bricole

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Franco Pucci

bricole

Aprile 2011

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Prefazione Bricole, le multiformi strade della poesia. Un ulteriore volo del gabbiano, ci porta alla nuova produzione di Franco Pucci, "Bricole- percorsi inversi", raccolta di poesie che assembla sotto un unico titolo le multiformi strade della poesia secondo l'autore. Con un esemplare gioco di parole, il sottotitolo "percorsi inversi" ci porta ad una interpretazione ambigua, dove un percorso già segnato dalle varie esperienze poetiche, e quindi in versi, risulta quasi in contrasto con l'inverso cammino di Franco Pucci nella sua nuova interpretazione del verso poetico. Bricole, percorsi inversi, secondo la spiegazione della parola nella laguna veneta, segnano la strada acquatica che le gondole o altre imbarcazioni della laguna, seguono grazie a quei grossi pali conficcati nell'acqua, le bricole appunto, che indicano anche il cammino inverso. Non è un caso che l'autore scelga questa parola di riferimento lagunare, vivendo lui stesso a Chioggia, terra ricca di contrasti e meta interiore per le sue creazioni poetiche. Rispolverando alcuni versi di Pucci, ci si ritrova a contemplare un insieme di suoni, colori e odori che attraversano il tempo e l'universo umano, e ci sembra di assistere al formarsi di quelle infinite onde concentriche, che si generano al cadere nell'acqua della laguna, con il pur piccolo sassolino poetico. L' alternare sentimenti a liturgie di cieli e dimensioni, mette il lettore in contatto diretto con l'anima del poeta, tanto da rendere universale quel magma espressivo che sembra inesauribile. Una scrittura intessuta d'intimità profonde quella del Pucci, che fa affiorire immagini di una realtà tutta da scoprire e affrontare. Le espressioni lessicali e la ricerca del ritmo rivelano un'attenzione tale da consentire un'armonia sostanziale della forma e dello stile. Tutto diviene per Pucci un forte sentire, l'esistenza sembra equilibrarsi in

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quegli slanci di profondo amore per la poesia. Accanto a liriche aperte alla gioia e alla serenità troviamo itinerari di sofferenza e dolore, quei percorsi inversi che a volte sono necessari per una consapevolezza personale dei propri limiti. La dinamicità dei versi, l'eterogeneità del linguaggio creano una struttura letteraria lineare e brillante, che risulta essere un'indelebile traccia di una personalità sincera e costruttiva. Pucci attraverso la poesia recupera la sua identità e con naturalezza va ad intrecciare la sua libertà d'intellettuale. Michela Zanarella

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Percorsi Inversi Il primo strato che incontri é quello dei ricordi più dolorosi. Se riesci ad abbattere il muro che hai costruito per seppellirli. Vengono a galla, risalgono la superficie dell’ignavia che li ha tenuti lontano dal tuo cuore evitandoti sofferenze e si mostrano così al mondo, nudi. Ora che hai rotto gli argini, mi dico, vai avanti non fermarti. L’emozione è forte, i ricordi tentano di sommergermi. Dove sei stato fino adesso? Perché proprio ora? E’ come aver tolto il tappo ad una bottiglia di vino che stava andando in aceto. Mi mancava il cavatappi, mi sono risposto. Poi ho convenuto con me stesso che era una delle mie solite scuse. Che grandi cazzate si inventano gli uomini pur di non ammettere i loro errori! Mi sono messo a scrivere.

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Ago e refe Nel buio ovattato che avvolge il cinema d‟essai mentre una tremula luce blu indica la via d‟uscita, riflessi di una pellicola in bianco e nero scorrono, giocano a rimpiattino sul velluto della pesante tenda che maschera il retro squallido col suo rosso centenario. Immagini come flash-back di una storia neorealista raccontano lo scorrere di una vita immaginata a colori, narrata con la regia complice di un regista accomodante alternando verità a fughe nelle menzogne più banali riaprono ferite che il tempo non ha mai rimarginato. Vorrei non avere occhi stanchi per vedere la parola fine e mani ancora abili per raccontare in verità la trama di una vita nomade vissuta traslocando l‟amore da una nuvola all‟altra, a cavallo di scope immaginarie invidiando nel racconto la realtà di “Miracolo a Milano”. Alzo il rosso centenario, lo squallore del grigio mi sovrasta, conosco la fine della storia, poco importa commentare cerco disperatamente un luogo discreto dove suturare le ferite dell‟anima col nuovo refe appena acquistato l‟ago è qui con me, appeso alle parole di questa poesia.

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A ripensarci ancora adesso… [nella sinistra mezzo limone ormai irrancidito con la destra abbassavi la kefiah sulla bocca l’aria a te dintorno cantava ancora Contessa e laggiù in fondo il gas urlava l’Internazionale] a ripensarci… Il cuore gonfio della grande utopia, i pugni chiusi in aria a rincorrer sogni e caschi urlanti e vibrar di manganelli e lacrime copiose su volti ancora imbelli. a ripensarci… Che ci facevi tu là in mezzo, in quei giorni? Se Dio era morto forse era anche per questo il sogno di una vita in un mondo assai diverso svanito poi nel nulla di un tempo ormai trascorso. a ripensarci… Ci siamo rivisti io e te vecchi compagni stamane allo specchio guardandoci negli occhi la grande utopia, Contessa e l‟Internazionale a ripensarci ancora adesso sto proprio male. C‟è bisogno d‟aria fresca che dia ricambio al cuore di un‟aria che ricordi che in fondo era amore quello che spingeva in quell‟anno, a sognare a credere nell‟uomo, in un grande ideale. Apro le imposte, la realtà mi assale se guardo il mondo adesso mi vien da vomitare.

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Alla finestra (lo spettacolo è gratis) Affacciato alla finestra della incipiente vecchiaia osservo lo sciamare delle ipocrisie verso falsi approdi. Interminabile moltitudine di anime abbagliate da mille luci di uno spettacolare postribolo rutilante. Erotici sogni di corpi sfatti e rifatti immersi nel silicone, desideri repressi di baciapile come beghine intransigenti seguono il canto di sirene e pifferai magici. Alieno da moralismi, indifferente alle apparenze, godo della posizione privilegiata concessami dal tempo. Giovane appare lâ€&#x;anima che laggiĂš si muove con imbarazzo, un barlume di ragione attraversa il muro dellâ€&#x;ignavia, esita. Irrefrenabile il grido salvifico che sgorga dal mio cuore mentre lâ€&#x;avviso rimbomba come incipiente temporale, lo sciame interdetto si volge al richiamo del passato. Ammiro soddisfatto statue di sale sgretolarsi sul selciato.

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Anima e cuore, lavori in corso Se riuscissi a fotografare l‟anima avrei mille riflessi in un negativo io e te le volte che ci siamo amati, io e te le volte che ci siamo persi. [non era problema erano lavori in corso e poi era bello riprendere il discorso] Istantanee di vita, spezzoni convulsi quasi un film da passare alla moviola, al rallenty per un montaggio definitivo che ne io ne te desideriamo ormai. [lasciamolo così come lavori in corso questo nostro amore ogni volta diverso] Se riuscissi a fotografare il cuore avrei mille immagini come fotogrammi ognuno scandito al ritmo dell‟amore che con l‟ultimo battito s‟è calmato. [lasciamolo così come un amore in corso al ritmo cheto di un cuore invecchiato]

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Aprirò quel sacco, è Natale… venite Come bambini in attesa di una fiaba aprirò il sacco che grava sulle mie spalle, e toglierò la polvere che soffoca il mio cuore. racconterò Di come ogni pensiero che incontreremo sia stato nel mio tempo l‟indomito guerriero che vinceva le battaglie perdendo tutte le guerre. l’esperienza Che da anni pesa come inutile zavorra, segna sulle spalle dolenti cicatrici vuole libertà da ogni costrizione e ipocrite consuetudini. sarà il mio regalo Perché non ho altro da donarvi e poi troppo pesante da trascinarsi ancora nel tempo quel che rimane di questa soma lacera e polverosa. Mentre leggero finalmente, sgravato da ogni inganno, il mio cuore stupirà “adesso sì, adesso è Natale”!

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Blind eyes Guardo con gli occhi della fantasia e con il cuore ancora bambino sogni che si inseguono isterici ininterrottamente nella ruota della vita. Veloci come cavie impazzite eppure consapevoli della loro fugacità testarde icone di una malcelata voglia di rifiuto del presente itinere, giocano il tutto per tutto in una roulette che presto li atterrerà sfiniti. Quando l‟alba avrà vinto la partita, fugando le ombre della notte e i sogni si ritireranno stanchi e sconfitti per l‟inutile rincorsa aprirò gli occhi alla luce accecante della realtà sognando fantasia.

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C‟era una nuvola lassù. C‟è una nuvola, lassù solitaria galleggia nel blu assoluto di un cielo terso mai visto prima indecisa, sembra stare, ma il movimento dell‟acqua inganna, va, viene. Ora pare fuggire ad est, ora torna mentre il blu cobalto vira in verde laguna ora è qui accanto, stendo la mano, sfioro l‟acqua, la sento, è viva cerchi concentrici la inghiottono. Mi siedo, l‟orizzonte riappare alla vista alzo gli occhi e il blu assoluto si tuffa laggiù, nel verdemare come sempre torno a vivere il mio mondo capovolto, disteso sulla mia panchina. C‟era una nuvola lassù, prima…

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Ci ho creduto, ma poi… credimi amico mio Niente vale il perdersi nel sognante arcobaleno del cristallino purissimo che riluce negli occhi di un bambino mentre gioca a nascondino con la clessidra rubandole il tempo. credimi amico mio Niente vale l‟abbeverarsi alla fonte della sua stupita e ingenua interpretazione del trascorrere delle stagioni dove ogni piccola scoperta è premio alla sua caparbia tenacia. perché amico mio Se il racconto della vita è una fiaba scritta in quel libro che nessuno legge più, mentre la clessidra ha scoperto il trucco e ti nascondi tra le bugie appese alle ciglia di una zingara vagabonda. allora puoi non credermi Perché nello sfuggente e mistificatorio luccichio dei gelidi smeraldi incastonati nell‟olivastro viso della slava ho letto che tutto era già stato scritto e nessun premio era dovuto.

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Ci vorrebbe un retino Mille ali di farfalle cadute come petali sfioriti, maschere ignare di vite brevemente vissute sollevano al mio passare nuvole multicolori e accendono la tela di una pallida giornata. Il loro volteggiare al minimo alito di vento parrebbe donare nuova agilità ai miei passi e l‟allegria nell‟incedere mi illude che l‟aire consenta l‟abbrivio per un provetto volo. Come stolido gabbiano dimentico della rotta rotolo goffamente verso l‟approdo agognato mentre tu leggiadra falena dispieghi le ali e riprendi il volo irridendomi nel crudele gioco.

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Ciecamente Sono stanco di guardare avanti con gli occhi rivolti al passato ora guardo nei tuoi occhi il presente e lascio indietro il futuro. Hanno lo stesso colore di sempre forse solo un poâ€&#x; stanchi di sorreggere e medicare lâ€&#x;alternare dei miei sentimenti. [stanotte ci terremo per mano e faremo l’amore dolcemente con il cuore rivolto al passato ad occhi chiusi verso il futuro]

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Contando le rughe del cuore [ci vuol ben altro che i dirupi dell’anima per sotterrar la voglia di amare l’amore anche se le lune trascorse sono ghiacciate resta nel sangue un residuo di calore] Voglie inespresse raccontate in punta di penna frugando nello specchio di un lago prosciugato, dove tutte le lacrime dovute sono state pagate e il resto della vita a contar le rughe del cuore.

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Così, in equilibrio Un passo dopo l‟altro, un piede davanti all‟altro a braccia larghe, aperte come Cristo in croce in bilico procedo così lo sguardo fisso avanti lungo il crinale della vita di mattoni e sassi affilato come un rasoio ma friabile come biscotto. Dietro di me il muro crolla passo dopo passo creando una monotraccia di polvere e calcinacci mucchietti di anni che seguono lo stesso percorso in fila uno dopo l‟altro, uno davanti all‟altro. ….. In equilibrio precario, con l‟abitudine degli anni aprendo porte dopo porte, inseguendo chimere cautamente continuo il mio instabile cammino i pugni serrati stringono parole accartocciate. Frasi, sentenze, amori tutti in fila uno dopo l‟altro ma ormai nel disordine totale confusi tra le mani, a volte incautamente mi volto e dietro me il nulla solo i mucchietti polverosi stancamente mi seguono non posso fermarmi, il tempo frana sotto i miei piedi. ….. La porta attende di essere aperta devo, mio malgrado l‟anima in tumulto, il cuore assente non posso esitare il crinale della vita continua, cosa ti aspettavi, cosa speravi? Un passo dopo l‟altro, un piede davanti all‟altro i pugni serrati si schiudono finalmente, liberando parole che stanche e avvizzite si accasciano tra gli anni passati. Il tempo ormai volge al termine, la meta è prossima eppure nonostante le nebbie nascondano l‟arrivo continuo il mio procedere traballante in precario equilibrio. ….. un passo dopo l’altro, un piede davanti all’altro

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Dal sogno alla realtà, passando per il dolore Lasciatemi recuperare le piccole macerie sparse mentre cerco disperatamente di uscire dal sogno prima che questi come sempre si trasformi in incubo. “Ora mi sveglio, ora mi sveglio”, funziona sempre così… membra dure come gesso, cuore in fuga, fiato corto, gli occhi cercano un punto d‟aggancio nel buio. Rotola nel letto la mia stanchezza, ogni notte mi insegue, poi mi raggiunge, mi lega e mentre il torpore mi avvince ripropone al mio sguardo spettacoli indecenti di vita. Ogni notte la paura del sogno si confonde nel sonno attendo un gesto, una mano, il risveglio ora ferisce di più così con dolore mi sveglio, mentre nel sogno mi addormento.

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Dammi la mano, amore Giovani strade percorse senza riparo superate di corsa mano nella mano a volte disuniti per fughe improvvise poi ritrovati al ritmo di un unico battito. Mano nella mano nel tepore primaverile attraversando cautamente amori materni le doglie inesitate dell‟autunno della vita con passi incerti ma dolcemente sincroni. Calpestando le foglie caduche dell‟età abbiamo aperto e chiuso porte al dolore ora la neve imbianca, l‟inverno si avvicina dammi la mano amore, il passo è stanco.

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Della vita, dell‟amore, dell‟anima, del cuore. non ho scelta Come in un flipper rimbalzo, fragile sfera di vetro, tra quattro angoli di un bianco foglio virtuale che alieno da sentimenti raccoglie e divora immemore percorsi e traiettorie della mia vita sotto la luce Cruda e accecante il bisturi incide con mano ferma e perizia antiche l‟anima squarciando veli polverosi di ricordi, vittorie e sconfitte del tempo mettendo a nudo desideri sopiti e scomode verità altrimenti negate sarebbe comodo Terminare il gioco magari scuotendo la macchina cessare i rimbalzi, non colpire il cuore che stanco anela riposo ma la moneta spesa mi regala ancora tempo e di lui parlerò ancora. negare l’amore Accettare che la neve degli anni lo nasconda sotto la coltre quando ancora nel colore degli occhi la luce si riflette complice e giocosa e le cicatrici delle mani raccontano le pagine di una storia infinita. così racconto Della vita, dell‟amore, dell‟anima, del cuore.

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Devo dirti due parole [solo adesso ho ritrovato quelle parole che avevo dimenticato in un cassetto là, dove finiscono le frasi rimaste sole quelle abortite, che non ho mai detto] Nascoste tra i rimpianti, tra i momenti persi quando del loro suono v‟era un gran bisogno ne ho inseguite altre per sentieri assai diversi sciupando così il tempo, vanificando il sogno. Perché le parole perse sono come le rondini che tristi più non volano, appese al loro nido non sanno dove andare senza precisi ordini così, chiuse le ali, levano al cielo il loro grido. Ora le stringo tra le dita come in una morsa e te le scrivo, mentre attraversiamo il guado per dirti che ti amo, e la neve è una risorsa ma tu tienimi la mano, diversamente cado.

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Di la dal sipario [ho lacerato il velo dell’indifferenza con le unghie rotte della speranza] Tra la trama e l‟ordito della voragine creata ho fissato i miei occhi anelanti conoscenza, lo spettacolo inverecondo dell‟idiozia umana ha creato la ripulsa e il rigetto dell‟anima. Perché dedicare sguardi indagatori e parole di comprensione se la recita è pari a farsa? Manipoli di guitti assunti a indecenti comparse calcano la scena di un teatro artefatto interpreti istrionici di comode deleghe morali. [il conato che mi assale prelude alla sofferenza con l’ago e il filo del disincanto ricucio lo strappo]

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Di perle, di more, di lacrime, d‟amore Quante perle infilate nelle spine di un amore cresciuto tra i rovi false lacrime spuntate al mattino come rugiada svanita al primo sole. Nel secchiello della speranza le raccolgo quasi fossero more poi la notte le sfilo ad una ad una mentre piango il nostro amore. Ti racconto, eri perso nel tempo ma una spina è rimasta nel cuore e una perla ormai senza luce è scomparsa con l‟ultimo sole.

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Dolcemente, teneramente uomo Ma sÏ, sono dolce, tenero cosÏ paio e forse è vero mi emoziono ancora, piango. Quando leggo una poesia negli occhi della mia donna ritrovo lo stesso amore che il tempo non ha consumato. La corazza si è sciolta negli anni ora sono libero di essere uomo dolcemente, teneramente uomo.

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Domenica pomeriggio al computer Parole come manette ai polsi di beceri pensieri, paludate vergini sacrificali in attesa di un rito pagano, lasciano nere tracce di pece sulle pagine, bianche lenzuola. Confondono la storia con maestria, mentono con il colore lâ€&#x;insulto. Avviluppate alle grate dellâ€&#x;anima si vendono, meretrici di false veritĂ , prezzolate complici dellâ€&#x;amplesso si nutrono di lettere imbevute di veleno. Mentre la noia, laida maitresse, danza discinta sputando nuove sentenze letali.

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Dreaming Marrakech silenzioso aliante Muto gabbiano ad ali dispiegate sorvolo il souk, venditori di inganni alla chiama su carrettini come zucchero filato offrono vesti damascate per nuove illusioni da indossare alla bisogna. formiche aliene Impazziscono ai banchi delle spezie colorate sapienti, erotici effluvi allettano i sensi e incantano i cuori bianchi caffetani danzano come festoni appesi al palo della cuccagna. echi di nenie Ossessive note in libertĂ urlate e portate dal vento rimbalzano acide violentando il silenzio sabbioso dei mercanti di sogni scavano nuovi solchi sui visi onice nero degli acrobati venditori di serpenti. dolcemente atterro La danzatrice del ventre mi offre un viaggio ristoratore ballo un sogno inverecondo dimentico del tempo che non perdona, mentre il vento cancella le tracce, tra nuvole gialle di sabbia riprendo il volo.

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Due piume sul cuscino [in volo] Ma sì abbiamo la stessa fetta di cielo che ci attende dopo un volo in simbiosi e volteggi ricamati tra le nuvole io e te respirando l‟azzurro percorriamo rette parallele. [ali dispiegate] Ladri di spazi incontaminati sorvoliamo mari e terre divoriamo come affamati velieri carichi di vetuste vettovaglie, distanze improponibili ai nostri cuori immemori del tempo. [verso lo zenit] Arriveremo là dove l‟aria rarefatta ci spingerà ad osare oltre le nostre immagini dimentichi delle zavorre ancora presenti, planeremo sognando viole da cogliere nella nuova primavera. [dopo l’amore] Dolce il respiro che ancora ci accomuna e trattiene restii alla luce del nuovo giorno che dipinge di rosso e illumina, lasceremo due piume sul cuscino salutando il nuovo viaggio.

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E‟ così semplice, dimmelo ancora e tu dimmi perché Ancora la tua mano racconta brividi mai sopiti e l‟inverno del cuore indossa una coltre di neve calda mentre gli occhi indugiano negli occhi il calmo fluire del desiderio. e spiegami ancora Com‟è che nonostante la zoppia i fiati pareggino i passi e sorrisi complici velati di circostanze irridano le curiosità maligne di chi si perde nella ricerca affannosa di date e di numeri. e allora sì Sì è come allora, come sempre, forse come non è mai stato stupiti noi di tanto ipocrita stupore, quando le labbra si cercano mentre gli sguardi scivolano sulla neve che imbianca i nostri anni. e’ così semplice Ma non lo spiegheremo, gelosi del nostro mordere il tempo quando tutto sembrava iniquo ed avverso conquistando il domani abbiamo cantato la stessa canzone con una voce sola, ricordi le parole? Dimmelo ancora.

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E‟ solo malinconia Scusami, è solo malinconia stasera qui sul ponte lo sguardo vaga lontano mentre la laguna raccoglie mille lacrime appese. Momenti persi per sempre, noi maschere della vita arlecchini servi di padroni diversi, istrionici protagonisti. Ricordi, coriandoli fastidiosi che bruciano negli occhi. Come fu che il palcoscenico crollò ad un tratto? Ora che la buca del suggeritore è vuota, i costumi smessi e solo la luna nascente illumina la scena deserta, le repliche sono finite e passi stanchi rimbombano sul selciato come sull‟assito di un vecchio palcoscenico, non ricordo più nemmeno una battuta del vecchio copione. Perdonami, è solo malinconia.

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E verrò a chiederti stanotte Sì verrò qualcosa mi spinge a cercare tra le indecisioni di quest‟anima inquieta una qualche panacea al mio spirito lacerato. Non so perché ma i ceri piangono sempre all‟incenso i santini e le devozioni lacrimano in simbiosi e l‟emozione mistifica la dimensione della realtà. Perché mai dopo tanti lustri bastanti a me stesso dovrei cercare giustificazione a questa smania? A chi poi rendere conto del nuovo equilibrio raggiunto? Ma sarò lì stanotte mille sguardi interrogativi sulla mia pelle straniero a tutti e a me stesso in dignità prono a te chiederò la ragione di questa strana inquietudine.

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Equilibrio Fosse anche per un solo minuto, ma forse basterebbe anche meno, laddove la canizie non da riparo, e il cuore tentenna e l‟aritmia intona, sarebbe opportuno frenare gli slanci e accettare supini l‟incedere felpato. [passi silenti fasciati di circospezione percorrono guardinghi l’assito dell’anima ora levigata e lustrata dalla cera degli anni, scivolosa quel tanto da rompere le attese] Così tentenno, non azzardo proclami col timido incedere di chi ha passi malfermi arranco sovente e mi appoggio alle mani di chi da tanto sorregge un poggiolo crepato. La forza della comune intesa, dell‟equilibrio, parrebbe mistificare la scivolata in un approdo.

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Era di Marzo Era in una giornata come questa dove la canizie del tempo morente gelava anche gli ultimi sguardi e la tramontana come scorpione avvelenava le attese di tempi migliori. Labbra serrate trattenevano a stento parole affilate come sicari in attesa di guadagnare la mercede promessa. Lâ€&#x;addio fu facile, ne bastarono poche le altre si sciolsero al primo sole. Rimasi lĂŹ, statua di ghiaccio e sale la pelle bluastra a contemplare il delitto mentre un ultimo refolo spezzava con una eco di suono metallico stalattiti cristalline appese alle mie ciglia. Era di marzo.

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Erica e saggina Erica e saggina tenacemente ammaestrate sposate ad un forte e nodoso ramo, la sapienza della natura tra mani artigiane ha confezionato un mirabile attrezzo. Spazzerò le scorie delle ingorde primavere sparse con noncuranza sul selciato dellâ€&#x;anima utilizzato con sapienza, dura una vita presto lo userò per togliere la neve dal cuore.

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Giochi da equilibrista In bilico sul verde di un filo dâ€&#x;erba, scruto orizzonti a me sinora vietati profilarsi lontano, approdi agognati. Il mio essere ancorato alla realtĂ alienava sinora prospettive diverse costruendo gabbie di paure invisibili. CosĂŹ in equilibrio precario, nonostante, con cuore leggero elevo il mio sguardo e la mia anima finalmente vede oltre. Stormi di pensieri, nere cassandre, si posano sulle mie spalle, gravando. Il filo si spezza, crollo alfine, cieco.

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“Giusto al fin della licenza io tocco” Altre stagioni verranno a reclamare le ossa del tempo che sconfitto giace esangue sul terreno dell‟ultimo duello. Occhi taglienti come schegge di cristallo sorridono beffardi mentre calo sul viso la maschera, pronto per la nuova recita. [quattro corvi, prezzolati testimoni dell’acerrima contesa, volteggiando discendono per pascere del lauto banchetto] Novello Cirano attendo e rimando la mia parte a memoria mentre il sipario del tempo si alza sul palcoscenico della vita,vestito di nuova arroganza sfido il mio tempo, incrocio le lame. I corvi insaziabili attendono l‟esito della singolar tenzone.

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Grappoli di vite Mediterranea Avete mai visto acini di uva attraversare il mare? Il sole torrido ha maturato generosi grappoli di uva nera che il desco apparecchiato di ordinaria follia rigetterĂ . I tortuosi percorsi dei tralci di vite offrono i loro frutti disordinatamente, non allineati come i filari di vite cresciuta sui terreni ipocriti di coltivatori dediti allâ€&#x;egoismo. Gonfio della forza ormai inaridita dal sole di aride spiagge, il carico organizzato da cinici rivenditori di anime attraversa i mari arrancando su carrette improponibili e offre grappoli di vite aggrappati a una effimera speranza.

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Grappoli di vite sparsi per la via Pampini levati al cielo come mani di madri supplichevoli terre ubertose per acini bambini calpestati senza ritegno. Tortuose si arrampicano verso nuovi respiri come grappoli di vite anelanti sole nel buio di serre umane si ritirano vinte. Lentamente, rinsecchite crollano a terra la natura in rivolta divora se stessa e sul selciato rimangono solo vite. A grappoli.

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Il canto del cigno Regale, fiero e altezzoso nel suo immobile incedere sul cristallo azzurro opalino del vetro di Murano incastonato in quel finto laghetto verde muschiato, che lui solo accoglieva scevro da ogni compagnia, mi fissava col suo occhio vitreo seppure benevolo. Mi ammaliò e lo volli con me, solitario interprete di un canto divinatorio, mi curò e tenne compagnia. Le intemperie e le fatiche degli anni passati insieme hanno sbiadito i suoi colori, ormai il bianco splendente del suo piumaggio ha lasciato il posto al grigio polvere e il laghetto più non riflette vividi scampoli di bellezza. Lo tenevo accanto a me, è caduto inopinatamente. Tra il nero di mille versi abortiti, l‟arancio del becco in frantumi ammutolisce la tastiera. Ora non canta più.

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Il cuore, la ragione e l‟anima Diatribe incessanti il cuore non sente ragioni, l‟età reclama il senno ma il bambino vuole le ali. L‟anima assiste interdetta ha deciso di dissociarsi vivo questa gran confusione in piena dislessia mentale.

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Il mare racconta, se sai ascoltare Il dolce sorriso nel declinar delle sere muta del mattino l‟aspro raccontare allorquando le parole paiono sincere e i versi cantano l‟ascoltar del mare. [rotolando raccontano I’alitar dei venti abbracciano trepidi sospiri di amanti sciogliendo al sole parole inclementi trasformano in onde lacrime di pianti] Col retino allora da provetto pescatore catturo ogni dire, ogni piccolo pensiero descrivo il suo canto rubandogli l‟amore e le parole giuste per raccontar sincero.

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Il respiro della luce Pende dal poggiolo distrattamente, come morto forse lo diresti avvizzito, ma forse sta fingendo l‟ultimo geranio un dì carminio acceso ora si confonde triste con la ruggine del vaso. Lo sguardo viaggia oltre, veleggia verso il molo stanotte anche il freddo mistifica la stagione come nell‟improvviso vuoto di camera iperbarica la calle rimanda solo il canto del mio respiro. [aria, ho bisogno d’aria] Ho i brividi ma in fondo penso che l‟ho voluto cercavo un respiro che aprisse il cuore al pianto il giorno che ho visto morire nacque indifferente mi fu patrigno annoiato, non mi disse il perché. Cerco lassù una crepa tra il nero incombente una piccola ragione di luce, seppur lontana, distante un segno che mi dica “ecco ti sto guardando non cercare recondite ragioni, ti sono accanto”. [aria, ho bisogno d’aria] Perché stanotte anche i gabbiani tacciono affranti? L‟anima urla nel silenzio irreale una tristezza immotivata guardo con distacco il capo reclinato del geranio il rosso dei suoi petali svilisce alla luce del lampione. Un gesto deciso ed è finto stupore il suo morire planando come sanguinante ferita appare sul grigio selciato torna lo stridio dei gabbiani, la calle ha l‟eco consueta, cerco con gli occhi lassù, ora una crepa si è aperta. Respiro una piccola luce.

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Il sapore delle more I cespugli dei giardini di Piazzale Massari ospitavano il gioco degli amori giovanili, il nascondino terminava sempre infrascato e la sua ricerca era una finta clamorosa. Non ho piĂš assaggiato more come quelle, enormi, dal nero sapore agro/selvatico che colorava lâ€&#x;amore delle mie labbra coprendo il fumo del tabacco clandestino. Oggi che lâ€&#x;anemico verde mi fa tenerezza e la sigaretta gioca ancora a nascondino, mi imbosco nei ricordi e mentre ti bacio il sapore delle more scolora sulla tua bocca.

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In attesa di comunicazioni Coscienze lavate alla fonte di un fiume di menzogne inscenano spettacoli inverecondi calpestando indifferenti le anime degli astanti incolonnati in attesa del verbo. Nel deserto della ragione anche una svastica che squarcia il buio illuminando la scena pare essere il sole dellâ€&#x;avvenire.

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Incompiuta Danza la sera lunari sensazioni di promessa poesia. Laddove lâ€&#x;orizzonte ormai disperso annega nellâ€&#x;ultima onda, la penna si perde inciampando tra le virgole di unâ€&#x;incompiuta. Lo stridio del gabbiano annuncia la notte improvvisa. La mente resetta, il buio la inghiotte.

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Inevitabilmente Stanco di stringere vento faccio scorrere sabbia tra le dita. Nei sogni che inseguono notti insonni anche un fiore può nascere su uno scoglio e la luna riscalda quasi fosse canicola. Il racconto dei viaggi attraverso gli anni è vana rappresentazione del passato. Ogni giorno lâ€&#x;orologio si azzera, nuove cicatrici attendono sottopelle per riproporti lo stesso dolore. Inevitabilmente attendo.

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Inseguendo un sogno Inseguendo un sogno ho trovato la realtà. Come laida puttana mi attendeva là dove la strada finisce, contro un muro scorticato da troppe volgarità e maleodorante di eiezioni umane notturne. La corsa così crudamente interrotta mi ha lasciato un sapore di amaro in bocca. La vita chiede polmoni capaci per vincere, ma col fiato corto finisci in vicoli indecenti. Confondo l‟attimo e azzardo My Way stonando, note gelate rimbalzano su pietre che ruvide come carta vetrata le avvolgono e ritornano a me arrugginite. Vorrei fotterti, laida puttana che attendi, ma non ho più un soldo. Li ho spesi tutti per comprare un paio di polmoni fasulli.

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Invidia Non bastano i tuoi occhi cangianti per comprendere in un solo sguardo tutto l‟amore rovesciato sul letto. Avvolto in delicate lenzuola di seta, come neonato implume lo coccoli con la tenerezza di ciglia sorridenti. Mentre la fatica dell‟amore mi avvince, e invidio l‟abbraccio dei tuoi occhi, cedo all‟inganno del sonno, stanotte.

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Io, il gufo e quattro topi sub La campana ha bussato tre volte, il gabbiano vestito da gufo vola rasente le calli alla ricerca di topi dislessici in tenuta da sub… Meglio tornare a letto e riprendere il filo di un discorso perso tra i sogni disperati di un‟età avanzata. [La casa che solitamente li ospita ora mi appare improvvisamente ostile troppi inquilini volteggiano alti nei suoi cieli, abili rapaci vissuti tra pagine ingiallite colme di conoscenza e di sapere guatano da lassù laddove un ingenuo gabbiano trasformista non osa arrivare col suo volo.] Così, dismessi i sogni, torno a rasentare le calli vestito da gufo, beandomi della mia abilità e, fottendomene altamente di quei quattro topi pasciuti tra la polvere di vecchie pagine stinte, lascio sul selciato quattro mute da sommozzatore.

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Io ladro di tempo Inseguire stagioni per mistificare l‟ètà vestendosi della giovinezza passata, nascosta tra il viola primavera e la ruggine autunno. Raccogliere parole sparse nel sale del mare e farne un bouquet da rinverdire con la rugiada delle lacrime del primo mattino d‟inverno. Mentre sul fuoco crepitano come castagne le ultime frasi d‟amore che ti ho dedicato rubando il tempo al tempo, come un ladro.

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Il canto del vento ero morto ieri Quando il maestrale lo urlò una nube di ali indecise improvvisa decise la rotta e mille aquiloni le fecero corona. laggiù, laggiù Dove il mare si scioglie nel cielo una sottile linea rossa attese di infuocare il tempo e una terra aspra aprì il suo ventre. il legno prezzolato Trasportò il corpo alieno sconosciuto ai battiti del mio cuore nel ventre raggomitolò e si acconciò all‟attesa del sapere. sono nato oggi Quando la risacca ha vomitato sul livido litorale grigia cenere la linea rossa avea cremato infine l‟arroganza dell‟alieno mistificatore. la brezza ora canta Gli aquiloni hanno sconfitto il tempo miriadi di voli anarchici ricamano il cielo e accompagnando note in libertà rimandano vagiti come navigati do di petto.

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La grande illusione All‟acqua! All‟acqua! Si gridò. Seppure in pochi alle grida, si fu ratti come argentee sogliole. Il guizzo ci prese del frenetico andare le pinne magistrali rivolte al passato, proiettammo verso il futuro l‟algida tensione alla ricerca della fonte maestra. Qualora raggiunta avrebbe mai reso giustizia attesa a cotanto fervore? Eppure tutto portava là, alla fonte dove l‟inizio ha un senso nonostante l‟acqua alla fine canti diversa canzone. Le note fluivano come liquido immemore, Dimentichi coscienti del nostro essere cantammo la lunga canzone della vita. Muti come sogliole ci credemmo salmoni. E alla fine arrivammo alla foce. Ci parve il delta ma fu estuario? Nella confusione di pinne e dorsi, boccheggianti, stremati tre di noi con le rosse guance d‟invidia morirono. Uno solo sopravvisse, avea la pancia gonfia non sputò nemmeno una lisca, l‟infame l‟indegno pasto lo sostenne fino al traguardo. Fu lì, che in sussulto di indecenza, mentre con voce stridula intonava la canzone della fonte, il ricordo dello scempio compiuto richiamò tre lische alla gola e soffocò. Cantò da salmone ma morì sogliola. L‟acqua sconcertata non decise la sua parvenza foce, delta oppure estuario? Nell‟indecisione si inabissò nell‟arido terreno che con un singulto lussurioso tutta l‟ingoiò. Ripresi il canto interrotto, ma la voce non sortì, spiaggiai muto come un pesce credendomi usignolo.

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La saggezza dei gabbiani “Tutt’al più saranno la fame o gli amori incombenti della specie amico mio non chiedere oltre perché complicarsi la vita?” Un nuovo stridio, un frullo repentino ed ecco due piccole ali maestose lasciare veloci le acque del molo e la mia irrequietezza irrisolta. Sarà , ma nella mia specie uno stridere univoco non s‟era mai udito diverse pulsioni, molteplici risposte da cucirsi addosso come più ci aggrada. Amico gabbiano torna stasera, ho altre domande per la tua saggezza.

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La vecchia cravatta Pois verde prato come efelidi su giallo oro occhieggiavano da un cassetto dimenticato tra losanghe di blu elettrico e rosso cardinale. [sete ormai sgualcite da tempo immemore sbiaditi ricordi di vanità umana rimandano tenere immagini sfuocate ai miei occhi, uomo vagheggiato e ambito dalla società se agghindato e vestito all’acconcia di identità precostituite e gradite al mondo] Ora nel cassetto come vestigia passata nell‟oro scolori le tue efelidi primaverili abile mistificatrice dell‟umana parvenza. Malinconico orpello di ricordi in disuso.

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Là, oltre il limite del colle, la laguna attende E‟ un lungo trascinare l‟anima pei campi, aridi solchi dove il grano germoglia annoiato ai piedi del colle che lo assiste accigliato c‟è quel sentiero che allarga l‟orizzonte. Sali a cogliere l‟azzurro, abbandoni il solco, oltre il limitare del tuo sguardo, tra i castagni, il sole sta morendo, ma tu non te ne accorgi. Al dolore del richiamo risponde l‟ignavia e la ragione non ti interpella, il cuore non mente è quasi inutile la fuga verso l‟approdo sicuro. Il verde acqua attende, silenziosa compagna ha pronte nasse e reti acconce alla bisogna mentre la laguna dà sapore ad ogni mutamento e bianchi fiori di loto fagocitano il sale dei ricordi. Là, oltre il limite del colle, dove lo sguardo insiste, là dove il giallo grano muta colore fondendo l‟azzurro e la ruggine delle foglie scolora, mentre la tua insicurezza si inabissa nel fuoco liquido del rosso orizzonte là, oltre il limite del colle, protagonista di una nuova recita metterai in scena un‟inverosimile farsa della vita, ed il sipario calerà sull‟ipocrisia della tua maschera. [getto le reti, mentre l’oro del grano ammalia i gabbiani]

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Le jour où la pluie viendra… Immagini spezzettate, caleidoscopiche riflesse tra la gobba delle gocce e il vetro della finestra. Arlecchini di cartone con gli arti penduli e scomposti uniti da fermagli d‟ottone danzano macabri, esibendosi in pose invereconde, la canzone della noia. Mentre il desiderio di te si perde tra le pozzanghere sul selciato e il profumo di un caffè nero urticante, il ricordo della notte scolora nel bianconero quotidiano. Il tuo tailleur fermo al semaforo. E piove.

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Le parole che non ti dissi Il nostro amore era appena morto ma le parole erano ancora vive gelide, senza alcun timore si rivoltarono contro l‟assassino danzando sulle lenzuola intonarono un osceno canto da osteria. Parole come piombo fuso che scendendo nella gola bruciò gli ultimi spasimi di piacere rimasti sulla pelle, brividi di superficie mentre nel profondo dell‟anima il cuore salmodiava il mio dolore. L‟amore morì, a parole ancora vive.

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L‟inganno dei numeri In questo crepuscolo di anno che non vuol morire abbarbicato agli ultimi sussulti dell‟anima, incattivito dal peso di rughe sempre più invadenti e pensieri taglienti come vetri di brindisi in frantumi, riesumato dopo l‟ultima fallace promessa il fascino del nuovo inganno si fa strada spegnendo anche l‟ultimo pirotecnico anelito di verità. Numeri mendaci mistificano le tue aspettative, sognando rivoluzioni improbabili il cuore impazzisce stravolti i ritmi circadiani, aritmie assassine instaurano nuove attese e speranze sollecitando bugie matematiche. La sequenza crudele dei numeri sentenzia la disfatta disilluso e rassegnato dal responso della cabala dai principio al nuovo agone imprecando ai numi avversi.

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Lo scalpitar degli animali alla fonte Lo sguardo mi attraversò ferocemente obliquo mentre girava piano la testa dalla fontanella cristalli di puro ametista mi interrogarono severi. “non ho ancora finito, non è ancora il mio turno…” Inevitabile il mio percorrere attonito con gli occhi quel viso segnato da mille e più ferite che ammoniva la mia impazienza dinanzi all‟abbeveratoio della vita. Non terminò la frase, l‟urlo frantumò la mia presenza, la notte nascose pietosamente i resti dell‟intolleranza. Raccolsi l‟indomani il dolore rimasto appeso alla fonte. Ancora echeggia il suo urlo nel silenzio.

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Mentire la notte aspettando il giorno E‟ notte. E non sembra. Un ferro rovente conficcato nello sterno procura lancinanti dolori che come flash improvvisi lacerano il buio illuminando a giorno la scena. Conosco i perché e le ragioni comunque. [il peso di bugie irrisolte grava sul petto] E‟ notte. E non sembra. Sotto le incerte dita i tasti sfuggono in anarchia, come neri insetti dispettosi disegnando percorsi bizzarri. Ancora quel dolore lancinante. Dovrò farmene una ragione, affrontare le incongruenze e decidere il lato dell‟attesa. E‟ notte. E non sembra. Quando mi sarò stancato di rincorrere le lettere e le avrò incanalate e disciplinate in un percorso univoco, le parole racconteranno finalmente una decisione e questa interminabile, notturna, dicotomia avrà fine. E‟ notte, forse…

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Milano, la nebbia e tu Il Naviglio scorreva livido quella sera sottili strati di nebbia, come bianco polistirolo, attutivano ogni palpito d‟amore, impallidivano le parole. Noi, ombre bislacche sotto la luce gialla del lampione danzando un‟improbabile walzer di un juke-box lontano, raccontavamo muti nei furtivi sguardi quell‟impellente desiderio. Il freddo dei tuoi seni si scioglieva fra le mie mani, ruffiane stoffe compiacenti nascondevano il ritmo dei fianchi mentre lame di luce indiscreta illuminavano a tratti il palcoscenico. L‟amore aveva il colore della periferia quella sera anche il rossore del tuo viso scolorì inghiottito dalla nebbia il Naviglio parve immobile, discreto spettatore, applaudì in silenzio.

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Nati sotto il segno del cancro Come il granchio distrugge per poi ricostruire così nella mia vita ho alternato gioia e dolore quando l‟ho saputo in me non v‟era stupore in fondo era un cancro e ridevo da morire. Destino assai strano, giocando con le parole alienavo la paura, rassegnandomi al destino sorretto dalla forza dell‟amore a me vicino dopo ogni viaggio nel buio ritrovavo il sole. Anche per lei la vita scrisse la stessa storia nata nello stesso mese sotto la stessa luna vive la vita col sorriso, senza paura alcuna abbiamo distrutto e ricostruito la memoria. La luna che governa per noi lo stesso segno ci ha fatto incontrare scrivendo ugual destino entrambi abbiamo riso del cancro quel mattino giocando la partita con nuovo grande impegno. Ora che il sorriso in sereno si è trasformato ora che le nostre vite viepiù si sono legate insieme zoppicando verso la nuova estate ridiamo del nostro segno come curioso fato. Nati sotto lo stesso segno, sotto la stessa luna la vita che ci ha incontrati con noi si è divertita abbiamo giocato duro con lei la sua partita nessuno ha ancora vinto, la sfida ci accomuna. Come due granchi camminando di traverso ci dirigiamo sorridendo a nasconderci in mare il cancro non ha vinto contro il nostro amore truccando la partita nel gioco suo perverso.

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Ne me quitte pas… I passi cantavano disarmonici sull‟acciottolato, falsamente ritmici, cadenzando una affannata rincorsa. Mille parole d‟amore non dette, appallottolate come cartaccia, rotolavano allegre e dispettose sospinte da un vento complice, fuggendo via vanamente inseguite da incipienti rimorsi tardivi. Forse fu timidezza o altro, non so dire, ma la rincorsa fu breve, altre parole nacquero spontanee e presero il loro posto. L‟incedere si fece sicuro, pur se ambio come un cavallo bolso e il vento si ritirò offeso a riposare nell‟otre paterno. I passi oggi cantano un‟altra canzone, finalmente posso dirlo.

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Neve “Salgo sul primo fiocco di neve e vengo a trovarti” [rasento l’azzurro del mare incontro al rosso del cielo un tuffo dipinge l’orizzonte con miriadi di gocce rubino il sole torna nel blu/notte della coltre allestitagli dalla luna] E‟ stato un viaggio breve, durato quanto una vita. Anni a sgranare il rosario del tempo nella tua ricerca poi ti ho incontrata e il fiocco si è sciolto all‟amore. La destrezza di un attimo e una nuvola scalpita al laccio. Ora ci attende un altro viaggio, con occhi sereni sorvoleremo il grigio/fumo degli anni verso un altro cielo. “Il prossimo fiocco di neve si farà diamante per te” [il fiato si spegne laddove incontra le tue labbra le mani ora sciolgono i lacci e abbracciano i tuoi fianchi la nuvola sosta per un attimo poi scivola via in un sorriso] “Guarda, amore, sta nevicando…”

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Niente di nuovo oltre l‟orizzonte Laggiù, dove lo sguardo fatica ad arrivare dove anche il mare si perde all‟orizzonte, laggiù infine potrei anche approdare se le mie ali non fossero così stanche. [ho perso piume trasvolando aride stagioni bevendo a fonti non sempre cristalline giorno dopo giorno piogge avvelenate hanno piegato il volo negandomi l’arrivo] Non è poi male, amico mio che ascolti rimanere a terra un poco a ripigliare fiato dopotutto se pei gli anni il volo ti è negato scioglier la fantasia è il rimedio più sicuro. Con la fantasia veleggio all‟orizzonte e vedo: non c‟è niente di diverso che io possa trovare tutto già visto, ma laggiù c‟é un nuovo approdo che senso avrebbe allora riprendere a volare? [dici così perché le ali non le hai mai avute volevi a tutti costi andar oltre l’orizzonte con scarpe da montagna e passo assai greve ma gabbiani si nasce e non si può barare]

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Noapte buna (buona notte) Buona notte a quattro piccole anime implumi, che ignavia e indifferenza hanno lasciato incolpevoli alla mercé di un fato avverso. Buona notte anche a te, fratello. Lo so che per la tua gente io sono “contrasto” ma credimi la vergogna non ha dato spazio al dolore che pure soffoca la ragione e chiede perché. Ora tutti i coccodrilli sprecheranno le loro lacrime ignari di cosa sia il significato della parola libertà e seppelliranno le colpe sotto montagne di promesse che puntualmente, con ipocrisia, saranno disattese. Sotto altri cieli, altri percorsi astrali forse ci incroceranno ti stringerò la mano allora, non sarò per te contrasto e nonostante il dolore, mi dirai buona notte fratello. Noapte buna. dedicata a quei piccoli rom morti nell’incendio della baracca a Roma

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Non avere paura, è‟ solo amore Erano anni passati a rincorrere le notti io stanco guardiano di ladri immaginari tra le coltri a spiare una luna a fettine, sentivo il tuo respiro scandire il mio mentre le stelle cantavano l‟assonanza in una fantasmagoria di note luminose accese sul pentagramma della notte. Nascosti tra le pieghe dell‟anima i biglietti, per quel viaggio rimandato da sempre, ho rubato le lancette all‟orologio del tempo. Ora attende il nostro arrivo inutilmente, ogni giorno confondo le ore con maestria mistificando gli affanni, inciampi della vita, partiremo quando Crono scoprirà l‟inganno.

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Non era ancora neve (un Natale anzitempo) [non era ancora neve] Qualche fiocco in libera uscita giocava a rimpiattino tra le calli è stata l‟emozione di un attimo, poi il bianco si è slavato nella laguna. [un quarto alle tre] I rintocchi hanno prodotto una eco che rotolando sui sampietrini ha svegliato stanchi guaiti di cani e il gatto si è infilato tra gomitoli di reti. [chi parte e chi torna] Rumoroso andirivieni di pescherecci che attraccano o salpano pensosi richiami cantilenanti di voci arrochite guidano manovre di stanche braccia. [non era ancora neve] Improvviso il vento ha riproposto uno scherzo di tormenta in miniatura nel silenzio irreale del canale imbiancato un rumore conosciuto mi ha spinto al poggiolo. [quattro zoccoli rossi] Una piccola renna dispettosa sfuggita chissà da dove alle redini correva allegra sui sampietrini della riva sollevando polverosi ricami di neve. [non era ancora neve]

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Notturno bolero Gli occhi oramai due fessure impenetrabili i pugni serrati lungo i fianchi, le nocche livide in piena apnea cerco di convincere il cuore a pulsazioni rarefatte, a ritmiche sopportabili. CosĂŹ, stravolto, sul letto come in un sudario attendo che il buio mi inghiotta finalmente ma invano, il fiato sibilando fuoriesce e il cuore riprende il suo solito cammino. Con gli occhi sbarrati e dolenti fisso il nulla che un buio dispettoso ogni notte mi regala anche stavolta la Nera Signora ha perso anche stanotte Morfeo attende inutilmente. Le ore stancamente danzano il classico bolero completamente sveglio partecipo alla festa che Morfeo attenda, câ€&#x;è tempo per la notte balliamo Nera Signora, ti ho fottuto ancora.

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Oltre il canneto Il nero seppia della notte colava come densa pece sulle canne che a fatica alzavano, tra grovigli inestricabili, sibili di dolore trasportati dal vento. Il rumore dei passi concitati a spezzare giovani vite, deflorava il silenzio rabbioso di un cielo impotente. [oltre il canneto, lĂ in una piccola oasi, ove ogni espressione della natura era regolata da un tempo magico, il mio cuore in attesa contava i passi danzando il rumore delle canne spezzate] Con un lacerante grido di dolore il vento mi portò lâ€&#x;ansimare dei tuoi capelli sciolti nella corsa affannosa e il candore del sorriso che sbiadiva il nero della notte, mentre le canne si levavano in volo, vestite di stupendi colori, come falene improvvise. [furono le ultime immagini, prima che il sogno svanisse oltre il canneto]

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Ora sì, ora ti scrivo quella lettera In fondo bastava girare lo sguardo gli occhi incrociavano gli occhi anche nei giorni dispari della vita i cenni superavano il matematico conteggio delle parole non dette. [la porta semichiusa attendeva bastava spingersi oltre l’ignavia] Era comodo - oh sì - era comodo perfetto alibi il passare dei giorni anni veloci, copernicane rotazioni di astri invisi al nostro vivere convulso. [i figli, il tempo - oh sì - il tempo schiavo, schiavi di consuetudini] Battiti impercettibili di ciglia, richiami di corpi consumati in fretta oltre le coltri con ingordigia, divorando l‟amore mentre la mano inseguiva il vento che dimenticava parole presto inutili Ora che la porta è ormai spalancata, e gli occhi si specchiano negli occhi, mentre le parole rimangono ancorate, inutilmente adulate dal vento assassino, parrebbe inutile, retorico, scrivere ti amo. [la mano ora sì, ora scolpisce nel bianco quella lettera che non ti ho mai scritto]

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Oro Oro ambra riflesso nel rossorame delle foglie spirali verde rugginoso avviticchiate protese al cielo pampini anelanti il respiro dei zefiri settembrini. Fantasmagorici colori nellâ€&#x;esplodere di nuova stagione. Lascio al pennello del divino artista la tela della natura inebriato da effluvi di mosto ribelle insofferente nei tini bevo lâ€&#x;oro dei tuoi occhi riflessi nel calice dellâ€&#x;amore.

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Ottimismo crepuscolare… E‟ da tempo che lo sto fissando, e‟ un bel bicchiere. Fa mostra di sé pavoneggiandosi al centro della tavola. Cristallo di Boemia, Baccarat, non ha importanza, tutto traluce e splende dentro e intorno a lui. Mostra con orgoglio il liquido ambrato che lo riempie. A metà… Peccato, avevo sete!

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Perché i tramonti son pupazzi da levare? No, amore mio, stai tranquilla, non lascerò che il rosso dei tramonti insegua il nero della notte prendendola per la coda con quel briciolo di follia che da sale alla vita lo nasconderò sotto le tese del mio cappello. Costruirò pupazzi rossi come il mio amore li lascerò imperituri a guardia delle sere così che le notti ci siano dolci e serene e come un cappellaio matto ti porterò nel mio paese delle meraviglie.

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Polena, lignea falena Galleggiava altera e impettita, a volte rotolando s‟immergeva e scompariva per riapparire capovolta. Il viso bruciato raccontava il sale di mille mari avversi mentre piano, dondolando lentamente, si avvicinava. Improvvisa nel gorgo s‟inabissò per riapparire vicina, il suo sguardo ligneo e fiero m‟interrogava divertito. L‟ultima capriola rese i resti della sua bellezza antica, dea giunonica scolpita dalla vanità degli uomini. Il sorriso riarso si spense in una smorfia sghemba rotolò nuovamente e s‟immerse per non riapparire. Lentamente alzai lo sguardo all‟orizzonte, dondolando in lontananza un pezzo di legno galleggiava distratto. Si allontanò inseguendo docile i capricci della corrente. L‟immagine di quel sorriso spentosi improvvisamente è rimasta scolpita nel mio cuore come stele a monito della caducità della bellezza, effimero volo del tempo.

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Pompei, macerie e lacrime Piccoli grandi ammassi di storia tenuti sin qui dalla pervicace volontà di trasmettere memoria, ora esausti, abbandonati all‟incuria dell‟insipienza crollano vinti, a imperituro ricordo della colpevole e cieca idiozia umana. L‟ira di una natura insultata da sempre ha rovesciato su questa terra ingrata il peso enorme di un mare di lacrime trasformando la polvere della superbia in orrido e giallastro fango paludoso che ricopre e inghiotte macerie di civiltà.

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Preghiera per Sara dedicata a mia nipote Sara

oggi non volo Come aliante in avaria giaccio inerte, le ali racchiuse nell‟hangar acconciato tra le nubi che si addensano nell‟anima attendo la risposta che sola potrebbe ridare sorriso ai miei percorsi. oggi non volo Impreco e prego la sorte assassina padrona del tempo che sta prefigurando ferite sanguinanti per il mio cuore stanco non saprei come affrontare le nuove intemperie, superare il dolore inatteso. tornerò a volare Quando le nubi aprendosi scriveranno il destino che attende la mia ballerina che volteggia ignara sulla pista a due passi dal buio mentre con la rabbia impotente di gabbiano ferito urlerò lo scandire dei secondi forse domani Se l‟azzurro che spetta a chi va incontro alla vita e con gli occhi stupiti gode della fantasmagoria dell‟arcobaleno,sarà ancora il diritto della piccola etoile che danza da sempre sul mio cuore.

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Presenze Sudore gelato lungo la schiena e‟ dietro di te la presenza aliena la voce che stride deflora il silenzio nascondi la testa, aneli l‟assenzio. Nessuna minaccia, il tono pacato sorriso sghimbescio, fare affettato siede a te accanto, tende le mani tu le respingi, invochi il domani. Lei di rimando ti chiede che vuoi? Tu mi hai cercato, non son fatti miei ogni qualvolta ti afferra la pena tu mi rinneghi, mi volti la schiena. Eppure ti servo pei giochi perversi per farti più bello, agli occhi diversi un uomo sensibile, con tanti misteri che parla coi vivi, già morto da ieri. Mi giro nel letto, un urlo mi strozza tutto il sudore ha creato una pozza lenzuola bagnate, che vale se poi l‟aliena presenza non è più tra noi. Spengo la luce, ma sul comodino dalla foto sbiadita mi fo l‟occhiolino ritornano i brividi lungo la schiena son proprio io la presenza aliena.

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Quel che resterĂ di noi dopo la vendemmia Acini nascosti nelle tasche dellâ€&#x;anima profumati di vita come brezza leggera pensieri vaganti ancorati alla memoria cuori come verdi pampini protesi al cielo. Lacrime di mosto rappreso ai balconi nel ricordo di una opima vendemmiata un brindisi tra grappoli di giovani vite il nostro vino invecchiato sarĂ assenzio.

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Quel che so di non sapere Avrei pagato cifre impossibili scardinato forzieri di coccio rapinato custodi di ogni sapere. Bramoso di conoscere il divenire avrei affossato ogni sogno nella melma di una fetida realtĂ . Eppure conscio della mia ignoranza ho sfidato ogni quesito rispondendo: io so, perchĂŠ so di non sapere. Ora so che stavo perdendoti.

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Quel giorno che piovvero fragole e io non c‟ero quel giorno Le strade furono accese dai rossi frutti di bosco, carretti ingordi ricolmi di ceste si inerpicavano a stento tra comari urlanti che disputavano il dolce dell‟inatteso evento. io non c’ero, Altrove una pioggia acida corrodeva i miei tratturi e la vita seminata aveva il sapore agro della frutta immatura quando con passi alterni inseguivo l‟illusione di un dovuto raccolto. piovvero fragole Mentre le mani ingiallivano tra foglie rinsecchite e il raccolto non valeva la schiena curva e il passo malfermo, labbra tinte di rosso si aprivano sul sorriso di scaltri venditori d‟inganni. Piovvero fragole, si disse, ma io non c‟ero.

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Quel piccolo, subdolo, lancinante dolore Un piccolo, subdolo, lancinante dolore riapparso chissà come e perché qui, sul costato, giusto sotto il cuore. Dalla discarica sepolta in fondo all‟anima è riemerso il ricordo come un miasma che il calore di un‟estate torrida amplifica. Champagne e fragole, birra scura e lupini slot machines al Loewe di Montecarlo tressette e scala quaranta al tavolo del bar. Tutto tritato, macinato senza possibilità di riciclo rifiuto indifferenziato, finito nel nero cellophan che ora ferisce come punta di una picca. Un lampo dei tuoi occhi cangianti di greca ed il fragore della nostra risata seppellisce quel piccolo, subdolo, lancinante dolore.

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Rimmel e lacrime Cangianti e mutevoli nei loro riflessi topazio i tuoi occhi, come sole che nelle idi di marzo gioca a rimpiattino con le nuvole e abbaglia di lame di luce e pulviscolo dâ€&#x;oro gli sguardi che improvvidi osano sfidare il suo fulgore. Abbarbicato al sorriso che maliziosi offrono pèrdono ogni loro improvviso mutare colore e nellâ€&#x;eterno inseguirsi di promesse deluse colgo nei lampi fugaci il luccicore cristallino che scolora dolce nel trasformarsi in pianto. Mentre il rimmel screziato di topazio dorato si porta via gli ultimi lampi di luce cangiante asciughi tutte le tue lacrime sulle mie labbra colorandole di verdeoro riflesso nellâ€&#x;apparire e scomparire del sole tra i sorrisi degli occhi.

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Sarà canto, nonostante No, non sarà così non l‟inevitabile urlo di dolore che sfregia il silenzio dell‟anima, non l‟ira repressa che esplode rabbiosa avverso numi implacabili. No, non può essere che così il canto sgorgherà spontaneo, sereno e naturale come un tempo splendido gospel ad accompagnare il saluto alle piccole ali ora immote. No, non sarà urlo solo sguardi mistificatori avranno orecchie per altre note e confonderanno ipocriti il canto della vita nell‟elogio della morte. No, amore non sarà così le ali che abbiamo costruito nel tempo son forgiate con cera sopraffina e le piume pazientemente incollate reggeranno ancora i nostri cuori. Non sarà urlo, ma canto.

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Saremo li sarò li Quando il vento ci sospingerà inclemente appallottolate sfere di rovi graffianti i sentieri deserti errabonde figure appaiate rotolanti lungo i crinali della vita. sarò li Quando il vento ci chiamerà all‟imbarco e i gabbiani ammutoliti voleranno oltre l‟azzurro per tuffarsi all‟orizzonte nel rosso immalinconito del tramonto. sarò li Quando la nave attraccherà al molo e capirò finalmente perché il tuo sorriso ha l‟allegria del mio sorriso e ogni mio desiderio si rispecchia inevitabilmente nei tuoi sogni. sarò li Quando le mani si allacceranno la panchina assisterà con distacco alla partenza ho lasciato sul marmo i biglietti per un ritorno improponibile. Saremo li, non può essere altrimenti.

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Se i piedi non rispondono al cuore Potrei essere stanco, i passi sono stati figli di una malcelata voglia di fuggire da tutto e tutti. Tra le stoppie di un campo imbrunito precocemente lascio i miei piedi, mentre il cuore vola oltre impazzito. Occhi rivolti al cielo avidamente bevo l‟azzurro, ingoio l‟aria che esce dai polmoni sibilando monotona e mi immergo in un esercizio invero senza senso contando i fili giallo sporco delle stoppie. Potrei fuggire nuovamente ora che i passi si sono fatti più guardinghi e l‟azzurro ha corroborato il mio respiro, ma i piedi sordi all‟invito riposano, le stoppie li trattengono, l‟azzurro mi inebria. Solo il cuore ha ripreso a correre superandomi, ma forse è l‟ennesimo inganno.

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Sei rintocchi all‟alba I primi furono sommessi. Al quarto rintocco la voce si alzò viene dal mare mi dissi, viene dal mare al quinto rintocco la campana crollò viene dai monti mi dissi, viene dai monti. L‟eco annoiata rimandò uno sbadiglio viene dal cielo mi dissi, viene dal cielo la voce orba di una ugola appropriata scoppiò allora in un silenzio fragoroso. L‟ultimo rintocco arrivò che ormai era tardi

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Sfogliando l‟album Il nostro amore é una cartolina illustrata tra tanti dagherrotipi di seppia colorati, pallide immagini sfocate di giovani amori perse chissà tra la polvere degli anni. Pellicole sviluppate con acidi scaduti che hanno bruciato inesorabili i contorni lasciando il ricordo corrosivo dei baci rubati. Il nostro incontro fu come un lampo, un flash una luce che diede risalto e raccontò i colori indelebili, accesi e fantasmagorici perpetuandone la bellezza nel tempo. Catturata per sempre in questa immagine conservata tra il grigio dell‟album dei ricordi, che ora ho ritrovato e conservo sul cuore.

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Sguardi Sguardi ansiosi di occhi velati da liquidi cristalli rimandano immagini di volti dispersi tra la folla l‟attesa di te finisce nel tempo che intercorre tra la malizia del verde di due occhi di giada e il nero fuoco del mio sguardo che li incrocia. Ora si asciugano le lacrime represse per ritegno l‟amore dimentico è perso nel volger di un attimo come in un gioco di specchi che si riflettono così occhi diversi raccontano una nuova storia dove l‟attesa dura solo il cenno di uno sguardo.

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Shangai Ieri sera abbiamo giocato. Tenendoci per mano come due cuori bambini, ci siamo divertiti reinventando antichi giochi. Eâ€&#x; stato bello trasformare gli anni passati insieme in tanti bastoncini colorati, confonderli nel ricordo e gettarli cosĂŹ intrecciati nel vivere quotidiano. Ho cercato di sfilarli lentamente ad uno ad uno, per ricordarne nei colori il significato passato, ma il sorriso dei tuoi occhi ha distratto la mia mano. Cosa ne dici, ricominciamo daccapo?

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Sogna, poeta sogna‌ Ti guardo supino sul letto, lâ€&#x;espressione serena il respiro regolare non tradisce alcuna paura o precipitazione solo piccoli, insignificanti tremori alle mani rivelano il tuo essere partecipe ad eventi incontrollati ed incontrollabili. [Ti veglio con la stessa dolcezza che si dedica ad un bambino, con la cura e la trepidazione di una madre che ha appena allattato e rimira soddisfatta la sua creatura che dorme al seno.] Eppure canuto e rotto ad ogni esperienza mi sciolgo e commuovo nel vederti dormire e sognare come un bimbo inconsapevole allora mi alzo e in punta di piedi torno a scrivere di te e di me silenziosamente, per non svegliarti, perchĂŠ i tuoi sogni sono i miei.

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Sogno tzigano per un amore nomade Ho costruito una casa di fiammiferi di legno, migliaia di accenti rossi a sottolineare il cielo in spasmodica attesa di scaldare il nostro amore. Ho atteso il tempo danzando il sorriso delle ore, sul ritmare inesausto di tamburelli tzigani, il tuo arrivo annunciato dal canto del vento. Ho acceso il cuore sulle note di un violino che improvviso ha mutato gli accordi mentre le ombre disegnate dal fuoco scandivano i passi. La festa è iniziata, la musica racconta lâ€&#x;illusione di un sogno zingaro apparso per una notte e svanito come fumo nel respiro di una sigaretta.

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Solitario Passi strascicati sullâ€&#x;assito della stanza ti alzi e ti siedi con andirivieni isterico spegni e accendi le luci sul tuo mondo. Un giro di carte sancisce la solitudine, metti in fila le ore, e i semi si confondono. Ti butti sul letto vinto dalla spossatezza. Chiudi gli occhi. Dormi? Sogni. Dolce tepore avvolge le tue membra carezze profumate spalancano abbracci corri lieve, sospeso come una piuma plani sul verde fiorito di mille colori. Un senso di appagamento ti pervade, improvvisi gli occhi si aprono e spalancati scrutano avidi il buio. Una lama di luce attraversa la stanza, tra le carte sparpagliate sul comodino Joker ti fissa con un ghigno soddisfatto. Anche stanotte non dormirai. Chiudi gli occhi, sogna.

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Sotto a chi tocca, sotto a questo sole Un fez, oppure un panama, magari un cappellino sdrucito con visiera oggi tanto di moda, un copricapo insomma, qualunque. Raggi feroci come lame bollenti feriscono e penetrano sin dove non vorresti. Nervosismo strisciante le tue mani cercano riparo in anfratti inverecondi mentre la lingua anela ristoro, ma cade riarsa tra i denti. [grigliata mista sotto il sole incattivito dai buchi dell’ozono e l’insipienza umana] Ombra, il corpo anela ombra, mentre la mente richiama la ragione ormai persa tra le dune desertiche dell‟anima alla ricerca di un‟oasi credibile, mi sposto su di un fianco e le tue mani arrossiscono tornando alla luce. Non ho la forza di proporre soluzioni alternative e delego al sole le evenienze future, fate di me quel che volete, ma datemi un fez, un panama, un cappellino… [sotto a chi tocca]

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Stanotte vado a pescare Ho stracciato i miei pensieri in tanti piccoli, minuscoli pezzettini e ho gettato i coriandoli delle mie angosce nel canale sotto casa. Mi sono fermato ad ascoltare il motore dei pescherecci in partenza. Hanno galleggiato a lungo nello scuro dellâ€&#x;acqua del canale, ho atteso invano che il mulinello li inghiottisse, niente da fare. Sono rimasti lĂŹ, fluttuanti, irrispettosi e vendicativi frammenti di pensieri notturni indesiderati e stancamente abortiti. Ho chiesto un passaggio ed ho preso al volo il peschereccio stanotte lascio che le mie angosce affoghino nelle acque del porto. Su un battello chiamato “poesiaâ€? vado a pescare, non aspettatemi.

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Stille nacht Uscivamo di casa a un quarto a mezzanotte sciarpa al collo e guance rosse pel freddo le dita profumavano ancora di mandarino e in tasca crocchiavano le briciole di panettone da regalare felici ai pochi passeri nottambuli. Come sciame di allegri pinguini ciondolanti verso il sagrato si andava rapiti dalla magia del mistico richiamo di una notte senza paragoni e si rinnovavano promesse presto dimenticate perse nella insistente cantilena dei zampognari. Nei ricordi di quella notte câ€&#x;era sempre la neve lâ€&#x;aria era tersa e tutto aveva un respiro di pace erano tempi in cui la parola fratello aveva sapore e la mano che salutava la tua era forte e sincera mentre i rintocchi chiamavano e il canto iniziava.

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Tendi la mano al cucciolo Tendi la mano a questo cucciolo uomo perso tra le gore del vecchio mulino imbiancato dalla sottile farina degli anni macinati nonostante i magri raccolti. Farina senza lievito per pane acido compagno di pasti al sapore di sale masticati a fatica, ingoiati per dovere dimenando la coda per fedeltĂ alla vita. Ora senza collare potrei persino correre ma il sale nel sangue ha macerato il cuore la corsa non ha senso, il destino ha barato in premio câ€&#x;ĂŠ solo farina per pane acido. Se il traguardo ha la tua sembianza, tendi la mano.

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Ti sei mai accorta? Ti sei mai accorta degli occhi indaganti il nostro incedere traverso, quei quattro suoni in simbiosi sull‟acciottolato al ritmo di stanche musiche gitane suonate lungo strade passate negli anni? Luoghi cercati, vissuti, divorati, prontamente assimilati tra le pieghe dell‟anima in attesa. Famelici di nuove emozioni, nuove dimore, zingari per vocazione e amore di libertà noi, “sans papier” della vita, aneliamo universi alieni. Diversi ogni volta, separando l‟anima dal corpo ci proiettiamo verso il futuro senza sosta. Ora qualche nota è stonata, il ritmo zoppica ma il sorriso persevera e luccica altero nella sera, mentre la luna impallidisce d‟invidia.

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Timide missive Quei bigliettini colmi di parole, farfalle multicolori timide e fragili posate sulla neve fuori stagione, leggiadre messaggere di sentimenti come etoile dellâ€&#x;Opera danzavano sul palcoscenico del nostro amore. Sopravvissute al mutar delle stagioni le ho conservate tra le pagine scritte della mia malcelata timidezza, ricordi? Ne ridevamo quando ai nostri incontri danzando sulle punte lievi e sorridenti si posavano sul tuo sorriso complice ed io mistificavo il rossore del mio silenzio, nascondendole tra le pieghe delle rose. Bianchi petali le hanno restituite al tempo ora danzano di nuovo come allegre falene il calore dei sorrisi ha sciolto la neve e finalmente si posano sulle mie labbra.

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Tra la parentesi quadrata e l‟asterisco Ho cercato inutilmente di trovare un aggettivo che definisse il mio stato d‟animo, stasera. Ho provato e riprovato tra le lettere amiche che usualmente mi tengono compagnia ma tra gli anfratti dei tasti cinerini il nulla. Persino i simboli, una vota a me così affezionati stasera mi appaiono invisi, alieni alle richieste. Eppure sarebbe così semplice e spontaneo un aggettivo, una parola per definire questa ansia che come in una giornata di inizio primavera, quando ancora il tempo non ha deciso la sua parvenza, mi fa sentire tra terra e cielo, sospeso nel capriccio di un desiderio di sole marzolino e una piova immanente. Così continuo la mia ricerca tra il bianco e il nero dei tasti infilandomi negli angusti spazi che mi sono concessi ma disperatamente vinto, sfinito alla fine mi addormento. Incastrato tra la parentesi quadrata e l‟asterisco.

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Tribale improvvisazione Danzano scorpioni in tondo sulla sabbia rovente un‟ossessione di tamburi ritma le loro cadenze nere ampolle letali fustigano l‟aria incrociandosi e oscene movenze propongono amplessi proibiti. E‟ pantomima d‟amore, truce rappresentazione scherno dell‟amor platonico, urlo della carne, nel ritmo indiavolato si susseguono i fendenti soffoca nella sabbia l‟eco dei torridi orgasmi. [l’ultima stilla di veleno spegne la sete] Una infinita teoria di cammelli si snoda indolente laggiù, alla tremolante luce del miraggio assassino il giallo vira all‟arancione violento, esplode il rosso mentre la sabbia nelle lenzuola tormenta la notte.

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Tu, dolce malinconia Chissà perché la pioggia che riga i vetri, quando anche il cielo è di pessimo umore e sfoga le sue futili idiosincrasie tessendo grigie trame, fitte come un ricamo abortito, ci appare come lo scorrere di dolci lacrime che si tuffano nel mare placato dei ricordi. Chissà perché il canto del vento tra le gelosie, quando anche i capelli arruffati ridono al sole e rincorrono invidiosi il volteggiar delle farfalle che accorrono al primaverile banchetto fiorito, ci cattura come un ammaliante, dolce assolo che un impareggiabile interprete offre al cuore. Chissà perché ora, che tra pioggia e vento spesso le mie giornate si srotolano inesauste cercando invano dolci lacrime scorrere sui vetri mentre celo l‟orecchio al fischiare della bora e alieno i pensieri nel grigio metallo del cielo, sospiro il sorriso come una farfalla infreddolita. Dimmelo tu, dolce malinconia.

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Un sacchetto di piccole lacrime Gocce di rugiada inghiottite e abortite sul nascere testimoni incolpevoli di gioie o dolorose ferite, emozioni che risalgono dal cuore e affiorano affacciandosi al mondo, represse da false parole che le sospingono al largo, dove i gorghi dellâ€&#x;oblio le trascineranno coatte in fondo allâ€&#x;anima. Mentre tu sorridendo complice nascondi al cuore un sacchetto ricolmo di inconfessabili bugie che scoloriranno nellâ€&#x;attesa di altre piccole lacrime.

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Verso la nuvola che non c‟è e’ tempo di fantasia, Ali multicolori per volare oltre il limite del tempo scandito da soffice neve, implacabile coltre ingannevole seducente vergine che soffoca dolcemente le attese. la macchina è pronta Tecnica e amore, cuore e anima pulsano all‟unisono il motore acceso da tempo attende impaziente il comando ma per volare oltre il limite forse non basta la fantasia. e’ tempo di andare Abbiamo consumato lo spazio del nostro abbraccio rincorrendo anni di fallaci e mistificanti illusioni nell‟affannosa ricerca di un più ampio respiro del nostro cielo.

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Vola basso, mi raccomando! Non guardarmi così. Sarà l‟euforia che guida questi miei maldestri tentativi di prendere le misure all‟azzurro sconfinato scavando tra le nuvole, ancora implume ho piccoli tentativi da spendere nell‟impresa. Ho avuto fretta, lo so d‟altronde la gestazione è stata lunga e tempo si è perso illudendosi nell‟inseguire traiettorie improponibili a chi privo di ali arrogava il diritto di alzarsi in volo senza averne conoscenza alcuna Ho sorriso infine quando ormai appesantito due moncherini hanno visto la luce non ho atteso che la natura compisse il suo percorso credendomi già gabbiano ho sfidato l‟inevitabile imperizia dell‟arroganza. Ora attendo che l‟azzurro sia clemente e mi dia cura di lenire le ferite, nel frattempo fammi da guida e insegnami a volare amico mio, le ali sono ancora piccole, le piume della modestia stanno crescendo. Volerò basso, te lo prometto!

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Volevo scrivere una fiaba Regina si perde nello specchio rotto mentre la luna annega dentro al pozzo il lupo col manto rosso attende là nel bosco distratto col retino acchiappa una farfalla il tempo nella clessidra danza la macumba. L‟orologio del coniglio è rimasto senza parole per il gatto che ha perso le chiavi del castello quarantaquattro topi si inseguono come gatti la volpe s‟è mangiata l‟uva col formaggio il tè nella teiera aspetta il mio compleanno. Desto raccolgo i cocci di una notte indecente ma torno a dormire, il giorno non mi attende piano, mentre Aurora sconfigge l‟uomo nero lo specchio ricompone i pezzi dei miei sogni Regina è là, mi attende, sento il suo respiro. Gli occhi sorridono, le mani si incontrano le pagine distratte del grande libro dei sogni riprendono il giusto seguire la fiaba della vita svanisce il lupo cattivo al candore del suo seno mi sveglio e torno a perdermi nel bosco…

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Y todo a media luz Quando in penombra, a mezza luce amore il desiderio del tuo corpo mi sorprende ancora spengo anche le stelle in una eclissi di luna chè la luce ucciderebbe nella bocca la parola nasconderebbe il sogno, togliendole il sapore. Al nostro esser vicini nel tempo che è passato danzando tutte le ore, anche col passo stanco divorando mano a mano ormai l‟ultimo affanno ti invito a danzare le note stanno aspettando che ancora una volta sia a mezzaluce, tango! …y todo a media luz, que brujo es el amor a media luz los besos…

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Milleduecento battute per parlarne. Si dice che i vecchi parlino volentieri dei ricordi, perché non hanno visione del futuro. Vivono il presente come un dovere, strascicando l’anima avanti e indietro lungo il corso della vita. Gradini sempre più alti, difficoltosi da affrontare i piccoli grandi problemi quotidiani. Vorrebbero delegare ad altri il mestiere di vivere, ma sono ormai abbarbicati alla consuetudine di riconoscersi al mattino.Certo la fortuna è diseguale, le opportunità pure…Pensieri come questi spesso m’inseguono quando, da un po’ di tempo a questa parte, mi ritrovo da solo a tirare le somme. Non sempre la matematica mi dà ragione, anzi spesso è un’opinione. Oggi no, oggi mi godo quest’ultimo sole seduto sulla mia panchina preferita, la testa sgombra da residui di ricordi e pensieri crepuscolari mentre una gabbianella impertinente mi fa l’occhiolino. E’ difficile svuotarsi di tutto e di tutti e, quando ci riesci, raggiungi il nirvana. Ma c’è un ma. Questo piccolo pensiero dovevo pur tenerlo a mente e allora tutto è andato a puttane! Ora c’’è un vecchio seduto al sole convinto che un sorriso e un malizioso occhiolino possano cancellare almeno per un po’ la fatica di ricordare. Parliamone, allora.

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Acqua alta Oggi non scrivo, dipingo i pensieri chiudo gli occhi e sogno gabbiani e velieri chiudo gli occhi e ascolto il respiro del mare dei tuoi occhi ricordo solo il verde colore. [oggi non scrivo, il tempo uggioso spinge alla noia, chiama il riposo mentre attendo che ritorni la luna ascolto le voci della laguna] Oggi non scrivo, dipingo i pensieri chiudo gli occhi e vedo un mondo a colori chiudo gli occhi e sento rumore di pioggia tra mare e cielo il saluto di Chioggia. [oggi non scrivo, c’è acqua alta i miei pensieri vagano in barca nella laguna è rimasto un airone ad occhi aperti non c’è emozione] Oggi non scrivo, ho sbiaditi pensieri tutta quest‟acqua ha sciolto i colori ho chiuso gli occhi, vado a dormire ma domani li apro e torno a sognare.

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Ad una piccola poesia irrequieta Povera piccola, senza ali per volare nata settimina con grande difficoltà ora nessuno ti dona un po‟ d‟amore nessuno ti capisce questa è la verità. Senza più timori, ricusa lo sconforto lacrime non servono, usa indifferenza piccolo vascello giunto in questo porto del mare superando ogni turbolenza. Se non sei amata, non pietire amore spiega ora al vento le tue piccole vele altri porti accolgono chi sa il dolore lì troverai rifugio dalle tante ragnatele. Io non ti seguirò, ti guarderò andare felice fino in fondo di averti dato fiato nonostante tutto so ancora navigare ma in questo porto l‟ancora ho gettato.

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Agata dedicata alla mia nipotina Agata Il vecchio seduto al sole del parco scaldava i ricordi e il cuore un poâ€&#x; stanco mentre lo sguardo vagava lontano struggente il rimpianto cresceva pian piano. Cercava scavando la ragione profonda della tristezza che spesso circonda i vecchi che stanchi sul far della sera ritornano sempre ad una primavera. Passata, vissuta e forse tradita dalla fretta bastarda di vivere la vita ingoiando lâ€&#x;amore, il tempo e i sogni inseguendo da idioti falsi bisogni. CosĂŹ i pensieri chiudevano porte a nuove emozioni presenti e mai morte e mentre il vecchio sommesso piangeva la bimba felice nel sole correva. Dimmi il tuo nome e la bimba radiosa disse: io sono una pietra preziosa che posta sul cuore di un vecchio al mattino felice gli mostra un nuovo cammino. Dammi la mano e stringila forte con me si apriranno di nuovo le porte che il gelo del tempo aveva serrato e la voglia di amare aveva fermato. dammi la mano‌

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Ah! Monsieur La Palisse “Nonno, ma tu sei vecchio?” “Perché mi chiedi questo, piccola?” “Hai i capelli bianchi, e anche la barba bianca, sembri Babbo Natale…” “No, Agata, io non sono vecchio sono loro, i capelli e la barba, che sono invecchiati” “Non capisco, nonno…” “E‟ semplice, piccola, tu non sei come gli altri ti vedono, tu sei come ti senti di essere, così può capitarti di essere tristissima, di avere invece il sorriso sulle labbra, e tutti pensano che tu sia contenta…” “Comunque tu per me sei vecchio, se no che nonno sei? “Certo, Agata, certo…”

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Amore sotto le stelle Sabbia bagnata da corpi distesi danza pagana di festa notturna ombre cinesi che seguono il ritmo amori dipinti su scogli muschiati. La luna decide i cambi di passo muovendo a piacere il flusso del mare spettacolo lunare eppure avvincente amanti lucenti di riflessi argentati. Mentre le scie della notte stellata sfilano veloci a morire altrove le stelle ammirano dal palco lunare lo spettacolo eterno dellâ€&#x;amore.

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Ancora una mano, ancora… Vorrei giocarmi ancora il cielo ai dadi sentirli rotolare allegri sul selciato guardarli sussultare per darmi il risultato per amare o maledire l‟ironia della sorte. Non è più tempo di giochi oramai e la vita spesso mi chiama al suo tavolo è la mano finale, dadi o carte non importa, ma io vorrei giocarmi ancora il cielo. Datemi i dadi, ancora una mano, ancora…

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Aspettando l‟alba di notti diverse Quando la notte avrà uno spazio dove il tempo sarà dedicato anche ai sogni, chiederò alla argentea compagna di non essere gelosa dormirò, sognerò o vagabonderò sulla spiaggia intessendo col mare nuove notturne amicizie tra scogli e riflessi argentei delle onde. Ora che la meta piano si avvicina e con lei la speranza cresce fino al parossismo, stupidamente mi volto indietro e provo a contare le notti mi perdo e chiedo soccorso di nuovo a te, Luna confondimi e sorprendimi fino all‟ultimo, ci rivedremo sotto un altro cielo.

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Attesa Ecco, mentre l‟acqua mi circonda l‟isola che mi ospita attende il mio cuore. Giro lo sguardo ed il passar fugace di anni diversi sotto cieli alienanti ha lasciato solchi profondi nell‟anima. Ora finalmente serena, libera da scorie attende Selene per nuovi incontri. Quando la dama bianca si specchierà come menestrello ne canterò l‟amore se Crono tiranno me ne darà il tempo. Attendo

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Basta un profumo Come il profumo intenso dell‟asfalto bagnato d‟estate quando il sole si fa più cattivo anche l‟erba che vira dal verde al bruno, assetata come tutta la natura che in attesa benedice l‟arrivo dell‟acqua a volte avara per estinguere l‟arsura e pulire i cuori. Come il profumo aspro del vino nelle botti stipate in cantine ne umide ne asciutte indifferenti delle necessità della natura, grigie botti anemiche di mescite cittadine in bottiglie improbabili tra mani callose e il bicchiere di rosso poggiato sul banco. Come il profumo materno del pane caldo sfornato dal fornaio mattiniero sottocasa il bianco della farina nelle mani incipriava il cartoccio bruno che il garzone stringeva, i gradini della scala da fare quattro a quattro e la consegna all‟ora del desinare sul desco. Così ora l‟asfalto fuma e il profumo che sale da un senso ai ricordi che prepotenti riaffiorano per sciogliersi dolcemente benefici nell‟anima, è bastata una pioggia e un insieme casuale per regalarmi nel profumo un sorriso di gioventù al bar, tra un‟ombra di vino e un panino, respiro.

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Bastava un paio d‟ali Ogni notte come guardiano delle anime scendo nel profondo del mio essere e, novello Caronte, traghetto i miei pensieri là dove mai avrebbero volato. Babilonia eretta su macerie di anni frantumati dalla vita mostra orgogliosa i suoi giardini pensili di piante carnivore. Sodoma e Gomorra là accanto si contendono gli ultimi lembi lacerati della mia anima. Eppure sarebbero bastate un paio d‟ali per osservarmi com‟ero e planare verso l‟Eden. Se solo avessi avuto un po‟ di cera.

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Calma piatta Improvvisa , repentina discesa nelle more dei spasmi aritmici di un cuore distratto da emozioni fallaci. Impulsi svogliati per battiti fuori tempo lento morire del ritmo che si adagia e cheta in un lungo respiro. Gli occhi aperti ora spaziano in cerca di te calma, troppa calma dopo la tempesta ma non ti trovano. Un amore navigato sulle onde procellose di personalitĂ opposte tra abissi e approdi comunque vivo.

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C‟è vento, stanotte C‟è vento, stanotte. Stanotte il vento scardina i miei pensieri. Li rincorro, cerco di afferrarli come fa un bambino con le rugginose foglie d‟autunno. Ho voglia di sole, della tenerezza, del calore di una stagione che da troppo tempo manca. C‟è vento, stanotte. Ramazza con decisione e porta via con se le scorie del vivere quotidiano. Ha portato via anche le paure ed i timori che sopraggiungono nell‟inverno della vita. Domattina sarà tutto più terso, limpido. C‟è vento, stanotte. Mi rigiro nel letto, trovo una carezza sui capelli Forse un refolo indisciplinato, chissà ha tolto la polvere ai sentimenti. Le mani rincorrono le mani, si intrecciano. Domattina sarà dolce svegliarsi. C‟è vento.

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Chioggia Chioggia, come lisca di sogliola spiaggiata nell‟incanto della laguna riarsa dal sole e levigata dal vento abbaglia il nuovo arrivato e lo cattura con la magia del suo cuore antico. Allegro brulicare di voci cantilenanti in altalena lungo la spina dorsale che sfuma lentamente verso le calli attirato dal richiamo dei pescatori e lo stridore dei gabbiani nei canali. L‟orgoglio antico di chi sfida il mare a guardia lassù, issato in piazza Vigo, racconta la sapienza, il coraggio innato di chi ha attraversato secoli di storia piegando la natura al suo cammino. Diversa da tutto quello che ti aspetti offre stupori ogni giorno a chi vi arriva a chi la percorre su e giù per le calli a chi la spedisce verso altri lidi lontani a me che l‟ho scelta ha offerto il cuore.

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Ci vorrebbe un trapano Anni che rigiro amore come tassello tra le mani anni che non decido, che rimando al domani ho l‟anima sgualcita, ogni volta che l‟indosso stiro pieghe dolenti del giorno appena smesso. Ci vorrebbe un gancio, un appiglio più sicuro dove appenderla la sera dopo un giorno così duro ho chiesto al cuore spazio per evitare brutte ferite ma ha la scorza troppo dura, respinge questa vite. Da tempo ormai vago inventando nuovi inganni per bucare questo cuore indurito dagli affanni usando questo amore come provvido tassello indosserei di nuovo l‟anima come un vestito bello.

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Di nuovo, a fatica Un lampo, uno squarcio improvviso illumina una ferita bianca tra due pareti grigio fumo dita imprecise e febbrili insistono sui tasti, generano neri simboli anelanti di incasellarsi, faticosamente evitano gocce rosso sangue che improvvise cadendo feriscono il bianco. Rotolando svelti vanno a comporre parole ordinatamente, come tanti piccoli soldatini, parole che inghiottite da unâ€&#x;anima vorace scivolano atterrite verso il fondo dellâ€&#x;oblio si aggrappano feline, con le unghie feriscono un cuore dâ€&#x;ebano nero che di rosso si colora. Di nuovo, a fatica.

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Dormiveglia Caleidoscopio doloroso di cristalli colorati pezzetti di vetro roteavano impazziti nel tunnel in cui improvvido posi lo sguardo. Fermateli, gridai, fermateli! Lacrime agli occhi rigarono il risveglio le dita convulsamente torcevano il lenzuolo lâ€&#x;urlo appeso al soffitto crollò nella stanza. Il giorno ferĂŹ lo sguardo, tornai nel tunnel.

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Era il „55 I meriggi di maggio che volgevano alla sera portavano con se i profumi di primavera ancora distinguibili ai tuoi sensi di bambino che giocava nel cortile dietro casa, lì vicino. Il venditore di ghiaccio curvo sotto il peso confondeva le donne col sorriso acceso tua madre che urlava chiamandoti alla cena il volgere alla fine di una giornata serena. Il maggiolino al filo da cucito imprigionato nel volo suo adesso improvviso, liberato andava allegramente incontro alla serata respirando infine una libertà inaspettata Libertà sempre voluta, da poco conquistata oggi quasi dovuta, ma spesso immeritata ricordo di meriggi tra giochi da bambino non t‟ho più incontrato, amico maggiolino.

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Era semplice, non l‟avevo capito Sembrava semplice, fu abbordabile. Come bere un bicchiere d‟acqua lo tracannai tutto d‟un fiato. Sembrava semplice, fu inevitabile. Il dolore profondo che uccise il cuore il distacco aveva il sapore dell‟addio. Sembrava semplice, fu sopportabile. Durò lo spazio di un mattino sedici anni travolsero anche il dolore. Fu semplice, indimenticabile. L‟acqua ha tutto un altro sapore se bevi alla fonte di un nuovo amore. Ma soffrii, non l‟avevo capito.

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Greta e la perla dedicata a mia nipote Greta

Un sassolino spesso dispettoso ha cercato casa un bel mattino ed essendo un poco vanitoso la cercava usando un lumicino. Questa non va è troppo rumorosa quest‟altra poi vi entro a fatica vieni da me, sarò la tua sposa di colpo udì da una voce amica. Illuminò la scena e comparve un‟ostrica bellissima sorridente che lo invitò viver tra le sue valve lontano dai rumori e dalla gente. Fu così che il tempo galantuomo dispose che la sede era discreta e il sassolino ribelle ormai domo in perla trasformò e nacque Greta.

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Ho provato a vivere Ho provato a vivere, sollecitato dal mondo prima di essere fagocitato da lui stesso ho provato a viverlo osservandone i veleni attraverso bolle di fumo sparse nelle stanze. Visione invereconda di piccoli grandi delitti perpetrati senza vergogna, a piene mani caleidoscopio di indecenti amori ed umori, mi si offriva al diradarsi di nebbie oppiacee. Ho provato a viverti, mondo, e sono morto.

127


Ho visto Ho visto sotto di me ammassi di carne umana scomporsi e ricomporsi in orgiastiche forme. Trasvolando il tempo come Icaro incanutito, le ali ormai stanche appese ad un filo di cera, fotografo nei miei occhi scene immutabili che solo gli stolti credono rinnovarsi nella storia. Eâ€&#x; ora che io smetta le ali ormai consunte e incida con le unghie il tempo che mi rimane. Schiavo della mia innata inquietudine convivo con me stesso nonostante i sussulti dellâ€&#x;anima che anela libertĂ ormai irraggiungibili.

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I pescatori di Ciosa Lâ€&#x;andatura ciondolante ad anche aperte cappellini di lana grezza calzati sulle ciglia occhi cerulei taglienti di sguardi fissi al mare visi come pietre erose dal sale e dalla bora. La sigaretta eternamente spenta pone lâ€&#x;accento sul sorriso che accompagna il saluto amico le parole dondolando sottolineano la cadenza del parlare altalenante come il rollio della barca. Li incontro ogni mattina sul Canal Lombardo gente schiva, dal fare ruvido come le mani che troppe volte hanno tirato a secco reti vuote e ogni giorno santifica il mestiere di Pietro. La lunga teoria di pescherecci attraccati al molo lo stridio dei gabbiani eccitati dallâ€&#x;odore penetrante gesti misurati dallâ€&#x;esperienza che il mare insegna voci arrochite dal fumo che si rincorrono musicali. E il dondolare cadenzato del dialetto chioggiotto che timbra inconfondibilmente il levare del sole.

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Il viaggio [binari stanchi in attesa di nuova violenza/ vagoni come case popolari in attesa di popolo/ il fischio improvviso/ stridore di acciaio contro acciaio il treno parte] Lo sguardo stralunato interroga l‟accaduto. Panchine vuote. Stazione deserta. Si è mosso tutto così rapidamente. Una strana spossatezza mi attanaglia. Stanchezza, come dopo un lungo viaggio. La stazione però mi è familiare. Guardo il biglietto, è scaduto. Ho perso un treno che non è mai partito. Che anno è?

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Invidia Non bastano i tuoi occhi cangianti per comprendere in un solo sguardo tutto l‟amore rovesciato sul letto. Avvolto in delicate lenzuola di seta, come neonato implume lo coccoli con la tenerezza di ciglia sorridenti. Mentre la fatica dell‟amore mi avvince, e invidio l‟abbraccio dei tuoi occhi, cedo all‟inganno del sonno, stanotte.

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La fée verte Socchiudo gli occhi e il tavolo balla, il sogno incomincia, son sopra una stella, sorpasso i pianeti, il vuoto mi attira come un serpente mi avvolge la spira. Ti cerco la bocca per fare silenzio la mano solleva il bicchiere d‟assenzio ahimè son rimasto da solo nel letto o forse non c‟eri e sono distratto. Ma poi ricomincio, lo sguardo si perde fammi sognare, oh mia fata verde!

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La finestra a est Frangisole elettrici dipinti di bianco tagliano a fette un cielo nero pece notti senza lune si alternano voraci, ingoiano nel buio ogni mia illusione. In piedi lo sguardo avverte lontano il chiarore rossastro che s‟avvicina, il sole distratto ogni giorno compare e una fetta per me é già abbastanza. Finestra con sbarre come prigione testimone e complice di libertà vigilata al mattino ti apri e ti acconci al sorriso del sole che filtra a strisce tra i ferri. Il rosso ha divelto la pece della notte la luce sul letto crea geometrie ineguali dai frangisole s‟affaccia il nuovo giorno, ad occhi aperti sto sognando l‟oriente.

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La mia ballerina dedicata alla mia nipotina Sara

Sara che hai sorriso aprendo gli occhi al mondo che tutti hai invitato a un nuovo girotondo di vecchi e di bambini attorno alla tua cuna ti rischiarava il viso la luce della luna. Sara che hai portato nel cuore mio bambino quel giorno nuova voglia di ritornar piccino di fare nuovi giochi con te seduta accanto e farti poi ballare per asciugarti il pianto. Sara che poi un giorno a me ormai lontano dimenticato il pianto prendendomi per mano mi invitavi ancora a stringerti e volare a dimenticare tutto portandomi a ballare. Sara un ballo ancora e poi sei ripartita lasciandomi il ricordo di un pezzo della vita quando hai aperto gli occhi al mondo con un sorriso ed io girando in tondo ti asciugavo il viso

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La mia ragazza dedicata a Conny, mia moglie

lâ€&#x;ha portata una conchiglia attraverso lâ€&#x;Egeo cresciuta al sole del Salento ha nel sangue Penelope in attesa e la malia di Circe che strega il novello Ulisse approdato sul suo seno ho navigato mari impervi protetto dal suo grembo ho vinto burrasche e venti ho conquistato anni sconfiggendo Proci di carta ora che ho finito le frecce da tempo riposa anche il telaio ora che è sera la luna ci guarda mentre abbracciati sogniamo il mare e le spiagge di Rodi la mia ragazza è poesia

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La verità negli occhi dedicata ad una piccola e coraggiosa compagna di terapia di alcuni anni fa

Gli occhi sereni della bimba velata scrutano calmi, non hanno paura reclamano muti un infanzia negata raccontano ai miei l‟eguale tortura. Risposte negate da scrupolo pavido ingoiate, celate, per finta prudenza bestemmie appese sul muro ruvido scritte nel bianco di quella assenza. L‟attesa paziente tradisce l‟affanno la macchina é pronta oltre la stanza la verità è scritta disvela l‟inganno se vuoi per la vita nuova speranza. Mentre racconti mentendo il timore la bimba ti guarda, ascolta e sorride la porta si apre ti investe il chiarore lei entra decisa l‟angoscia ti uccide. E resti a fissare il bianco del muro pensieri fantasmi si agitano in petto lo sguardo di lei così calmo e sicuro ha scritto parole che mai hanno detto.

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L‟altra metà del cielo lassù, in fondo a destra Se è vero che sei la metà del cielo, vorrei avere le ali e portarti con me nell‟altra metà che ancora non conosci quella che aspetta da tempo di ricongiungersi a te passeggiando tra nembi e cirri, discretamente allineati percorreremo il viale che porta alla nostra reggia. Potremo guardare con sufficienza quelle due sagome laggiù, ancorate a terra, con gli occhi rivolti al cielo con il cuore gonfio, in attesa di ali per spiccare il volo ma forse saremo troppo stanchi e torneremo a dormire sognando l‟altra metà del cielo lassù, in fondo a destra.

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L‟anno che verrà Anni che scorrono, attraversano anni passano in fretta e manco ti accorgi di aver vissuto superando gli affanni mentre là in fondo il mare tu scorgi. La sabbia scalda il tuo corpo al sole l‟acqua di mare accarezza i tuoi fianchi per dirti che t‟amo ho poche parole ti porterò al mare così gli occhi stanchi. La nebbia degli anni dimenticheranno il freddo del cuore verrà riscaldato e sarà il mare che al tuo compleanno ti dirà “guarda che un anno è passato”.

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Lassù oltre le nuvole L‟attesa è lunga, mia Argentea Signora, il buio ormai soffoca, non leggo poesia il nero che ha oppresso la vita mia finora non ha proprio in animo di andare via. Così guardo le ombre figlie dei lampioni inseguirsi nei riflessi color pece del mare aggrappato alla fallace speme del domani sorretto come sempre da infinito amore. Aspetto ormai da mesi, attendo la tua luce rivoglio la corona lucente delle stelle a te rivolgerò sognante la mia voce le ore danzeranno le musiche più belle. Ho affidato al vento parole innamorate lui solo fa consegne veloci oltre le nuvole sicuro che lassù dopo averle ascoltate farai capolino, riempiendomi di coccole. Ora paziente, lo sguardo fisso al cielo attendo che il vento lavori da spazzino se tu vorrai rispondermi tirerò mattino non sentirò più freddo, non sarò più solo.

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L‟inquilino della porta accanto Non ho mai conosciuto chi fosse l‟inquilino della porta accanto e, francamente, non mi ha mai interessato saperlo. Finché un giorno non sono inciampato in un paio d‟ali lasciate davanti al suo uscio e gli occhi mi sono cascati sulla targhetta della porta chiusa. Una targhetta molto discreta, classica, in ottone satinato, c‟era inciso: Anima. In punta di piedi sono rientrato a casa. Ho lasciato aperta la porta del cuore.

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Lo scoglio Stasera al chiarore io voglio restare qui sullo scoglio in silenzio a guardare di come il mare col suo movimento porti sereno nel mio cuore affranto. Seduto il respiro si placa man mano la luna riflette sullâ€&#x;acqua lâ€&#x;arcano dellâ€&#x;onda che muore e sempre rinasce e sul mare fratello la spuma ricresce. A me che il mare richiama ai pensieri della vita passata, dei ricordi di ieri mi offre conforto e mi invita tra le onde dolce mi abbraccia, il dolore confonde. Lo scoglio da tempo la sera mi attende quando lo strazio alla gola mi prende io chiudo gli occhi e guardando lontano nuoto nel mare con le lacrime in mano.

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Lucida follia Insegui un sogno sfuggito dal recinto del sonno corri allâ€&#x;impazzata per le vie del centro la gente passa commiserando il tuo stato di alienazione. Affannosamente cerchi con lo sguardo tracce del sogno fuggiasco lo trovi alfine seduto nel silenzio lercio di un loft in disuso lentamente si volta, ti guarda e ti riconosci. Ti troveranno cosĂŹ al mattino, seduto in un loft di periferia e li guarderai sognando con occhi di lucida follia mentre le mani in aria disegnano cuori alieni.

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Melanconicamente faceto Io, terzo escluso di una splendida dicotomia, parte eccedente non inclusa nel mio essere spesso trascino l‟anima avanti allo specchio in attesa di un evento che inglobi il desiderio. Diviso a metà, tra il melanconico ed il faceto busso alla porta, cerco un attimo di distrazione, pavidamente sto ai margini e seguo l‟altalena di chi una metà arraffa a piene mani e la divora. Così osservo e godo di questo privilegio, mentre paziente rattoppo l‟anima lacerata.

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Neanche una iena Quando il sole ne avrà avuto abbastanza di una terra che se ne frega del rispetto deciderà che sì, se ne andrà in vacanza lasciando al freddo ognuno nel suo letto. No, non crucciarti, perché menar gramo al mondo non conviene c‟è da far denaro e a chi ora prevede deserto in ogni ramo basterà chiuder la bocca con uno sparo. Con gli occhi chiusi per non veder la scena gireremo tra rovine di uno stupido passato nel deserto rosso mancherà anche la iena che pel digiuno morrà ché morto é il creato.

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Nel riso il pianto Ridendo a crepapelle singhiozzo alla luna che argentea in tralice mi scruta notturna avvezza da tempo ad ogni mia follia stavolta sorpresa interroga le stelle. Non riconosce lâ€&#x;alieno che dietro le sbarre da tempo recluso misura lo spazio. Di colpo si arresta del cuore lo sforzo la in fondo un colore il cielo dipinge mentre singhiozzo al giorno che avanza la luna scompare ridendo a crepapelle.

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Nella rete I pescherecci attraccati al molo stasera sono scheletri che lâ€&#x;onda fa dinoccolare legni dai colori sgargianti erosi dal mare reti, sartiame e ferro, odor di pece nera. Ombre riflettono sullâ€&#x;acqua tremolante gabbiani in lite che volano a bassa quota osservo rapito sfiorar le ossa al natante ma cado nella rete di unâ€&#x;altra notte vuota.

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Nucleare [avevo scelto Chioggia così, per amore della sua laguna, del sale, del suo mare ma ho una fitta, un dolore forte al cuore se penso che ben presto sarà nucleare] allora… Sulla darsena di notte mille fiammelle danzeranno brillando come nei cimiteri moriranno d‟invidia anche le ultime stelle marceranno i pesci come tanti corazzieri. ma se… Il progresso insulta e chiede anche questo voglio ritornare indietro, ritornar bambino assaporare ancora del mare tutto il gusto brindare alla natura con un bicchier di vino. nucleare…? Vorrei poi ricordare ai potenti che il volere di tanta e tanta gente aveva già bocciato quest‟ultima ingiustizia e per lo strapotere la natura rivoltandosi ci manderà al creato.

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Oggi oggi non saprei dirti l‟amore che mi attaglia oggi non saprei darti che un cuore di paglia cuore imbalsamato in attesa di prender fuoco che cerca di bluffare barando a questo gioco oggi che il mare intorno finalmente mi circonda oggi posso godere degli spruzzi che fa l‟onda racchiuso in un isola che emana un forte odore di salmastro e che dona pazienza al pescatore oggi seduto qui sul molo tornerò a pescare oggi che ho nuova forza tornerò ad amare la rete che ho gettato un tempo assai lontano colma ormai d‟amore tirerò a riva piano piano oggi i miei propositi sembran essere sinceri li ho legati stretti a me….ma forse era ieri

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Parole senza parola Le parole non dette tra noi sono figlie di muti pensieri lame sottili che lacerano cuori che risvegliano vecchi rancori. Le parole non dette tra noi sono figlie del senno di poi che tradisce lâ€&#x;ansia e lâ€&#x;affanno di voler nascondere il danno. Le parole non dette tra noi hanno tutte lo stesso sapore del veleno che spesso tu ingoi per nascondere nuovo dolore. Le parole non dette tra noi abortite come figlie sconfitte le parole non dette tra noi sono mute, forse le ho scritte.

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PerchĂŠ? Corpi straziati da mille parole giacciono riversi sul ciglio della strada passo scostando coi piedi le ferite di chi ha venduto lâ€&#x;anima al potere. Respiri affannosi di donne discinte rincorse nel buio da occhi indiscreti descrivono atterrite lo strazio perenne del mondo che ha perso la propria ragione. Guardo e non vedo la morte che attende chi nella vita ha dato la morte il buio profondo dellâ€&#x;anima insegue la luce sperando il ritorno di un altro mattino.

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Preghiera Ho scritto di me della mia anima, del mio cuore ho scritto di lei, la sua pazienza, il suo amore scrivendo ho messo a nudo i miei sentimenti parlando della mia vita, dei miei pentimenti. Ora che il fiato è corto e il traguardo si avvicina ora che ringrazio ogni giorno il ritrovar mattina lo sguardo volge in alto, ormai senza timore per ringraziare il cielo parla di nuovo il cuore. Mi sono speso molto, ma molto ho ricevuto la foga del presente inghiottiva ogni minuto spesso confondendo l‟amor con la ragione toglievo alla mia vita ogni piccola emozione. Non rinnego niente, ho scritto il mio destino ebbro fino in fondo, partecipe del gran festino con la mente sgombra e lucida ora che è sera l‟amore e la ragione mi inducono alla preghiera. Un nuovo tempo chiedo perché io abbia tempo di raccontar la vita creando un nuovo stampo diversamente amandola col cuore più sereno per coglier le emozioni vivendole appieno.

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Presenze Sudore gelato lungo la schiena e‟ dietro di te la presenza aliena la voce che stride deflora il silenzio nascondi la testa, aneli l‟assenzio. Nessuna minaccia, il tono pacato sorriso sghimbescio, fare affettato siede a te accanto, tende le mani tu le respingi, invochi il domani. Lei di rimando ti chiede che vuoi? Tu mi hai cercato, non son fatti miei ogni qualvolta ti afferra la pena tu mi rinneghi, mi volti la schiena. Eppure ti servo pei giochi perversi per farti più bello, agli occhi diversi un uomo sensibile, con tanti misteri che parla coi vivi, già morto da ieri. Mi giro nel letto, un urlo mi strozza tutto il sudore ha creato una pozza lenzuola bagnate, che vale se poi l‟aliena presenza non è più tra noi. Spengo la luce, ma sul comodino dalla foto sbiadita mi fo l‟occhiolino ritornano i brividi lungo la schiena son proprio io la presenza aliena.

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Quando la luna incontra l‟anima gemella Sole innamorato che ti infiammi al primo abbraccio attendi rosso d‟amore il nuovo fugace incontro con lei, virginea dea che rischiara il buio delle notti. L‟aurora da sempre testimone di questo perduto amore suggella il breve amplesso tingendo il cielo di rosa pensiero delicato a ricordo di una storia d‟amore eterna. [eppure noi lune notturne abbiamo sconvolto l’ordine costituito per noi l’aurora ha tinto di rosa un’alba che ancora non ha visto il tramonto il tempo non ha capito l’inganno e il giorno è rimasto bambino]

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Quel filo sottile quella volta ho camminato in bilico su quel filo sottile che ci separa dall‟alienazione sospeso in una specie di limbo indolore e incolore costretto dalla vita a percorrere un tragitto inaspettato ho misurato la distanza che c‟è tra la follia e la ragione i miei occhi hanno visto ciò che altri occhi disconoscono lo strazio infinito di uomini persi o presi in cupi pensieri bianchi stanzoni ormai lerci e maleodoranti di piscio ectoplasmi di esseri trascinanti fardelli sovrumani oppure sguardi sereni anelanti cieli diversi che ti gelavano l‟anima chiedendoti ragione di un filo spezzato

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Raccontando unâ€&#x;illusione La incontrai di nuovo quasi per caso dopo tanto girovagare nei vicoli rivoltando cassonetti immondi erano anni, ma non parve cambiata solo il suo respiro dentro il mio avevo un altro ritmo, un altro sapore. Fu allora che con estrema sofferenza dopo lâ€&#x;amore mi separai ancora da lei e la guardai finalmente con occhi chiari lei mi lasciò ridendo sguaiatamente ancora adesso, quando ne parlo con gli amici a parole ancora vive, a parole.

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Ridatemi le ali Non erano grandi, facevo brevi voli erano perfette per sentirsi meno soli quando alla notte tiravo mattino dormivano al mio posto, lĂŹ sul cuscino. Le avevo forgiate con cera pregiata da api regina per me preparata piume di cigno di bianco splendente mi alzavano in volo in un istante. Il sole era amico non recava offesa cosĂŹ mi libravo anche senza difesa e se nella notte parlavo alla luna di giorno volavo, era la mia fortuna. Di colpo sparite non le ho piĂš trovate sul mio cuscino addormentate nel sonno rubate le han portate via mi mancano tanto eran la mia poesia.

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Sfogliando l‟album Il nostro amore é una cartolina illustrata tra tanti dagherrotipi di seppia colorati, pallide immagini sfocate di giovani amori perse chissà tra la polvere degli anni. Pellicole sviluppate con acidi scaduti che hanno bruciato inesorabili i contorni lasciando il ricordo corrosivo dei baci rubati. Il nostro incontro fu come un lampo, un flash una luce che diede risalto e raccontò i colori indelebili, accesi e fantasmagorici perpetuandone la bellezza nel tempo. Catturata per sempre in questa immagine conservata tra il grigio dell‟album dei ricordi, che ora ho ritrovato e conservo sul cuore.

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Sogno tzigano per un amore nomade Ho costruito una casa di fiammiferi di legno, migliaia di accenti rossi a sottolineare il cielo in spasmodica attesa di scaldare il nostro amore. Ho atteso il tempo danzando il sorriso delle ore, sul ritmare inesausto di tamburelli tzigani, il tuo arrivo annunciato dal canto del vento. Ho acceso il cuore sulle note di un violino che improvviso ha mutato gli accordi mentre le ombre disegnate dal fuoco scandivano i passi. La festa è iniziata, la musica racconta lâ€&#x;illusione di un sogno zingaro apparso per una notte e svanito come fumo nel respiro di una sigaretta.

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Solo con me stesso Non capirono quando ci videro passeggiare teneramente complici mano nella mano. Serenamente l‟incedere tracciava solchi ritmati su strati arrugginiti di foglie d‟autunno. Sguardi curiosi figuravano amori inconfessabili di me e di te, così uguali e così diversi. Eppure così semplice era il nostro esserci. Poi hai sciolto il nodo che le dita trattenevano e lentamente ti sei persa tra le foglie. Tracce diseguali ammiccavano la mia solitudine ma non dichiaravano il grande inganno. Solo occhi che guardano altrove non vedono che con l‟imbrunire l‟ombra ci lascia.

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Spesso, la notte La notte che senti come seconda pelle vestita dal candore offerto dalla luna luce tremolante che viene dalle stelle vorresti riposare sognando nella cuna. Ombre ingigantite da remore ed affanni danzano sui muri in pose invereconde parli a te stesso maestro degli inganni e il vero al cuore la tua voce nasconde. Lo spazio che circonda il buio è lacerato dal grido che in silenzio dallâ€&#x;anima risale la mente ormai sgombra da ogni steccato accoglie il dolore che ritorna e ti assale. Non serve ingiuriare il tempo inclemente che ti ha fottuto, ed eri certo dâ€&#x;aver vinto gli sbagli ritornano lo stesso alla mente risalgono dal pozzo rompendo il recinto.

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Spesso Spesso vorrei tornar bambino credo sia umano, succede a tutti noi spesso quando di notte attendo il mattino vorrei addormentarmi per non svegliarmi mai. Spesso tra i miei ricordi cercando storie passate ho incontrato un poâ€&#x; di tutto gettato alla rinfusa spesso ho conservato di me anche le cazzate mentendo per non dover poi chiedere scusa. Ora che non mi importa del tempo passato spesso mi ritrovo a volgere lo sguardo dimentico allora che sono nato nella poesia io mi perdo.

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Squarci di luce improvvisi Ho lacerato il bianco sudario che ricopre la mia mente mille lampi rosso arancio lo attraversano improvvisi come fiotti di sangue che impetuosi sgorgano dalle ferite. L‟anima in rivolta è tornata nuovamente a nascondersi altro tempo scorrerà prima che riesca a ritrovare quel filo di Arianna che il cuore le aveva regalato. Nel labirinto della ragione mi sono aggirato cercandola giù nel profondo nascosta lei sorride ironicamente perfida vincitrice ogni volta di una disputa infinita. L‟occaso rosseggiando veleggia verso il nero come pece occhi feriti dal volteggiar dei colori attendono socchiusi mentre nuove luci si profilano e calmano l‟affanno. Ora chetato il respiro si inebria dei profumi della notte, così l‟anima timidamente fa capolino dalla penombra il cuore l‟afferra e un lampo improvviso rischiara la mente.

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Stasera non volo Ma stasera no, non voglio volare i tetti della cittĂ a me sconosciuta li ho visti e rivisti nelle notti passare mano per mano con te anima muta. Chiunque tu sia non ha importanza mi attendi ogni notte nel buio profondo del sonno che arriva nella mia stanza e mi trascini decisa in un altro mondo. Planando sui tetti con moto leggero distendi le ali mentre guidi il mio volo con te al mio fianco io sono sicuro mi tieni per mano, non sono mai solo. Non câ€&#x;è mai timore in ogni tuo gesto ti muovi sicura, comandi il mio tempo mi guidi da molto, conosci il mio gusto la tua presenza ha la luce di un lampo. Questa stasera no, non voglio volare rifiuto stavolta la tua presenza aliena non sono pronto, non dirmi di andare ma fammi dormire una notte serena.

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Stupore Se ancora sei in grado di leggere lo stupore negli occhi di un bambino, mentre gli mostri un fiore di campo, e gli racconti la favola della natura, se ancora hai dentro di te la voglia di combattere perchĂŠ duri quel sorriso e crescendo lui lo possa raccontare e leggerlo nello stupore di altri bambini, se farai in modo che la delusione non alberghi mai nel suo cuore intatto vincendo la battaglia contro la stupiditĂ degli uomini e dei loro governanti, avrai capito la morale della favola con i se e con i ma uccidi lo stupore.

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Tante piccole ferite Lungo il corso della vita sono inciampato in una siepe di more e rovi le cui radici tante piccole ferite mi hanno procurato e dolgono al solo sfiorarne le cicatrici. Le porto con me da anni e accompagnano la cadenza del mio passo incerto, dolorante esperienze vissute e lacrime che segnano il cammino di un anima inquieta ed errante. Ora che respiro di nuovo il cuore si ĂŠ acceso e lâ€&#x;anima si è svegliata dal lungo torpore accarezzando le piccole cicatrici ho deciso tante piccole ferite non danno tanto dolore.

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Tarantole e salamandre Balla il fuoco nella notte accompagna giravolte, frenetiche discese nel bianco della ragione a cogliere nel vuoto alibi allâ€&#x;esistenza. Vortici alienanti di occhi, riflessi di fiamme che scottano lâ€&#x;anima attraverso il fuoco che divora i pensieri ardenti, tizzoni cicatrizzano il cammino. Brucio la morte, torno a ballare nuovamente nella notte rinasco. Come le salamandre.

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Ti ho mai raccontato… Abbiamo parlato a lungo io e te, ieri sera l‟aria era fredda ma preannunciava primavera seduto lì sul molo, la voce un sospiro raccontavo di me prendendomi un po‟ in giro. Ti ho detto di quando, senza colpo ferire ho visto tutto il lavoro di una vita scomparire i gesti, le abitudini i sogni mai repressi finire appallottolati come carta dentro i cessi. Case, guadagni, successi sul lavoro andarsene beffandosi del mio nuovo disdoro l‟amore quello no, quello l‟ho ancora accanto è rimasto nonostante affogasse nel pianto. Forse ho meritato davvero la lezione sbagliavo e non provavo alcuna emozione così, mio caro amico stasera ti racconto di come prima o poi ti si presenta il conto. Se tutti i tuoi averi hai speso senza freno del gusto della vita perderai l‟ultimo treno ora perdona se ti annoio con la filosofia rimani accanto a me ti prego, non andar via. Ho rivolto la preghiera ormai tardi, inutilmente ha sciolto le sue ali, volando pigramente il gabbiano che alla sera mi tiene compagnia e ascolta sorridendo ogni mia piccola bugia.

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Tolleranza zero Nessuna pietà, nessuna giustificazione o alibi verso te stesso se mentre spingi il carrello pieno delle scorie della tua anima lungo le corsie del supermercato della vita rovesci una pila di desideri ammucchiati a bella posta per attirare i consumatori ingordi del tempo. Nessuna pietà, nessun perdono possono essere concessi a chi non ha fatto tesoro delle ferite che l‟esperienza infligge. Non può esservi condiscendenza o comprensione per chi reitera errori e poi vigliaccamente si nasconde incolpando il destino ingrato. Nessuna pietà, tolleranza zero, ma è poi questa la via per diventare uomo? Riprendo il cammino stancamente, la schiena curva sotto il peso degli errori. La tristezza che vela ogni mia parola è intolleranza che provo verso me stesso. Ma sono sereno, tutto sommato. Ho pagato il conto alla cassa e ho buttato il carrello.

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Tsunami oggi ho sentito una fitta al cuore, una sensazione precisa di distruzione acqua alla gola ho visto pavimenti ballare tutto il mio essere era percorso da tremiti ti ho cercato a lungo, non ti ho trovata solo il mio amore era tra le macerie ora attendo la prossima onda la bocca piena di sabbia

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Ultima risorsa Quando anche i miei occhi saranno aridi come deserto e avranno asciugato lacrime indesiderate e clandestine quando anche il cuore avrà cessato di sanguinare e la mia anima troverà anfratti più sereni ove riposare. Proverò a parlarti di nuovo e conterò le bolle che piano usciranno dalle mie labbra con il respiro ormai chetato cercherò di guidarle, proteggendo il loro cammino, perché non svaniscano in aria e ti dicano il mio amore.

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Un amore infinito… Là dove finisce il mare toccandosi col cielo e inizia l‟infinito strappando via il suo velo là ti vorrei portare per dirti son sincero… l‟amore tutto può, mentire e dir che è vero. Là dove ogni parola ha il suo significato dove puoi anche amare, senza essere riamato là ti vorrei portare anche solo per un‟ora e guardandoti negli occhi ti mentirei ancora.

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Un avatar per amica Un simbolo, una foto, un divertissement ecco che fili sottilissimi di bit e pulsare di transistor ti collegano e ti uniscono con un ectoplasma. Così è stato, ho risposto ad un invito e mi sono scoperto paroliere della luna, dell‟amore, della canizie strano mondo, quello che mi circonda quotidianamente. Parlo con un computer, scrivo ad un ectoplasma eppure c‟è, dietro ad una mutevole icona divertita, chi mi sorride e mi sprona continuamente: un amica. Un avatar…?

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Un bocciolo di rosa, nonostante Un bocciolo di rosa tea giallo è sbocciato folgorando il cielo, nonostante l‟arido sito dove la madre amorevole lo ha nutrito di niente. L‟amore tra di noi continua con l‟incipit dell‟autunno, nonostante il tempo inclemente del cuore abbia appesantito i passi. L‟anima ha ripreso a volare lassù in cerca di nuvole, nonostante il deserto della ragione cerchi nuova linfa a cui attingere. Le dita tamburellano impazienti attendono l‟arrivo di parole, nonostante il silenzio abbia ammaliato il desiderio rimasto inespresso. L‟incedere riprende ansioso verso un inverno alle porte, nonostante la neve nei capelli suggerisca la calma di un più quieto procedere.

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Un tempo diverso Tempo è passato sul tempo è piovuto ci siamo detti tenendoci per mano non ti sei accorta? non ti sei accorto? forse era un tempo troppo lontano. Andiamo avanti allora, ci siamo stretti sulla panchina come ai bei tempi quando il piacere avea i fianchi svelti e senza fiatone si amava tra i campi. Tempo trascorso a crescere piante che son poi migrate in altri giardini ora che il tempo ha il passo pesante sulla panchina torniamo bambini. Come in un gioco di un tempo lontano chiudiamo gli occhi contando a cento ma poi barando ti prendo la mano‌ nel cuore il tempo trascorre piĂš lento.

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Una allegra tristezza Non è vero che racconto tristezza sapeste come rido sguaiato dentro di me, eppure lo pensate. Non si vede, perchÊ sto mentendo ma rido, credetemi, sono allegro sorrido e inghiotto lacrime amare. CosÏ con gli occhi velati io scrivo di me, di una allegra tristezza che mi fa ridere a furia di piangere.

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Una proposta ragionevole Ho fatto una proposta al Sommo Direttore colui che di noi tutti dirige la baracca che il libro della vita ha scritto con amore se a leggerlo ci provi non ci capisci un acca. Gli ho chiesto solo tempo per sistemar le cose, per aggiustare il rotto per regalare rose, per chiedere perdono, per incazzarmi ancora per fottere la morte spregevole Signora. Perciò gli ho promesso che sarò molto paziente, che cercherò il bene tra il male della gente che ha ridotto il mondo a sua somiglianza e sopporterò lo scempio di tanta ignoranza. E‟ una proposta seria fatta col cuore in mano che aspetta una risposta speriamo non invano perché infine il mondo mi accetti come sono, ribelle fino all‟ultimo ma certamente uomo!

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Zampa gialla Il tuo grido acuto stanotte mi ha svegliato come uno stridio dolente, un verso lacerato mi sono affacciato, di lassĂš câ€&#x;era poca luce ho gettato uno sguardo riconoscendo la voce. Ti ho visto volteggiare, gabbiano triste e solo un urlo di rabbia e sfida e hai ferito il cielo a presto, zampa gialla, attendo il tuo ritorno andare insieme a te incontro al nuovo giorno. Volteggiare a larghi cerchi sopra il poggiolo svegliare il vecchio insonne che scruta il molo che urla alla luna attonita tutto il suo dolore per aver il piombo ai piedi e non poter volare.

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Ora sÏ Ascolto un ciottolo accidentalmente colpito rimbalzare con archi diseguali sull’acciottolato della strada che costeggia il molo. La luce fredda della luna rischiara il bianco cemento della panchina che algida mi invita. Accetto la sfida e mi sorprendo seduto mentre osservo i cerchi concentrici che il sasso forma sprofondando nel nero liquido del porto. Un gabbiano nottambulo mi sorvola lanciando il suo grido distrattamente. CosÏ sotto un lampione, seduto su una fredda panchina di una fredda notte di inverno, ascolto i miei sensi acuirsi e la calma appropriarsi del mio corpo. Ora sÏ, come vorrei una sigaretta, ora.

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Anche le vongole sorridono Dapprima fu un sibilo. Quasi un sospiro umido, colmo di sabbia poi lentamente le valve si atteggiarono e tutto mi fu più chiaro, lampante: anche le vongole sorridono. Poi lo stupore. Giocherellavo tra le dita il bivalve spiaggiato suo malgrado. Pensieroso, malaccorto dell‟evento rimiravo il solito frullare d‟ali. Convenni infine: “alla prossima fermata dello sgangherato autobus della vita scenderò al convitto dei matti!” Amabilmente sorrisi alla vongola. Non so perché, ma ancora sorrido…

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Andar a farfalle Inseguo con lo sguardo le nuvole nel cielo vorrei acchiapparle con il retino quasi fossero farfalle che volteggiano imprendibili e dispettose. Il profumo dei campi e dei fiori riempie i polmoni di fresca allegria. Chissà come vengono evocate le immagini che tornano alla mente, quale arcano le risveglia. Guardo con tenerezza il retino per farfalle che occhieggia dal banco di un supermercato. “Mi porti a prendere farfalle, Agata?” “Certo, nonno. Tu compra il retino.”

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Angelo custode Forse ti ho avuto sempre accanto silenzioso, discreto osservatore quando cristalli di lacrime in pianto affogavano gli scampoli di un amore. Quando stravolto dalla tracotanza esibivo il suo cuore come trofeo e sul letto sfatto della mia stanza cingevo la sua anima come pareo. Ha lasciato il mio cuore tra le spine con un sorriso la giusta vendetta ha avuto e con uno scialle di trine ha coperto la ferita ormai infetta. Ora so che eri sempre al mio fianco hai salvato quel poco del mio amore rimasto dopo la lotta quando stanco ti cercavo tra le pieghe del dolore.

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Lâ€&#x;aquilone

quattro stecche di balsa vinavil e carta velina tre anelli di carta crespa forbici e lametta taglierina fantasia della mente fresca il tuo splendido gabbiano al volo adesso pronto il filo nella mano verso il vento vola a q u i l o n e

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Are you lonesome tonight? Brillantina nei capelli, sguardo dolce ed assassino Roy Rogers con zippo nel taschino strettamente original maglietta girocollo vero USA alla Fiera di Senigallia eri pronto per il matinèe a caccia di tardone in attesa del liscio travolgente suonato alla Fiorentina. [erano gli anni che Milano era tutta da vivere o forse eri tu che avevi fretta di crescere] Marlboro spenta all‟angolo della bocca partivi alla conquista della tarda agghindata “è sola signorina?” anche se era over quaranta, lei ti guardava e “oh Dio! uguale, proprio come Elvis!” mentre tu pavoneggiandoti sferravi il colpo finale: Are you lonesome tonight?

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Armi e bagagli Ecco, tutto eâ€&#x; stato detto. Parole come uccelli migratori formano neri cumuli ondeggianti che un vento perfido e ribelle indirizza a suo piacimento. Ora si può mettere il tappo, la diaspora dei sentimenti alla ricerca di terra promessa ha preso il volo definitivamente. Raccolgo lâ€&#x;otre afflosciato.

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Aspettandomi Raggomitolato fuori e dentro, accucciato come un cane in un angolo, con lo sguardo perso dentro me stesso attendo indifeso che passi la tempesta. Tra gli sguardi indifferenti del mondo alieno c‟è chi ancora sa leggere tra le rughe inespresse sui fogli di carta e questo mi dà la forza di resistere. Quando l‟acqua avrà calmato le ansie dell‟anima tornerò sulla mia nuvola e guarderò con distacco di lassù quell‟ammasso informe accucciato in un angolo.

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Baci baci che stanchi di esser baciati baci che mandi e mai piĂš ritornati baci che come carezze dâ€&#x;amore baci che a volte leniscon dolore baci che sogni piĂš volte nel sogno baci che proprio ne avevi bisogno baci che alibi sembra perfetto baci che apron le porte del letto baci che acerbi vorresti maturi baci che pensi speriamo che duri baci in silenzio cosĂŹ puoi tacere senza parole non sai cosa dire

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Balla gitana Balla gitana che il vecchio dimentica il fumo del camino che prendeva la gola la pioggia di cenere che copriva il campo lâ€&#x;empio assassinio che si stava compiendo. Balla gitana che il vecchio dimentica col suono delle nacchere le urla strazianti che al cielo salivano insieme col fumo e gli occhi suoi verdi riempivano di pianto. Balla gitana che il mondo dimentica quel fumo bianco che annientava i diversi e gli occhi del vecchio bagnati di pianto tu suona le nacchere per ricordarglielo. Balla gitana, che io non dimentichi.

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Bambole Bambole come piccole donne mai cresciute, dipinte e rifatte sono amate da piccole gonne che le ninnano dandogli il latte. Sia di plastica, pezza o paglia di improbabili stoffe vestute le camuffano tradendo la taglia di bambine troppo cresciute. Rivestite che paion puttane con ingenuo amore ed affetto sono messe da grandi sul letto con enormi e larghe sottane. [una bambola io non ho avuto chÊ da sempre porto i calzoni l’ho trovata ormai da cresciuto e mi ha dato grandi emozioni]

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Basta un sasso Un sassolino ben levigato pezzettini di vetro colorato che il mare di tanto in tanto regala col suo movimento. Prezioso tesoro nascosto di infanzia trascorsa al sole la spiaggia piena d‟agosto ti accoglieva senza parole. Desideri e voglie assolute di giochi e libertà agognate, così tardi ahimè conquistate e poi lentamente perdute. Sensazioni, ricordi, rumore come mare quando tempesta ora tornano, affollano il cuore si inseguono, battono in testa. La mano che stringe il tesoro sepolto tra i ricordi di ieri ritrovato chissà tra i pensieri prezioso e lucente come oro. Dischiude il pugno pian piano ma poi, improvviso destino si serra e scaglia lontano con forza quel suo sassolino.

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Bastano poche parole Poche le parole dâ€&#x;amore rimaste sul cuscino quando il vento dellâ€&#x;odio ha soffiato su di noi portandosi via gli ultimi sussulti del cuore. Passato il vento le ho raccolte, messe da parte per una poesia che come bouquet sul cuscino saluterĂ il tuo ritorno e sembreranno nuove.

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Blowing in the wind Giovane, impetuoso, dolce e carezzevole, fantasioso, musicale, duro o arrendevole. Tu portavi la speranza nei nostri cuori, eri il vento che spirava negli anni migliori. Poi ti han fottuto e nel volger di una sera ci siamo ritrovati al posto tuo la bufera.

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b u c c i a il pensiero di te come un frutto rigoglioso pendeva dall‟albero dei ricordi l‟ho colto e ne ho tolto la buccia incidendola con la lama del tempo ma si è afflosciato tra le mie mani ricordo ne avevo divorato la polpa quando tra noi l‟amore era fame e ho sparso invano i suoi semi sperando in un‟altra fioritura ma si è riempito di niente eri un pensiero

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Calma apparente Sorridi, forza sorridi. Niente deve trapelare. Un gesto breve della mano a scacciare sguardi indagatori. Solo il fruscio di falene impazzite che rotolano nel vuoto dello stomaco tradisce lâ€&#x;emozione che ti attanaglia. Mentre tradisci te stesso e fai violenza alla tua voce che muta vorrebbe urlare il tuo dolore sorridi. Pacato, calmo. Gli occhi seguono per un momento una figura che svanisce nel passato, sorridi sfidando il mondo. Sto bene. Cosa vuoi che sia.

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Capaci 23 Maggio 1992 Adesso, è ora, l‟odio non aspetta l‟ultimo mozzicone di sigaretta sotto il tacco in fretta schiacciata segna il boato di una vigliaccata. Il viso nascosto lontano, il silenzio a coprire la mano che dona la morte non bastano lacrime a chiuder le porte dei cuori dolenti a tanto strazio. E ogni volta tra silenzi assordanti guardiamo sfilare ipocriti e santi tutti d‟accordo, tutti contriti la mafia è da abbattere, che gesuiti!

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Casablanca mon amour Non ho mai capito com‟è che ho potuto bermi una schifezza di whisky annacquato seduto al tavolino di un bar un po‟ sperduto che di Casablanca il nome avea copiato. In fondo alla mia destra il solito pianista suonava note tristi cantando blues e canzoni col bicchiere vuoto sul piano bene in vista cercava di ammannirti chissà quali emozioni. Seduta qui al mia fianco la bionda anni trenta giocava a far la vamp ma era over quaranta beveva il suo whisky guardandomi contenta d‟aver scroccato un drink al vecchio sui sessanta. Guardandola annoiato le dissi: ”così è perfetto perché non terminiamo la notte sul mio letto?” “Ma come si permette? Io sono una signora..” Urlai verso il pianista: “Sam suonala ancora!”

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Cassonetto condiviso Solo, mi ha lasciato solo. Con l‟ultimo battito disponibile il cuore se n‟è andato. Ha lasciato un biglietto d‟addio appuntato sulla porta dell‟anima. Solo, sono rimasto solo. Anche l‟anima ha deciso di traslocare ha trovato un nuovo padrone di casa ora paga una pigione modesta. Solo, ora davvero solo. Senza cuore e senza anima vuoto a perdere nella discarica della vita quotidiana alla ricerca di un cassonetto decente. Solo?

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Catch a falling star come dice questa vecchia canzone, ho passato tutta la notte sulla spiaggia cercando di raccogliere una stella cadente non ci sono riuscito, o non ho avuto fortuna la luna aveva deciso diversamente, deludendomi sono tornato a dormire, in silenzio, per non svegliarla la guardavo respirare, la luce filtrava dalla finestra illuminava il suo viso che risplendeva diafano “povero idiota, perchĂŠ cercare altrove se la stella dorme al tuo fianco?â€? ho gettato il vecchio vinile

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C‟è tempo e tempo dedicata alle genti d’Abruzzo tempo che si ferma di notte all‟improvviso tempo che in un attimo ha distrutto un sorriso tempo che neanche più il sangue nelle vene tempo che nel cuore ha inflitto grandi pene tempo che la terra ha gridato il suo potere tempo che all‟uomo ha imposto il suo volere tempo che vendetta del suolo insultato tempo che pretende le scuse al creato tempo che pregare vuol dire confessione tempo che qualcuno ne faccia ammissione tempo che del profitto ognuno faccia senza tempo che è ora di avere una coscienza tempo infine a noi per lenire questo strazio tempo che i colpevoli alfine paghino dazio é tempo

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Câ€&#x;è ancora tempo? Forse sono ancora in tempo la panchina sul molo mi attende, ritorno indietro con gli anni e mi rivedo, in attesa di me stesso. Ora che non aspetto piĂš nessuno, posso sedermi e guardare il mare forse sono ancora in tempo forse‌ma è passato tanto tempo.

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Chemio Tunnel viola e allâ€&#x;improvviso nero bianco lucente che aliena il pensiero groviglio di cavi che legano addosso terrore della morte che senti appresso. Veleno che scorre tra specchi infranti rumori ti investono viepiĂš assordanti immagini oscure di informi demoni distraggono il cuore da altre emozioni. Il viaggio è iniziato, un ago nel braccio trasforma feroce il sangue in ghiaccio il tempo che scorre sputando veleno ti getta in un mondo diverso e alieno. Stridono nel silenzio le voci di metallo una musica acida ti invita allo sballo tra maschere aliene e androidi nani ho giocato il futuro del mio domani.

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Chi di spada ferisce… Parole incise con il temperino lame fendenti il suo cuoricino a prima vista la sua semantica mi appariva davvero romantica, così mi son detto, è proprio amore versi che vanno diritti al cuore poi mi sono infilato gli occhiali ho letto: erano frasi molto banali. Deluso pensai ora vado a dormire oppure il mio drink altrove a finire troverò di certo aperto qui vicino un altro bar, un altro tavolino, dove bevendo la mia solitudine inciderò, come di consuetudine questo pensavo al bar lì sul molo non mi accorgevo che non ero solo. Sentivo occhi bucarmi le spalle di colpo voltai lo sguardo alla calle non v‟era nessuno però una voce diceva “sono come Cristo in croce. incidi su me le tue oppressioni e non ti curi delle mie emozioni” sono sicuro, e poi ho l‟udito fino… una lacrima rossa sul mio tavolino

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Ciak, si gira Stasera porto fuori la mia anima la vestirò con l‟abito più bello. Primavera incalza, il tempo è dolce è finito l‟inverno della solitudine. Ho bussato alla porta del cuore ha regolato i battiti, verrà anche lui. Indosso la maschera dell‟occasione, la farsa della vita andrà in scena.

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Cicatrici Luce accecante dolore lancinante di lama di coltello lucida sensazione di anima come velo strappato emozioni che ingombrano la mente. la tua presenza Il tuo viavai nei sentieri del mio cuore percorsi lievi che lasciano orme pesanti come tracce di sangue rappreso. Ferite di un giovane amore non speso presenza lontana di ricordi scordati dolore che torna lenito dal tempo. di un amore incompiuto

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Cin cin il nostro amore era come champagne, un coppa piena di parole dolci e di promesse che come bollicine dâ€&#x;aria rendevano frizzante ora è finito e non abbiamo piĂš niente da dirci le bollicine sono svanite non ha piĂš sapore senza parole è rimasta solo aria brindo al silenzio con un bicchiere d a c q u a senza bollicine

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Clandestino Figlio indesiderato di nessuna madre misconosciuto nel tuo dolore approdato nella terra di nessuno che stravolta da terremoti e paure oggi recintata di nuova sicurezza con arroganza pari allâ€&#x;ignavia uccide quel che rimane della tua esistenza. Posso offrirti solo la mia vergogna anchâ€&#x;io da oggi figlio della stessa tua terra.

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Colloquio di lavoro Avrei potuto accettare l‟offerta. Era di quelle che non si possono rifiutare. Ma la contropartita era troppo onerosa. Ho detto di no. L‟interlocutore si è alzato e se n„è andato. Nell‟aria un acre odore di zolfo.

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Come in un puzzle Il cristallo sfaccettato dei tuoi occhi rimanda immagini spezzettate di un amore in frantumi da ricostruire con le tessere dei brevi momenti vissuti. Come in un mosaico senza soluzione ogni refolo del cuore improvviso scompiglia gli incastri precari e tutto ricomincia da capo. I miei occhi nei tuoi ora inseguono il susseguirsi di immagini monche che come tessere impazzite cercano di combaciare. Storie vissute, spezzoni di film, caleidoscopio di emozioni inutili tentativi di completare un puzzle a cui manca sempre una tessera.

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Come l‟acqua Acqua che si adegua, si adagia, trasforma che cristallina sui monti ghiaccia un laghetto acqua che riempie ogni vuoto ed ogni forma acqua che alle volte cela un crimine perfetto. Anch‟io come l‟acqua dentro te vorrei entrare riempire ogni piega del tuo corpo per scoprire quanto spazio è rimasto per farmi accettare e come l‟acqua le pene del tuo cuore lenire. Alla fine di così tanto errare in liquido mutato vorrei placare in te, nel tuo corpo l‟arsura sciogliere così il ghiaccio che si era formato quando del mio amore avevi troppa paura.

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Comunicazione Ho deciso, prendo carta e penna e scrivo. Poi mi sono detto, è meglio una telefonata. Un po‟di trambusto per dirti che non arrivo non aspettami al solito, diserta la fermata. Ci ho ripensato, ti mando un telegramma son certo è più affidabile, forse arriva prima il computer non so usarlo, lo usa solo mamma che chatta con il bello alle cinque di mattina. Scegliere non è facile, che grande indecisione non so che cosa dirti per questo è importante che scelga infine il mezzo di comunicazione per dare il giusto alibi al mio essere distante!

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Coriandoli Ti sorprendi a pensare che è tutta una farsa così per giustificare la tua debolezza la tua paura di fronte alla sentenza che fa di te non più attore ma comparsa. E reciti di nuovo, stavolta la parte è breve lo show è corto e non c‟è compenso reciti gratis ma ti impegni come chi deve saldare il debito col tempo trascorso. Assisti impaziente alla messa in scena dell‟ultimo spettacolo: il teatro è vuoto spettatore e comparsa ti si vede appena eppure tu sei lì, un guitto poco noto. Ancora una battuta, una frase detta male scatena la critica, ferisce la Signora di colpo lei ti accusa: non hai capito ancora il tempo non perdona non è Carnevale.

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Corri uomo, corri… se quello che impariamo dalla strada poi lo scordiamo lungo la via se al mattino non trovi più rugiada è il segno della vita che va via se alla sera hai perso tutto il coraggio e non scorgi più le rondini in volo vuol dire che alla fine del viaggio non hai più compagni, sei rimasto solo corri uomo, corri…

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Così, con leggerezza Con che leggerezza oggi scrivo in versi di amori un po‟ strani, di amori dispersi nel tempo che copre col suo polverone ogni splendido inganno, ogni emozione. Forse è col tempo che si alza la brezza che spazza gli affanni e da leggerezza la brezza che ha tinto i capelli di bianco e ha reso più lieve il mio andare stanco. Col cuore ormai terso, la mente serena mi gioco dell‟amore sfiorandolo appena con la mia ironia lo voglio anche burlare e amori disastrosi mi vado ad inventare. E‟ certo che io mento, mi si legge in viso sono sì bugiardo ma sempre col sorriso spesso quando scrivo il cuore è sincero se cerchi tra le rime trovi il poeta vero!

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Cuore aquilone

ecco ora si alza vento non mi tradire forza il fiato mi manca voglio restare a guardare quella sua morbida danza che il mio dolore sa lenire ora che il tempo sâ€&#x;avanza farei il mio cuore volare senza quei fili padroni dei miei aquiloni vola adesso vola va

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Datemi tempo Se mai rinascerò voglio avere il tempo qui ai miei piedi pronto al mio comando Fermati! Vai! e quello obbedendo cambia la vita mia cosÏ in un lampo. Padrone del tempo potrei quando mi pare mutare il mio pensiero gli altri strabiliare. Conquistare fama e donne potere assoluto ma forse tutto questo è tempo perduto.

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Di me neppure il ricordo Quante volte ho cercato sapessi calpestando i viali del cuore ma ho incontrato riflessi diversi che mentivano al mio dolore. Come sempre se tu mi abbandoni io ti inseguo, ti cerco e mi perdo somiglianze ingannanti proponi che di te neppure hanno il ricordo. Io chi sono? Non ho mai risposto e non serve cercarmi di notte molto spesso mi sono nascosto per non prender di giorno le botte. Ora è tempo puoi farti trovare perchÊ ormai qualcuno ti aspetta stai tranquillo ancora puoi amare piÚ nessuno ti metterà fretta.

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Diario di bordo Non ci volevo credere. Quando l‟ho incontrato stavo vagando tra gli anfratti dell‟anima. Chissà da quanto tempo era lì, forse mi aspettava o forse era nato con me. Inconsciamente gli ho dato la mano, un lampo accecante e il viaggio è iniziato. Quanto tempo sono stato lontano da me stesso? Quanto è durato il viaggio? Non ha importanza ho tanto da raccontare se solo ritrovassi il mio diario…

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Diversamente Diversamente avrei preferito incontrarti la sera magari sul fare più scuro, col dondolare ritmato del seno pei tacchi picchiettanti l‟asfalto non distante da dove il solito tavolino del bar ci incontra e il caffè servito (lo voglio più nero) amaro apre la porta ai nostri pensieri. Dov‟eri? Non so, ti ho incontrata solo ieri ma dentro diversa sei stata da sempre uguale a te stessa non lo sapevi? Era ieri.

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Eâ€&#x; bastato un attimo Lasciare senza rimpianti tracce di noi sul cuscino, arginare con indifferenza la nausea montante, mistificare la solitudine come scelta di vita Tutto nellâ€&#x;attimo espresso dalla parola addio. Grande la consolazione in tutto questo non ho sprecato fiato e parole. Adoro la sintesi!

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‌e chiudi la porta CosÏ te ne vai. La finestra aperta lascia entrare il vento gentile della mattina. Fragranze e profumi a me noti alleviano il mio dolore. Chiudi bene la porta quando esci. piano, per favore

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E‟ bastato uno sguardo Mi guardavano con aria un po‟ distratta dal sotto in su fuggendo tra le ciglia due occhi grigioverdi da consumata gatta incrociavano i miei fingendo meraviglia. Poi si sono fermati aprendosi al sorriso allora ti ho guardato dicendomi sorpreso da tempo questo gioco rischiarava il viso ed alle differenze tra noi non davo peso. Abbiam parlato a lungo senza aprire bocca occhi negli occhi senza profferir parola quando è la tua ora l‟arco il dardo scocca basta uno sguardo ed il tuo cuore vola.

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Eppure ci credevo… Fottutissima genia di creature malefiche e dispettose! Ridatemi la mia giovinezza! Ho creduto da bambino alla vostra esistenza. Vi ho seguito nel vostro bosco incantato. Negli anni mi sono perso. Quando finalmente ho intravisto l‟uscita, mi sono ritrovato incredulo in un prato verdissimo. L‟acqua cristallina di un laghetto rispecchiava un‟immagine a me sconosciuta: un vecchio canuto mi guardava con aria interrogativa. Sono rientrato nel bosco. Fottutissime creature! Ridatemi la mia giovinezza!

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Eppure... ho passato le stagioni, lottando coi desideri librato aquiloni volando coi pensieri bussato a molte porte sapendo che ai treni le ruote avean tolte non c'erano piÚ freni eppure‌ quando poi ho creduto di avere ormai finito di correre una corsa senza essere mai partito le gambe come piombo il fiato tutto sprecato sul far di uno strapiombo mi sono ritrovato eppure‌ questo livido tramonto che gela le tue ossa ora presenta il conto di una vita mai riscossa giocandoti il tempo della tua buona sorte hai chiuso in un lampo davanti a te le porte eppure‌

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E‟ quasi giorno E‟ quasi giorno e non se ne va la notte testarda rimane e confonde i ricordi di troppe ore consumate inutilmente e disperatamente vomitate nel buio. E‟ quasi giorno e il vento sulle imposte danza al ritmo di un antico cigolio lo aspetto mentre attraverso i vetri guardo la mia ombra che si allontana. E‟ quasi giorno e non se ne va la notte.

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Era bionda [era bionda, di quel biondo naturale che solo il grano maturo può imitare] Come smeraldi di cristallo i suoi occhi che furbi ti scrutavano sino nel fondo e promettevano un amore sì profondo che il cuore impazziva dai rintocchi. [seni maturi sbocciati sin troppo presto che legavano lo sguardo al suo corpo] Me ne innamorai, lo stomaco riverso percorso dal fruscio di mille farfalle, due anni senza freni andando a mille poi mi lasciò così senza alcun rimorso. Di lei rimase il pianto di una settimana che alla fine asciugò, era il primo amore, ora è rimasta una spina dentro il cuore ancora non perdono la bionda sottana! [era bionda, di quel biondo naturale che solo il grano maturo può imitare]

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Era solo una fotografia Era solo una vecchia fotografia uno scatto, un‟immagine rubata un lampione illuminava la via il ricordo di una strana serata. La giro lentamente tra le mani gli occhi brillano ancora di pianto tu ed io dimentichi del domani mentre la vita ci scorreva accanto. Così senza avere alcun pudore danzavamo in mezzo alla strada ebbri solamente del nostro amore e la luna sorrideva alla mattata. Tempo è passato, la foto è ingiallita nonostante tutto balliamo ancora abbiamo dato e avuto dalla vita non smettiamo adesso, non è l‟ora. Ora la danza è più lenta, trascinata la musica è più dolce, non fa rumore non si sente il peso della nottata il ballo della vita non reca alcun dolore. Ho riposto sorridendo la foto nel cassetto sono sveglio e fisso le ombre sul muro vivere con te è stato quasi perfetto manca ancora un tratto per essere sicuro. Così domani ci faremo fotografare da qualche amico in vena di mattana chissà se sapremo ancora ballare la vita non aspetta, la grande puttana.

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Era stanca di tenermi compagnia Era stanca di tenermi compagnia sentiva anche lei il peso degli anni un ultima capriola ed é andata via lasciandomi solo con i miei affanni. Quando prossimo ormai è il traguardo e trascinarsi l‟anima non ha più senso basterebbe l‟incrociarsi di uno sguardo per evitare un addio troppo melenso. Così,velocemente, senza dir parole con la consueta abilità da equilibrista l‟anima si è negata al rinnovar del sole e l‟approdo è scomparso alla mia vista.

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Erg Ho camminato trascinando la mia anima ormai troppo stanca per sollevarsi. Ho svuotato il mio cuore liberandomi delle scorie di amori indecenti. Ho spinto tutto me stesso verso quella splendida oasi che affascinante appariva essere il tuo amore. La fatica mi ha vinto e sono crollato eri solo un miraggio.

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Eri un drago Il flipper che bastava toccarlo moriva il juke box un po‟ sfiatato e un po‟ in agonia nel bar sottocasa della privativa giocavi a boccette un bacio a Maria. Poi uscivi e tiravi mattino a parlare di quanto eri bravo nel saper amare di come eri forte così almeno sembrava mentre il juke box nel bar strimpellava: “Il suo nome era Cerutti Gino, ma lo chiamavan drago gli amici del bar del Giambellino...”

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Ero morto dai, facciamo che eri morto.. Così mi sono visto, là steso sul mio letto il corpo ben composto il vestito ormai stretto. Gli occhi sono chiusi, ma il tratto è più sereno (il sopracciglio é inarcato potevo farne a meno). La neve che incorona la mia capigliatura come campana suona l‟arrivo in dirittura. Così, un po‟ per gioco o per sadico diletto mi accosto a poco a poco ai bordi del mio letto. Ti scrollo con dolcezza ma non mi sono accorto che dici con chiarezza, non vedi che sei morto? dai, giochiamo…

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Eternità è un attimo Eternità è come un attimo che dura quanto una vita come sabbia stretta in mano che sfugge via dalle tue dita. Ogni giorno muore e nasce anche quando fai all‟amore quando la tua voglia cresce e le rubi ancora il cuore. Eternità é un bambino quando gioca in girotondo e ti guarda da vicino per scavare giù nel fondo. Di te uomo che hai rapito la tua vita ogni momento ora che il gioco è finito serri il pugno con sgomento.

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Falena Ti ho aspettato. Ho atteso a lungo sulla riva del fiume. Alla fine sei arrivato. Non ero io. Era una crisalide rinsecchita che galleggiava lentamente portata dalla corrente. Io ero giĂ rinato, uscito dal bozzolo, con nuova livrea spiegavo le ali incontro alla vita. Poi ho avuto coraggio. Ho guardato e mi sono visto: una falena! Una splendida, meravigliosa, coloratissima falena che sullâ€&#x;imbrunire della vita è attratta da fantasmagoriche luci di nuove promesse.

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Fata o strega? In un mondo incantato scivolo piano la fata tiziana mi prende per mano portandomi là dove non so più andare e dolce di nuovo mi insegna l‟amore. Gnomi e folletti ci danzano attorno facendo cornice ad un sogno perfetto con canti e ballate strano contorno ritmando col tempo l‟andare del letto. M‟inebrio felice di nuove emozioni l‟incanto mi avvince, il cuore mi lega svegliandomi resto col fiato a spezzoni e ora mi chiedo era fata o era strega?

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Fata…? In un mondo incantato scivolo piano la fata tiziana mi prende per mano portandomi là dove non so più andare e dolce di nuovo mi insegna l‟amore. Gnomi e folletti ci danzano attorno facendo cornice ad un sogno perfetto con canti e ballate strano contorno ritmando col tempo l‟andare del letto. M‟inebrio felice di nuove emozioni l‟incanto mi avvince, il cuore mi lega svegliandomi resto col fiato a spezzoni e ora mi chiedo era fata o era strega?

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Filastrocca per una notte sciocca Muoviti piano non far rumore perché la notte si può svegliare respira piano ferma il tuo cuore ché anche il sangue si può gelare. Danzan le ombre lungo il selciato tremano fioche mille candele notte di streghe, mondo incantato nella città che sembra Babele. Danza con noi, dai entra in scena bolle sul fuoco ormai il pentolone il nostro passo si sente appena tu non resisti, hai già il fiatone. Ma se ti fermi tutto scompare a mezzanotte di già l‟ora scocca rimani solo in strada a cantare la notte sciocca della filastrocca.

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Fratello Sguardi smarriti freddo nelle ossa fame ancestrale il mare una fossa. Scappi dal mondo che niente ti ha dato e tutto ti toglie anche il passato. non sei semplicemente non sei Per chi ha pranzato lasciando la fame di chi reclamava un pezzo di pane. Per chi ha lo sguardo rivolto al passato di quando il diverso è stato ammazzato. Per questi fratello ti chiedo perdono non so se ho colpe ma so che son uomo.

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Fuochi fatui “Sei mai stata vedere i fuochi fatui in un cimitero di notte?” Sedici anni avevo io, lei quattordici. Ed è lì che le ho dato il primo bacio. Struggente, dolce, ma con il cuore che batteva a mille l‟ho baciata. Lì, in quel piccolo cimitero di un paesino sul lago d‟Orta, ho vinto le mie paure ed i miei timori. [l’amore, quando troppo giovane, è spesso un fuoco fatuo]

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Gita a Rapallo Cinquantaquattro posti con gli strapuntini ventisette mani ingorde piene di rossore centootto occhi altrove per consuetudine mille grida al sussulto di ruote saltellanti. Miagolii di gatti in amore nel coro stonato della canzonaccia di osteria compagna di quellâ€&#x;andare randagio del torpedone organizzato al vespero prima di messa. Mentre la domenica al mare sulla riviera si avvicinava al ritmo della mia chitarra cori osceni coprivano il tossire del motore e lâ€&#x;acuto del piacere rompeva il mi cantino.

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Gli occhi del silenzio [mi ha guardato a lungo] Occhi di lacrime mai piante mentre la sera vinceva hanno salato un cuore piagato. [mille parole strette tra i denti mille le volte vissute da amanti] Il vuoto misura lo spazio che manca immobile mentre lasci la stanza giro la testa e il cuore si infiamma. [mi ha guardato a lungo] Il silenzio.

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Granello dopo granello Sfugge lesta dalle dita come voce da lontano quel che resta della vita se non stringi la tua mano. Come sabbia i granelli attraversano gli anni il tempo affila i suoi coltelli regalandoti gli affanni. Ma rincorri scioccamente il passar delle stagioni pur sapendo che la mente non accetta paragoni. Ormai vuota è la tua mano non hai vinto contro lâ€&#x;idra hai lottato, sĂŹ ma invano scorre sabbia nella clessidra.

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Ho incontrato Peter Pan L‟altra sera, affacciato alla finestra, fumavo l‟ultima sigaretta della giornata prima di andare a dormire. Chiuse le imposte mi sono girato e ho visto un ragazzino coi calzoni corti e lo sguardo malizioso seduto sul mio letto a gambe incrociate. Ero io, sì proprio io. Basito dallo stupore non ho profferto una parola. Ma dentro di me ho pensato: era ora! “ Andiamo, è tardi, ci aspettano” così dicendo mi ha preso per mano. Ho aperto la finestra.

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Ho incontrato un poeta Al tavolino del bar fantasia era seduto un poeta convinto di possedere un dono divino e poter giudicare dall‟alto. Dopo qualche bicchiere di vino mi invitò con lui a fare un salto nel paese della supponenza la sua patria a noi assai vicino. “non mi curo dell’apparenza ho risposto, rimango in città nel mio armadio ogni vestito al mattino mi veste di umiltà” C‟è chi gioca con le parole e chi cerca la rima con sole c‟é chi scrive col crampo al dito versi che neppure lui ha capito. Io descrivo quello che sento le parole le detta il mio cuore forse ogni mio componimento è fallace e mostra l‟errore. Ma di una cosa io sono sicuro ogni verso è sempre sincero e per questo così a muso duro mi domando sei poeta davvero?

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I colori della nostalgia Rosso purpureo colore di chiesa terra di Siena come campo ubertoso viola come i fiori e fucsia accesa, verde di prato e turchese prezioso. Mille i colori se impari a domarli aspettano da anni che ritorni ad usarli mentre io scrivo da sera a mattina pungente mi coglie odor di trementina. Se solo la mano avesse il ricordo di quando il mio tratto era preciso e senza tremare o uscire dal bordo al bianco del foglio donava un sorriso.

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I segni dei sogni Tra seni protesi e cosce roventi è facile errare, distinguer i momenti confusi là sopra e sotto ogni dove ma io con chi ero mi chiedo per Giove. Il letto traballa la luce assai fioca la voce di lei che risuona un po‟ roca lei che mi guarda lì presso, vicino ma sembra distante su un altro cuscino. In fondo che importa, non fa differenza mi basta soltanto non restarne senza che grande casino che gran confusione di corpi avvinti senza più distinzione. Il libro si chiude la mano protende dal letto pian piano il terrore ascende senz‟altro ho sognato, un sogno perverso dentro un amplesso ahimè mi son perso. E mentre confuso do un‟ultima occhiata nell‟aria risuona una strana risata.

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Il bianco di un autunno incolore Con gli occhi della memoria rivedo i pacati colori che il cuore agogna da tempo per lenire tutti i dolori il rosso brunito di foglie alla fine del loro percorso i verdi e le terre di Siena testimoni del tempo trascorso. E‟ dolce cullare lo sguardo tra i toni del lieve acquerello che madre natura può offrire a chi sa godere del bello a me che il tempo ha nascosto ricordi di tale splendore l‟autunno ogni anno rinnova ferite che danno dolore. Vorrei ogni volta cambiare del quadro la tavolozza ma senza il ricordo dei toni la vita diventa tristezza e perdo lo spunto creativo ormai vinto dall‟emozione mi accorgo con fare tardivo che finita é la mia stagione. Per me che gli autunni passati sono un ricordo lontano non serve dipinger di nuovo imprecisa ormai è la mano né i rossi bruniti, né i verdi, né le ocre né le terre di Siena un solo colore cancella i ricordi, il bianco che incatena.

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Il coraggio dei fiori I fiori che nascono persino tra le spine come le donne che restano bambine e giocano coi cuori dei giovani amanti son fiori che resistono a tutti i tormenti. Con l‟arcobaleno riaccendono la vita scaldando nel cuore la gioia assopita da tempo dormiente e che d‟improvviso si sveglia e trasforma il dolore in sorriso. Ori preziosi da proteggere caramente fiori delicati che crescono tenacemente che radici profonde mettono nel cuore se schiudi finalmente le porte all‟amore. Non è così difficile, tu dammi la mano lascia che il tuo cuore veleggi lontano con me scoprirai dopo un lungo viaggio quel fiore vermiglio chiamato coraggio.

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Il cuore oltre l‟ostacolo Davvero credevi di poter andare oltre? povero cuore, hai evitato da sempre trascini con te da tempo gli affanni e a nulla son valsi cerotti ed inganni. Ora ti lamenti, ora imprechi alla sorte cerchi smarrito di aprire quelle porte che nella vita hai serrato incosciente oltre le quali il domani incombente. Ti aspettava per metterti alla prova e ti avrebbe offerto una vita nuova ma hai preferito inseguir la paura scegliendo la strada a te più sicura. Così ora rimpiangi, ora sei nel dolore con la tua ignavia hai spento il colore che avrebbe potuto cambiare la vita il sipario è calato, la recita è finita.

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Il giardino dei padri Era il ‟68 quando sei partito per un viaggio non programmato mi hai lasciato un tempo fottuto dall‟egoismo che é poi dilagato. tu padre non l’avresti capito tu padre non l’avresti voluto Il tempo poi non ha mitigato quel dolore pian piano cresciuto che il cuore mi ha lacerato anche adesso che sono canuto. Ora tu hai le chiavi del giardino che i padri ospita, cui dai il saluto tieni aperti i cancelli ogni mattino e cerchi un viso a te conosciuto. quando sarò nel tuo giardino padre mi darai il benvenuto

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Il mazzo di chiavi Mani impazienti davanti alla tastiera attendono il via per libere scorribande mentre il pensiero volge ormai alla sera il cuore ansima, l‟affanno è molto grande. Anima persa che attendi fiduciosa il vuoto è stato colmato, l‟otre è pieno limpida è ormai la visione di ogni cosa nel tuo cammino è tornato il sereno. Il tempo padrone delle chiavi di casa mi ha ceduto un duplicato a caro prezzo le ho prese a nolo come ogni altra cosa che circonda la mia vita ormai da un pezzo. Ora gingillo questo importante cimelio mi illudo di esser padrone del mio tempo non mi accorgo di aver preso un abbaglio se varco quella porta, non c‟è più scampo.

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Il pianetino e il pappagallino Lesto posai lo sguardo sulle mie mani incrociai le linee per leggervi il domani parole nascoste dalla struttura aliena soluzione non v‟era nel difficile schema. Con l‟anima turbata ed il sorriso spento cercai con ironia di volgere il momento verso lidi conosciuti, approdi a me sicuri poi vidi nei suoi occhi lampi torvi e scuri. La piccola gitana col suo pappagallino vendeva la fortuna pescando il pianetino notò il mio gesto, con un perfido sorriso accompagnò il monito che arrivò deciso. La soluzione non troverai con le tue mani il destino spesso ha percorsi assai strani la tua sorte è già scritta nel mio pianetino tu la saprai con due monete sul piattino. Due monete per quel responso artefatto? Dentro di me pensai non sono mica matto non mi fregava niente del falso pianetino le allungai i soldi ma presi il pappagallino.

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Il Pierrot di porcellana Un piccolo pierrot di bianca porcellana con l‟abito da scena spiegazzato e liso in posa indecente laggiù sull‟ottomana offriva la tristezza mentendo col sorriso. (fu il regalo per il mio compleanno di tutti i burattini del vecchio teatrino lui solo andava in scena ogni anno interprete perfetto del mio destino) Così abbandonato al tempo inclemente di polvere coperto, la lacrima sbiadita e‟ ritornato a vivere improvvisamente da quando la sua maschera ho rapita. Siccome burattino di bianca porcellana sul palco della vita dirò con leggerezza recitando al meglio la parte da puttana sarà l‟ultima scena, bando alla tristezza.

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Il portiere di notte (un rapido sguardo ammiccante decide il percorso preciso le chiavi sapienti dischiudono l’accesso al nuovo paradiso lui che comanda discreto il circo di spettacoli ed arte varia dal banco assonnato annuncia il ripetersi dell’ars amatoria) Il lift con sorriso complice ti accompagna al primo piano non hai bagagli con te, ma comunque lui tende la mano con fare distratto lo guardi e gli allunghi una banconota poi chiudi la porta e interpreti la parte da te conosciuta. Trilla il telefono e “pronto?”, mentre lei si attarda in bagno urli al portiere di notte “Cristo! stai infrangendo un sogno” con voce assonnata e stanca ti risponde l‟uomo in divisa “signore lasci la stanza non accettano la sua carta Visa!”

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Il vecchio e la barba La barba bianca un giorno disse al vecchio sono troppo lunga, guardati allo specchio il vecchio si guardò, ci pensò un momento poi deciso tolse il bianco onor del mento. Così sbarbato e fresco come un bambino allegro se ne andava incontro al mattino mentendo a se stesso perché prima di sera la barba ricrescendo spegneva la chimera. Ma lui col nuovo aspetto convito si illudeva di ricavar dal mondo quel che gli pareva col viso sorridente e senza barba bianca si presentò quel giorno dentro una banca. Mentre aspettava con gli altri allo sportello la mano si portò distratto attorno al mento la barba era cresciuta proprio sul più bello recandogli inatteso un senso di sgomento. Così con una sciarpa mutò di nuovo aspetto e svelto con tre passi arrivò sino al cassiere che alzò la testa e visto il fare circospetto chiamò la guardia che fece il suo dovere. La barba tutta bianca rideva sotto il mento pensando: ben gli sta al vecchio credulone che crede di poter col suo travestimento cambiar d‟improvviso la propria situazione.

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ImmaturitĂ globale Al raduno multietnico dellâ€&#x;ipocrisia globale non mancava nessuno, ogni tipo di vite era rappresentata, americana, italica, bianca, nera. [una stitica vendemmia anche stavolta ha prodotto scarsi risultati.] Nel grande tino della globalizzazione il ribollire dei buoni propositi ha stancamente vomitato un mosto subito trasformatosi in aceto. Mentre grappoli di vite attendono vanamente il loro posto al sole altre uve maturano su terreni rigogliosi gelosamente custoditi.

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Improvvisamente la luna Tutto ad un tratto mi sono reso conto che la luna in cielo, come per incanto la luce diamantina di colpo avea spento lasciandomi nel buio così, col rimpianto. Lo scoppio arrivò davvero all‟ improvviso la luna s‟era rotta rompendo il suo velo e tanti pezzettini piovevano dal cielo coriandoli lucenti che aprivano al sorriso. Ne colsi uno al volo caduto a me vicino e lo portai con me tenendolo in mano la luce il tuo corpo svelava piano piano brillavano i capelli sparsi sul cuscino. L‟amore interrotto dal buio improvviso riprese fiato allora e i battiti del cuore cullavano i tuoi gesti, scandivano le ore la luna era tornata a emozionare il viso.

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In bilico A volte in bilico tra parole che ti condannano a volte raggomitolato come dentro lâ€&#x;utero materno, spesso litigando con te stesso per la tua ignavia sempre giustificando il tuo essere inquieto. Il baratro ad un passo tra la ragione e lâ€&#x;oblio aspetti che qualcuno faccia la tua scelta mentre cogli lâ€&#x;attimo distratto di te ogni giorno e scrivi poesia credendola panacea assoluta.

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Incontri Corri sfinito in una stanza vuota l‟eco dei tuoi passi rimbomba d‟intorno entri a capofitto nello specchio che ruota e rompi l‟attesa che riporta al giorno. Occhi indaganti scrutano nascosti mentre il silenzio il suo urlo riprende offri le immagini dei gesti scomposti dalla paura che il tuo corpo diffonde. Fuggi correndo su sabbie profonde mentre ti accorgi che il vuoto ti attende piccolo uomo dallo sguardo sereno, chi di noi due è senz‟altro l‟alieno?

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Insieme, finalmente Abbiamo fatto lo stesso cammino percorrendo tante strade diverse ci siamo incontrati che era mattino due disperati, due anime perse. Occhi bassi come cane bastonato unghie rotte han scavato il profondo ti ho rivisto e il cuore si è fermato dove sei stato? vecchio vagabondo. Ti ho indossato, vestito mai smesso ma la taglia mi andava un poâ€&#x; stretta poco importa, ho ritrovato me stesso per il mondo la sembianza è perfetta.

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Invece Se gli occhi miei vedessero, [invece di guardare] le orecchie mie ascoltassero, [invece di sentire] potrei il mondo comprendere. [invece di capire] Se tutto fosse vero saprei la differenza che fa di me un uomo e non una parvenza. CosĂŹ come son certo che parlerei al cuore senza crear sconcerto ti parlerei dâ€&#x;amore. Invece mi trastullo giocando le parole decrepito fanciullo addormentato al sole.

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L‟ altro Ti ho visto nudo, rannicchiato tra le anguste pareti. Un dolore lancinante la testa tra le mani in attesa. Un silenzio soffocante mi sono rannicchiato anch‟io tra quelle pieghe. Accanto a te spogliato di ogni affanno nudo come te. Attendo senza sapere quanto durerà l‟attesa lento hai alzato lo sguardo. Mi sono visto e il silenzio si è rotto in un fragore di cristalli.

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La finestra a est Frangisole elettrici dipinti di bianco tagliano a fette un cielo nero pece notti senza lune si alternano voraci, ingoiano nel buio ogni mia illusione. In piedi lo sguardo avverte lontano il chiarore rossastro che s‟avvicina, il sole distratto ogni giorno compare e una fetta per me é già abbastanza. Finestra con sbarre come prigione testimone e complice di libertà vigilata al mattino ti apri e ti acconci al sorriso del sole che filtra a strisce tra i ferri. Il rosso ha divelto la pece della notte la luce sul letto crea geometrie ineguali dai frangisole s‟affaccia il nuovo giorno, ad occhi aperti sto sognando l‟oriente.

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La mia periferia Ai margini della città il sole aveva luce diversa, come quasi campagna, ma periferico. Anche i giovani amori nati per strada e consumati nei campi erano periferici. Il pane che il fornaio sfornava ogni mattino sapeva di pane, sapore periferico. Nei prati al limitare ancora vergini di case, capolinea di tram per operai periferici. Al bar sotto casa con sala biliardo bevevi caffè bollente caffè periferico. Ora che la mia vita è periferica, ti ho persa.

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La paura delle parole Giocare con se stesso, così a viso aperto aprirsi al mondo intero senza più sconcerto buttando lì sul tavolo le carte a bella posta senza aver paura della verità nascosta. Per il tuo pudore, ignavia e incoscienza cercando di smentire ognor la sofferenza gridando: che volete, ormai sono ignudo la maschera è caduta, infine non ho scudo. Il cuore in mano avete, non ho più difese non posso più bluffare, non ho più pretese la vita mi ha battuto, ha vinto la sua mano le carte però parlano, non ho lottato invano. E‟ solo la rivincita, la vita sa anche barare però sfidando il mondo continuerò a volare ripeto a me stesso quel che la sorte ha detto e urlo a tutti il nome del cancro maledetto.

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La perla e il sasso Perché accusi il sasso che hai lanciato? Immobile, fermo, la tua la mano lo ha alzato rendendolo complice di un tragico destino che ha fatto anche di lui ignobile assassino quando l‟altra metà del cielo il velo ha alzato vigliaccamente allora la mano ha lapidato. Perché rinneghi il sasso con cui hai eretto muri invalicabili per chiuderci il passato nascondere a te stesso l‟orrendo tuo delitto di aver di ogni donna un giorno abusato? Colpa non ne aveva l‟inerte espressione del mondo che oramai ha perso la ragione. Perché disprezzi il sasso sapendo di mentire e continui a fingere e a non voler capire e non puoi chiedere al sasso aiuto insperato lui tace incosciente di averti un dì aiutato a uccidere una donna soltanto per averla mentre in silenzio urlava la morte di una perla.

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La ragazza del tiro a segno Bambina maliziosa vestita di cotone stretto su un corpo ormai da donna delle giostre in piazza eri lâ€&#x;attrazione di tutti i mosconi, come la panna. Capelli come grano maturato al sole di efelidi dorate colorato il tuo viso accoglievi i clienti tra fucili e pistole e ad ogni centro regalavi un sorriso. Non ricordo piĂš quanti soldi ho speso per cercare di vincere una bambolina ma non avevo mira e rimanevo appeso al tuo sorriso dolce fino alla mattina. CosĂŹ quando la mira ho perfezionato invano ho atteso in piazza il tuo ritorno di certo avrei vinto un appuntamento e non avrei dovuto di nuovo tirar giorno.

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La rivoluzione con Brancaleone Se ne avremo troppo dei signori arricchiti da sudditi ormai proni ai voleri ed imbolsiti ricorreremo infine ad un vero condottiero per singolar tenzone contro il cavaliere nero. Ma se le cose un dĂŹ dovessero andar male e la sommossa armata finisse in una buca monteremo tutti a cavallo del giallo animale “seguimo Aquilante lui sa la via di fuga!â€? dedicata al grande Mario Monicelli

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La rosa senza nome La rosa che ti avevo donato era rossa e senza spine leniva un amore annoiato da troppe grigie mattine. Col tempo ha perso colore, le foglie si sono seccate ma ora sorride al tuo cuore d‟inverno come d‟estate. Racchiusa tra pagine scritte lassù, nella mia libreria ricorda quelle già lette e ha un nome: la mia poesia.

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La tela del ragno Un merletto di Burano luccicante di minuscole gocce di cristallo è steso ad asciugare tra due giunchi novelli sulla riva del fiume. Il ragno verdeoro ammira soddisfatto l‟opera fregandosi le zampe mentre tra le perle di rugiada una falena si dibatte ormai sconfitta. Così ti ho conquistata, con l‟astuzia e l‟abilità di provetto artigiano e persa immediatamente quando la mia superbia ha rotto la tela.

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La vendetta della zucca (Halloween) Una gialla, rotonda, grassoccia presenza rotolava nell‟orto reclamando attenzione inseguita da mani che senza clemenza volevano trasformarla in orrido lampione. Nel tempo cresciuta accanto ad un cetriolo nascosta e protetta dalle foglie di lattuga si esibiva zigzagando in splendido assolo nell‟orto disperata cercava una via di fuga. Florida e pasciuta era un po‟ in sovrappeso la buona terra e il sole l‟avevano viziata finì la sua corsa contro un argine scosceso rimasta senza fiato dalle mani fu afferrata. Il trattamento doloroso, le cambiò l‟aspetto come dieta dimagrante le tolsero l‟interno ma indomita sorrise con ghigno soddisfatto accese la sua luce e li mandò all‟inferno!

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Lacrime come acqua acqua che calma si racconta nel tranquillo veleggiare dei miei pensieri verso approdi lontani indistinti seppure sereni o scorre impetuosa mentre riaffiorano pezzi di vita dalle buie gore del mulino a vento della mia anima vivo questa stagione con gli occhi rivolti al passato guardando il futuro ignoto e mi specchio tuttavia nella tranquillitĂ cristallina del tuo sguardo che materno ha soddisfatto la mia sete e pulito il mio cuore bambino mentre piango

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Le lavandaie Vecchio lavatoio riflesso nellâ€&#x;acqua nascondi allo sguardo catini grinzosi custodi un tempo del magico ranno che il bianco donava agli abiti stesi. Le nenie inventate e i panni percossi le schiene ricurve che celano affanni donne in ginocchio che in fila ai fossi con mani sapienti lavavano i panni. CosĂŹ mi apparvero, le videro gli occhi le orecchie udirono il ritmo del canto del bronzo lontano seguivo i rintocchi pian piano svaniva del sogno lâ€&#x;incanto.

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Le scarpe Cammino. Strade assolate, sterrate cosparse di pietre. Lancinanti dolori mi costringono a soste non volute e poi ripartenze sempre piĂš faticose. Ricerca affannata di vie meno impervie piĂš dolci e gentili e rispettose del calar della sera che inesorabile arriva. Fermarsi stremato e voltarsi a scrutare il cammino percorso e scorgersi fermo al mattino trascorso. Dicendo a te stesso “non ho le scarpeâ€? per giustificare il dolore del fallito destino. Muta risposta. Costretto ad ammettere, vinto che hai camminato tanto rimanendo fermo. A che servono scarpe se non hai le gambe?

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L‟ eredita‟ dell‟arroganza Con rapporti prezzolati ho ingravidato la vita liberando spermatozoi della mia arroganza. Oggi cresciuti bussano famelici alla mia porta. Ne ho disconosciuto la paternità avvalendomi del lavoro di un ottimo avvocato: il tempo. Oramai non ho più denari per fottere la vita.

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Libera uscita Non so cosa stia accadendo. Aspetto. Seduto sul bordo del letto attendo che ritorni. Stamane si è alzata prima di me ed è uscita. Non un segnale. Non un messaggio. Aspetto. E‟ il giorno dell‟attesa che sfinisce e ottunde i pensieri. Mi manca. Non si può stare tutto questo tempo senza un‟anima.

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L‟ultima farsa Un palcoscenico è tutto ciò che io chiedo un assito che sostenga la mia faccia tosta per recitare una parte in cui neppure credo e declamare verità aggiustate a bella posta. Istrione, forse guitto, senz‟altro una comparsa mentre il sipario cala e il pubblico perplesso si chiede chi mai fosse il re di questa farsa che interpreta la vita cercandone il successo. Ahimè non c‟é speranza, il tempo ha inghiottito l‟ultima parvenza in me di arte affabulatoria e il pubblico che per anni ho spesso divertito la sala ha abbandonato cercando un‟altra storia.

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L‟uomo che accarezzava le stelle La luna spegneva le stelle come lo scaccino spegne i ceri in chiesa al sorger del mattino triste e assonnata riavvolgeva il suo manto ritornava al sonno dopo la notte d‟incanto. Sotto il manto scoprì un uomo addormentato che accarezzava una stella da innamorato il sole che a oriente dipinge il nuovo giorno trovò un uomo solo che si guardava attorno. Cercava la sua stella, la dolce innamorata rubata alla luna in quella notte argentata stretto al suo chiarore trovò azzurri paradisi aprì l‟anima e il cuore a mille e più sorrisi. Si addormentò di nuovo, il sonno fu clemente lo accolse tra le braccia cullandolo dolcemente l‟innamorato cercò allora la stella accarezzata a lungo sotto il manto di quella notte stellata.

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Manette Appese ad un chiodo ricurvo ed infisso su una parete scrostata e ammuffita dondolano al ritmo del nostro amplesso attente custodi del passar della vita. Il torvo metallo qua e la arrugginito nasconde beffardo la sua dissuasione al falso amore dallâ€&#x;orgasmo tradito può stringere il cuore cercando ragione. Non chiesi mai conto al nostro rapporto chĂŠ il ritmo del cuore tagliasse a fette come brace ardente prestava conforto che ai polsi serrai le grigie manette.

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Meeting Non câ€&#x;è piĂš niente da dire lasci la tavola imbandita da altri portando con te la fame di nuovi discorsi spiegati a momenti e solo subiti. Taglienti parole che lasciano segni cicatrici dolenti, sorrisi di convenienza, opportunismo bastardo che salva lâ€&#x;apparenza interventi gratuiti spacciati salvifici. Sorrisi di scherno, ironie pungenti ruotano verbi, parole si incrociano protesti i tuoi sentimenti convitato di pietra nessuno si accorge, nessuno ha parlato, qualcuno ha capito.

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Mi manchi dedicata a mia madre

mi manca il tuo sguardo a volte sĂŹ severo che a stento mascherava il tuo umore nero mi manca la tua voce distrutta ormai dagli anni di troppo fumo usato per non provare affanni mi manca la tua mano passata tra i capelli la tua benedizione anche nei miei giorni belli mi manca il tuo non esserci, la tua discrezione, il tuo pudore innato a coprire ogni emozione mi manca ancora adesso il tempo del perdono mentre mi crescevi e diventavo uomo quando la tua espressione mutavi allâ€&#x;improvviso per sciogliere il mio errore aprendoti al sorriso ora che invecchiando man mano ti somiglio mi manca da morire quel tuo chiamarmi figlio

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Nightmare [Il bicchierino scorre sulle lettere disegnate, dita tremanti ne seguono il percorso tortuoso.] Ecco si ferma, poi riparte. Sguardi e cuori impauriti accompagnano i suoi sussulti. Parla. Stavolta il messaggio è per me. “Dov‟eri? Ti ho cercato a lungo, ti aspetto.” Mi allontano dal tavolino tra le maledizioni altrui. Ho spezzato le catene. Finalmente.

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Non sembra, ma vivo Eppure vivo, respiro, anche se col fiato corto centometrista sfiatato che crolla a due passi dallâ€&#x;arrivo vuoto dentro alla ricerca disperata di un appiglio dove appendere le poche parole rimaste. Ho steso lâ€&#x;anima ad asciugare sperando in un sole benigno, nel frattempo indaffarato tolgo le spine dal cuore,volgo lo sguardo distratto al mondo che scorre la sotto e ritiro la scaletta di corda ranicchiandomi sulla mia nuvola.

281


Notte La notte ormai da tempo compagna dei miei pensieri mi accoglie nel suo grembo matrigna fino a ieri mi coccola e spesso nel valzer delle ore che passano ignare della gioia o del dolore. Mi tiene sveglio e in piedi come novello Erode uccido le mie voglie, facendomi custode di inutili ricchezze sognate al mattino quando la luce incalza e il giorno è ormai vicino. Ripeto tutte le volte uno stanco ritornello e chiedo alla mia notte un sogno, solo quello ma la risposta tarda lâ€&#x;aspetto sino a sera quando di nuovo chiedo che hai fatto notte nera? E mentre mi domando se adesso lei mi ode scivola via chiedendo che vuoi bianco custode?

282


Notti stellate Ho un cestino di carta argentata che conservo da quando ho sbucciato quelle stelle che una notte incantata al mio ingenuo cuore ha donato. La luna esibiva un manto di stelle le più belle a collana indossava mano a mano come splendide perle nella notte del ciel le sgranava. Poi mi vide e colse il momento il mio amore lei di già conosceva della notte stellata l‟incanto come pegno d‟amor mi donava. Io guardiano della notte da tempo che nei sogni inseguo le stelle ho riempito d‟argento in un lampo il cestino per cercar le più belle.

283


NuditĂ Ho scritto di me, della mia vita ho messo a nudo la mia anima scorticandola come una cipolla pelle dopo pelle strato dopo strato ho tolto incrostazioni del passato. Nudo come un verme al cospetto di un foglio bianco ormai tiranno senza abiti di scena da indossare mentre cala il sipario sulla recita indosso il freddo e lascio il palco.

284


Occhi di ghiaccio Come lampo che prelude al tuono il suo sguardo mi ha attraversato non c‟é tempo per il perdono dell‟inganno che ho consumato ora interrogo con occhi muti l‟indovina che mi sta accanto forse lei che gli amori vissuti ha goduto e non ha mai pianto. Saprà darmi la spiegazione del mio essere sempre in ritardo della mia stupida convinzione di resistere anche al suo sguardo non si può in tutta ragione baloccarsi con la propria sorte e poi reggere senza emozione ai suoi occhi di ghiaccio, la morte. E per anni ho creduto davvero che il tempo passato invano a cercare un nuovo sentiero senza chiedere di alcuno la mano fosse quella la mia unica strada di sfidarla giocando la vita di risolvere la mia sciarada iniziando una nuova partita. Uno sguardo è bastato allora per comprendere tutti gli errori mi fissava la nera signora ma io avevo la regina di cuori così il gioco si era fatto pesante e la posta diventava più ardita la mia mano però era vincente che mi sono ripreso la vita.

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Ogni volta Roma Ogni volta ti trovavo diversa, sensazioni impetuose come il Tevere in piena inondavano il cuore al mio arrivo. Ogni volta ti vivevo diversa, materna amica, antica amante, grandissima mignotta. Avevi tutti i colori ed i sapori della vita, quella vera, piena, prosaica eppure sognante nelle sere al tramonto sul Pincio. Regia, montaggio, doppiaggio, inevitabilmente lo spot sapeva di te vero e fallace insieme, splendida bugiarda! E ogni volta per me il film aveva il sapore della vacanza, una vacanza romana.

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Oltre l‟amore Ho scoperto nella mia libreria tra i miei libri che parlavan d‟amore dietro un tomo con scritto poesia una porta segreta del cuore. L‟ho aperta tradendo l‟affanno che nel petto forte premeva ché poggiato sopra uno scranno c‟era un libro che mi attendeva. Nel guardarlo con fare curioso e il tumulto tornato nel cuore sul suo dorso ho scoperto era inciso con caratteri d‟oro “oltre l‟amore”. Oltre l‟amore che sarà mi son detto poi ho capito, c‟è la conoscenza c‟è la stima e il reciproco rispetto che alla vita da piena sostanza. Poi accettarsi coi propri difetti sorridendo dell‟età che non c‟è più e scoprire che i giorni perfetti non han senso se non ci sei tu.

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Onirico amore alieno Non restava che alzarsi e andarsene, ma una forza a me aliena mi tratteneva tra le coltri di un amore diverso, insieme di acciaio e carne sconosciuta. Eppure soddisfatto rivedevo lâ€&#x;amplesso nel megaschermo appeso di fronte mentre aspiravo sostanze perverse da un narghilè di acciaio azzurrato. Lei mi piaceva nonostante tutto e il ritorno prometteva soste allettanti ma la voglia tornava mistero assoluto ed io rimanevo inchiodato al letto.

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Oro di asfodeli per Stella Stanotte ho un appuntamento con Luna, è un appuntamento speciale. Nel chiarore della notte di pieno ferragosto, illuminato da lampioni di stelle, Luna mi presenterà Stella ed io l‟accoglierò tra le mie amiche notturne con un sorriso, un inchino ed un mazzo di asfodeli giallo zafferano. Chiederò all‟unico grillo dei pressi, provetto violinista nottambulo, di mettersi il frac, uscire sul prato e intonarle una serenata. E mi addormenterò così, con l‟oro degli asfodeli riflessi nell‟argento del sorriso di Stella.

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Ottomarzo Perché ingabbiare l‟altra metà del cielo? orrida tentazione che rispunta ogni tanto mistificazione di libertà a chi porta il velo ma dietro quelle sbarre si cela il pianto. Oggi vorrei davvero non essere ipocrita ammettere gli sbagli, esser progressista cercare il consenso dichiarando illecita la discriminazione per mettermi in mostra. Così per una volta non regalerò mimose di buone intenzioni si è lastricato invano coi fiori non si guariscono ferite dolorose compagne della vita vi stringerò la mano.

290


Partire è un po‟ morire? Anonima, decisamente anonima, una valigia come tante. Attende aperta che rimasugli della mia vita vengano stipati nel suo capace ventre. Ora è lì, sul letto, vuota, in attesa. Non mi va di riempirla, sono stanco di questi continui andirivieni. Sto raccogliendo di nascosto pezzi di memorie felici, ne riempirò una nuova valigia. Partirò e sarà dolce morire.

291


Passerà la notte… Dai uno sguardo al letto ormai disfatto, l‟ultima sigaretta e getti via il pacchetto occhi pesti da una notte di lunghe attese ossa tutte rotte come se le avessi prese. Trascini il tuo corpo verso lo specchio che ti conferma, stai diventando vecchio speravi non sputasse questa sentenza e cerchi di non dargli troppa importanza. La verità fa male lo sai, è un vecchio detto ma vinci il desiderio di ritornare a letto forse l‟aria fresca del mattino ti farà bene apri la finestra e il sangue gela nelle vene. Laggiù, nel cortile accanto ad un lampione un vecchio ti sorride poggiato ad un bastone ora lo vedi meglio inforcandoti gli occhiali ne segui i movimenti, mentre piega i giornali. Il cuore batte a mille ma tu non presti orecchio ti sei riconosciuto, sei uguale a quel vecchio sguaiata ora dal cortile ti giunge una risata distrutto torni a letto, mio dio che nottata. Tremando come una foglia, così senza ritegno [dentro di te speri che sia solo un brutto sogno] ma gli occhi adusi al buio reclamano attenzione ai piedi del tuo letto c‟è un vecchio col bastone.

292


Pensieri Si addensano mossi da aliti leggeri dellâ€&#x;anima dopo lunga rincorsa ansante/ ansiosa di scuotere lâ€&#x;apatia che vuole il tuo essere vuoto al richiamo delle emozioni. Si affastellano in un angolo recondito a te inaccessibile e per questo non governabile improvvisi/ improvvidi fuoriescono inopportuni complici e carnefici di malcelata voglia di esserci. Nonostante tutto.

293


Per un attimo Per un attimo ho creduto di averti tra le dita come una farfalla di colpo sei volata. Libera, felice della libertà ritrovata e mi hai lasciato a trascorrere la vita. Con le mani nude ho attraversato stagioni passato i confini di ogni evento. Per poi ritrovarmi in un solo momento senza perché, senza ragioni. Ho dato, ho avuto sogni a colori. Tempo passato a giocare con il tempo che scorre veloce senza pudori e cresce la voglia di tornare nel grembo. Così, per un attimo ho creduto invano di avere capito il senso della vita. Per poi accorgermi che la libertà carpita non poteva stare chiusa in una mano. E di nuovo fuori a cercare il tempo perduto sfidando il rischio di altre sanzioni, respirando libertà, nuove emozioni come una farfalla che vive solo un minuto. Per un attimo, per un attimo ci ho creduto.

294


Pezzetti di vetro Come in un caleidoscopio schegge di vetro si intrecciano ruotano, multiformi colori compongono luminescenti spettacoli da ammirare Spesso ho guardato senza vedere affascinato le forme mutare senza capire la differenza tra assistere e partecipare la vita. Ha ruotato il mosaico colorato lasciandomi spettatore del tempo ora che ho capito la differenza sono rimasti solo pezzetti di vetro. Senza colore.

295


Polvere Se assisti ad una rappresentazione che non ti appartiene, se il mondo non ti somiglia e uccide i tuoi pensieri, quando lo sconcio attorno a te urla vendetta e anche fare all‟amore è un rito ormai stanco, allora è il momento di togliere la polvere da tutto ciò che l‟anima teneva accanto per dare alla tua vita una parvenza vera. Questo è ciò che credi e ti illudi di ottenere spolverandoti l‟anima e la coscienza. Il mondo affoga nella polvere di coscienze sporche pulite malamente.

296


Quante parole parole come pietre, pesanti come massi parole su cui inciampi appena fai tre passi parole di cui il verdetto a volte si attende e che con le parole il suo prodotto vende parole che poi si dicono non volendo dire e forse era piĂš semplice il saper mentire parole che offendono volendo fare male e la misura danno dellâ€&#x;uomo quanto vale parole di chi non sa usar la loro metrica e prova a trasformarle in buona musica parole che occorre lasciare mai da sole e che ti martellano la dove il dente duole parole sĂŹ importanti da noi dette invano e la risposta attesa è tutta in una mano parole che riscaldano tante persone sole e sono come fiori che nascon nelle aiole e tu che stai leggendo non averne a male il brano ti ha stancato? in fondo son parole!

297


Raccolta differenziata Vuoto. Assolutamente vuoto. Accartocciato, un sacchetto usato. Buttato in un angolo, inutilizzabile. Eppure se mi apri tra una piega e lâ€&#x;altra qualche briciola dâ€&#x;amore ancora la trovi. Decidi tu. Riciclo?

298


Rewind [ho il posto in prima fila stasera nella sala polverosa della memoria va in scena una vecchia pellicola un film bianco e nero che fa storia] play immagini scorrono veloci davanti ad occhi distratti scene già viste e vissute, giochi, amori e misfatti forward la noia mi spinge piÚ avanti ricerco emozioni diverse che aprano il cuore ai rimpianti di scene di vita ormai perse forward ecco improvviso apparire una scena, un volto, un sorriso il ricordo mi fa quasi morire ma io cerco invano quel viso rewind‌

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Riflessi d‟amore C‟era la luna sulla spiaggia quella sera c‟eri anche tu, solo tu, ed era primavera il mare sonnacchioso stirava le sue onde nei riflessi argentati l‟occhio si confonde. E‟ stato veramente amore a prima vista ed ero orgoglioso della mia conquista non mi sono accorto di lui che accanto ti ha rubata a me lasciandomi nel pianto. Amori giovanili, dico adesso con filosofia sarà, ma ho sofferto quando sei andata via i vecchi trovano sempre una giustificazione per coprire gli errori fatti in continuazione. Così se ci ripenso non sono più sereno mi aveva stregato il candore del tuo seno e i riflessi argentati del mare quella sera nascosero l‟inganno, era solo primavera.

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Scherzetto o dolcetto? Sospeso nel buio soffice e soffocante pupille dilatate per lo sforzo immane la ricerca della luce provoca dolore affogo lentamente nella nera bambagia. Chiarore traballante come lume di candela proietta sul muro ombre inquietanti la nenia stridente giunge agli orecchi l‟acre odore di zolfo affoga le narici. Il sabba è iniziato io ballo nonostante la nenia mi prende, mi ammalia, mi strega Halloween è tornato e per una notte gli incubi e le streghe saranno padroni. Non ho la forza di sottrarmi al gioco neanche la voglia, ad essere onesti dimentico di tutto il buio mi inghiotte torno bambino, “scherzetto o dolcetto”?

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Scusi, signor poeta… Sarebbe così facile tra ossimori e similitudini usare metafore intriganti e frasi a colpo sicuro legare infine il tutto con sinonimi e consuetudini e aspettare poi sul foglio un giudizio lusinghiero. Un capo e poi una fine come diceva mio nonno spesso è assai difficile trovare pur rileggendo vorrei capire alfine se sono io che ho sonno oppure è il tuo dire che proprio non comprendo. Faccio una fatica immane, mi spremo le meningi appare con evidenza che ho limiti d‟intelletto io adoro i bei quadri, ma se astratto tu dipingi non riesco a stare sveglio e me ne torno a letto. Ho assoluta certezza che non ti importi niente tu scrivi col cervello e non vuoi l‟altrui parere io scrivo con il cuore e così, semplicemente, del cacio al contadino la bontà faccio sapere.

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Silenziosamente Avevo tante cose da dirti, il silenzio invidioso ha rovinato tutto. Poco male, lo sai, adoro il silenzio. Te ne sei andata, in silenzio. Ho provato allora a scriverti, ma il rumore dei tasti sul foglio disturbava il silenzio amico. Userò la penna, mi sono detto. Inutilmente, le parole scritte urlavano indecentemente. Avevo tante cose da dirti. Addio. (in silenzio)

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Solo nei tuoi occhi Piccolina fermati un attimo. Voglio rivedere queste ultime scene dello splendido documentario che il cristallino dei tuoi giovani occhi offre ogni volta al mio sguardo. Campi di grano maturo giallo sole limpide giornate di cieli ancora azzurri papaveri come sangue giovane danno linfa ad una natura dimenticata. Mi perdo in questo spettacolo e sorrido finalmente. Grazie.

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Sono un ragazzo di strada Le feste in casa con pasticcini e coca cola sul sagrato della chiesa il giorno della messa attendi che la ragazza esca tutta sola l‟inviti insistendo poi strappi una promessa. La luce del giradischi nel buio della stanza la stringi contro di te, senti il suo rossore non ti frega niente di iniziar la danza mentre l‟eccitazione sale e pensi all‟amore. Non fai molto caso a ciò che suona adesso il giradischi é rotto, a lui nessuno bada risenti il refrain di un disco udito spesso mentre tu le dici sono “un ragazzo di strada”.

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Tanz bambolina Ancora un ballo, ancora una danza il ritmo mi attaglia, confonde il tempo rosse guance di mela spiccano rose purpuree sul bianco della sua pelle. Ancora un ballo, ancora ti prego stringo forme bambine di cotone stampato il seno ancora acerbo lei tiene a distanza rifugge dâ€&#x;istinto la confidenza. Lâ€&#x;oro grano dei tuoi capelli mi sopravanza ancora un ballo, ancora una danza il sole sullâ€&#x;aia aspetta la luna, tanz bambolina.

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Toc toc Ho sentito bussare alla porta dietro l‟uscio nessuno aspettava solo un fiore sulla stuoia moriva mano a mano lo stelo piegava. La speranza però non è morta e la nuova stagione che arriva é alle soglie, fra poco mi porta quell‟amore che il cuore ambiva. Fino a ieri ho atteso quel fiore disegnandolo dentro il mio cuore poi l‟attesa mi è parsa infinita aspettando ho trascorso la vita. Ricercando la via più sincera per provare nuove emozioni ho rubato mille fiori e canzoni per far bella la mia primavera.

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Tra grandi fratelli, troni e siliconi Oggi che il capello corto e la Marlboro accesa fa piĂš figo Oggi che se non fai outing inventandoti tutto rigo per rigo Che se non sei un tronista di successo e non hai corona Oggi vivi cosĂŹ cercando il tuo posto in una societĂ battona Oggi che se non sei giovane e non hai muscoli a tartaruga Che se non hai corpo glabro e liscio come un bagnasciuga Oggi che la scienza ha allungato la vita del tuo cammino Sei una meteora filante in una notte che non vedrĂ mattino

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Tra ragione e follia Tra le pieghe della natura, o protetto da rovi pungenti rintanato nel mare profondo tra murene feroci vedette, sotterrato dai resti del mondo o sul ciglio di vulcani ardenti in attesa di giuste vendette lâ€&#x;ho cercato tradendo paura. [quel filo sottile che unisce la ragione col mondo alieno l’ha trovato non mi stupisce un poeta dal cuore sereno]

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Troppo dolce nasconde l‟amaro Parole come caramelle morbide, col buco levigato e niente intorno quintali di false e idiote dolcezze, mielosità ammannite a piene mani, da bocche siliconate e seni rifatti che ti sorridono dallo schermo e ti addolciscono e ti blandiscono per nascondere ipocriti sentimenti. Spesso raccolte in confezione regalo ti arrivano col corriere porto franco quando la nausea ti avrà sopraffatto e la sola vista di tanto zucchero ti urterà e ti darà il voltastomaco, allora spegnerai il televisore e scrutando il buio della realtà cercherai il sale della verità altrove.

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Unâ€&#x;altro giro di pista? Fermati. Che senso ha continuare la corsa ora che sei arrivato alla meta? Il nastro del traguardo sventola ancora come un trofeo appuntato sul tuo petto. Non ha importanza lâ€&#x;ordine di arrivo. Non serve misurare il tempo impiegato. Hai partecipato alla gara, perchĂŠ insistere? Fermati ora, respira. Se solo le gambe ubbidissero‌

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Un amore bonsai Piccoli occhi azzurro cielo diamanti purissimi duri e taglienti vincevano del cuore il cristallo. Piccole labbra rosse corallo perle rarissime la fila dei denti scioglievano ai sensi lâ€&#x;ultimo velo. Piccoli seni bianchi di latte colline dolcissime da valicare offrivano al palato zucchero e miele. Piccole cosce perlacee erette marmo pregiato da levigare aprivano le porte della casa del sole. Piccola rosa di rosso accesa spina costante infissa nel cuore donavi al piacere vette esaltanti. Piccolo amore nato a sorpresa allegra brezza che spazza il dolore rimasto nel tempo uno dei tanti.

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Un ultimo sguardo Un ultimo sguardo alla tua malefatta prima di accenderti una nuova sigaretta seduto sul bordo del letto ti chiedi perplesso che senso ha avuto per te questa notte di sesso. Non l‟hai mai amata non l‟hai mai voluta eppure stanotte con rabbia l‟hai posseduta che senso ha dunque questo gioco d‟azzardo se l‟amore strappato per te vale solo uno sguardo.

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Una notte, lassù Un lampo rosso nel nero della notte annunciò così un incontro amoroso due stelle innamorate si eran strette in un fantastico abbraccio luminoso. BiancaLuna compiacente assisteva sorridendo di quell‟amore sì radioso e una polvere di stelle ora pioveva da lassù sul mio letto sonnacchioso. Costretto dagli eventi alzai lo sguardo la luce mi stregò, dimenticai il sonno il cuore ormai stanco tornò gagliardo e il ritmo dell‟amor cancellò l‟autunno.

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Vero o falso? Dipingo, invento, tratteggio, infine scrivo passato e presente che si confondono vero e immaginario a volte ironicamente creato ad arte o vissuto, a voi il giudizio. Non svelerò il mio essere fino in fondo ma scriverò di un‟altalena di emozioni di storie vissute, giovani amori perduti forse veri e sinceri o solamente sognati. Ma poi, cos‟è il falso e dov‟è il vero?

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Vorrei Vorrei dimenticare, ma non riesco. Vorrei ricordare, ma non posso. Vorrei tornare indietro, ma è tardi. Chiudo gli occhi, vorrei sognare. Sono stato nel suo giardino, stringo tra le mani un ciuffo dâ€&#x;erba. Ora tutto è possibile.

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Zingara fammi le carte Di nuovo la zingara ha fatto le carte gli occhi di pece ha chiuso con arte improvviso io colgo un lampo traverso obliquo nasconde un sorriso perverso. Gitana racconta quale è la mia sorte la carta che é uscita è ancora la morte ma il lampo riappare e corvina gitana irridendo la morte da grande puttana. Regala al mio chiedere inattesa risposta, “ti puoi rilassare la carta ho nascosta” Zingara rifammi le carte…

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Indice Prefazione Percorsi Inversi Ago e refe A ripensarci ancora adesso… Alla finestra (lo spettacolo è gratis) Anima e cuore, lavori in corso Aprirò quel sacco, è Natale… Blind eyes C‟era una nuvola lassù. Ci ho creduto, ma poi… Ci vorrebbe un retino Ciecamente Contando le rughe del cuore Così, in equilibrio Dal sogno alla realtà, passando per il dolore Dammi la mano, amore Della vita, dell‟amore, dell‟anima, del cuore. Devo dirti due parole Di la dal sipario Di perle, di more, di lacrime, d‟amore Dolcemente, teneramente uomo Domenica pomeriggio al computer Dreaming Marrakech Due piume sul cuscino E‟ così semplice, dimmelo ancora E‟ solo malinconia E verrò a chiederti stanotte Equilibrio Era di Marzo Erica e saggina Giochi da equilibrista “Giusto al fin della licenza io tocco” Grappoli di vite Mediterranea Grappoli di vite sparsi per la via Il canto del cigno

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Il cuore, la ragione e l‟anima Il mare racconta, se sai ascoltare Il respiro della luce Il sapore delle more In attesa di comunicazioni Incompiuta Inevitabilmente Inseguendo un sogno Invidia Io, il gufo e quattro topi sub Io ladro di tempo Il canto del vento La grande illusione La saggezza dei gabbiani La vecchia cravatta Là, oltre il limite del colle, la laguna attende Le jour où la pluie viendra… Le parole che non ti dissi L‟inganno dei numeri Lo scalpitar degli animali alla fonte Mentire la notte aspettando il giorno Milano, la nebbia e tu Nati sotto il segno del cancro Ne me quitte pas… Neve Niente di nuovo oltre l‟orizzonte Noapte buna (buona notte) Non avere paura, è‟ solo amore Non era ancora neve (un Natale anzitempo) Notturno bolero Oltre il canneto Ora sì, ora ti scrivo quella lettera Oro Ottimismo crepuscolare… Perché i tramonti son pupazzi da levare? Polena, lignea falena Pompei, macerie e lacrime

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Preghiera per Sara Presenze Quel che resterà di noi dopo la vendemmia Quel che so di non sapere Quel giorno che piovvero fragole e io non c‟ero Quel piccolo, subdolo, lancinante dolore Rimmel e lacrime Sarà canto, nonostante Saremo li Se i piedi non rispondono al cuore Sei rintocchi all‟alba Sfogliando l‟album Sguardi Shangai Sogna, poeta sogna… Sogno tzigano per un amore nomade Solitario Sotto a chi tocca, sotto a questo sole Stanotte vado a pescare Stille nacht Tendi la mano al cucciolo Ti sei mai accorta? Timide missive Tra la parentesi quadrata e l‟asterisco Tribale improvvisazione Tu, dolce malinconia Un sacchetto di piccole lacrime Verso la nuvola che non c‟è Vola basso, mi raccomando! Volevo scrivere una fiaba Y todo a media luz Milleduecento battute per parlarne. Acqua alta Ad una piccola poesia irrequieta Agata Ah! Monsieur La Palisse Amore sotto le stelle

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Ancora una mano, ancora… Aspettando l‟alba di notti diverse Attesa Basta un profumo Bastava un paio d‟ali Calma piatta C‟è vento, stanotte Chioggia Ci vorrebbe un trapano Di nuovo, a fatica Dormiveglia Era il „55 Era semplice, non l‟avevo capito Greta e la perla Ho provato a vivere Ho visto I pescatori di Ciosa Il viaggio Invidia La fée verte La finestra a est La mia ballerina La mia ragazza La verità negli occhi L‟altra metà del cielo lassù, in fondo a destra L‟anno che verrà Lassù oltre le nuvole L‟inquilino della porta accanto Lo scoglio Lucida follia Melanconicamente faceto Neanche una iena Nel riso il pianto Nella rete Nucleare Oggi Parole senza parola

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Perché? Preghiera Presenze Quando la luna incontra l‟anima gemella Quel filo sottile Raccontando un‟illusione Ridatemi le ali Sfogliando l‟album Sogno tzigano per un amore nomade Solo con me stesso Spesso, la notte Spesso Squarci di luce improvvisi Stasera non volo Stupore Tante piccole ferite Tarantole e salamandre Ti ho mai raccontato… Tolleranza zero Tsunami Ultima risorsa Un amore infinito… Un avatar per amica Un bocciolo di rosa, nonostante Un tempo diverso Una allegra tristezza Una proposta ragionevole Zampa gialla Ora sì Anche le vongole sorridono Andar a farfalle Angelo custode L‟aquilone Are you lonesome tonight? Armi e bagagli Aspettandomi Baci

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Balla gitana Bambole Basta un sasso Bastano poche parole Blowing in the wind buccia Calma apparente Capaci 23 Maggio 1992 Casablanca mon amour Cassonetto condiviso Catch a falling star C‟è tempo e tempo C‟è ancora tempo? Chemio Chi di spada ferisce… Ciak, si gira Cicatrici Cin cin Clandestino Colloquio di lavoro Come in un puzzle Come l‟acqua Comunicazione Coriandoli Corri uomo, corri… Così, con leggerezza Cuore aquilone Datemi tempo Di me neppure il ricordo Diario di bordo Diversamente E‟ bastato un attimo …e chiudi la porta E‟ bastato uno sguardo Eppure ci credevo… Eppure... E‟ quasi giorno

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Era bionda Era solo una fotografia Era stanca di tenermi compagnia Erg Eri un drago Ero morto Eternità è un attimo Falena Fata o strega? Fata…? Filastrocca per una notte sciocca Fratello Fuochi fatui Gita a Rapallo Gli occhi del silenzio Granello dopo granello Ho incontrato Peter Pan Ho incontrato un poeta I colori della nostalgia I segni dei sogni Il bianco di un autunno incolore Il coraggio dei fiori Il cuore oltre l‟ostacolo Il giardino dei padri Il mazzo di chiavi Il pianetino e il pappagallino Il Pierrot di porcellana Il portiere di notte Il vecchio e la barba Immaturità globale Improvvisamente la luna In bilico Incontri Insieme, finalmente Invece L‟ altro La finestra a est

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La mia periferia La paura delle parole La perla e il sasso La ragazza del tiro a segno La rivoluzione con Brancaleone La rosa senza nome La tela del ragno La vendetta della zucca (Halloween) Lacrime Le lavandaie Le scarpe L‟ eredita‟ dell‟arroganza Libera uscita L‟ultima farsa L‟uomo che accarezzava le stelle Manette Meeting Mi manchi Nightmare Non sembra, ma vivo Notte Notti stellate Nudità Occhi di ghiaccio Ogni volta Roma Oltre l‟amore Onirico amore alieno Oro di asfodeli per Stella Ottomarzo Partire è un po‟ morire? Passerà la notte… Pensieri Per un attimo Pezzetti di vetro Polvere Quante parole Raccolta differenziata

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Rewind Riflessi d‟amore Scherzetto o dolcetto? Scusi, signor poeta… Silenziosamente Solo nei tuoi occhi Sono un ragazzo di strada Tanz bambolina Toc toc Tra grandi fratelli, troni e siliconi Tra ragione e follia Troppo dolce nasconde l‟amaro Un‟altro giro di pista? Un amore bonsai Un ultimo sguardo Una notte, lassù Vero o falso? Vorrei Zingara fammi le carte

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