4 minute read
Zero netto: le materie prime al centro della transizione energetica
ZERO NETTO
LE MATERIE PRIME AL CENTRO DELLA TRANSIZIONE ENERGETICA
Nei prossimi decenni la transizione energetica sarà al centro di ingenti investimenti, pubblici e privati, con diverse ricadute non solo su infrastrutture e nuove tecnologie ma anche sulle materie prime energetiche.
Lo scorso novembre si è tenuta la COP26, l’attesa conferenza dell’ONU sulla lotta al cambiamento climatico. Un appuntamento che ha visto anche la finanza protagonista: l’ex governatore della Bank of England, Mark Carney, ha annunciato che la Glasgow Financial Alliance for Net Zero (Gfanz), alleanza di oltre 450 banche, assicurazioni, fondi d’investimento, sosterrà la transizione verso l’energia pulita mettendo a disposizione 130 mila miliardi di dollari di fondi privati in trent’anni, con l’obiettivo di raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050.
Al di là degli annunci, la transizione energetica sarà certamente al centro di ingenti investimenti, pubblici e privati, nei prossimi decenni con diverse ricadute non solo su infrastrutture e nuove tecnologie ma anche sulle materie prime energetiche.
La lotta al cambiamento climatico porterà, infatti, gradualmente all’abbandono di fonti energetiche tradizionali, come il petrolio, il cui prezzo, tuttavia, proprio nell’anno della COP26 è tornato a correre.
IL MOTIVO DEL RALLY DEL PETROLIO NEGLI ULTIMI MESI È SEMPLICE: GLI INVESTIMENTI PROGRAMMATI DALLE OIL COMPANY SONO STATI RIDOTTI
Una contraddizione? A nostro avviso no. Il motivo alla base del rally del petrolio negli ultimi mesi è semplice: gli investimenti programmati dalle oil company per l’attività di esplorazione sono stati progressivamente ridotti, coerentemente con le attese di una minor domanda di petrolio connessa all’obiettivo di lungo termine di emissioni nette zero.
I giacimenti esistenti sono in via di esaurimento a un tasso del 4-5% annuo: l’offerta si sta, quindi, materialmente restringendo mentre la domanda è ancora elevata e, riteniamo, lo resterà a lungo. Ci aspettiamo, infatti, che il razionamento dell’offerta proseguirà e la fornitura toccherà il suo picco all’inizio del prossimo decennio, ben prima dell’inizio del calo della domanda, poiché la transizione energetica richiederà più di un decennio.
LA DOMANDA DI RAME
Una cosa è certa: il mondo di domani funzionerà sempre più ad energia elettrica, con le rinnovabili, in particolare, che, secondo le stime dell’International Energy Agency, dovrebbero arrivare a generare circa l’80% del mix energetico entro il 2050 rispetto al 38% di oggi a fronte di investimenti calcolati per oltre 20 trilioni di dollari. Le implicazioni per le materie prime connesse a questo trend sono diverse: ci aspettiamo prosegua, per esempio, la stretta cinese sulle terre rare che potrà complicare la catena di approvvigionamento di componenti come i magneti, essenziali per l’eolico. Certamente il rame, conduttore elettrico per eccellenza, resterà centrale per la transizione. Mentre gli ultimi sei mesi sono stati molto volatili per molte materie prime (come il nickel o i materiali ferrosi) il rame è, infatti, rimasto molto stabile, nonostante la flessione del settore real estate cinese (che tradizionalmente assorbe un elevato quantitativo di rame) la cui ripartenza potrebbe peraltro generare uno shock al rialzo del prezzo.
In ogni caso, ci aspettiamo che il trend di elettrificazione continuerà a sostenere in modo strutturale la domanda di rame. E, come nel caso del petrolio, la domanda di rame cresce quando l’offerta è più scarsa. Gli investimenti in esplorazione e nuova produzione sono infatti diminuiti di 1/3 nell’ultimo decennio, dopo la fine del super ciclo cinese, e, nel frattempo, molte miniere sono entrate in fase matura.
Inoltre, oggi trovare nuovi siti di estrazione è diventato più complesso. Il 40% della produzione di rame è concentrato in Cile e Perù dove peraltro la regolamentazione è diventata più stringente e attenta alla sostenibilità dei processi produttivi: l’acqua utilizzata nell’estrazione deve, per esempio, derivare da desalinizzazione, ma le miniere sono situate lontano dal mare e generalmente a un’altitudine di 2000 m. L’estrazione è diventata quindi enormemente più costosa, ed è proprio la combinazione di costi crescenti di produzione, offerta limitata e domanda in cos-
EVOLUZIONE STORICA NEGLI ULTIMI DIECI ANNI
URANIO (LEFT) PETROLIO (LEFT) RAME (RIGHT)
150 500
120
90
60
30 400
300
200
0
18/11/11
Fonte: Elaborazione Plenisfer. 100
5/11/21
tante aumento, ad aver sostenuto l’aumento del prezzo del rame negli ultimi 18 mesi.
URANIO, NUOVO TREND
Infi ne, si deve ricordare che il crescente fabbisogno energetico globale, combinato con il percorso di decarbonizzazione, ha generato, a livello globale, un rinnovato interesse per il nucleare: la Cina, intende triplicare la propria capacità nucleare entro il 2030 e il Giappone punta a generare il 20-22% del fabbisogno di energia con il nucleare entro il 2030 dal 6% di oggi. Gli Stati Uniti, primo consumatore mondiale di energia nucleare, hanno allungato la vita utile delle centrali, e il commissario UE per l’Energia ha dichiarato che “il nucleare coprirà circa il 15% del consumo europeo dopo il 2050”. Il dibattito è aperto, mentre avanza la ricerca volta a progettare centrali di quarta generazione, che prevedono piccoli reattori modulari, e si fi nanziano studi sulla fusione nucleare sperimentale con l’obiettivo di generare nucleare senza scorie entro il 2035.
Ma gli effetti del dibattito sono già evidenti nei prezzi dell’uranio che, dopo essere scesi dal picco di 150 dollari a libbra del 2007 a un valore medio di 20-25 dollari, dallo scorso agosto sono progressivamente risaliti, toccando a settembre un massimo di 50 dollari, pari al costo marginale di produzione.
Nelle settimane successive il prezzo dell’uranio è tornato verso i 40 dollari, con un andamento che ne evidenzia la volatilità: tuttavia riteniamo che, alla luce di scorte in calo e del trend strutturale della transizione energetica, l’uranio potrebbe arrivare a toccare i 60 dollari entro il 2025.