Glimpse - Emideo Roci

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GLIMPSE

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INDICE LA RIVISTA

Pag 10

TANGRAM

Pag 20

ORDINE DI LETTURA

Pag 34

DALL’ ELICA ALLA VESPA

Pag 38

LOGOTIPI

Pag 44

IMMAGINE COORDINATA

Pag116

SCHEDE LEZIONI

Pag124

LA MASCHERINA CHE VORREI

Pag148

AMBIGUE PERCEZIONI

Pag158

OGGETTO IMPOSSIBILE

Pag172

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Guarda fuori dalla finestra e se ciò che vedi ti piace, allora non c’è ragione di fare nuovi progetti. Se invece ci sono cose che ti riempiono di orrore al punto da farti venire voglia di uccidere i responsabili, allora esistono buone ragioni per un progetto. (Enzo Mari).

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INTRODUZIONE

La rivista “ Glimpse” tratta degli argomenti affrontati dal professor Francesco Fumelli durante le lezioni di Basic Design. Il titolo di questa rivista è ispirato a ció che ormai è diventata una nostra azione quotidiana, l’Intravedere, il vedere di sfuggita. Abbiamo passato il primo semestre nelle nostre case, la maggior parte del tempo di fronte ad un dispositivo elettronico quale il computer. Ci siamo misurati con la difficoltà del dover interagire costantemente con il digitale e sempre meno tramite il sociale. Siamo riusciti a confrontarci con i nostri professori e colleghi soltanto guardandoci di sfuggita. Fissavamo delle piccole finestre sullo schermo del nostro computer intenti a costruire e a costruirci. Il mondo cosí come lo conoscevamo si è fermato e noi, siamo potuti rimanere solo immobili a fissare quella finestra che ,di sfuggita, si affacciava sul nostro futuro. Questa rivista cercherà di trasmettere un design minimalista con uno sguardo rivolto al progresso.

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BASIC DESIGN

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Il basic design è la disciplina centrale del design e serve a insegnarlo concretamente a un pubblico di potenziali progettisti: riequilibra “le relazioni fra componente estetica, tecnologica e scientifica nella disciplina e nella professione”; intreccia intimamente propedeutica e fondazione disciplinare; è il luogo dove convergono e si concatenano di fatto ricerca formale ed espressiva, progetto e, appunto, insegnamento.

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COPERTINA

RETRO COPERTINA

SCHEMA DI ELABORAZIONE

SCHEMA DI ELABORAZIONE

Con questa copertina ho cercato di rappresentare al meglio il titolo della rivista “Glimpse”, cioè intravedere. La copertina è di tipo fotografico, possiamo vedere una finestra aperta sulla natura che cerca di invitare l’osservatore a uscire da quella finestra e conseguentemente immergersi nella rivista.

Con il retro copertina ho cercato di simulare la fine del viaggio all’interno della rivista Glimpse. La finestra chiusa rappresenta metaforicamente il retro copertina di un libro appena termianto. Il retro copertina è di tipo fotografico.

Per il titolo ho utilizzato il font “Acumin Concept - Medium” con corpo 110 pt. Le scritte “Basic 1“ sono Acumin Concept - Medium 10 pt.

Per la frase di ringraziamento ho utilizzato il font “Acumin Concept Italic” con corpo 18 pt. Le scritte “Basic 1“ sono Acumin Concept - Medium 10 pt.

GLIMPSE 10

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FONT

FONT

TITOLO - SOTTOTITOLO

TESTO - DIDASCALIE

ACUMIN MEDIUM

GARAMOND

TITOLI A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U VW X Y Z

TESTO - DIDASCALIE

abcdefghijklmnopqrstuvwxyz 1234567890 pt. 35

A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U VW X Y Z

interlinea 42 pt.

ACUMIN M. ITALIC

abcdef ghijklmnopqrstuvwxyz 1234567890

SOTTOTITOLI A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U VW X Y Z abcdefghijklmnopqrstuvwxyz

pt. 12 interlinea 14 pt.

1234567890 pt. 18 interlinea 21 pt.

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REGULAR

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LA RIVISTA

GRIGLIE E GABBIE LA RIVISTA

Una griglia o gabbia, è sostanzialmente una suddivisione dello spazio di lavoro tramite linee verticali e orizzontali volta ad organizzare gli spazi e delimitare gli elementi che andranno a comporre un progetto. È necessario iniziare sempre con la costruzione delle griglie perchè si può dire che rappresentino le fondamenta di un edificio e se immaginiamo un edificio senza fondamenta sappiamo che crollerebbe. Mentre le griglie sono fondamentali per la costruzione del Layout che intendiamo realizzare, le gabbie sono in grado di creare armonia tra le forme e i rapporti, come avviene ad esempio grazie alla creazione di spazi bianchi. Con la costruzione di griglie e gabbie ,nella rivista Glimpse si cercherà di estrapolare una sensazione di armonia e allo stesso tempo di far provare un senso di fastidio provocato dai molti spazi bianchi in grado di rendere difficile l’ espressione di una immediata sensazione durante la lettura.

La rivista Glimpse è in formato verticale A4 ( 21 x 29,7 ). I margini delle pagine sono a 12 mm in alto e in basso e 24 mm tra le due pagine. La griglia che ho deciso di utilizzare per la rivista è formata da 6 colonne e sei righe all’interno dei margini di pagina. I canali verticali e orizzontali sono di 4mm. Le griglie sono di 27 mm x 41 mm . Questa struttura permette di organizzare facilmente gli elementi nella pagina.

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ESEMPI DI IMPAGINAZIONE

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TITOLO SOTTOTITOLO TESTO IMMAGINI

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TANGRAM LE 7 PIETRE DELLA SAGGEZZA

l tangram è un gioco rompicapo cinese. È costituito da sette tavolette (dette tan) inizialmente disposte a formare un quadrato. I sette tan sono due triangoli rettangoli grandi, un triangolo rettangolo medio e due piccoli, un quadrato ed un parallelogramma. Lo scopo del puzzle è quello di formare una figura utilizzando tutti i pezzi senza sovrapposizioni. Come accennato inizialmente il Tangram è un gioco di origine orientale di cui si accerta l’esistenza a partire dal XVIII secolo, ma che potrebbe avere origini ancor più remote. Anche l’origine del suo nome ha delle ombre: la maggior parte degli esperti ritiene che questa parola derivi dall’unione tra due termini tang o tan, che significa “cinese” e gram, che invece significherebbe “immagine”. La leggenda circa la nascita di questo rompicapo è molto curiosa: “Un monaco donò ad un suo discepolo un quadrato di porcellana e un pennello, dicendogli di viaggiare e dipingere sulla porcellana le bellezze che avrebbe incontrato nel suo cammino. Il discepolo, emozionato, lasciò cadere il quadrato, che si ruppe in sette pezzi. Nel tentativo di ricomporre il quadrato, formò delle figure interessanti. Capì, da questo, che non aveva più bisogno di viaggiare, perché poteva rappresentare le bellezze del mondo con quei sette pezzi.” Da qui dunque anche il soprannome di pietre della saggezza: in 7 piccoli frammenti è possibile vedervi racchiuso il mondo, la chiave è usare l’immaginazione.

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FUMETTO PRIMA ESERCITAZIONE

In un formato A4 verticale o orizzontale e partendo da un tangram tradizionale (a fianco), provare a definire una storia dove dei personaggi costruiti ognuno utilizzando TUTTI i pezzi del Tangram (le 7 parti per ogni figura). compongano una storia di fantasia. È possibile delimitare l’area come se fosse un fumetto, ma non è possibile utilizzare colori o scrivere testo. Tutte le forme devono essere del medesimo colore, o nero o grigio

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EMOZIONI SECONDA ESERCITAZIONE ISPIRAZIONE

STABILITÀ E BILANCIAMENTO

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EMOZIONI SECONDA ESERCITAZIONE ISPIRAZIONE

DINAMISMO

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EMOZIONI SECONDA ESERCITAZIONE ISPIRAZIONE

RABBIA

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EMOZIONI SECONDA ESERCITAZIONE ISPIRAZIONE

CALMA E RILASSAMENTO

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EMOZIONI SECONDA ESERCITAZIONE ISPIRAZIONE

QUESTO SONO IO

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INFLUENZAMENTO ORDINE DI LETTURA

Su un formato A3 verticale, al quale va attribuito un colore piatto a piacere, piazzare le prime cinque cifre (1,2,3,4,5), nell’ordine, in un carattere tipografico (unico) a piacere (non sono ammessicaratteri calligrafici o disegnati ad hoc dallo studente). Ci si deve aiutare definendo preventiivamente nella pagina 5 aree verticali (guide) variabili. Le cifre possono essere ingrandite o rimpicciolite ma non deformate, possono essere spostate verso l’alto o abbassate lungo l’asse verticale e ruotate o capovolte ma non rese speculari (riflesse). In ogni modo le cifre non devono mai sovrapporsi e non devono mai sovrapporsi neppure le bande ideali verticali (guide) che contengono le cifre.

Anche il colore delle cifre può essere una tinta a piacere piatta anche diversa tra cifra e cifra ma non sfumata. Si richiede di impostare due esercitazioni su due fondi di colore diverso. È vietato invertire la sequenza orizzontale delle cifre. I caratteri non possono essere dello stesso colore del fondo e non inferiori a 2 cm di dimensione

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ESERCITAZIONE

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2

1

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2345

Emideo Roci

Emideo Roci

OBBIETTIVO

OBBIETTIVO

L’obiettivo consiste nell’ottenere un documento ove si legga un numero diverso da dodicimilatrecentoquarantacinque.

L’obiettivo consiste nell’ottenere un documento ove si legga un numero diverso da dodicimilatrecentoquarantacinque.

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IMPAGINATO DALL’ELICA ALLA VESPA

COPERTINA

Su un foglio di carta a quadretti si progetti un impaginato di 4 pagine (copertina/retrocopertina/due pagine di contenuti) basato sul ¨grid system¨.

CORRADINO CORRADINO D’ASCANIO D’ASCANIO

Tutto il testo e tutte le immagini devono essere utilizzate nell’impaginato, in aggiunta è possibile inserire altri testi e altre immagini. In sostanza occorre usare il materiale allegato ed eventuali nuovi materiali per progettare un impaginato (A4) così composto: - copertina con immagine/i e titoli - 2 pagine di contenuti (allegati) ed eventualmente nuovi a piacere - retro copertina

DALL’ ELICA ALLA VESPA

FRANCESCO FUMELLI

La copertina dell’impaginato “ Dall’ Elica alla Vespa “ è una copertina di tipo fotografica, i titoli in copertina sono Nobel Black Condensed con corpo 50 pt e interlinea 62 pt.

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L’ing.Corradino D’Ascanio è noto come l’inventore della

Vespa, lo scooter per antonomasia, nato nel 1946 dalla riconversione alla produzione civile della Piaggio, dopo la parentesi della guerra. Non è altrettanto noto che D’Ascanio, 16 anni prima (1930) riuscì per la prima volta al mondo a far volare un elicottero. Ed esiste un legame forte tra l’elicottero e la Vespa, o meglio tra il D’Ascanio progettista aeronautico e la filosofia della Vespa come mezzo di motorizzazione di un paese che si risollevava dopo una pesante guerra. D’Ascanio, dopo una carriera brillante nel settore aeronautico, in Italia e negli USA arriva a concretizzare nel 1930 il primo elicottero capace di volare davvero, ben quattro secoli dopo le irrealizzate e disegnate intuizioni di Leonardo Da Vinci. La prima commessa viene dal Ministero dell’Aeronautica, ma il Ministero stesso non vede ancora in quel veicolo ancora così apparentemente fragile una macchina adatta all’uso militare e i finanziamenti sono dirottati altrove. Il rapporto di D’Ascanio con Piaggio deriva proprio dalla sua seguente collaborazione con la Piaggio di Pontedera. Oggetto della collaborazione la progettazione di un’elica per aeroplani, che si dimostrerà talmente efficace da essere diffusa ed acquistata da tantissime fabbriche di aerei in tutto il mondo. E sempre per Piaggio - nel 1939 - D’Ascanio insiste nel realizzare un prototipo del primo elicottero “moderno” molto più maturo dei suoi precedenti e già simile a quelli attuali. Durante un bombardamento nel 1943 (in piena seconda guerra mondiale) questa macchina verrà parzialmente distrutta e solo nel 1949 - a guerra terminata - D’Ascanio potrà ricostruirla e migliorarla, arrivando al prototipo finale del PD3. Macchina che si alzò in volo nel 1950 e dimostrò ottime doti di guidabilità e stabilità. Da notare che il tutto avveniva ancora nel pieno disinteresse all’elicottero da parte dell’Aeronautica Militare, assai poco lungimirante, se si pensa al ruolo bellico fondamentale che tale veicolo assumerà solo pochi anni dopo (si pensi agli Apache nella guerra del Vietnam). Piaggio cesserà di li a poco ogni studio su questo tipo di velivolo, nonostante l’evoluzione netta ottenuta da D’Ascanio con il successivo PD4. Piaggio chiude quindi la sua avventura con l’elicottero per la mancanza di finanziamenti, curioso notare come tale veicolo farà invece - a partire dal 1952 - la fortuna della Augusta, altra azienda Italiana, che ne aveva visto e compreso le potenzialità. Finita la seconda guerra mondiale la Piaggio, oltre al problema di ricostruire gli stabilimenti bombardati, deve riconvertire la produzione in ambito civile dopo la produzione bellica. Enrico Piaggio conferisce nel 1945 a D’Ascanio, il compito di studiare un veicolo capace di rendere possibile ed economico il trasporto privato individuale.Il tema progettuale posto a D’Ascanio riguarda un veicolo a due ruote, poco costoso da produrre e facile da guidare. Enrico Piaggio mostra a D’Ascanio il Paperino, veicolo che Piaggio aveva già assemblato negli stabilimenti di Biella, proprio per cercare di realizzare uno “scooter” per uso generale.

Ma il Paperino è inadatto anche come concetto, Corradino D’Ascanio vuole un veicolo più comodo, con una maggiore protezione e che possa essere guidato senza sporcarsi i vestiti in ogni condizione meteo, dove si possa sedere con una posizione più automobilistica e dove sia agevole cambiare la ruota bucata se sia necessario farlo, anche grazie alla presenza della ruota di scorta (un concetto prettamente automobilistico). Per realizzare la Vespa quindi riparte da zero, e affianca soluzioni tecnologiche di derivazione aeronautica (a lui note) come il telaio monotubo per la ruota anteriore a sostituire la forcella. Il telaio della vespa è un telaio di origine automobilistica, autoportante, leggero ma robusto e protettivo. Insomma il D’Ascanio ingegnere aeronautico affronta il tema scooter partendo da presupposti molto diversi dai concetti motociclistici. La prima Vespa prende forma nel 1945 e nel 1946 cominciano ad uscire gli esemplari di produzione dai nuovi stabilimenti Piaggio, appena ricostruiti. A livello di design la Vespa non si mostrava aggressiva, la sua rotondità anzi la faceva percepire come veicolo rassicurante ed affidabile, adatto a percorsi sia stradali che sconnessi, non in difficoltà nelle dissestate strade di un paese appena uscito da un conflitto. Il rifiuto di D’Ascanio di partire da un mezzo precedente (il Paperino) gli ha permesso un approccio razionale e sintetico, centrato sugli elementi del problema. La Vespa è un prodotto di design concepito da una mente pragmatica, abituata a risolvere problemi di strutture leggere ed affidabili (come nei progetti aeronautici) ma capace anche di immedesimarsi senza preconcetti nel pubblico per interpretarne le esigenze e richieste di una motorizzazione semplice e diffusa, molto diverse dai concetti della “motocicletta” un veicolo complesso, difficile da guidare e costoso da manutenere, più “sportivo” e meno “turistico”. E Vespa è invece un veicolo strutturalmente semplice, facile da produrre e da manutenere, facilissimo da guidare. La sintesi perfetta del progetto Vespa è nella scocca portante, che risolveva al tempo stesso il problema della struttura e la tipologia della forma. La “morfologia” della Vespa è la sua struttura principale, una fusione tra funzione ed espressività raramente cosi’ presenti e integrate in un prodotto industriale. Un anno dopo la prima Vespa, esce la prima versione del motofurgone Ape, che usava all’anteriore la struttura della Vespa cui veniva aggiunto un cassone multifunzionale al posteriore. Nel 1949 la Vespa giunge alla seconda serie e nel 1953 le Vespa prodotte saranno 600.000. La Vespa si è sempre saputa rinnovare, anche a dispetto del suo restare sempre simile a se stessa, anche grazie a sapienti operazioni di marketing, campagne promozionali e pubblicitarie anche molto famose ed importanti di cui il Museo Piaggio conserva memoria nei poster, allestimenti speciali, ed altro materiale di promozione che costituisce una testimonianza dell’efficacia della buona comunicazione d’impresa. La Vespa insomma, deve molto all’elicottero ed è più simile ad una automobile che ad un motociclo di quanto si potrebbe pensare.

D’Ascanio esamina il Paperino ma subito lo scarta, lo ritiene troppo motociclistico e in ogni caso rifiuta un progetto non da lui impostato.Per suo carattere è abituato a gestire un progetto da zero a disegnare e costruire le singole parti direttamente.

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Roci Emideo.

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RETRO COPOERTINA

Il retro copertina della rivista è un proseguimento della copertina fotografica, con questo sistema le due copertine sono collegate formando un’unica copertina in due formati A4.

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LOGOTIPI INTRODUZIONE

Un logo logotipo,dal greco λόγος logos “parola” and τύπος typos “lettera” è la scritta, che solitamente rappresenta un prodotto, un servizio, un’azienda, un’organizzazione, una band musicale o altro ancora. Tipicamente è costituito da un simbolo o da una versione o rappresentazione grafica di un nome o di un acronimo che prevede l’uso di un lettering ben preciso. Il logo può essere formato esclusivamente dal Logotipo e quindi essere rappresentato da un letterig che riproduce un espressione fonetica ad esempio: Coca – Cola, IBM, ASUS etc.. Oppure il logo può essere formato esclusivamente da un Pittogramma, Ideogramma, monogramma e acronimo oppure da una combinazione di due o più di questi. Il logo è anche l’emblema dell’ambiente e dell’epoca in cui vivono le persone. L’evoluzione della progettazione del logo potrebbe essere fatta risalire all’antica Grecia, quando i sovrani e le loro dinastie usavano monogrammi per le proprie monete. La moderna progettazione di un logo però risale al Rinascimento, intorno al XIII secolo. Qui orafi, produttori di carta e molti altri usavano dei segni-stampa in oro, simboli cesellati, filigrana su carta e semplici impronte digitali su ceramica. Oggi tutte le aziende usano un segno, un’icona, un simbolo o una combinazione di questi come logo: sicuramente è uno degli aspetti che più caratterizzano la società moderna e quella del recente passato. Oggi sono ovunque: sulle riviste, sul web, sui nostri smartphone. Logo oggi significa branding: anche se il concetto stesso è abbastanza recente (prima non ci si accorgeva nemmeno di un cambio improvviso di forme o font) il primo marchio brevettato risale al 1875 in Gran Bretagna. Fu la birra Bass Pale Ale a farlo: Il suo design semplice e l’iconico triangolo ha aiutato Bass a diventare il primo produttore di birra nel 1890, citata esplicitamente anche da James Joyce nell’Ulisse

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LOGO GEOMETRICO

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LOGO GEOMETRICO

LOGO GEOMETRICO

STUDIO DELLE MATRICI GEOMETRICHE

DEFORMAZIONI MATRICE Inclinazioni

Matrice geometrica

Costruzione capitello Palladio

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Logo con matrice

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LOGO GEOMETRICO

LOGO GEOMETRICO

SIMMETRIE

COMPOSIZIONI E ORME GEOMETRICHE Simmetria centrale di grado 3

Composizione esagonale

Assiale rispetto all’asse verticale

Pattern

Simmetria traslatoria

50

51


LOGO GEOMETRICO

LOGO GEOMETRICO

EFFETTO BIDIMENSIONALE

EFFETTO TRIDIMENSIONALE

52

53


LOGO GEOMETRICO

LOGO GEOMETRICO

SCALA DI GRIGI

VARIANTI CROMATICHE

020203

3c3c3b

66358c

66358

575756

706f6f

0293 b5

59bbaa

878787

9d9d9c

d41116

f18819

54

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LOGO GEOMETRICO

LOGO GEOMETRICO

EFFETTI GRAFICI , PERCETTIVI E TEXTURES

PROPOSTA FINALE

VARIAZIONI DIMENSIONALI

1 Cm

56

57


58

59


LOGO NATURALE

60

61


LOGO NATURALE

LOGO NATURALE

STUDIO DELLE MATRICI GEOMETRICHE

DEFORMAZIONI MATRICE Inclinazioni

Matrice geometrica

Logo con matrice

62

Logo

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LOGO NATURALE

LOGO NATURALE

SIMMETRIE

COMPOSIZIONI E ORME GEOMETRICHE Simmetria assiale e traslatoria

Composizione esagonale

Simmetria assiale

Pattern Assiale rispetto all’asse verticale e orizzontale

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LOGO NATURALE

LOGO NATURALE

EFFETTO BIDIMENSIONALE

EFFETTO TRIDIMENSIONALE

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LOGO NATURALE

LOGO NATURALE

SCALA DI GRIGI

VARIANTI CROMATICHE

020203

3c3c3b

a62929

902584

575756

706f6f

e2b2d4

f9c900

878787

9d9d9c

004764

69b42e

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LOGO NATURALE

LOGO NATURALE

EFFETTI GRAFICI , PERCETTIVI E TEXTURES

PROPOSTA FINALE

VARIAZIONI DIMENSIONALI

0,6x1 Cm

70

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ROOIBOS

ROOIBOS

BAGS

BAGS

50 GRAMS | 2.5 GR per BAG

50 GRAMS | 2.5 GR per BAG

ARTISAN TEA

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ARTISAN TEA

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LOGO ACRONIMO

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LOGO ACRONIMO

LOGO ACRONIMO

STUDIO DELLE MATRICI GEOMETRICHE

DEFORMAZIONI MATRICE Inclinazioni

Struttura modulare

Matrice geometrica

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Logo

77


LOGO ACRONIMO

LOGO ACRONIMO

SIMMETRIE

COMPOSIZIONI E ORME GEOMETRICHE Simmetria assiale e traslatoria

Composizione esagonale

Simmetria traslatoria

Assiale rispetto all’asse verticale e orizzontale

78

Pattern

79


LOGO ACRONIMO

LOGO ACRONIMO

EFFETTO BIDIMENSIONALE

EFFETTO TRIDIMENSIONALE

80

81


LOGO ACRONIMO

LOGO ACRONIMO

SCALA DI GRIGI

VARIANTI CROMATICHE

000000 - 3c3c3b - 575756

575756 - 706f6f - 878787

341f4f - 542583 - 5b3f92

232956 - 24388a - 2f4f9e

706f6f - 878787 - 9d9d9c

878787 - 9d9d9c - b2b2b2

00786f - 0bac99 - 66c1bd

278a36 - 52ae32 - 80ba27

9d9d9c - b2b2b2 - c6c6c6

b2b2b2 - c6c6c6 - dadada

e0760c - f59b42 - fbc89aV

7d170f - c11718 - e6302d

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LOGO ACRONIMO

LOGO ACRONIMO

EFFETTI GRAFICI , PERCETTIVI E TEXTURES

PROPOSTA FINALE

VARIAZIONI DIMENSIONALI

1 Cm

84

85


86

87


LOGO LIBERO

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LOGO LIBERO

LOGO LIBERO

STUDIO DELLE MATRICI GEOMETRICHE

DEFORMAZIONI MATRICE Inclinazioni

Struttura modulare

Modulo con matrice geometrica

90

Logo

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LOGO LIBERO

LOGO LIBERO

SIMMETRIE

COMPOSIZIONI E ORME GEOMETRICHE Simmetria assiale

Composizione esagonale

Simmetria assiale rispetto all’asse verticale eorizzontale

Pattern Simmetria rotatoria

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LOGO LIBERO

LOGO LIBERO

EFFETTO BIDIMENSIONALE

EFFETTO TRIDIMENSIONALE

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95


LOGO LIBERO

LOGO LIBERO

SCALA DI GRIGI

VARIANTI CROMATICHE

020203 - 3c3c3b

3c3c3b - 575756

662483

2d2e83

575756 - 706f6f

706f6f - 9d9d9c

009fe3

be1622

9d9d9c - b2b2b2

b2b2b2 - c6c6c6

cbbba0

ffed00

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LOGO LIBERO

LOGO LIBERO

EFFETTI GRAFICI , PERCETTIVI E TEXTURES

PROPOSTA FINALE

VARIAZIONI DIMENSIONALI

1 Cm

98

99


100

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LOGO LETTURA MULTIPLA

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LOGO LETTURA MULTIPLA

LOGO LETTURA MULTIPLA

STUDIO DELLE MATRICI GEOMETRICHE

DEFORMAZIONI MATRICE Inclinazioni

Struttura modulare

Modulo con matrice geometrica

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Logo

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LOGOLETTURA MULTIPLA

LOGO LETTURA MULTIPLA

SIMMETRIE

COMPOSIZIONI E ORME GEOMETRICHE Composizione esagonale Simmetria assiale traslatoria

Simmetria traslatoria

Pattern

Simmetria assiale rispetto all’asse verticale e orizzontale

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LOGO LETTURA MULTIPLA

LOGO LETTURA MULTIPLA

EFFETTO BIDIMENSIONALE

EFFETTO TRIDIMENSIONALE

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LOGO LETTURA MULTIPLA

LOGO LETTURA MULTIPLA

SCALA DI GRIGI

VARIANTI CROMATICHE

020203

3c3c3b

6f2b86

3b4093

575756

706f6f

0279bb

ce1417

878787

9d9d9c

03a58c

e97c1a

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LOGO LETTURA MULTIPLA

LOGO LETTURA MULTIPLA

EFFETTI GRAFICI , PERCETTIVI E TEXTURES

PROPOSTA FINALE

VARIAZIONI DIMENSIONALI

1 x 0,4 Cm

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IMMAGINE COORDINATA

In inglese, la parola “mockup” significa letteralmente “modello” e ha molteplici significati e utilizzi, come termine, a seconda del contesto. In ambito grafico, si riferisce a quei particolari elementi /file che servono a mostrare la resa finale di un elaborato grafico. I mockup servono, principalmente, a far capire come un progetto grafico possa prendere vita una volta stampato o applicato su una superficie. Ad esempio, quando progetti un logo per un cliente, è necessario che quel cliente capisca esattamente come andrà a vivere il suo logo nel mondo reale, una volta uscito dalla sua bidimensionalità. I mockup serviranno quindi per mostrare quale effetto produrrà il logo, quando dovrà essere stampato su un biglietto da visita, su un cartellone pubblicitario, su un libro o su un agenda. Creare un mockup significa dare vita ad un’anteprima convincente di un progetto che mostra la resa finale delle sue applicazioni pratiche.

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IMMAGINE COORDINATA

IMMAGINE COORDINATA

CARTA INTESTATA

CARTA INTESTATA

Foglio principale

Foglio secondario 8 cm

3 cm 1,5 cm

7 cm

7 cm

OP T I CAL S H OP

O P TI C A L S H O P

2,5 cm Accuptatur? Eperest la que praectatio. Nemoluptur susam, tem con rem eaque praesto blam quuntii stibuscius. Ori in recaestis aliam, quidigendam estius voluptas alit maionse quiatur? Uci qui ad quodit que repe dolesto quaecab oratecus.

Accuptatur? Eperest la que praectatio. Nemoluptur susam, tem con rem eaque praesto blam quuntii stibuscius. Ori in recaestis aliam, quidigendam estius voluptas alit maionse quiatur? Uci qui ad quodit que repe dolesto quaecab oratecus.

Equaspellant as cum verunt audantem etv olor moloruptat ant. Sunt re el molorun tumque doluptas quost, sitasitat voles aliquideles derferovit, quae cuptas reptasp ellabo. Ita qui remo etur, ium aut quatio im vendigendis aut velitiae.

Equaspellant as cum verunt audantem et volor moloruptat ant. Sunt re el molorun tumque doluptas quost, sitasitat voles aliquideles derferovit, quae cuptas reptasp ellabo. Ita qui remo etur, ium aut quatio im vendigendis aut velitiae.

Nam, simaxim harchic idelest ibeatasv enitamv oluptatia qui cuptus es eos re et quasitatiae necea quibus dolo magni doluptatet pellectiam est qui quibusc iatempostrum faceped ut plibus si omnihicab id most, exped que nam, omnia perchicto int rendi

Nam, simaxim harchic idelest ibeatas venitam voluptatia qui cuptus es eos re et quasitatiae necea quibus dolo magni doluptatet pellectiam est qui quibusc iatempostrum faceped ut plibus si omnihicab id most, exped que nam, omnia perchicto int rendi Ut essiti quae. Ut quaepud itaquas dolorerciis quis nosa eribusapero blatem sequi diaes della quatati at est, eostis et excepudit landissimpor res et dellessequi dit magnis corum illat maionem ipsa debis estia iume volut into oditemperum, et utem faccusa ndelici enecti odictat ent.

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SCHEDE LEZIONE

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SCHEDE LEZIONE

SCHEDE LEZIONE

ENZO MARI

ENZO MARI

Perchè queste note sul progetto? La vera questione era e rimane “che fare” della mia vita o, meglio,della nostra vita. La qualità della vita, almeno per gli aspetti che possiamo determinare, è basata prevalentemente sulla qualità del lavoro svolto da ognuno di noi. Possiamo immaginare un grado di qualità tanto più alto quanto maggiore risulta la progettualità del lavoro. Non sto alludendo a libertà progettuali elitarie o fortunate; Intendo- con grado di progettualità- l’essere padroni di compiere scelte, sia pur minime, Nel realizzare il proprio lavoro (e la propria vita). Con ciò si arriva a una ovvietà essenziale: lavoro come alienazione o come trasformazione. Proprio tale ovvietà rende difficile delineare una qualche teoria, non riduttiva, del progetto… La parola “progetto” coinvolge molteplici pratiche di lavoro. Possiamo anche dire che le coinvolge tutte nel momento in cui ogni specifica pratica ricerca soluzione “altre” o più frequentemente, cerca di ottimizzare le proprie norme o i propri fini. Come, ad esempio, il “progetto di una città oppure quello di un cucchiaio” (Ernesto N. Rogers); Ma anche il progetto di un codice legislativo oppure quello di un codice linguistico. PROGETTO E PASSIONE ENZO MARI”

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Enzo Mari nacque a Cerano (Novara) nel 1932. Crebbe in una famiglia in cui vi erano pochi mezzi di sostentamento, dovette “farsi da solo” e considerò sempre questa essere stata la sua più grande fortuna. Desiderava iscriversi all’università ma non finì mai i suoi studi al liceo Classico. Crescendo venne casualmente a sapere che avrebbe potuto avere la possibilità di iscriversi all’ Accademia di Belle Arti di Brera (Milano) facendo un semplice test di disegno. 1952 al 1956 La sua formazione artistica iniziò con la riscoperta dell’arte classica. Si appassionò allo studio di fondamentali autori come Giotto, Piero della Francesca e Masaccio. Dopo aver visitato numerosi luoghi culturali e artistici tra cui la bellissima Cappella Sistina maturò la convinzione che per lui l’arte fosse definibile sinsematica e polisemica. Nel 1957 iniziò la sua attività di design, primariamente nell’ambito della ricerca formale personale lavorando in collaborazione con numerose industrie e successivamente nei settori della grafica, dell’editoria, del prodotto industriale e dell’allestimento mostre. Mari applicò alla sua produzione, i suoi studi personali basandosi sui temi della percezione e dell’aspetto sociale del design. Studiò la funzione di quest’ultimo nella vita quotidiana e il ruolo del designer nel processo industriale. Il designer, secondo Mari, non si sarebbe dovuto limitare alla creazione di oggetti belli e forme piacevoli: l’aspetto funzionale era imprescindibile, così come lo era l’efficienza delle scelte progettuali in campo di materiali e lavorazioni, secondo lui non ci poteva essere poesia senza metodo.

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SCHEDE LEZIONE ENZO MARI

Dopo essersi affermato Internazionalmente tra i più rappresentativi designer in Italia e nel mondo, si concentrò molto sulla continua ricerca e sperimentazione di nuove forme e significati del prodotto, anche in contrapposizione con gli schemi tradizionali del disegno industriale. Il suo lavoro fu il risultato di precise convinzioni e prese di posizione a livello “ideologico e politico”, d’ispirazione egualitaria e marxista.

Critico verso ciò che secondo lui era ormai diventato il design una volta conclusasi l’epoca d’oro degli anni sessanta e settanta, Mari attribuì al marketing la colpa di aver trasformato il designer da filosofo creativo a semplice interprete di tendenze. A fronte di queste considerazioni, nel 1999 Mari scrisse il Manifesto di Barcellona, in cui sosteneva necessario e di fondamentale importanza il ritorno alla “tensione utopizzante delle origini del design” invocando così un nuovo giuramento di Ippocrate per cui “l’etica è l’obiettivo di ogni progetto”

Enzo Mari credeva che il processo creativo avesse molto in comune con la concentrazione di un bambino intento a giocare: una volta affermò infatti : «Voglio che il mio lavoro sia come un gioco». Agli esordi della sua carriera egli dedicò buona parte del suo tempo a creare giochi come I 16 Animali che furono particolarmente ricercati principalmente dai bambini per il loro tratto bizzarro ma anche dagli appassionati di design per via della loro maestria formale.

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ENZO MARI

ENZO MARI

16 ANIMALI

Il gioco fu commissionato a Mari nel 1956, periodo in cui il designer era impegnato nella ricerca e sviluppo per il grande magazzino milanese La Rinascente che effettuò in collaborazione con sua moglie Lela, specialista di percezione visiva e comunicazione nella prima infanzia. Mentre studiava i giochi scandinavi di legno, Mari fu affascinato dall’idea di creare un serraglio di animali da un’unica linea. Rivolto a un target d’età prescolare, 16 Animali è quasi un libro intento a inventare e reinventare storie sul mondo cosi come lo percepiscono i bambini. 16 Animali è un puzzle abilmente creato in modo da ricavare, da un’unica tavola rettangolare di legno e con un unico taglio continuo, le sagome di animali come serpenti, cammelli, elefanti, alligatori e altri ancora.

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A influenzare fortemente il famoso designer erano stati i rigori del pensiero razionalista così come i dogmi della psicologia Gestalt. Egli aspirava a creare un design che incorporasse il massimo significato con il numero minimo di componenti. Ispirandosi essenzialmente a forme naturalistiche e trasformandole in simboli, dopo più di una trentina di schizzi e tre prototipi, Mari progettò la versione finale del gioco il cui fine era quello di sfidare i bambini a identificare con certezza ciascun animale. Gli elefanti avevano la proboscide e i serpenti la coda, ma Mari si divertì a sintetizzare le forme con il minor numero di elementi necessari. Dopo un anno il produttore Danese scelse di mettere in produzione il puzzle che fu composto inizialmente in legno. La scelta di questo materiale si rivelò però troppo onerosa dal punto di vista economico e ciò causò l’interruzione della produzione in legno dei 16 ANIMALI rendendo così la serie originale un articolo raro e molto ricercato dai collezionisti. In seguito l’azienda ne sperimentò la produzione in schiuma plastica espansa, più durevole, più economica e facile da produrre, 16 Animali divenne ben presto un successo commerciale.

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ENZO MARI E IL TANGRAM

ENZO MARI E IL TANGRAM

INTRODUZIONE

Il Tangram è e un modo per riscoprire ciò che c’è nella realtà che ci circonda e per individuare quell’essenza matematica presente nel mondo così da riscoprirla in soli sette “pietre” proprio come la leggenda narrata in precedenza ci insegna. Enzo Mari con i suoi 16 animali diede la dimostrazione che anche con il minimo delle componenti necessarie sia possibile ottenere il massimo del significato riuscendo a mantenere un equilibrio tra una corretta percezione e dando sfogo a ingegno e fantasia dei più piccoli ma anche dei più grandi dotati comunque naturalmente di una minore immaginazione rispetto ai primi citati.

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Tramite questa esercitazione ho cercato di applicare il pensiero proggettuale di Mari : -Ricerca della forma perfetta -Massimo significato con minor numero possibile di componenti

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ENZO MARI E IL TANGRAM

ENZO MARI E IL TANGRAM

PROGETTAZIONE

PROGETTAZIONE

Costruzione dei “16 animali” di Enzo Mari usando la tecnica del Tangram con l’ausiolio di Adobe Illustrator.

MATERIALE: -Acero scuro MISURE : -La profondità di ogni componente misura 5,5 cm. -L’altezza totale misura 38 cm. -La larghezza misura 27 cm

16 Animali Enzo Mari

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ECODESIGN I primi ad aver posto critiche riguardo il degrado ambientale, aprendo una significativa discussione dovuta all’espansione dell’attività industriale, sono i membri del movimento arts and crafts (1859-1900). William Morris (1834-1895) fu uno dei primi a dedicarsi ad una serie di attività e pratiche per raggiungere una migliore qualità della vita, degli oggetti e dell’ambiente. Le questioni teoriche iniziarono ad avere un peso concreto sui progetti e sulle produzioni industriali di oggetti d’uso quotidiano quasi quarant’anni dopo l’inizio del dibattito, che si aprì già tra la fine degli anni 60 e l’inizio degli anni 70 quando si riscontrarono le prime prese di posizione nei confronti dei problemi ambientali. Alcuni esponenti della cultura del design spostarono la loro attenzione sulle problematiche legate alle responsabilità del progettista a riguardo del tema dei consumi. Con il termine ecodesign si intende quel modello economico che desidera creare accessori ecologici e sostenibili, dall’inizio alla fine. Non è un caso che “eco design” sia sinonimo di una concezione di design sostenibile ed ecologico al 100%. L’eco-design è il frutto dell’incontro magico tra l’artigianalità dei processi e l’utilità di un prodotto. Questo tipo di mercato soprattutto negli ultimi anni è in grande espansione, anche per quanto riguarda la creazione di complementi d’arredo e oggetti di uso comune che rinascono in chiave green.

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Si definisce eco-design l’intero processo d’ideazione e progettazione di oggetti di uso comune che hanno lo scopo di ridurre al minimo l’impatto ambientale durante il loro ciclo di vita: dallo studio, alla produzione, alla vendita sul mercato. Con ciclo di vita si intendono tutte le fasi nelle quali il prodotto è coinvolto, dalle materie prime fino alla fine della sua vita, tale percorso copre dall’approvvigionamento delle risorse naturali, le fasi intermedie che riguardano la produzione del bene, il packaging e la logistica delle merci, l’uso e il relativo mantenimento, fino alla gestione del fine vita sia che il prodotto sia dismesso che riusato. I materiali ecosostenibili nel design sono al centro dei processi perchè devono rispettare determinati standard basandosi sui principi del riuso e del riciclo e perché devono rinnovare la volontà di trovare sempre nuovi elementi naturali in grado di comporre prodotti a basso impatto ambientale così da ridurre al minimo l’inquinamento del Pianeta. Nel design ecologico i materiali sono sempre :riutilizzabili, biodegradabili, riciclabili, non tossici e in grado di assicurare la massima durata nel tempo dell’oggetto. L’ecodesign trova definizione all’interno di un’economia circolare che crea un modello di vita sostenibile, che spinge per una progettazione consapevole e che impiega le risorse in modo efficiente, cercando allo stesso tempo di ridurre la quantità di rifiuti. Gli accessori di design a impatto zero sono inoltre facilmente riparabili e riutilizzabili e questo garantisce ancora una volta la massima durata nel tempo dell’oggetto.

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DAVE HAKKENS Arriva dall’Olanda l’idea che potrebbe realmente contribuire all’abbattimento del consumo di plastica e facilitarne il riutilizzo domestico. A rendere possibile questa operazione sarebbero i macchinari inventati da Dave Hakkens e che fanno parte di un progetto chiamato “Precious plastic”. Questi macchinari possono essere costruiti in casa seguendo le istruzioni che lo stesso inventore ha reso pubbliche. Il progetto è nato nel 2013 con la presentazione di un primo macchinario in grado di riciclare la plastica e nel corso dei successivi cinque anni si è perfezionato. Attualmente la comunità di Precious Plastic è composta da centinaia di persone che contribuiscono reciprocamente ad una causa comune: combattere il consumo della plastica. Poiché è tutto gratuito, ciascun membro della comunità condivide le proprie idee e fornisce strumenti utili a ridurre il consumo dei materiali plastici Come detto in precedenza in piena linea con lo spirito del progetto, Hakkens ha reso pubblici gli schemi per costruire i macchinari ricicla plastica caricandoli sul sito di Precious Plastic Attualmente esistono gli schemi per ben quattro macchinari. Ogni macchinario può essere costruito senza troppe difficoltà poiché utilizza materiali facilmente reperibili.

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PROCESSO DI PRODUZIONE I MACCHIANRI

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2 Shredder Machine o macchina distruttrice: questo è il primo strumento realizzato da Hakkens e costituisce la spina dorsale del progetto Precious Plastic. Questo macchinario viene utilizzato per frammentare i pezzi di plastica molto grandi in frammenti più piccoli. Questi piccoli frammenti possono poi essere utilizzati come componenti per gli altri macchinari oppure essere rivenduti alle fabbriche. Con la Shredder Machine si può anche impostare la dimensione dei frammenti.

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Extrusion Machine o macchina deformante: L’estrusione è un processo continuo durante il quale i frammenti di plastica vengono inseriti nella tramoggia ed estrusi in una linea di plastica. La macchina di estrusione funziona ininterrottamente, così, in linea teorica, se si ha abbastanza plastica a disposizione e un processo ben strutturato, sarebbe possibile riciclare 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Con la macchina di estrusione è possibile creare residui filamentosi, granulari o lavorare in modo creativo con gli stampi. Questa macchina è ottima anche per scopi didattici, poiché il processo è molto semplice e facile da capire. Questa tecnica mescola bene plastiche di diverso colore e produce un colore omogeneo e uniforme.

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PROCESSO DI PRODUZIONE I MACCHIANRI

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4 Injection Machine o macchina creatrice d’oggetti: Questo macchinario di tipo più avanzato consente di creare oggetti molto specifici e in tempi relativamente brevi. La difficoltà iniziale consiste nel creare correttamente gli stampi ma una volta realizzati, questo macchinario può creare molti oggetti. Solitamente gli oggetti che si possono realizzare sono di piccole dimensioni ed il colore finale è difficilmente prevedibile.

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Compressione Machine o macchina a compressione: Questo macchinario viene utilizzato per realizzare oggetti di grandi dimensioni, ma lavora più lentamente rispetto ai primi tre. Questa macchina riscalda la plastica e con uno stampo a pressione modella la plastica. Così, si possono ricavare prodotti finiti o nuove materie prime.

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PRODOTTI

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LA MASCHERINA CHE VORREI Oggi le mascherine annullano le identità e mettono in ombra la personalità di coloro che le utilizzano. Mascherine che nel tempo del coronavirus, devono essere indossate da tutti, divenendo parte della nostra immagine. La maschera è lo strumento che permette di oscurare la personalità di un individuo per far emergere un’identità diversa, separata e inventata. Può quindi essere un oggetto che bene si presta ad esercitare la propria creatività. La mascherina che annulla, contro la mascherina che afferma

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LA MASCHERINA CHE VORREI MOODBOARD

Tuta spaziale innovativa progettata dall’azienda americana Space X, molto più comoda e meno ingombrante delle classiche e storiche tute spaziali.

Per l’esercitazione “La mascherina che vorrei” ho deciso di ispirarmi a un design futurista, prendendo ispirazione da ciò che noi non conosciamo ancora pienamente, cioè la Galassia. Sappiamo che le tecnologie migliori a nostra disposizione sono prevalentemente ustilizzate nelle missioni spaziali. La mia mascherina è ispirata a una linea geometrica, molto rude ma semplice.

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LA MASCHERINA CHE VORREI SVILUPPO GRAFICO

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LA MASCHERINA CHE VORREI

XR2 Livello qualitativo di ossigeno presente nell’aria.

Led che simula l’espressione della bocca, collegato tramite dei sensori all’interno della struttura della mascherina.

Con la possibilità di collegarsi tramite bluetooth allo smartphone, la mascherina XR2 ti permette di ascoltare le tue notifiche princiali

Altoparlante direzionato verso il condotto uditivo, permette di poter ricevere chiamate vocali

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Modellino della XR2 Mask. Costruita in cartoncino bristol grammatura 200g.


AMBIGUE PERCEZIONI

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PERCEZIONE E DESIGN

LA PERCEZIONE VISIVA

INTRODUZIONE

Partendo dalla considerazione che ciò che noi percepiamo è un “prodotto cognitivo” che risulta da una serie di processi di elaborazione sull’informazione sensoriale, che si realizzano in maniera del tutto automatica ed implicita. I due principali processi di elaborazione dell’informazione visiva: il processo cosiddetto “primario”, mediante il quale avviene la descrizione strutturale dello stimolo (in generale l’analisi della forma) e il processo cosiddetto “secondario”, nel quale avviene un confronto tra lo stimolo e le tracce che di esso sono contenute in memoria. Lo stadio “secondario”, più propriamente definito “stadio di elaborazione cognitiva”, implica operazioni più complesse mediante le quali la configurazione-stimolo viene identificata come oggetto noto.

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Gli studi condotti sulla percezione visiva concordano nel sostenere l’esistenza di sistemi specializzati per l’analisi delle varie proprietà contenute nell’informazione. Proprio per questa ragione nel trattare la percezione visiva si tende a descrivere separatamente i processi relativi alla percezione della forma, del colore, del movimento, dello spazio anche se essa è un sistema di integrazione tra tutte queste informazioni distinte. L’identificazione di uno stimolo visivo implica due diversi stadi di elaborazione: uno stadio primario ed uno secondario. Nello stadio primario avviene la descrizione strutturale dello stimolo sensoriale (in generale l’analisi della forma) mentre nel secondo stadio avviene il riconoscimento dello stimolo stesso attraverso un confronto (“matching”) del risultato di tale descrizione con le tracce depositate in memoria dello stesso oggetto o di oggetti simili. Questi due processi (descrizione e confronto) sono i due principali stadi di elaborazione dell’informazione visiva.

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LA PERCEZIONE SECONDO LA PSICOLOGIA DELLA GESTALT

I PRINCIPI CHE REGOLANO LA PERCEZIONE

Intorno al 1910 il dibattito tra percezione e sensazione, dati sensoriali e qualità formali si era tanto sviluppato da far maturare una nuova impostazione concettuale: la “teoria della Gestalt” o “teoria della forma”. Tale impostazione si contrapponeva a quella dominante tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 definita “associazionistica” perché riteneva che la percezione di un oggetto fosse il risultato della associazione di elementi sensoriali distinti. La psicologia della Gestalt maturò tra gli psicologi di Berlino e vide i suoi principali esponenti in Wertheimer, Kohler e Koffka. La prima pubblicazione in cui compare l’impostazione Gestaltica è rappresentata dall’articolo di Wertheimer del 1912 intitolato “studi sperimentali sulla visione del movimento”.

Secondo la Teoria della Gestalt la percezione umana distingue tra figura e sfondo. La figura è ciò che ci interessa, lo sfondo è tutto il resto. La distinzione tra figura e sfondo pertanto è soggettiva, perché quando mi interessa qualcosa mentalmente lo distinguo da tutto il resto, lo metto a fuoco e tendo a sfocare ciò che non mi interessa. La figura è tanto più evidente quanto più è diversa dal fondo. Se la figura assume le stesse caratteristiche del fondo, tende ad assomigliargli e a nascondersi in esso, abbiamo il fenomeno del mimetismo, molto presente in natura.

Per i gestaltisti, la mente non percepisce singoli stimoli, ma coglie l’insieme degli stimoli nel campo visivo. I processi mentali sono globali e strutturati, non sono composti da elementi semplici aggregati tra loro.

LA FIGURA SFONDO

La distinzione tra figura e sfondo è fondamentale nella comunicazione visiva, dalla pittura alla fotografia.

L’applicazione più famosa è sicuramente l’illusione ottica del Vaso di Rubin, in cui si vede sia la silhouette di un vaso nella parte nera, sia due persone che si guardano.

PRINCIPIO DELLA PREGNANZA La forma che si costituisce è tanto “buona” quanto le condizioni date lo consentono. In pratica ciò che determina fondamentalmente l’apparire delle forme è la caratteristica di “pregnanza” o “buona forma” da esse posseduta: quanto più regolari, simmetriche, coesive, omogenee, equilibrate, semplici, concise esse sono, tanto maggiore è la probabilità che hanno d’imporsi alla nostra percezione.

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I PRINCIPI CHE REGOLANO LA PERCEZIONE

I PRINCIPI CHE REGOLANO LA PERCEZIONE

PRINCIPIO DI VICINANZA

PRINCIPIO DI CONTINUITÀ

Il quale afferma che all’interno di una composizione o di un’immagine, gli elementi vicini tra loro vengono percepiti come un elemento unitario.

Molto simile al principio precedente, del destino comune, ma diverso, è il principio di continuità, dove gli elementi vengono uniti secondo la loro direzione.

PRINCIPIO DI SOMIGLIANZA

PRINCIPIO DI COMPLETAMENTO

Afferma che all’interno di una composizione o di un’ immagine, gli elementi simili tra loro vengono raggruppati e percepiti come un elemento unitario. Questa somiglianza può essere data dalla forma, dal colore, dalla dimensione o dalla posizione.

Afferma che il nostro cervello tende a percepire delle forme chiuse, anche se in realtà non lo sono per niente.

PRINCIPIO DEL DESTINO COMUNE

PRINCIPIO DELL’ESPERIENZA PASSATA

Nel principio del destino comune gli elementi con un movimento uguale tra loro e diverso dagli altri, vengono raggruppati tra loro.

Secondo questo principio, l’esperienza modella la nostra percezione. E quindi gli elementi di un insieme che riescono a far rivivere le esperienze percettive di un determinato oggetto, vengono raggruppati e formano una figura.

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AMBIGUE PERCEZIONI ESERCITAZIONI

ILLUSIONE OTTICA - FOGLIO A4

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DIMOSTRAZIONE

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AMBIGUE PERCEZIONI ESERCITAZIONI

ILLUSIONE OTTICA - FOGLIO A4

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DIMOSTRAZIONE

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AMBIGUE PERCEZIONI ESERCITAZIONI

EFFETTI CINETICI

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OGGETTO IMPOSSIBILE

Un oggetto impossibile è un oggetto che non può essere costruito nella realtà tridimensionale perché in contrasto con le leggi della geometria, sebbene sia possibile disegnarne una rappresentazione bidimensionale. La percezione dell’immagine bidimensionale come oggetto verosimile rappresenta un paradosso ed è per questo una illusione ottica di tipo cognitivo.

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OGGETTO IMPOSSIBILE

OGGETTO IMPOSSIBILE

TRIANGOLO DI PENROSE

ESERCITAZIONE

Il triangolo di Penrose è un oggetto impossibile, ovvero può esistere solamente come rappresentazione bidimensionale e non può essere costruito nello spazio, poiché presenta una sovrapposizione impossibile di linee con differenti costruzioni prospettiche. Appare come un solido costituito da tre prismi a base quadra uniti tra loro con tre angoli retti a formare un triangolo. Fu creato dall’artista svedese Oskar Reutersvärd nel 1934 e indipendentemente inventato e reso popolare dal matematico Roger Penrose in un articolo del febbraio 1958, dove lo descriveva come l’impossibile nella sua forma pura. Il triangolo di Penrose influenzò l’artista olandese M. C. Escher, nelle cui opere apparve l’interesse per gli oggetti impossibili. In particolare nelle litografie Ascending and Discending (“Salita e discesa”, 1960) e soprattutto Waterfall (“La cascata”, 1961) dove è rappresentato un corso d’acqua a zigzag che fa parte di due triangoli di Penrose allungati, tali che la parte finale del canale sia posta ad una quota più alta dell’inizio e si formi una cascata in grado di azionare una ruota idraulica.

Triangolo di Penrose, costruito l’utilizzo di forbici, colla stick e cartoncino bianco 174

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Emideo Roci I° Corso Triennio A.A 2020/2021 Corso di Basic Design Docente: Francesco Fumelli

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