atipica

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Atipica installazione tipografica

Valentino Alberini Francesca Coluzzi Alberto Olcese universitĂ IUAV di Venezia facoltĂ design e arti clasVEM laboratorio di design della comunicazione 1 Leonardo Sonnoli a.a. 2009 | 2010


Eros e tipografia introduzione al progetto

erotismo e tabù

Viviamo in un’epoca in cui, nell’ambito dell’erotismo, tutto sembra concesso e estremamente visibile, velocemente fruibile e quasi tangibile. Siamo davvero sessualmente liberi come crediamo? Le tante, forse troppe immagini soft-erotiche in televisione, nella rete, nelle pubblicità che scorrono ogni giorno davanti ai nostri occhi, corrispondono a una mentalità veramente disinibita? Abbiamo ancora dei tabù? In ambito antropologico, dicesi tabù “un’interdizione sacrale che comporta per i trasgressori sanzioni che giungono fino alla morte e richiede rituali di purificazione spesso assai complicati”. Forse non si tratta del nostro caso: è difficile parlare di sacralità, rituali e purificazione in questo periodo storico e in questo lato del mondo. Tuttavia possiamo considerare come una grande tribù globalizzata la società di oggi in cui la parola tabù esiste come aggettivo, “vietato per motivi morali, rituali o religiosi”, come termine psicoanalitico“ proibizione che opera a livello inconscio, indotta nel Super-Io attraverso la figura paterna per pressione religiosa o sociale, tendente alla repressione di impulsi sessuali” o come proibizione lessicale, ovvero, le parole che non si possono dire. Sembra contraddittorio come apparentemente il sesso non sia più considerato oggetto di tabù e come invece, se indaga un po’ più a fondo siamo ancora, chi più, chi meno, puritani e moralisti. Circa quarant’anni fa Pasolini diceva di essere reduce da un mondo di scandalizzati. Cosa è cambiato oggi? Proprio oggi che siamo tutti così “liberi”, è il divieto che rende più erotico il sesso; sintomo che forse ancora non abbiamo imparato a vivere la nostra sessualità in modo sano.

Alla luce di queste riflessioni, l’intento del progetto è quello di parlare di erotismo in un contesto inconsueto che lo inibisce e in cui il sesso come piacere carnale è considerato un tabù. Si nasconde e nello stesso tempo si evidenzia il messaggio erotico, attraverso uno strumento di comunicazione anomalo e due diversi piani di lettura.

obiettivo progettuale


Fase di ricerca riferimenti storico-letterari

Apollinaire e Le undicimila verghe

All’indomani dell’avvento del ventesimo secolo, i vari tabù della società borghese vengono improvvisamente a scomparire, lasciando il passo ad una società che si connota per le sue caratteristiche antiborghesi. All’interno di questa rivoluzione dei valori, un ruolo fondamentale è stato assunto dalla sessualità, che vede appunto nel Novecento mutare il proprio ruolo e il proprio scopo. Mentre la borghesia si scandalizza e la religione cattolica condanna il sesso lascivo e predica il rinunciare ai piaceri terreni e corporei, nella letteratura erotica dell’epoca vittoriana, c’è invece un’esaltazione massima e una continua ricerca del piacere sessuale come stile di vita, quello libertino: il sesso diventa un’arte. La ricerca di un romanzo erotico appropriato per portare avanti il nostro progetto, ci ha portato a scegliere tra i tanti “Le undicimila verghe” (Les onze mille verges) di Guillaume Apollinaire, scritto e pubblicato clandestinamente nel 1907. Il romanzo realizza appieno questo nuovo ruolo assunto dalla sessualità come fondamento del nuovo assetto societario. Mony Vibescu è un principe rumeno che, dopo essersi trasferito a Parigi per condurre con più libertà la sua vita di piacere, decide di partire con il suo servo e compagno Cornabœux insieme all’esercito russo in guerra contro il Giappone. Tutta la vicenda è scandita dagli incontri erotici, sadici e violenti dei due uomini con i tanti personaggi incontrati nel viaggio. Mony finirà per essere catturato dall’esercito nemico e condannato a morte per flagellazione da parte degli undicimila soldati giapponesi per aver compiuto atti impuri e di sodomia. Apollinaire, raccontando la storia erotica del principe libertino,

fa riferimento in molte parti del romanzo, a cominciare dal titolo, alla vicenda sacra che narra il leggendario martirio di sant’Orsola e delle sue vergini compagne. Attraverso un gioco di parole tra il termine “vierge” (vergine), riferito alle undicimila vergini di sant’Orsola, e “verge” (verga), riferito alle undicimila verghe che uccidono Mony, da cui prende il titolo il romanzo, l’autore lega così la vicenda erotica a quella sacra e religiosa. Se la vergine è il simbolo della purezza cristiana, la verga è il simbolo di una sessualità proibita e di violenza. Accostando l’elemento religioso a quello erotico attraverso l’ambiguità del gioco linguistico, Apollinaire dà al suo racconto una carica erotica trasgressiva e ironicamente blasfema.


la leggenda di sant’Orsola e le undicimila vergini

La leggenda di sant’Orsola ha origine dal ritrovamento sotto le macerie dell’omonima basilica di Colonia, distrutta durante la seconda guerra mondiale, delle rovine di una chiesa del III-IV secolo costruita su un antico cimitero romano. Lì fu successivamente ritrovata un’epigrafe che indica quel luogo come sacro in quanto luogo dove fu sparso il sangue di numerose vergini. Le prime testimonianze del culto di sant’Orsola risalgono al secolo VIII con un Ufficio in onore delle undicimila vergini e fin dal secolo IX si ritrova in documenti, calendari, litanie e messali. Il nome di Orsola appare per la prima volta in una passio “Fuit tempore vetusto” del secolo X e in una successiva “Regnante Domino” del secolo XI. La storia narra di una giovane d’eccezionale bellezza, Orsola, figlia di un sovrano bretone, che si era segretamente consacrata a Dio ma che fu chiesta in sposa dal principe pagano Ereo. Il rifiuto da parte della vergine avrebbe scatenato una guerra ed anche per questo, consigliata da un angelo nel corso di una visione avuta in sogno, Orsola chiese di poter rimandare la decisione di tre anni, per meglio comprendere la volontà del Signore e nella speranza che il promesso sposo si convertisse al cristianesimo. Allo scadere del tempo stabilito, ancora esortata da un messaggero divino, Orsola prese il mare con undicimila compagne. Attraversò il tratto fra l’Inghilterra ed il continente su una flotta di undici navi, poi, sospinta da una tempesta, risalì il corso del Reno fino a Colonia e successivamente a Basilea, da dove proseguì a piedi fino a Roma. Lì Orsola e le sue compagne furono accolte da papa Ciriaco.

Successivamente, di ritorno in patria per la stessa via, transitò per Colonia, che nel frattempo era stata conquistata dagli Unni; qui le undicimila vergini, esortate da Orsola alla fermezza, furono subito trucidate dalla furia dei barbari in un solo giorno, mentre il famigerato re unno, invaghito dalla sua bellezza, risparmiò Orsola, che chiese anch’egli in sposa, promettendole salva la vita. Al suo rifiuto la fece però uccidere a colpi di freccia. La leggenda di sant’Orsola ebbe una grande diffusione in tutto il medioevo; fu riscritta in varie versioni e ispirò molte opere artistiche e letterarie. La versione della Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine, pubblicata in italiano nel 1475, fu d’ispirazione verso la fine del XV secolo per Vittore Carpaccio che dipinse una serie di nove teleri per la scuola di sant’Orsola a Venezia, ubicata presso la Basilica di san Giovanni e Paolo sotto il patronato della famiglia veneziana Loredan. Nella sua guida di Venezia, John Ruskin narra la vicenda legata alla realizzazione delle tele di Carpaccio e riporta l’intera versione di Jacopo da Varagine.


Venezia e sant’Orsola

Tra il 1470 e il 1480 la Serenissima è alle prese con i turchi di Maometto II: le due potenze si scontrano più volte, con esiti sempre drammatici. I resoconti degli avvenimenti rimbalzano dagli atti ufficiali alle testimonianze dirette, dai cantari agli opuscoli passati di mano in mano. I racconti che suscitavano più scalpore erano quelli riguardanti donne, madri di famiglia, giovani vergini o monache strappate dalla sicurezza delle loro abitazioni e rese oggetto di violenze da parte degli invasori. Tra i comandanti generali da mar veneziani vi erano anche membri della famiglia Loredan, distintisi per le imprese compiute contro gli “infedeli”. La popolare leggenda di sant’Orsola e delle undicimila vergini uccise violentemente da un esercito straniero, interpretava bene in quegli anni il clima di guerra e di paura che si respirava nella repubblica della Serenissima. I Loredan commissionarono a Carpaccio la serie dei nove teleri sulle vicende del martirio delle undicimila vergini che il pittore reinterpretò inserendo nei dipinti i membri della famiglia e ambientazioni veneziani. La leggenda sacra venne così attualizzata e resa alla “moda veneziana” dell’epoca. La leggenda di Orsola è dunque una storia resa popolare anche dal suo profilo aggressivo e sessualmente intrigante, dal momento che undicimila ragazze vengono uccise e probabilmente violentate dal un esercito di soldati.


Concept Progettuale

linguaggio epigrafico

L’obiettivo del progetto è quello di comunicare l’idea dell’erotismo inibito dai tabù della società. Sfruttando la relazione fra il romanzo di Apollinaire e il riferimento alla leggenda di sant’Orsola, abbiamo deciso di utilizzare uno strumento comunicativo religioso per enfatizzare la componente erotica di un testo. Da un’analisi sul campo la nostra attenzione si è focalizzata sulle epigrafi poste sulle facciate delle chiese. Un testo erotico è generalmente espresso nella forma del racconto e quindi del libro, mentre l’incisione atipica per trasmettere un contenuto sessuale. La realizzazione di un incisione riadattata allo spirito del nostro tempo, è parsa la soluzione che meglio si adeguava alle nostre esigenze. L’epigrafe è un elemento iconografico religioso con un proprio codice linguistico. L’intento è solitamente quello di tramandare la memoria di un evento storico o di un personaggio. Può essere incisa, dipinta o eseguita a mosaico, apposta su di un oggetto, appesa alle mura di un edificio come lapide. Individuata la relazione fra il romanzo erotico “Le undicimila verghe” di Apollinaire, la leggenda delle undicimila vergini di sant’Orsola e l’antica scuola veneziana omonima, abbiamo scelto di realizzare un’installazione nel luogo dove aveva sede la scuola di sant’Orsola nel 1500, in modo da mettere in relazione questi elementi in un oggetto, l’epigrafe, che comunicasse il legame dissacrante e provocatorio fra erotismo e religione. Nell’immaginario visivo ciò che è scritto o inciso su di un’epigrafe sinonimo di attendibilità e storicità. Si utilizza la funzione di comunicazione pubblica del sistema

epigrafico facendo leva sull’aspettativa del lettore per enfatizzare il messaggio erotico contenuto in essa. L’inconsuetudine del contenuto rispetto allo strumento ne accentua il tono provocatorio. L’iscrizione epigrafica non può che richiedere una realizzazione fisica dell’oggetto per sfruttarne al meglio le peculiarità, evitando soluzioni alternative che rischiano di risultare brutte copie dell’originale. Inoltre, l’installazione sul luogo è funzionale all’utilizzo completo dello spazio per la divulgazione pubblica del messaggio.


Installazione tipografica Progettazione

scelta del testo

Questa è stata una fase alla quale abbiamo dedicato buona parte del nostro tempo, in quanto era necessario individuare all’interno del romanzo una porzione di testo che racchiudesse tutte le caratteristiche della nostra ricerca progettuale. La scelta è ricaduta su un passo nel quale sono presenti sia l’elemento di ambiguità linguistica in lingua originale francese “verge-vierge”, che lega il romanzo alla vicenda religiosa di sant’Orsola e di conseguenza al luogo dell’installazione, sia la carica erotica delle pagine di Apollinaire. Nella conversazione tra il protagonista del libro e una ragazza da lui appena incontrata, sono presenti tutti questi fattori. Il dialogo, esempio tipico della poetica dell’autore, è scandito da un ritmo serrato, caratterizzato dalla presenza nella lingua originale di numerose rime e assonanze. Il sostantivo “mademoiselle” presenta i personaggi di questo incontro: il protagonista e la signorina alla quale si rivolge. Alcuni elementi inequivocabili, quali “fou d’amor“, “mes organes genitaux”, “ma passion”, sono funzionali a focalizzare l’attenzione del lettore sul contenuto erotico. La formula del botta e risposta consente il coinvolgimento del lettore per tutto il dialogo, in modo da far comprendere appieno il suo significato.


– Signorina, non appena vi ho scorto, folle d’amore, ho sentito i miei organi genitali tendersi verso la vostra bellezza sovrana, ritrovandomi più in calore che se avessi bevuto un bicchiere di rakì. – Con chi? Con chi? – Pongo le mie ricchezze e il mio amore ai vostri piedi. Se potessi avervi in un letto, per venti volte di seguito vi proverei il mio ardore. Che le undicimila vergini o le undicimila verghe mi puniscano se sono bugiardo! – Che gagliardo! – I miei sentimenti non sono menzogneri. Non parlo così a tutte le donne. Non sono un gigolò.

– Mademoiselle, je ne vous ai pas plutôt aperçue que, fou d’amour, j’ai senti mes organes génitaux se tendre vers votre beauté souveraine et je me suis trouvé plus échauffé que si j’avais bu un verre de raki. – Chez qui? chez qui? – Je mets ma fortune et mon amour à vos pieds. Si je vous tenais dans un lit, vingt fois de suite je vous prouverais ma passion. Que les onze mille vierges ou même onze mille verges me châtient si je mens! – Et comment! – Mes sentiments ne sont pas mensongers. Je ne parle pas ainsi à toutes les femmes. Je ne suis pas un noceur.

Le necessità legate all’importanza a livello progettuale dei giochi linguistici di Apollinaire, alla fedeltà verso lo spirito del testo e alla scelta dell’aspetto compositivo più piacevole, ci hanno spinto a usare la lingua originale, il francese di inizio 1900.


scelta del luogo

La scelta del luogo, conseguenza della ricerca storica sull’antica sede della scuola di sant’Orsola, è da subito ricaduta sul complesso dell’attuale basilica di san Giovanni e Paolo. Tuttavia le ampie dimensioni dell’area a nostra disposizione si prestavano a diverse soluzioni. La premessa progettuale di comunicazione pubblica dell’oggetto epigrafico ne richiedeva una collocazione che rispondesse a prerogative di leggibilità e adattamento agli elementi architettonici e urbanistici presenti storicamente nel luogo. Un’analisi dei principali flussi quotidiani di persone relativi alle principali destinazioni vicine all’edificio religioso - Ospedale, Piazza San Marco, Fondamenta Nuove - ha fatto ricadere la scelta su una facciata - riportata nella foto a destra - adiacente l’ingresso principale della cattedrale.


composizione tipografica

La scelta dell’installazione tipografica comporta che gran parte del tempo sia dedicato alla valutazione del carattere da utilizzare, all’adattamento alle esigenze realizzative e progettuali, alla composizione del testo scelto secondo caratteristiche di leggibilità, corretta composizione e analisi dimensionale. Anche nel nostro caso questa è stata una fase lunga e delicata influenzata dalla necessità di realizzare un supporto con determinate caratteristiche tecniche. Necessaria è stata una ricerca fotografica delle iscrizioni epigrafiche realizzate nel passato per analizzare gli elementi tipografici peculiari e verificare se esistessero prerogative linguistiche da tenere in considerazione. Dopo un’attenta ricerca, abbiamo verificato che non esistono serie tipografiche che possano essere inserite in un codice visivo specifico, ma che questo tipo di composizioni sono funzionali alla fase storica nella quale sono state realizzate e soprattutto dipendono delle dimensioni e delle caratteristiche dei supporti a disposizione degli incisori. Verificato questo, la scelta è stata quella di realizzare un’oggetto che mantenesse la struttura fisica delle iscrizioni epigrafiche, ma composto a livello formale come una pagina di un libro, più consono alla forma di dialogo del testo scelto. L’anomalia stilistica della nostra epigrafe risponde alla necessità di reinterpretare un strumento comunicativo del passato.


scelta del carattere

La scelta del carattere, soprattutto riguardo la dimensione del corpo, è stata influenzata dalle dimensioni del supporto e dalla necessità di risolvere le problematiche esecutive. Numerose prove di caratteri tipografici diversi, alla ricerca del giusto bilanciamento fra le varie parti del progetto, hanno influenzato la nostra scelta finale. Dovendo riprodurre un testo francese nella forma del romanzo e quindi del libro, per la prima prova è stata utilizzato un Garamond. Questo carattere francese, disegnato originariamente nel XVI secolo a Parigi, è riconoscibile come font da testo, per la sua maggiore leggibilità sulla pagina propria dei graziati; inoltre, rivendica l’appartenenza storica all’ambiente del rinascimento cattolico, utile ai fini della tematica trattata. Arrivati a questo punto, quello che avevamo erroneamente tralasciato era la risposta visiva del testo applicato al supporto e la resa in funzione delle problematiche esecutive. La verifica ha messo in luce dei caratteri sfavorevoli legati allo spessore di alcuni glifi propri della lingua francese che comportavano delle difficoltà nella corretta riproduzione tipografica sul supporto. Per ovviare a queste problematiche esecutive abbiamo indirizzato la nostra ricerca verso un carattere che rappresentasse il giusto compromesso con i nostri fini estetici. Il Granjon LT Std, disegnato da George William Jones e prodotto dalla Linotype nel 1928, è sembrato la soluzione appropriata.

ABCDEFGHILMNOPQRSTUVZ abcdefghilmnopqrstuvz 1234567890 Garamond 30pt

ABCDEFGHILMNOPQRSTUVZ abcdefghilmnopqrstuvz 1234567890 Granjon LT Std 30pt


aa ii nn oo rr tt zz Primo adattamento commerciale di un Garamond, tra quelli disponibili sul mercato oggi, il Granjon è quello piÚ simile al disegno originale del Garamond del XVI secolo. Mantenendo le caratteristiche, anche storiche, per le quali avevamo scelto il Garamond, dopo una verifica pratica, abbiamo constatato che il Granjon - nella variante roman minuscolo garantisce il superamento dei problemi legati allo spessore di ascendenti e di alcune aste, garantendo cosÏ la corretta riproduzione della font attraverso il taglio laser dei singoli glifi.

bb dd gg hh ll pp dettaglio differenze Garamond regular / Granjon LT Std roman corpo 125pt


impaginazione del testo

L’evoluzione del linguaggio epigrafico spesso è stata influenzata da limitazioni dimensionali legate al supporto con il quale gli incisori si trovavano a dover lavorare. Curioso come, anche nel nostro caso, la dimensione massima del supporto a nostra disposizione per la stampa - 1000 mm x 700 mm - ha comportato dei limiti in funzione della messa in pagina del testo. La necessità di realizzare l’impaginazione del testo su file per poi andare a stampare i singoli glifi su supporto in carton legno, ci ha fatto prendere delle decisioni relative all’area da utilizzare. Abbiamo deciso pertanto di sfruttare al massimo le dimensioni a nostra disposizione, avendo la possibilità nella successiva fase di colata del materiale, di utilizzare i margini in modo tale da non soffocare la pagina di testo. In seguito alla realizzazione di un prototipo in scala 1:1 di una porzione dell’impaginato, abbiamo avuto una visione globale di tutti gli aspetti che sarebbe stato opportuno prendere in considerazione per realizzare il file di testo corretto. Pertanto, immaginando il nostro oggetto nello spazio e considerando le nostre esigenze di reinterpretazione di un epigrafe sulla falsa riga di una pagina di libro, abbiamo optato per una composizione a bandiera a sinistra, funzionale all’interpretazione più appropriata della forma del dialogo. Le difficoltà in questa fase sono state nella impaginazione del testo in lingua francese, ricco di particelle pronominali. In termini di giustezza è stata scelta una dimensione che consentisse all’ultima riga di ogni botta e risposta di avere un rientro maggiore o uguale a quella successiva.


– Made ai pas pl d’amour, génitaux Le scelte fatte in questo fase sono state la diretta conseguenza del modello definitivo e delle dimensioni del supporto. La dimensione del carattere individuata in corpo 125 pt consente sia la corretta visibilità che la corretta riproduzione su supporto nei punti critici. Per quanto riguarda l’interlinea, considerando il risultato del prototipo, è stato possibile ridurla di qualche punto nella dimensione di 135 pt per consentire all’osservatore di avere un’immagine più compatta, in modo da permettere la facile percezione e lettura dell’occhio umano.

dettaglio impaginato Granjon LT Std roman 125 / 135 pt


Installazione tipografica modelli

materiali

In un progetto che punta alla realizzazione concreta di un oggetto e di conseguenza alla sua qualità estetica, la scelta dei materiali risulta fondamentale. Due sono gli aspetti su cui si è focalizzata la nostra attenzione: In primo luogo la necessità di riprodurre alla perfezione il carattere tipografico graziato da noi scelto riducendo al minimo il margine di errore. Scartata, dopo un tentativo non convincente, l’ipotesi di realizzare i singoli glifi con il polistirolo, poichè dava un risultato soddisfacente solo con corpi di testo di grandi dimensioni, e archiviate le soluzioni a livello industriale per questioni economiche e di scarso interesse ad ottenere un prodotto di quel tipo, si è optato per realizzare le singole lettere da utilizzare come matrici, con la tecnica del taglio laser su carton legno, giusto compromesso fra qualità e costi. In secondo luogo, la volontà di inserire nell’ambiente la nostra installazione ha comportato una massima attenzione a una corretta scelta del materiale per la struttura lapidaria, tale da simulare il marmo delle epigrafi già presenti nel luogo per limitare l’invasività estetica. Dopo la realizzazione di un prototipo, l’utilizzo della scagliola, un tipo di gesso fine, abbinato all’acqua, è stata individuata come soluzione ideale, tale da rimandare all’aspetto grezzo delle iscrizioni storico-religiose e non intaccare in fase di colata la qualità delle lettere.

Varie prove di reazione matrici su supporto e soluzione con lettere di carton legno.


20 cm

studio posizionamento

Consapevoli delle difficoltà che avremmo incontrato nel posizionamento in loco e delle tempistiche ristrette con le quali avremmo dovuto completare questa operazione, sono stati necessari alcuni sopralluoghi per consentire di arrivare preparati il giorno dell’installazione. Individuata con relativa facilità la collocazione dell’epigrafe per questioni di visibilità e flussi di persone, rimanevano da risolvere le problematiche relative all’area prescelta. In primo luogo l’altezza alla quale posizionare l’oggetto per consentire una corretta visibilità; successivamente la ricerca di una soluzione non invasiva per montare l’iscrizione sulla parete. Attraverso vari esperimenti con oggetti simili abbiamo risolto le principali problematiche, coscienti che alcune questioni sarebbero andate risolte il giorno stesso. Abbiamo individuato una finestra posta a tre metri di altezza come riferimento visivo e come aggancio per posizionare l’oggetto. Dopo vari rilievi e calcoli, abbiamo individuato le misure che ci servivano, in particolare quelle relative alla profondità della finestra, in modo tale da realizzare correttamente la struttura interna dell’oggetto e il relativo gancio in uscita utile per l’affissione.

20 cm 160 cm

300 cm


verifica del prototipo

In ogni progetto esecutivo valido, la fase della realizzazione di un prototipo rappresenta un passaggio decisivo per verificare il lavoro svolto sino a quel momento e porre le basi per la corretta realizzazione del lavoro finale. Abbiamo scelto di realizzare un prototipo in scala 1:1 di una porzione di testo, precisamente, nelle dimensioni di un foglio A3, della parte in alto a sinistra della composizione. Il risultato è stato soddisfacente e ha risolto molti dei dubbi sull rapporto materico fra il gesso e le matrici in carton legno e sulla profondità di queste ultime, decisa di 2 mm, in parte per scelta ed in parte per necessità. Dal punto di vista tipografico abbiamo avuto riscontri soddisfacenti rispetto alle dimensioni e alla qualità del carattere scelto. Per migliorare la composizione e la visibilità, si è scelto successivamente di correggere solamente la dimensione dell’interlinea, che dal modello risultava eccessiva.


Installazione tipografica Preparazione

file di testo

Abbiamo preparato il testo scelto per la stampa e il taglio laser su carton legno, impaginandolo in modo da scandire al meglio il ritmo del dialogo. Le dimensioni del corpo del carattere e dell’interlinea sono il risultato delle prove sul prototipo, mentre la dimensione della giustezza consente all’ultima riga di ogni botta e risposta di avere una rientro maggiore o uguale a quella successiva. Abbiamo incontrato le maggiori difficoltà nella realizzazione della composizione a bandiera, dovute alla presenza di numerose particelle verbali in lingua francese ed alla loro corretta resa linguistica e sintattica.


taglio del carton legno

Una volta realizzato il file, abbiamo utilizzato una macchina da taglio laser a controllo numerico per realizzare le matrici. L’unico aspetto contraddittorio di questa fase è stata la limitazione imposta dalla macchina nell’utilizzo di un formato e di uno spessore prestabilito. Abbiamo dovuto accettare questo compromesso per ottenere un risultato qualitativamente soddisfacente.


posizionamento delle lettere sul plexiglass

Il posizionamento di ogni glifo sulla base di plexiglass per realizzare la composizione sulla quale effettuare la colata è stato uno dei momenti decisivi. Consapevoli dell’importanza di questa fase, abbiamo lavorato minuziosamente per realizzare la corretta composizione. Abbiamo posizionato ogni singolo glifo al proprio posto utilizzando parti di biadesivo sul retro di ogni matrice di carton legno, segni di punteggiatura compresi, per fissare il tutto sulla base plexiglas, in modo tale da evitare pericolosi movimenti tipografici nella successiva fase di colata del gesso che avrebbero vanificato ogni sforzo e compromesso il risultato. Per questa alienante operazione, ci siamo muniti di vari strumenti quali bisturi, taglierini, forbici, lampade, righe, squadre, pennarelli, scotch carta ed una gran dose di pazienza. Abbiamo posizionato sotto il plexiglas una stampa in scala 1:1 dell’impaginato come riferimento per posizionare i glifi e utilizzato lo scotch carta per il corretto allineamento ed il rispetto degli spazi dell’interlinea.


preparazione dell’area di colata

Abbiamo delimitato con listelli provenienti da materiale di scarto l’area di colata, assicurandoci attraverso l’uso di una sparapunti, che fossero fissati correttamente al piano di lavoro per evitare fuoriuscite di materiale.

preparazione e colata di gesso

Posizionate tutte le componenti, era giunto il momento di preparare al meglio il composto acqua-scagliola in modo tale da effettuare correttamente le varie fasi di colata. L’operazione era importante poichè determinava il valore estetico dell’epigrafe a livello materico e la conseguente resa nel luogo dell’installazione in confronto a quelle già esistenti. Per una buona disposizione del gesso è stato necessario, in fase di realizzazione del composto, cercare il giusto bilanciamento a livello di densità del materiale e, durante la fase di colata, distribuire con le mani in modo omogeneo il composto in tutta l’area per predisporre il tutto alle due colate successive.


seconda e terza fase di colata

Le grandi dimensioni dell’area di lavoro, hanno reso necessaria la divisione della fase di colata in tre momenti differenti. Fra la prima fase e la seconda non dovano esserci grandi tempi di attesa, se non quelli relativi alla preparazione del composto, per fornire una solidità omogenea al composto finale. Importante è stato preparare il gesso di una densità il più possibile simile in ognuna delle singole fasi per evitare conflitti materici sgradevoli esteticamente, che avrebbero compromesso le successive fasi di lavoro. Un solo elemento in più ha caratterizzato la seconda colata: l’inserimento della maglia metallica sopra la prima colata di gesso, in modo tale da nascondere la struttura all’interno dell’oggetto e non intaccarne la qualità estetica per scopi funzionali.

Abbiamo tagliato due aste a sezione circolare e una maglia metallica in modo da creare una struttura per consentire all’oggetto di essere affisso.


correzione delle lettere

Dopo la fase di asciugatura, abbiamo eliminato i listelli che delimitavano l’area di lavoro ed abbiamo girato l’oggetto per verificare il risultato della colata di gesso. Già in partenza sapevamo che un’area di lavoro così estesa non avrebbe garantito la corretta distribuzione di tre differenti colate di gesso in modo omogeneo. Pertanto è stato necessario un minuzioso intervento su ogni singolo glifo che necessitasse di essere riempito della componente di gesso mancante. Si è dovuto realizzare un composto di gesso in dimensioni ridotte e collocarlo, muniti di un utensile di precisione, sulle parti in questione.


svuotamento delle matrici e rifiniture

A questo punto, verificata la corretta composizione della struttura epigrafica, era giunto il momento di dare profondità alla componente tipografica estraendo le forme di carton legno dalla struttura lapidaria. L’operazione ha richiesto grande attenzione, visto che si aveva a che fare con componenti materiche differenti dovute alle correzioni postume e quindi diverse reazioni all’estrusione. Ci siamo muniti dei bisturi già utilizzati in precedenza e abbiamo passato in rassegna le singole componenti tipografiche. Particolare difficoltà è stata riscontrata negli occhielli delle vocali e in alcuni spessori particolarmente ridotti di alcune grazie. Il rischio era quello di compromettere la precisione raggiunta nel disegno dei singoli glifi. Una volta estratte le lettere è stato necessario semplicemente ripulire il tutto con un lieve getto di aria per eliminare le impurità rimaste dalle fasi precedenti.



Installazione tipografica Realizzazione

La realizzazione presentava numerose criticità in gran parte dovute al trasporto e al posizionamento di una struttura dal peso notevole - 70 kg circa – su di un edificio religioso. Il trasporto, supportato dalla cordialità del personale dei vaporetti e dall’utilizzo di un carrellino per un breve tratto, è stato meno problematico del previsto nonostante il clima rigido. La difficoltà maggiore è stata nel sorreggere la pesante struttura ad una determinata altezza da terra, scelta in precedenza, e contemporaneamente il fissaggio alla grata della finestra individuata come aggancio. La tecnica improvvisata sul luogo è stata quella di innalzare in tempi differenti l’oggetto sfruttando la scala come appoggio. Nel contempo, munito di pinze, uno dei componenti del gruppo posizionato in cima alla scala fissava il supporto alla grata. Al primo tentativo il gancio ha dimostrato di sorreggere il peso della struttura, ma è subentrata la necessità di raddrizzare il tutto che era leggermente inclinato. Siamo così intervenuti su una delle due aste di alluminio e con le pinze ne abbiamo corretto l’orientamento. L’installazione finalmente aveva preso forma; in attesa della risposta dei passanti, la nostra soddisfazione era motivata anche da quel pizzico di illegalità nella quale ci siamo mossi. La sequenza fotografica testimonia le varie fasi dell’intervento, dal montaggio alle reazioni dei passanti.









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