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Petrolio, le due facce del rally
PETROLIO
LE DUE FACCE DEL RALLY
In una asset class così eterogenea come quella dei mercati emergenti, emergono vincitori e vinti. Nelle ultime settimane non è aumentato solo il prezzo del petrolio. Anche le materie prime legate all’agricoltura sono state messe sotto pressione.
Gli elevati prezzi delle materie prime si fanno già sentire nei mercati emergenti. Patrick Zweifel, chief economist di Pictet AM, ha analizzato i numeri. Per quanto riguarda il consumo netto di petrolio, il suo indicatore della vulnerabilità della crescita del PIL, a un aumento del 25% del prezzo dell’oro nero, mostra il maggiore impatto negativo in Asia, con Singapore come
Paese più colpito. L’effetto è maggiore in Thailandia, pari a -1,2% del PIL,
Taiwan, India, Corea e Sudafrica -1 per cento. Inoltre, il suo indicatore di vulnerabilità all’inflazione, a causa dei prezzi del petrolio e dei prodotti alimentari, mostra un effetto maggiore in Messico (7,2% di aumento dell’inflazione annuale),
Colombia (6,7%), Perù (4,7%), Polonia (5,5%) e Ungheria (5,4 per cento).
Marco Mencini, senior manager di Plenisfer Investments SGR (Generali Investments), è d’accordo: “La
Turchia o l’India, il cui 70% dei conti correnti dipende dalle importazioni di petrolio, sono destinati a soffrire a causa di questi aumenti. Lo stesso vale per la Cina, che è altamente dipendente dall’energia e ha una bassa produzione domestica per correre ai ripari e per questo sta accelerando nei suoi programmi nucleari”.
Ogni crisi però ha il suo rovescio della medaglia. Lo si vede già riflesso in alcuni indici. Richard Bernstein, CEO e fondatore, RBA, dà le cifre: “Finora quest’anno il Brasile è salito del 13%; il Cile del 12%; l’Indonesia del 5 per cento. Di contro, l’indice ACWI è sceso del 13 per cento”. Aneeka Gupta, Equity and Commodity strategist, WisdomTree spiega che“l’aumento del greggio e di altre materie prime dovrebbe aiutare gli esportatori emergenti come il Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC) e l’America Latina”. Come sottolinea l’esperta, ci sono Paesi con prezzi di break even molto bassi. Il Messico ha un valore del petrolio pari a 50 dollari al barile, mentre l’Arabia Saudita si attesta sugli 80 dollari al barile. Vale la pena ricordare che dallo scoppio del conflitto, il barile si è mosso sopra i 100 dollari, eccetto qualche flessione. E questa tendenza sta già lasciando il segno sui mercati. Per ogni compratore che paga di più una determinata merce c’è un venditore che riceve di più. Tra tutte le risposte che FundsPeople ha raccolto dai gestori di fondi, c’è un dato che mette d’accordo molti: l’America Latina è il Paese che si distingue come maggior beneficiario. E tra i suoi confini, il Brasile. “Non solo il Paese è stato l’unico dell’America meridionale in grado di aumentare la sua produzione di petrolio greggio nel 2020, ma nel 2021 la società statale di petrolio e gas Petrobras ha portato avanti nuovi progetti petroliferi e ha stanziato 68 miliardi di dollari per l’espansione della produzione”, dice l’analista di Global X Dillon Jaghory. Gli Stati Uniti sono ora alla ricerca di fonti alternative di petrolio e hanno persino aperto alla possibilità di un dialogo con il Venezuela. Ma per gli USA il Brasile risulta facile da approcciare e c’è la possibilità di una cooperazione tra i due per assicurare le forniture di petrolio.
Continuando a rimanere dentro i confini dell’America Latina, Carlos de Sousa, EM Debt stragist di Vontobel AM, mette in evidenza anche la Colombia. “È un caso interessante perché non è solo un esportatore di petrolio,
IL RALLY DEL PETROLIO...
Prezzo del Brent (dollari al barile)
140
120
100
80
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40
20
0
2017 2018 2019
2020 Fonte: WisdomTree, Bloomberg, al 12 aprile 2022.
Prezzo del WTI (dollari al barile)
140 120 100 80 60 40 20 0 -20 -40 -60
2017 2018 2019 2020
Fonte: WisdomTree, Bloomberg, al 12 aprile 2022.
2021
2021 2022
2022 ...E QUELLO DELLE MATERIE PRIME
80%
60%
40%
20%
0%
Gas naturale Gasolio Frumento Mais Petrolio Brent Petrolio Greggio Cotone N.2 Zucchero N.5 Argento Oro Rame
Fonte: Investing. Grafico delle performance in % (YTD all’11 aprile 2022). Caffè C Platino
ma anche uno dei maggiori esportatori di carbone nel mondo. Ricordiamo che i prezzi del carbone sono aumentati bruscamente perché la Russia ne è il terzo produttore mondiale”, dice.
Tra le posizioni che William Scholes, Investment director Global Emerging Market Equities, abrdn, ritiene in sovrappeso, il Messico è la maggiore. “Si dà il caso che sia un esportatore netto di petrolio, in cui siamo esposti a banche, consumi e aeroporti”, spiega.
ALTRE MATERIE PRIME
I mercati latinoamericani beneficiano anche da un punto di vista tecnico. Come sottolinea Eurizon, dal momento che la Russia non fa più parte del MSCI EM, i mercati latinoamericani saranno i maggiori beneficiari in un ambiente di prezzi elevati delle materie prime. Infatti i due settori ad alta intensità di risorse naturali (energia e materiali) rappresentano tra il 20% e il 45% della capitalizzazione di mercato di questi Paesi. Oltre all’America Latina, Rob Drijkoningen, co-head of Emerging Market Debt di Neuberger Berman stima che in Paesi come l’Oman e la Nigeria, il conto corrente passerà da un deficit a un surplus a causa del recente rimbalzo dei prezzi del petrolio.
Come si diceva all’inizio, sono in aumento anche altre risorse naturali.Si tratta di un altro dato rilevante nell’analisi dei mercati emergenti poiché, come sottolinea Edgardo Sternberg, portfolio manager Emerging Markets di Loomis Sayles (un’affiliata di Natixis IM), ci sono Paesi che pur non essendo grandi produttori di idrocarburi non sono così colpiti come i produttori di risorse naturali i cui prezzi sono aumentati rapidamente. “Per esempio il Sudafrica che importa tutto il suo fabbisogno di petrolio e gas, ma produce palladio, platino, ferro e oro, minerali molto richiesti in seguito alla chiusura delle esportazioni russe. Il caso più emblematico è quello dell’Argentina, che dovrebbe beneficiare delle sue risorse naturali (petrolio, gas, litio, grano, soia, mais), ma a causa di politiche economiche sbagliate, non riesce a fare investimenti e a mettere a punto la produzione ideale per trarre vantaggio dall’attuale situazione dei prezzi”, analizza Sternberg. L’analisi di vincitori e vinti può anche essere portata a un livello settoriale. Per esempio, Diliana Deltcheva, capo del team Emerging Markets Fixed Income, e Nikolay Menteshashvili, Senior Credit analyst, Candriam, ritengono che i settori dell’energia, dei metalli, dei produttori di fertilizzanti e delle energie rinnovabili siano ben posizionati. Al contrario, prevedono effetti negativi nei trasporti, nei servizi di pubblica utilità e nel settore immobiliare. “Si tratta di settori con spiccata sensibilità ai prezzi dell’energia e dei materiali”, spiegano. Gli esperti sono anche cauti sui beni di consumo e industriali, a causa dell’effetto generale dell’inflazione sulle materie prime. “Nel complesso ci concentriamo sulle aziende con la capacità di trasferire l’inflazione dei materiali ai loro clienti” dicono.
Ci sono anche settori in qualche modo maggiormente immuni. WimHein Pals, portfolio manager di Robeco, cita l’IT, i software e in generale internet, il settore finanziario come le banche o le assicurazioni. In particolare, nei portafogli emergenti core di Robeco, c’è un sovrappeso sull’infor-
L’AMERICA LATINA SI DISTINGUE COME UN CHIARO VINCITORE TANTO A LIVELLO MACRO QUANTO A LIVELLO TECNICO
matica e sui titoli finanziari. “Il settore del petrolio e quello del gas sono chiaramente vincitori, anche se con alcune sfumature” sottolinea Andrew Lake, head of Fixed Income, Mirabaud AM. “I settori che consumano grandi quantità di derivati del petrolio come parte dei loro processi produttivi vedranno margini ridotti se non saranno in grado di trasferire i costi, come nel caso del settore chimico”, dice.
Ma per investire nei mercati emergenti non basta guardare i bilanci. “Da un punto di vista azionario, i mercati emergenti possono attingere dal rally del value, ma dall’altra parte, in tempi di elevata incertezza politica e di politica monetaria restrttriva, tendono a percepire il vento contrario di maggiore avversione al rischio” sottolineano gli esperti di Allianz Global Investors.
Inoltre, un altro punto che un investitore non può dimenticare sono le valutazioni. Come dice Alejandro Arévalo, head of Emerging Market Debt di Jupiter AM. Per i Paesi con debito di alta qualità investment grade molto stretto (si pensi al Qatar), lo spazio per un’ulteriore compressione può essere limitato. Tuttavia, i Paesi con con debito ad alto rendimento più ridotto (Iraq, Oman e Angola) potrebbero beneficiare maggiormente dell’attuale aumento dei prezzi.
Nel reddito fisso, Yerlan Syzdykov, Global head of Emerging Markets, Amundi, opterebbe per il debito in valuta forte in un contesto di alti prezzi del petrolio, mentre una prospettiva più incerta per la crescita e l’inflazione penalizza il debito locale, quindi anche in questo caso la selezione rimane fondamentale. “Continuiamo ad avere una preferenza per gli stock di alta qualità rispetto a quelli di bassa qualità”, aggiunge.
FATTORI TECNICI
Anche gli effetti collaterali devono essere analizzati. Irina Topa-Serry, senior Emerging Markets economist, AXA IM, stima che l’impatto economico sul resto dei mercati emergenti verrà principalmente da tre canali: uno shock dei prezzi dell’energia, un ripensamento della politica monetaria e la resilienza della domanda globale.
Tom Wilson, head of Emerging Market Equities, Schroders, è d’accordo con quest’ultimo punto. “Nei mercati emergenti a basso reddito, l’energia e il cibo tendono a rappresentare una quota maggiore dell’IPC. Questo influenzerà il consumo in questi mercati”. Secondo l’esperto un mercato vulnerabile è l’India. Oltre a essere un importatore netto di petrolio, il cibo rappresenta più del 50% della spesa indiana. Per molti mercati emergenti invece, il settore alimentare rappresenta il 20-30% del paniere dell’IPC.
Kunjal Gala, portfolio manager Global Emerging Markets, Federated Hermes puntualizza: “Le grandi economie globali probabilmente guideranno la loro transizione verso la sostenibilità, il che dovrebbe accelerare la transizione dai combustibili fossili nel medio e lungo termine”.
L’OPINIONE DI
STEPHEN DOVER CFA, Chief Market Strategist, Head of Franklin Templeton Investment Institute
RICALIBRARE LA GLOBALIZZAZIONE
La globalizzazione è morta? Riteniamo che sia tutt’altro che prossima alla fine ma si stia evolvendo. Per gli investitori una diversificazione globale è una strategia intelligente. Negli ultimi dodici anni, ha subito quattro duri colpi: un inasprimento della normativa dopo la crisi finanziaria globale (CFG), il conflitto commerciale avviato dalla Brexit, la pandemia e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Tutto questo non ne ha causato il rallentamento ma l’ha solo accompagnato. Il COVID-19 è un chiaro elemento che conferma la tesi. Per quanto abbia evidenziato la dipendenza globale da catene di approvvigionamento lunghe e vulnerabili, le prove più recenti indicano che le pratiche commerciali non stanno ancora cambiando. Non è quello che ci si attenderebbe, se vi fosse stata un’inversione della globalizzazione che è un elemento inerente dell’espansione del capitalismo ed è improbabile che vi si possa rinunciare. Populismo, guerra, pestilenza possono rendere più complicata, difficile e costosa l’economia mondiale, ma questa è solo una metà dell’equazione. Un’economia in espansione offre ampie opportunità ed il processo dello spostamento dei modelli commerciali, le alleanze in merito alla sicurezza e le direzioni politiche la cambieranno rispetto agli ultimi quarant’anni.