non meno eterna di Roma, quando invece parliamo dei napoletani, purtroppo, ci riferiamo ad un’astrazione, a quella “tribù” che secondo il poeta Pier Paolo Pasolini - con la sua filosofia potrebbe cambiare il mondo. Una filosofia nata per strada, ma con un riferimento a regole di moralità e dignità da capitale europea, tenuto anche nei bassi e portata sugli scher-
mi e sui palcoscenici dei teatri di tutto il mondo dai De Filippo e da Totò, dai Troisi, dai Mastroianni e da Sofia, fino al maestro della nobiltà d’animo anche in miseria: Vittorio De Sica. Attenzione, questa sfilza di nomi eccellenti non serve a dimostrare quanto siamo bravi, ma a ricordare quello che non siamo più.
Chiamare in causa i grandi della nostra terra non può servire a giustificare le nostre mancanze, piuttosto deve darci la misura di una tribù che ha perduto le sue tradizioni in nome della “modernità” imposta dall’italietta senza identità degli ultimi anni.
La “tribù napoletana” deve fare autocritica con umiltà, mettendo da parte quell’autoreferenzialità nefasta che ne connota oggi una cifra essenzialmente negativa, per recuperare la sua splendida, luminosa unicità, che può far da traino ad un Paese in crisi sotto i più vari aspetti, insegnandogli una strada diversa per risorgere. Perché, nel bene e nel male, Napoli è sempre Napoli, ma i napoletani devono ricordarsi il peso e la responsabilità che comporta, agli occhi del mondo, la missione divina di “essere napoletani”.
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Il focus Napoli risponde L’impresa Callipo Group L’iniziativa Eataly L’intervista Tommaso Edoardo Frosini Il referendum La Scozia dice NO Il convegno Le altre indipendenze La visita L’acquedotto Carolino L’identità La battaglia del Macerone Le celebrazioni Capua. “La Tradizione come Madre” L’evento Premio Masaniello Lo studio Napoli nel suo dialetto La gastronomia Vermicelli identitari Il record Napoli batte America L’iniziativa Bagnoli ed il suo futuro Il report La BCE e la sceneggiata La rievocazione Cena segreta a base di castagne Il fumetto Il giro del mondo in 50 tavole La lettura 2004-2014 Napoli 10 e lode La storia Le colpe dei Borbone
GINO GIAMMARINO VICE DIRETTORE SIMONA BUONAURA HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO: SILVIA BASSI VITTORIO CROCE GABRIELLA DILIBERTO ANTONIO GENTILE VALENTINA GIUNGATI MAURIZIO MEROLLA ROSI PADOVANI LUCIANO SALERA RAFFAELE SANTILLO SERGIO ZAZZERA
EDITORE Piazza Stazione Centrale Piazza Garibaldi, 136 - 80142 Napoli
www. i lbri ga nte.it - info@ il brig ante.com Tel. 081 19339716 PROGETTO GRAFICO FRANCESCO CARDAMONE FOTOGRAFO C. ANDREOTTI STAMPA ARTI GRAFICHE NAPOLITANO - NOLA (NA)
La rivista è stata chiusa il giorno 6 Ottobre alle ore 14:00 Autorizzazione Tribunale Napoli n. 5159 decreto 22/11/2000
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NAPOLI RISPONDE
ronaca, attualità, turismo, enogastronomia, non sfugge nulla al giornalismo italiano quando vuole colpire la città di Napoli: basta che avvenga
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SERVIZIO A CURA DI SIMONA BUONAURA
un fatto di cronaca che subito entrano in gioco i luoghi comuni e gli attacchi mediatici alla città; ed anche quando non ci sono notizie queste vengono create ad arte affinché l’attenzione dell’opinione pub-
ROBERTO FICO Pres. Commissione Vigilanza Rai
n Italia abbiamo un problema grosso. La classe politica senza alcun tipo di controllo sceglie il consiglio di amministrazione della Rai che è il servizio pubblico. Poi abbiamo un altro modello di informazione quello privato, di Mediaset che appartiene ormai a un
politico italiano e dunque si crea un mostro a causa del quale nelle classifiche internazionali ci ritroviamo al settantaquattresimo posto per la libertà di informazione e siamo considerati un paese semilibero. Noi del Movimento 5 Stelle stiamo scrivendo un nuovo modello per la scelta della
blica sia sempre in primo piano in modo, manco a dirlo, negativo! Sarà pur vero che la locuzione dantesca “Non ti curar di lor ma guarda e passa” è sempre la soluzione migliore da seguire, ma
governance della Rai e stiamo per elaborare una nuova delibera in commissione di vigilanza proprio sull’informazione fuori dai periodi elettorali.
questa volta abbiamo voluto dare la parola a personaggi napoletani che hanno voluto dire la loro su questa ennesima barbarie mediatica:
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MAURIZIO DE GIOVANNI Scrittore
apoli ha un ampio problema narrativo, cioè il racconto di Napoli che si fa da fuori Napoli che parte dall’interno purtroppo è ampiamento distruttivo ovvero si parlano di cose vere si mettono in mostra degli aspetti ma li si fa risaltare come se fossero unici motivo per
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PAOLO CAIAZZO Autore e comico
i viene in mente un proverbio che recita “quando il gatto non arriva al lardo dice che puzza” ovvero che probabilmente non avendo le possibilità né storica né futura di fare ed organizzare delle cose come avviene al sud cominciano a discreditare. Ma continuando con i detti qualcuno diceva anche “Molti nemici molto onore”. Io penso che ogni tanto c’è da vendere qualche giornale e fare qualche notizia quando nulla da dire, io faccio spesso l’esempio di qualche estate fa impazzava la notizia degli
cui la città viene raccontata anche da se stessa in maniera sostanzialmente negativa, questa è diventata un po’ una moda e Napoli rischia di diventarne vittima. Ci sono alcuni settori come ad esempio l’agroalimentare , il turistico che sono stai colpiti gravemente da dicerie tipo le falde acquifere contaminate che poi sono risultate false. Io ritengo che l’iniziativa del Sinda-
attacchi dei cani pitbull e per tre mesi tutti i tg e giornali ne parlavano in modo dettagliato e continuo poi d’improvviso non se ne parlò più. Mo vuless capì: sono i cani che hanno letto i giornali ed hanno detto “uagliù se ne so accort fermammc” o non è successo più nulla. Questo per dire che l’informazione ha delle mode in cui l’opinione pubblica vuol sentirsi dire delle cose e più si alimentano queste voci peggio è perché è tutto rivolto al Dio denaro. Del fatto che Napoli sia spesso bersagliata io penso che noi siamo talmente forti che possiamo tranquillamente
co De Magistris di istituire un assessorato all’immagine è una saggia idea che andrebbe sviluppata in modo che a livello istituzionale qualcuno si occupasse dell’immagine della città che conta molto economicamente perché Napoli vive di turismo e di agroalimentare cosa che nel marketing e nell’espressione hanno un importanza enorme.
lasciarci scivolare addosso certe cose e farci una risata. abbiamo un senso filosofico della vita che va molto oltre. Quindi volete divertirvi? Fatelo pure ma non penso che le nostre eccellenze possano essere sminuite da pareri poco attendibili perché poi quando la visitano si rendono conto di cosa sia veramente Napoli ed i sui tesori e questa è la realtà non le notizie che lasciano il tempo che trovano.
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ANTIMO CAPUTO ad Azienda Molino Caputo
i sono due tipi giornalidi smo, Napoli è un soggetto che attira l’attenzione di quel tipo di giornalismo che ha bisogno della notizia forte, che faccia rumore e che abbia un richiamo pubblicitario. Per quanto riguarda Report è una trasmissione importante che in alcuni casi ha fatto delle inchieste davvero interessanti però probabilmente quando si parla di cibo e di approfondimento di prodotti della terra e della tradizione napoletana io ritengo che vada fatta un indagine che sia lunga, scrupolosa e soprattutto scientifica. Non ho ancora visto la puntata perché sarà trasmessa a breve quindi non posso giudicarla da prima. Può
darsi che la trasmissione che deve riprendere dopo la pausa estiva aveva bisogno di una notizia che facesse rumore e quindi ha scelto la pizza e Napoli, argomenti che messi insieme fanno ridondanza e quindi avranno il richiamo mediatico a 360° che loro sperano. Hanno in modo intelligente, dal punto di vista giornalistico, utilizzato Napoli. Non è possibile però allo stesso tempo che la città sia sempre presa in considerazione per esempi negativi, e raramente positivi, non è possibile che la pizza napoletana che è un prodotto che va così bene venga colpita per motivazioni che non sempre sono per il bene del consumatore perché il cibo e la salute fanno notizia sempre!
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Detto questo, parlo solo del promo che ho visto quindi con il beneficio del dubbio, se il filo conduttore della puntata sarà quello di parlare esclusivamente di cottura e bruciature per la pizza immagino che quindi non dovremmo più mangiare carne in padella e tutto il cibo che scurisce in cottura perché dalle indicazioni che ne scaturirebbero non dovremmo più mangiare cibi cotti. Io dico è bene che vengano le indagini ma bene per le aziende sane che fanno bene il loro lavoro. Anche io sono stato intervistato per la trasmissione Report in merito alla pizza non so cosa uscirà io mi sono prestato, ho fatto vedere l’azienda perché non abbiamo nulla da nascondere e
DIEGO OCCHIUZZI Schermidore della specialità sciabola
o sempre avuto la convinzione che Napoli sia una città che ha tantissimi pregi anche se non mancano i difetti e noi napoletani un po’ del nostro ce lo mettia-
mo. Il problema è che la maggior parte delle volte si risaltino solo i difetti e non le tante cose positive, il motivo non lo conosco. Sono troppi i luoghi comuni a cui si fanno riferimento come ad esempio in questo periodo sono circolati video in cui si met-
nulla da temere perché se l’indagine è fatta in maniera intelligente è positiva. Dopo gli attacchi mediatici lei nota un feedback negativo sul mercato? Sicuramente. Tutti i prodotti che hanno una matrice forte napoletana subiscono dei contraccolpi nel momento in cui ci sono degli impatti negativi di comunicazione. Oggi la comunicazione può essere un valore aggiunto o sottratto in base al fatto che punti su elementi positivi o negativi.
tono in risalto centauri che non indossano il casco in realtà a Napoli sono molto di più quelli che lo indossano ma si preferisce sempre sottolineare l’aspetto che più fa notizia.
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SUGGERIMENTI PER I PROSSIMI ATTACCHI A NAPOLI Visto che criticare Napoli e mettere in risalto le sue criticità è un abitudine che non passa mai di moda e che riesce ad offrire a chi la evoca un’attenzione mediatica a 360° abbiamo pensato di agevolare tali pensatori suggerendo, e quindi anticipando, quelli che possono essere i prossimi argomenti di discussione da parte di testate e tv nazionali. Ecco allora qualche consiglio: Il mandolino il cui suono potrebbe disturbare la psiche di chi l’ascolta. La maschera di pulcinella che rappresenta il simbolo di una società decadente e perdente e potrebbe generare proselitismo. La pastiera che potrebbe minare la salute di chi la mangia. Le canzoni classiche napoletane , conosciute ed apprezzate in tutto il mondo, che potrebbero nascondere messaggi subliminali contro l’umanità. La filosofia napoletana che potrebbe occultare oscuri presagi di gestione delle menti a livello planetario.
Se poi avete altri suggerimenti da aggiungere alla lista sopra riportata siate così gentili da fornirceli in modo da agevolare i colleghi del nord, ed hainoi! anche del sud, sempre pronti ad offrire ai loro lettori e telespettatori un’informazione corretta e scevra da qualsivoglia volontà di infangare un popolo, colma di dettagli corretti e spigolosa nella ricerca della verità. Sim.Buo.
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CALLIPO GROUP
Storia di una famiglia che punta sul territorio VALENTINA G IUNGATI
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l 14 gennaio 1913 da Giacinto Callipo prende vita a Pizzo l’azienda Callipo, la prima in Calabria ad inscatolare il pregiato Tonno del Mediterraneo. Una storia fatta di standard qualitativi molto alti in cui prodotti e lavorazione sono esclusivamente italiani. Garanzie che hanno portato già nel 1926 al Brevetto di Fornitore Ufficiale della Real Casa e, a lungo termine, ad una filiera sempre più ampia e consolidata. Questa ad oggi è rappresentata dalla quarta generazione guidata da Filippo Callipo che ci ha illustrato attività e progetti di un gruppo societario che rappresenta orgogliosamente il Sud…
Quali sono le aziende che costituiscono il Callipo Group? «Il Gruppo Callipo è composto da 6 aziende che occupano complessivamente circa 380 addetti. Callipo Group Srl fornisce servizi e consulenza per le altre aziende del gruppo; G. Callipo Conserve Alimentari Spa, l’azienda storica che lo scorso anno ha festeggiato il centenario
della sua fondazione, produce e commercializza tonno ed altre conserve ittiche; Popilia Srl opera nel settore dell’agricoltura e del turismo e, in particolare, gestisce il Popilia Country Resort, struttura turistico alberghiera a 4 stelle; Callipo Gelateria Srl
turistica». Come si è evoluto nel tempo il gruppo, ampliandosi anche ad altri settori oltre la ben nota commercializzazione di tonno? «Produrre gelati è sempre stato il mio sogno nel cassetto, sin da quando, da
produce e commercializza gelati ispirandosi alla rinomata tradizione di Pizzo; Callipo Sport Srl gestisce le attività della Volley Tonno Callipo Calabria, squadra di pallavolo maschile che nella stagione 2014/2015 parteciperà al campionato nazionale maschile di serie A2; Callipo Turismo Srl ha come oggetto sociale l’attività
bambino, degustavo i rinomati tartufi di Pizzo nella storica Piazza della Repubblica, nota per le sue gelaterie artigianali. E così nel 2008 il progetto ha preso corpo ed ho avviato lo stabilimento della Gelateria Callipo, che si estende su una superficie totale di circa 9200 mq., 4.070 dei quali coperti, con 4 linee di lavorazione ed una
capacità produttiva annua di 1500 tonnellate di miscela gelato su un turno di lavoro. Pur parlando di una produzione industriale, posso affermare che la qualità dei nostri gelati è artigianale in quanto vengono utilizzate materie prime di eccellenza ricercate nelle terre di origine come i fichi dottati della valle del Crati, le nocciole italiane, il torrone calabrese, il latte fresco italiano. Sempre nel 2008 viene avviata l’attività del Popilia Country Resort, la nostra struttura turisticoalberghiera a 4 stelle, immersa in un’area collinare di circa 140 ettari a pochi chilometri da Pizzo e da Vibo Valentia. Quell’immensa vallata con la sua natura incontaminata mi aveva rapito il cuore 20 anni fa e per tale motivo, quando si è presentata l’occasione ho deciso di acquistarne il terreno sul quale realizzare un raffinato e attrezzato centro turistico».
Il vostro gruppo è un esempio di quella imprenditoria che ha scelto di rimanere sul territorio: cosa direbbe a chi invece sceglie di
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11 spostarsi all’estero per i motivi che ben conosciamo? «Posso rispondere perché ho scelto di rimanere in Italia ed in Calabria in particolare. Perché solo così possiamo difendere una tradizione nella lavorazione del tonno che nella nostra terra è secolare, possiamo eseguire e controllare tutte le fasi di produzione garantendo ai nostri consumatori alti standard di igiene e sicurezza alimentare oltre che prodotti certificati dai più prestigiosi enti. Possiamo impiegare una manodopera specializzata, rispettare l’ambiente e favorire lo sviluppo e l’occupazione della nostra Calabria».
E a proposito di consumo e territorio, come valuterebbe un progetto che unisca in maniera diretta aziende e consumatori meridionali in una sorta di filiera ideologico-territoriale? «Certamente in modo positivo. Anche se non estremizzerei. Piuttosto punterei sull’opportunità di attuare a livello mediatico, su tutto il territorio nazionale, un’informazione mirata a rendere consapevole la gente della necessità di privilegiare i prodotti a Kilometro zero ( o comunque di un territorio circoscritto) e quelli della filiera corta in quanto i benefici in termini di economia locale, di sostenibilità e ambiente sono molteplici . Ci sono tantissimi consumatori meridionali che non conoscono le attività economiche e produttive del sud e fanno gli acquisti in base allo stimolo che arriva loro dalla pubblicità. Si crea quindi il paradosso che si comprano beni largamente prodotti al Sud da aziende
localizzate al Nord».
Un oculato investimento anche nel settore sportivo, come elemento costitutivo di una società sana. Quanto conta lo sport oggi? «La mia azienda investe nello sport da oltre 20 anni, dapprima con una piccola sponsorizzazione della squadra di pallavolo maschile di Vibo Valentia
fino ad arrivare, nel giro di qualche anno, alla gestione diretta della società ed al raggiungimento di importanti traguardi come quello della partecipazione alla massima serie. In un territorio come il nostro che poco o nulla offre soprattutto ai giovani in termini di attività e strutture sportive/ricreative, le partite della nostra squadra diventano occasione di incontro, di intrattenimento per le famiglie, per i giovani e i meno giovani, luogo del confronto e del rispetto, dove esaltare la competizione, il merito, la lealtà, la correttezza, il rispetto degli avversari. Le attività della prima squadra fanno inoltre da volano per i giovani atleti promettenti, oltre che da stimolo per centinaia di bambini e ragazzi che con entusiasmo frequentano i nostri corsi di pallavolo».
Come nasce l’idea dell’Associazione Io Resto in Calabria e che valore ha questo fondamentale
senso di appartenenza alla propria terra? «Io resto in Calabria è diventato uno slogan quando nel 2004, in seguito ad un attentato intimidatorio ai danni del mio stabilimento, un giornalista mi chiese: “Presidente adesso cosa farà? Abbandonerà anche lei la Calabria?” ed io risposi “No, io non vado via. Io resto in Calabria”.
Quella dichiarazione con la quale confermavo, nonostante i dubbi e le difficoltà, la mia volontà di rimanere e soprattutto il mio amore per questa terra splendida, rimane il manifesto di un impegno concreto che sempre più nel corso degli anni si è radicato nel mio modo d’essere. Sono passati anni da quel giorno e, nonostante le tante difficoltà incontrate in un territorio come il nostro, il percorso dell’associazione è proseguito imperterrito grazie a giovani che si sono ritrovati nei principi ispiratori con cui questa realtà è nata». Il Suo impegno sociale è noto, soprattutto per aver denunciato i racket mafiosi, senza mai piegarsi alla ‘ndrangheta… «Sì, purtroppo abbiamo subito diverse intimidazioni, la più clamorosa, almeno dal punto di vista mediatico, nell’anno 2004, quando furono sparati dei proiettili al portone degli uffici dello stabilimento.
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Ma posso garantirle che le difficoltà qui in Calabria non si limitano alla cosiddetta mafia con la pistola. In Calabria c’è un apparato elefantiaco, una burocrazia asfissiante, strettamente legata all’inefficienza della pubblica amministrazione. Pertanto, operando in questa regione da più di 100 anni, è chiaro che anche a noi è capitato di subire lungaggini e difficoltà di vario genere. Del resto note sono le mie prese di posizione pubbliche contro la cosiddetta mafia con la penna che, a volte, per le aziende è micidiale tanto quanto la mafia con la pistola, se non di più».
Candidatura alla Presidenza della Regione nel marzo 2010. Ci sarà un ritorno prossimo in politica? «Confermo quanto ho dichiarato di recente. Sono disponibile a lanciarmi nella competizione elettorale del 23 novembre per la Regione a condizione che ci sia un progetto serio, concreto che possa realmente dare l’avvio ad un rinnovamento in grado di cambiare le sorti di questa terra». Ha sicuramente saputo valorizzare le eccellenze della sua terra, come sarebbe opportuno muoversi per una rivincita del Sud Italia in chiave di sviluppo della sua economia? «Ci vorrebbe un rinnovamento reale della classe politica dirigenziale, basato sulla meritocrazia, che creda nelle potenzialità del Sud, che abbia capacità di programmazione e di lungimiranza e, soprattutto, che abbia amore per la propria terra e per il prossimo. In pratica ci vorrebbe la volontà politica di far decollare il nostro territorio».
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EATALY LANCIA LA SFIDA SU NAPOLI
a bellezza non va nascosta ma valorizzata, soprattutto nei momenti più difficili in cui è facile lasciarsi travolgere dalla negatività, perdendo di vista l’importanza della ripartenza, quel punto di svolta che muta concretamente e in positivo la realtà dei fatti. Grazie all’iniziativa di Unioncamere Campania, in collaborazione con la Regione Campania, uno dei volti più belli della nostra terra, quello enogastronomico, è esposto dal 15 settembre nelle vetrine fronte strada all’interno di Eataly a New York e Chicago. Il megastore di Oscar Farinetti rappresenta un mercato fondamentale e storico per l’export campano e ben trentasette aziende selezionate, fino al 31 ottobre, presenteranno le prelibatezze della Campania Felix.
Queste degustazioni condurranno gli stranieri in un piacevolissimo viaggio tra le numerose bellezze mozzafiato della nostra regione. Attraverso le magie culinarie, infatti, si spinge alla conoscenza dei nostri paesaggi e dei patrimoni artistici, incrementando anche la crescita del settore turistico. La campagna di promozione, all’interno della quale avrà luogo anche la kermesse “Identità golose”,
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con corsi di formazione e momenti interamente dedicati a chef stellati, è stata presentata presso la
Camera di Commercio di Napoli e hanno partecipato, tra i tanti, Maurizio Maddaloni, presidente di Unioncamere Campania, e Fulvio Martusciello, asses-
sore alle attività produttive e allo sviluppo economico della Regione Campania. “Nonostante i venti di crisi
ancora presenti, il nostro export è una carta da giocare pienamente e questo evento – ha spiegato Maddaloni - vuole innescare un processo di internazio-
nalizzazione. Il dato economico complessivo ci dà il segno meno davanti a tanti settori, ma due sicuramente questo segno meno non lo registrano: agroalimentare e turismo. Andando negli Stati Uniti d’America e promuovendo le nostre eccellenze andiamo anche a promuovere un discorso turistico e il mercato americano è molto succulento sotto questo profilo per la regione Campania. Cercando di aumentare la nostra presenza sui vari mercati mettiamo in moto un’importante operazione di marketing. Quindi è una missione significativa e speriamo di portare a casa, come sicuramente sarà, un risultato positivo non solo di immagine ma anche di scambi di fatturati e di opportunità economiche che servono molto in un periodo come
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questo”. Il presidente Maddaloni ha risposto anche alle domande riguardanti l’inevitabile vento di polemiche che, non di rado, si abbatte su iniziative come questa: “La Regione ha approvato un progetto attraverso un bando nel quale erano previsti una serie di settori merceologici e non era previsto quello della farina. Comunque è stato chiarito tutto con i diretti interessati, sia la buona fede, sia la legittimità di tutti gli atti. Concentriamoci sugli aspetti positivi, mai come in questo periodo abbiamo bisogno di tutto tranne che di polemiche”.
L’assessore Fulvio Martusciello ha ribadito l’importanza dell’internazionalizzazione: “Fino a qualche anno fa un’iniziativa del genere non aveva modo di esprimersi, invece ora con i fondi europei puntiamo sul made in Campania perché solo valorizzando le nostre eccellenze, motivo di vanto e orgoglio, possiamo far ripartire il mercato”. Alla conferenza di presentazione abbiamo incontrato anche Paolo Marchi giornalista enogastronomi-
co, nonché patron di “Identità golose”, che ci ha dato qualche anticipazione su come si svolgerà questo evento nell’evento: “È il quinto anno che andiamo a New York con “Identità golose”, sempre all’interno di Eataly, e ogni anno cambiamo un po’ indirizzo. In pratica, si tratta di due eventi paralleli.
Eataly ospita per un mese le eccellenze di una realtà italiana e nel mese di ottobre, con la nostra kermesse, cerchiamo di fare un ponte fra le due situazioni. Quest’anno l’idea è stata di affiancare due giovani emergenti campani a due mostri sacri della cucina, quindi accanto a Lidia Bastianich troveremo Rosanna Marziale. Di Rosanna mi piace moltissimo l’affetto che la lega al suo territorio e in particolare alla mozzarella. Il suo piatto forte per quest’occasione sarà una palla di mozzarella fritta ripiena di bucatini. Il paradosso è che spesso gli americani ci accusano di non essere creativi e invece questo è un modo per dimostrare che facciamo cose nuove. Li sfideremo anche nel
campo dei dolci con una specie di cheese cake a base di mozzarella, altra creazione di Rosanna Marziale, per mettere in risalto la differenza con i prodotti fin troppo industriali degli americani. Vito Antonio Lombardi, invece, stupirà con una pizza nera dimostrando che il tartufo non è una specialità di alcuni luoghi, ma si può trovare un po’ ovunque nel territorio italiano. Con questo evento mettiamo in gioco noi stessi e sfidiamo gli americani”. Al termine della presentazione, Dante Del Vecchio, rappresentante di Eataly, ha anche risposto in merito alla pubblicità negativa fat-
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ta sulla cosiddetta “Terra dei fuochi”: “ La realtà della Campania è ben diversa, c’è una smisurata dimensione di qualità dell’agroalimentare, del food e del vino. La bellezza straordinaria dei nostri prodotti non ha pari nel mondo e va assolutamente esportata nei luoghi di prestigio. Credo che la Campania debba semplicemente continuare ciò che fa da sempre, sperando di poter contare di più sulla collaborazione tra imprese, istituzioni e grandi operatori internazionali, com’è accaduto in questa occasione. Solo così le nostre eccellenze possono arrivare in ogni angolo del mondo”.
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Indipendenza e democrazia: connubio possibile? Risponde il professor Tommaso Edoardo Frosini SIMONA BUONAURA
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ai come in q u e s t o momento c’è bisogno di fare un po’ di chiarezza tra autonomie, indipendenze e voglia di identità non solo da un punto di vista propriamente di sentimento e di passione per il proprio territorio ma soprattutto da un punto di vista costituzionale e pratico. Per questo motivo abbiamo chiesto a Tommaso Edoardo Frosini, catanese di nascita e, tra le altre cose, docente di Diritto pubblico comparato e di Diritto costituzionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli dal 2007 di darci un suo parere non solo sulle attuali vicende che hanno visto la Scozia al voto, ma anche su eventuali scenari che ne potrebbero derivare:
Qual è il suo parere sui risultati del referendum in Scozia? «Credo che abbia vinto la democrazia. Ho trovato
molto giusto che sia stato sottoposto all’elettorato scozzese un voto referendario per decidere se rimanere in Gran Bretagna oppure no. Mi sembra questo l’approccio giusto, in quanto pacifica e non genera conflitti che possono essere sempre in agguato, specie su questi temi caldi che possono esaltare forme estreme di ribellione. Con il referendum decide il popolo sovrano, e quindi la democrazia. Non si può non accettare la ragione dei più. Certo, se avessero vinto i “SI” sarebbe stato interessante vedere come si sarebbe sviluppata la forma di autonomia costituzionale, per giunta in un Paese da sempre unito, come è il Regno Unito…».
Secondo lei nel panorama europeo ci saranno degli sviluppi in merito alla volontà di autonomia ed indipendenza? Penso alle varie Regioni identitarie che invocano il loro ruolo storico…
«L’esito negativo riduce le ambizioni di altre indipendentisti sparsi in Europa e anche i pochi rimasti in alcuni territori regionali italiani. Vediamo cosa succederà in Spagna, dove i catalani stanno provando a forzare chiedendo un referendum che il Governo centrale non vuole concedere. In sintesi, direi che la vicenda scozzese, che era quella con maggiore chances di riuscita, abbia raffreddato gli entusiasmi degli indipendentisti».
Costituzionalmente parlando, sarebbe possibile immaginare che possa esserci uno Stato autonomo delle 2 Sicilie? E se sì quale sarebbe lo senario che si presenterebbe? «Direi senz’altro di no. Il Regno delle due Sicilie appartiene a un lontano e glorioso passato. La costituzione all’art. 5 è chiarissima: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali…”. L’Italia è un Paese unito e quindi indivisibile, che non può ammettere forme di secessionismo, ma concedere ampie sfere di autonomia ai territori regionali purché dentro quella costituzione repubblicana che non può essere violata. E’ la logica del federalismo, come negli Usa oppure in Germania: autonomia amministrativa e politica ma senza violare la costituzione federale». Se fosse confermata la condanna a Luigi De Magistris quali sarebbe-
ro le conseguenze? «Dovrebbe lasciare l’incarico di sindaco. Mi pare evidente. C’è una legge, la cosiddetta legge Severino, che prevede la sospensione, in caso di sentenza di
primo grado, e poi la rinuncia, in caso di sentenza definitiva, alla carica di amministratore locale in caso di condanna. Ci sono già numerosi casi, che costituiscono un precedente nei confronti del quale non si può e non si deve derogare».
Ci farebbe piacere avere un suo punto di vista, da studioso e da meridionale, a questo continuo attacco a Napoli da parte dei media nazionali che nelle migliori ipotesi presentano la situazione della città “solo” da un certo punto di vista.
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15 «L’attacco a Napoli mi addolora. Lavoro ormai da molti anni in questa bellissima città come docente all’Università Suor Orsola Benincasa. Amo Napoli e credo che ci sia un certo pregiudizio da parte dei media, laddove qualunque cosa succeda a Napoli è colpa dei napoletani e del loro modo di essere. Diceva Croce che Napoli è un paradiso abitato da diavoli.
che il primo numero del 2014 l’abbiamo dedicato a Internet ed è stato un successo. L’impostazione di fondo è del liberalismo costituzionale ma siamo una rivista pluralista e accogliamo contributi che qualunque presentano teoria e idea, purché siano contrassegnati dal rigore scientifico e dalla serietà dell’analisi. In tal senso, operiamo un doppio refe-
E’ un ossimoro e come tale deve essere considerato». Lei, tra le altre attività che svolge, è condirettore della rivista scientifica “Percorsi costituzionali” che si occupa di approfondire tematiche attuali dal punto di vista costituzionale e non solo.
raggio su tutti gli articoli che ci arrivano, quasi come una sorta di marchio doc che mettiamo sugli articoli per il tramite di due valutatori anonimi (così come anonimo risulta anche l’autore dell’articolo). I nostri lettori sono tendenzialmente studiosi di diritto e di diritto costituzionale in particolare. Ci piacerebbe però allargare la platea dei lettori a tutti quelli che fossero interessati ad avere degli approfondimento sulle attualità costituzionali in Italia e nel mondo. Abbiamo altresì anche lettori all’estero perché pubbli-
Quali sono gli obiettivi prefissati e chi sono i vostri lettori? «Gli obiettivi sono quelli di volere commentare e analizzare, con approccio scientifico, alcuni grandi tematiche del diritto costituzionale, specialmente relative all’attualità: ricordo
chiamo articoli in lingua originale, ovvero inglese, spagnolo e francese».
In questo numero parlerete di secessionismo. Tema, come abbiamo già detto, molto attuale e molto sentito in questo momento. Come lo affronterete e cosa leggeremo? «Il numero 3 del 2014 in effetti è dedicato al tema secessione V/S costituzione (il n. 2 del 2014, che è stato appena stampato, è dedicato al tema del Senato, non solo con riferimento alla riforma). Si tratta di un argomento di grande attualità, come dimostra la vicenda scozzese e quella ancora in via di sviluppo relativa alla Catalogna. L’affronteremo senza pregiudizi e senza riserve mentali: e quindi si andrà in profondità per capire soprattutto cosa c’è alla base di queste richieste di indipendentismo, qual è l’humus nel
quale nasce la voglia di rendersi autonomi dallo Stato di riferimento e fon-
l’Intervista darne uno autonomo, segnato da identità culturali, sociali e storiche. Pubblicheremo una carrellata di opinioni che esamineranno tutti i casi di paventato secessionismo in Europa, e non solo. I problemi sono tanti e tutti molto interessanti. Uno fra tutti: l’autodeterminazione dei popoli. E’ un principio costituzionale, che valorizza il modo di essere della democrazia e l’autonomia come principio di libertà».
il Referendum
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SCOZIA INDIPENDENTE
L
Occasione mancata. O forse no...
a Scozia dovrebbe essere un Paese indipendente? Secondo il 55% degli scozzesi che si sono espressi nel referendum del 16 settembre, la risposta è “No”.
Questo infatti il risultato dell'attesissimo referendum sull'indipendenza attraverso il quale la Scozia avrebbe potuto proclamare la propria indipendenza dal Regno Unito. Il risultato è stato piuttosto netto, ma la vittoria unionista in fin dei conti era pre-
vedibile, stando alla maggior parte dei sondaggi. La poderosa rimonta del “Sì”, che si attestava fino a qualche mese fa intorno al 30%, non è bastata a garantirgli il successo. I due fronti contrapposti hanno dato vita a una lunga campagna elettorale
MAURIZIO MEROLLA
che ha coinvolto gran parte della popolazione. Molti personaggi pubblici si sono esposti, dai cosiddetti VIP a personaggi politici di tutto il mondo che si schieravano dall'una o dall'altra parte. Se questo può sembrare un dettaglio, in realtà non lo è del tutto ed il motivo è semplice.
mercati (sempre più padroni della politica) e di accettare che le imprese straniere avrebbero senz'altro deciso di abbandonare la Scozia, l'espulsione dall'Unione Europea, il rifiuto all'uso della sterlina e così via.
Agli ottimistici slogan del Sì, sul futuro della Scozia finalmente in mano al proprio popolo si è infatti contrapposto lo slogan della “posta in palio che non vale il rischio”, dell'incertezza e della paura, che
Gli interventi poi però si sono moltiplicati. Da Obama al presidente canadese, fino al primo ministro spagnolo Rajoy (occupato in questo stesso momento a placare le orde separatiste catalane e che avrebbe temuto un effetto domino sulle ali dell'entusiasmo
molte delle dichiarazioni “esterne” hanno forse alimentato. Dalla Regina d'Inghilterra e dal primo ministro inglese Cameron altro non si poteva giustamente aspettare che un invito al popolo scozzese di pensarci due volte, di temere l'esito dei
nazionalista), quasi tutti hanno invitato il popolo scozzese a votare contro l'indipendenza, incrementando ancora di più quella sensazione già ampiamente diffusa che la Scozia da sola non avrebbe potuto farcela. E questo, ai fini di una
votazione popolare, ha sicuramente inciso. Ad onor del vero, alcuni di quei timori avevano probabilmente fondamento. Una fuga di capitali sarebbe certamente avvenuta, come testimoniato dalle concrete minacce precedenti al referendum di Standard’s Life, la Royal Bank of Scotland e i Lloyd’s di trasferire i propri uffici dalla Scozia al Regno Unito. Altre pressioni sono state fatte dalle stesse aziende ai propri dipendenti proprio in questo senso.
In più la Scozia avrebbe dovuto affrontare spese ingenti, necessarie per la creazione di tante strutture e istituzioni ora assenti.
Al contrario, Alex Salmond, leader del Partito Nazionale Scozzese, era convinto che la Scozia
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il Referendum
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avrebbe potuto invece guadagnare liberandosi da Westminster: innanzitutto attraverso la gestione totale delle imposte e il controllo in completa autonomia dei propri giacimenti energetici (la Scozia possiede grandi riserve petrolifere), inoltre grazie alla possibilità di fornire nuova occupazione, necessaria per le tante operazioni che il neonato Stato avrebbe intrapreso. Successivamente al voto però, molti di quei timori paventati dagli unionisti si sono verificati.
Difatti, a gioire del risultato non sono stati solo gli inglesi e gli unionisti di Scozia, ma anche i mercati: la sterlina infatti subito dopo la certezza della vittoria del No si è portata a 1,6450 dollari, il suo massimo dal 2012 ad oggi; ed anche le borse europee segnavano nuovi massimi mai più visti da sei anni a questa parte; Londra invece ha raggiunto massi-
mi che non toccava da 14 anni, con l'indice Ftse 100 in rialzo dello 0,6%.
Rassicurato dalla certezza della vittoria, Cameron ha dichiarato di voler comunque fornire maggiori poteri al Parlamento scozzese, implementando il processo di devolution intrapreso a fine anni '90 e che prevedrebbe ancora maggiori poteri in materia fiscale e una maggiore libertà di decisione riguardo al sistema sanitario scozzese.
In conclusione, provando a mettere da parte i pareri politici e il risultato stesso del referendum, il 16 settembre per la Scozia (e non solo) è stato comunque un giorno storico. Questo grande evento ha fornito grande consapevolezza al popolo scozzese che a sua volta ha dato grande esempio di partecipazione ed interesse per le sorti del proprio paese.
L'affluenza è stata altissima. l'85% degli aventi diritto, e alcuni seggi sono stati addirittura chiusi con ore di anticipo avendo la totalità degli iscritti al seggio già votato. Di questo ed altro gli scozzesi dovranno sicuramente essere fieri e da qui dovranno ripartire.
Unica nota stonata. Il clima sereno che ha contraddistinto la campagna elettorale di entrambe le fazioni è stato purtroppo rovinato dagli scontri avvenuti a George Square, Glasgow, la sera della pubblicazione dei risultati. Estremisti unionisti hanno aggredito gli indipendentisti che si erano precedentemente riuniti nella piazza. Sei arresti e tante scene che nessuno avrebbe voluto vedere: bandiere scozzesi bruciate, saluti nazisti, inno scozzese sarcasticamente intonato e tante provocazioni sfociate anche in aggressioni fisiche.
Al contrario gli YesMen sembrano aver preso con maggiore fair play l'esito del referendum, ma soprattutto non sembrano intenzionat a riporre nel cassetto il proprio sogno di Indipendenza, neanche di fronte ad un risultato così netto.
In questo senso, basti vedere le oltre 40.000 adesioni al Partito Nazionale Scozzese e agli altri partiti indipendentisti minori a pochi giorni dalla votazione. Il desiderio è quello di riproporre un nuovo referendum in un futuro prossimo, con maggiore fiducia però riguardo al risultato. Ciò, sia in virtù delle crescenti adesioni al fronte del Sì, ma anche guardando con grande speranza ai voti dei più giovani, di cui addirittura il 71% (nella fascia compresa tra i 16 ed i 17 anni) si è espresso a favore del Sì. Che l'Indipendence Day non sia stato solo rinviato?
il Convegno
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POPOLI SOVRANI VERSO UNA NUOVA EUROPA Le Due Sicilie tornano in Europa ANTONIO GENTILE
S
ono state giornate storiche quelle di Venezia. All’indomani del referendum scozzese, le maggiori forze autonomiste europee ed italiane, nell’ambito della manifestazione “Diritto di decidere, Popoli sovrani verso una nuova Europa”, hanno dato vita, nella capitale veneta, ad una serie di incontri e di tavole rotonde sul tema dell’autodeterminazione dei popoli. I rappresentanti del Veneto, della Catalogna, dei Paesi Baschi, delle Due Sicilie, del Galles, della Valle d’Aosta, dell’Ucraina, della Sardegna, della minoranza russa in Lettonia, delle Fiandre, del Südtirol, della comunità occitana, con la partecipazione attiva dell’EFA-ALE, oltre ad analizzare le problematiche relative alle singole realtà territoriali, si sono trovati d’accordo sulla necessità di marciare uniti per raggiungere l’obiettivo dell’autogo-
verno dei Popoli. E’ un vero e proprio fiume in piena quello delle forze regionaliste che sta sconvolgendo l’equilibrio consolidato dello stato sovranazionale europeo. Il Veneto marcia deciso verso il referendum per la secessione dall’Italia. Antonio Guadagnini di Noi Veneto Indipendente ha affermato nel suo intervento che:”La Corte Costituzionale non
può impedire ad un popolo di esercitare il diritto di autodeterminazione, un diritto tutelato a livello internazionale.” Anche il Galles spinge verso una più forte autonomia dall’Inghilterra. Ma è la Catalogna con il suo referendum del 9 novembre la prossima grande opportunità per tutti i sostenitori dell’autodeterminazione. A tal proposito l’eurodeputato catalano ERC Bernat Joan ha spiegato, in un interessante intervento, qual è stato il percorso catalano.” Vogliamo votare, e se possibile vincere. Il governo spagnolo non ha la cultura democratica di ascoltare il popolo. La Corte Costituzionale spagnola
ha impugnato uno statuto votato a larga maggioranza dal governo catalano - a sua volta eletto a larga maggioranza dal popolo catalano. Per questa ragione la Catalogna va avanti e, due giorni fa, è stata approvata la legge che ci permetterà di votare superando il divieto di Madrid.” Ma uno degli eventi più interessanti di queste gior-
nate venete è stato certamente la presenza attiva delle Due Sicilie rappresentate dal movimento
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19 L’Altro Sud. Nelle tavole rotonde dedicate all’auto-
d’ordine. Inoltre, il rappresentante delle Due Sicilie
governo dei popoli, il presidente del movimento meridionalista, Antonio Gentile, ha ricordato la grande storia della Nazione meridionale, la feroce occupazione italiana e, soprattutto, la ormai inderogabile necessità di autogoverno della comunità meridionale per uscire fuori da un declino sociale ed economico durato 150 anni. Macroregione, autogestione, mantenimento delle proprie risorse economiche sul territorio, fiscalità di vantaggio: queste le parole
ha affermato che: “Un sud contrapposto al nord è ciò che vuole chi ci governa per controllare il potere”.
Grande è stato l’interesse delle altre rappresentanze territoriali che hanno finalmente incominciato a conoscere la vera storia dello stato duosiciliano esprimendo più volte stupore e grande solidarietà. Anche i
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Dacci oggi il nostro Sud... quotidiano ON LINE
media presenti in forze dalla Rai a SKY - hanno mostrato viva attenzione per questo ritorno epocale in un consesso europeo della rappresentanza della nazione meridionale. Una vera e propria pagina di storia, quella del Sud ritrovato, inaugurata ufficialmente nell’Assemblea dei Popoli tenutasi in febbraio nella città di Santiago de Compostela, capitale della Galizia. Non più Sud, Mezzogiorno, Meridione, ma da ora in poi
il Convegno solo Due Sicilie. Un risultato importante, che premia non solo l’impegno de L’Altro Sud ma anche quello delle altre organizzazioni territoriali meridionali, le associazioni, i centri culturali e le pregevoli realtà editoriali come quella storica de “il Brigante” guidato da Gino Giammarino. Dunque, dal 2014, la bandiera della nazione meridionale torna a sventolare in Europa con pari dignità insieme a quella degli altri Popoli, sanando una ferita durata un secolo e mezzo, e inaugurando un percorso di libertà dagli esiti imprevedibili.
la Visita
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ACQUEDOTTO CAROLINO: L’IDEA DI CARLO L’ANTIPATIA TRA VANVITELLI E TANUCCI
una grande opera di ingegneria idraulica, una delle imprese più importanti realizzate dai Borbone. Parliamo dell’Acquedotto Carolino, grandioso progetto compiuto da Luigi Vanvitelli per il re di Napoli Carlo di Borbone. Nell’ambito delle ‘Giornate europee del patrimonio 2014’, si è tenuta l’iniziativa denominata ‘L’acqua che viene da lontano: l’Acquedotto Carolino. Tra paesaggi e architettura vanvitelliana’. C’è stata una visita guidata, lungo un percorso di circa 4 chilometri, che dai Ponti della Valle conduce a Sant’Agata de’ Goti. Una passeggiata a dir poco spettacolare, che ha visto centinaia di persone prendere d’assalto l’Acquedotto Carolino, inserito nel 1997 nella lista dei beni tutelati dall’Unesco. Il condotto, attualmente ancora funzionante, è nato dall’esigenza di approvvigionare la grande città che sarebbe sorta intorno alla Reggia di Caserta. Vanvitelli per trovare una fonte
RAFFAELE SANTILLO
d’acqua per alimentare la splendida tenuta del re, dovette risalire fino al Taburno e alla sorgente del fiume Fizzo nel beneventano. Proprio da questo punto nasce l’Acquedetto, che alla fine della sua costruzione misurerà quasi 38 chilometri, lungo i quali si trovano 67 torrini, caratteristiche costruzioni a pianta quadrata e copertura piramidale, destinati a sfiatatoi e ad accessi per le ispezioni.
L’architetto napoletano, che prese spunto dagli acquedotti romani della Provenza e di Segovia, trovò non poche difficoltà per realizzare questa mastodontica opera. Basti pensare che, per traforare il monte Garzano, composto da roccia pura, gli operai impiegarono addirittura tre anni. Vanvitelli, oltre ad essere un grandissimo architetto, dunque, dimostrò anche eccellenti capacità di ingegneria idraulica. Una dimostrazione di tale maestria la troviamo alla fonte della struttura, dove fece costruire due grandi
vasche per depurare l’acqua dai detriti. Nella realizzazione dell’Acquedotto Carolino, il padre della Reggia di Caserta non trovò solo ostacoli naturali, ma anche numerosi intoppi ‘burocratici’. Il progetto iniziale di Carlo era quello di realizzare una rete al fine di potenziare anche l’alimentazione idrica della città di Napoli. Infatti, l’Acquedotto del Carmigliano era in condizioni fatiscenti e non in grado di sostenere le esigenze di una città in totale espansione come
quella partenopea. Ben presto, però, l’idea del re e di Vanvitelli fu ostacolata da Bernardo Tanucci. Ministro e primo consigliere di Carlo, divenne ben presto il ‘re facente funzioni’ quando quest’ultimo si trasferì per dirigere il regno di Spagna e fu costretto ad abdicare a favore del figlio Ferdinando, che aveva appena 9 anni. Ecco che Tanucci face valere tutto il suo potere, bloccando il progetto, soprattutto per problemi economici: un’antica spending review.
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Questa era la versione ufficiale. I più maliziosi dicono che il ministro interruppe l’opera soprattutto per l’antipatia che aveva nei confronti di Vanvitelli.
Insomma, tra i due non scorreva buon sangue. Nonostante tutto, l’opera che è arrivata fino a giorni nostri è di una maestosità assoluta. Dalle sorgenti del Fizzo fino al nucleo agrario di Carditello, il Carolino ed il paesaggio circostante fanno da elemento unificante di un sistema di giardini, parchi, riserve di caccia e tenute che andrebbe completamente recuperato e riqualificato con interventi di restauro e di salvaguardia. Purtroppo, in queste zone, oggi regna spesso il degrado a causa di colate di cemento incontrollate, attività estrattive (dai Ponti della Valle si scorgono almeno tre tra cave e cementifici) e carenza di adeguate norme di tutela.
La rappresentazione del massacro di Pontelandolfo. I visitatori hanno assistito, inoltre, alla rappresentazione uno dei momenti più bui della sto-
ria d’Italia: parliamo del ‘Massacro dimenticato di Pontelandolfo’. Un vero proprio eccidio, come quello delle Fosse Ardiatine, che si verificò il 14 agosto del 1861 nelle terre della Campania. Per vendicare i loro quaranta militari morti, catturati alcuni giorni prima dai briganti e contadini del posto, i soldati sabaudi uccisero 400 innocenti. I centri abitati di Pontelandolfo e Casalduni vennero quasi rasi al suolo, lasciando circa 3000 persone senza casa. Gli attori della compagnia ‘Actory art’ hanno messo in scena quei tragici momenti, quando i soldati dell’esercito piemontese misero a ferro e fuoco i due piccoli paesi in provincia di Benevento. Tantissime donne e bambini innocenti rimasero vittime di tale barbarie. I militari rubarono e bruciarono tutto. Di questa invasione, durata oltre cinque ore, si ricordano solo case distrutte e morti. Ad ordinare il massacro fu il generale Cialdini. Mentre Casalduni fu trovata quasi disabitata (gran parte degli abitanti riuscì a fuggire dopo aver
la Visita
saputo dell’arrivo delle truppe), a Pontelandolfo i cittadini vennero sorpresi nel sonno. Le chiese furono assaltate, le case furono dapprima saccheggiate, per poi essere incendiate con le persone che ancora dormivano. In alcuni casi, i bersaglieri attesero che i civili uscissero delle loro abitazioni in fiamme per poter sparare loro non appena fossero stati allo scoperto. Gli
sono state messe in scena ottimamente dagli attori della compagnia teatrale. La rappresentazione della ‘Actory art’ si chiude con questa frase a dir poco agghiacciante: “La mattina seguente al massacro, l’annuncio dei piemontesi recitava: è stata fatta giustizia”. Dunque, la giornata dedicata alla visita all’Acquedotto Carolino è stata caratterizzata da un grandissimo successo di pubblico.
uomini furono fucilati mentre le donne, nonostante l’ordine di essere risparmiate, furono sottoposte a sevizie o addirittura vennero violentate. La drammaticità di quelle terribili ore del 14 agosto del 1861,
Gli stessi organizzatori, forse, sono rimasti sorpresi dalla massiccia affluenza di turisti. Insomma, è proprio il caso di dirlo, i campani amano l’Acquedotto Carolino e la sua fantastica storia.
l’Identità
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LA BATTAGLIA DEL MACERONE
aribaldi riuscì a conquistare il Regno delle Due Sicilie con grande facilità e disinvoltu-
ra. Forse neanche lui, partendo da Quarto di Genova (oggi dei Mille) il 5 maggio del 1860, sperava di risolvere la questione in maniera così agevole. Eppure le cose andarono davvero così, tanto che il generale di rosso vestito, viaggiando in treno da Salerno come un normale turista della domenica, potè fare trionfale ingresso a Napoli il 7 settembre, osannato dalla folla che i capibastone assoldati dall'ineffabile Liborio Romano aveva provveduto a catechizzare. Nessuna battaglia in campo aperto contro le truppe borboniche (lo scontro di Calatafimi, in Sicilia, del 15 maggio si risolse in una ridicola pan-
VITTORIO CROCE
tomima, con il tradimento del flaccido generale Landi che, essendosi venduto al nemico, fece ritirare i suoi soldati quando la vittoria era vicina) e questo la dice
lunga su ciò che accadde in quel travagliato periodo, quando il tradimento e la pusillanimità la fece da padrone nelle altre sfere dei comandi militari di sua maestà Francesco II. Si dovrà aspettare il primo di ottobre per vedere una battaglia di quelle vere, combattuta con grande accanimento e valore sulle sponde del Volturno.
E lì i soldati napoletani dimostrarono ampiamente la loro tempra e il loro coraggio giungendo ad un passo dalla vittoria che avrebbe potuto capovolgere le sorti del tutto. Chissà come sarebbero andare a finire le cose se l'esercito borbonico fosse stato gui-
dato da generali degni di tal nome... Lo scontro del Volturno aveva di fatto lasciata inalterata la situazione: i garibaldini non erano riusciti a infrangere la
linea di difesa borbonica attestata sulle sponde del fiume mentre i napoletani non erano stati capaci di acquistare slancio per partire alla riconquista della capitale. In questo scenario il comando militare napoletano pensò giustamente a rinforzare gli argini per contenere il più possibile l'avanzata garibaldina e, nello stesso tempo, a presidiare in forze il confine abruzzese: l'esercito di Vittorio Emanuele II, infatti, stava scendendo di gran carriera verso sud e rischiava di prendere alle spalle i reparti attestati sul Volturno. Disegno ineccepibile ma affidato, ancora una volta, a persone imbelli, incapaci ed inclini
al tradimento. Come il brigadiere Luigi De Benedictis, comandante delle truppe borboniche negli Abruzzi, che ordinò la cessazione di ogni resistenza contro gli invasori. Il 15 ottobre egli stesso, assieme a gran parte del suo stato maggiore, accoglieva alla frontiera il re di Sardegna rivolgendogli queste parole: “La provvidenza benedica i passi di Vostra Maestà, i popoli degli Abruzzi ansiosamente la attendono”. Cosa che suscitò lo stupore e, nello stesso tempo, il biasimo del sovrano sabaudo, non troppo propenso ad intrattenere rapporti con gli autori di gesti così riprovevoli.
Ma, purtroppo, De Benedictis non fu il solo. Altro personaggio di tal fatta, se non peggiore, era il maresciallo Luigi Scotti Douglas, conte di Vigolino,
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23 nato da una nobile famiglia di origine piacentina, cui lo stato maggiore borbonico, nella seconda metà del 1860, ebbe la sciagurata idea di affidare il delicato compito di sovrintendere la zona che da Ceprano correva fino a San Germano (l'odierna Cassino) per poi inoltrarsi verso il Molise e il confine con gli Abruzzi. Un ruolo di vitale importanza: la truppa di Scotti Douglas infatti doveva arrestare in tutti i modi l'incedere dell'esercito sabaudo che, una volta sfondata la linea molisana, avrebbe preso alle spalle il dispositivo borbonico sul Volturno. Il maresciallo, però, non era un cuor di leone. Né era dotato di quella sagacia e di quella prontezza che la situazione avrebbe richiesto. Pur avendo avuto dai suoi informatori notizia della presenza di reparti sabaudi sulle montagne che sovrastavano Isernia, non dette alcun peso alla cosa tanto è vero che giunse in città soltanto il 18 di ottobre. E poi, fatto ancora più grave, dimenticò di far
occupare dai suoi soldati il passo del Macerone, posizione stategica difficilmente scalzabile, proprio a causa della sua posizione dominante che, per di più, controllava l'unica via d'accesso al versante tirrenico.
Errore che non fecero i piemontesi: non a caso il generale Griffini si portò subito con i suoi uomini a presidiare il valico. Soltanto la mattina del 20 Scotti Douglas, che si spostava in carrozza, inviò alcuni reparti sui tornanti che menavano al passo. I borbonici avanzarono su tre colonne, una al centro e le altre due agli opposti lati, mentre una nebbia fittisima avvolgeva il tutto. I piemontesi, che durante la notte avevano ricevuto cospicui rinforzi, dall'alto aspettavano solo che la visibilità diventasse apprezzabile per iniziare il tiro al piccione. E così il tutto si consumò in una manciata di minuti. Eppure i soldati napoletani avevano iniziato gagliardamente l'assalto costringendo i
l’Identità
piemontesi a ripiegare.
Quando però i bersaglieri e i Lancieri di Novara, accorsi a sostegno, irruppero nella mischia, la
il De Sivo, cadde il solo tenente Mattiello. E che ne fu dell'eroico generale Scotti Douglas, conte di Vigolino? Fu prima inviato prigioniero a Sulmona e
situazione mutò in un battibaleno e per i borbonici fu la fine: troppa la disparità numerica delle forze in campo. I soldati napoletani fuggirono precipitosamente lungo i crinali della montagna e raggiunti dai reparti nemici furono costretti ad arrendersi. La ritirata si trasformò in una indecorosa rotta. Lo stesso Scotti Douglas e tutto il suo stato maggiore, il colonnello Gagliardi, il colonnello Auriemma e il maggiore De Liguoro, vennero catturati ai piedi del Macerone. “Il generale Scotti – scive Delli Franci nelle sue memorie – fu fatto prigione mentre stavasene nel suo cocchio per sapere notizie della guerra che combattevano le sue truppe e nel cocchio stesso fu condotto al quartier generale del nemico”. Così ebbe fine quella che la vulgata storiografica dominante chiama la battaglia del Macerone. Ma più che di una battaglia si trattò di una modesta scaramuccia, basti pensaare che tra i piemontesi non si registrarono vittime mentre tra i napoletani, come riferisce
poi a Torino, per essere messo in libertà poco tempo dopo. Tornato in famiglia, a Napoli, scrisse un opuscolo sotto forma di lettera indirizzata al conte di Cavour nel quale si discolpava (???) per aver militato nell'esercito borbonico. Chiese poi la pensione al governo italiano che gli fu accordata nell'aprile del 1861. Si spense a Napoli, rimpianto da pochi, nel dicembre del 1880. Poteva mai scaturire qualcosa di buono da cotanto personaggio? Assolutamente no. Eppure a lui venne affidato un compito di straordinaria importanza. Cialdini,parlando di Scotti Douglas dopo i fatti del Macerone, così ebbe a dire: “Se non è un grande imbecille è un gran furbo”. Per quel che mi riguarda, invece, non ho dubbi: fu soltanto un traditore. Uno di quei tanti che in quel delicato frangente voltò le spalle al suo sovrano ed alla sua nazione. Un'onta questa che non potrà essere mai cancellata. Neanche dallo scorrere inarrestabile del tempo.
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“LA TRADIZIONE COME MADRE” Capua ricorda i Caduti nella Battaglia del Volturno
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na giornata nel solco della memoria e della tradizione: questo il significato dell’appuntamento di Sabato 11 Ottobre 2014 a Capua dove, grazie alla dedizione dell’Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie capitanato dal Presidente Giovanni Salemi, da 17 anni si perpetua il ricordo degli eroici Caduti dell’esercito del Regno delle Due Sicilie nella battaglia del Volturno. Alla presenza di S.A.R. Beatrice di Borbone delle Due Sicilie, in maniera originale si discuterà de “La tradizione come
madre”, tema conduttore di questa XVII edizione.
L’ispirazione al tema è venuta sia dal Museo Campano di Capua, il luogo dove si terrà l’evento, sia dalla riflessione sul ruolo attivo della tradizione e della memoria nel passaggio generazionale dei cromosomi dell’identità di un popolo. Si inizierà alle ore 15:30 in Corso Gran Priorato di Malta, 3 (Palazzo Salemi) a Capua, con la deposizione di una corona d’alloro alla lapide in memoria dei nostri caduti. Gli alunni del Liceo Musicale “Garofano” di Capua diretti dal Mae-
stro Antonio Parillo faranno da tappeto sonoro al susseguirsi della cerimonia che culminerà con l’allocuzione tenuta dallo storico Francesco Maurizio
di Giovine. Alle ore 16:30, presso la Chiesa dei S.S. Rufo e Carponio, in Corso Gran Priorato di Malta, è prevista la Celebrazione Eucaristica ufficiata da don Francesco Pappadia. Di seguito, con il trasferimento verso lo stupendo Museo Campano sito in via Roma, alle 18:00 prenderà il via il Convegno con i saluti istituzionali moderati ed introdotti dal giornalista e scrittore Fernando Riccardi. Fino alle 18:30 sarà possibile degustare alcuni prodotti tipici e visitare la splendida cornice del Museo Campano, dove l’esibizione dell’ensemble vocale “Musicanto” del Real Teatro di San Carlo, diretta dal Maestro Giancarlo Amorelli, darà il segnale d’inizio alla serata intonando l’“Inno del Re” di Giovanni Paisiello in onore dell’autorevole presenza della gentile esponente della Real Casa. A seguire, il dott. Gino
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Giammarino, direttore della testata multimedilae “il Brigante”, intervisterà gli ospiti Jean Nöel Schifano, un francese innamorato di Napoli e del Sud, e il Presidente del “Movimento Unitario Giornalisti”, Mimmo Falco, sul tema del Convegno. Le due interviste faranno da introduzione all’attesissima entrata in scena dell’attrice Gea Martire la quale, interpretando il monologo “Cafone”dedicato alle Brigantesse, sublimerà i contenuti delle relazioni attraverso il teatro.
I lavori saranno chiusi dall’intervento della Prof. Matilde Simonetti, vicepresidente dei Convegni di Cultura Maria Cristina di Savoia – Sezione Aversa. Alle 21:00 circa, infine, ci si trasferirà presso la Masseria GiòSole (via Giardini, 32 Capua) per il momento conviviale allietato da una messa
le Celebrazioni
in scena a cura dell’ass. Damusa i cui attori saranno abbigliati dalla costumista Maria Luisa Mariano
(Controcorrente) del prof. Gaetano Marabello ed un phamplet pubblicato dall’Ass. Nazionale Ex Allievi
diplomata alla scuola costumisti teatrali di Roma con Giulia Mafai ed esperta nell'arte teatrale e scenica. Nel corso della serata, inoltre, verranno presentati il libro “La legge Pica”
della Nunziatella, a cura degli storici e scrittori Giuseppe Catenacci e Francesco Maurizio Di Giovine, che sarà distribuito gratuitamente ai partecipanti.
L’Evento
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IL PREMIO MASANIELLO IN SCENA AL DELLE PALME Un'equilibrata serata tra moda e spettacolo SILVIA BASSI
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on una riuscitissima serata il Premio Masaniello (Napoletani Protagonisti) ha chiuso la sua nona edizione. Porta bene, dunque, il cambio di livrea da manifestazione di piazza alla raffinata serata tenuta al teatro Delle Palme. Possiamo dire che, essendo dedicata alla moda, dare un nuovo look all’evento è stata un’operazione anche coerente. Moda, dunque, ma come
sempre anche spettacolo. Tant’è che, dopo le appassionate parole del Presidente del Comitato Promotore Luigi Rispoli, introdotto dalla sempre ben misurata e gradevole Lorenza Licenziati, il primo a ricevere l’ambito riconoscimento è stato Enzo Gragnaniello. L’argentino-napoletano Diego Moreno, il gruppo rock “Letti Sfatti”, Benedetta Valanzano e Gino Rivieccio gli altri artisti che hanno arricchito la serata,
mentre Ermanno Corsi e Gennaro Sangiuliano tra le prime firme ed una segnalazione meritatissima va alla collega e storica dell’arte Adriana Dragoni, ben conosciuta ai nostri lettori. Nel tema dato al Masaniello 2014, tanti nomi di leader per aziende che ogni giorno si distinguono per la qualità del proprio lavoro, dando lustro a Napoli sia in Italia che nel mondo: da Maurizio Mari-
nella a Raffaele Carlino, da Vincenzo Canzanella a Giusy Giustino, da Vincenzo Valentino a Francesco Serpone, da Angela Greco a Giacomo Cinque, da Bruno Caruso allo stilista identitario Salvatore Argenio, non a caso lasciato per ultimo, se non per sottolineare la passione del suo intervento e la missione di rivalutazione della nostra identità che da anni lo vedono impegnato.
Dopo la dovuta menzione
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per Rispoli, anima e cuore del premio, non si può non citare il lavoro prezioso svolto dietro le quinte da Umberto Franzese e Laura Bufano, Federica Flocco e Marisa La Penna, nonché
dal Presidente della Giuria, Franco Lista, una personalità preziosa nell’analisi e nella proposta di una nuova meridionalità attiva basata sul recupero del patrimonio genetico che
sembra essere stato smarrito proprio dai napoletani. Per i quali, questo premio sembra giungere ad orologeria nel mezzo del fuoco mediatico a cui vengono sottoposti dalla stampa del
l’Evento Nord: una risposta dalla cultura alla quale, però, deve necessariamente seguire una presa di coscienza da parte della “tribù napoletana”.
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lo Studio
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“PARLATA NAPOLITANA” E STORIA DI NAPOLI
he il mezzo convenzionale di comunicazione verbale in uso presso il popolo napoletano costituisca una vera e propria lingua, credo sia dato ormai sufficientemente acquisito (ancorché tuttora, per lo più, represso, in nome d’un malinteso senso del “ben parlare”, favorito, fra l’altro, dalla scuola e dai media). Ad avvalorare tale mio punto di vista penso sia sufficiente il richiamo delle peculiarità della morfologia grammaticale e sintattica, da una parte, e, dall’altra, dell’articolazione nel tempo della letteratura napoletana, sia in prosa, che in versi; convincimento che già all’alba dell’Unità nazionale qualcuno manifestava e che, proprio ai giorni nostri, ha fatto registrare l’interesse finanche del Parlamento – sul presupposto che «solo le lingue regionali, provenienti da profonde e mai soppresse tradizioni orali, infatti, sanno tenere viva la libera ed autentica parola di un popolo e dei suoi protagonisti» e che «la sempre più frequente invadenza, anche nelle rappresentazioni mediatiche, di una versione “plebea” della cultura napoletana, caratterizzata da elementi di aggressività e di qualunquismo culturale, sta provocando un inevitabile quanto pericoloso fenomeno dissociativo» – e, in tempi ancor più recenti,
SERG IO ZAZZERA
quello degli enti locali. Né, peraltro, può ritenersi decisiva l’obiezione, che, per lo più, viene sollevata, con la quale si tende a sottolineare l’uso di circonlocuzioni, per designare taluni oggetti e/o concetti, uso che si riscontra anche in sistemi linguistici connotati da maggiore perfezione ed
quanto fuorviante, suggestione. Per quanto concerne Napoli, è universalmente nota l’origine classica della città, dapprima colonia della Magna Grecia e poi civitas romana: era inevitabile, perciò, che il nucleo essenziale del suo patrimonio linguistico attinges-
vocaboli come annuzzà’ (< nodus), chiàveca (< cloaca), jónta (< adiuncta), muójo (< modium), ‘nzuràrse (< inuxorare), parùla (< palus), scippà’ (< excerpĕre), sùglia (< subŭla). Dopo la caduta dell’Impero romano, Napoli assisté alla successione
evoluzione. Ciò premesso, un concetto generale di fondamentale importanza è quello della necessità che lo studio della lingua sia accompagnato da quello della storia: soltanto così, infatti, si potrà individuare la radice etimologica dei vocaboli, al di là di ogni possibile,
se al lessico del mondo greco e di quello romano. Dal primo, infatti, derivano vocaboli come artéteca (< ἄρθρον), càntero (<κάνθαρος), èllera (< ἤλιξ), maccarìa (< μακαρία), mustàccio (<μύσταξ), péttola (< πέταλον), scafaréa (< σκάφη). Il secondo, a sua volta, ha dato origine a
di dominazioni straniere: «E nove rignante ‘nce passajeno a cavallo. Napule ‘nce facette ‘o callo», cantava Concetta Barra in Nascette ‘mmiez’ô mare. E questa successione ne ha plasmato, oltre che alcune usanze, soprattutto l’espressione linguistica, innestando fonemi d’im-
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visto avere origine sostanzialmente greco-romana. Altrettanto deve dirsi, poi,
relativamente alle acquisizioni lessicali conseguenti a relazioni commerciali, e magari anche belliche, con altre popolazioni. Senza dire di quel linguaggio gestuale, studiato e illustrato dal canonico Andrea De Jorio nel suo saggio La mimica degli antichi investigata nel gestire napoletano (1832), del quale i
napoletani sono maestri indiscussi; linguaggio sviluppatosi per facilitare mediante una modalità simbolica la comprensione tra soggetti che si esprimono attraverso forme linguistiche reciprocamente sconosciute. Così, la lingua francese, giunta a Napoli sia con gli Angioini, sia con l’esercito del generale Championnet nel 1799, ha lasciato le proprie tracce in vocaboli, da zandràglia (< entraille), a raù (< ragoût), a munzù (< monsieur), a sciabbò (< chabot), e via dicendo. Parimenti, i contatti con la civiltà germanica, riconducibili sia alla monarchia sveva, sia alla fase austriaca del Vicereame, hanno donato all’idioma napoletano parole, come gràffa (< Krapfen), macràmma (< Wagram), sghìffo (< Schiff), sparagnà’ (< Sparon), taccarià’ (< Taikka). Al mondo arabo, poi, incontrato in occasione sia di relazioni commerciali, sia d’incursioni piratesche, il linguaggio napoletano deve l’acquisizione, fra l’altro, di allicchesalèmme (< shalomleh), bazzariòta (< bazaar), carràfa (< garaf), cefèca (< shafèk), fùnneco (< funduq), sciaràppa (< sharab), sciàveca (< shabaka), vajàssa (< baassa). La Spagna, le cui relazioni con Napoli si sono articolate per un ampio spazio temporale, attraverso la monarchia aragonese, la fase spagnola del Vicereame e la monarchia borbonica, ha lasciato della propria lin-
gua le tracce più numerose e significative, tra le quali vale la pena di ricordare: ammuìna (< mohìna), casatiéllo (< quesadilla), guàppo (< guapo), làzzaro (< làcero), nìnno (< niño), palómma (< paloma), scuitàto (< sin cuidados). I contatti degli ambienti anglofoni, infine, si sono manifestati in tre precise occasioni. Della prima di esse, che s’identifica con l’arrivo nel 1799 dell’armata britannica, alleata di Ferdinando IV, si rinviene traccia, fra i tanti vocaboli, in quàcquaro e quèquero (< Quacker), stòcco (< stock), zùmpo (< jump). Della seconda, che coincide con lo sbarco della V Armata U.S.A. nel 1943, ci rimangono, sempre fra i tanti, bisenìsso (< business), cresemìsso (< Christmas), sciuscià (< shoe shine), trammuè (< tramway). Della terza, infine, coincidente con la fase del predominio universale assunto, negli ultimi decenni, dalla lingua ingle-
lo Studio se, la “parlata napolitana” ha acquisito, ancora fra i numerosi, spiccà’ (< to speak) e ticchètto (< ticket). A proposito della lingua inglese, però, ritengo importante segnalare un esempio di quanto possa essere fuorviante l’indagine etimologica svincolata dal dato storico, cui facevo riferimento in apertura di discorso: qualcuno, infatti, vorrebbe ricondurre l’origine della parola cràstula all’inglese crumb. Tale vocabolo, però, sia pure nella forma primitiva (cràsta), si rinviene adoperato già da Giulio Cesare Cortese, nel verso della sua Vaiasseide così concepito: «e sta crasta co’ l’uoglio de lauriello»; con il che rimane dimostrato ch’esso era già in uso un buon secolo e mezzo prima del primo contatto istituitosi fra l’idioma napoletano e quello inglese, e di conseguenza risulta avvalorata l’etimologia corretta dal greco γάστρα (= vaso di terracotta).
la Gastronomia
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VERMICELLI IDENTITARI
Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei
a fresco stamattina, il sole è pigro e sale piano piano, ma la brina ancora appoggiata sulle foglie più tenere, come pietre preziose sui fragili steli, già rimanda in mille cristalli lucenti i riflessi dei primi raggi, un autunno tiepido si presenta alle porte, invitando gentilmente Madama estate a ritirarsi. Questa estate capricciosa, interrotta alle volte da temporali arrabbiati, tuttavia ha regalato un verde più intenso alle nostre campagne solitamente dorate di grano e di arsura, e meno incendi incoscienti, imprese funeste volte a distruggere il faticoso lavoro millenario di Madre Natura. L’orto si rinnova e mentre gli ultimi pomodori chinano
ROSI PADOVANI
il capo abbracciati al basilico che avvizzisce lentamente mietendo in giro piccoli semi neri a promessa del prossimo anno, broccoli ombrosi e fiori di cavolo marmorei si affacciano tra il viola iridescente delle melanzane tardive. Qua e là gigantesche zucche-carrozze lanciano briglie verdi attorcigliate, pronte a sedurre dolci principesse e indurle a scegliere tra il ballo della vita, occasione di rinascita, o il sabba della notte. La mia mente torna alle favole, maestre di vita. Rivedo Cenerentola davanti al caminetto. Cosa avrebbe fatto se non avesse avuto la sua Fatina a darle coraggio? Certamente non si sarebbe affrancata dall’oppressione della matrigna e Ana-
stasia e Genoveffa non sarebbero rimaste a bocca asciutta, e non avrebbero finito i loro giorni rodendosi nell’invidia e nei rimorsi. Ma lei no, Cenerentola la misera, la sottomessa, la serva, Lei la carrozza l’ha presa al volo, miraggio o realtà che fosse quella tempestiva zucca, è stata la sua occasione, la sua rivincita: libertà e indipendenza. Brava Cenerentola che la zucca te la sei cucinata ben bene e hai fatto del tuo sogno una realtà! Questo stravagante ortaggio conosciuto e coltivato dai popoli più antichi: Egizi, Romani, Arabi e Greci, poi conosciuta dagli europei grazie a Cristoforo Colombo, rende il meglio di sé in ottobre ed io ne vado pazza. (sarà che sono nata in questo
mese?) Fritta, arrostita, con la pasta, in confettura, con la salvia, con i funghi, mi riporta sempre alla favola. E a me piace sognare, vedere zucche volare, grandi funghi come giganteschi ombrelli, molliche di pane segnare la via di casa, stupirmi sempre. Credo nell’incantesimo, nella forza dei sentimenti, nell’orgoglio d’appartenenza, nella magia della vita, e mi piace comunicare tutto ciò con il cibo. A tavola ci confrontiamo, ci conosciamo, esprimiamo le nostre radici, trasferiamo tradizione e con queste la nostra cultura e i modi di vivere, in una parola il cibo parla di noi. Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei. La pensava così anche il grande cuoco filosofo, il frate benedettino
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la Gastronomia Parliamo di... Origano
Vincenzo Corrado che per primo trasferì in un grande ricettario, “Il Cuoco Galante”, tutti i manicaretti più squisiti della corte Borbonica, coniugando l’arte culinaria di palazzo con il cibo popolare. In seguito Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, fece lo stesso, e i due ricettari sono le colonne della cucina napoletana. Ricette complesse di carni, cacciagione, timballi e sartù, ma anche con verdure e legumi, semplici ingredienti e tuttavia altrettanto sofisticate al gusto. Da questo connubio di sapori discende la meravigliosa cucina napoletana attuale. Espressione di un popolo, varia, di forte identità, come questi gustosissimi vermicelli alla scammaro, poverissimi di ingredienti, semplici da preparare, ma davvero tenaci,
mettete da parte. Dissalate i capperi e pestateli leggermente. Fate ammorbidire l'uva passa in vino rosso corposo tiepido. Snocciolate e tagliate a pezzetti le olive. Abbrustolite il pangrattato con un filo d’olio e il prezzemolo tritato. In un tegame largo fate imbiondire l’aglio con l’olio, aggiungete le acciughe e mescolate con un cucchiaio di legno facendo in modo che si sciolgano. Aggiungete le olive, i capperi, l’uvetta e i pinoli. Cuocete la pasta in acqua leggermente salata. Scolatela a mezza cottura conservando un po’ d’acqua. Mettete nel tegame con il condimento per continuare la cottura aggiungendo l’acqua necessaria. Quando la pasta sarà cotta unite una parte del pangrattato, mescolando. Ponete in
400 g di vermicelli 1 spicchio d'aglio 1 cucchiaio di capperi 1 cucchiaio di uva passa 150 g di olio d'oliva 2 acciughe salate 100 g di olive nere di Gaeta 1 cucchiaio di pinoli, 3 cucchiai di pangrattato Prezzemolo Pecorino Sale, poco, attenzione a capperi e acciughe! Pepe 1 scorza di limone
perché non perdono fragranza e sono ancora più saporiti se risaltati in padella il giorno dopo!
Lavate le acciughe, spinatele e tagliatele a pezzetti. Abbrustolite i pinoli in un tegame con un filo d’olio e
piatto di portata e servite costellato di scagliette di pecorino, il pangrattato rimanente, pepe, un po’ di buccia di limone grattata e prezzemolo tritato. Io aggiungo una spolveratina di origano finissimo, dà un tocco di personalità!
L'origano appartenente alla famiglia delle Lamiaceae originarie soprattutto del bacino del Mar Mediterraneo. E’ una delle erbe aromatiche più utilizzate nella cucina mediterranea in virtù del suo intenso e stimolante profumo. Si usa in innumerevoli preparazioni su carni e su pesce, nelle insalate e nella pizza. Le cucine dell'Italia meridionale ne fanno grande uso.Nel linguaggio dei fiori l'Origano da sempre è stata considerata una pianta che dà sollievo, conforto e salute.Le sue proprietà terapeutiche sono: antalgico, antisettico, analgesico, antispasmodico, espettorante, stomachico e tonico. Il suo olio essenziale è molto utilizzato nell'aromaterapia. I suoi infusi sono consigliati contro la tosse, le emicranie, i disturbi digestivi e i dolori di natura reumatica svolgendo una funzione antinfiammatoria.
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il Record
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NAPOLI DA GUINNESS BATTUTI GLI AMERICANI
l tripudio della pizza si è tenuto presso il Palapartenope di Napoli dove 278 pizzaioli provenienti dal-
insieme un panetto da 400 grammi di pasta fino al raggiungimento di una pizza di almeno 31 centimetri. Il record è stato battuto in
l’Italia intera e persino dal Giappone hanno battuto a colpi di panetti, lievito e farina, il record detenuto dagli americani. Una sfida nuova: circa trecento partecipanti radunati nella città patria della pizza, per battere il precedente record statunitense che contava il lancio di panetti da parte di 265 persone. I pizzaioli hanno dovuto lanciare e lavorare tutti
mondovisione ed è stata un’inebriante vittoria.
eventi e iniziative per la diffusione della “nostra” cultura nel mondo, una celebrazione di prodotti agroalimentari nonché dello spirito di iniziativa e cooperazione sempre tangibile. Il Presidente Claudio Ospite si è detto particolarmente entusiasta della riuscita del record, “non soltanto perché Napoli rientra a pieno titolo nel Guinness World Record ma soprattutto perché la città ha saputo dimostrare ancora una volta lo spirito di cooperazione, l’entusiasmo, l’energia per il perseguimento di un risultato che prevedeva un lavoro corale, una grande coordina-
Radio Marte media partner dell’evento. Dopo il guinness è stato possibile degustare le pizze realizzate da tutti i pizzaioli presenti. Durante l’evento era stato adibito uno spazio stand dove venivano presentati e gustate eccellenze campane e novità in arrivo sul mercato come la crema di cioccolata al gusto di mozzarella di bufala ideata da Nunzio Mancino che rientra nella nuova linea “Gusti di Napoli” realizzata con prodotti di altissima qualità e classificata in semifinale per gli International Chocolate Awards. Al termine sono stati con-
zione ma soprattutto infinita passione. Un evento il cui scopo, oltre al record, era far conoscere al mondo le ricchezze della nostra terra, una dei quali senza dubbio è la pizza.”
segnati i premi alla carriera a dieci pizzaioli con più di 50 anni di attività. Tra i partecipanti anche i ragazzi disabili dell’associazione “Tutti a scuola” e molte donne. I pizzaioli da record portano con sé il ricordo di una serata ricca di entusiasmo, una medaglia e un attestato di partecipazione. V.G.
L’evento realizzato da Claudio Ospite, vicepresidente dell’Associazione Margherita Regina e presidente dell’Istituto Nazionale della pizza, rientra nel più ampio progetto “Cibus Campania Felix”, uno dei tanti portati avanti dalle due associazioni che si occupano da tempo di
La serata è stata ovviamente una vera festa con la Nocchetti Max Band e i Flasidei presentati da Gigi Grieco e la musica di
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l’Iniziativa
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LA QUESTIONE BAGNOLI E LE POSSIBILI SOLUZIONI
l 16 settembre, a Palazzo Serra di Cassano, insigni studiosi si sono soffermati su un problema di grande attualità per la città di Napoli: la questione di Bagnoli. "Noi veniamo da vent’anni di indecisione, quindi ben venga che il governo decida dal momento che le classi dirigenti locali non sono state in grado di farlo, anzi hanno prodotto un disastro, perché il fallimento della società per Bagnoli è un
vero disastro per l’Italia oltre che per Napoli. I soldi fino ad ora ce l’ha messi l’Europa e sono stati sperperati, quindi è meglio avere procedure rapide con la capacità di decidere e dobbiamo provare tutti insieme a suggerire le soluzioni migliori, ma non si può più aspettare". Queste le parole di Berardo Impegno cui gli fa eco Pina Tommasielli: "Sulla questione specifica di Bagnoli credo sia opportuno prendere in positivo questa attenzione del governo Renzi verso questa città e quest’area e
SONIA OLOFERNI
non creare quella serie di veti incrociati che portano alla maledizione dell’immobilismo, non ce lo possiamo più permettere perché con un Paese fermo, con un prodotto interno lordo che non cresce è evidente che ognuno deve diventare artefice del proprio destino, quindi basta con gli immobilismi e con i veti, anche perché da medico so perfettamente, e l’ho dimostrato con i numeri, che in quell’area c’è una problematica ambientale e sanitaria molto pesante e non vorrei che la situazione sanitaria giù Bagnoli e in tutta l’area flegrea, che già scoppia, diventasse veramente più che esplosiva". Ampia la risposta di Bruno Discepolo che invita e chiama a raccolta tutte le 'forze vive della città'. "Con la definitiva stesura del decreto Sblocca-Italia la vicenda di Bagnoli sembra imboccare una possibile via d’uscita, dopo troppi anni di inconcludenze, ritardi e fallimenti. Le modalità con cui il governo ridisegna la governance del processo di bonifica e valorizzazione del sito rappresentano indubbiamente un momento di svolta, anche rispetto alla tradizionale ripartizione di poteri e competenze, avocando al livello statale ogni futuro ruolo decisionale. Il contemporaneo regime previsto dalla norma contenuta all’art. 34 del D.L., da un lato generale “Bonifica ambientale e riqualificazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale” – e dal-
l’altro specificamente riferito all’area napoletana – “Comprensorio BagnoliCoroglio” - conferisce a quest’ultima il valore di laboratorio, di sperimentazione di un modello estensibile successivamente ad altre aree dismesse del Paese, ovvero per interventi di bonifica ambientale. Sotto questo profilo si può affermare che, l’esperienza maturata in oltre vent'anni di tentativi non riusciti di governare da parte delle istituzioni locali, il processo di trasformazione urbanistica e riqualificazione ambientale di una delle aree strategiche per lo sviluppo del territorio
napoletano ha contribuito ad accelerare un ripensamento prima e poi, conseguentemente, una ridefinizione delle prerogative e delle competenze, in particolare dell’ente comunale, in direzione di una loro sostanziale marginalizzazione. Si apre oggi, 16 settembre, una fase nella quale sarà necessario dispiegare il massimo impegno di tutte le forze vive della città: imprenditoriali, sociali, culturali, tecniche e politiche, per contribuire a definire ulteriormente il disegno delineato dal governo e riempire di contenuti tutto ciò che attualmente non lo è".
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il Report
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BCE A NAPOLI, UNA NUOVA SCENEGGIATA CANIO TRIONE
Napoli, si sa, spesso vanno in scena le sceneggiate che sono spesso cariche di feroce sarcasmo; inoltre a Napoli si vive da tempo immemore un disagio diffuso e profondo proprio a causa anche delle decisioni europee. Nonostante questo la Bce -con una decisione quanto meno eccentrica- ha deciso di riunirsi proprio a Napoli ad incontestabile dimostrazione di quanto i vertici non sappiano che vita si viva nelle città dei Sud di Europa.
sano sotto casa con la maschera di Pulcinella; (3) nessun danno a nessun negozio che però abbassano le serrande per difendere le poche cose ivi contenute ma anche (e sicuramente) per solidarietà; (4) i manifestanti che invitano le forze dell’ordine a togliersi l’elmetto e ad unirsi a loro; (5) il Presidente Draghi che fa un discorso prospettando una politica che –oltre a non riscuotere l’applau-
Nella città delle mille contraddizioni abbiamo assistito ad una sceneggiata insuperabile! Questi i quadri: (1) la casta che mangia (letteralmente: con posateria d’argento e ceramiche di gran lusso) nel castello, mentre i cafoni patiscono la fame fuori dall’uscio e si buscano lacrimogeni e getti d’acqua; (2) la gente sui balconi che applaude allo spettacolo dei black block (quelli che i media accusano di essere contro legge) che pas-
so dei napoletani- viene bocciata proprio dai mercati che asserisce di voler sostenere e proprio in Italia cioè nel paese che lo ospita (!!!); (6) una manifestazione arrogante della detenzione di tutti i poteri (male utilizzati) da parte di una esigua minoranza che non si vergogna di esibirla proprio davanti ai più danneggiati dai propri errori ed omissioni; (7) una dichiarazione di Draghi di non essere responsabili della crisi pur occu-
pando tutti i giornali con manifestazione di potenza planetaria evidentemente non utilizzata per vincere la crisi; (8) e, su tutto, la manifestazione insuperabile di civiltà delle popolazioni colpite (appunto i napoletani) dall’insipienza della casta politica. E tutto questo è avvenuto spontaneamente senza dover scomodare titolati registi hollywoodiani, ma semplicemente perché queste cose accadono a Napoli. Venendo nel merito il board della Bce, oltre le solite dichiarazioni sulle riforme (che lor signori non hanno idea quali dovrebbero essere al di la di quelle “istituzionali” cioè che riguardano loro stessi), ha ribadito che le leggi
che hanno portato al disastro vanno ancora rispettate e non cambiate; che loro non centrano nulla con la crisi; che forse daranno fiumi di soldi a chi produrrà oscure carte ben compilate; e poi il Board non ha deciso nulla per l’economia reale ma ha mangiato, parlato, mangiato e poi parlato fino a notte fonda… che è la stessa cosa che accadeva nel ‘700 prima delle grandi rivoluzioni. Questa volta non cadranno le teste perchè la violenza non è più di moda; ma il disastro dell’economia e della finanza colpirà anche loro e ancora più duramente di quanto non stia accadendo a noi! Intelligenti pauca.
la Rievocazione
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CENA SEGRETA A BASE DI CASTAGNE Il Gran Tour fa tappa a Salza Irpina
na grande presenza di pubblico ha animato la quarta tappa del Gran Tour in Irpinia, evento itinerante che attraversa sei comuni dell’area
cazione storica sviluppata in forma di cena spettacolo, ambientata stavolta nell’Ottocento, che a Salza Irpina fa rima con Michele Capozzi. Nato proprio a Salza Irpina, il deputato del Regno
di istituti tecnici di varia natura, fra cui quelli di ambito enologico, la realizzazione di vie di comunicazione per l’accesso ai comuni interni, spesso isolati. Nella centrale piazza che
del Terminio-Cervialto, alla riscoperta delle peculiarità storico-culturali ed enogastronomiche della regione. Il Progetto Integrato di Promozione del Territorio “Un gran tour in Irpinia lungo sei secoli tra storia, tradizioni ed enogastronomia”, finanziato nell’ambito del PSR Campania 2007/2013 Interventi cofinanziati dal FEASR, Piano di Sviluppo Locale del GAL IRPINIA - MISURA 313 “Incentivazione di attività turistiche”, ha fatto tappa sabato 4 ottobre a Salza Irpina, comune non lontano dal capoluogo avellinese, che ha ospitato l’evento dal titolo “Cena segreta alla Castagna alla corte di re Michele Capozzi”, rievo-
d’Italia Capozzi, soprannominato “re Michele” nei suoi quarant’anni di attività politica, sostenne a favore della sua Irpinia tutta una serie di proposte da cui il
porta proprio il nome dell’uomo politico, il quale, con la sua opera di respiro sia provinciale che nazionale, ha dato lustro al territorio, si è dipanata la sug-
territorio ha tratto benefici nel corso degli anni: l’istruzione di massa, la nascita
gestiva manifestazione che ha visto impegnati gli attori della compagnia tea-
trale “La Carrozza d’Oro” nella piacevole riproposizione della storica intervista che “re Michele” concesse ad un giornalista alla vigilia del matrimonio di una delle sue figlie. Grazie alla partecipazione colorata degli abitanti del luogo, che hanno contribuito a far rivivere le atmosfere tipiche di un ottocentesco giardino delle delizie, dove sono stati serviti dolci alle castagne e vini locali, la rappresentazione, impreziosita dagli splendidi abiti di Adriana Monaco, ha riscosso un grande successo, richiamando un pubblico di ogni età proveniente da ogni parte della Campania e anche da fuori regione. I presenti hanno potuto anche assaporare le delizie proposte dal ricco menù della XXXI edizione della “Sagra della Castagna” svoltasi in contemporanea alla quarta tappa del Gran Tour in Irpi-
nia e proseguita anche domenica 5 a pranzo.
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il Fumetto
Il GIRO DEL MONDO IN 50 TAVOLE Stati Uniti, Francia e Italia nelle matite napoletane
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n viaggio intorno al mondo, ma anche nella storia. Da Napoleone ai Vendicatori per arrivare a Saguaro, i visitatori della mostra, “Il giro del mondo in 50 tavole”, potranno ammirare le tavole originali dei disegnatori napoletani Fabrizio Fiorentino, Italo Mattone e Lorenzo Ruggiero per la prima volta insieme. L’esposizione è stata inaugurata il 7 ottobre presso i saloni della Scuola Internazionale di Comics e terminerà il 13 dicembre. Si parte dalla Francia ottocentesca, con Napo-
leone Bonaparte disegnato per la casa editrice transalpina Glènat dalle matite di Fabrizio Fiorentino, già autore per la Marvel e la Dc, direttore artistico della Scuola Internazionale. Un prodotto di grande precisione e attenzione al dettaglio, frutto di studi approfonditi sia sulla storia che sulle immagini, partendo dai paesaggi per arrivare alle divise degli eserciti napoleonici. Dalle Alpi è breve il salto nell’Italia della casa editrice Bonelli per osservare i disegni di Italo Mattone autore di Saguaro e Julia. Dieci tavole originali del suo ultimo lavoro per Saguaro, eroe/antieroe
reduce dal Vietnam in lotta con il suo passato, appena uscito nelle edicole, potranno essere ammirate insieme ai disegni di Julia, ormai consolidato personaggio giallo bonelliano ispirato graficamente a Audrey Hepburn. Dall’”eroe francese” e dall’”investigatrice italiana” si arriva ai supereroi per eccellenza: the Avengers, editi dalla Marvel, disegnati da Lorenzo Ruggiero. Iron Man, Hulk e Capitan America, saliti alla ribalta negli ultimi anni anche grazie ai numerosi adattamenti cinematografici, si mostrano nella loro versione originale su carta.
Le tavole, estratte dai dieci numeri di Ultimate Avengers ai quali ha lavorato Ruggiero, accompagnano gli ospiti in un tour vorticoso di emozioni ed avventure. Per Giuliano Monni, direttore generale della Scuola Internazionale di Comics, “la mostra è un’occasione per far conoscere, ad appassionati e semplici curiosi, i talenti napoletani che si impongono nel mondo, per qualità e originalità. Si tratta di disegni unici, esposti per la prima volta, che si affiancano, in parte, alla mostra permanente di tavole che adorna la prestigiosa sede della Scuola”.
la Lettura
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2004-2014 NAPOLI 10 E LODE La nuova proposta della Giammarino Editore
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ieci anni di Napoli. Un Napoli nuovo, rinato dopo le vicende giudiziarie legate al fallimento e riportato, in tempi brevi, sui massimi palcoscenici internazionali. La
storia di questo nuovo Napoli, targato Aurelio De Laurentiis, è stata raccontata nel volume “20042014 Napoli 10 e lode”, realizzato a più mani da un gruppo di undici giornalisti coordinati dalla Giammarino Editore, con la prefazione di Vittorio Raio. Presentato all’Una Hotel di Piazza Garibaldi lo scorso 24 settembre, è uscito, nelle migliori edicole e librerie in occasione dell’anniversario della prima partita ufficiale giocata dal Napoli (26 settembre 2004, allo stadio San Paolo contro il Cittadella). Insieme agli autori sono intervenuti anche quattro
ex azzurri, protagonisti della prima fase della rinascita azzurra: Francesco Montervino, Gennaro Scarlato, Nicola Mora e Gennaro Iezzo. “Quello che racconta il libro è che il Napoli è più di una squadra, è il braccio operativo dell’identità del territorio”, ha sottolineato Gino Giammarino. Emozionanti anche le parole dei veri protagonisti di quegli anni: “Grazie per avermi fatto
rivivere anni straordinari per questa città – ha spiegato Montervino -, aver fatto parte della storia del Napoli è motivo di orgoglio e soddisfazione”. “Essere stato il primo capitano del nuovo Napoli è stata un’esperienza unica – ha aggiunto Scarlato -. I ricordi sono quelli che restano e fa piacere ritrovarli in un libro come questo”. Quindi Gennaro Iezzo: “Ho alcuni ricordi indelebili legati alla
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39 mia esperienza da calciatore del Napoli. Il primo è quando ero in auto verso Castelvolturno per firmare il contratto, il mio procuratore mi prese per pazzo perché mi rifiutai di rispondere a telefono a quelli dell’Aek Atene che mi offrivano cinque anni di contratto e la possibilità di giocare in Champions: gli ho risposto che non aveva idea di cosa significasse per me giocare nel Napoli, anche in C. Il secondo è invece la prima partita casalinga al San Paolo. Ero sempre stato dietro quella porta, in curva tra i tifosi. Mi emozionai quando mi ritrovai
davanti ai pali”. Infine Nicola Mora: “Fa piacere ricordare i momenti che hanno visto la nascita e la crescita del nuovo Napoli, soprattutto guardando a ciò che è diventato ora”. L’opera è suddivisa in stagioni e in ognuna, oltre al racconto di quanto avvenuto nel corso del campionato e delle coppe, si possono trovare immagini, aneddoti e curiosità sugli aspetti agonistici e su tutto quello che è ruotato intorno al Napoli in questo decennio. Per gli amanti delle statistiche sono stati riportati tutti i tabellini e le classifiche di queste dieci
stagioni, per una raccolta completa dei primi successi del Napoli di De Laurentiis. Ogni anno, inoltre, sono raccontate le storie di alcuni dei protagonisti che hanno lasciato un segno nella storia recente della società, dai primi calciatori che hanno calcato i campi della serie C ad allenatori e dirigenti che si sono succeduti nel corso degli anni nella società azzurra, per un totale di 31 schede. Non manca un passaggio su tutti i personaggi che, pur nell’ombra, sono stati determinanti per la crescita della società, dai medici agli esperti della comuni-
la Lettura cazione, dai tecnici ai dirigenti, con un focus speciale sulla “famiglia allargata” di questo Napoli, con le figure del presidente Aurelio De Laurentiis, della moglie Jacqueline, del figlio Edo, del dirigente Alessandro Formisano e di Gianluca Grava, l’uomo della continuità di questi dieci anni, dal campo alla scrivania, insieme a una scheda sui tanti azzurri che hanno partecipato all’ultimo Mondiale in Brasile, portando il nome di Napoli sempre più in alto in campo internazionale.
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la Storia
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LE COLPE DEI BORBONE Ultimo appuntamento
opo la prima guerra d'indipendenza sopraggiunse u n ’ a l t r a necessità, non solo strategico-politica ma anche economica: il Piemonte era indebitato con le banche di mezza Europa, ma l’esposizione maggiore, ovvero il maggior debito lo aveva contratto con le banche inglesi (grazie anche all’avallo di alcuni potenti personaggi della massoneria britannica) e con quelle francesi facenti tutte, o quasi, capo alla potentissima famiglia ebrea dei Rothschild di Francoforte. L'entità del debito contratto da Carlo Alberto (a cui fu fatto credere di poter scacciare l'Austria dal Nord Italia ed altresì fatto intravedere un fattibile progetto di espansione...) aveva assunto dimensioni plane-
tarie rispetto alle possibilità economico-finanziarie del minuscolo Piemonte, ma gli inglesi lo accordarono artatamente in quanto, da una parte il progetto “Mediterraneo sotto con-
trollo” era già in atto e, dall'altra - ai fini della ratio Geo-Politica Europea occorreva creare problemi all'Impero Austro Ungarico. Pertanto non potendolo fare con un’azione militare di terra, che sarebbe risultata perdente, gli inglesi la tentarono, riuscendoci, utilizzando i Savoia - come dice il vecchio proverbio a mo’ di zampa del gatto per togliere la ... castagna dal fuoco! Alla fine, l'operazione Italia, solo apparentemente fu vinta dai Savoia, in quanto ciò fu vero appannaggio inglese che con una sola fava (il Regno di Napoli) prese tre piccioni: il dominio nel mediterraneo (mantenuto fino al 2° dopoguerra mondiale); il rimborso dei capitali prestati al Piemonte ed infine il ridimensionamento dell'Austria. Questa operazione, che al
chiere Europeo) l'Inghilterra e soddisfare i banchieri inglesi e francesi e, udite udite, anche un microbo di banchiere genovese tal Carlo Bombrini che, in qualità di presidente e direttore centrale della Banca di Genova, nel 1848 approvò la concessione di un prestito al governo sardo di 20milioni di lire. E Re Ferdinando? Calma, calma, non le abbiamo dimenticate le sue “colpe”. Abbiamo dato la precedenza a Re Francesco semplicemente perché il suo regno è durato quanto la vita di una farfalla, al contrario del padre, Re Ferdinando, che, come accennato un po’ di pagine prima, ha regnato dal 1830 al 1859 e, quindi, ne ha viste di tutti i colori.
LUCIANO SALERA
pubblico osservatore doveva apparire come la romantica opera di democratizzazione della Penisola ed annessa “cacciata dei tiranni”, non fece altro che rafforzare (nello scac-
Il suo credo, comunque, è sempre stato quello dell’indipendenza napoletana, indipendenza (secondo lui) ben protetta dall’acqua salata e dall’acqua santa! Questo la dice lunga su come Re Ferdinando ed i suoi predecessori si siano posti nei confronti degli avvenimenti che hanno sconvolto l’Europa: dalla Rivoluzione francese, alla Repubblica partenopea ed ai moti liberali che dal ‘20/21 si sono succeduti fino al 1831 ed al ‘48/49. Successivamente, è stata ugualmente ignorata o sottovalutata tutta l’intera fase preparatoria alla conquista del Sud: dall’avvento in politica di Cavour nel 1852, alla guerra di Crimea 1854/55, al fatidico 1859, che, tra l’altro, con la
prematura morte di Re Ferdinando rappresenta l’anno della svolta definitiva per la decisa eliminazione dalla carta geografica europea delle Due Sicilie. La colpa maggiore attribuita a Re Ferdinando è di non aver capito nulla di come si andava trasformando l’Europa a seguito della Rivoluzione francese e dell’avvento delle nuove concezioni filosofiche che
prolificavano grazie al moltiplicarsi delle società segrete politicamente impegnate ad abbattere quello che comunemente veniva chiamato “ancien régime”.
Ferdinando II restò insensibile a tutta questa smania rinnovatrice, ma perché, secondo voi fu insensibile alle istanze che provenivano dai democratici progressisti dell’epoca? Sia chiaro che non posso scrivere più di tanto per spiegare quel che accadde, posso solo accennare peraltro brevemente - ad alcuni episodi che furono condizionanti per le scelte attuate da Ferdinando II di Borbone. Trascurando - per motivi di brevità del racconto - tutto quanto accaduto nei rap-
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41 porti sempre più tesi tra Chiesa cattolica e Massoneria caratterizzati da una serie ininterrotta di condanne da parte dei Pontefici, da Clemente XII (1737) a Benedetto XIV (1751) da Pio VII (1821) a Leone XII (1825) nei confronti di tutte le società segrete in quanto tali fino ad arrivare a Pio IX autore di una vera e propria valanga di documenti che condannano la massoneria e che possono sintetizzarsi in 11 encicliche, 53 lettere brevi, 33 tra allocuzioni e discorsi, 19 documenti maggiori di curia. Tutto questo, è facile immaginarlo, provocò una vera e propria reazione anticlericale che, a sua volta, ottenne come risultato opposto la condanna ecclesiastica di Massoneria, Carboneria, Giovane Italia mazziniana e di quante altre associazioni o società più o meno segrete ci fossero in circolazione ed impegnate (a modo loro) per un rinnovamento politico e religioso.
Stando così le cose, sapendo che Ferdinando II era un Re cattolicissimo, assai devoto al Sommo Pontefice e legatissimo ed osservante ai suoi insegnamenti come è possibile immaginare che Re Ferdinando con quel po’ d’ira di Dio che Pio IX aveva scatenato contro liberali ed organizzazioni segrete, potesse rinnegare tutti i suoi convincimenti ed accogliere le istanze delle rivoluzioni che andavano infiammando Europa ed Italia in quegli anni. Se lo avesse fatto non sarebbe stato Ferdinando II, sarebbe stato un altro Monarca certamente non cattolico. Eppure fu Ferdinando II e
non Carlo Alberto di Savoia a concedere la prima Costituzione ad uno Stato Italiano. Mi chiederete: e che fine fece? Fece la fine che Ferdinando, disilluso dall’ingratitudine e dallo sleale comportamento dei liberali napoletani, ritenne di farle fare. La tolse di mezzo! Purtroppo, come abbiamo visto precedentemente, la riesumò suo figlio, commettendo una sciocchezza di tale gravità da essere imperdonabile.
Ma a parte la storia che non regge del mancato intuito dei Borbone a capire e ad allinearsi ai cambiamenti epocali che andavano verificandosi in Europa, l’errore grave, la colpa seria da attribuire a Ferdinando II è, a mio modo di vedere, quella di non aver saputo approfittare dell’occasione offerta dalla Guerra di Crimea.
Non è vero che Cavour seppe afferrare al volo l’occasione dell’imminente conflitto per utilizzarlo a suo uso e consumo (come da sempre sostiene la vulgata nella sua diuturna opera di esaltazione di tutto quanto è stato “risorgimeno piemontese”) ma è vero, al contrario, che quel più che modesto rappresentante di un Regno insignificante che in Europa non contava assolutamente nulla se non come fattorino-esecutore delle disposizioni che provenivano da Londra, fu “invitato” a partecipare a quella guerra, invito tutt’altro che disinteressato come vedremo, ma finalizzato alla già citata operazione “Mediterraneo sotto controllo”. Occorre tener presente che l’appoggio morale e
la Storia
materiale dato da Lord Russel a Cavour nei momenti più critici delle vicende che caratterizzarono i cinque anni dal 1856 al 1860 condizionò, a favore del Piemonte, l’atteggiamento di tutto il Parlamento inglese.
Lo storico inglese George Macaulay Trevelyan afferma che è merito del Parlamento inglese aver portato a compimento il progetto “soluzione unitaria italiana” e, in tale contesto va collocata anche la partecipazione del Piemonte alla Guerra di Crimea.
L’Inghilterra, infatti, propone al primo ministro sardo di partecipare al conflitto e Cavour, bravo ed opportunista, non si fece pregare due volte ed aderì. Al contrario accadde per le Due Sicilie, ecco la vera grande colpa di Ferdinando II che ad analogo invito rispose con un cortese rifiuto. Non so se qualcuno sia a conoscenza dell’episodio che mi accingo ad esporre quale atto d’accusa. È argomento di primaria importanza. Napoleone III, per sue esigenze militari, provò a coinvolgere Ferdinando II nella guerra di Crimea. All’imperatore dei francesi avrebbe fatto comodo disporre, come basi logistiche della sua flotta militare, dei porti di Messina e di Brindisi. Ah! Ferdinando, Ferdinan-
do, cosa mai combinasti. Declinasti l’invito! E perché? Non ti passò, per la mente, che dando due porti in uso a Napoleone per un po’ di tempo ed allestendo un contingente di qualche migliaio di uomini, avresti partecipato anche tu, quale vincitore alla pari di Cavour, al tavolo del Congresso di Parigi che seguì immediatamente dopo la fine della guerra di Crimea? Errore colossale questo, che se evitato, sarebbe bastato un minimo di lungimiranza, avrebbe consentito alle Due Sicilie di partecipare in prima persona ai tavoli intorno ai quali fu discussa ed approvata la “Questione Italiana” sottoposta alle grandi potenze dal malaticcio Cavour ovvero la eliminazione delle Due Sicilie prima e dello Stato Pontificio dopo. Ecco quello che non capì Ferdinando II di Borbone Re delle Due Sicilie, per il resto, almeno per come la vedo io, si tratta soltanto di chiacchiere e ... tabacchere ‘e lignamme!
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Appuntamenti del meridionalista OSPEDALE SAN CARLO DI POTENzA, UNA MOSTRA SULLA SUA STORIA DAL 22 OTTOBRE Mostra documentaria organizzata dall'Archivio di Stato di Potenza presso il Museo Archeologico provinciale. Considerata la lunga storia dell'Ospedale, istituito da Murat in un convento originariamente castello, sarà di sicuro stimolante. A ROMA SI PARLA DI CRESCITA
Energia, acqua, rifiuti e infrastrutture: i servizi pubblici locali alla sfida della crescita Roma, 14 ottobre 2014 - ore 9.00 Istituzioni, aziende e investitori a confronto sui temi più rilevanti del settore. Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari, Via Campo Marzio 78 Legge di stabilità, aggregazioni, razionalizzazione delle partecipate, ruolo del Mezzogiorno. SABATO 18 OTTOBRE
l Comitati Due Sicilie sezione di Roma presenteranno, in collaborazione con la pagina Secessione per il Sud, il libro di Gennaro De Crescenzo, Presidente nazionale del Movimento Neoborbonico "Il Sud dalla Borbonia felix al carcere di Fenestrelle. Perché non sempre la storia è come ce la raccontano”. Indrodurrà l’evento il referente CDS per Roma Carlangelo Chiarandà. Interveranno l’avv. Rocco Bruno Condoleo, Pino Smiraglia,Mariano Palumbo, Fiore Marro, presidente nazionale dei CDS. L’evento avrà luogo a Roma presso l’hotel Bellambriana in Via Luca Passi 6 alle ore 18.00.
NAPOLETANI EN BARCELONA
Il documentario Martedì 21 ottobre dalle ore 17.30, sala PAN, Palazzo delle Arti di Napoli, via dei Mille 60, proiezione del documentario “Napoletani en Barcelona” del documentarista e sociologo visuale Marco Rossano.
XXI GIORNATE DI STUDIO NORMANNO-SvEvE (13/14 OTTOBRE).
Organizzate dall'Università di Bari, quest'anno si svolgeranno nel castello di Melfi. I convegni in programma saranno dedicati alla presenza normanna nel Sud Italia ed, in particolare, approfondiranno il tema dell'incontro di popoli e culture nel Mezzogiorno medievale. Interverranno accademici di tutto rilievo provenienti da diversi atenei italiani e stranieri.