rivista20 gennaio-febbraio 2025

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N°67 gennaio-febbraio 2025 -

periodico bimestrale d’Arte e Cultura

ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE

GIORGIO RAMELLA

www.facebook.com/Rivista20

Edito dal Centro Culturale ARIELE


GIORGIO RAMELLA

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE

del Centro Culturale Ariele

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Hanno collaborato: Giovanna Alberta Arancio Monia Frulla Rocco Zani Miele Lodovico Gierut Franco Margari Irene Ramponi Letizia Caiazzo Graziella Valeria Rota Alessandra Primicerio Enzo Briscese Giovanni Cardone Susanna Susy Tartari Cinzia Memola Concetta Leto Claudio Giulianelli

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Rivista20 del Centro Culturale Ariele Presidente: Enzo Briscese Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio tel. 347.99 39 710 mail galleriariele@gmail.com ----------------------------------------------------

In copertina: Giorgio Ramella

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GIORGIO RAMELLA

Giorgio Ramella nasce a Torino il 24 febbraio 1939. Compiuti gli studi classici, frequenta l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino dove segue il corso di pittura di Enrico Paulucci e di tecniche incisorie di Mario Calandri. L’esordio sulla scena artistica torinese è negli anni Sessanta con un’esposizione alla Galleria La Bussola insieme a Ruggeri, Saroni, Soffiantino e Gastini; nella stessa galleria allestisce la prima mostra personale nel maggio del 1964. I lavori iniziali, gli Incidenti, sono caratterizzati da forme e frammenti metallici che compongono strutture drammatiche e allo stesso tempo rigorosamente calibrate. Un’opera di questa serie è acquisita nel 1962 dalla Galleria d’Arte Moderna di Roma, mentre altre vengono esposte in importanti mostre nazionali, come il Premio San Fedele a Milano nel 1961, il Premio Michetti a Francavilla al Mare, il Premio Scipione a Macerata nel 1964 e la Quadriennale Nazionale di Roma. Nel 1965 Ramella ottiene il primo premio di pittura al Premio Nazionale Villa San Giovanni e nell’anno successivo partecipa al Salone Internazionale dei giovani, mostra itinerante alla Galleria d’Arte Moderna di Milano, alla Scuola Grande di San Teodoro a Venezia e alla Promotrice delle Belle Arti di Torino. Durante questa mostra, curata da Guido Ballo, Ramella incontra e frequenta artisti milanesi come Pardi, Colombo, De Filippi, Marzot, Spagnulo, Baratella e altri stranieri quali Arroyo, Aillaud, Schmidt, Ramosa. Nel 1970 è presente all’esposizione “Quelques tendences de la jeune peinture italienne” a Ginevra, Parigi e Bruxelles, curata da Luigi Carluccio. Dopo aver sviluppato

ricerche di impronta più astratta e geometrica, nei primi anni Settanta, l’artista torna alla figurazione partecipando a diverse mostre nazionali e internazionali quali, “6 grabadores italianos” alla Casa del Siglo XV di Segovia; il Premio Ramazzotti al Palazzo Reale di Milano; “Perché ancora la pittura” alla Reggia di Caserta; “Grafica italiana contemporanea” al Museo d’Arte Moderna di Buenos Aires, San Paolo del Brasile e di Toronto; la FIAC al Grand Palais di Parigi; “Il museo sperimentale” al Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli.

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Nel 1985, curata da Paolo Fossati per le Edizioni Fabbri, esce la monografia Un pittore dipinge la pittura, che illustra l’orientamento assunto in quel periodo: attraverso una messa in scena quasi cinematografica Ramella rappresenta con affettuosa ironia la figura del pittore tradizionale ottocentesco en plein air. Nel 1990 a Palazzo Robellini di Acqui Terme la mostra “Due stagioni allo specchio”, curata da Lorenzo Mondo e Francesco Tedeschi, mette a confronto le opere del primo periodo, Incidenti, con quelle realizzate alla fine degli anni Ottanta Lettere e Pavimenti. Nel 1991 partecipa all’esposizione, curata da Enrico Crispolti, “Segni, strutture, immagini” alla Galleria Salamon di Torino. L’esposizione personale del 1993 al Palazzo del Comune di Spoleto, curata da Flaminio Gualdoni, documenta un momento significativo nella tecnica e articolazione del mezzo pittorico nel lavoro di Ramella. Nel 1994 una sua grande Crocifissione, esposta nel Convento di San Bernardino di Ivrea in una mostra presentata da Giovanni Romano, è acquistata dalla Fondazione De Fornaris per la GAM di Torino. La stessa opera è anche esposta a Lione e al Palazzo Ducale di Mantova in occasione della mostra “La croce e il vuoto” curata da Raffaella Morselli. Tra il 1994 e il 2000 l’artista lavora, dopo un viaggio negli Stati Uniti, ai Graffiti che espone alla Maze Art Gallery di Torino e al Castello di Barolo, e alla Galerie Unter Turm

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di Stoccarda e al Musée Départemental de la Préhistoire a Solutré, Mâcon. Nel 2001 alla Galleria La Nuova Gissi di Torino, espone per la prima volta il ciclo dedicato a Vincent Van Gogh, che successivamente porta alla Galerie di Lione e al Centre Le Polaris di Corbas. Nel 2003 la Regione Piemonte dedica a Giorgio Ramella una retrospettiva al Convento dei Cappuccini di Caraglio; nella mostra che copre circa dieci anni di lavoro sono esposte le prime opere in cui l’artista elabora una personale visione del mito orientalista. Nell’estate del 2006 presenta a Roma, nel Complesso del Vittoriano, una trentina di grandi opere in una mostra intitolata “Ramella: dai Graffiti all’Oriente 1994-2006” curata da Enrico Crispolti. In questi anni prosegue il viaggio esotico di Ramella, dall’Oriente si spinge più a Sud verso atmosfere africane per approdare nel settembre del 2009 con la mostra “A Oriente verso Sud” in uno degli spazi espositivi più affascinanti della città: l’ottocentesca fabbrica per la costruzione e manutenzione di locomotive e vagoni ferroviari. Nell’ Officine Grandi Riparazioni di Torino la curatrice Lea Mattarella propone venticinque tele di grandi dimensioni che ben si fondono negli imponenti spazi di questa architettura industriale. Così, quasi come per contrasto, altrettanto distintamente le opere di “A Oriente verso sud” vengono esposte nelle raffinate sale di Palazzo Litta a Milano.


Fanno da sfondo paesaggi africani attraversati da bimotori e ricordano vecchi francobolli le tele di “Fly Zone”; l’esposizione curata da Marco Di Capua a dicembre del 2011 nelle prestigiosa sede di Palazzo Chiablese di Torino. Circa trenta opere di diverso formato si accompagnano a piccoli aereoplani in legno costruiti e dipinti dallo stesso

Ramella in un allestimento che li vede sospesi al soffitto e riflettere le ombre sulle pareti e nei dipinti a olio.

mail. giorgioemilioramella@gmail.com

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PIEMONTE

GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea Via Magenta 31- Torino Dal 15 Ottobre 2024 al 16 Marzo 2025

Curatori:Chiara Bertola, Elena Volpato, Fabio Cafagna

La GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino rinnova l’allestimento delle sue collezioni, arricchite nel tempo anche grazie alla Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris e alla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, con un percorso espositivo che si articola attraverso il primo e il secondo piano dell’edificio. Quest’ultimo finalmente riaperto al pubblico dopo i lavori di ristrutturazione. Il nuovo allestimento, ideato in sintonia con le mostre della programmazione autunnale, si articola in quindici sale. A queste si aggiunge una porzione del secondo piano trasformata in Deposito vivente, un display che, emulando un deposito museale, consente ai visitatori di fruire di un ambiente densamente abitato dalle opere e in continua trasformazione. Il progetto architettonico del Deposito vivente ha previsto il denudamento di alcune pareti per mostrare gli originari muri inclinati dell’edificio concepito da Carlo Bassi e Goffredo Boschetti nel 1959. Riemerge così lo scheletro originale della Galleria e quella sua peculiare qualità architettonica, brutalista, per anni rimasta celata. Nel Deposito vivente trovano spazio, collocati su scaffali, griglie e talvolta nelle loro casse d’imballaggio, dipinti, disegni e sculture che, in più di un caso, non si mostravano

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al pubblico ormai da tempo. A seguire una sala di riposo, inondata dalla luce naturale come nel progetto originario del 1959, accoglie arredi, sculture e dipinti della prima metà del Novecento. Questo ambiente, immaginato come un momento di decantazione, è la premessa a un ordinamento giocato sulle relazioni, risonanze e attrazioni tra opere e nuclei tematici di cronologie anche molto distanti. Ogni sala è il capitolo di un racconto, con la propria narrazione e i propri personaggi. Ad accumunare le storie sono i motivi tratti dalla poetica e dalla pratica delle tre artiste che nel periodo autunnale, con le loro mostre, animeranno gli spazi della GAM: Berthe Morisot e la sua pittura ariosa, intrisa di luce; Mary Heilmann e il suo approccio non ortodosso alla forma e al colore, Maria Morganti e la sua metodica e lenta ricerca sul tono cromatico. Sala dopo sala, le opere sono allestiste a risuonare le une accanto alle altre. Un ambiente, con opere di Gastone Novelli, Achille Perilli, Alberto Burri, Cy Twombly e Franco Vaccari, è dedicato a quelle sperimentazioni segniche degli anni Cinquanta in cui i muri si trasformano in palinsesti di vita vissuta.


MOSTRA DI ENRICO BAJ A MILANO

LOMBARDIA

a Palazzo Reale : 8 ottobre 2024 - 9 febbraio 2025

La mostra dedicata ad Enrico Baj, organizzata nelle sale espositive di Palazzo Reale a Milano, è pensata per omaggiare la produzione dell’artista a cento anni dalla sua nascita, raccontando la sua poetica attraverso numerosi rimandi al mondo letterario, molto caro al pittore.

Quella di Baj è una formazione dualistica, da una parte gli studi di giurisprudenza che gli permettono di diventare un avvocato e dall’alta le lezioni all’Accademia di belle arti di Brera, che alimentano la sua propensione e il suo autentico interesse verso il mondo dell’arte. In aggiunta, un’innata passione per la letteratura, che lo vede cimentarsi nel corso del tempo anche come scrittore, teorico e illustratore di libri, arricchita dal valore dei legami che ha saputo intrattenere con grandi scrittori dell’epoca come André Breton, Marcel Duchamp, Umberto Eco ed altri ancora.

Il percorso espositivo presenta una chiave di lettura inedita: le opere d’arte di uno dei più importanti artisti del secondo dopoguerra presentano il suo universo bizzarro, abitato da figure dalle sembianze mostruose, che viene raccontato attraverso le parole dei grandi scrittori del Novecento, che legarono la proria produzione a quella di un personaggio dalle mille sfaccettature come Baj. La mostra di Enrico Baj a Milano è un’occasione per conoscere da vicino la produzione variegata di un artista poliedrico, frutto di un ampio bagaglio di conoscenze in diversi campi e di un scambio intellettuale sempre attivo. Dove: Milano, Palazzo Reale Quando: 8 ottobre 2024 - 9 febbraio 2025 Orari mostra: lunedì chiuso; martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 10:00 - 19:30; giovedì 10:00 - 22:30

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VENETO

UGO VALERI. Dandy e ribelle

“Dandy e ribelle”, afferma il sottotitolo di questa originale retrospettiva che riunisce circa ottanta opere di un artista che è stato spesso avvicinato a Toulouse-Lautrec per la capacità di dare corpo e anima, con pochi tratti, all’umanità che incrociava nel suo irrequieto peregrinare, nelle serate di stordimento, nel suo mordere un’esistenza sempre sopra le righe. Una vita percorsa tra genio e sregolatezza che, nel 1911, si concluse tragicamente a seguito di una caduta da una finestra di Ca’ Pesaro a Venezia in circostanze mai chiarite. Aveva 37 anni, un’età che lo accomuna a Raffaello, Parmigianino, Watteau, Van Gogh, Toulouse-Lautrec, Tancredi o a Rimbaud, Byron, Mozart… Ugo Valeri, lasciata Piove di Sacco, dove era nato nel 1873, frequenta le Accademie di Venezia e poi di Bologna, diventando presto un artista di successo. Già nel 1898 vince il Premio Francia e nel nuovo secolo è protagonista, nel 1906, dell’Esposizione Internazionale del Sempione. Nel 1907 è alla Biennale di Venezia, nel 1909 e nuovamente nel 1910 Ca’ Pesaro gli riserva due personali. Con Arturo Martini, Gino Rossi, Felice Casorati, sotto l’ala di Nino Barbantini, rappresenta il nuovo che sta imponendosi in Laguna. Dipinge con passione, in scioltezza, in presa diretta, esattamente così come vive la bohème del tempo, a Venezia, a Bologna e a Milano. Dipinge, o meglio disegna, ciò che via via lo colpisce, appunta la frenesia di un demi-monde popolato di ballerine, belle ragazze, dandy, incontri, gente, movimento. Con la crudezza caricaturale di chi quelle situazioni non solo le vede ma le vive ogni giorno. “D’altronde – annota – io stesso che sono una caricatura nell’aspetto e nello spiri-

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to, non potrei definire la caricatura come la più sincera espressione del vero?” Elegante e raffinato è anche un illustratore molto ricercato, importante il sodalizio con Filippo Tommaso Marinetti e con Umberto Notari, come la collaborazione con le migliori riviste dell’epoca: “Italia ride”, “L’Illustrazione italiana”, “Poesia”, “Secolo XX”, “La Lettura”. Valeri è interprete di un mondo artistico che cambia, si sente libero di esprimersi senza timore del confronto con il passato, di seguire il proprio istinto di uomo curioso, di artista che guarda il mondo in modo nuovo. Nel 1909 quando espone a Ca’ Pesaro a Venezia le sue opere distribuite su tre sale, mescola generi e soggetti, così facendo propone una nuova prospettiva verso l’arte contemporanea in contrapposizione con le scelte ritenute “paludate” della Biennale di Venezia, e dà avvio alla stagione della cosiddetta “Secessione Capesarina”, tanto che Arturo Martini alla sua morte scrive: “Ugo fu per noi la tromba del nuovo mattino”. Il suo sguardo libero fu la sua eredità lasciata agli artisti dell’epoca. Un artista che, anche grazie ai numerosi prestiti da collezioni private, verrà restituito all’attenzione del pubblico in tutta la sua straordinaria complessità. Dal 23 Novembre 2024 al 23 Marzo 2025 Piove di Sacco | Palazzo Pinato Valeri - Via Garibaldi 54 Padova Orari: mercoledì: 9.30 – 12.30 giovedì, venerdì: 16.00 – 18.00 sabato: 9.30 – 12.30 / 16.00 – 18.00 domenica: 10.00 – 12.00 / 16.00 – 18.00 Curatori: Federica Luser con Trart


TOSCANA

Il Novecento di Catarsini. Dalla macchia alla macchina

12/12/2024 - 23/01/2025 - Firenze A due anni dalla mostra dedicata agli Autoritratti dell’Artista, allestita nella sede dell’Accademia delle Arti del disegno, la pittura di Alfredo Catarsini è di nuovo protagonista a Firenze per l’intero periodo delle feste natalizie e di fine anno.Corsi di arte online Promossa dalla Fondazione Alfredo Catarsini 1899 ETS, fino al 23 gennaio si può ammirare l’esposizione temporanea “Il Novecento di Catarsini. Dalla macchia alla macchina”, ovvero la selezione di una trentina di opere, fra dipinti e disegni, accuratamente scelte all’interno del vasto corpus pittorico dell’artista. Nell’esposizione si coprono ben sei decenni della sua attività - tra il 1930 e il 1987 – ovvero un periodo denso di avvenimenti storici e di grandi trasformazioni, offrendo a tutti l’occasione di restituire un quadro completo e omogeneo della sua pittura che ha rappresentato un esempio di originalità e si è caratterizzata sia per la qualità figurativa, sia per la densità espressiva che gli sono state più volte riconosciute. La sede espositiva prescelta per questa nuova mostra di Catarsini a Firenze è costituita da alcuni spazi di Palazzo Lavison – progettato dell’architetto Giovanni Carlo Landi nel 1871– che oggi ospita gli uffici regionali dei consulenti finanziari e wealth manager di Azimut, in Piazza della Signoria. La sede di Firenze, particolarmente suggestiva, offrirà l’opportunità di visitare la mostra allestita in alcuni ambienti dello storico edificio, dalle cui finestre si può ammi-

rare un’inconsueta vista su Piazza della Signoria. «La mostra che qui proponiamo – dice Elena Martinelli, Presidente della Fondazione Catarsini 1899 ETS – ha ottenuto grande successo di pubblico e di critica nella recente esposizione al Vittoriale degli italiani di Gardone Riviera e adesso si propone per la prima volta nella sua forma itinerante, nella prestigiosa sede fiorentina di Azimut, con una selezione di opere, a cura della Fondazione stessa, che guida alla comprensione del percorso di ricerca artistica di Catarsini. Per l’occasione siamo particolarmente felici di proporre anche due appuntamenti di approfondimento sull’arte di Catarsini, il 13 novembre in occasione del vernissage, con Cristina Acidini (Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze) e il 21 gennaio, dal titolo “Catarsini, il Novecento e il Catarsismo” con Stefano Casciu (Direttore regionale Musei nazionali della Toscana), Rodolfo Bona (storico dell’arte) e Sandro Gorra (creativo nel mondo dell’advertising e scultore). A questi due, se ne aggiungerà un terzo, il 12 dicembre, dal titolo “Arte accessibile per tutti. Il progetto della Fondazione Alfredo Catarsini 1899”, che rientra nel programma della Fondazione Cambiamo il punto di vista! e che coinvolgerà, oltre la soprascritta, Alberto Zanobini (Responsabile inclusione accessibilità Regione Toscana) e Anna Soffici (Funzionaria Storica dell’Arte del Ministero della Cultura); per l’occasione sarà allestito un originale Laboratorio Esperienziale per la reinterpetazione dell’immagine»

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EMILIA ROMAGNA

Galleria Sant’Andrea

Strada Giordano Cavestro, 6 Parma L’ U.C.A.I. Unione Cattolica Artisti Italiani nasce nel 1945 a Roma quando, dopo che alcune categorie appartenenti al Movimento Laureati di Azione Cattolica decisero di dare vita ad unioni professionali, la pianista Agnese Mortali promosse la costituzione di un gruppo di artisti romani, quale prima sezione nazionale. La fondazione fu celebrata con una Messa Ufficiale il 16 dicembre 1945 nella Basilica di S. Maria da Mons. Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI. Dopo quella celebrazione altri artisti di chiara fama si unirono al gruppo romano e con l’adesione di altre città si organizzò nel 1947 il primo Convegno di Studi dando l’avvio ad una formazione nazionale dell’U.C.A.I. La sezione di Parma è stata costituita nella primavera del 1959 e qualche mese dopo il Vescovo Mons. Evasio Colli concesse la sede all’interno della ex Chiesa S. Andrea, caduta in disuso dal 1938. L’Associazione è stata costituita principalmente da artisti figurativi, pittori e scultori, alcuni dei quali molto importanti per la storia artistica di Parma ed anche docenti all’ Accademia d’arte Toschi. Al suo interno sono stati accolti estimatori d’arte ed esponenti provenienti dal mondo della musica, della fotografia, della critica, della letteratura, anche giovanile. Obiettivo: che la Galleria possa riformarsi come polo culturale di riferimento per la propria città e in sinergia con questa.

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L’UCAI infatti, seguendo le linee guida del proprio statuto, intende: - curare i rapporti con quanti, nel mondo delle arti, pur muovendo da differenti posizioni culturali e religiose, perseguono la promozione della persona umana; - collaborare con enti pubblici e privati per la realizzazione di manifestazioni artistiche e culturali come mostre, concerti, manifestazioni letterarie; - promuovere la tutela del Patrimonio artistico. La chiesa di S. Andrea è una delle più antiche di Parma. Presente nei documenti a partire dalla seconda metà del XII secolo ma ricostruita quasi interamente dal prevosto Beato Martino nel 1260 (testimoniata da una iscrizione in esametri, realizzata su di un concio lapideo di cm 41 X 71, conservata all’interno della chiesa, murata nella fianco orientale della parete divisoria tra la seconda e la terza cappella di sinistra), la chiesa rimane un piccolo gioiello romanico in alcune delle strutture esterne di fondazione, in particolare le parti di muratura che nella parte inferiore sono caratterizzate da una serie di filari di conci lapidei ben squadrati, al di sopra della quale a un singolo filare di conci si alternano tra due e quattro corsi di mattoni. La chiesa di Sant’Andrea, abbandonata la funzione rituale e religiosa è ufficialmente dal 20 dicembre 1959, data della prima mostra, uno spazio espositivo che permette interazione artistica, accogliendo mostre ed eventi culturali.


GAETANO BARBONE

Maestro d’arte in decorazione pittorica presso L’istituto d’arte Paolo Toschi è nato nel 1940 a Parma, dove vive e lavora. Con un passato d’impegno politico e sociale, dal 2000 si è dedicato alla pittura, passione che ha sempre coltivato, già durante il Liceo Classico, dove ha conseguito la maturità nel 1958. In seguito alcuni ceramisti di talento, gli hanno fatto scoprire l’antica tecnica Raku che è entrata nelle sue ultime opere scultoree. Lo studio del materiale è per Lui continuo. Ha frequentato diversi seminari di approfondimento delle varie tecniche ceramiche

con guida di maestri famosi, soprattutto inglesi e un corso professionale di lunga durata sulla lavorazione artistica del ferro. Ha partecipato a molte, anche prestigiose, mostre collettive e personali, sia come pittore, sia come scultore.

mail. g.barbone40@gmail.com cell. 3292166158

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FILIPPO GIAROLI

La passione per l’arte mi accompagna da moltissimi anni, prima come collezionista e poi come artista.Negli anni ho maturato una forte curiosità per l’arte non figurativa come veicolo per generare o risvelare emozioni e risvegli interiori. Attraverso questa curiosità ho iniziato un mio progetto introspettivo che possa cercare, attraverso la metafora dei caratteri da stampa, di descrivere l’essere umano e l’umanità nel suo complesso, cercando di riscoprire connessioni ed eredità che vengono dal nostro lontano passato.Quello che cerco di fare con il mio progetto è seminare germi di un cambiamento profondo che ci riporti alle nostre vere radici come individui e come umanità. Per me l’arte è una strada, una strada per entrare dentro di noi ed aiutarci a trovare il nostro significato. Il mio progetto prende ispirazione dall’invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg e vuole fotografare il momento in cui lo stampatore ha finito il suo lavoro e ripone alla rinfusa i caratteri in un cassetto. In un istante ciò che aveva significato, lo perde. Ma è proprio questo quello che vediamo? Oppure ci troviamo di fronte ad una finestra introspettiva che ci guarda dentro e ci mostra le nostre possibilità e i caratteri su cui possiamo ricostruire il nostro messaggio, la nostra vocazione originaria, il nostro vero nome, la ragione del nostro essere.

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Ma è solo questo che vediamo oppure il quadro ci mostra un tassello dell’umanità nella sua inequivocabile eguaglianza ma anche unica diversità al fine di richiamarci ad una missione comune, un destino unico, come umanità interna, verso la realizzazione di un messaggio armonico che dia significato ad ognuno di noi e a tutta l’umanità come entità in cammino verso un fine comune. Il quadro ci spinge verso l’estrema possibilità di dare forma autentica alla nostra vita e da qui migliorare il mondo. Come moderni alchimisti che coltivano il sogno di trasformare il piombo in oro, il quadro ci trasmette la tensione verso un cambiamento possibile: noi abbiamo la possibilità di trasmutare l’umano in divino.

mail: filippogiaroli@gmail.com cell. 333.806 4224


GENTILIA CONTI

Nata il 30 gennaio 1955 a Parma. I miei disegni sono soprattutto ad acquerello, china e carboncino. Sono immediati e impulsivi. Da qualche anno mi diverto a sperimentare una tecnica definita Hirameki. “Hai presente quando da bambini ci si soffermava ad osservare le nuvole? Giocavamo con la nostra fantasia che creava forme di animali, di persone, ecc.”. L’arte Hirameki ti permette di vedere con gli occhi della fantasia e di attribuire forme a ciò che è informe come ad esempio trasformare una macchia di colore o di inchiostro in qualcos’altro: un animale, un fiore, una persona. L’arte Hirameki è un’arte straordinaria perché permette alla creatività di essere libera da ogni nostro schema mentale. Ci dona l’opportunità di lasciarci fluire. Per me non hanno importanza i particolari di un corpo, di un viso, se uomo, donna, bambino o animale ma è il sentimento che hanno (nel movimento, nelle intenzioni, nelle azioni, nelle espressioni). Ecco i miei disegni partono da qui. Un altro modo di viaggiare... con la fantasia... è la libertà totale!!! Gentilia

mail: contigentilia@gmail.com cell. 334. 249 0334

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GIGLIOLA BELLI

UNA POETICA DELL’ISTANTE L’ insieme delle opere dell’autrice Gigliola Belli offre la codifica di una tendenza realistico-impressionista nella sua pittura poiché c’è la narrazione di un istante ma non è occasione di partecipazione ad un dramma umano (come nel realismo di Courbet o di Antonio Rotta), è invece espressione di una volontà di ricerca di positività, bellezza e pace in cui coinvolgere anche l’osservatore (come per Monet o Degas). Lei opera una sintesi tra queste due tendenze pittoriche dell’ Ottocento europeo, sia per tecnica che per tematiche, poiché coglie l’impressione dal vero di un paesaggio, di un interno, di un oggetto, di una posa, di un abito, e la traduce in una romantica e nostalgica evasione verso una “dolce vita” che attraversa l’impressionismo francese ottocentesco e la Belle époque e giunge a quella italiana del boom economico degli anni ‘50/’60 con un omaggio all’ alta moda. La pittrice si cala nella natura per evidenziarne gli aspetti positivi e gradevoli, mostrando una sensibilità ottica fedele alla realtà con un’aurea però a tratti malinconica. Ciò è visibile soprattutto nei suoi paesaggi caratterizzati da spazi ampi e aperti, vedute a volo d’uccello, dai colori caldi e luci cristalline con chiaroscuri quasi metafisici. Sono luoghi di silenzio immersi in una natura verosimile e descrittiva ma con una atmosfera spirituale rasserenante, in cui i punti di luce attirano lo sguardo lontano, in una totale immersione nel quadro. Uno dei punti di forza sono gli specchi d’acqua in cui ha saputo esaltare i giochi di rifrazione resi con abile pazienza e meticolosa attenzione

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tecnica. Ed in questo procedimento segue proprio la tendenza degli impressionisti a dipingere preferibilmente vicino agli specchi d’acqua per trovare il particolare gioco di riflessi di luci che li ha distinti. Essi si sono basati essenzialmente su luce e colore, mentre tutta l’arte occidentale precedente ha fatto perno su forme e spazio.

mail.: gigliola@moraclaudio.it tel.333.908 1705


ELENA SIMAKOVA

Nelle sue opere celebra il bello, il gioioso, la libertà della mente e la serenità dell’animo, con soggetti floreali e femminili che fungono da pretesto per una reinterpretazione fantastica della realtà, che soddisfi la sua inclinazione nel trovare la bellezza nella semplicità. E’ fortemente convinta che le donne somiglino molto ai fiori poichè sono entrambe creature semplici ma dalle mille sfumature, delicate, da rispettare e proteggere, ma che in cambio sanno regalare tutto di sè, schiudendosi senza riserve nella loro massima forma di bellezza. (Annalisa Cassisi) fiorire mostra personale di elena simakova https://www.parmatoday.it/eventi/fiorire-mostra-personale-di-elena-simakova-elena-simakova-11822744.html © ParmaToday Elena Simakova, artista di recente affermazione a Parma, esporrà in Galleria Sant’Andrea dal 26 Ottobre al 7 Novembre, in occasione della sua prima Mostra Personale. Nelle sue opere celebra il bello, il gioioso, la libertà della mente e la serenità dell’animo, con soggetti floreali e femminili che fungono da pretesto per una reinterpretazione fantastica della realtà, che soddisfi la sua inclinazione nel trovare la bellezza nella semplicità. E’ fortemente convinta che le donne somiglino molto ai fiori poichè sono entrambe creature semplici ma dalle mille sfumature, delicate, da rispettare e proteggere, ma che

in cambio sanno regalare tutto di sè, schiudendosi senza riserve nella loro massima forma di bellezza. (Annalisa Cassisi)

mail.:simakovaelena87@gmail.com tel. 328.87 79 808

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LALLA LUCIANO

“ Una inventrice di forme “ Così si esprime Vittorio Sgarbi parlando di Lalla luciano È varia e con diversi motivi di ispirazione la pittura di Lalla Luciano, artista che vive da tempo a Parma ma ancora profondamente legata alla natìa Sardegna. Una varietà che non impedisce comunque a Lalla Luciano di praticare un ‘arte del tutto unitaria, sorretta da una visione formale ed espressiva che non cambia con il cambiare dei soggetti e dei temi. Se dovessimo circoscrivere una matrice stilistica attorno alla quale è maturata questa visione, non c’è dubbio che dovremmo indicare l’Espressionismo. Ma espressionismo è termine troppo vago per farci capire nel concreto cosa sia la pittura della Luciano. Esiste un Espressionismo orfico , per esempio , quello in cui si sono inseriti i furori nordici di un kirchner o di Von Dongen , ma la vocazione espressionista di Lalla Luciano va riallacciata storicamente in un momento e in un atteggiamento successivo rispetto a quello “ selvaggio“ di artisti come appunto Kirchner e Van Dongen ; siamo , cioè , dentro un ambito in cui l’Espressionismo

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della prima generazione si libera delle sue istanze originarie per diventare una methodus ,un linguaggio coloristico di comune impiego internazionale che per lungo tempo sinonimo di un modernismo lontano dalle sperimentazioni delle Avanguardie , ma che vuole comunque prendere le distanze dalla vecchia accademia . Questo Espressionismo come methodus ha trovato nell’Ecole de Paris a partire dagli anni Venti del Novecento, il cui massimo centro di diffusione; attraverso i suoi, diretti e indiretti, è giunto anche in Italia trovando applicazioni diverse e qualche volta persino contrastanti (i Sei di Torino, la Scuola Romana, Strapaese, “Corrente, Guttuso, ecc.), ma diventando in ogni caso il filone più rappresentativo della pittura nazionale. Esiste dunque una radice storica, saldamente legata alla migliore arte italiana del Novecento, a cui la pittura di Lalla Luciano fa riferimento. Tel.: +39 340 50 60 952 Mail: giancarlaluciano40@gmail.com


MAURO MAFFINA

Nato a Brescia nel 1960, inizia a fotografare a 14 anni per poi fondare insieme ad Ennio Rassiotti “Photogroup service Brescia” laboratorio professionale di stampa. Dopo anni di esperienza in camera oscura sviluppando la ricerca fotografica, passa dietro l’obiettivo e lavora per redazioni importanti come CondèNast, Rizzoli, Mondadori e Rusconi. Si ripropone al VirartWINTERprizeEXHIBITION 2016 Prizecalls, UnitedStates, New York City, nel febbraio 2017 dove ancora una volta viene segnalato tra i migliori artisti. Contestualmente pubblica sul catalogo LECTURES VIRART GALLERY 2016 della galleria di New York il 20 Febbraio 2017. Partecipa nel contesto Human Rights il 23 Marzo 2017 presso la Fondazione Opera CAMPANA DEI CADUTI di Rovereto all’evento “H2O” for PEACE. Negli STATI UNITI il 25 Maggio 2017, sempre a NEW YORK CITY, presenta due spezzati di vita “è musica in Pilotta” e “La Steccata all’imbrunire” presi dalla raccolta “ Vengo a Parma per Nascondermi” dove ancora una volta viene selezionato al “New Prizecontinuos innovation”. Alle FIERE in SVIZZERA, BASEL-STADT, presso BASEL il 02 GIUGNO 2017THE ARTBOXPROJECT.BASEL.1.0 sullo schermo Maurino in esposizione con l’opera “ alba in elasticoacromia”. Con l’opera “scontro di due branchi d’alici in piazza” si propone sempre alle FIERE- STATI UNITI di NEW YORK CITY il 28 Marzo 2018. Vincitore di CALL for CHELSEA 2018. NOTA: a tutt’oggi è possibile visualizzare le opere di

Mauro Maffina con il nome di “Maurinomangiapanino” dal 2009 cliccando il link: Link: http://www.premioceleste.it/ (Concorso per la promozione dell’arte contemporanea in Italia. Home Premio Celeste.)

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mail.: maurinomaffina@libero.it Cell. 392.392 2350

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PATRIZIA MESOLELLA

Sono Patrizia Mesolella, l’arte mi definisce più di ogni altra espressione. Mi scopro continuamente in essa ed in essa comunico quello che vivo. Utilizzo varie tecniche ma l’olio su tela riesce meglio di altre a dare voce alla mia parte più istintiva e intima. Con essa la luce rivela e cela profondità inesplorate. Espongo le mie opere con il brivido di scorgere in chi guarda un sentimento imprevisto; per suscitare quello stupore di bambino che nell’adulto diventa commozione. Per destare con i miei dipinti, anche solo per un istante, quell’affondo nella memoria che diventa poesia di felicità, semplice come un sorriso spontaneo per una bellezza inattesa. La bellezza non ha bisogno di esperti. Basta guardare e ascoltare. La poesia è dentro ognuno di noi. L’arte serve a leggerla e scriverla ogni volta nuova e in ogni sguardo si possono cogliere parole impensate anche per chi le scrive. mail.: mail. p.mesolella@gmail.com www.patriziamesolella.it tel. 340.194 7519

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SABRINA MARELLI

In questo spazio, parliamo di Sabrina Marelli, pittrice di origini milanesi che, a colpi di tela e di colore, sta affacciandosi sul panorama artistico parmense. L’esordio nel 2022, quando si presenta sui social media con lo pseudonimo di Les Fleurs de Bisous, che fa l’occhiolino alle sue composizioni oniriche a tema floreale. In questo stadio primordiale, le tinte sono vivide, intense, un potente strumento per esprimere la sua personalità. Le prime soddisfazioni arrivano con le mostre mercato, quando i suoi estimatori iniziano ad appendere le sue opere tra le pareti domestiche. Nonostante il consenso di pubblico, ben presto, lo pseudonimo e quanto rappresenta incominciano a starle stretti e, come da un vaso traboccante, defluiscono nuove idee e nuove aspirazioni. Intraprende così un lavoro intenso, orientato alla ricerca di uno stile capace di toccare le corde più profonde di chi guarda. Affascinata dalle opere di William Turner, si abbandona alle atmosfere crepuscolari, che concretizza in esterni dove è la luce che plasma la realtà, il colore, come risultato dell’interazione tra luce e oscurità. In questa fase, muove i primi passi tra mostre ed esposizioni, dove raccoglie ulteriori consensi da parte di colleghi e critici, dai quali trae nuovo slancio verso la sperimentazione. Alla ricerca di ambienti e situazioni che le siano di ispirazione, nella periferia della sua amata Milano, si imbatte in un urbex, la cui decadenza architettonica ed il profondo senso di abbandono e disagio la scuotono emotivamente. Lo dipinge, ed è l’inizio della sua prepotente attrazione verso gli interni, gli edifici, le costruzioni e gli arredi.

Le sue opere si riempiono di vertiginose scale a strapiombo e di audaci prospettive, che la pittrice popola di figure in controluce, intriganti e, nel contempo, ossessionanti. A questo punto non ci resta che domandarci: “Quali saranno gli sviluppi di una creatività così dinamica ed audace? Quali saranno i nuovi orizzonti di una sensibilità così vivace e multiforme?” La risposta sta tutta nel futuro.

mail sabrymarelli@libero.it tel. 347.522 9555

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STEFANIA POPOLI

“Artista dal linguaggio colto e raffinato con un’impronta stilistica ben riconoscibile, condensa nelle sue opere varie conoscenze che scaturiscono dalle proprie passioni e dalla formazione in ambito storico-artistico. Dal mito greco che esercita su di lei un’inesauribile fonte di ispirazione, Popoli rievoca opere dell’arte classica, sculture antiche o moderne, nonché scenari della pittura rinascimentale e metafisica, riuscendo a creare immagini armoniose e avvolgenti che palesano un’unicità e una suggestione visiva senza eguali. Tinte vivide e luminose o altre volte a contrasto con il fondo scuro accolgono l’osservatore, predisponendolo all’ascolto ed immergendolo al contempo in una ambientazione misteriosa, complessa e carica di simbologie da rintracciare all’interno della composizione. L’interiorità della donna è sicuramente centrale nella ricerca pittorica di Popoli che per mezzo di figure femminili dalle fattezze statuarie, tratta varie tematiche: dall’amore alla sensualità, dalla purezza alla seduzione, toccando ovviamente quello della maternità. Proprio a quest’ultimo tema si connette l’opera “Cerere, Madre che nutre – fonte di vita”, che come preannuncia il titolo fa riferimento alla divinità romana della terra e della fertilità. Una rappresentazione unica dell’energia materna. Ritroviamo, come in altre opere, la figura di donna-statua che nonostante le proprie sembianze si muove con la morbidezza di un essere vivo e il parapetto che funge da linea di confine tra due mondi, l’uno simboleggiato dalla spiaggia in basso, l’altro, più vicino all’osservatore, dove si svolge la scena raffigurata. Nonostante i segni dell’abbondanza della terra, rigogliosi all’interno del vaso sul parapetto, si avverte però una precarietà incombente, evidenziata dalle numerose crepe che

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dalla base del parapetto si diffondono a tutto il pavimento, facendo intendere che in un attimo tutto potrebbe precipitare. Quella stessa terra che si aprì sotto ai piedi di Proserpina, unica figlia di Cerere, trascinandola nel mondo dei morti e provocando l’ira della dea che inaridì così la terra, rendendo l’Umanità sofferente. Una riflessione poetica, dunque, sulla transitorietà del nostro tempo e sulla fragilità dell’essere umano che si lega profondamente al tema dell’evento “Humanity” ”. Francesca Callipari Critico d’arte e curatore mostre Mostra collettiva Humanity Museo Bellini di Firenze 2024 Stefania Popoli è nata a Parma, dove ha conseguito la Maturità Artistica in Decorazione Pittorica. Successivamente si è laureata in Storia dell’arte. Ha partecipato a innumerevoli manifestazioni artistiche e ha esposto con Collettive e Personali in Francia e in Italia,, Personale Galleria Sant’Andrea di Parma 2022, GalleriaSpazio Tolomeo, Milano 2023, Castel Gandolfo (RM) 2023, L’Aquila 2023, Genova 2023, Parigi,Carrouseldu Louvre 2023, Palazzo Ruspoli, Nemi (RM) 2023, Arte Padova 2023, Ancona 2024, Personale Galleria James Castellidi Albano Laziale (RM)2024, Museo Bellini di Firenze 2024, Personale Villa Bertelli (LU)2024, Roma Galleria La Pigna luglio 2024, Venezia collaterale alla Biennale1-30 agosto 2024, Bipersonale alla Galleria Sant’Andrea di Parma 28 settembre-10 ottobre 2024, Fiera ArtePadova 15-18 novembre 2024,

mail.: popolistefania23@gmail.com tel. 330.74 9124


VALESI MARIA ROBERTA

Nasco a Parma nel novembre del 1953, e fin da piccola amavo disegnare. L’arte pittorica è sempre stata una passione che ho coltivato negli anni da autodidatta. La mia curiosità artistica, mi porta ad una mostra di icone dal titolo “Icona oggi”tenutasi a Parma nel 2003. Le opere esposte erano realizzate da artisti toscani, che proponevano anche un corso, sulla base della tecnica più antica in uso nei monasteri cristiano-ortodossi. Un corso che era stato approntato meticolosamente da un’equipe di valenti ed appassionati artisti toscani appunto, che sulla base di un testo molto antico sull’arte dell’icona, hanno strutturato un metodo di facile esecuzione, adatto anche a chi non ha particolari doti artistiche. Imparai così a dipingere icone, arte che mi appassionò a tal punto, che mi fu proposto l’insegnamento. È ormai da più di vent’anni che “trasmetto” la più antica e fedele tecnica dell’icona con corsi teorico-pratici.La didattica è importante, perché permette di conoscere tutte le peculiarità di un’arte poco conosciutache per millenni ha nutrito la fede di milioni di persone. Tante sono state le mie esperienze espositive, e lo scopo era quello di far conoscere ed apprezzare quest’arte,che nasceva intorno al V/VI secolo, per trasmettere visiva-

mente il mistero dell’incarnazione divina. Osservando una icona viene spontaneo pensare che sia stata dipinta da pittori poco esperti, sostanzialmente un’arte poco apprezzabile secondo i canoni estetici della “bellezza”. Eppure, nel passato vi fu addirittura una guerra che durò più di cento anni e che vide il martirio dei monaci-artisti, e la distruzione delle loro opere. Forse qualcosa di unico e speciale doveva esserci dietro quest’arte sacrae quanto in essa fu rappresentato era una intima esperienza del monaco-artista tradotta in immagine, “immagine dell’invisibile”, di cui l’icona ne attesta la presenza. E’ quindi da ritenersi il luogo della manifestazione della luce divina, quella luce vissuta intimamente dall’artista e “trasmessa” sulla tavola dipinta. Luce che si ravvisa anche dall’oro che in queste opere è sempre presente sia come sfondo che, come sottili raggi che illuminano abiti, ali, edifici ecc.

mail.: mariaroberta.valesi@gmail.com tel. 347.25 13 586

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PATRICIA SOLARI

La tenacia di Patricia Solari pittrice è un particolare da niente che cambia le cose,contraendo una voglia infantile mai rassegnata. Insieme alla faccia ‘ruota verso’ la mano: ordinano insieme i discorsi, provando il gioco di una ripetizione. Il silenzio si impone come comprimario. Gli elementi ricorrenti del mondo visivo di un artista invadono la scena, percorrono le pagine, tentano di immobilizzare i personaggi o gli oggetti nella fissità di una stasi, ma in realtà germoglia lo spettacolo di un incessante cambiamento. Qui non si tratta di rendere il visibile, si tratta di rendere visibile, cioè di portare alla luce ciò che è nascosto. In questo momento di erranza stilistica, di peregrinazione che per altro fatalmente finisce in un centro o che da un centro parte per un giro che improvvisamente si ferma e si conclude quasi per smarrimento di radice: questo, inevitabilmente, è un atteggiamento che ripropone l’idea di desiderio di un centro. Ma è lasciando sedimentare una natura prosciugata - la terracotta appunto - che Patricia Solari perviene alla scultura, il librarsi nell’aria di un’icona perfetta del suo mondo espressivo e della sua femminilità, catturandone l’anima segreta che ciascuna opera segna attraverso il suo modo di essere fisico, di farsi oggetto, di rimarcarne i contorni, suggerendone la trasparenza d’alabastro: il suo modo di porsi a noi. Ecco perché questa ricerca è una ricerca di confine, una ricerca che si pone su più domini, perché coinvolge dentro di sé non soltanto la capacità di lettura che è quella dello sguardo, ma involge la necessità di mobilitare tutti i nostri sensi, un senso addirittura tattile e un senso di ascol-

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to. Ci sono artisti che ancora puntano il compasso in una zona dove la vita ha un senso inattingibile. Franco Pesci

mail : patriciasolari@gmail.com cell. 3395417486


GIACOMO SOFFIANTINO

Nello studio di Giacomo Soffiantino. I suoi lavori recenti come sempre una sorpresa. Mi trovo di fronte a una complessità non ostentata; grande pittura che, contro ogni concessione formalistica, nasce da idee e da emozioni, da intensa e sofferta partecipazione agli eventi del mondo. “Il mistero della vita deve entrare nella pittura”, mi dice Giacomo ed è professione di modestia. La pittura non tenta spiegazioni; del mistero dà soltanto incerti indizi per simboli. I simboli nei dipinti di Giacomo inevitabilmente riguardano la natura e l’uomo che intrecciano le loro vicende. La natura: boschi (l’intrico degli itinerari di vita) , sorgenti (nascita della vita dal profondo e il suo scorrere), conchiglie (altro simbolo del nascere), frammenti (in ogni cosa ci sono il tutto e il nulla, il passato e il presente), aperture di cielo (quel poco che l’uomo riesce a vedere nel mistero), distese marine (l’orizzonte che mai si raggiunge), luce (che è anche calore come condizione di esistenza delle cose). La luce non ha una fonte esterna d’irradiazione; nasce lentamente da profondità e si espande sulle cose. La luce è presenza indiretta dell’uomo come gli alberi. “L’albero come l’uomo che si trasforma nel

tempo, è il ciclo della vita” , mi dice Giacomo. È il tempo che ha come simboli anche teschi, bucrani, fossili, su vie che non si sa dove conducano. Rovine, collage di frammenti di vecchi manoscritti. Nelle opere l’uomo e le sue vicende sono presenti senza comparire come immagini. Il bosco è folla di uomini.

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SILVANA GATTI Orizzonti evocativi e avveniristici A cura di Claudio Roghi Dal 10 gennaio al 16 febbraio 2025

CASA DEL CONTE VERDE Via Fratelli Piol 8 – Rivoli (TO)

Inaugurazione 10 gennaio 2025 ore 18 con il sax di Felix Nascimento Orari: da mercoledi a venerdì 16 – 19 sabato e domenica 10 – 13 / 16 – 19 lunedì e martedi chiuso

Con il patrocinio di

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SILVANA GATTI

Silvana Gatti, pittrice figurativa e simbolista, espone da trent’anni in Italia e all’estero. La sua pittura spazia da paesaggi agresti e marini a opere che toccano i temi scottanti del contemporaneo. Nella sua mostra antologica, alla Casa del Conte Verde di Rivoli, a cura di Claudio Roghi, dal 10 gennaio al 16 febbraio 2025 sono esposti dipinti che segnano le varie fasi del suo percorso artistico. Ai campi di papaveri e girasoli sono affiancati i quadri che parlano dell’intelligenza artificiale, degli ufo, dell’eterno contrasto tra il bene e il male sino al suo ico-

nico bimbo in provetta che allude alla clonazione umana. Una sua opera, scelta dal Prof. Giammarco Puntelli, parteciperà dal primo marzo 2025 alla rassegna Cari Maestri presso la Villa Filippini a Besana di Brianza, in onore di Aligi Sassu. Sito - http://digilander.libero.it/Silvana Gatti mail - silvanamac@libero.it cell. 338.64 03 477

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MICHELE ROCCOTELLI

Ha cominciato negli anni ’70 con la ritrattistica, dove la sua capacità di figurazione si è rivelata subito splendida: una sanguigna, un nudo di donna a metà, tagliato da una superficie piana, un nudo di madre...ecco la prima originalità dissonante. Quando mai gli artisti hanno dipinto una donna anziana, una madre, con le sole poppe nude, anche se pendule e sformate? Ecco che la nudità femminile acquista un altro (il vero) significato femmineo: quelle poppe ci hanno nutrito nei primi tempi della nostra vita, quindi sono l’essenza e il simbolo della maternità e della vita. Ma esporle crea qualche imbarazzo alla madre. Allora la sua espressione si fa severa, il volto si tinge di rosso, lo sguardo si nasconde dietro un occhiale. E’ il pudore delle donne del Sud di una volta, che si coprivano totalmente di nero. Com’è in un secondo, più tradizionale ritratto della madre. Ma proprio in questi ritratti apparentemente banali, l’artista ancora una volta ha colto nel segno: non il corpo, non le forme ha messo sulla tela, ma i sentimenti, gli stati d’animo di chi è rappresentato e di chi guarda. Da questi due punti, l’esaltazione della vita e il dialogo col fruitore dell’opera, prende le mosse Roccotelli per volare alto, nella sua carriera fatta di umili apprendimenti e di grandi riconoscimenti. Scuole, accademie, mostre, confronti, lezioni-spettacolo con fuochi d’artificio gestuali e pittorici, hanno fatto di lui e della sua arte uno dei maggiori pittori pugliesi conosciuti e riconosciuti in tutt’Italia e anche all’estero (basti vedere l’elenco lunghissimo dei luoghi in cui ha esposto le sue opere). Molti hanno scritto di lui (e anche qui basta vederne l’elenco); molti e molto blasonati nel regno della critica d’arte. Tutti ne hanno apprezzato qualche aspetto del suo multiforme ingegno, che si materializza con pennelli e spatole, colori e manualità, idee e materia.

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Di quegli aspetti qui cercheremo di evidenziarne solo qualcuno. Innanzitutto la sua evoluzione che procede pian piano dalla figura realistica alla figura geometrica, quando escono dal suo pennello quadri-finestre alla Mondrian, dove le superfici si intersecano e si sovrappongono con diverse visioni, ora di natura morta (un finocchio, un’aringa, delle uova,) ora di paesaggio straniato (un bosco, un’edera, delle spighe con un volto contadino) fino ad arrivare all’inquietante “testa d’agnello sul retro della tela” che dall’umile “capuzzell” delle mense contadine e pastorali, diventa un lacerto sanguinolento e terrificante alla Francis Bacon. Poi Roccotelli attraversa il cubismo e l’espressionismo, per approdare a un astrattismo tutto suo, in cui il colore domina sulla forma, la pennellata violenta sull’esito tenerissimo, le esplosioni di energia sulla tranquillità di orizzonti marini, il grido del poeta sul silenzio della natura incontaminata. Fasci di erbe, tronchi spezzati e incrociati, schizzi di onde, petali sgocciolati, linee imperiose e curve armoniose: questa è la sua grammatica pittorica che vediamo coniugata in tutti i modi e con i colori più belli e accattivanti in tutte le opere dell’ultimo periodo, il XXI secolo che egli affronta con una giovinezza interiore, con una tecnica consumata, con un amore infinito per l’arte, per la natura, per la vita. In un canneto egli sente le voci e le dipinge; ma sulla tela tu non vedi né le canne, né le persone che in esse emettono voci, ma solo la loro trama verticale, i colori pastosi e soprattutto la luce che li trapassa e brilla. Ecco, la luce è un’altra delle grandi protagoniste della pittura di Michele Roccotelli. Bianca Tragni micheleroccotelli@libero.it cell. 347.582 3812


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CORRADO PORCHIETTI

«Un segno che accentua il dinamismo interno della composizione. Una visione emozionale tormentata e mai approssimata. Una predominanza di accostamenti cromatici accesi. Una costruzione architettonica rigorosa». Sono le cifre stilistiche ricorrenti, secondo Annamaria Chiara Donini, della lunga e variegata produzione artistica di Corrado Porchietti, classe ’50, saviglianese di nascita e torinese d’adozione. La mostra retrospettiva delle sue opere, curata dal critico Pino Mantovani e aperta gratuitamente al pubblico, ospitata dal 21 aprile al 10 maggio 2022 nella sala mostre dell’Associazione Lucana Carlo Levi e della Fondazione Giorgio Amendola, in via Tollegno 52 a Torino, e dal 4 al 27 maggio 2022 presso il Circolo degli Artisti di Torino “Giardiniera Reale”, in corso San Maurizio 6 a Torino. L’esposizione propone 24 lavori (alcuni dei quali di grandi dimensioni come la “Porchietteria”, un trittico di tre metri e sessanta di base per due di altezza) che tracciano le differenti stagioni dell’artista, il cui linguaggio figurativo - sempre in bilico tra commedia e tragedia, carico di colore come cifra stilistica della narrazione - si è affinato con gli studi all’Accademia di Belle Arti di Torino e alla scuola del maestro Piero Martina, ispirandosi ai modelli di Francesco Casorati e Nino Aimone. Dalla prefazione di Annamaria Chiara Donini «Senza la finzione e il suo sforzo creativo, il mondo sprofonda in un’opacità indifferenziata, precipita su un piano inanimato, si blocca su uno sfondo inespressivo senza parola. L’unico modo per sentirne la vita pulsante e il senso implicito che lo vivifica è quello di dargli un abito estetico

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e di consegnarlo alla verosimiglianza del racconto. Lo sa bene l’arte che di questo gioco narrativo è maestra e artefice, che tradisce nel gesto originario del possibile, sempre nuovamente ripetuto, l’intenzione veemente del conoscere. Lo sa bene Corrado Porchietti che accosta quel gesto alla potenza dell’ironia, all’astuzia di uno sguardo che, fingendosi ingenuo e inconsapevole, dissimula il quadro convenzionale che ospita gli oggetti, smaschera i suoi infingimenti e li colloca entro il quadro di un’altra realtà, un’altra simulazione, ma ora non conciliata e scontrosa, scomoda e irritante».


«Senza la finzione e il suo sforzo creativo, il mondo sprofonda in un’opacità indifferenziata, precipita su un piano inanimato, si blocca su uno sfondo inespressivo senza parola. L’unico modo per sentirne la vita pulsante e il senso implicito che lo vivifica è quello di dargli un abito estetico e di consegnarlo alla verosimiglianza del racconto. Lo sa bene l’arte che di questo gioco narrativo è maestra e artefice, che tradisce nel gesto originario del possibile, sempre nuovamente ripetuto, l’intenzione veemente del conosce-

re. Lo sa bene Corrado Porchietti che accosta quel gesto alla potenza dell’ironia, all’astuzia di uno sguardo che, fingendosi ingenuo e inconsapevole, dissimula il quadro convenzionale che ospita gli oggetti, smaschera i suoi infingimenti e li colloca entro il quadro di un’altra realtà, un’altra simulazione, ma ora non conciliata e scontrosa, scomoda e irritante». Annamaria Chiara Donini

mail: info@fondazioneamendola.it tel. 349.500 8973

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GIORGIO BILLIA

Le prime opere sono grandi frammenti di rapaci realizzati con materiali poveri che rimandano efficacemente ad un concetto di naturalismo: le immagini, strappate al loro contesto, diventano elementi concettuali. Le opere successive sono caratterizzate da una ricerca figurativa, dove emerge un uso prevalente del colore per evidenziare le caratteristiche espressive dei personaggi ritratti. Le ultime opere, infine, abbandonano l’uso del colore, mantenendo uno stretto legame con la figuralità e ispirandosi a canoni classici. Fondamentale è il significato concettuale dei lavori, accomunati da un unico titolo che ne rappresenta la vera essenza. Queste opere dicono molto di sé, cecità? Quanta cecità ogni giorno incontriamo? Molta, ha un altro nome, ma la rispecchia a pieno l’indifferenza. Per me sei trasparente, non esisti, o non esisti più. Ti attraverso quasi calpestandoti, tanto non proverò nessun sentimento, emozione, nulla. A mio parere è la cecità peggiore, quella dell’anima. E’ lo specchio del becero egoismo, o la difesa di chi non sa argomentare. Quanta cecità moderna, pensiamo a chi lo è davvero cieco, ma percepisce ogni movimento, cambio di suono della voce, tocco. Siamo diventati asettici, nei sentimenti, nei rapporti. L’

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opera lancia un messaggio forte, non diventiamo ciechi a prescindere, asettici, privi di emozioni. Guardiamoci, annusiamoci, e viviamo vedendoci, e parlandoci, nulla è più mortale dell’indifferenza, uccide tutto anche il rispetto. “INVOLUCRO”,già il titolo di uno dei lavori è fonte di riflessione. Se ci pensiamo un attimo ognuno di noi visto dall’esterno è diverso, ma l’interno, quello anatomico è quasi uguale per tutti. Il corpo è l’involucro dell’anima, del cuore, epicentro delle emozioni più vere, dirette e reali. Possiamo nascondere ogni cosa ma saremo anima e cuore per pochissimi, che sapranno vederci dentro, oltre. D’impatto è voluto il viso, diviso dallo scheletro. Due facce della stessa medaglia, oggi più che mai attuale. L’opera è diretta e bellissima, nella sua semplicità. Ma come ci suggerisce, non fermiamoci mai all’apparenza, guardiamo la vera essenza di chi abbiamo di fronte, sempre! Laura Cherubelli mail: giorgio.bil21@gmail.com cell. 338 500 0741


ENZO BRISCESE

Enzo Briscese è autore di visioni rivissute in una dialettica di momenti coinvolgenti. Egli privilegia la scomposizione di piani, come esplorazione visionaria, e colta ricerca concettuale, che riprende il pensiero cubista e costruttivista del primo Novecento. Questa pittura riafferma con garbo la possibilità di momenti arcani, grazie a uno scenario dove reminiscenze figurali, più o meno esplicitate, si coniugano in un contesto liricamente informale, mettendo a punto un microcosmo che si ricompone in un unicum ragionato e reso coerente, tramite segnali e richiami allusivi. Vibrano sentimenti inespressi in queste ricognizioni di eventi, il cui significato resta comunque sospeso e accessibile solo come intuizione. Il percorso visivo si traduce in un segno rapido, elegante, e in una materia trasparente, leggera, a suo modo dialogante, e poeticamente armonizzata nei giochi tonali. Si può ben dire quanto Briscese sia pittore della positività, anche nel momento in cui le sue visioni assumono le sembianze di una realtà sfug-

gente; non c’è infatti conflitto in queste composizioni dove l’inconscio non è tenebra perturbante, ma processo chiarificatore, autobiografico si direbbe, che si apre allo sguardo come accogliente repertorio di oggetti teneramente quotidiani, avvolti nella dolcezza ipnotica e nel silenzio ovattato di uno spazio metafisico. Briscese si rivela qui come abile manipolatore di una realtà estremizzata fino ai limiti dell’assurdo, e tuttavia autore di una narrazione veritiera, attendibile, aperta alla condivisione. La sua cultura pittorica, superando il conflitto tra figurazione e informale, si radica nel Museo del secolo scorso, ma va anche detto che questo richiamo spiega solo in parte la verità poliedrica del suo operare, dove risuonano chiari gli echi della nostra inquietante quotidianità. Paolo Levi

mail.: enzobriscese6@gmail.com cell. 347.99 39 710

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A Madrid una grande mostra dedicata alla pittrice espressionista Gabriele Münter Il Museo Thyssen di ospita la prima grande esposizione spagnola in Spagna dedicata all’artista tedesca, allieva di Kandinsky, che ha avuto un ruolo chiave nel circolo del Cavaliere Azzurro

L’occasione per conoscere da vicino il personaggio tiva dedicata a Gabriele Münter in Spagna. Una e la sua opera è offerta dal Museo Thyssen-Borne- mostra completa e interessante, che viaggerà in mizsa, che presenta a Madrid la prima retrospet- primavera al Museé d’Art Moderne di Parigi. SIn occasione delle celebrazioni per il 150esimo anniversario della nascita del movimento impressionista, gli spazi e le superfici di Palazzo Trinacria a Palermo si animano ospitando la nuova mostra immersiva dedicata a “Monet e gli Impressionisti - Immersive Experience”. La nuova mostra, patrocinata dal Comune di Palermo e ideata dalla Fondazione Pietro Barbaro appositamente per Palazzo Trinacria, apre le porte sabato 14 settembre e rimane visitabile fino al 14 gennaio 2025, dal martedì alla domenica. Questa mostra immersiva, che comprende anche un’originale esperienza mediante Oculus VR, offre ai visitatori un viaggio indimenticabile nel meraviglioso universo di Claude Monet, degli impressionisti francesi e dell’intera Francia del XIX secolo, delle sue rivoluzioni e atmosfere. Nato a Parigi nel 1840, Claude-Oscar Monet è stato un pittore francese, considerato uno dei fondatori dell’impressionismo francese e certamente il più coerente e prolifico del movimento. I suoi lavori si distinguono per la rappresentazione della

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sua immediata percezione dei soggetti, in modo particolare per quanto riguarda la paesaggistica e la pittura en plein air. Nella prima giovinezza, a Le Havre, fu in contatto con E. Boudin che per primo orientò il giovane, allora dotato caricaturista, verso la pittura di paesaggio. Di nuovo a Parigi, dal 1859, visse con quanto poteva guadagnare dalle caricature, si iscrisse all’Accademia Svizzera, dove conobbe Pissarro, e frequentò lo studio di Troyon e poi di Gleyre, ma si formò soprattutto studiando Corot e Daubigny. Nel 1866 andò con i suoi compagni a Champigny-sur-Marne, per dipingere direttamente dalla natura; nell’autunno dello stesso anno si recò in Algeria per il servizio militare. Ebbe dunque vivissima l’impressione di due paesaggi e di due situazioni luministiche radicalmente diverse. Nel 1862 tornò in Francia e a Chailly-en-Bière, non lungi da Barbizon, divenne amico di Renoir, Sisley, Bazille; fu tra i primi a schiarire la tavolozza per liberarsi dei modi accademici, a far degli effetti di colore e di luce la base della pittura.


Nel 1865 conobbe Courbet che lo influenzò al pari di Manet. Se le prime opere furono figure e composizioni (Camille, 1866, Brema, Kunsthalle; Donne in giardino, 1867, Parigi, Musée d’Orsay) che sembrano ancora accordare il realismo di Courbet e la luminosità di Corot, le esperienze successive andarono sempre più orientandosi verso il paesaggio e la ricerca di mobili, vivacissimi effetti di luce e di atmosfera.

A ciò contribuirono notevolmente le opere di Constable e Turner, che M. ebbe modo di vedere a Londra dopo il 1870. Per superare le difficoltà economiche del gruppo, nel 1874 ideò una esposizione di artisti indipendenti nello studio del fotografo Nadar; M. espose Impression. Soleil levant(Parigi, Musée Marmottan) e dal titolo dell’opera il critico L. Leroy coniò in senso ironico il termine “impressionismo”.

La mostra spagnola dedicata alla grande pittrice espressionista

Gabriele Münter. La gran pittrice espressionista racconta attraverso 145 opere, tra dipinti, disegni, stampe e fotografie, la storia appassionante di una donna determinata e intellettualmente emancipata, allieva di Kandinsky e per una quindicina d’anni anche sua compagna di vita; che sperimenta diversi linguaggi espressivi (fino all’astrazione pittorica) e partecipa attivamente al dibattito delle avanguardie. L’esposizione, curata da Marta Ruiz del Árbol, Isabelle Jansen e Mattias Muhling, è frutto della collaborazione fra il museo di Madrid (che possiede quattro dipinti dell’artista), la Fondazione Gabriele Münter e Johannes Eichner e la Stadtische Galerie am Lenbachhaus und Kunstbau di Monaco di Baviera.

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Francesco Arcangeli :

Attraverso i suoi scritti ci ha lasciato un’Eredità Storico – Civile di Giovanni Cardone

In una mia ricerca storiografica e scientifica sulla figura di Francesco Arcangeli apro il mio saggio dicendo : Lo storico d’arte bolognese Francesco Arcangeli, detto Momi , allievo di Roberto Longhi con cui si laurea nel 1937, ha messo a punto uno stile critico allo stesso tempo rigoroso e “anarchico” che ha inciso su molti critici d’arte ma anche su scrittori della sua generazione e di quelle. Senza ignorare i raffinati spunti ecfrastici del maestro, egli ha sviluppato una lingua in grado di essere il più possibile esatta nella descrizione delle opere d’arte, ma anche di far emergere i tormenti esistenziali sottesi alla poetica di ciascun artista. È stato Ezio Raimondi ad individuare con precisione la differenza tra i due stili: «la prosa di Arcangeli era più provinciale, ma al tempo stesso più trepida e nuda, più incline allo scavo e all’erosione con un interno movimento drammatico che lo allontanava necessariamente dal grande gioco verbale di Longhi anche quando ne riproduceva certe cadenze» . Arcangeli assorbe gli stilemi della prosa del maestro, che abbina gli strumenti della critica d’arte a quelli della retorica, ma ne allenta gli estremismi aggettivali verso una medietà che favorisce l’intensità di scavo interiore dell’artista. Non si tratta di mero “provincialismo”, ma anzi l’interesse artistico e linguistico per la provincia emiliana diventa strumento per osservare da vicino il rapporto tra le tradizioni che sopravvivono all’erosione del tempo e le nuove istanze della società contemporanea. Va ricordato che la prima passione di Arcangeli è stata la

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letteratura, come testimoniano le poesie di Polvere nel tempo (1943) e le prose brevi raccolte postume in Incanto della città (1984). Anche come storico dell’arte, egli non abbandona mai la lingua della poesia e spesso nella sua prosa saggistica chiama in causa le invenzioni espressive dei poeti che più ama – da Rimbaud a Pascoli, da Montale a Dylan Thomas alla ricerca di una lingua che conservi la complicata simbiosi tra arte e vita. È per questa ragione che Arcangeli ha stretto un rapporto intenso con pittori e scrittori, che a partire dagli anni ’30 del Novecento hanno dovuto affrontare le stesse difficoltà (fascismo, guerra, minaccia atomica), trovando un conforto nell’arte e nella letteratura del passato. Questa necessità si configura non tanto come evasione dal quotidiano ma soprattutto come rifondazione di nuovi valori etici ed estetici. Arcangeli cerca disperatamente un principio di salvezza che rimetta in contatto l’umano con la vastità dell’universo, rivendicando la necessità dell’“anarchia” nell’accezione proposta da Camus nell’Uomo in rivolta (1951): non abbandono all’irrazionale ma «senso profondo del limite dell’uomo». Tale sensibilità critica e linguistica si riscontra già nel suo primo libro Tarsie (1942) ma giunge a maturità nei fondamentali volumi su Morlotti (1962), Bastianino (1963) e Natura ed Espressione nell’arte bolognese-emiliana (1970). Di certo la maggiore espressione della sua prosa è la travagliata monografia su Giorgio Morandi, pubblicata solo nel 1964 a causa dell’opposizione sia di Longhi sia dell’artista stesso.


Si tratta di un libro stratificato e ibrido, che unisce critica d’arte e biografia, con l’ambizione di riuscire a cogliere la matrice unitaria dell’arte di Morandi, senza separare uomo e pittore, perché «collimano perfettamente; entrambi riaffermano quotidianamente, nella vita e nell’arte, il senso d’un limite spontaneamente accettato, della profondità, felicità e tristezza di questo limite» . Arcangeli dà vita a «un’opera sinfonica, variatissima nell’orchestrazione ma sempre fortemente richiamata al tema» , con l’obiettivo di dimostrare che le nature morte e i pae. saggi appenninici di Grizzana si configurano non come fuga dal mondo ma al contrario come “correlativo oggettivo” di una realtà in rapido disfacimento (qui il legame con Eliot e Montale). Nonostante ciò, alcuni frammenti di vitalità e di umanità sopravvivo: una leggera variazione dell’ombra di una bottiglia o una tonalità di verde che lascia intuire un possibile legame con la natura. Per descrivere le nature morte morandiane, Arcangeli si avvale spesso di immagini metaforiche antitetiche e di litoti che affermano negando (anche per attenuare le ipotesi interpretative più ardite), come quando considera le bottiglie accostate tra loro su piano come una sorta di elementi totemici che «non si affacciano a nessuna ribalta, ma relitti d’una vita, d’un ininterrotto tramando secolare, sembrano approdati tacitamente alla tela, piccolo campo materiale, dalla profonda eternità del tempo umano» . La prosa ecfrastica arcangeliana è volta a cogliere la patina opaca che si stende come un velo sulle nature morte, senza dissolverla ma rilevando la vitalità cristallizzata negli oggetti attraverso il leggero mutamento di luci e ombre sulla tela. Questo riverbero opaco diviene emblema della precarietà della condizione umana in una continuità di inafferrabili momenti di connessione con la natura. La lingua di Arcangeli si fa più evocativa e penetrante quando deve cogliere con estrema sensibilità l’esigua linea di confine tra forma e informe nei dipinti morandiani: «I problemi della composizione svaporano entro questo soffice magma, dove la materia è sognante crisalide, la forma sfuma inesorabilmente nell’informe, e l’informe riaffiora appena, in una estrema percettibilità, al formato . Morandi sperimentò in se stesso, con muto ma non meno forte dramma, la lotta, angosciosa per un latino, tra la forma e l’informe» . Morandi fa esperienza del limite dell’essere umano e lo mostra davanti ai nostri occhi in una immobilità di pacata sofferenza quotidiana, che secondo Arcange-

li anticipa addirittura il “naturalismo informale” italiano. Probabilmente è stata proprio la capacità di Arcangeli di indagare l’anima del pittore ad aver spaventato Morandi, come se fosse stato smascherato dall’eccessiva intimità di quelle parole. Nella prosa di Arcangeli ogni elemento pittorico descritto corrisponde all’atteggiamento dell’artista di fronte al mondo. Il compito del critico d’arte è far emergere il contrasto angoscioso che determina le scelte artistiche, le contraddizioni e i paradossi che si agitano sotto ogni pennellata, tra la mano dell’artista e il colore sulla tela. La sensibilità “anarchica” della lingua di Arcangeli corrisponde alla discontinuità cronologica della sua ricerca storico-artistica (dall’Impressionismo all’Arte informale per poi tornare al Romanticismo), volta ad individuare i fili sottili che legano artisti di epoche diverse, al di là delle categorie estetiche convenzionali. Egli giunge così alla definizione del concetto di “tramando”: l’ininterrotta vitalità della tradizione artistica che viene rimessa in atto con soluzioni espressive di volta in volta differenti per indagare il complicato rapporto tra natura ed espressione. La lingua della prosa saggistica di Arcangeli risulta allo stesso tempo militante e controtempo, perché prova a dialogare non solo con gli artisti contemporanei impegnati a ritrovare un nuovo rapporto “sentimentale” con la natura, ma anche con quegli artisti della tradizione occidentale nei quali è possibile individuare elementi di una faticosa sintonia tra l’essere umano e il mondo. Quando, nel 1970, Francesco Arcangeli si accinse ad affrontare l’impresa di Natura ed Espressione, lo fece con la piena consapevolezza di compendiare la sua intera attività di critico e storico dell’arte, e insieme la sua intera vita. Storia e critica, infatti, arte e vita erano sempre state per lui assolutamente sovrapponibili, e non per determinazione intellettuale, bensì per necessità principalmente interiore. Poiché la presente ricerca ha l’intenzione di risalire alle ragioni ultime di questa esposizione, non è sembrato fuori luogo entrare subito in medias res. Ci si servirà della mostra, infatti, come punto di riferimento per approfondire le tematiche affrontate da Arcangeli nel corso della sua attività. Si procederà su un triplice binario interpretativo: l’analisi delle opere esposte, i concetti che in esse trovano espressione, e i momenti della vita di Arcangeli in cui questi concetti sono stati elaborati. Si tenterà in questo modo di restituire l’immagine completa di tre elementi assolutamente impossibili da scindere.

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Questa non sarà da intendere quale opera esaustiva, né in ambito biografico, né in ambito storico-critico; tuttavia ci si potrà ritenere soddisfatti se al termine di questo ideale ‘viaggio’, saremo riusciti a far intuire il complicato gioco di rimandi tra arte antica, arte contemporanea, ed esperienza di vita, all’interno del profondissimo universo dello storico che ne ha seguito le tracce. Rivisitando virtualmente l’esposizione, guidati dalle parole del saggio introduttivo, scopriremo, artista per artista, opera per opera, quali esperienze, quali visioni del mondo, quali “motivi profondi” hanno generato le scelte espositive. La spartizione del discorso sulle diverse tematiche tra gli artisti esposti sarà un artificio necessario, volto a una chiara illustrazione dei concetti, anche in relazione ai momenti dell’esperienza di Arcangeli in cui questi hanno preso corpo. Si tenterà, inoltre, di non perdere mai il contatto diretto con le opere, seguendo l’indicazione di metodo dello stesso Arcangeli, poiché siamo consapevoli che esse soltanto, attraverso il linguaggio potente e insondabile delle forme e dei colori, sono in grado di comunicare veramente la pienezza del messaggio arcangeliano. Arcangeli apriva il suo saggio introduttivo con un’azione che oggi si usa di rado: illustrare i motivi della mostra. Una ricerca sull’arte bolognese, presentata ai bolognesi da uno studioso bolognese aveva inaspettatamente bisogno di palesare la sua ragione. Non si parlerà, infatti, genericamente di “cose in comune”: esse verranno indagate a fondo, nelle loro cause e nelle conseguenze. Sarà un’operazione, come vedremo, che investirà entrambe le sfere della vita umana: da un lato, quella profondamente personale della propria visione esistenziale, e dall’altro quella “necessariamente sociale”. della vita etica di una comunità. Tutto ciò di cui si parlava, infatti, riguardava artisti che avevano creato, sviluppato e incarnato lo spirito della città, e, dunque, riguardava anche il cittadino dell’oggi, chiamato a vivere la stessa città, ed elaborare la sua personale sintesi di tradizione e futuro. L’obiettivo ultimo di Natura ed Espressione non era altro che rendere questa sintesi più consapevole. L’unica via riconosciuta da Arcangeli per raggiungere l’obiettivo era quella di indagare il proprio passato per trovare i solchi nei quali si poteva muovere. ,le spalle che lo sorreggevano. Cercava, così, in primo luogo le tradizioni cittadine, e le individuava in quelle particolari costanti di comportamento che con il loro perdurare nel tempo avevano costruito l’identità di una comunità. Le chiamava “strutture psicologiche e di costume”. Non sono altro che tratti comuni alle persone che hanno condiviso ed amato gli stessi luoghi, i quali, secondo la visione di Arcangeli, influiscono sui loro comportamenti, sul loro carattere, persino sul loro modo di intendere la vita. Un ruolo fondamentale giocano anche i luoghi stessi e la loro conformazione, poiché con un rapporto biunivoco si compenetrano ai tratti di coloro che li abitano, tanto a fondo che sarebbe difficile dire quale influenza e quale è influenzato. “La stessa conformazione della città, il suo colore, la sua cucina, le sue donne, il suo costume” sono accostati in una comunanza di aspetto e di caratteristiche. Arcangeli riconosceva come costante comune dei luoghi e dei popoli a cui lui stesso apparteneva, la manifestazione di “passione, sentimento, espressione, calore umano”, che riuniva sotto il nome di “cordialità”. Il popolo bolognese era caratterizzato ai suoi occhi dalla genuinità di cordiali rapporti umani e appassionato “stare al mondo”.

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Questo non poteva avere un’origine aristocratica, a cui sarebbe corrisposta un’impronta quantomeno più raffinata, e nemmeno, come molti credono, poteva avere origine nella lunga e ‘grassa’ pace della dominazione pontificia. Per Arcangeli, accettare i propri limiti era ciò che permetteva all’uomo di muoversi all’interno della condizione umana senza perdersi in inconsistenti illusioni di divinità o di ideologia. Era il risultato della ‘rivoluzione copernicana’, presa di coscienza fondamentale, necessaria al ridimensionamento da parte dell’orgoglio umano delle sue effettive possibilità, nonché il primo passo verso quella sensazione profonda di appartenenza alla natura che era l’unica direzione considerata veramente umana e onesta.


ERICA CATAPANE

Ha conseguito la laurea con lode in Conservazione e Restauro presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e ha compiuto diversi stages di restauro presso l’Abbazia di Novalesa, l’Archivio di Stato di Torino e il Castello di Rivoli. Dal 2008 ha scelto la strada della scuola: oggi, infatti, insegna con passione disegno e storia dell’arte al Liceo Norberto Rosa di Bussoleno. Pittrice autodidatta, ama dipingere scorci paesaggistici a lei cari ad acquerello e ad acrilico, cercando di migliorare sempre la propria tecnica. Da alcuni anni tiene, con grande soddisfazione, corsi di pittura e disegno per ragazzi e adulti presso l’associazione “Armonia del Movimento” di Avigliana, per la quale ha realizzato mostre e fondali teatrali. Dal 2010 partecipa a mostre collettive locali e torinesi ed espone e dipinge dal vivo nelle manifestazioni culturali valsusine e della cintura di Torino con la sorella. Nel 2016 ha esposto nella mostra “Triennale del Bramante” presso le Gallerie del Bramante a Roma in occasione del Giubileo della Misericordia. Nel 2019 una sua opera è stata selezionata da una giuria estera per essere esposta nella mostra internazionale “Fabriano in acquerello 2019” Nel 2020 la giuria del “MonzaContest” ha selezionato una sua opera per l’edizione di “Monza in acquerello 2020”

Nel 2021 un suo acquerello è stato votato dalla giuria dei lettori per ottenere un articolo sulla rivista internazionale “The art of watercolour”. Nel 2022 diventa socia della storica associazione Piemonte Artistico Culturale di Torino con cui espone alla Promotrice di Belle Arti di Torino. Dal 2023 è socia della stessa Promotrice. “…Erica più tipicamente paesaggista, sa dare vita al territorio che ben conosce, traendo spunto dai luoghi in cui vive e che fissa su tela o su carta così com’erano, a testimonianza di ciò che intorno si modifica e scompare con il tempo (…) Presente in numerose occasioni di feste popolari, si dice soddisfatta del contatto diretto con la gente, consapevole che è la vita a nutrire l’arte e che l’arte debba essere un’esperienza che appartiene a tutti. Dice infatti: “Quando mi chiedono un quadro, è sempre difficile separarsene, ma allo stesso tempo non c’è nulla di più bello che entrare nelle case con le nostre opere, là dove risiede il cuore vero di ognuno” Torinosette n° 1466

mail: erica.dance@tiscali.it

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MARIANA PAPARA

Nata a Braila, in Romania nel 1955, Mariana Papară si è laureata in pittura presso la prestigiosa Accademia d’Arte “Ion Andreescu” di Cluj Napoca, conseguendo successivamente il riconoscimento di artista professionista attraverso un ulteriore e severo percorso formativo triennale, richiesto nel suo Paese per l’accesso all’Albo dell’Unione Artisti Professionisti della Romania. In parallelo, si è dedicata allo studio di numerose tecniche specialistiche antiche e contemporanee come l’iconografia bizantina, la tempera all’uovo, il vetro cattedrale e la pittura su vetro, che ha sperimentato con personali esiti di “grafismo al rovescio”. Per oltre vent’anni è stata docente di discipline pittoriche e disegno al Liceo artistico di Piatra Neamt, avviando al contempo, a partire dal 1978, una vasta attività espositiva che l’ha vista partecipare in veste di artista ospite in simposi internazionali, ed esporre presso gallerie e musei in Olanda, Belgio, Canada, Francia, Spagna, Svizzera e Italia. (…) Il suo linguaggio fortemente comunicativo è frutto di lunghi anni di studi ed esperienze artistiche interdisciplinari, e si esprime su tavole lignee e installazioni, realizzate con materiali non solo utilizzati al servizio della forma ma concettualmente impiegati come trasmettitori di memorie e simbologie. Legni antichi, garze, pergamena, papiro,

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chiodi, carte da imballaggio, colle, tempere, acrilici e olii, si addensano e si raggrumano in impasti materici, amalgamati all’interno di una scrittura segnica e gestuale che per antitesi ne smaterializza il peso, allevia la gravità, suscita il levitare dell’anima. Raffinato e colto, il vocabolario di Mariana Papară sgorga da una consapevole capacità espressiva, dove ogni segno, ogni traccia, prende corpo e si traduce in immagine visiva, seguendo con esattezza il processo di pensiero che intende estrinsecare. I suoi lunghi e rigorosi studi accademici, e le profonde conoscenze di tecniche antiche e contemporanee sperimentali (spazianti dall’iconografia bizantina al vetro cattedrale, dalla tempera all’uovo alla pittura su vetro graffito con soluzioni personali per arrivare alla scultura miniaturizzata del gioiello d’artista e all’utilizzo del medium tessile) le permettono di approdare all’improvvisazione creativa, che, come succede per altre discipline quali la musica e il teatro, è territorio di chi ha percorso con umiltà molti cammini di apprendimento e confronto. Con una scrittura di radice neo-espressionista e informale, dalla quale tuttavia si discosta con stile ed esiti del tutto personali, Mariana Paparà intesse un efficace e coinvolgente dialogo tra finito e infinito, da cui sgorgano parole silenti e tratti che esplorano il sudario per trovare la via verso la purezza della gioia. .( Silvana Notta- critico d’arte)


Il suo e un impegno di ricerca che tuttavia non va da un luogo all’altro: mai dettato dalla casualita, rifugge l’odierna altrui superficiale e invadente consuetudine cucita alla casualita e all’ apparenza. Il percorso d’ogni dipinto include, înfatti, la stessa ‘ memoria’ per cui Marta Geirut, poetessa e artista scomparsa nel 2005, se l’avesse conosciuta, avrebbe senza dubbio detto essere ‘carta viva’. Tracce e tracciati, simboli. In Mariana Papara vivono indiscutibilmente i segni della constante riflessione dove gli attimi vitali, composti anche da lamine dorate e argentee, da ferite rosso/ sacrificio e da vibrazioni astratte, conducono îl pensiero verso una pul-

sante tensione non priva di intimi accenti e ormai lontani echi figurali, si da evocare îl ‘mistero’. L’artista proseque un interessante viaggio interpretando il proprii tempo, ecco che sulle tavole e sulle tele e sulle carte vive un pensiero lirico concretizzato da uno spazio/colore funzionale ai propri valori morali indiscutibilmente significativi. In lei non c’e l’imitazione dell’oggetto o della materia, bensi una fantasia fata imagine in cui confluiscono, s’addensano e s’agrumano immagini di un ‘Io’ che dice e che fa, in un dare forme assestate e spiritualizzate, quasi come un voler consegnare continuativamente agli anni la generosita creativa di cui e dotata. (Lodivico Geirut)

Trasferitasi a Torino nel 2000, ha fondato l’Associazione Artistica Internazionale “Aripa” Galleria e Scuola d’Arte, dando vita ad eventi, scambi interculturali e progetti mirati alla lettura delle più diverse espressioni dell’arte contemporanea. Oltre ad organizzare mostre a carattere internazionale, si dedica con particolare attenzione alla didattica e in special modo all’infanzia. Sue opere sono conservate in importanti collezioni pubbliche e private. E’ membro dell’Unione Artisti professionisti in Romania, Association of Romanian Creative Women in Fine Art Field, dell’Associazione Internazionale degli Artisti Professionisti – AIAP – Unesco Piatra Neamt, Uap Romania - Filiala Piatra Neamt Tel.: +40 0736785363; mail: marianaaripa@gmail.com www.aripa.eu ; https://www.facebook.com/marianaaripa/

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Stefan Potop

venetia1 up 70x90cm

Formato nello spirito della scuola di pittura ianese, dove si manifesta contemporaneamente la necessità di staccarsi dall’autorità un po’ classicizzata degli antichi maestri, lo studente e, in seguito, laureato all’Università delle Belle Arti, Stefan Potop si è manifestato presto nel senso imposto dalla modernità delle visioni. Percorrendo l’evoluzione nel senso di associare visioni non convenzionali con alcuni ritorni nelle cornici di un dialogo sensuale con la forma e il potenziamento dei cromatismi, ha scoperto la profondità della struttura affettiva dove c’è la potenzialità della grazia di catturare fisionomia e caratteri. La dimensione ironica e autoironica si identifica nel contesto di un’opera che nasce da un raffinato interprete dell’immediato, del paesaggio o del ritratto, sullo sfondo dell’esistenza di un umorismo vitale e vigoroso che sfruttava attraverso ironia e sottigliezza . Come puoi vedere, chi parla meno ha la possibilità di esprimersi sempre più profondamente. Analista in chiave non saliente – ironica, parodica o autoironica, il pittore ha configurato al tempo stesso una matrice e ha aperto verso se stesso un’autentica porta. Un emblematico Autoritratto - Il Pittore, di grandi dimensioni, premiato nel 2009 alla Biennale Lascar Vorel, ha stupito gli spettatori disposti ad

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accettare i giochi dello spirito ma ha anche incuriosito il pubblico. Non lo interessava tanto il bisogno di scioccare, di generare polemiche, ma solo l’esibizione della dimensione ludica, sottile attraverso la capacità di rivelare intimità di tipo XXL. Tali immagini, dedicate agli adulti, insieme ad altre composizioni in chiave contemporanea, fanno di Stefan Potop un artista che non guarda il mondo dal buco della serratura e si limita ad avvertire che l’Imperatore è vuoto, a dispetto di chi vede solo l’inesistente Dio. La permanente inventiva gli permette non solo di sorprendere lo spettatore, ma anche di sedurlo. Ad ogni modo, la plasticità delle composizioni, l’idea di organizzare la superficie, i significati affinati attraverso intelligenza e umorismo esprimono un’opzione stilistica e un elemento basilare nella configurazione della personalità. Stefan Potop sa fare della lucidità una premessa di verità e del carattere un metodo di lavoro. Nell’intimità o semplicemente in prossimità di tali opere, la vita può sembrare dotata di un significato... Attraverso la sua creazione, a volte, ci viene restituito il diritto al sorriso, ancora intaccabile... Valentin Ciuca-Critico d’arte


frumoasa venetiana venetia4 up 45x55cm

venetia2 up 70x90cm

LUIGI BODO up 50x40cm

venetia3 up 70x90cm

tel: +40(0)745 158 960 email: stefanpotop@yahoo.com https://www.facebook.com/stefanpotopcom/

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CARMEN CROITORU

Carmen Croitoru, laureata all’Università Nazionale d’Arte, Bucarest, Facoltà di Arti Decorative e Design, sezione Tessile, nel 2001. Master in Arti Tessili (interior design) 2002. Professore d’Arte al Goethe German College dal 2001. Interior Designer da oltre 20 anni e Art Mentor nel suo laboratorio personale in Strada Frumoasa 51, a Bucarest. Questi sono solo alcuni dei dati rappresentativi della professione nel campo delle Arti, ma l’universo dietro l’attività contiene influenze molto più giovanili della rigidità della disciplina. Innanzitutto le persone che l’hanno guidata nella sua vita professionale, e non solo. I momenti in cui sono apparsi. I loro insegnamenti. Le esperienze maturate attraverso di loro. In poche parole: un vasto cocktail di per-

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sonalità che ha creato densità su un nucleo delle Arti, già particolarmente fecondo fin dalla tenera età. L’apertura alla complessità e alle infinite forme che il Bello può assumere. Perché il Bello va oltre l’Umano, e oltre la Natura. Il bello è esso stesso l’anello di congiunzione tra i mondi; la liana che collega il Cielo alla Terra e il Corpo all’Anima. Le principali fonti di ispirazione sono: luce, acqua, cielo e vento. Quando dico vento, intendo onde di tessuti vaporosi sospinti dal suo respiro. I drappeggi sono i petali dell’Arte a cui il volto è maggiormente legato. La loro vivace fluidità, che dà movimento a qualsiasi materiale, ricorda loro le onde che ossigenano il ponte di contatto tra gli ambienti.


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La loro delicatezza veste più felicemente la finezza con cui sfilano le Arti, sul podio delle nostre emozioni. I tendaggi sono i suoi fiori preferiti. Carmen Croitoru è anche appassionata di Semplicità: la forma suprema della manifestazione della luce su superfici o forme. L’eleganza di Simplicity non può essere né copiata né migliorata, quindi il suo target professionale non può fallire. Allora, in quanti modi, e in quante emozioni si può interpretare un quadro?... Un’opera d’arte sentita e lavorata? Per estrarre un’unica coordinata, come terreno di tutto ciò che è possibile in un uomo, possiamo dire di Carmen che merita pienamente la sua posizione di forza nelle Arti perché ha Inocenta come suo scudo. Argomenti di innumerevoli persone che respirano attraverso i polmoni della Bellezza. Mihai Ciugulea ( poeta)

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Studio- Str.Frumoasa, nr.51; sector.1; cod postal:10986 Bucuresti, Romania https://www.facebook.com/carmen.croitoru.7

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ANA MARIA CAPITANU

Laureata presso l’Università d’Arte Nicolae Grigorescu di Bucarest tra il 1995 e il 2000, dal 3° anno di college ho studiato presso il dipartimento di arte monumentale con il compianto professor Ion Grigore. Voto massimo per la tesi di diploma. Nell’ultimo anno di collegio ho varcato la soglia del monastero, proseguendo i miei studi e la tesi

di diploma sul tema dell’iconostasi tradizionale bizantina Nell’ultimo anno di università ho varcato la soglia del monastero, continuando i miei studi e la tesi di diploma sul tema dell’iconostasi tradizionale bizantina Con l’aiuto della direzione del monastero ho fondato un laboratorio di iconografia in cui ora lavorano 6 monache.

Ogni icona è un’esperienza unica.”Un modo di meditazione, in cui cerchi di esporre i tuoi dolori e le tue gioie, per avvicinarti a Dio. Ogni giorno è un divenire.

Le sue opere di pittura iconografica sono opere artistiche uniche, l’artista cerca soprattutto la parte spirituale dell’icona bizantina. L’icona in legno per l’artista è una finestra su Dio e sui suoi santi. La vita spirituale attraverso la preghiera è la chiave che apre la porta e l’avvicina a Dio attraverso l’icona. L’artista è uno strumento attraverso il quale si scopre l’icona e l’arte dell’icona diventa testimonianza di sacrificio e di fede. Mariana Papara

Ma forse la sua arte non si distingue per l’originalità, bensì per la propria visione dei temi e delle rappresentazioni sacre dell’arte bizantina. In sostanza, ogni pittore di icone apporta qualcosa di “nuovo” alla sua arte: il volto invisibile mostrato nelle proprie esperienze e un certo stile, nato dalla pratica continua del mestiere, ma anche dal bagaglio culturale di ciascuno. l’icona di Ana Maria Capitanu resta un’icona, sia nel suo spirito profondo, cioè nel suo fondamento teologico, sia nella sua forma. La forte tradizione bizantina indirizza anche le icone portatili e gli affreschi di Ana Maria dal punto di vista immaginifico e compositivo.

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Mănăstirea Buna Vestire, str Mesteacănului nr 300, Valea Roșie, Călărași popovicimariah@gmail.com Tel: 0756455423


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LAZIO

LE OCCASIONI DEL SILENZIO, L’ARTE NEI LUOGHI DELL’ALTROVE di Rocco Zani

Antonio TRAMONTANO La mostra è un evento virtuale visitabile nella pagina facebook di “ad Arte in Dimora - Discovery of Urban Site” . L’idea, di Mariangela Calabrese, artista e Rocco Zani, critico d’Arte, è nata in seno al progetto ad Arte in Dimora – Discovery of Urban Site. Il progetto vede protagonista l’Arte in un percorso espositivo all’interno di dimore storiche che rappresentano veri e propri luoghi della memoria individuale e collettiva, con una serie di eventi già programmati sul territorio nazionale, e con la speranza di fissarne di nuovi oltre i confini. Le recenti e necessarie restrizioni che impediscono il naturale svolgimento delle nostre attività, ci spingono ad esplorare nuovi contesti e inediti percorsi. Nasce da queste considerazioni Le occasioni del silenzio, il primo appuntamento espositivo in cui l’originaria dimora si fa luogo virtualmente dischiuso allocando l’intera esposizione in un giardino per offrire al contempo una immaginaria e suggestiva passeggiata nella natura Il rischio di un abbandono riflessivo si fa marcato in questo tempo malconcio, come se lo spaesamento defluisse in una nuova condizione: di assenza, di vuoto, di vertigine. Tempo malato e non identificabile e pertanto capace di un inedito pencolamento. L’arte – finanche l’arte – sembra ritrarsi come bassa marea, riponendo lo sguardo e l’idea – falcidiati, offesi, imbarazzati – in un periferico largario di assenze. Come in attesa di un divenire smarrito, orfano di coordinate e accenti. Sarà di nuovo la memoria a ripristinare il volano? O tutto accadrà per ressa, per sfinimento, per lampi lunari? Resta oggi un crinale incerto su cui disporre sacchi di sabbia e incidere trincee d’avamposto. Non per difendere l’indifendibile piuttosto per testimonia-

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Alberto DALESSANDRO re la presenza – non già l’assenza – di un accampamento sopravvissuto, di anime in transito, di occhi che custodiscono – ancora – stralci di immaginifico.

Viviana FAIOLA


Ecco allora che Le occasioni del silenzio possono (e devono) essere altre e propiziatorie, epilogo di una temporalità non completamente esaurita ed esordio acerbo, al contempo, di rinnovate possibilità, di germinali traiettorie. Nasce in un mondo altro questa esperienza di comuni sguardi, senza un orientamento preallertato o come resa dei conti, piuttosto come voce estesa, guardiana, ventosa. Nasce nella bellezza del vuoto, come tassello testimoniale di un mosaico assai più ampio. E mai come ora senza confronto alcuno di echi e indizi, di affabulazioni o do parole non dette. Dieci autori come comunità. Ovvero luci diffuse in un attraversamento notturno, paletti di appiglio e di sosta. Per ognuno di loro, per ognuno di noi. Come i loro indirizzi cromatici, al pari dei segnali riposti sui piani o sull’indolenza del legno e del ferro.

Enzo SABATINI

Michele PERI Opere sospese tra i rovi e i fiori di un paesaggio che non è più emarginato o alveo occasionale, ma anch’esso universo finalmente (e diversamente) percettibile. Bagliore e presenza. anzi, pare quasi che le opere siano affidate alla magnanimità della natura, come figliolanza gracile tra le braccia e il cuore di una madre consolante. Affida al pronunciamento del rosso la “custodia del dire” Mariangela Calabrese, quasi a insanguinare le ore del cielo mentre il mare è cucitura ardita di aliti e boati. Sa di echi campestri e di memorie mai disperse il viaggio di Alberto D’Alessandro, di minuscoli crateri in cui le voci e gli occhi hanno trovato ripari appartati. Scie o traiettorie senza bavaglio sono quelle che Viviana Faiola accende sulla campitura come estrema e reiterata pronuncia di presenza. Di lotta, di sguardo. Anime o presagio per Elmerindo Fiore,

Elmerindo FIORE quasi a ribadire l’incustodita assenza, l’ombra generosa e la recita durevole che profetizza l’epilogo e di questo l’oltre. La pittura di Giovanni Mangiacapra consuma vertigini e attese e l’occhio penetra i vizi e l’inedia. Come folate di cenere per ridisegnare ipotesi di luoghi o cortili. Un dire di tracce tonali quello di Bruno Paglialonga, di indizi soffocati, quasi a sopprimere l’alito e l’argine della tela. Senza compromesso alcuno perché la scrittura sia incantamento e appiglio. Saldo e spoglio il tempo narrativo di Michele Peri. Arroccato sui cardini del tramonto – la sua ora – quando la terra gravida si offre alla luna e le litanie della ricordanza si fanno sagome. E’ luce profetica quella che Enzo Sabatini sparge e dilunga nella ritualità della forma. Incastonandola a mò di specchi minuti perché con essa – con la forma - tutto diventi lievito.

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CAMPANIA

A Rocca d’Evandro CE

La mostra di Franco Marrocco” Solstizio d’inverno” dal 21 dicembre 2024 - 9 marzo 2025

La mostra è curata dal prof. Massimo Bignardi, storico e critico d’arte, in collaborazione con l’Associazione Culturale Ars-Ubivitae e l’Associazione Giuseppe e Gina Flangini, e si ammira in due percorsi espositivi nell’ala a mezzogiorno del piano nobile del castello. Un segmento propone quattordici opere che l’artista ha realizzato nel corso degli anni Ottanta e che ruotano intorno a un opera che è il grande trittico, “Sul mio cielo volano anche gli angeli” (148x480 cm) del 1986, presente in quell’anno alla XI Quadriennale di Roma. A precedere tale opera, vi sono alcune tele realizzate tra la fine degli anni Settanta e il 1984, quali ad esempio “Il cielo”, ovvero quando il lavoro dell’artista registra una nuova considerazione del rapporto tra la figura e lo spazio. Il percorso continua nella seconda parte, ove sono presenti sette dipinti di grandi dimensioni realizzati in questi ultimi anni, tra questi “Solstizio d’inverno”, una significativa opera che l’artista ha voluto donare alla nascente collezione d’arte contemporanea del MaRƎ. «Dalla distesa quasi bianca della tela, leggerissime tracce emergono per raccontare la presenza della natura», scrive Bignardi. «Il silenzio va oltre e scivola verso l’alto del dipinto: lì, a mo’ di architettura, l’artista ha costruito un vano, dal quale si slancia un ramo d’argento. La luce lo capta e lo fa brillare: l’Avvento». L’esposizione segna l’inizio delle attività del MaRƎ (acronimo di Museo arte Rocca d’Evandro), la cui istituzione è stata deliberata di recente, unitamente alla creazione al suo interno della Collezione d’Arte Contemporanea, fortemente sollecitata dall’artista Marrocco, originario del centro, ultimo lembo della Regione Campania. Regione: Campania Luogo: Castello di Rocca d’Evandro, via Santa Margherita Telefono: 347/4533449 Sito web: www.associazioneflangini.eu

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Franco Marrocco (Rocca d’Evandro, 1956) si diploma in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Frosinone. Del 1979 è l’invito al “Premio Mazzacurati” di Teramo; del 1986 alla “XXXV Rassegna San Fedele” a Milano e alla “XI Quadriennale di Roma”. Nel 1989 tiene una personale alla Chambre de Commerce Italienne a Parigi; del 1990 la personale allestita dalla GalerieAnnese Monaco, sempre a Parigi, seguita da quella ospitata l’anno dopo dal Palazzo dei Priori a Perugia. Nello stesso anno è invitato alla mostra “The Modernity of Lyrism”, tenuta alla GummesonsKonstgalleri di Stoccolma. Nel 1996 partecipa alla “XII Quadriennale di Roma”, nel 1997 al “Premio Michetti” e alla mostra “Artinceramica” tenutasi a Palazzo Reale di Napoli. Nel 1998 espone alla mostra “Arie Mediterranee”, tenutasi al Medelhavsmuseet a Stoccolma; nel 2005 è la partecipazione a “Ve PatNedim Tor Muzesi” di Istanbul. Nel 2011 partecipa alla “LIV Biennale di Venezia”, al “Premio Bice Bugatti” e alla mostra “Territori del sud” presso lo Spazio Martadero di Cochabamba in Bolivia. Del 2015 è l’invito a “Tracce di contemporaneo. Collezione di Arte Italiana da Lucio Fontana alla contemporaneità” presso il Palazzo Arese Borromeo di Cesano Maderno. Nel 2024, con una installazione, ha esposto presso il Padiglione della Repubblica Popolare del Bangladesh in occasione della “LX Esposizione internazionale d’arte di Venezia”. Apertura: 21/12/2024 - Conclusione: 09/03/2025 Organizzazione: Comune di Rocca D’Evandro CE Curatore: Massimo Bignardi Indirizzo: Via Santa Margherita - 81040 Rocca d’Evandro (CE) Inaugurazione: sabato 21 dicembre alle ore 16.00, nelle sale del piano nobile Per info: 347 4533449 | associazione.flangini@gmail.com https://www.associazioneflangini.eu


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CAMPANIA

Napoli Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta - Mostra Impressionisti e la Parigi fin de siècle Dal 23 novembre 2024 - 27 aprile 2025

Nella Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta a Napoli è visitabile la mostra, dal carattere antologico, un omaggio al rivoluzionario movimento artistico francese nato 150 anni fa, con la prima esposizione parigina che ne segnò il debutto ufficiale sulla scena mondiale, il 15 aprile 1874. 69 sono le opere esposte, realizzate da 40 artisti prevalentemente francesi, sono suddivise in 3 sezioni che tracciano la storia delle origini e le evoluzioni dell’Impressionismo, sullo sfondo della Parigi di fine secolo protagonista disignificativi cambiamenti. La prima sezione, intitolata La rivoluzione realista e l’École de Barbizon presenta 18 opere, per lo più dipinti a olio e acqueforti, realizzate da artisti della Scuola di Barbizon, tra i quali: Corot, Delacroix, Rousseau, Millet, Courbet, Lecomte, dediti alla pittura paesaggistica e realistica, punti di riferimento per gli Impressionisti. La seconda sezione, intitolata La conquista degli Impressionisti, presenta 45 opere di 21 artisti, ispirati dalla scuola di Barbizon opere , molto diverse dall’accademismo fino ad allora imperante. In questa sezionesoni presenti sono incisioni e disegni, che mettono in luce i lavori di studio e di preparazione per opere di grandi artisti come, Cézanne, Manet, Boudin, Degas, Renoir, Forain, Guillaumin, Monet e Mary Cassat, pittrice americana, una delle poche donne ammesse a partecipare all’arte dell’epoca. La terza sezione, ospita 6 opere del periodo post-impres-

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sionista realizzate dall’artista svizzero-francese Jeanniot, dal delicato paesaggista Firmin-Girard, dal pittore e incisore svizzero Ranft il cui dipinto “Ladies in café” è stato scelto come immagine simbolo dell’esposizione, fino a Nabis, con Bonnard e Denis. Da vedere anche l’’area multimediale attrezzata con postazioni dotate di Oculus 3D che consentono la visione virtuale di alcune opere impressioniste di ambientazione parigina e altre di ambientazione naturalistica La mostra è a cura di Vittorio Sgarbi in collaborazione con Stefano Oliviero.

Informazioni: Regione: Campania Luogo: Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, piazzetta Pietrasanta 17 Napoli Dal 23 novembre 2024 - 27 aprile 2025 Telefono: 081/19230565 Orari di apertura: 9,30-19,30 da lunedì a venerdì; 9,3020,30 sabato, domenica e festivi Costo: 15 euro; ridotto 13 euro Dove acquistare: www.ticketone.it Sito web: www.navigaresrl.com Organizzatore: Navigare Srl in collaborazione con Polo Culturale Pietrasanta e Lapis Museum

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CALABRIA

Tra Arte e Identità: l’Universo creativo di Luigi Perenz

L’arte è un linguaggio universale che riesce a esprimere emozioni, storie e identità culturali in modi che spesso vanno oltre le parole. Ho il piacere di intervistare un artista, Luigi Perenz, che ha saputo unire la sua passione per l’arte con un forte senso di appartenenza alla propria comunità e alla sua professione. Con un percorso che affonda le radici nella sua infanzia e che si è evoluto attraverso esperienze significative. Perenz ha realizzato opere che non solo abbelliscono lo spazio pubblico, ma raccontano anche storie di coraggio e dedizione, come quella del Questore Angelo De Fiore. La sua arte figurativa moderna riflette la bellezza del paesaggio calabrese e i valori della Polizia di Stato, in un dialogo continuo tra il personale e il collettivo. Scopriamo insieme il suo mondo, le sue ispirazioni e i progetti futuri che lo entusiasmano. D. Cosa ti ha spinto a intraprendere il percorso artistico e quale ruolo ha avuto la tua professoressa di educazione artistica nella tua formazione? R. Credo che in me ci sia da sempre stata una passione innata per il mondo dell’arte, passione checoltivo sin da bambino e che con il tempo ho curato perfezionando il mio stile artistico. La miainsegnante di arte ha fortemente influito sulla mia formazione e ha saputo incoraggiare questo miotalento facendomi conoscere molteplici tecniche grafiche. D. Qual è stata l’esperienza più significativa della tua carriera artistica fino ad oggi e perché? R. La mia esperienza più significativa è stata sicuramente la realizzazione del murale dedicato alQuestore Angelo De Fiore, personaggio nativo di Rota Greca che più volte ho raffigurato nelle mieopere in quanto rappresenta una figura molto importante sia a livello nazionale, per il suoimportante contributo dato durante il periodo dell’occupazione fascista nel salvare numerose viteumane dallo sterminio, sia per me a livello professionale, quale punto di riferimento nellosvolgimento del mio lavoro.

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Ed infatti, con la collaborazione preziosa della mia collega AngelaPanetta, a Diamante nella città dei murales, abbiamo realizzato un’opera dedicata agli uomini edalle donne della Polizia di Stato che quotidianamente come Angelo De Fiore rischiano la loro vita alservizio della gente. D. Come descriveresti il tuo stile artistico e quali temi ricorrono nelle tue opere? R. Il mio stile si avvicina al figurativo moderno, rappresentando la realtà nei suoi aspetti concreti, conla forma che gli oggetti hanno in natura. Mi piace rappresentare scorci paesaggistici,principalmente quelli del mio territorio, come spesso faccio nelle estemporanee a cui partecipo.Realizzo, inoltre, nature morte e ritratti attraverso diverse tecniche. I temi più ricorrenti nelle mieopere sono riferimenti al mio lavoro, infatti come dicevo prima ho realizzate diverse opere dedicateal Questore De Fiore. Ho realizzato, inoltre, opere che contengono immagini della città in cui lavoroove ho sempre inserito la presenza di elementi che fanno riferimento alla Polizia di Stato(macchine, moto, stemmi...) in quanto mi piace dare rilievo al lavoro che svolgo e che amo anche nei miei lavori artistici.


D. Puoi parlarci del tuo approccio alla creazione di murales e come scegli i soggetti da rappresentare? La mia prima esperienza è stata commissionata a Sant’Ilario dello Ionio presso la “Casa degliArtisti”, dove, sempre insieme alla collega Panetta, abbiamo realizzato su una parete di 6 metri il paese ed i relativi personaggi del passato, nell’intento di ridare vita e dignità ad una realtàterritoriale calabrese che stava svanendo e che invece adesso è diventata meta di visite turistiche.La scelta dei soggetti da rappresentare sui murales nasce dalla richiesta dei committenti e sullabase di questa si realizza una bozza che viene fatta visionare agli stessi prima della realizzazione.

D. In che modo le tue esperienze professionali nella Polizia di Stato influenzano la tua arte? R. Il mio lavoro, come già precisato, rappresenta una parte fondamentale della mia ispirazioneartistica così come rappresenta parte fondamentale della mia vita.

D. Hai progetti futuri in cantiere che ti entusiasmano particolarmente? R. Ho intenzione di realizzare nel paese dove vivo un grande murale dedicato al grande condottieroRoberto il Guiscardo, il quale durante l’epoca normanna diede lustro con le sue gesta a tutto ilmeridione e soprattutto alla città di San Marco Argentano. D. Come vedi l’arte contemporanea in Italia e quale consiglio daresti ai giovani artisti che si avvicinano a questo mondo? R. L’arte contemporanea in Italia è promossa dai musei di arte, dalle gallerie, da istituzioni culturali edagli artisti stessi, che si organizzano in collettivi e dirigono a loro volta organizzazioni.Contribuiscono alla produzione dell’arte contemporanea i critici, i curatori, i mercanti, leistituzioni, le mostre, le biennali; questi diversi attori costituiscono il cosiddetto mondo dell’arte. Ma credo che gli artisti debbano essere maggiormente sostenuti nella realizzazione e nella venditadelle loro opere, con la previsione di finanziamenti, di premi e di residenze d’arte. Il consiglio chevoglio dare ai giovani che si avvicinano al mondo dell’arte è quello di essere se stessi. Attraverso l’artesi può dare sfogo al proprio pensiero e ad alla propria creatività. D.Qual è la tua opinione sull’importanza della cultura e dell’arte nella società attuale? La cultura e l’arte hanno il potere di arricchire la vita delle persone, di promuovere il dialogo el’inclusione sociale, di contribuire al progresso economico e di formare soprattutto le nuovegenerazioni.

D. Qual è il significato delle donazioni delle tue opere a enti pubblici e cosa speri di comunicare attraverso di esse? R. L’intento di ogni artista è quello di far conoscere la propria arte agli altri. La collocazione diun’opera all’interno di luoghi pubblici permette sicuramente di far arrivare il proprio messaggioartistico a più persone, sperando di essere apprezzato e di lasciare un mio ricordo alle generazionifuture.

D. Ci parli della tua esperienza nella realizzazione della copertina del libro “I randagi di Brettia” e come hai sviluppato il concept grafico? R. Sono tante le copertine di libri da me realizzate. Quella del libro de “I randagi di Brettia” nascegrazie all’amicizia con Gisella Grande, amante degli animali e che ha voluto fortemente scrivere unlibro per bambini con racconti sui suoi cuccioli. È stato per me una bellissima esperienza ed è statobello realizzare questa immaginaria guerriera Brettia che con la sua spada ed il suo scudo guida e sitrova a combattere a capo dei suoi randagi. Alessandra Primicerio (critico d’arte)

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CALABRIA

Dalla Modernità alla Postmodernità:

l’Arte come narrazione e sostenibilità alla Biennale di Cosenza.

La Biennale d’Arte di Cosenza si erge come un faro luminoso nell’universo dell’arte contemporanea, offrendo uno spazio di riflessione e dialogo tra tradizione e innovazione. Promossa dall’Associazione Civitas Solis, questa manifestazione si impegna a valorizzare il talento artistico in contesti periferici, affrontando le sfide economiche che gli artisti devono superare per affermarsi. In un’epoca postmoderna, l’arte si distacca dalle grandi narrazioni del passato, come evidenziato dai pensieri di critici quali GuyDebord e Jean-François Lyotard. Le opere d’arte non sono più semplici oggetti estetici, ma diventano esperienze condivise in cui il pubblico assume un ruolo attivo nella creazione del significato. La Biennale invita a esplorare nuove modalità espressive, rivelando il potere dell’arte come strumento di riflessione sociale e culturale. Quest’edizione della Biennale si distingue per il suo focus sulla sostenibilità, frutto della collaborazione con il Sistema Museale Universitario di Cosenza. L’arte viene interpretata come un ponte tra scienza e natura, affrontando temi cruciali come la biodiversità e i cambiamenti climatici. Progetti innovativi, come l’uso di vernici fotocatalitiche, dimostrano come l’arte possa contribuire a un futuro più sostenibile, oltrepassando i confini tradizionali della creatività.

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La Biennale non è soltanto una mostra, ma un laboratorio di idee che promuove il dialogo intergenerazionale. Artisti come Alfredo Granata e Maria Credidio presentano opere che esplorano il rapporto tra passato e futuro, creando narrazioni che si evolvono nel tempo e invitano a una riflessione profonda. Maria Credidio, artista multiforme e presidente della Biennale d’Arte Contemporanea Magna Grecia dal 2001, si distingue per l’uso di forme geometriche essenziali e una palette ridotta al bianco e nero. Alfredo Granata è un artista che si distingue per la sua innovazione e poliedricità. Ha sviluppato un percorso che fonde performance e musica sperimentale, ispirandosi a figure come Alberto Burri e John Cage. Le sue opere, realizzate con materiali riciclati, creano esperienze immersive

che riflettono sulla condizione umana. Granata è anche un promotore delle residenze artistiche in Calabria, che contribuiscono a rafforzare la scena culturale locale. La Biennale di Cosenza si profila dunque come un’importante iniziativa culturale, capace di stimolare creatività e ispirazione per le future generazioni. Rappresenta un punto di riferimento nel panorama artistico del Sud Italia, invitando a riscoprire l’arte come un bene culturale e un valore che trascende il mercato, sollecitando una riflessione profonda sul nostro rapporto con la storia, la natura e la società. In un mondo in continua evoluzione, la Biennale di Cosenza si conferma come un luogo di incontro e riflessione, dove l’arte diventa un potente strumento di cambiamento. Alessandra Primicerio (critico d’arte)

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SICILIA

8 DICEMBRE 2024 / 7 GENNAIO 2025 Il progetto espositivo si basa su due elementi fondamentali: Arte Contemporanea, con l’iconizzazione di Sofia Loren dell’Artista Newyorkese Frank Denota, che altro non rappresenta la cultura dei nostri tempi. Insieme ad una selezione di opere astratte di: Lucio Fontana, Sam Francis, Mimmo Rotella, Giuseppe Santomaso, Alberto Magnelli e Zhu Wei. In contrapposizione all’arte

Contemporanea la mostra continua nell’altro spazio della galleria dove invece ha origine l’arte Moderna con una selezione di opere impressioniste e post impressioniste di Lorenzo Chinnici, Maximillien Luce, Achille Laugé, Renato Guttuso e la scuola di Camille Pissarro il cui tema principale è il paesaggio.

LUCIO FONTANA ‘’taglio rosa’’ PVC 30X30cm – 1968

SAM FRANCIS ‘’astratto’’tempera su carta 11X36 cm – 1980

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MIMMO ROTELLA ‘’Optical’’ decolage su tela 76X100 cm - 2004

ALBERTO MAGNELLI ‘ ’contrasti’’ olio su tela 40X50 - 1965


G. SANTOMASO ‘ ’senza titolo’’t su carta 35X50 cm – 1980

FRANK DE NOTA ‘’Sophia Loren’ olio su tela 90X150 cm – 2024 Evidenziando come la cultura post romantica abbia iconizzato il paesaggio diventando un tema predominante. Così, mentre l’Arte Contemporanea mette al centro della questione la Donna con la sua bellezza e la sua emancipazione, l’Arte Moderna pone come tema centrale la natura. Entrambi Pop ognuno a modo proprio, così come i tempi e la cultura del momento impongono.

MICHEL ANTHONY ‘’Amour Flamboyani’’ bronzo bianco lucido 20x30x3cm 70Kg- 2013

CAMILLE PISSARRO ‘ ’Cigni’’ olio su tela – 45X65cm– P.900

PATRICK LO GIUDICE ‘’Marylin encausto’’ strati di cera e pigmenti di vernice bruciati 44x35cm – 2022

LORENZO CHINNICI ‘ ’Paesaggio rurale – Alapa’’ olio su tela - 50x70 cm - 1991

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SICILIA

“Celebrating Picasso” a Palazzo Reale: la mostra che celebra il genio del maestro Dal 12 dicembre 2024 al 4 maggio 2025

Dipinti, litografie, linoleografie, acquetinte, acqueforti, ceramiche, puntesecche, opere straordinarie. Arriva in Sicilia un importante e variegato corpus di opere in grado di raccontare Pablo Picasso a tutto tondo: sia l’artista che l’uomo. Celebrating Picasso. Capolavori dal Kunstmuseum Pablo Picasso di Münster è la mostra dedicata a Pablo Picasso, uno dei massimi artisti del XX secolo e tra i più grandi di tutti i tempi, che viene allestita a Palazzo Reale di Palermo, organizzata dalla Fondazione Federico II, presieduta da Gaetano Galvagno, in collaborazione con il Kunstmuseum “Pablo Picasso” di Münster. Prestiti preziosi giungono anche dal Museo Picasso di Antibes, dal Mart (Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto), dalla Galleria La Nuova Pesa di Roma, oltre ai prestiti di collezioni private. La mostra - visitabile dal 12 dicembre 2024 al 4 maggio 2025 - racconta attraverso 84 opere il binomio imprescindibile tra le opere di Picasso e la sua biografia. «Mi sveglio neoclassico e mi addormento neocubista», affermava Picasso, ribadendo la sua devozione verso una continua ricerca di forme sempre nuove, la sua completa libertà nella scelta degli stili, la sua sorprendente maestria nell’uso di materiali inediti. L’esposizione presenta proprio i molteplici volti e sfaccettature dello spagnolo con prestiti che illuminano la complessità dell’artista multitalento, icona del genio artistico già durante la sua vita. Da un’opera all’altra emerge un mosaico che presenta Picasso, artista e uomo, in tutta la sua mutevolezza, ma anche con tutte le sue contraddizioni. «Con questa mostra - ha detto il presidente della Fondazione Federico II, Gaetano Galvagno, - la Fondazione fa un

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altro passo avanti nell’ambizioso obiettivo di porre Palazzo Reale in rete con le più prestigiose istituzioni artistiche pubbliche e private, spingendo sullo sviluppo di relazioni internazionali che consentano scambi di conoscenza, partenariati, arricchimenti reciproci, coproduzioni di qualità». INFO ORARI E COSTI BIGLIETTI Venerdì, sabato, domenica, lunedì e festivi Ingresso Cappella Palatina, Appartamenti Reali, Giardini Reali, Mostra “Celebrating Picasso” e Area Archeologica Intero: 19 euro Ridotto under25 e docenti: 17 euro Ridotto over65: 15,50 euro Ridotto giovani tra 14 e i 17 anni: 11 euro Martedì, mercoledì e giovedì Ingresso Cappella Palatina, Giardini Reali, Mostra “Celebrating Picasso” e Area Archeologica Intero: 15,50 euro Ridotto under25 e docenti: 13,50 euro Ridotto over65: 13,50 euro Ridotto giovani tra 14 e i 17 anni: 9 euro I biglietti possono essere acquistati online sul sito della Fondazione Federico II o fisicamente nella biglietteria (in piazza della Vittoria, 23), dal lunedì al sabato, dalle 8.30 alle 16.30; la domenica e i festivi, dalle 8.30 alle 12.30. Maggiori info chiamando il numero 091 7055611 (dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 13.00).


L’universo di Monet a Palermo: una speciale esperienza (immersiva) a Palazzo Trinacria

SIn occasione delle celebrazioni per il 150esimo anniversario della nascita del movimento impressionista, gli spazi e le superfici di Palazzo Trinacria a Palermo si animano ospitando la nuova mostra immersiva dedicata a “Monet e gli Impressionisti - Immersive Experience”. La nuova mostra, patrocinata dal Comune di Palermo e ideata dalla Fondazione Pietro Barbaro appositamente per Palazzo Trinacria, apre le porte sabato 14 settembre e rimane visitabile fino al 14 gennaio 2025, dal martedì alla domenica. Questa mostra immersiva, che comprende anche un’originale esperienza mediante Oculus VR, offre ai visitatori un viaggio indimenticabile nel meraviglioso universo di Claude Monet, degli impressionisti francesi e dell’intera Francia del XIX secolo, delle sue rivoluzioni e atmosfere. Nato a Parigi nel 1840, Claude-Oscar Monet è stato un pittore francese, considerato uno dei fondatori dell’impressionismo francese e certamente il più coerente e prolifico del movimento. I suoi lavori si distinguono per la rappresentazione della sua immediata percezione dei soggetti, in modo particolare per quanto riguarda la paesaggistica e la pittura en plein air. Nella prima giovinezza, a Le Havre, fu in contatto con E. Boudin che per primo orientò il giovane, allora dotato caricaturista, verso la pittura di paesaggio. Di nuovo a Parigi, dal 1859, visse con quanto poteva guadagnare dalle caricature, si iscrisse all’Accademia Svizzera, dove conobbe Pissarro, e frequentò lo studio di Troyon e poi di Gleyre, ma si formò soprattutto studiando Corot e Daubigny. Nel 1866 andò con i suoi compagni a Champigny-sur-Marne, per dipingere direttamente dalla natura; nell’autunno dello stesso anno si recò in Algeria per il servizio militare. Ebbe dunque vivissima l’impressione di due paesaggi e di

due situazioni luministiche radicalmente diverse. Nel 1862 tornò in Francia e a Chailly-en-Bière, non lungi da Barbizon, divenne amico di Renoir, Sisley, Bazille; fu tra i primi a schiarire la tavolozza per liberarsi dei modi accademici, a far degli effetti di colore e di luce la base della pittura. Nel 1865 conobbe Courbet che lo influenzò al pari di Manet. Se le prime opere furono figure e composizioni (Camille, 1866, Brema, Kunsthalle; Donne in giardino, 1867, Parigi, Musée d’Orsay) che sembrano ancora accordare il realismo di Courbet e la luminosità di Corot, le esperienze successive andarono sempre più orientandosi verso il paesaggio e la ricerca di mobili, vivacissimi effetti di luce e di atmosfera. A ciò contribuirono notevolmente le opere di Constable e Turner, che M. ebbe modo di vedere a Londra dopo il 1870. Per superare le difficoltà economiche del gruppo, nel 1874 ideò una esposizione di artisti indipendenti nello studio del fotografo Nadar; M. espose Impression. Soleil levant(Parigi, Musée Marmottan) e dal titolo dell’opera il critico L. Leroy coniò in senso ironico il termine “impressionismo”. Lavorò sempre all’aria aperta, prediligendo i mobili riflessi della luce sull’acqua e del sole tra le fronde. Dopo aver lungamente lavorato ad Argenteuil (1866-78), dove organizzò il suo studio su un battello, a Vétheuil (1878-86) e compiuto viaggi a Londra e a Venezia, si stabilì a Giverny dove realizzò molti dei suoi capolavori: le serie dei Covoni, della Cattedrale di Rouen, dei Pioppi, delle Ninfee, degli Effetti d’acqua. Nel 1922 M. donò allo stato 12 tele con Ninfee (sistemate nel 1927 in una sala dell’Orangerie). Il figlio Michel legò all’Académie des Beaux Arts la proprietà di Giverny e 150 tele al Mus. Marmottan.

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14 - 16 FEBBRAIO 2025 Fiera di Genova - Padiglione Blu venerdì, sabato, domenica ore 10,00 - 20,00

Segreteria organizzativa Nord Est +39.0495800305


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