Basic Design 1+2 - ISIA Firenze A.A. 2019/2020 - Giulia Manghi - Doc. Francesco Fumelli

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emerge GIULIA MANGHI

CORSO BASIC DESIGN A.A. 2019/20



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la rivista

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composizione

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carlo mollino

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prefazione introduzione

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analisi compositiva il formato le griglie progetto grafico esempi di impaginazione scelta dei caratteri e stili elaborazione della copertina scelta del titolo

introduzione opere bisiluro

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tangram

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la coperta di linus

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logotipi

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introduzione tavole singole impaginato tangram

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introduzione l’elaborato moodboard la sfilata

introduzione storica tipologie alfa romeo logo Geometrico logo Natura logo Acronimo logo Simbolico logo Libero

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immagine coordinata

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ambigue percezioni

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il tema biglietto da visita carta intestata buste supporti vari sito web

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introduzione le leggi gelstaltiche della configurazione illusione ottiche elaborati oggetto impossibile

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prossemica introduzione la bolla distanze prossemiche

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errori di progettazione

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taglia e piega

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panca

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magic mouse apple chiave volkswagen

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esercitazione A esercitazione B esercitazione C

legno studi preliminari e bozzetti proposta finale incastro scheda tecnica

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ready made

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elementi di informatica

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infografica

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introduzione storica l’elaborato

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introduzione elaborati

raccolta dati elaborato

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LA 00 RIVI STA



la rivista prefazione

Ci alimentiamo delle contraddizioni del presente, altre volte reagiamo alle sua aporie, cercando di produrre un ragionevole senso nelle nostre azioni. La figura del progettista odierno, come enunciato da Joseph Huizinga, è esemplificabile nel connubio sinergico di homo faber e homo ludens, che va cercando di mantenere quella sorta di surplus estetico e semantico nel suo operato. Nel tentativo di intrattenere una carriera progettuale, mettiamo al vaglio e al giudizio i nostri tentativi classificatori e semplificatori, cercando di rincorrere delle azioni tendenziose. L’azione sia progettuale che comunicativa deve esemplificarsi in azioni di essenzialità, determinando realtà chiare, esaurienti e soddisfacenti (talvolta servendosi di convenzioni riconoscibili); è importante far si che si determini un’incisività di attinenza ed integrità. Nel conseguimento del percorso didattico e progettuale è preponderante

comprendere la necessità di trattare un’operato scolastico come un’ipotesi fattibile e reale, discussa fin nei minimi dettagli, posta al vaglio analitico fino alle sue estreme conseguenze. Nella progettazione, assume una posizione parallelamente preponderante la trasmissione concettuale, o la comunicazione; qualsiasi cultura consenta una definizione consapevole di forme nell’ambito della produzione in serie o dello sviluppo di un contesto, possiede una componente grafica attraverso cui venga esibita un’ipotesi, rispettando la natura e lo scopo primario del lavoro. Nel percorso di accrescimento progettuale auspicato dal percorso concettuale del basic design, è preponderante un accrescimento e un’alimentazione della consapevolezza critica, incoraggiare l’indagine, promuovere attitudini e comportamenti creativi; conferire all’individuo le basi di uno status adeguato nell’estensione della propria energia

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creativa, e la comprensione del processo utile a mettere in atto un miglioramento qualitativo mediante un percorso progressivo che parta dall’accezione generale di design: una realtà inclusiva, abile di creare connessioni nei più disparati ambiti del sapere. Il basic design si basa sull’approccio didattico propedeutico, connaturato dalle scuole del Bauhaus di Weimar e la Hochschule für Gestaltung di Ulm, il cui scopo era quello di determinare un azzeramento di alcun tipo di pregiudizio della ricerca e della sperimentazione progettuale, parallelamente ad un arricchimento di un corpus conoscitivo. In conclusione il basic design, a mio avviso, prefigura una realtà in cui convergono e si concatenano ricerca formale ed espressiva, progetto ed insegnamento, conoscenza tecnica e scientifica.


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la rivista introduzione

In questo volume saranno presentate e affrontate tematiche della ricerca formale, estetica e morfologiche nei più disparati ambiti, toccando realtà propedeutiche all’accrescimento delle facoltà che delineando la figura del progettista. Per quanto concerne il titolo, che va a presentare questo elaborato, come un riferimento illusorio alla necessitò di saper emergere, ma al contempo far emergere le proprie qualità, conoscenze ed obbiettivi. Il logo “emerge” che accompagna quest’ultimo, trasfigurato ed alterato, vuole simbolizzare l’andamento eterogeneo di tale percorso. La rivista analizza e presenta esercitazioni svolte allo scopo di sensibilizzare lo studente ai processi competitivi, ricercando forme che si adattino agli scopi comunicativi richiesti.

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COM POS IZIO NE 01



la rivista composizione

La grafica nella su accezione moderna, si occupa della progettazione di messaggi in cui spesso sono presenti sia la parola scritta, sia l’immagine. Il progetto grafico varia notevolmente in relazione alla tipologia del prodotto finale. Tale progetto grafico viene processato in modo graduale, attraverso una trattazione e correzione progressive, finalizzate ad ottenere una comunicazione chiara ed efficace del messaggio. Esso deve facilitare la fruizione immediata della pagina ed indicare un chiaro percorso di lettura. Componente preponderante all’interno di un progetto editoriale, è il testo. Il testo, l’unità fondamentale della comunicazione linguistica, si definisce per la sua natura funzionale (persegue uno scopo comunicativo globale) e semantica (il suo significato è unitario e strutturato). Parallelamente al testo è necessario trattare e curarne la disposizione. Preponderante la composizione, la quale va

ad indicare la disposizione di elementi all’interno di un campo visivo, e ne condiziona notevolmente il peso visivo e l’equilibrio. Si tratta di un complesso esemplificativo di una strutturazione geometrica armonica; la geometria in questo ambito è connaturata come elemento inscindibile del prodotto, al fine di ottenere delle corrispondenze armoniche.

Alla base della comprensione del concetto stesso di armonia e disposizione armonica, è rilevante citare la sequenza di Fibonacci. La successione di Fibonacci è una successione lineare e omogenea, definita nel modo seguente: C0=0, C1=1, Cn=Cn-1+ Cn-2 ... Ogni termine è quindi somma dei due termini che lo precedono: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233, … Il secondo strumento essenziale al fine di ottenere una composizione armonica,

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è la spirale logaritmica. La spirale logaritmica si basa su un rapporto costante tra i raggi consecutivi. Il rapporto aureo è quindi l’anello di congiunzione tra la natura e la matematica, il punto di incontro tra la suprema armonia del cosmo e il modello che lo rappresenta. “La tipografia sta alla letteratura come l’esecuzione musicale sta alla composizione. Il tipografo deve analizzare e rivelare l’ordine interiore del testo, come un musicista l’ordine interiore della musica che esegue. L’esecuzione tipografica deve rivelare non sostituire il senso profondo della composizione. I tipografi come altri artisti e artigiani devono, di regola, fare il proprio lavoro e poi scomparire” Robert Brighurst, Gli elementi dello stile tipografico, 1992.


la rivista

formato e margini

A4

A4

297mm

12,7mm

210mm

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griglie

mastro di base

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griglie

mastro di inizio capitolo

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griglie

disposizione contenuti

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copertina progettazione

L’intento di base, durante la progettazione della copertina, era quello di rispecchiare al meglio i concetti precedentemente enunciati nella parte introduttiva. La rivista è stata progettata sin dall’inizio in formato A4 verticale. Nella prima proposta è stato riprodotto il logo “emerge” in tutta la pagina, andando a creare un pattern; esso è sovrastato da una cornice che permetta la visibilità del titolo della rivista. La seconda proposta viene minimizzato l’eccesso della prima; il pattern è raffigurato in minori dimensioni; quest’ultimo ed il titolo risaltano e prevaricano maggiormente.

emerge

emerge

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font

introduzione

Il font utilizzato per le colonne di testo e nelle didascalie all’interno della rivista, è “Garamond” con corpo 10 pt. e interlinea 13 pt. I font utilizzati per il titolo della copertina, i titoli e capitoli è “Futura”. Per la copertina è stato utilizzato un corpo 48 pt. in medium italic, per i capitoli un corpo 200 pt. bold, per i titoli un corpo 36 pt. e per i sottotitoli un corpo 18pt. medium.

titolo copertina Futura medium italic corpo 48 pt.

CAPITOLI Futura bold corpo 200 pt.

titoli

Futura medium corpo 36 pt.

sottotitoli Futura medium corpo 18 pt.

corpo testo Garamond regular corpo 10 pt.

didascalie

Garamond regular corpo 8 pt.

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CARLO MOL LINO

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carlo mollino introduzione

Carlo Mollino nasce a Torino, figlio unico dell’ingegnere Eugenio Mollino, da cui eredita «il perfetto mestiere del costruire e quella poliedricità dei suoi interessi che ne determineranno lo stereotipo di genio e sregolatezza, mai abbandonato» (E. Tamagno).

gli scritti di Xavier de Maistre, come “Voyage autour de ma chambre”.

Figura esemplificativa del progresso dal punto di vista tecnologico e performante dei materiali. A lui si deve l’innovazione della curvatura a freddo del legno compensato; tecnica che rimarrà però relegata alla realtà del mobile “pezzo unico” e d’arredo. L’idea di ambiente come scenografia dell’esistenza in cui appaiono chiaramente le suggestioni di tipo surrealista ed esoterico, rimane per Mollino l’interesse e l’obbiettivo principale di tutta la sua progettazione . La sua più grande eredità per il design italiano rimarrà l’estrema libertà formale, che si dissocia e distacca dalla logica industriale. Egli detiene un approccio quasi letterario; per lui di grande ispirazione

L’attività del Mollino-designer rappresenta un capitolo ben definito della sua carriera e ha inizio nel 1937 con i primi incarichi di progettazione e sistemazioni di interni, riallestimento di appartamenti e disegni di oggetti di arredo. Molti degli arredi prodotti in quegli anni testimoniano una ricerca nell’ambito dell’architettura spontanea, rivolta soprattutto ad un trattamento artigianale dei materiali, e che esprime le sue passioni per lo sci e la montagna.

Per percepire nella sua interezza le architetture di Mollino, devono essere concepite nel loro insieme, come un corpo unico sinergico.

Rigorosamente educato come ingegnere, Mollino, anticonformista e inquieto genio solitario, intende la vita con finalità creativa. Designer, progettista d’interni, scrittore, architetto e fotogra-

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fo, ma anche sciatore, automobilista e pilota di aerei, è tra le menti più geniali e poliedriche del XX secolo. Tra le sue varie invenzioni compare, il Bisiluro Damolnar (1955), auto da competizione con cui supera la selezione della 24 Ore di Le Mans. A lui il merito del progetto del Teatro Regio, la realizzazione dell’Auditorium RAI e della Camera di Commercio della città sabauda. I suoi pezzi unici di design, esposti nei più importanti musei del mondo come il Victoria and Albert di Londra, il Brooklyn Museum di New York, il Vitra Design Museum di Weil am Rhein, sono espressione di uno studio meticoloso, sia nella progettazione di elementi innovativi sia nella loro resa perfetta. Le sue creazioni soventi s’ispirano al corpo femminile: immagini sinuose come i corpi delle modelle che era solito immortalare. Ed è proprio alla fotografia che Mollino ha sempre riservato un ruolo privilegiato, intendendola


come mezzo espressivo e strumento di costruzione del proprio quotidiano. Polaroid senza firma: espressione di un ulteriore aspetto inedito del suo animo, più che opere d’arte nell’accezione più usuale del temine.

Chiar A & C Minola House 1946

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carlo mollino opere

A contribuire alla riscoperta delle opere di Carlo Mollino, a partire dal 1982, è anche la messa in produzione da parte di Zanotta di svariati pezzi da lui disegnati tra gli anni ’40 e ’50, la maggior parte ancora oggi a catalogo: la sedia Fenis che Mollino ideò per la Facoltà d’Architettura di Torino (impiegata anche negli interni di Casa Provera), un re-design delle sedute valdostane; lo specchio Milo (progettato per Casa Miller) che riproduce la silhouette della famosa Venere; la testiera a specchio Erodia, studiata per Casa Devalle; il comodino Carlino, primo pezzo disegnato da Mollino nel 1933; le poltrone Ardea e Gilda, che riprendono lo stile eclettico dell’autore; il tavolino Arabesco, che ebbe alcune versioni per il negozio Singer e poi per Casa Orengo, prima di essere realizzato da Zanotta con le attuali sagome curvate in multistrato di rovere e cristallo; la scrivania Cavour; il tavolo Reale, rieditato nel 1990 sempre da Zanotta su progetto di Mollino, che nel 1947 lo aveva disegnato per gli

uffici della Reale Mutua assicurazioni di Torino, e in cui forse si trovano riunite armoniosamente le qualità plastiche e sperimentali di Mollino, fondendo elegantemente l’organico e l’ingegneristico.

Lampada Cadma 1947

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Tra le sue opere distintive, “Arabescoâ€?. La sua forma è dettata non da una funzione particolare, ma da una reminiscenza. Il ripiano in vetro prefigura una sagoma che va a ricalcare un corpo femminile. Qui la struttura diventa sostanza: un foglio di compensato si flette libero nello spazio, in un gioco di curve e contro-curve che contribuiscono a irrigidirlo. I punti di appoggio a terra sono precisi, definiti ora con puntali di ottone, ora con le forme del compensato stesso rese affusolate. I fori che scarnificano la struttura lignea sono di alleggerimento visivo oltre che di sfida costruttiva, mentre la loro linea fluida impedisce l’innescarsi di eventuali fessurazioni. I piani di cristallo, dalle forme che alluduno ad altri mondi, collaborano costruttivamente alla tenuta del sistema, fungendo da tiranti che impediscono al tavolino di spanciarsi sotto carico. Carlo Mollino ingegnere honoris causa.

Tavolo Arabesco 1949

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carlo mollino bisiluro

Bisiluro, automobile da lui progettata insieme a Mario Damonte ed Enrico Nardi, con la quale aveva partecipato alla “24 ore di Le Mans” nel 1955. La Bisiluro mira a sfruttare il vantaggio che può essere dato in gara dall’efficienza aerodinamica. Mollino inverte la normale progettazione di un’auto, adattando lo chassis alla forma della carrozzeria. Perfino lo specchio retrovisore è retrattile tramite un comando interno; viene progettato un freno aerodinamico: c’è un pedale aggiuntivo per far decelerare il veicolo senza sforzo. In gara l’auto segna la velocità media sul giro di 148 km/h. Forse, ciò che più ci affascina di questo progetto, è che sia stato invertito il senso di progettazione dell’auto: prima si è pensato a creare il “guscio estetico”, poi a riempirlo delle tecnologie. Il motore è stato quindi scelto in un secondo momento e, in base alla forma creata, si è poi pensato alla struttura meccanica come l’impianto frenante e di distri-

buzione. Al fine di ottenere un sottile profilo alare, Mollino modellò il volume centrale della vettura fino a concepire un progetto totalmente assimetrico composto da 2 carlinghe separate collegate mediante un piano longitudinale a profilo alare che copriva un telaio tubolare a traliccio che si rifaceva ad alcuni disegni della FIAT 1100 e della Lancia Appia. Nella fusoliera di destra trova posto sia il pilota, sia il capiente serbatoio del carburante mentre, in quella di sinistra è montato il motore con il sistema di trasmissione. Nel piano centrale, si nota un ampio radiatore in ottone di tipo aeronautico costituito da uno scambiatore termico acqua-aria fatto di sottili lamelle di rame. Si trattò di una vera e propria innovazione stilistica in quanto Mollino, anziché utilizzare i classici radiatori dell’epoca a nido d’ape che incontravano l’aria e frenavano la macchina, disegnò questo radiatore con tubi a forma di ala di

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aereo, forse quanto di più aerodinamico conosciamo a oggi. Nella parte davanti dei due siluri si notano due fanali di forma circolare mentre i due fanalini di coda si trovano sul bordo d’uscita del piano centrale. La vettura è dotata di sospensione anteriore a foderi verticali e di un retrotreno a ponte rigido con doppi ammortizzatori su ambo i lati. L’ abitacolo vanta un sedile in pelle nera, un cruscotto di colore azzurro con 3 quadranti circolari e un volante a 3 razze con profilo a cerchio tronco ovalizzato nella parte inferiore.Questo volante, dal design firmato da Enrico Nardi, fu pensato sia per facilitare l’inserimento delle gambe del pilota sia per riuscire ad abbassare il piantone dello sterzo in modo significativo.



TA NG RAM 03


M


tangram introduzione

Il tangram (七巧板 ) è un antico gioco di origine cinese, ottenuto scomponendo un quadrato in sette parti dette tan: un quadrato, un romboide, e cinque triangoli rettangoli isosceli, di cui due grandi, uno medio e due piccoli; la sua origine etimologica è ancora sconosciuta. L’obbiettivo primario è quello di ottenere vari morfemi impiegando tutte e sette le figure del tangram. Una caratteristica notevole di molte figure tangram è quella di suggerire all’immaginazione molto più di quanto effettivamente rappresentano: di fatto si tratta di illusioni ottiche; le figure tangram nella loro essenzialità ed efficacia offrono una ricchezza percettiva simile a quella della pittura zen che si basa sull’idea che “la tavolozza della mente è più ricca di quella del pennello”.

T A N G 七巧板 R A M

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esercitazioni prima esercitazione

Nella prima esercitazione in un formato A4 verticale e partendo da un tangram tradizionale era necessario definire una storia dove dei personaggi costruiti ognuno con tutti i pezzi del tangram (le 7 parti per ogni figura) componessero una storia di fantasia.

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esercitazioni seconda esercitazione

In un formato A4 verticale e partendo da un tangram tradizionale realizzare 4 diverse tavole “tematiche”. Ognuna inscritta dentro un quadrato con lato di 20 cm. E’ possibile usare tutti i 7 pezzi del tangram liberamente (anche più copie della medesima forma) ed è possibile colorare liberamente sia le forme tangram che lo sfondo che le contiene. Con queste istruzioni costruire delle tavole grafiche che restituiscano queste sensazioni: - stabilità e bilanciamento - calma e rilassamento - dinamismo - rabbia

CALMA E RILASSAMENTO GIULIA MANGHI

RABBIA

GIULIA MANGHI

DINAMISMO GIULIA MANGHI

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esercitazioni terza esercitazione

Utilizzando i pezzi del tangram è stato richiesto di rappresentare al meglio il tema: Questo sono io.

QUESTO SONO IO GIULIA MANGHI

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esercitazioni impaginazione

I H G AN M A LI IU G

0 02 -2 19

Il tangram ( 七巧板 ) è un antico gioco di origine cinese, ottenuto scomponendo un quadrato in sette parti dette tan: un quavvvdrato, un romboide, e cinque triangoli rettangoli isosceli, di cui due grandi, uno medio e due piccoli; la sua origine etimologica è ancora sconosciuta. L’obbiettivo primario è quello di ottenere vari orfemi impiegando tutte e sette le figure del tangram. Una caratteristica notevole di molte figure tangram è quella di suggerire all’immaginazione molto più di quanto effettivamente rappresentano: di fatto si tratta di illusioni ottiche; le figure tangram nella loro essenzialità ed efficacia offrono una ricchezza percettiva simile a quella della pittura zen che si basa sull’idea che “la tavolozza della mente è più ricca di quella del pennello”.

In un formato A4 verticale e partendo da un tangram tradizionale realizzare 4 diverse tavole “tematiche”. Ognuna inscritta dentro un quadrato con lato di 20 cm. Ognuna in un diverso documento o tavola Illustrator. E’ possibile usare tutti i 7 pezzi del tangram liberamente (anche più copie della medesima forma) ed è possibile colorare liberamente sia le forme tangram che lo sfondo che le contiene. Con queste istruzioni costruire delle tavole grafiche che restituiscano queste sensazioni: - stabilità e bilanciamento - calma e rilassamento -dinamismo -rabbiav

A.

S.

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ESERCITAZIONI TANGRAM-STYLE

TANGRAM

TANGRAM ILLUSTRATION

ESEMPI MORFEMI

DINAMISMO

DINAMISMO

Il DINAMISMO è concepito come un insieme di forme regolari, le quali, mediante sfumature e agglomerazioni dettate da morfemi specifici, rendano un senso di movimento e di volumetria.

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CALMA E RILASSAMENTO

RABBIA

RABBIA

GIULIA MANGHI

La RABBIA può essere espressa in moltplici modi che si distaccano dalla violenza; può esservi una risposta emotiva differente: di rabbia con se stesso, che innesca il pianto. Il gesto è accostato alla reazione nei confronti di uno sbaglio, un errore personale, “prendersela con se stessi”. Ho voluto esemplificare questo concetto mediante un esempio: pungersi con una rosa ed autocommiserarsi del proprio errore.

STABILITA’ E BILANCIAMENTO La stabilità e bilanciamento sono concepiti con una rappresentazione di più ballerine, le quali nella danza sono simbolo di equilibrio e compostezza formale.

CALMA E RILASSAMENTO La sensazione di CALMA E RILASSAMENTO è resa mediante una raffigurazione naturale, di uno scorcio montano. Personalemte questo tipo di ambiente conferisce sensazioni di rilassamento. La sensazione è resa anche mediante colori tenui e non vibranti.

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QUESTO SONO IO

Ho

voluto

rappresentare

me

STORIA TANGRAM - STYLE

stessa

mediante

un

paesaggio

natura-

le, penso sia un elemento che mi rappresenti a pieno e a cui, personalmente, sono fortemente collegata anche dal punto di vista emotivo e della mia infanzia.

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Per questa esercitazione era ne-

sia. E’ possible delimitare l’area

cessario realizzare una storia. In

come se fosse un fumetto, ma

un formato A4 verticale e parten-

non è possibile impiegare colo-

do da un tangram tradizionale,

ri o testo. Tutte le forme devno

provare a definire una storia dove

essere del medesimo colore o

dei personaggi costruiti, ognuno

nero, o grigio. Lobbiettivo prima-

con tutti i pezzi del tangram (dun-

rio è che la storia sia leggibile e

que sette parti per ogni figura )

chiara nel suo svolgimento com-

compongano una storia di fanta-

plessivo.

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LIN 04 US



la coperta di linus introduzione

L’espressione inglese security blanket, che dagli anni ‘50 del secolo scorso descrive la copertina o altro panno da cui alcuni bambini non riescono a separarsi e quindi, per estensione, qualsiasi cosa che dà sicurezza, anche in senso astratto. È un concetto popolarizzato dai Peanuts di Charles Schulz, che però aveva smentito di essere lui stesso l’autore dell’espressione.

attraverso un meccanismo illusorio fondamentale per la costruzione del processo di simbolizzazione, ciò che Winnicott chiama “fenomeno transizionale”. Anche in ambito adulto possono crearsi degli affetti con elementi o oggetti, mediante legami o associazioni antropomorfiche di vario tipo; associazioni che vanno a determinare reazioni intrinseche di sicurezza e protezione.

La coperta di linus è talvolta percepita simbolicamente come un oggetto tradizionale nell’infanzia, un oggetto che affianca e rassicura, ma che prefiguri un elemento di successiva maturazione, ed il primo contatto con la realtà. La coperta sta a testimoniare la protezione necessaria per un corretto sviluppo dell’essere umano, non deve essere troppo corta ma neanche troppo soffocante. Essa serve per avvicinarsi gradualmente al mondo degli adulti

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la coperta di linus l’elaborato

Alla base di ogni esperienza personale vi è la presenza intrinseca di un fattore di cambiamento, spesso identificabile come un’evoluzione personale dal punto di vista caratteriale e psicofisico; la diversità di ogni individuo sta in queste differenze riguardanti il nostro passato. Benché differenze, il processo evolutivo alla base di esse, permette di poterle esprimere e comunicare in modo omogeneo, mediante un unico canale espressivo. Ho messo in atto una rappresentazione e l’integrazione dei componenti che vanno a definire delle condizione di sicurezza personali; dal cuore e al suo interno un occhio, che si staglia nei confronti delle piante ed elementi naturali, a simboleggiare un collegamento visivo emotivo con la natura. Di seguito ho voluto inserire la frase “real lies, real eyes, realize”, una frase che ho portato con me crescendo, affiancara da “go with your gut”, rappresentata nel mood board. L’elaborato è stato realizzato attraverso la tecnica del ricamo.

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moodboard elaborati

R

EA

LIZ E E ZIL AE

R

E IIZ ZE L A AL E E R R

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la sfilata conclusione

Come conclusione del progetto è stata realizzata una sfilata, che aveva da sfondo i vari moodboard realizzati dagli studenti ed una scenografia audio-visiva che accompagnava la presentazione del proprio elaborato. Quest’ultima era ritmata da diversi colori e canzoni che si identificassero con i vari “mood” delle nostre creazioni. Esperienza unica, che ha permesso di esprimere a pieno la nostra creatività e ha permesso una maggiore coesione come gruppo.

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LOG OTI 05 PI



logotipi

introduzione storica

Il termine monogramma deriva dal geco mònos, “uno solo”, e gràmma, “lettera”. Esso veniva impiegato sin dall’Antichità per siglare documenti o opere di alto artigianato. All’interno di questo “unico segno”, il monogramma può apparire sotto forma delle iniziali di nome e cognome di in determinato individuo, oppure come logotipo che, solitamente, presentava il nome per esteso. A lettere e parole veniva solitamente affiancato un segno grafico (simbolo o icona, che comunica per somiglianza): ne deriva un disegno unico definito sinteticamente come logo. Logo deriva dal greco λόγος, che significa “parola”, abbreviazione di logotipo (typos in greco significa infatti “lettera”): un simbolo grafico che racchiude lettere e forme che rappresentano un prodotto, un’azienda, un’idea. Non solo, il logo è anche l’emblema dell’ambiente e dell’epoca in cui vivono le persone. L’evoluzione della pro-

gettazione del logo potrebbe essere fatta risalire all’antica Grecia, quando i sovrani e le loro dinastie usavano monogrammi per le proprie monete. La moderna progettazione di un logo però risale al Rinascimento, intorno al XIII secolo. Qui orafi, produttori di carta e molti altri usavano dei segni-stampa in oro, simboli cesellati, filigrana su carta e semplici impronte digitali su ceramica. Oggi tutte le aziende usano un segno, un’icona, un simbolo o una combinazione di questi come logo: sicuramente è uno degli aspetti che più caratterizzano la società moderna e quella del recente passato. Oggi sono ovunque: sulle riviste, sul web, sui nostri smartphone. Logo oggi significa branding: anche se il concetto stesso è abbastanza recente il primo marchio brevettato risale al 1875 in Gran Bretagna. Fu la birra Bass Pale Ale a farlo: Il suo design semplice e l’iconico triangolo ha aiutato Bass a diventare il primo produttore di birra nel 1890, citata esplicitamente anche da

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James Joyce nell’Ulisse. I simboli grafici di cui siamo testimoni oggi sono la risposta a numerose tecniche grafiche studiate ed implementate negli ultimi duecento anni. Dall’Art Nouveau e stile liberty al flat design che va tanto di moda oggi, scopriamo l’evoluzione che ha avuto il logo per capire il passato e il presente attraverso questi potenti simboli.


logotipi tipologie

Logo Dal greco logos (parola, discorso). È la parte leggibile e pronunciabile di un marchio, il segno alfabetico con cui si scrive il nome della marca. In pratica la firma visiva di un brand. Il logotipo è un segno verbale che appartiene ai logogrammi e la comunicazione visiva classifica i logogrammi in: “monogrammi” (quando è presente un unico segno), “tipogrammi” (quando i caratteri sono già esistenti), “logotipi” (quando i caratteri sono nuovi, ideati ad hoc). Ogni logotipo ha infatti un particolare lettering, cioè un carattere tipografico (font).

Marchio Nella comunicazione visiva si definisce marchio un elemento che fa parte del logo e, in particolare, quel segno che rende riconoscibile l’azienda (marchio di fabbrica), un prodotto o un servizio (marchio di prodotto). Esso può essere reso sotto forma di icona, o ricorrendo ad una forma geometrica, od un segno astratto.

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Pittogramma Pittogramma, è la parte simbolica di un marchio, l’emblema non leggibile e non pronunciabile che rimanda all’impresa. Il pittogramma riproduce graficamente l’oggetto rappresentato. I pittogrammi si dividono in “ideogrammi” (segni astratti) e “iconografici” (segni somiglianti).


logotipi tipologia

Logo testuale

Logo simbolico

Logo mascotte

Uno dei tipi di logo più comuni è quello testuale, che consiste nell’incorporare il nome dell’azienda o del brand in uno stile di caratteri unico, il quale può essere dato da migliaia di varianti. Le varianti possono includere anche lettere disegnate a mano, caratteri o simboli che sono stati ideati in modo da intrigare chi li guarda e catturare l’interesse. Anche le immagini possono essere integrate in questo tipo di logo, ottenendo spesso un grande effetto visivo.

Il logo simbolico è completamente basato su un’icona o una grafica, sono tutti così emblematici e ben consolidati che bastano quelli da soli per ricondurli immediatamente al nome del brand o dell’azienda. Queste stesse caratteristiche però rendono questo tipo di logo difficile da utilizzare per le nuove aziende o per quelle che non godono di un forte riconoscimento del brand.

Il logo a mascotte è un ottimo modo per creare il proprio portavoce del brand. Una mascotte è semplicemente un personaggio illustrato che rappresenta la tua azienda. Questo tipo di logo è eccellente per le aziende che vogliono creare un’atmosfera che richiama benessere e felicità, appellandosi alle famiglie e ai bambini.

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Logo astratto

Logo acronimo

Logo stemma

Un logo astratto è un tipo specifico di logo simbolico. Invece di essere un’immagine riconoscibile, come una mela o un uccello, è una forma geometrica astratta che rappresenta la tua attività; alcuni esempi famosi includono il logo della Pepsi, della Nike e il fiore di Adidas.

I loghi initial sono esclusivamente tipografici. Utilizzano un simbolo che rappresenta l’azienda attraverso l’uso delle sue iniziali. Molte aziende scelgono questo tipo di logo perché le loro iniziali possono essere rappresentate meglio graficamente rispetto al nome intero.

Un logo emblema è costituito da una scritta all’interno di un simbolo o di un’icona e la sua caratteristica principale risiede nella compattezza. Questi loghi tendono ad avere un aspetto tradizionale che può avere un forte impatto.

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alfa romeo storia

Azienda automobilistica fondata a Milano nel 1910 da un gruppo di capitalisti lombardi che acquisirono gli impianti industriali della casa automobilistica franco-inglese Darracq. Quest’ultima versava in grave situazione finanziaria causata da una notevole diminuzione delle vendite. All’inizio la denominazione era solo “Alfa”, acronimo di “Anonima Lombarda Fabbrica Automobili” e identificata con un marchio-targhetta caratterizzato da presenze floreali e sinuose, tipiche dello stile liberty. L’attenzione di Alfa Romeo alla propria immagine è significativamente dimostrata dall’evoluzione grafica del marchio che, fin dall’inizio, adottò le due insegne araldiche della Milano del tempo dei Comuni; infatti, nel 1912, il marchio era composto dallo stemma cittadino di Milano, una croce rossa in campo bianco di vGiovanni da Rho, e dal biscione visconteo legato alla tradizione longobarda. Per alcuni, quest’ultimo era il serpente biblico in campo azzurro con in bocca un bambino che

decorava il gonfalone della spedizione dei crociati milanesi; fu Arnolfo II a mettere “la vipera che ‘l melanese accampa” di dantesca memoria sulle sue insegne militari dopo aver vinto in battaglia un cavaliere saraceno che si vantava di “mangiar cristiani” (cfr. Ferrari). Per altri, era l’immagine bronzea di un serpente che fu portata a Milano nel 1002 e subito riprodotta su una colonna di Sant’Ambrogio. Il marchio riportava questi elementi inscritti in una fascia circolare con due nodi sabaudi e la scritta “Alfa-Milano” con carattere graziato. Nel 1918 il marchio apparì con la dizione definitiva in carattere bastone “Alfa-Romeo Milano”, successivo all’acquisizione dell’Alfa da parte dell’ingegnere napoletano Nicola Romeo nel 1915. Nel 1922 fece la sua prima apparizione sul radiatore delle autovetture il logotìpo calligrafico “Alfa Romeo” disposto su due righe anche se sarà in seguito proposto nella versione ad una riga. Nel 1925 il marchio Alfa Romeo apparì con la corona d’alloro che segnò

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la vittoria al primo Campionato Automobilistico del Mondo con la vettura “Alfa P2”. Due curiosità: fin dal primo marchio circolare il biscione sembrava attorcigliarsi su se stesso in prossimità della testa ma in un marchio del 1935, stranamente, il serpente mostrava un andamento regolare; in un manifesto pubblicitario del 1937, in epoca fascista, nel marchio viveva la dicitura autarchica “Milano-Napoli” e qui il biscione tornò ad attorcigliarsi! Nel 1945, con la caduta della monarchia e la proclamazione della Repubblica, i nodi sabaudi lasciarono il posto a due linee ondulate; in seguito, in assenza di vincoli forti, ci furono diverse ”libere interpretazioni“ del marchio Alfa Romeo: dal 1946 al 1950 fu posto il bambino in posizione inclinata e la corona d’alloro meno evidente; nel 1964 apparve sulla Giulietta Junior la stilizzazione del solo serpente visconteo rivolto verso destra; nel 1969 un’improbabile operazione di sintesi essenzializzò il biscione e disumanizzò il bambino. A partire dal 1972, con l’autonomia


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dello stabilimento Alfasud di Pomigliano d’Arco (Napoli), scomparve dal marchio la parola “Milano” e rimasero i soli due simboli milanesi sormontati dalla scritta “Alfa Romeo” composta in Futura. Il marchio fu disegnato da Pino Tovaglia che operò il redesign dei precedenti nella soluzione a colori e monocromatica. Nel 2000 il marchio ha subìto una modernizzazione ad opera di Maurizio Di Robilant. Nel 2015, in occasione dei suoi 105 anni anni di vita, Alfa Romeo presenta una versione rinnovata del suo storico e leggendario marchio; ciò anche in concomitanza con il lancio della nuova Giulia e con la riapertura del Museo Automobilistico di Arese. L’incarico per il restyling è stato affidato a Di Robilant Associati, storico partner del gruppo Fiat. Il nuovo marchio rappresenta la celebrazione dell’identità storica del brand con uno slancio verso la contemporaneità e l’eleganza. L’anello esterno in blu notte esalta l’esclusività della casa mentre l’uso dell’acciaio cromato nei profili e nel

logotìpo, composto con il carattere ITC Blair ritoccato, enfatizza la modernità e la vocazione tecnologica; nel complesso rimangono intoccabili gli elementi di sempre, sia la croce che il biscione, anche se quest’ultimo più prominente e fiero. Tali icone non vivono più sul fondo bianco e azzurro ma su un’inedito unico fondo cromato, arricchito da una texture che simula l’incisione a sbalzo. Tale nuova cromia sostituisce la doratura del marchio di Pino Tovaglia degli anni Settanta. Anche la corona è stata essenzializzata.

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logo geometrico

composizione di forme geometriche su matrici geometriche

a) studio delle matrici geometriche privilegiando alcune forme

b) studio delle composizioni deformando le matrici geometriche

c) studi compositivi applicando i gruppi di simmetria

simmetria assiale

simmetria assiale

simmetria ciclica di grado 6

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simmetria ciclica di grado 6


d) verifiche di contrografia

e) varianti cromatiche in scala di grigio

f) varianti cromatiche a colore

g) effetti bi-tridimensionali

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h) effetti grafici, percettivi e texture

i) applicazione della legge della gestalt

j) varianti dimensionali

k) proposta finale

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l) studio di alcune composizioni

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logo naturale

composizione geometrica ispirandosi a forme naturali

a) studio delle matrici geometriche privilegiando alcune forme

b) studio delle composizioni deformando le matrici geometriche

c) studi compositivi applicando i gruppi di simmetria

simmetria traslatoria

simmetria assiale

MAMA’S 66 CAFE’

simmetria centrale di grado 6


d) verifiche di contrografia

e) varianti cromatiche in scala di grigio

f) varianti cromatiche a colore

g) effetti bi-tridimensionali

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h) effetti grafici, percettivi e texture

i) applicazione della legge della gestalt

j) varianti dimensionali

k) proposta finale

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l) studio di alcune composizioni

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logo acronimo

composizione utilizzando le iniziali del proprio nome “gm�

a) studio delle matrici geometriche privilegiando alcune forme

b) studio delle composizioni deformando le matrici geometriche

c) studi compositivi applicando i gruppi di simmetria

simmetria assiale

simmetria traslatoria

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d) verifiche di contrografia

e) varianti cromatiche in scala di grigio

f) varianti cromatiche a colore

g) effetti bi-tridimensionali

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h) effetti grafici, percettivi e texture

i) applicazione della legge della gestalt

j) varianti dimensionali

k) proposta finale

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l) studio di alcune composizioni

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logo significante libero composizione senza vincoli

a) studio delle matrici geometriche privilegiando alcune forme

b) studio delle composizioni deformando le matrici geometriche

c) studi compositivi applicando i gruppi di simmetria

simmetria traslatoria

simmetria ciclica di grado 6

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d) verifiche di contrografia

e) varianti cromatiche in scala di grigio

f) varianti cromatiche a colore

g) effetti bi-tridimensionali

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h) effetti grafici, percettivi e texture

i) applicazione della legge della gestalt

j) varianti dimensionali

k) proposta finale

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l) studio di alcune composizioni

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logo a lettura multipla

Logo multisignificato senza vincoli di matrice geometrica

a) studio delle matrici geometriche privilegiando alcune forme

b) studio delle composizioni deformando le matrici geometriche

c) studi compositivi applicando i gruppi di simmetria

simmetria traslatoria

simmetria assiale

doppia simmetria assiale

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d) verifiche di contrografia

e) varianti cromatiche in scala di grigio

f) varianti cromatiche a colore

g) effetti bi-tridimensionali

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h) effetti grafici, percettivi e texture

i) applicazione della legge della gestalt

j) varianti dimensionali

k) proposta finale

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l) studio di alcune composizioni

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IMMA GINE 06 COOR DINATA



loop film-making corporate il tema

Per la realizzazione dell’immagine coordinata ho scelto di sviluppare il logo a lettura multipla. Esso è stato associato ad una corporation, o casa di produzione, dedita nella realizzazione di video ed elementi cinematografici.

TCX Tofu. Un colore che designa eleganza, raffinatezza, che simboleggi l’alta elevatura della compagnia.

Il nome stesso enunciato dal logo, “loop”, vuole rimandare simbolicamente alla tecnica cinematografica del cortometraggio, che per l’appunto viene riprodotto in “loop”, ovvero in sequenza ciclica. All’interno del logo viene prefigurato un elemento di coesione tra due lettere, che vogliono emulare una sorta di infinito e ciclicità, così come enunciato dal termine. Per quanto cocnerne il font impiegato per la scritta “Film making corporate” è stato impiegato il font “ Avenir next”, al fine di rimandare ad un realtà maggiormente moderna, lineare e minimalista e professionale. Per quanto riguarda il colore tematico di base, è stato scelto il seguente colore: PANTONE 11-4801

LOOP CORPORATE

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loop film-making corporate biglietto da visita

Il biglietto da visita è una tessera con nome e informazioni generiche o specifiche di un determinato possessore. Il biglietto da visita è spesso utilizzato per lavoro e contiene la ragione sociale e il logo dell’azienda, ha quindi lo scopo di presentarla a livello grafico e informativo. La maggior parte dei biglietti da visita sono realizzati su cartoncino da 350 g/

mq, il formato più usato è 85 mm x 55 mm. Tale dimensionamento è strettamente correlato alle tessere e carte di credito, poiché possano essere adatte ad essere inserite in un portafoglio o portatessere. Esso prefigura la rappresentazione del logo, e le informazioni di contatto preponderanti.

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LOOP CORPORATE

FILMMAKING CORPORATE

CARLO ROSSI

mobile

+39 1203456789

e-mail

carlorossi@loop.it

websitew

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ww.loop.it


loop film-making corporate carta intestata

La carta intestata è quel particolare foglio di carta che fornisce immediatamente informazioni sia circa il soggetto al quale è indirizzata la lettera, sia circa il mittente. Si chiama “intestata” proprio perché in cima (in testa al foglio) è presente il logo o il design identificativo dell’azienda o del professionista e, nella parte restante del foglio, c’è tutto lo spazio vuoto che serve per contenere il testo di una lettera o un messaggio particolare. La carta intestata serve sia per comunicare con i propri clienti, sia per presentarsi ai potenziali, sia per inviare

fatture e fax. Per questo motivo deve sempre essere ben leggibile in ogni sua parte e deve immediatamente apparire professionale. La carta intestata generalmente è impostata sul formato verticale Uni A4 (210×297 mm). Il foglio che la contiene viene piegato in tre parti e si inserisce in una busta da lettera del formato 230×210 mm.

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Via Garibaldi 12 50122, Firenze +39 1203456789 no_reply@loop.it www.loop.it LOOP CORPORATE

Mario Bianchi 14/05/20

Via Roma 43 50125, Firenze

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LOOP

FILMMAKING CORPORATE



loop film-making corporate busta

Il formato più comune per le buste da corrispondenza commericale è il DL (11 x 22 cm), destinato ad accogliere un foglio A4 piegato in tre parti. Questa busta può presentare un ritaglio di carta nel lato anteriore, ricoperto da materiale plastico trasparente: questo ritaglio è chiamato finestra e consente di vedere il nome del destinatario quando la busta è ancora sigillata. I formati scelti sono i seguenti: DL e C4. Rispettivamente i dimensionamenti sono: 110x220 mm, 229x324 mm.

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busta DL

LOOP CORPORATE



busta C4

LOOP CORPORATE



loop film-making corporate supporti vari

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AM BIG UE


PERC EZIO 07 NI


la percezione introduzione

La Gelstaltpsychology (psicologia della forma) è un orientamento della psicologia sorto in Germania all’inizio del Novecento. Secondo i teorici della Gelstat, i cui massimi esponenti furono Kurt Koffka, Max Wertheimer e Wolfgang Köhler, la mente umana detiene un sistema innato di archiviazione degli stimoli percettivi-visivi, basato non su una mera associazioni delle sensazioni, ma sulla loro organizzazione. Questi ultimi dimostrarono l’esistenza di una serie di leggi innate, dette “leggi di organizzazione percettiva o della configurazione”, che agiscono nello stesso modo in qualsiasi individuo, indipendentemente dalle loro esperienze precedenti e dalla loro conoscenza e esperienza culturale insita e personale. Osservarono che la percezione visiva era direttamente correlata all’organizzazione delle sensazioni in insiemi strutturati, ovvero dai rapporti che determinano e legano tra loro gli elementi che costituiscono l’immagine.

Ciò è esemplificato mediante una sperimentazione grafica svolta da Kanizsa nel 1991. In tale figura, sull’esperienza prevalgono chiaramente gli schemi gestaltici, cioè gli schemi di organizzazione interna dell’immagine: in base alla legge di configurazione detta “della continuità della forma”, il nostro sistema percettivo, identifica un unico e solo veicolo dalla forma allungata, e non due unità distinte, ma bensì una componente correlata, bensì alterata nei suoi aspetti dimensionali.

Secondo le teorie della Gelstat, il nostro sistema percettivo, esplorando nelle sue cavità più recondite ed inesplorate, nell’esplorazione di un’immagine, ne coglie istintivamente l’assetto strutturale essenziale, o la sua configurazione. L’immagine è percepita come un insieme organizzato di segni, che risulta comprensibile solo le letto nella sua globalità e non come una serie di elementi (punti o linee) isolati e a sè stanti.

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La configurazione può essere definita lo scheletro strutturale di un’immagine, che non corrisponde al profilo o al contorno delle forme in essa presenti, pur costituendo la struttura del corpo, non corrisponde al suo aspetto esteriore. Tali leggi della configurazione possono agire singolarmente, in modo isolato, possono sovrapporsi, interagendo in modo assai complesso. Il principio fondamentale della Gelstat è quello della semplicità, per il quale, tra le molte soluzioni possibili, la nostra mente tende sempre ad associare i segni presenti nel campo visivo nel modo più semplice. La nostra insita preferenza per assetti strutturali di maggior semplicità, ordinate e simmetriche in tutte le sue parti, è determinata dal fatto che queste risultano più facili da comprendere o memorizzare. Nel saggio intitolato “Il senso dell’ordine”, lo storico dell’arte Ernst Gombrich, noto per i suoi studi e pubblicazioni di psicologia percettiva,


scrive: “Esiste una preferenza osservabile, nel nostro percepire, per le configurazioni semplici, le linee rette, i cerchi e altri ordini semplici, e noi tendiamo a scorgere tali regolarità, più che le forme casuali, quando ci scontriamo col caotico mondo esterno. Esattamente come la laminatura di ferro sparsa a caso in un campo magnetico si ordina secondo un certo schema (le linee di forza del campo magnetico), così gli impulsi nervosi che raggiungono la corteccia visiva sono soggetti a tali forze di attrazione e repulsione.”

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la percezione

le leggi gelstaltiche della configurazione

I teorici della Gelstalt individuarono una serie di leggi innate, le leggi della configurazione. Secondo gli leggi, il nostro sistema percettivo riunisce i vari elementi di un’immagine in gruppi unitari, allo scopo di individuarne una configurazione e comprendere così ciò che gli occhi osservano. Legge della vicinanza Il nostro sistema percettivo raccoglie gli elementi di un’immagine in gruppi unitari in base alla distanza minima fra loro. Come rappresentato in figura, punti tra loro identici vengono istintivamente raggruppati in insiemi unitari in base alla loro vicinanza. Legge della simmetria Secondo la legge della simmetria, elementi disposti specularmente rispetto ad un asse o a un punto, vengono letti dal nostro sistema percettivo come un insieme unitario. Come presentato in figura, la percezione dell’immagine è dominata dalla

vicinanza tra gli elementi. Legge dell’eguaglianza o somiglianza In un’immagine costituita da molti elementi diversi, il nostro sistema percettivo raggruppa quelli tra loro simili in base a uno o più parametri, quali la forma, il colore, la dimensione, la proporzione, l’andamento o la direzione. La somiglianza è dunque un altro fattore preponderante che ci conduce a raggruppare gli elementi di un’immagine in un gruppo, oppure, al contrario, a isolare elementi che appaiono dissimili dagli altri. Quando la somiglianza tra le parti che compongono l’immagine è molto più evidente della loro vicinanza, la nostra mente raggruppa le varie componenti secondo questa legge percettiva. Legge della forma chiusa Il nostro sistema percettivo tende a preferire le forme chiuse rispetto a quelle aperte (generalmente più complesse)

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così che, quando una forma appare incompleta oppure interrotta, il nostro occhio la legge come completa e continua. Legge della “curva buona” o “del destino comune” Gli elementi presenti in un’immagine si costituiscono in un insieme strutturato quando tendono a completarsi retoricamente. Secondo tale legge gli elementi che appaiono nel campo visivo vengono raggruppati in base alla loro direzione. Legge della continuità della forma In base alla legge della continuità della forma, tendiamo a percepire la continuità di forme interrotte o parzialmente sovrapposte ogni volta che ciò ci appare logico. Grazie alle nostre esperienze percettive siamo in grado di sapere che un oggetto non trasparente nasconde parte di ciò che si trova alle sue spalle e non solo che la parte nascosta esiste, ma è, a rigor di logica, coerente con le parti che vediamo.


legge della forma chiusa

Principio della pregnanza della forma La nostra mente tende ad organizzare sistematicamente gli elementi di un’immagine nel modo più semplice e coerente possibile, in modo che quest’utima abbia una forma significativa o pregnante. Le forme considerate pregnanti sono definibili come le forme meno complesse e più stabili; è il caso delle cosiddette forme geometriche pure, come il cerchio, il triangolo o il quadrato. Il significato pregnanza risulta particolarmente chiaro quando ci troviamo di fronte a figure aperte che il nostro sistema percettivo interpreta come chiuse; grazie al principio della pregnanza della forma, il nostro sistema visivo percepisce, all’interno dell’immagine, la forma più densa di significato che le condizioni consentono.

principio della pregnanza della forma

legge dell’eguaglianza o della somiglianza

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la percezione illusioni ottiche

Le illusioni ottiche portano il sistema percettivo ad un’errata percezione della realtà, soprattutto per quanto riguarda la percezione della grandezza delle forme. Tra le illusioni più comuni ci sono quelle prodotte da linee e angoli, in cui le grandezze appaiono distorte. Nell’illusione di Muller-Lyer, così chiamata dal nome dello psicologo che l’ha ideata, i tre segmenti orizzontali sono di dimensioni identiche, ma da un punto di vista percettivo appaiono di grandezze diverse a causa del contesto, cioè dalle altre linee presenti nel disegno, letto dall’occhio come un insieme. Sono proprio queste linee a forma di freccia, che, conducendo l’occhio verso l’esterno o verso l’interno, provocano una distorta valutazione delle grandezze. Nella valutazione delle grandezze, il contesto assume un ruolo fondamentale; quando l’immagine percepita e l’immagine mentale costruita sulla base delle nostre conoscenze ed esperienze precedenti non coincidono, è proprio il contesto dell’elemento che diventa

fondamentale per la valutazione finale. Ciò accade, ad esempio, nell’illusione di Ponzo, detta anche “illusione dei binari”, dove i due segmenti orizzontali, identici fra loro, appaiono di dimensioni differenti a causa del contesto, costituito dalle due linee oblique che il nostro sistema percettivo legge com prospettiche: in tal modo si determina l’inganno percettivo. Esistono invece distorsioni relative al parallelismo, anch’esse generate dal contesto. Nell’illusione di Zollner, ad esempio, si verifica un’instabilità dell’immagine, a causa di brevi segmenti inclinati, tra loro paralleli, che interrompono linee verticali anch’esse parallele. Queste ultime appaiono illusoriamente divergenti nella direzione in cui i segmenti trasversali risultano convergenti e viceversa.

Illusione di Zollner

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la percezione elaborati

Illusione ottica

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Variazione della percezine dell’oggetto

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Effetti cinetici

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la percezione oggetto impossibile

Il titolo italiano del bestseller di Donald Norman sull’usabilità, The Design of Everyday Things (Norman 1988), era La Caffettiera del Masochista, che prende il nome dall’immagine sulla copertina del libro, la caffettiera dell’artista francese Jacques Carelman in cui la maniglia è sullo stesso lato del beccuccio.

prodotti nuovi, ma soprattutto facili da usare, comprensibili e, perché no, anche capaci di dare piacere. Perché fare e pensare prodotti e servizi “umani” vuol dire cambiare la nostra idea del mondo.

La caffettiera del masochista svela inganni e paradossi della cattiva tecnologia e mostra che cosa va ad innescare la nostra perversa interazione con gli oggetti di uso quotidiano. Con esempi aggiornati tratti dalla vita di tutti i giorni, Donald Norman spiega che usare ascensori, cucine, computer, interruttori, scale, lavandini non è un semplice gesto manuale: nella nostra esperienza di utenti convergono aspetti tecnologici, processi cognitivi, comportamenti relazionali, connotazioni estetiche, sensazioni emotive. Il design a misura d’uomo combina psicologia e tecnologia per realizzare

The Uncomfortable by Katerina Kamprani

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Bicicletta convergente, di Carelman, da Catalogue d’objects introuvables, 1969.

The Uncomfortable by Katerina Kamprani

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la percezione oggetto impossibile

Gli oggetti impossibili sono oggetti tridimensionali disegnati sul piano, ma che, essendo illogici, non possono essere realizzati tridimensionalmente. La loro illogicità rende impossibile per il sistema percettivo dell’osservatore valutare ciò che vede, costringendolo ad una continua alternanza delle soluzioni possibili, senza riuscire a giungere a una loro formulazione logica e univoca. Il cubo di Escher è un oggetto impossibile che rappresenta un cubo non costruibile nello spazio. Nella litografia del 1958 Belvedere di M. C. Escher, il ragazzo seduto alla base dell’edificio tiene in mano un cubo impossibile. L’intera struttura dell’edificio è basata sugli stessi principi che rendono il cubo impossibile.

Litografia del 1958 Belvedere di M. C. Escher

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PROS SEM ICA 08



prossemica introduzione

Il termine inglese proxemics, derivato di proximity, “prossimità”, è stato introdotto dall’antropologo americano E.T. Hall negli anni ’60 per indicare lo studio dello spazio umano e della distanza interpersonale nella loro natura di segno. Parte della semiologia che studia il significato assunto, nel comportamento sociale dell’uomo, dalla distanza che l’individuo frappone tra sé e gli altri e tra sé e gli oggetti, e quindi, più in generale, il valore attribuito da gruppi sociali, diversi culturalmente o storicamente, al modo di porsi nello spazio e al modo di organizzarlo. Uno spazio (fisico, o sociale) può essere vissuto in modi differenti sia che si tratti, per es., di uno spazio (fisico) angusto e accidentato, oppure esteso e facilmente occupabile, sia che si tratti di uno ‘spazio’ all’interno di un partito politico, di una entità di lavoro, della famiglia, del gruppo di vicinato, e così via.

l’isolamento, la promiscuità dei sessi e delle generazioni sono strettamente dipendenti dall’organizzazione e dall’occupazione degli spazi interni. Lo stesso vale per la formazione di gruppi di vicinato negli agglomerati urbani, dove, per quanto gli spazi siano notoriamente piccoli, si assiste a una scarsa formazione di interazione, in quanto vengono a mancare le occasioni di incontro tra gli inquilini. L’analisi di una società può essere limitata, senza che perda tuttavia rilevanza sociologica, allo studio della distribuzione della popolazione sullo spazio fisico, alle trasformazioni impresse al territorio, alle forme di insediamento e così via.

Nell’ambito della famiglia, per esempio, fenomeni quali l’espansione affettiva,

I fattori che influenzano la distanza prossemica, includono non solo le

Capire come funziona la Prossemica può essere di forte aiuto nelle relazioni sociali, dato che ha un’importante funzione nel giudizio che le persone danno agli altri.

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attitudini personali, ma anche questioni sociali e culturali. Per esempio in alcune culture il contatto fisico non è possibile in pubblico, mentre in altre si. Si parla di culture a basso e alto contatto, a seconda della distanza tra le persone. Sono culture ad alto contatto quelli in cui la distanza tra le persone è maggiore, mentre ad basso contatto, quelle in cui è minore. Anche lo spazio architettonico e urbano è un buon indicatore della distanza ammessa nelle varie culture.


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prossemica la bolla

Viene definita bolla o uovo prossemico lo spazio identificato come personale, e dentro il quale poniamo delle regole specifiche che derivando dalla persona, dalla cultura e dalla società. Esistono però altri tipi di spazio.

Spazio fisso E’delimitato da quello strutture inamovibili che indicano le distanze e le separazioni tra le cose. È il caso per esempio delle frontiere, della disposizione delle case o degli edifici all’interno di una città o di un luogo geografico, la struttura delle famiglie. Questi tipi di distanze influiscono in parte sulle relazioni che abbiamo con gli altri. In questo periodo storico si sta cercando di progettare città (sia a livello di design che infrastrutture) che rappresentino più la natura e il bisogno di ecologia e sostenibilità, proprio perché i cittadini si sentano più a loro agio in tale ambiente.

Spazio semifisso E’lo spazio in cui gli oggetti delimitano lo spazio, ma non definitivamente, in quanto possono essere spostati (per esempio una porta o un a poltrona). La modificazione di tali spazi (aprire o chiudere una porta, spostare una sedia, etc) influenzano sulla nostra relazione con lo spazio. In particolare esistono due tipi di spazi semifissi: sociofughi, che impongono il movimento (come quando al supermercato spostano i prodotti dal loro posti per invogliarci a cercarli e a trovare nuovi prodotti nel cammino) e i sociopeti, ovvero quegli spazi che invogliano a rimanere e facilitano l’interazione (come per esempio il divano di un terapeuta).

Spazio Personale È quello spazio che non vogliamo venga invaso in ascensore o sull’autobus, o

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che fa sì che non amiamo sentirci toccati o abbracciati da estranei. A livello cuturale e generalizzando si potrebbe dire che lo spazio prossemico è più limitato nelle culture del nord Europa, mentre la cultura latina e mediterranea ha uno spazio prossemico più ampio.


prossemica distanze prossemiche

L’antropologo Edward T. Hall elaborò il modello delle distanze interpersonali, che racchiudono le 4 tipologie di distanze che le persone assumono nei rapporti sociali: Distanza intima (0 – 45 cm) Questo spazio può essere violato solo da persone con cui si ha un rapporto molto intimo e affettivo, come ad esempio un familiare o il partner. Prova a pensare ad una persona che si avvicina con la faccia al viso di un’altra persona con tono aggressivo. Implicitamente lo fa proprio per farlo sentire minacciato, senza farsi scrupoli di violare il suo spazio. Distanza personale (45 – 120 cm) Nel mondo occidentale rappresenta la distanza ideale per buona parte delle interazioni, e coincide con la distanza necessaria per una stretta di mano Solitamente indica che tra i due interlocutori esiste un rapporto di amicizia e confidenza.

Se il tuo interlocutore non lo conosci possono esserci diverse reazioni violando questo spazio: da una parte potrebbe apprezzare per il fatto che tu voglia avvicinarti a lui, dall’altra potrebbe non apprezzare per il fatto che sei stato troppo invadente nei suoi confronti. Distanza sociale (120 – 300 cm) Sono le distanze da adottare quando discuti con una persona con cui hai un rapporto formale e permette di trovare una situazione di comfort quando ti ritrovi a dover parlare a colloqui di lavoro o a trattative importanti Distanza pubblica (oltre 3 m) E’ la distanza che viene adottata nelle conversazioni in pubblico in cui è praticamente impossibile interagire con il singolo. Esempi di conversazioni che usano questa distanza sono i comizi, oppure gli spettacoli.

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ERRORI D

PROGETT


DI

TAZIONE

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errori di progettazione magic mouse apple

Presentato per la prima volta il 20 aottobre 2009 (Cupertino, California), una nuova generazione di muose con diverse funzionalità: l’intera parte superiore del Magic Mouse è una unica superficie Multi-Touch, che permette di fare scrolling in qualsiasi direzione - verticalmente, orizzontalmente e diagonalmente. Magic Mouse è caratterizzato da una scocca liscia e sensibile al tatto che gli permette di essere un mouse a pulsante multiplo o singolo con il supporto per gestualità Multi-Touch avanzate. doppio clic dove si preferisce. Il mouse non necessita di batterie esterne: ha la propria batteria integrata ricaricabile tramite un cavetto in dotazione.

L’errore progettuale è nell’attacco della batteria, la quale è posta nella scocca inferiore del mouse. Malgrado la batteria di lunga durata, se l’utente avesse bisogno di ricaricarlo, sarebbe impossibilitato dalla posizione. Ciò è risolvibile riposizionando l’attacco, facendo si che possa anche essere connesso direttamente al computer come opzione di ricarica, e senza dover utilizzare accessori di ricarica extra. La scelta delle batterie a stilo è fortemente impattante e dannoso a livello ambientale.

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individuazione dell’errore

soluzione

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errori di progettazione chiave auto volkswagen

Oggetto di uso quotidiano, le chiavi di un’automobile devono presentare dei prerequisiti fondamentali che ne permettano il facile e veloce utilizzo. Una una delle caratteristiche utili che dovrebbe avere un telecomando per auto è quella di poter distinguere al tatto il tasto per aprire da quello per chiudere l’auto, senza dover interrompere il cammino e guardare il pulsante, o per riconoscerlo nel caso in cui non dovesse esservi alcun tipo di fonte luminosa.

tattile, inoltre andando a distinguere il lucchetto aperto e chiuso con degli opposti visivi: pieno e vuoto. Altra caratteristica è il gancio visibilmente aperto. Infine sarebbe necessario cambiare le parti esterne e tasti (costantemente utilizzati) con un materiale ad alta durabilità.

In questo modello di chiave della casa automobilistica Volkswagen, i pittogrammi non hanno alcun tipo di riconoscimento tattile; inoltre i pittogrammi dell’apertua e chiusura, sono pressocchè identici. Riconoscimento ed identificazione immediata sono più efficaci della memorizzazione. Il problema è risolvibile andando a determinare uno spessore adeguato alle icone, e di dimensioni idonee al fine di garantire un corretto riconoscimento

nuove icone

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TAGLIA E PIEGA

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taglia e piega kirigami A - variante 2

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taglia e piega kirigami A - variante 6

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taglia e piega kirigami B

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taglia e piega kirigami B

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taglia e piega kirigami B

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taglia e piega kirigami C - zoe

“L’uomo che viaggia e non conosce ancora la città che lo aspetta lungo la strada, si domanda come sarà la reggia, la caserma, il mulino, .il teatro, il bazar. In ogni città dell’impero ogni edificio è differente e disposto in un diverso ordine: ma appena il forestiero arriva alla città sconosciuta e getta lo sguardo in mezzo a quella pigna di pagode e abbaini e fienili, seguendo il ghirigoro di canali orti immondezzai, subito distingue quali sono i palazzi dei principi, quali i templi dei grandi sacerdoti, la locanda, la prigione, la suburra. Così dice qualcuno - si conferma l’ipotesi che ogni uomo porta nella mente una città fatta soltanto di differenze, una città senza figure e senza forma, e le città particolari la riempiono. Non così a Zoe. In ogni luogo di questa città si potrebbe volta a volta dormire, fabbricare arnesi, cucinare, accumulare monete d’oro, svestirsi, regnare, vendere, interrogare oracoli. Qualsiasi tetto a piramide potrebbe coprire tanto il lazzaretto dei lebbrosi quanto le terme

delle odalische. Il viaggiatore gira gira e non ha che dubbi: non riuscendo a distinguere i punti della città, anche i punti che egli tiene distinti nella mente gli si mescolano. Ne inferisce questo: se l’esistenza in tutti i suoi momenti è tutta se stessa, la città di Zoe è il luogo dell’esistenza indivisibile. Ma perché allora la città? Quale linea separa il dentro dal fuori, il rombo delle ruote dall’ululo dei lupi?” Italo Calvino - Le città invisibili

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taglia e piega kirigami C - zoe

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taglia e piega kirigami C - olivia

“Nessuno sa meglio di te, saggio Kublai , che non si deve mai confondere la città col discorso che la descrive. Eppure tra l’ una e l’altro c’è un rapporto. Se ti descrivo Olivia , città ricca di prodotti e guadagni, per significare la sua prosperità non ho altro mezzo che parlare di palazzi di filigrana con cuscini frangiati ai davanzali delle bifore; oltre la grata d’un patio una girandola di zampilli innaffia un prato dove un pavone bianco fa la ruota. Ma da questo discorso tu subito comprendi come Olivia è avvolta in una nuvola di fuliggine e d’unto che s’attacca alle pareti delle case; che nella ressa delle vie i rimorchi in manovra scacciano i pedoni contro i muri. Se devo dirti dell’operosità degli abitanti, parlo delle botteghe dei sellai odorose di cuoio, delle done che ci calano intrecciando tappeti di rafia, dei canali pensili le cui cascate muovono le pale dei mulini: ma l’immagine che queste parole evocano nella tua coscienza illuminta è il gesto che accompagna il mandrino contro i denti della fresa ripetuto da migliaia

di mani per migliaia di volte al tempo fissato per i turni di squadra. Se devo spiegarti come lo spirito di Olivia denda a una vita libera e a una civiltà sopraffina, ti parlerò di dame che navigano cantando la notte su canoe illuminate tra le rive d’un verde estuario; ma è soltanto per ricordarti che nei sobborghi dove sbarcano ogni sera uomini e donne come file di sonnambuli, c’è sempre chi nel buio scoppia a ridere, dà la stura agli scherzi ed ai sarcasmi. Questo forse non sai: che per dire d’ Olivia non potrei tenere altro discorso. Se ci fosse un’ Olivia davvero di bifore e pavoni, di sellai e tessitori di tappeti e canoe e estuari, sarebbe un misero buco nero di mosche, e per descrivertelo dovrei fare ricorso alle metafore della fuliggine, dello stridere di ruote, dei gesti ripetuti, dei sarcasmi. La menzogna non è nel discorso, è nelle cose.” Italo Calvino - Le città invisibili

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taglia e piega kirigami C - olivia

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PAN CA

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panca in legno studi preliminari e bozzetti

Realizzazione di una panca in legno curvilinea, con sedute multiple a differenti altezze. Per quanto concerne la sua costruzione spaziale, noto il raggio di di circonferenza la lunghezza dell’arco misura R x Ω rad, dove Ω rad rappresenta l’angolo al centro sotteso dall’arco di circonferenza stesso. Nell’ipotesi presentata ogni modulo è raccordato con una porzione ad arco, dove l’angolo misura 90° e la lunghezza dell’arco è uguale ad R x �/2. La panca è caratterizzata da tre moduli tipo, assemblabili in vari modi.

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panca in legno proposta finale

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render viste assonometriche

ambientazione



panca in legno incastro

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4,00

2,00

4,70

10,20

1,00

GIUNZIONE A

2,00 2,50

2,00

4,50

55,00

4,00

2,00

GIUNZIONE B

6,70 10,20

1,60 2,00

4,50

55,00

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panca in legno disegno quotato vista superiore

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prospetti

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vista assonometrica

moduli quotati

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REA DY MA DE 12



ready made introduzione

Inventato da Duchamp, il ready made, letteralmente “pronto fatto“, è una delle provocazioni più ardite elaborate in ambito dadaista: abbandonato il mestiere di pittore scultore in senso tradizionale, l’artista dal mondo reale oggetti banali e di uso quotidiano, assembla, talora modificandoli, e li propone come opere d’arte. Di fronte a questo tipo di operazione, lo spettatore resta disorientato in quanto trova in musei, gallerie ed esposizioni -sedi deputate a ospitare i capolavori della tradizione artistica- oggetti che con quel mondo sembrano non avere nulla a che spartire. La dirompente novità del ready made consiste nell’aver introdotto nell’arte un ribaltamento concettuale: Il fondamento dell’opera è unicamente l’idea, gli aspetti realizzativi, tecnici e formali, sono secondari e vengono di conseguenza sminuiti se non del tutto ignorati.

Il ready made puro per eccellenza è Fontana, opera con la quale nel 1917 Duchamp partecipò in incognito alla mostra promossa dalla Società degli artisti indipendenti di New York: un orinatoio in porcellana bianca, collocato, firmato con lo pseudonimo Richard Mutt. L’opera venne rifiutata in quanto ritenuta una volgare provocazione: non si sarebbe infatti trattato di una creazione artistica ma di “un puro e semplice pezzo di idraulica”. Il motivo dello scandalo si lega all’essenza del ready made: oggetto comune che -in base a una scelta arbitraria e assoluta- viene sottratto dall’artista alla sua funzione ordinaria e dichiarato opera d’arte. Così rispose Duchamp alle obiezioni:“Non hai importanza se il signor Mutt abbia o meno fatto la fontana con le sue mani. Egli l’ha scelta“. Nel caso di Fontana altri elementi accentuano la provocazione. A divenire “pezzo da museo” è un oggetto non solo quotidiano ma basso, volgare.

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In più, essendo capovolto, l’orinatoio assume la forma di un triangolo, simbolo del ventre materno, fonte di vita. Così si spiega lo pseudonimo scelto come firma: “Mutt” rimanda alla parola tedesca Mutter, cioè “madre”, e Mut, divinità egizia generatrice di tutti gli esseri umani in quanto dotato di attributi sia maschili che femminili.


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ready made elaborato

Realizzazione di un paralume mediante una gabbia metallica a forma di parallelepipedo, scartavetrata e verniciata di bianco, e delle pellicole fotografiche cucite sulla struttura, passando dai fori di quest’ultime con del filo da cucito. Dimensionamento: l 38cm, p 19,5cm, h 20cm

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fase di montaggio

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particolare

particolare cuciture


ELEMEN DI

INFORM


NTI

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MATICA


programmi impiegati introduzione

Adobe Illustrator

Adobe InDesign

Photoshop

Adobe Illustrator è un pro- gramma usato per produrre elaborati in grafica vettoriale. Il suo principio di funzionamento è attraverso i vettori (punti, linee, curve, poligoni) che al contrario dei pixel non hanno problemi di risoluzione, permettendo così di produrre immagini vettoriali sviluppabili anche su grandi superfici, senza perdere in qualità.

Adobe InDesign è un programma usato nella produzione editoriale per sviluppare libro riviste. Il software utilizza griglie di impaginazione al fine di equilibrare in modo facile e veloce gli elementi della composizione. Questo software è stato utilizzato anche per la realizzazione di questa rivista.

Photoshop serve a modificare, creare e ritoccare le immagini cosiddette “raster” e cioè quelle immagini che sono basate sui pixel.

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grafiche vettoriali elaborati

Meridiana

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Travel

The Sunday Glitch June 11, 2004 Page C-1

Scotland: standard headline American travellers who have already seen much of Britain often have ignored the borders, a windy moorland at the neck of the island. This sparsely-populated frontier between England and Scotland rolls through about 80 miles between Berwick (pronounced Bear-ick) on teh east coast and Carlisle on the west, generally following a military line drawn by the Romans between ancient adversaries nearly 2,000 years ago. That was only the beginning of centuries upon centuries of horror haunting a bleak land open to the 20th century visitor, battles and betrayals told through scores of ruined castles, abbeys, and massive stone walls. You find no glitzed theme parks in the borders, no swank hotels or tours to gimmicky made-up castles with costumed natives guarding souvenir shops. And few chain stores in these little towns. Even fewer banalized malls and fast food franchises. Instead, borderers offer mostly rough-and-ready accomodation and hearty staple food at prices about one-third down from touristy norms. Add to that an open welcome that reminds you of going home. Perhaps thats what you are doing. Armstrong... Bell... Burn... Dodd... Elliot... Graham... Hall... Johnstone... Little... Maxwell... Nixon... Ridley... Robley... Scott.... These are some of the greatest names of the borders, and unless your Scandinavian family borrowed one of them, your ancestors bearing these names likely came from this barren fought-over land. In fact, these were names of some of the most nefarious border reivers, as they called themselves. Between about 1450 and 1600, bands of these families and others from either the English or Scottish side of the border robbed and feuded from

their great stone fortresses, claiming allegiance to neither king nor lawman, but only to their family laird. The lowland reivers are not as famous today as the highland clans, but they were as courageous and as fearsome, their lives a web of castles and kings, hangings and raids, intrigue and kidnapping, and justice meted out by lawmen called wardens who often also were themselves reivers. It is a story of the Old West three centuries in advance. Visitors to the moors of the reivers can trace their paths through a raggedly beautiful, baleful vista of wild hills and muddy copses pocked with black-faced Scottish sheep and redoubtable stone peels. The “peel” tower is a kind of castle, but smaller, built for a reiver clan to resist assaults of other families or the law. Many late-medieval peels, like Smailholm, six miles from Kelso, Scotland, and family castle of the Pringles, are intact and open to the public. Others, like the 13th century Hermitage near Newcastleton, were strongholds not of the families but of the wardens who tried to control them, and history documents a bloody trail of hideous torture and extinction of life there. “Everyone whose been there say they get a feelin’ about the place,” stated the stout teashop waitress in Bellingham nearby. Of course, that’s old news. Castles are always supposed to be haunted. As the wind stings your face whistling down the massive block fortress from across the empty moors, the chill you feel at Hermitage may just be the cold. Or it may not be. Reivers fed hatred, hatred fed wars, and the great border castles and abbeys suffered the most. Before 1603, when Scotland and England united under King James, the border was most

Lindisfarne Castle on Holy Island offers a dramatic view of the North Sea. Beaches in this area are open to swimmers in the summer. strategic of demarcations, and some 100 castles guarded from both sides. These royal sentinels of medieval power now stand mostly in skeletal ruins, evocative reminders of what once happened here. Some are intact, and many are open to the public. It is easy to visit a dozen castles in a long weekend if you are traveling by car, the best way to visit the borders. But kings and nobles played only part of the lore of the borders. The wall built by Roman emperor Hadrian in A.D. 122 runs 73 miles from Irish Sea

to North Sea. Some of the once 20-foot high stone is gone, and the rest has been beaten down by the ages to more of a high fence. But an interpretive center near the excavation of Housesteads, a second-century fort just at the wall’s geographic center near Haydon Bridge, describes vividly how Romans lived in Britain. Whom did they wish the wall to keep out? This was before Scotland was Scotland; likely Roman legions quarrelled against the Picts. The barbarian tribe painted their bodies in gaudy colors and attacked naked,

even in winter. No wonder Romans believed a wall to be necessary. Christianity was brought to Northumberland and northern England in the 7th century, at Lindisfarne. The ruined priory and well-preserved castle of Lindisfarne rise from the sea on Holy Island south of Berwick, accessible by a causeway open only during low tide. Here Lindisfarne’s monks established one of the greatest scriptoriums in the Christian world, 400 years after the Romans, but still 600 years before the reivers. The Lindisfarne Gospel, illuminated about A.D. 800, is on display at the British Museum in London. It is one of the most famous documents of Anglo-Saxon Christianity, a religion reaching back to Jesus, but still apparently quite different from what we call Christianity today. A pilgrimage to the border abbeys might follow the plan of King David I of Scotland (1124-1153). This king tried to bring prestige and order to his country by founding four abbeys, at Jedburgh, Kelso, Melrose, and Dryburgh. These began as centers of monasticism, an acscetic way of life then in vogue which requires Christians to live simply and chastely, renouncing worldly pleasures. Monks of these abbeys would rise at 2:30 a.m., pray in the unheated stone chapel until sunrise, and spend the day in prayer or manual toil. They could not speak except in the “parlour,” (French: “parler,” =to talk) and were seldom allowed to see their families. It seems one society’s cult is another’s great religion. The abbeys soon gained power and riches from the pilgrims or locals who paid to save their souls. Weath begat arrogance and tempted greed. The great medieval border abbeys were put to

A standard headline about Quebec City

of centuries upon centuries of horror haunting a bleak land open to the 20th century visitor, battles and betrayals told through scores of ruined castles, abbeys, and massive stone walls. You find no glitzed theme parks in the borders, no swank hotels or tours to gimmicky made-up castles with costumed natives guarding souvenir shops. And few chain stores in these little towns. Even fewer banalized

malls and fast food franchises. Instead, borderers offer mostly rough-and-ready accomodation and hearty staple food at prices about one-third down from touristy norms. Add to that an open welcome that reminds you of going home. Perhaps thats what you are doing. Armstrong... Bell... Burn... Dodd... Elliot... Graham... Hall... Johnstone... Little... Maxwell... Nixon... Ridley... Robley... Scott....

These are some of the greatest names of the borders, and unless your Scandinavian family borrowed one of them, your ancestors bearing these names likely came from this barren fought-over land. In fact, these were names of some of the most nefarious border reivers, as they called themselves. Between about 1450 and 1600, bands of these families and others from either the English

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or Scottish side of the border robbed and feuded from of centuries upon centuries of horror haunting a bleak land open to the 20th century visitor, battles and betrayals told through scores of ruined castles, abbeys, and massive stone walls. You find no glitzed theme parks in the borders, no swank hotels or tours to gimmicky made-up castles with costumed natives guarding souvenir shops. And

few chain stores in these little towns. Even fewer banalized malls and fast food franchises. Instead, borderers offer mostly rough-and-ready accomodation and hearty staple food at prices about one-third down from touristy norms. Add to that an open welcome that reminds you of going home. Perhaps thats what you are doing. Armstrong... Bell... Burn... Dodd... Elliot... Graham... Hall... Johnstone...


INFO GRAF ICA 14



infografica raccolta dati

Il tema di base dell’infografica è l’esportazione del “made in italy” e del conseguente fatturato, ponendo particolare attenzione alle categorie maggiormente produttive (economicamente) e quali sono i principali stati importatori. Di seguito i dati raccolti dal sito del Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale. AMBITO FATTURATO TOT. MODA 72.818 AGROAL. 39.797 AUTOM. 33.072 PELLE 23.442 AUTOV. 20.790 ARREDO 16.142 CALZATURE 10.495 M.TESSILE 9.160 VINI 6.435

AMBITO MODA MODA MODA MODA MODA MODA MODA MODA AGROALIMENTARE AGROALIMENTARE AGROALIMENTARE AGROALIMENTARE AGROALIMENTARE AGROALIMENTARE AGROALIMENTARE AGROALIMENTARE AUTOMOTIVE AUTOMOTIVE AUTOMOTIVE AUTOMOTIVE AUTOMOTIVE AUTOMOTIVE AUTOMOTIVE AUTOMOTIVE ARTICOLI IN PELLE ARTICOLI IN PELLE ARTICOLI IN PELLE ARTICOLI IN PELLE ARTICOLI IN PELLE ARTICOLI IN PELLE ARTICOLI IN PELLE ARTICOLI IN PELLE AUTOVEICOLI AUTOVEICOLI AUTOVEICOLI AUTOVEICOLI AUTOVEICOLI AUTOVEICOLI ARREDO ARREDO ARREDO ARREDO ARREDO ARREDO ARREDO

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PAESE FATTURATO FATTURATO TOP IMPORTERS GERMANIA 5724 FRANCIA 7838 STATI UNITI 6351 UK 4355 SPAGNA 3134 SVIZZERA 9475 GIAPPONE 3730 CINA 2703 43310 GERMANIA 6612 FRANCIA 4604 STATI UNITI 4265 UK 3174 SPAGNA 1550 SVIZZERA 1444 AUSTRIA 1233 BELGIO 1204 24086 GERMANIA 5768 FRANCIA 4433 STATI UNITI 3876 UK 2581 SPAGNA 2005 POLONIA 1583 BELGIO 826 AUSTRIA 805 21877 GERMANIA 1565 FRANCIA 2757 STATI UNITI 1820 UK 1211 SPAGNA 725 SVIZZERA 5262 GIAPPONE 981 CINA 933 15254 GERMANIA 10863 FRANCIA 3976 SPAGNA 3515 TURCHIA 2265 BELGIO 1665 UK 1598 23882 GERMANIA 1860 FRANCIA 2521 STATI UNITI 1737 UK 1142 SPAGNA 551 SVIZZERA 653 BELGIO 430


ITALY EXPORTS AND TOP IMPORTERS

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