Rivista20 luglio agosto 2016

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N°16 luglio - agosto 2016 -

periodico bimestrale d’Arte e Cultura

www.rivista20.jimdo.com

ARTE E CULTURA NELLE 20 REGIONI ITALIANE

ANDREA GASTALDI

Edito dal Centro Culturale ARIELE


La Rivista20 fotografata da Giacomo Mozzi e Fabrizio Gatta a Time Square, Manhattan, New York in occasione della mostra The Artist’s style in Art, 2016 BIMESTRALE DI INFORMAZIONE CULTURALE

del Centro Culturale Ariele

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Hanno collaborato: Giovanna Alberta Arancio Ermanno Benetti Tommaso Evangelista Lodovico Gierut Silvia Grandi Irene Ramponi Letizia Caiazzo Antonietta Campilongo Alessandra Primicerio Francesco Mastrorizzi Roberta Panichi Enzo Briscese Ludovico Operti Marzia Mandrini Paola Corrias Cinzia Memola Nicolò Marino Ceci

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Rivista20 del Centro Culturale Ariele Presidente: Enzo Briscese Vicepresidente: Giovanna Alberta Arancio orario ufficio: dalle 15 alle 19 tel. 011.37 24 087 mail galleriariele@gmail.com -----------------------------------------------------

In copertina: opera di Andrea Gastaldi

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CENTRO CULTURALE ARIELE Arte e Società

La situazione attuale delle gallerie d’arte torinesi riflette per la maggior parte la situazione più generale italiana che presenta un rilevante calo degli spazi espositivi. Per parlare della situazione artistica attuale, occorre puntualizzare un concetto base, ossia la confusione che si è generata negli ultimi anni. Tutti fanno arte, tutti sono artisti. D’altro canto c’è un’affollamento di pseudo operatori culturali che speculano sul narcisismo degli pseudoartisti, questo ha determinato una superproduzione non controllata di opere sul mercato, svalutando e distruggendo di fatto l’intero settore. Tutti hanno diritto ad esporre, anche i dilettanti, a patto però che ci sia un circuito selettivo che tenga separata la parte dilettantistica da quella professionale. Anche gli operatori culturali devono avere una preparazione adeguata oggi mancante. Il nostro paese continua a trovarsi in una condizione di scarsa, o nulla, competitività sulla scena del mercato d’arte internazionale. Una delle ragioni di questo calo è stata individuata nel fatto che le istituzioni italiane spesso non sono addentro alle dinamiche del mercato, mentre la mancanza di chiarezza in fatto legislativo contribuisce a creare un clima d’incertezza. (IV summit Arte e cultura promosso da Il Sole 24 Ore) Tenuto conto dei fattori di incidenza nazionali, va rilevato che Torino, seppure considerata “ città d’arte”, in questi anni, non ha fronteggiato la condizione di criticità e ha lasciato allo sbaraglio le gallerie d’arte attanagliate dalla crisi delle vendite e dai cambiamenti strutturali in atto. A proposito delle trasformazioni in positivo che hanno reso Torino in questi anni un citato polo artistico-culturale vanno considerate la promozione e la cura dei grandi eventi da parte delle istituzioni in quanto il ruolo assunto dalla città non è ovviamente un fatto casuale quanto piuttosto il frutto di una pianificata sfida programmata che tiene però molto parzialmente conto delle potenzialità e dei problemi presenti sul territorio. Questi ultimi sono state trascurati ritenendo a torto che le piccole mostre possano prosperare sulla scia delle grandi e che pertanto tutto il circuito diventi virtuoso grazie a quel “fermento” principale in cui l’ intervento comunale funge da garante. Non ci pare che questa positiva ricaduta artistica si sia verificata e le piccole realtà non solo non sono coinvolte grazie alla presenza delle manifestazioni prestigiose ma anzi

vivono in ombra e completamente senza sostegno alcuno così che sono impossibilitate a crescere. L’azione politica dimostra la sua lungimiranza quando, oltre a promuovere gli eventi sicuri per successo di pubblico e di incasso, riesce a seguire le manifestazioni minori evidenziandole perchè anche esse siano collegate ad un piano di sviluppo e, conseguentemente, di promozione. Attualmente gli interventi artistico-culturali sono concentrati in Torino centro e nell’area sud lasciando sguarnite parte delle periferie e l’area nord mentre, per quanto riguarda le associazioni culturali e le gallerie, come si è detto, faticano e si difendono tra molti assilli facendo rete all’interno di una situazione incerta. L’associazionismo culturale costituisce a Torino una realtà che è sempre stata presente sul territorio, contando spesso sulle proprie limitate forze e senza alcuna visibilità. All’interno di questo contesto è vitale mutare l’ottica individualistica di gestione e, come si è cominciato a discutere da diverso tempo, occorre unire le forze per “ reinventare” il modo di progettare rendendo operante lo strumento dello scambio tra spazi espositivi e avviare le più varie sinergie da mettere in atto creando vetrina e promozione e innescando creatività collettiva. In questo periodo ciò che lascia perplessi è pure l’atteggiamento diffuso di noncuranza verso un importante storico bagaglio artistico, quale la pittura e la scultura, che sembra essere considerato alla stregua di un ferrovecchio non più necessario o inadeguato nei confronti degli orientamenti attuali. La solida perizia artigianale,vale a dire la padronanza del mestiere che presuppone abilità, costanza, unita ad un motivato atteggiamento concettuale ed emotivo, pare del tutto svalutata e sommersa a fronte di una miriade di installazioni, repliche, facili improvvisazioni alla ricerca della sorpresa e della provocazione. Purtroppo la città di Torino, così generosa nel generare talenti meritevoli non lo è altrettanto quando si tratta di valorizzarli e di prestare loro la giusta attenzione e visibilità. Si cade piuttosto nell’esterofilia trascurando le genialità nostrane lasciate a cavarsela, impastoiate nei localismi, perché vengono negate le legittime opportunità.

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I MAESTRI DELL’ACCADEMIA ALBERTINA DI TORINO

ANDREA GASTALDI le opere e i giorni

Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto, Torino. Pinacoteca dell’Accademia Albertina, Torino. 15 giugno2016 - 4 settembre 2016.

Rocce e panorama di Monti - 1880

La doppia mostra,che ho curato personalmente grazie alla fattiva collaborazione degli eredi, della Fondazione De Fornaris, della Galleria d’arte Moderna e di Palazzo Reale, esplora l’arte e la pittura di un grande protagonista della seconda metà dell’Ottocento Italiano, attraverso un articolato percorso espositivo che valorizza il suo gusto estetico fatto di virtuosismo, bello ideale e indagine naturalistica sulla realtà. E’ la più grande mostra mai realizzata di un artista che per circa 30 anni fu insegnante di pittura presso l’Accademia Albertina. Aggiornò con un’impronta cosmopolita l’arte italiana attraverso prolungati soggiorni di studio tra Roma, Firenze e una decina d’anni trascorsi a Parigi, inserendo nelle sue opere, quei nuovi stilemi, prima romantici poi realistici, che venivano ad affermarsi in tutta Europa. La sezione ospitata dalla Pinacoteca Albertina ha come titolo “UN ARTISTA INTERNAZIONALE” e focalizza l’attenzione non solo sulle doti dell’insigne maestro con grande esperienza e cultura internazionale, ma anche su quelle del docente che ha formato tutti gli artisti che avario

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merito hanno atto grande la scena artistica sabauda, tra la fine dell’800 e la prima metà del 900. Sono esposti i soggetti a contenuto etico-religioso e le grandi tele di ispirazione storico-letteraria che, con interpretazione neoromantica, hanno esaltato le virtù civiche e morali delle epoche passate. La sezione presentata al Museo Accorsi- Ometto si intitola “UN SODALIZIO D’ARTE E AMORE”. Mette in risalto il dialogo artistico e affettivo di Andrea Gastaldi con la pittura della moglie parigina Léonie Lescuyer, attraverso un viaggio all’interno del cuore dell’uomo e un affettuoso sguardo sul mondo circostante. Andrea Gastaldi nacque a Torino il 9 gennaio 1826. Secondogenito di un’agiata famiglia di elevata condizione culturale e sociale e di fervente impronta cristiana, il padre Bartolomeo, avvocato, aveva sposato Margherita Volpato, impegnata a fianco della madre di don Giovanni Bosco nell’attività a favore dei giovani; il fratello primogenito Lorenzo, teologo rossiniano, sarà vescovo di Saluzzo e poi arcivescovo di Torino, il terzogenito Bartolomeo eminente


Saffo - 1872

studioso di geologia e paleoetnologia, il fratello Biagio medico e clinico all’Università di Palermo e l’ultimogenito Giovanni pure medico. Ma è lo zio Giovanni Volpato a influenzare la carriera artistica di Andrea: ispettore della Pinacoteca privata del re Carlo Alberto, a cui aveva venduto la sua famosa collezione di dipinti antichi, passata poi a fare parte della Biblioteca Reale, eletto Accademico Nazionale presso l’Accademia Albertina, come restauratore si occupò del cartone gaudenziano della Sant’Anna, attribuito a Leonardo da Vinci. Fornì al giovane Andrea sollecitazioni culturali tali da indurlo a declinare i consigli del padre per la carriera forense e a intraprendere la carriera artistica. L’artista, durante la sua formazione, negli anni quaranta a Torino presso l’Accademia Albertina, sotto la direzione del Biscarra, si legò alla cerchia degli insegnanti Gaggini e Palagi, che lo indirizzarono verso un classicismo con richiami alla pittura italiana del cinque-seicento. La possibilità di accedere direttamente alla collezione personale del Volpato e alla quadreria e ai cartoni Mossi di Morano, donati da Carlo Alberto all’Albertina, contribuirono fortemente all’adozione di un impianto formale tipico del romanticismo storico. Nel 1847 a ventun anni partecipa per la prima volta, con un soggetto religioso, alla mostra annuale della Società Promotrice di Belle Arti di Torino con il quadro “Addio tra Gesù e Maria” e dipinge un quadro analogo di minori dimensioni; nel 1848, sempre alla Promotrice, espone “l’Italia liberata dall’austriaco per comando di Dio”, nel 1849 “Gesù sul Calvario converte la donna” e “L’uomo saggio che scacciando i vizi si attiene alla virtù”. Nel 1850 – 51 inizia il suo periodo di studio tra Roma e Firenze, dove avvengono i contatti con il movimento purista romano e i pittori di storia.

Addio tra Gesù e Maria - 1847

E’ presente alla V Esposizione dell’Industria Nazionale di Torino con il “Sacrificio di Abramo”, “Il cader del sole” e “Un re in catene”. Nel 1851 espone alla Promotrice “L’ora del pensiero”.

Fra Savonarola tratto prigioniero dai suoi compagnacci - 1856

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Rientrato a Torino nel 1852 riceve dal Consiglio comunale la sua prima commissione pubblica: viene associato a Giuseppe Camino per affrescare il portale principale della chiesa di san Massimo, indice del suo pieno inserimento nella comunità artistica sabauda. Espone alla Promotrice di Belle Arti “Il primo moto del vespro siciliano” e “Il sogno di Parisina”.

Tre figure per il dipinto il conte Tommaso I di Savoia - 1864-1865

Nel 1854 espone alla Promotrice “Lesprisonniers de Chillon”, che andrà in mostra l’anno seguente all’Esposizione Universale di Parigi e ottiene la Mention Honorable. Nel 1856 alla Promotrice espone “Frà Savonarola tratto in prigione fra gli insulti dei Compagnacci”, nel 1857 “La Lia”, “Ritratto dell’autore”, “La Pia de Tolomei”, “Dante e Virgilio incontrano Sordello”; nel 1858, sempre alla Promotrice, espone “L’imperatore Federico Barbarossa dopo la battaglia di Legnano si sottrae al campo di battaglia” e “Studio di testa”.

Tre teste - 1851 circa

Nel 1853 alla Promotrice di Torino espone “La perdita del primo amore”; si sposta a Parigi dove soggiorna fino al 1859 pur continuando la sua presenza alle mostre torinesi. Il lungo soggiorno a Parigi diede al suo stile un’impronta internazionale, rara in Italia in quegli anni, dove egli rappresentò il gusto artistico del tempo fatto di virtuosismo, bello ideale e indagine naturalistica sulla realtà e i suoi valori correnti. Espone al Salon di Parigi “Coucher du soleil”. La giuria era composta da Delacroix, Flandrin, Delaroche, Picot. Conosce la pittrice Leonie Lescuyer che in seguito diventerà sua moglie.

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Si fa giorno in un’anima (anima e materia) - 1872

Studio di rocce e cascata- 1880 circa

Nel 1859 al Salon di Parigi espone “Pierre Micca se sacrifiant pour sa patrie” e “Ophelia”. Nel 1860 espone alla Promotrice di Torino “Pietro Micca nel punto di dar fuoco alla mina volge a Dio e alla Patria i suoi ultimi pensieri”; espone inoltre il dipinto “L’Innominato” tratto dal romanzo “I Promessi Sposi” del Manzoni. E’ nominato professore di pittura nella Reale Accademia Albertina. D’ora in avanti sarà chiamato a ricoprire importanti incarichi ufficiali e parteciperà all’Esposizioni Internazionali di Parigi, Londra, Dublino, Vienna Philadelphia oltre che a quelle Nazionali di Parma, Milano e Napoli e Torino. Mise la sua opera al servizio di una numerosa committenza ecclesiastica con grandiose tele devozionali e affreschi in numerose chiese Piemontesi e si dedicò con tanta passione all’insegnamento e viene ricordato come un docente impegnato in discussioni quasi socratiche con i suoi allievi. Fu un innovatore fra i tradizionalisti, uno sperimentatore di contenuti e tecniche pittoriche senza essere un rivoluzionario, un didatta delle arti senza pignoleria pedagogica.


LEONIE LESCUYER- GASTALDI Moglie di Andrea Gastaldi. Nacque a Parigi, nel 1829, fu allieva di J.R.H. Lazerges e di P.J.Moulan. Espone ai Salon parigini nel 1849, 1850, 1852, 1855 e 1857. E’ presente con vari dipinti i cui protagonisti sono animali, in particolare equini, ovini e caprini, ma non disdegna le nature morte, ritratti, i paesaggi e scene di genere storico-romantiche. Conobbe Andrea Gastaldi quando negli anni cinquanta si spostò a Parigi, ma non si conosce la data del loro matrimonio. Sappiamo che è presente alla Promotrice delle Belle Arti di Torino nel 1861 con due opere: “Vacca e vitello” e “Un colpo di frusta” e contemporaneamente invia anche un’opera a Brera: “L’ora del pasto” e nel 1863 è presente con “Il Guado”. Nel 1864 con il quadro:” I compagni di Miseria” continua ad esporre alla Promotrice che in varie occasioni acquista alcune opere e pubblica in quell’anno, sul loro “Album”, un’entusiastica recensione a cura di A. C. Pagani, corredata da una litografia dell’opera. Nel 1865 con “Gardien et voleur” incomincia a firmarsi: “Lescuyer damigella Léonie, di Parigi”, e come dimora dichiara lo stesso indirizzo di Andrea Gastaldi. Ritorna ad esporre alla Promotrice di Torino, dopo quattro anni di assenza, nel 1869 con il quadro: “Il boccone riservato” si firma: “Gastaldi Lescuyer signora Léonie” dimorante presso Andrea Gastaldi, il che fa supporre che nel frattempo i due si siano sposati. Dall’unione nasceranno tre figli.

Soldato con elmo che affila la spada - 1867

Pur con intervalli temporali continua ad esporre alla Promotrice. Nel 1887 manda l’opera “Affetto materno” all’ Esposizione Nazionale Artistica di Venezia, manifestazione che nel 1895 sarebbe diventata la Biennale. Si spense a Torino nel febbraio del 1899. Le opere che ci rimangono di lei, tutte di proprietà privata degli eredi Gastaldi, dimostrano la capacità dell’artista di interpretare la poetica agreste secondo gli stilemi di Rosa Bonheur, la più famosa pittrice dell’ottocento e di conformarsi all’alta qualità pittorica degli artisti Gericault e Delacroix, per la vibrante concitazione della composizione. Definita pittrice “animalista” per l’attenzione con cui trattò la rappresentazione della campagna e gli animali domestici, ritratti con vero realismo e partecipazione emotiva. Il suo dettato artistico rimane in grande misura ancora da studiare a approfondire con studi critici. Studio per la figura di Caino - 1869

Giovanni Cordero Torino 15 giugno 2015

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EVENTI

PIEMONTE

Il Nilo a Pompei-Visioni d’Egitto nel mondo romano Dal 5 marzo al 4 settembre al Museo Egizio di Torino la mostra

Cleopatra, ultima regina del periodo tolemaico e dell’età ellenistica, parlava greco, ma si considerava la reincarnazione della dea Iside. L’Egitto, negli ultimi tre secoli prima di Cristo, aveva pervaso l’area mediterranea diffondendo soprattutto la sua spiritualità e i suoi culti, contaminandosi a sua volta di cultura greco-romana. A questo incontro affascinante e interattivo di civiltà è dedicata «Il Nilo a Pompei», la prima grande mostra che inaugura il terzo piano del Museo Egizio (600 metri quadrati di spazio espositivo dedicato a Khaled al-Asaad, l’archeologo di Palmira ucciso dall’Isis). La mostra, aperta al pubblico da sabato 5 marzo, è parte di un progetto nato dalla collaborazione dell’Egizio con due tra le più importanti istituzioni archeologiche italiane come la Soprintendenza Pompei e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, ed è la prima tappa di un grande progetto espositivo (il 16 aprile a Pompei, il 28 giugno e l’8 ottobre a Napoli). Curata da Christian Greco, Federico Poole e da Alessia Fassone, con la collaborazione di Eva Mol, l’esposizione si focalizza sull’incontro tra la cultura egizia e quella ellenistico romana, a partire da Alessandria d’Egitto fino alle case e ai luoghi di culto pompeiani, attraverso sette sezioni in cui sono presentati oltre 330 pezzi di cui 172 prestati dalla So-

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printendenza Pompei e dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli e molti altri da musei italiani e stranieri. «Il Mediterraneo - sottolinea Federico Poole - è stato un grande centro propulsore della cultura cosmopolita di quel tempo, con una vitalità e una modernità che ci sorprende ancora oggi». Si parte dalla Grecia che guarda all’Egitto, al fascino esercitato da Iside e da Osiride e dalla diffusione del loro culto soprattutto in Campania, a Pompei ed Ercolano e anche a Benevento, dove esisteva un grandioso tempio di cui non si conserva traccia, ma restano tanti reperti (tra cui spicca una statua dedicata a Iside Pelagia di due tonnellate). Una sezione è dedicata al culto di Iside a Pompei e a Ercolano. Un’altra s’intitola «Il Nilo in giardino» e testimonia l’influenza della «moda egiziana» nelle case: qui si ammirano gli affascinanti lacerti d’affreschi dell’Iseo Pompeiano e della Casa del Bracciale d’Oro, oltre alle sculture della casa di Octavius Quartio. L’allestimento si conclude con una sezione dedicata alla diffusione dei culti isiaci in Piemonte con gli splendidi bronzi del sito di Industria. Il dialogo tra le due sponde del Mediterraneo sarà esaltato dalla ricostruzione in 3D delle case pompeiane del Bracciale d’Oro e di Loreio Tiburtino, decorate con statue che rievocano l’Egitto.


Toro cozzante del IV sec. a.C.

Per l’evento, frutto della partnership con la Soprintendenza speciale per Pompei, Ercolano, Stabia, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann), il Museo Iseo di Benevento e il Polo Museale della Calabria, saranno esposti 40 reperti dal Museo Archeologico di Napoli quasi tutti provenienti dal tempio di Iside di Pompei, lo stesso che ispirò Mozart per il suo «Flauto magico».

Barca di Iside Pelagia

gi, tra cui la lastra della Tomba del Tuffatore, e il recupero botanico e storico di due giardini borbonici presenti nella struttura.

Sempre da un tempio di Iside, ma stavolta da quello di Benevento dal linguaggio maggiormente faraonico, arrivano per la mostra torinese un Toro Api, un Falco, una Statua di Domiziano, un Sacerdote con canopo, una Cista mistica, una Barca di Iside Pelagia, un Rilievo in stile egiziano, una Statua del Medio Regno, una Statua di adoratrice di Iside, i reperti erano custoditi presso il Museo Arcos di Benevento, che era però nato come museo di arte contemporanea e che forse ora scopre la sua vera vocazione. A suggello della collaborazione con il Polo Museale della Calabria, a Torino ci sarà, direttamente dal Museo Archeologico della Sibaritide, anche il Toro cozzante, bronzetto del IV secolo a.C., simbolo della città di Thurii. Ma i reperti non viaggiano in una sola direzione: la Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino si è impegnata a trasferire, a sua volta, due statue isiache a Benevento e a portare a Pompei alcuni reperti egizi che verranno esposti nella Palestra Grande e nella piramide in ferro e legno realizzata dall’architetto Francesco Venezia negli scavi. Il dialogo con l’Egitto continuerà anche dopo la chiusura della mostra torinese grazie alla riapertura, il prossimo 7 ottobre dopo 5 anni di lavori, della sezione egizia del museo napoletano, la seconda per importanza in Italia. Il progetto di rilancio del Mann, studiato dal nuovo direttore Paolo Giulierini, prevede inoltre la riapertura il 28 giugno della sala dei Culti orientali, e il 16 marzo la mostra «Mito e Natura», con opere provenienti da Vienna, Atene e Pari-

Falco egizio

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ELISA FILOMENA

Laureata in Pittura all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino nel 2002. Nel 2013 espone a Palazzo Mathis di Bra alla mostra “Il gioco nell’arte e dell’Arte” Arte in Piemonte dal Novecento ad oggi a cura di Gianfranco Schialvino e al “Premio Reviglio” a Cherasco, Cuneo. Nel 2012 espone alla collettiva “White Box” a cura di Giuseppe Biasutti presso la Fondazione Amleto Bertoni di Saluzzo. Nel 2011 è uno degli artisti invitati da Vittorio Sgarbi per il Padiglione Italia alla 54° Biennale di Venezia Regione Piemonte. Nel 2009 espone alla Galleria Davico di Torino nella mo-

stra “Ritratti”. Nel 2003 ha vinto il primo premio della Borsa di Studio Alida Epremian, nel 2004 il terzo Premio di Pittura Cesare Pavese e nel 2008 il Premio di Pittura Matteo Olivero. Selezionata in numerosi concorsi tra cui il premio biennale Carlo Bonatto Minella nel 2011, e negli anni 2004, 2006 e 2008 al Premio Carlo Dalla Zorza tenuto dalla Galleria Ponte Rosso di Milano, di cui vince il secondo premio nell’edizione 2004. Alcune sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private, tra le quali la Collezione Permanente della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo

Stanze: vita interiore “La mente trama, trama e tesse le sue tele…”Syliva Plath Nel 2006 inizia ad avere uno studio dedicato esclusivamente alla pittura. Comincia ad usare l’olio e ad indagare la sua solitudine lavorativa e personale che in quel momento particolare della sua vita si mostrò davanti a lei

come uno specchio pronto all’uso. Da questo incontro con se stessa nascono numerosi autoritratti che via via vengono popolati da oggetti e arredamenti. Sono mobili e suppellettili che venivano comprati ai mercatini dell’usato e acquistati proprio per

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essere dipinti. Si costruisce all’interno dello studio delle scenografie pittoriche, composizioni che rappresentavano le sue suggestioni. Via via lo studio divenne una vera e

propria “casa-studio” ed in questo periodo nascono i lavori che saranno esposti alla galleria Davico di Torino nella mostra dal titolo “Ritratti” del 2009. Macrocosmo e microcosmo. Considerare il percorso umano come ricerca interna ed esterna a se stessi porta inevitabilmente al rapporto con la natura e al cosmo di cui l’uomo fa parte ed di cui è una tappa della creazione. Dal centro dell’essere umano, il cuore, si diramano domande e richiami, si apre un mondo di cui ciò che è interno all’uomo è inevitabilmente anche esterno ad esso, nella natura nel cosmo nel buio e nella luce della vita. Tutta la natura diventa simbolo e strumento per una ricerca più profonda verso una dimensione spirituale.

Come delle vanitas Il fiore è il simbolo puro e distintivo della primavera, di rinascita, risveglio, e rinnovamento. Delicati e perenni forze della natura. Sono inflorescenze effimere e fortissime associate a tutto ciò che seppur luminoso appassisce velocemente come transitorietà dell’anima. Il loro processo generativo coinvolge tutta la natura. Essi sono anche simboli sacri: con le radici radicate nel mondo sotterraneo e il corpo visibile sono la rappresentazione di ciò che in natura è nascosto da quello che è alla

luce. Come il fiore anche la farfalla assume la medesima simbologia e aiuta il trasporto del polline da un fiore all’altro. Essa è metafora della metamorfosi e dell’autorinnovamento per eccellenza. Il movimento delle sue ali ricorda lo sfavillare del fuoco e delle stesse. La stessa luce che attrae le falene verso la morte in una autodistruzione carica di promesse e di desiderio, come il raggiungimento di qualcosa di più alto di cui non possiamo fare a meno: un desiderio di salvezza.

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EVENTI

LOMBARDIA

MOSTRA “SEI STANZE, UNA STORIA OTTOCENTESCA” Galleria d’Arte Moderna di Milano

dal 21 maggio al 4 settembre 2016 da martedì a domenica: dalle 9.30 alle 17.30.

Mosè Bianchi

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La Galleria d’Arte Moderna di Milano propone, per la prima volta riuniti in un percorso espositivo compiuto, 62 capolavori delle sue collezioni, abitualmente conservati nei depositi, grazie alla eccezionale mostra “Sei stanze, una storia ottocentesca. Opere inedite dalle collezioni della GAM”. La retrospettiva intende raccontare la grande storia della pittura italiana dell’Ottocento attraverso i suoi più significativi interpreti, da Francesco Hayez ai fratelli Domenico e Gerolamo Induno, da Mosè Bianchi a Filippo Carcano, da Gaetano Previati a Vittorio Corcos, in un percorso che si focalizza sui grandi generi e sui grandi movimenti artistici che hanno caratterizzato il panorama artistico dell’epoca.


Gerolamo Induno La mostra si articola in sei stanze e altrettante sezioni. Le prime quattro sono dedicate ai principali generi della pittura dell’Ottocento, il ritratto, ilpaesaggio, la pittura di genere e la natura morta, ognuno illustrato attraverso la propria evoluzione nel corso dei decenni e nelle influenze dettate da una lato da nuove esigenze estetiche, dall’altro dalla committenza della classe borghese e imprenditoriale. Le ultime due sezioni sono dedicate alle due grandi tendenze artistiche che si sono affermate, confrontandosi e opponendosi, a partire dalla metà dell’Ottocento, il Realismo e il Simbolismo; due movimenti, nelle loro diversità, ugualmente tesi a rispondere ai quesiti e a interpretare la società di massa e le sue contraddizioni. Una mostra imperdibile per scoprire i protagonisti dell’arte dell’Ottocento e le opere nascoste dellaGalleria d’Arte Moderna di Milano che si propone di proseguire il progetto di disvelamento del proprio patrimonio artistico.

Francesco Hayez 13


NINO AIMONE

Il costante ma differenziato impegno ideologico ed etico dal 1964/5 alle ultime opere. Il 1965 è l’anno della Quadriennale romana, alla quale Aimone partecipa su invito con tre opere di grande formato (U.S.A. 1965, Il reattore, Minaccia atomica, presenti in questa mostra), ma è anche l’anno di una esperienza bruciante, un viaggio negli Stati Uniti con un gruppo di artisti italiani, che gli serve per confermare intuizioni, chiarire percorsi avviati almeno l’anno precedente, esprimere valutazioni rispetto ad orizzonti più vasti. Da quell’opera epocale nella vicenda del pittore che è Corso Massimo d’Azeglio derivano dipinti significativi come La ragazza Standa, e si avvia una serie di incisioni nell’arco del ’65 che s’intrecciano senza soluzione di continuità con i lavori di “’iconografia americana”. Al centro di questo manipolo di potenti immagini sta una figura femminile o maschile

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in fuga disperata e scomposta (figura che era comparsa circa due anni prima ma con riferimento alla seconda guerra mondiale: Il soldato tedesco, residuo di un dipinto smembrato). Ora invece – dico nelle opere del ’64-’65 – la fuga è motivata non da situazioni di natura bellica, almeno di guerra guerreggiata, ma da pericoli più subdoli, che allignano nella struttura stessa del capitalismo, specialmente evidenti nelle megalopoli sconvolte come da un dissesto generalizzato: il consumismo estremo, la violenza sociale, l’aggressività politica, l’ottusità ideologica, la potenza militare sempre meno controllata e controllabile, il dilagare dell’imperialismo economico, espressi da simboli che l’immaginario popolare ha coagulato in forme totemiche quasi primitive. Pino Mantovani


ALFREDO BILLETTO

Sono nato nel 1932 a Torino, dove prevalentemente vivo e lavoro. Dopo l’Accademia Libera di Belle Arti nell’immediato dopoguerra (vi insegnavano, fra gli altri, Domenico Buratti, Carlo Terzolo, Mario Giansone, Armando Testa), la mia formazione si compie frequentando gli studi di Cesare Maggi, e Felice Casorati. Ho soggiornato per lunghi periodi all’estero , in Spagna Olanda Africa e in Francia dove tuttora mi reco spesso. In tutti i paesi toccati mi sono inserito culturalmente con il mio lavoro. In una delle ultime personali, il sottotitolo concordato con i presentatori Marco Rosci e Pino Mantovani recita:” L’ordine del sensibile, una proposta classica nella tradizione dell’avanguardia”. In effetti, sono queste le caratteristiche del mio impegno, che si sviluppa sulle basi delle avanguardie storiche del ‘900,

in particolare Cubismo ed Espressionismo, elaborate nella direzione di un costante interesse per le forme limpide e ben strutturate. Nella mia pittura, la memoria del visibile si risolve in una meditata sintesi di spazioluce-colore. Se già nel ‘65 Mario De Micheli scriveva: ”Billetto rifiuta l’ambiguità, rifiuta l’approssimazione”, è però vero che non mi isolo ma vivo intensamente l’attuale stagione, traendone occasione per riflettere, “oggi e con le forme di oggi“ sulla mia profonda, connaturata esigenza di chiarezza, di lucidità formale ed etica, riuscendo senza contraddizione così a raccontare (sul filo di un dichiarato impegno civile), come a elaborare complesse composizioni “musicali”. Parte non minore della mia attività, la grafica e la scultura: modi diversi di occupare ritmicamente lo spazio, di disegnarne infinite variazioni e vibrazioni.

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VALENTINA CAMPAGNI

Valentina Campagni nasce a Pisa il 15/12/1974, si diploma al liceo scientifico sperimentale di Pisa nel 1993 e poi alla Scuola del Fumetto di Milano nel 1997. Negli anni seguenti i lavori, svolti nel campo dell’illustrazione e del fumetto, riguardano prevalentemente l’erotismo e il fantastico. Per qualche anno si dedica alla Pin-up Art su commissione ed espone all’interno di associazioni culturali e di locali milanesi. Collabora con riviste come “Il Sole 24ore”, “Max”, “Selen” e come visualizer insieme a importanti registi per progetti cinematografici e grandi eventi. Poi il suo percorso cambia, si approfondisce, nasce la voglia di guardarsi dentro sul serio, anche per essere in grado di vedere dentro gli altri, di capirli meglio. Le storie (personali e altrui) e i diversi filtri con cui si può vivere una qualsiasi esperienza, diventano i temi preponderanti. Per rappresentarli negli ultimi anni utilizza trasparenze e sovrapposizioni. Dal 2009 ha esposto i suoi lavori in mostre collettive e personali in varie città italiane ed europee.

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“La mia immaginazione è guidata dal desiderio di raccontare storie, che cercano di spiegare il complicato rapporto emozionale tra un individuo e il suo ambiente privato. Le paure, le angosce, le paranoie, tutti i gomitoli intricati dell’inconscio escono fuori e si fanno vedere: polpi antropomorfi, creature marine, oggetti misteriosi dai quali escono getti di colore... Ma anche la forza vitale, la gioia e la bellezza finalmente si mostrano: come emanazioni, fasci di colori che avvolgono la persona in un vestito lucente. Non esiste un’unica realtà, e quella che mi interessa rappresentare comprende i sentimenti del personaggio raffigurato, espressi da figure metaforiche il cui significato a volte è volutamente indecifrabile, a volte è esplicito. I soggetti sembrano cristallizzati, immobili, spesso sono in bianco e nero, mentre il loro mondo interiore vive, è colorato e fluttua intorno a loro.” Valentina campagni - Milano Cell. +39 348.07 37 679 valentina.campagni@tiscali.it www.saatchiart.com/valentinacampagni


GIANNI CASTELLI

Gianni Castelli è un artista legnanese che comunica la sua poetica attraverso un genere pittorico relativamente “giovane”: l’informale. Nonostante questa sua caratteristica l’informale è un mezzo espressivo che richiede una rigorosa preparazione, ossia basi artistiche solide, perizia del mestiere e una poetica intensa sul piano individuale e valoriale. Si tratta di un’arte che per un pittore rappresenta un punto di arrivo e non certo di partenza. Gianni Castelli è consapevole dei passaggi compiuti e intende trasmettere in tutta libertà il suo percorso emozionale coinvolgendo il fruitore senza pretendere di “spiegare” quanto piuttosto con l’intento di far entrare l’altro fra le aperture del suo sentire. Nato nel secolo breve, a metà novecento, l’informale risente di quel pathos che ha percorso l’occidente e ancora oggi segno, gestualità e colore creano le condizioni

affinché si manifesti la sua personalissima e suggestiva atmosfera. L’artista legnanese è un colorista che si esprime attraverso l’uso di colori puri facendo uso di sapienti accostamenti capaci di creare movimento e ritmo al quadro. Le opere di Gianni Castelli presentano una matericità contenuta, un gesto sciolto e un dinamismo compositivo ravvivato dalle cromie vivaci e sature. Dal 21 maggio al 4 giugno 2016 nella Galleria20 in corso Casale 85, Torino, sono stati esposti 14 quadri dell’artista insieme a quelli di altri tre pittori informali legnanesi, Santo Nania, Francesco Ricupero e Giuseppe Richiusa; la mostra, appena conclusa, ha riscosso un buon successo di pubblico e ha rappresentato un significativo evento. Infatti l’esposizione denominata “Informale lombardo” è frutto di un importante scambio artistico-culturale fra artisti di Legnano e di Torino. Giovanna Arancio

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MIRKO CERVINI

Mirko Cervini espone pitture informali di marca concettuale; egli stesso lo conferma dicendo che “ l’ arte e’ un insieme di concetti complessi condensati in semplici gesti votati all’ esaltazione massima del significato a dispetto dell’apparenza “. Come dominante si avverte l’introspezione mentre la matericità imponente e’ al servizio dell’idea e proprio per questo non e’ importante. Il suo linguaggio consiste in un lessico senza parole che dipinge sensazioni del vissuto, stati d’ animo, pensieri. Si tratta di un viaggio in cui si rincorre, ad esempio un’ impressione, il cui colore o materiale potrebbe cambiare da un momento all’altro e pertanto quell’attimo

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viene bloccato dalla pittura attraverso colore e gesto. La sua poetica si ripiega spesso su temi quali la condivisione, la sinergia tra culture, il silenzio nella sofferenza e si sofferma tra le ombre con gli occhi profondi della sua arte. I dipinti di Cervini possiedono forza cromatica ed energica gestualità’ e tra i colori vividi si addensano linee, gocciolature alla Pollock. MIRKO CERVINI mirko.cervini@libero.it cell. 335.63 02 170


MAURO CHESSA

Ho studiato all’Accademia Albertina di Torino, con Menzio e Calandri e, dopo un periodo iniziale, nel quale prediligevo la corrente astrattista della pittura, sono approdato ad un modo di dipingere figurativo e forse addirittura tradizionalista, più consono alla mia natura. Espongo volentieri con gli altri tre artisti e amici che nulla sembrano avere in comune con me e tra di loro, se non la totale mancanza di aspetti in comune. Tuttavia, di fronte all’occupazione, quasi manu militari, di ogni spazio disponibile da parte di molti che, in perfetta buona fede, ritengono di essere gli unici legittimati a rappresentare la contemporaneità, tengo, anzi teniamo a ricordare che persiste ancora un’altra idea di Pittura il cui gioco non privo di drammaticità ha come posta il significato stesso della nostra esistenza coinvolgendo i sentimenti più

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profondi di ciascuno. Questo è ciò che ci unisce, al di là delle apparenze così superficialmente discordi. Qui mi fermo, convinto che i quadri non si fanno con le parole e che queste possano, al più, illustrarli. In questa mostra presento una grande tela che mi e molto cara: “Tutto avviene una volta sola”. E’ una specie di natura morta con una miriade di oggetti che stanno, almeno credo, per il “tutto”. Seguono tre o quattro quadri, parte di una piccola serie che può essere letta come cornice ideale di un grande quadro (qui non presente) il cui titolo e: “Ballo nel bosco”. Nessun significato nascosto, al massimo un po’ di sociologia spicciola: gente di Langa che balla il liscio, in occasione di una manifestazione annuale e americani giovani o no che fanno lo stesso.

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LORENZO CURIONI

Lorenzo Curioni, pittore brianzolo, intesse sulla tela un profondo rapporto tra l’uomo e lo spazio, una relazione per lo più giocata nell’habitat urbano dove la presenza umana traccia la sua storia e si affaccia facendo sentire i diversi ritmi della sua quotidianità o impregna di sé attraverso i segni del suo passato con cui ha imparato da sempre a coabitare. L’artista dipinge questa realtà complessa, ne conosce luci ed ombre. Inoltrandosi nelle sue periferie, facendosi largo tra gli interni dei suoi angoli più degradati od occhieggiando i luoghi deserti delle sue fabbriche dismesse si rimane catturati ascoltando il silenzio che ci investe e ci avvolge in un’atmosfera intrisa da questo inquieto legame uomo-spazio. Sono opere senza retorici rimpianti che ritraggono un

mondo trascorso di intensa vita vissuta. Il novecento lombardo, con la sua rapida industrializzazione, ha lasciato un ricco bagaglio di fermenti, testimonianze, e nondimeno di arte, che arriva fino ai nostri giorni e con il quale il terzo millennio fa i conti. L’arte di Curioni racconta l’uomo e il suo operato e vi affonda profonde radici ed è proprio questo che permette all’artista di sottolineare con continuità e fresca immediatezza l’attualità dei suoi paesaggi urbani. Sono scenari racchiusi da una sobria luce, tratteggiati con sottile lirismo e mossi da un’evocazione quasi magica. curionilorenzo@tiscali.it cell. 340.97 24 174


FRANCO ERRENI

tenuti dal prof. Emanuele Mocarelli. Nel febbraio 2010 partecipa alla collettiva “Spaccato artistico 2010” organizzata dalla Galleria Ariele di Torino. A settembre dello stesso anno presenta le sue opere in una personale presso “Art e Caffè” di Trezzo sull`Adda. Nell`aprile 2011 partecipa, con i colleghi del NABA, all`esposizione collettiva “ Insoliti Percorsi”, presentando una serie di disegni realizzati con gessi Contè. A Maggio 2014 ha partecipato alla collettiva “Martesana” in Vaprio organizzata dal Lions Club. Nel Novembre 2014 ha partecipato ad una collettiva organizzata da “Gallerie Ariele” Nel 2015 è stato selezionato dallo storico e critici d`arte Dott. Giorgio Grasso per partecipare alla mostra collettiva internazionale, da lui curata, dal 2 Maggio al 31 Ottobre 2015, presso la prestigiosa sede della centrale idroelettrica di Trezzo sull`Adda, in concomitanza con EXPO Milano. Franco Erreni - Milano Cell. +39 347.11 89 886 franco.errenilibero.it www.premioceleste.it/francoerreni

Nato a Milano nel 1952, ha ereditato dal padre Sergio la passione per la pittura iniziando sotto la sua guida ad usare gli oli e ad “ imbrattar tele” (come dice il pittore stesso). Diplomato perito meccanico nel 1971 ha continuato, nei ritagli di tempo, a dipingere, cercando valide alternative al classico paesaggio a cui lo aveva iniziato il padre. Nel 1989 frequenta il corso di disegno, pittura e Storia dell`Arte organizzato dal Comune di Gorgonzola e tenuto dai maestri Loris Riva e Giorgio Carlassara, che è rimasto in ottimi rapporti col pittore. Nel 1990 partecipa alla mostra collettiva organizzata dalla scuola stessa. Nel 1991 vince il primo premio all`esposizione concorso della “Biblioteca Popolare del Volontariato” di Cernusco sul Naviglio. Nel 2009 ha frequentato il corso di pittura tenuto dalla pittrice Luciana Meazza presso la Nuova Accademia di Belle Arti (NABA), mentre dal 2008, sempre al NABA, ha seguito per 4 anni i corsi di disegno dal vero

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ANGELA IPPOLITO

Ogni composizione, che l’artista Angela Ippolito, esegue con passione e mano sicura, rappresenta un aspetto altamente significativo del suo sentire e del suo stato d’animo che ella sviluppa in una elaborazione pittorica ricca di particolare sensibilità e contenuti. Il vissuto che si svolge dentro la casa raffigura il proprio mondo interiore ove emerge un’acuta introspezione ed un’intensa emotività che lascia il segno. Ella riesce a trasfondere nel suo percorso artistico una personale visione degli oggetti che rivivono nell’opera e che si rinnovano di una simbologia assoluta tanto da suscitare sentimenti e messaggi ricorrenti. E’ unaespressività pittorica attenta ed equilibrata sia nelle forme che nei colori dove la precisione del tratto segnico, la scansione strutturale e la scelta cromatica rilevano la padronanza della tecnica ad acrilico. Il ricreare sulla tela spazi, volumi e resa prospettica, in maniera originale e con un lineare costrutto, evidenzia una notevole sintassi estetica ed un tracciato disegnativo preciso. La vitalità

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coloristica dell’azzurro, protagonista nell’opera, e la preziosità dell’oro si integrano mirabilmente nelle composizioni; mentre la grafia del nero, che fa magistralmente da contrasto, personalizza di continuo l’opera. L’artista Angela Ippolito, in modo personale e con una nitidezza del segno suggestiva che sostiene tutta la sua ricerca, rivela una pittura onesta e sincera. Testo critico di Monia Malinpensa – della Galleria La Telaccia –Torino – Dic. 2015 Ultime sue mostre Colore e Materia 3° Edizione, Carpe Diem, e Visioni Contemporanee presso Centro Culturale Click Arte di Luigi Profeta a Cormano Milano Membro del Movimento Psico Avanguardia creato da Luigi Profeta presso Centro Culturale Click Arte Giugno 2016 Angela Ippolito – Milano info@angelaippolito.com

Cell. +39 335 216606 www.angelaippolito.com


JEANPHILIP

diversi come l’acetato, il legno o l’alluminio. Attento e sensibile osservatore della realtà, Jeanfilip riesce, attraverso le sue tele, a donare allo spettatore un lente caleidoscopica di colori attraverso cui poter rielaborare il mondo che ci circonda. Proprio questa sua attenzione nei confronti della realtà ha portato Jeanfilip alla realizzazione del progetto di ricerca artistica “IMPACT. Ospiti invadenti”, presentato per la prima volta nel mese di ottobre del 2014, riguardante le problematiche ambientali. All’interno di questo percorso espositivo sono state presentate opere molto diverse tra loro, lontane dalla matrice impressionista peculiare di questo artista, che indagavano in chiave artistica i “temi caldi” della salvaguardia ambientale. Un consapevole uso della tecnica, una maturata esperienza artistica ed una spiccata sensibilità, fanno di Jeanfilip un artista completo, in grado di padroneggiare diverse tecniche, ottenendo sempre sorprendenti esiti.

GIANLUIGI FILIPPINI Cell. +39 339.29 90 126 jeanfilip62@gmail.com www.jeanfilip.it

Gianluigi Filippini, in arte Jeanfilip, classe 1962, è uno dei più interessanti artisti impressionisti sulla scena nazionale. Vive e lavora in provincia di Varese, dove per alcuni anni frequenta una scuola d’arte; allo studio accademico accompagna alcune collettive. Dopo una profonda maturazione artistica, abbandonato il figurativo, avviene un chiaro mutamento in chiave prima cubista di scomposizione delle forme, poi di forte matrice impressionista di composizioni in qui l’equilibrio tra colore e forma rende vive tele di estrema suggestione. Nelle sue opere, linea e colore sono gli assoluti protagonisti: linee sinuose si alternano a dinamiche campiture di colore dai cromatismi più vari. L’osservatore è quasi sopraffatto dal colore, a tratti struggente, così materico, denso soprattutto nel significato. Alla rilassatezza dei blu e dei bianchi, si alternano gialli e rossi infuocati, emblema stesso della gioia di vivere che l’artista cerca di esprimere attraverso la sua arte. Alle classiche tele, vengono alcune volte sostituiti supporti

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CLARA LUMINOSO

Dalla terra nasce l’acqua, dall’acqua nasce l’anima...è luogo presso cui ci si ferma e su cui si viaggia, è piacere e paura, nemica ed amica, è confine ed infinito, è cambiamento e immutabilità principio e fine”. Eraclito da Frammenti VI-V sec. A.C. Il colore, il segno e la stessa composizione di un dipinto sono per Clara un insieme di processi dinamici e profondi, che permettono di intraprendere un complesso percorso di conoscenza e di auto-coscienza, conducendo alla scoperta di una relazione intima con il benessere della persona È allora più che naturale che il tema centrale della pittura di Clara sia il mare. Mito di antichissima e immortale tradizione, il mare ha assunto nel corso del- la storia letteraria e artistica moltissimi significati, ma non ha mai abbandonato il proprio compito di catalizzatore delle energie umane, metafora e segno di limiti cercati e non trovati, fonte di energia creatrice agognata e al contempo

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temuta. Dall’Odissea a Moby Dick, il mare ha sempre rappresentato il tramite per una uscita da se stessi, dai propri confini, dalla propria natura, e ha dunque incarnato un’istanza di scoperta anche rischiosa e violenta del mondo. Clara lo sceglie come luogo, reale e immaginario al contempo, nel quale vuole disperatamente incontrare se stessa. Gli azzurri e i grigi, declinati nella multiforme varietà di mille toni e tinte, stesi con tocchi filamentosi che si sovrappongono a campiture più omogenee, sembrano i fili di un discorso avviato e non ancora concluso, aperto con l’elemento primigenio generatore di vita e necessariamente condotto con segni sempre diversi. Ai filamenti spesso si alternano i punti, i contrappunti chiaroscurali, i contrasti di luce e ombre. Si compongono così tele leggere e profondissime che materializzano immagini dell’inconscio nelle quali tutti noi vorremmo riconoscerci. Prof. Emanuele Domenico Vicini


PINO MANTOVANI

Sono nato nel 1943, mi sono diplomato nel 1967 all’Accademia Albertina con Paulucci e Davico. Nello stesso anno mi sono laureato in Lettere moderne e ho cominciato subito ad insegnare, per mia fortuna non materie “artistiche” - non avrei saputo che cosa insegnare - mentre alcuni colleghi, per esempio Piero Ruggeri e Gino Gorza, usavano metodi differentissimi ma assai efficaci. Essere docente di storia dell’arte mi ha permesso di allargare i repertori di riferimento e di ““pensare” criticamente la pittura che mi interessava fare. Cerco di costruire “figure”, che possono rappresentare forme riconoscibili nella esperienza quotidiana, oppure presentare forme che sono solo se stesse, per esempio di riferimento geometrico (elementare imperfetta geometria). Ma quando sono “figurativo” non mi interessa imitare le

apparenze con particolare diligenza, semmai mettermi a confronto con altri che hanno affrontato lo stesso problema risolvendolo in tanti modi: come a dire che la “realtà” è per me quella dell’immagine , della storia dell’immagine; quando sono “astratto”, le forme tendono ad assumere aspetto e attributi “organici”: come un corpo vitale, cioé capace di alludere ad aspetti della realtà sensibile, quindi destinato a prossima fine. Mi pacciono le impostazioni simmetriche, ma per dimostrare che non ci sono forme identiche; mi seducono le ripetizioni, ma per trovare differenze nell’apparentemente identico. Il massimo, per me, sarebbe rappresentare echi e ombre, labili, tanto più quando il corpo sembra robusto ed elastico, una tela di sacco destinata nel tempo a sbriciolarsi.

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FABIO MERCURI

Fabio Mercuri, nasce a Varese il 26/12/1970 e vive in provincia di Varese. Dopo aver conseguito la maturità artistica presso il liceo artistico A. Frattini di Varese, frequenta la scuola di grafica pubblicitaria conseguendo l’attestato di grafico. Per otto anni ha lavorato a bottega presso un pittore varesino e si è affinato nella tecnica di pittura a olio prima con copie di quadri di famosi artisti quali Caravaggio, Michelangelo, Leonardo, Tamara de Lempicka poi, con vedute fortemente realistiche della sua città fino ad arrivare all’astrattismo. La produzione è varia e la continua ricerca e sperimenta-

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zione lo hanno portato ad affrontare il tema del riflesso con il “ciclo delle pozzanghere”, un tema ricorrente nell’autore. II mondo è capovolto e riflesso in uno specchio d’acqua metropolitana: “Prova a sollevare una pozzanghera prendendola con due dita, come fosse un sottile velo d’acqua, curvala su se stessa e ne avrai una leggerissima bolla di sapone”, sembra suggerirci con leggerezza ogni quadro. L’artista ha partecipato a diverse mostre collettive e personali sia in Italia che in Svizzera. dipingendo.f@libero.it cell. 349.77 54 892


SANTO NANIA

Il pittore e maestro Santo Nania mette in evidenza la propria conoscenza artistica nella ricerca della tecnica, valorizza gli spazi tonali,con attenta valutazione sugli equilibri e stabilità dell’opera. Ogni intervento gestuale scandisce la

disposizione della formazione del dipinto, per creare quella giusta sintonia tra materia e spiritualità. Osservare un’opera informale non per capire ma per scoprire un nuovo mondo interiore capace di trasmettere emozioni.

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ANTONIO PERILLI

Antonio Perilli è nato nel 1953 nel Comune di Cermignano (TE). E’ laureato in Architettura e ha conseguito il diploma di laurea in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, con il massimo dei voti e lode. Attual-mente insegna Disegno e Progettazione, Storia dell’Arte e Tecnologie e tecniche di rappresentazione grafica, presso l’Istituto Statale di Istruzione Superiore “Leonardo da Vinci” di Cologno Monzese (MI). L’Arte è sem-pre stata la sua passione, dedicandosi sia allo studio e approfondimento teorico che all’attività artistica, ini-ziata fin da ragazzo, partecipando con i suoi lavori a rassegne d’arte e sperimentando continuamente nuove tecniche, nuovi materiali, nuove forme espressive. Le sue presenze in manifestazioni pubbliche si sono fatte sempre più assidue, esponendo in numerose mostre personali, collettive e rassegne di pittura. Alla Rasse-gna internazionale Europ’Art di Ginevra, ne sono susseguite altre, tra cui Arte Padova, Fiera internazionale d’Arte “Vicenza Arte”; Collettiva “Fiore all’occhiello” Arte e luce, Centro Culturale e Galleria d’Arte Zerouno, Barletta; 1^ Biennale della Creatività, Verona, inaugurata da Vittorio Sgarbi; Esposizione Triennale di Ar-ti Visive, Roma, ediz. 2014, inaugurata dal Prof. Achille Bonito Oliva. Selezionato per l’Esposizione Triennale di Arti Visive, Roma, ediz. 2017. Altre Collettive e personali in varie città italiane ed estere: a Ferrara, Pia-cenza, Firenze, Roma, Torino, Palermo, Monreale, Parigi, Pescara, Napoli e altre ancora. “Figurazione e astrazione si compensano nella pittura di

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Antonio Perilli. Punto di riferimento per i suoi quadri è la natura, il paesaggio, resa, però nella sua essenza più intima, come visione interiore che necessariamen-te sarà astratta, perché raffigura l’idea, la sensazione, che l’elemento realistico e naturalistico offre. (…) L’artista non tenta di imitare la realtà ma nel colore ne coglie le infinite vibrazioni, l’energia, che un ambien-te, una stagione, una situazione, sprigiona. Ecco che il colore è lasciato cadere sulla tela con estrema spon-taneità, nervoso, ma carico di quella luce e quel calore che infondono positività. E’ la percezione della natura che dà emozione nelle opere di Antonio Perilli. Lo sguardo dell’osservatore si perde nell’immagine, nelle pennellate intense, nelle spatolate dinamiche e sicure e raggiunge il cuore del dipinto, scopre la mente, l’interiorità dell’artista. Una mente poliedrica e innovativa che continua a sperimentare nuove soluzioni arti-stiche mettendo sempre al centro dell’attenzione il colore e la sua materialità.” Roberta Filippi Cell. 339.10 68 305 E-mail: antonio.perilli@hotmail.it - www.perilliart.it


FRANCESCO RECUPERO

L’artista Francesco Recupero, ha sempre frequentato circoli artistici partecipando a numerosi concorsi d’arte ed esposizioni collettive e personali,conseguendo numerosi riconoscimenti e premi. Dopo i primi lavori impregnati di realismo sociale, quello delle fatiche dei “suoi” pescatori dalle mani nodose ed incartapecoriti dal sole e dalla salsedine,dei luoghi della sua infanzia, il suo percorso artistico diventa più intimo, quasi onirico e per poter esprimere e trasmettere la prepotenza dei suoi sentimenti, le rabbie represse che la vita quotidiana ti costringe a sopportare, le nostalgie ataviche dei luoghi natii, le intime sensazioni che scaturiscono nel leggere una poesia, si rifugia, quasi come un passaggio naturale, nel campo della ricerca

informale con la forza del colore, con le sue astrazioni dirette ad una ricerca segnica gestuale e materica, con il fascino esercitato dalle grafie. Difatti nelle sue opere più recenti Recupero, riesce a creare servendosi di una acuta introspezione interiore, una nuova intima chiave di lettura dei versi scritti dai maggiori poeti Il pittore si scorda della tecnica e tratta il colore a corpo, con gesti quasi irregolari, con miscugli emotivi ed impasti cromatici incisi e graffiati, quasi a rendere partecipe l’osservatore, dei travagliati spasmi immaginativi e delle tensioni provate nell’interpretare le liriche ispiratrici, esaltando il tutto a livello aulico.

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GIUSEPPE RICHIUSA

L’artista Giuseppe Richiusa elabora la disposizione delle compiture cromatiche, mette in evidenza tutto ciò che nelle opere viene a formarsi, per dare una chiara definizione tra forma e colore. L’intervento gestuale definisce la completezza dell’opera che trasmette e coinvolge l’osservatore a interloquire con le opere, dando una forte carica emozionale

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ALESSANDRO ROSSI

Alessandro Rossi nasce a Milano nel 1953, dove consegue il diploma di maturità classica. Nel 1988, dopo aver scoperto e ammirato le opere di un suo amico artista, sente nascere dentro di sé la spinta a dedicarsi egli stesso alla pittura. Si indirizza subito verso l’informale, sentendo questa poetica più adatta all’espressione delle proprie emozioni. Le sue opere, dapprima su tavola e successivamente su tela, sono caratterizzate da largo uso di strati materici con

l’inserimento dei materiali più vari. Nel 1989 ha luogo la sua prima personale presso la galleria Il Porticciolo di Luino (VA). Ha partecipato a diverse mostre; fra le più significative si possono ricordare: con la Galleria Zamenhof di Milano, le varie edizioni del concorso “Premio il Segno” (2009-2013), le mostre del “Progetto Post–Avanguardia” al Castello Estense di Ferrara, al Castello Malaspina di Massa e al Castello Carlo V di Lecce, la personale “Salendo i gradini dell’arte” a Milano (2010) e alcune delle mostre tenutesi a Palazzo Zenobio a Venezia nel 2012; con la Galleria Ariele di Torino, le collettive “Libere variazioni contemporanee” (2011), “Vissuti Astratti” (2012), “Orizzonti dell’arte attuale” (2014) e “Linguaggi astratto-informali in dialogo” (2015); la mostra “40 Artisti della Enciclopedia d’Arte Italiana” presso il Palazzo della Racchetta a Ferrara (2011); con Satura Art Gallery di Genova le mostre “Saturarte” (2012-2014), “Genovarte 2013”, “Step Art Fair” (2014) e “Contemporaneamente” (2014). E’ inoltre presente in diverse pubblicazioni; oltre che in numerosi cataloghi di mostre, anche sul volume Ed. Giorgio Mondadori “La materia è il colore” (2010) dove gli sono dedicate tredici pagine, sui volumi dell’Enciclopedia d’Arte Italiana “Catalogo Generale Artisti dal Novecento ad oggi” (2011-2013), sul volume “La via italiana all’informale” Ed. Giorgio Mondadori dove compare con diverse pagine nella sezione “Ultime tendenze” (2013) e sul volume “Profili d’artista” Ed. Satura Associazione Culturale. E’ presente inoltre sul sito della Galleria Ariele – Torino con l’e-book “Astratta introspezione”. Attualmente vive e lavora a Milano.

Alessandro Rossi - Milano Cell. +39 335.21 63 23 ale.rossi3@alice.it www.alessandrorossi.net

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ALESSANDRO SALAMONE

Nato a Vercelli nel 1982. Dopo gli studi di elettrotecnica si trasferisce a Milano dove frequenta il corso di Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Contemporaneamente si iscrive alla Scuola d’Illustrazione del Castello Sforzesco. Concluse le due esperienze compie uno stage di sei mesi presso il Museo dell’Ottocento di Milano. Subito dopo inizia a lavorare nel mercato antiquario specializzandosi nello studio dei disegni antichi. Attività che svolge a tutt’oggi. Parallelamente a ciò continua il suo percorso artistico, espresso tramite la tecnica del disegno. Attraverso l’uso di matite, carboncini, pastelli e chine l’autore dà vita a creature provenienti dal profondo dell’Io. Esseri in parte umani ed in parte animali, abitatori del bui cunicoli che

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compongono le zone più recondite della nostra coscienza. Le creature di Alessandro Salamone sono spesso disperate, vincolate dentro a spazi claustrofobici. Il foglio viene quasi del tutto riempito dal soggetto, che ne risulta come imprigionato. Vi è anche una forte componente di violenza non espressa. Sempre lì, pronta a scoppiare, ma nonostante tutto trattenuta. A dispetto di ciò questi ibridi ipertrofici mantengono sempre un’impressionante dignità e nobiltà. L’estetica dell’autore è il frutto di svariate fonti culturali. Prima tra tutte la cultura rinascimentale europea e soprattutto italiana. Ma gli elementi fusi con essa sono da ricercarsi anche nei linguaggi figurativi europei tra ‘800 e ‘900 e la cultura fumettistica americana.


MARIO SURBONE

Sono nato nel 1932 a Treville presso Casale, luogo al quale sono tuttora profondamente legato. All’Accademia Albertina sono stato allievo di Felice Casorati. Lunghi soggiorni a Parigi sul finire dei Cinquanta e l’inizio dei Sessanta mi hanno permesso di confrontarmi con la varietà delle proposte artistiche del momento. Le mie scelte sono peraltro guidate dall’intuizione più che dalla razionalità programmatica, dall’esigenza di mettere a fuoco una immagine dove il rigore costruttivo si coniughi con un altrettando fondamentale rapporto con la realtà visibile e visionaria. Così, attraversando esperienze apparentemente o forse davvero contraddittorie, mai troppo condizionate da ragioni o modelli esterni, mi muovo tra compromessa evocazione e astrazione ”concreta”. Gli “Incisi” fra ’68 e ’78, che rappresentano il momento di più spinta semplificazione e purezza, lontano dalle tentazioni pittoricistiche e dalla gestualità espressiva che avevano alimentato il precedente lavoro, non costituiscono l’approdo ultimo e definitivo (del resto, anche negli “Incisi” tento di mettere idee, particolari esperienze, fatti per me vitali). La stagione successiva, che tuttora prosegue, rimette in circolo la totalità delle esperienze elaborate sul piano formale e specialmente i contenuti emotivi che intimamente mi appartengono. I lavori che qui espongo esemplificano la mia ultima produzione: mi piacerebbe vi fosse riconoscibile,

nella apparente elementarità dell’immagine, la complicazione dei percorsi operativi per arrivare, non senza prove e riprove empiricamente condotte, ad una “perfetta” integrazione di forme, colori, materie, mobili e, per così dire integrati nello spazio aperto.

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EVENTI

VALLE D’AOSTA

Museo Archeologico Regionale AOSTA Dal 11 Giugno 2016 al 09 Ottobre 2016

La curatrice Chiara Gatti, con il contributo di Roberta Cerini Baj, ha selezionato cinquantadue opere tra le più significative del maestro: dipinti e collage, esemplari dalle serie dei “mobili” e degli “specchi”, dei “meccani”, dei “generali” e delle “modificazioni”; oltre a trenta piccoli personaggi “in meccano” che costituiscono il Teatro di Ubu (1985) e l’installazione monumentale dell’Apocalisse (1978-83).

1956, tratta dal romanzo di fantascienza di Jack Finney – rimanda quindi a un elemento costante nel pensiero di Baj, fervido di soluzioni, sin dagli esordi della sua ricerca. L’ultracorpo è una creatura antropoide, un’invenzione figurale frutto di una scienza cosmica ancora misteriosa, un’allegoria di una vita oltre la conoscenza, capace di spaziare da un microcosmo cellulare a un macrocosmo extra-terrestre.

Il titolo Enrico Baj. L’invasione degli ultracorpi che cita la celebre pellicola diretta da Don Siegel nel

Molti i capolavori esposti, tra cui si ricordano: Quamisado II del 1951 (olio e smalto su tela), Piccolo

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bambino con i suoi giochi del 1952 (smalto su tela), Trillali-Trillalà del 1955 (olio e collage su tela), Personaggio urlante del 1964 (olio, collage, meccano e ovatta su stoffa), Ultracorpo in Svizzera del 1959 (olio e collage su tela). Il percorso espositivo segue uno sviluppo cronologico scansito in alcune sezioni tematiche, accompagnate da un vasto corredo didattico e da contributi video-documentari. Partendo dalle opere del periodo nucleare, attraverso un ricco susseguirsi di dipinti, collage e sculture, il pubblico giunge al grande salone che ospita l’Apocalisse – collocata volutamente al termine – che lo avvolgerà in una vorticosa messa in scena. Questa grande installazione, composta da sagome e teli, è stata esposta per la prima volta a Milano allo Studio Marconi nel 1979 e nel corso del tempo, fino al 2000, Baj l’ha arricchita di nuovi elementi. L’opera è a composizione variabile, quindi è stata sempre allestita con differenti modalità, a seconda degli ambienti destinati ad accoglierla. L’ultima

esposizione risale al 2008 nel Chiostro di Sant’Agostino a Pietrasanta. Due sale con allestimenti specifici sono dedicate rispettivamente, la prima, a un’installazione con otto “meccani” che sfilano come in una parata e, la seconda, alle sculture per l’opera teatrale di Ubu re di Alfred Jarry del 1986, che testimoniano l’interesse di Baj per il teatro e la commedia dell’arte. Lo spettacolo messo in scena dal famoso regista e marionettista italiano Massimo Schuster nel 1984, fu rappresentato per oltre dieci anni in tutto il mondo.

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EVENTI

VENETO MIRKO BARICCHI. ARCHE’ BEN PRIMA DEL NOME CHIAMATO giovedì 9 giugno 2016 - domenica 17 luglio 2016 ARZIGNANO (Vicenza) - Atipografia Museo Indirizzo: Via Campo Marzio, 26, Arzignano VI - Tel.: 0444 124 0019

“Archè, Ben prima del nome chiamato”: mostra personale di Mirko Baricchi si svolge presso gli spazi di Atipografia ad Arzignano (VI). La mostra è parte di una programmazione annuale dedicata all’epochè, ovvero alla sospensione del giudizio, considerata come necessaria data l’assoluta incertezza di ogni

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conoscenza concernente la realtà esterna. Un tema precedentemente analizzato da Denis Riva con “Carte sospese” e da Elisa Bertaglia ed Enrica Casentini con “Erranza”. Con “Archè” Mirko Baricchi ricerca un momento, un non-tempo, in cui galleggiano tutti gli ingredienti che improvvisamente costituiranno l’immagine.


“L’epidermide della carta – spiega l’artista – lascia trasparire, avvilisce o evidenzia processi precedenti, alcuni dei quali ormai scomparsi, altri in potenza che diventano improvvisamente atto”. In un momento storico segnato da una profonda assenza di valori, da fedi religiose contrapposte e da grande incertezza, l’autore sente l’esigenza di “porre tra parentesi il mondo” (Edmund Husserl), concentrandosi sulla pittura come medium, come materia ancor prima che linguaggio. “L’idea è fatta di luce – spiega Baricchi – ed inevitabilmente si scontra, o si intreccia, con la prassi che è di terra e d’argilla. Due elementi contrapposti che si alimentano a vicenda”. In esposizione, una decina di grandi opere a tecnica mista su carta, quasi tutte realizzate nel 2016, unitamente ad alcune tele in formato 30×40 cm, afferenti ad un ciclo dedicato alla natura morta e al paesaggio, oltre al video “De Rerum” (2015), realizzato in collaborazione con Uovo

Quadrato, in cui una lepre, elemento ricorrente nella poetica di Baricchi, ruota in loop sul proprio asse, immersa in una sorta di nebbia, in un liquido amniotico che culla lo spettatore con una ninna nanna composta dall’artista a partire da carillon rallentato. L’allestimento, pensato nel rispetto dei muri di Atipografia, ricchi di storia e memoria, gioca con la luce, dando ampio respiro alle opere esposte. Come spiega Elena Dal Molin, “L’anno dell’epochè non poteva che chiudere con Mirko Baricchi. La carta, resa trasparente, si apre a più piani pittorici: l’uso della grafite e della tempera separatamente danno una forte sensazione di tridimensionalità. Ci appare un paesaggio surreale, sospeso, dove ci si sente stranamente a proprio agio. Nei colori, quasi primari, e nei segni semplici in grafite riconosciamo forme primitive che si accordano immediatamente, forme archetipe”.

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EVENTI PROVINCIA

AUTONOMA DI BOLZANO

Sempre Verdi. Il mito di Giuseppe Verdi raccontato in oltre 100 anni di illustrazione e fumetto, dalle figurine Liebig a Topolino Dal 13 giugno al 29 luglio 2016 - Galleria Civica di Bolzano - Piazza Domenicani – Bolzano

Il percorso della mostra Sempre Verdi offre un appassionante viaggio nel tempo che si snoda attraverso la grafica elegante delle stupende figurine Liebig dedicate alle sue opere più celebri (anno 1893 e 1902 provenienti dalla collezione della Filatelia Sanguinetti di Milano), fino ad arrivare al fumetto di ultima generazione con le pagine più belle della storia recentemente realizzata da Carlos Gómez per le avventure di Dago (2012), nella quale il protagonista della popolare saga a fumetti “ispira” la musica verdiana del coro Va pensiero del Nabucco. Tra queste ideali parentesi si snoda una lunga e avvincente narrazione a fumetti e immagini che passa anche per il fantastico mondo Disney Grazie alla collaborazione della famiglia Piffarerio saranno esposte splendide riproduzioni delle tavole originali disegnate da Polo Piffarerio, uno dei grandi maestri indiscussi del fumetto italiano, disegnate nel 2001 per la biografia a fumetti di Giuseppe Verdi pubblicata da Il Giornalino in occasione del Centenario della morte del compositore nel 2001: un’occasione per rendere anche omaggio a un grande maestro del fumetto italiano dal tratto realistico e di eccezionale eleganza. In mostra Verdi come protagonista del Risorgimento 38

sulle pagine disegnate da Paolo Ongaro per la storica collana Storia d’Italia a fumetti curata da Enzo Biagi nel 1980. Sono esposte anche alcune pagine disegnate da Alberto Pagliaro disegnate per la riduzione a fumetti de La Traviata, pubblicata nella serie Lirica a Strisce voluta e promossa dalla Fondazione Teatro Comunale di Modena per avvicinare il pubblico più giovane all’opera lirica Completano il percorso le pagine più avvincenti dell’albo bonelliano La donna che cambiò la Storia d’Italia nel quale troviamo Giuseppe Verdi alle prese con una misteriosa musica proveniente da un mondo misterioso in grado di cambiare il corso della storia (soggetto del grande Alfredo Castelli, disegni di Sergio Giardo). Non mancherà uno sguardo davvero originale alla biografia di Giuseppe Verdi esposta nell’insolita versione raccontata dalle simpaticissime formichine dell’illustratore trentino Fabio Vettori per il volume Vita e opere di Giuseppe Verdi (Akena Editore).. Orari: da martedì a venerdì. ore 10.00-12.00/16.0019.30; sabato e domenica, ore 10.00 - 18.00. I NGRESSO LIBERO


EVENTI PROVINCIA

AUTONOMA DI TRENTO

Guerra Bianca in mostra a Trento

Dal 5 maggio al 25 settembre, a Palazzo delle Albere, oltre 70 foto in grande formato per ripercorrere i luoghi e la storia del fronte d’alta quota della Prima Guerra Mondiale

Dalla feritoia vista sul Corno di Cavent

FOTOGALLERIA Dal 5 maggio al 25 settembre 2016, a Palazzo delle Albere, oltre 70 foto in grande formato per ripercorrere i luoghi e la storia del fronte d’alta quota della Prima Guerra Mondiale. La Guerra Bianca in mostra a Trento Dal 5 maggio al 25 settembre il Palazzo delle Albere di Trento ospita La Guerra Bianca, una nuova grande mostra fotografica ideata e realizzata da National Geographic Italia con la Provincia Autonoma di Trento, la Regione Autonoma Sui ghiacciai sono ancora visibili le tracce della Prima guerra mondiale. Migliaia di soldati vissero, combatterono e morirono a oltre 3.000 metri d’altitudine.

Maschera antigas e occhiali antischeggia

La galleria dell’impianto teleferico

bre 2016 La Provincia Autonoma di Trento in collaborazione con la Regione Autonoma Trentino - Alto Adige e Trentino Marketing presenta, dal 5 maggio al 25 settembre, La Guerra Bianca, una nuova grande mostra fotografica ideata e realizzata da National Geographic Italia: oltre 70 immagini in grande formato, realizzate dal fotografo Stefano Torrione, per immergersi nei luoghi teatro di un tragico capitolo della storia italiana: la Grande Guerra sul fronte dei ghiacciai. La Prima Guerra Mondiale fu soprattutto una guerra di montagna. Mai prima di allora, e solo rarissimamente dopo, l’uomo ha combattuto a quote così alte, fino a 3.000 metri e più sul livello del mare. Gli eserciti del Regno d’Italia e dell’Impero AustroUngarico si scontrarono anche sui gruppi più elevati delle Alpi centro-orientali, tra le cime e i ghiacciai dell’Ortles-Cevedale, dell’Adamello e della Marmolada, tra Lombardia, Trentino Alto-Adige e Veneto. Il fotografo Stefano Torrione ha dedicato tre anni a ripercorrere la linea del fronte.

Uno scarpone chiodato tra i ghiacci

Stefano Torrione è un montanaro. Valdostano di nascita, percorre da anni l’arco alpino alla ricerca di storie da raccontare per immagini. Per National Geographic Italia ha già realizzato diversi reportage. Negli ultimi anni Torrione si è dedicato alla Guerra Bianca, quella parte dei combattimenti della Prima guerra mondiale che si svolsero sui ghiacciai del Trentino, a quote tra i 2.000 e i 3.900 metri. Palazzo delle Albere – Trento 5 maggio – 25 settem-

Feritoia verso cima Nagler

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EVENTI

FRIULI VENEZIA GIULIA Leonardo Calvo a cura di Graziella Valeria Rota

Presentare l’eclettico artista nato nella città di Cartago, Costa Rica ma residente a Trieste da diversi anni, è un piacere sia per me artista come lui, sia per coloro che lo conoscono e lo seguono nel suo mondo composto di variegate e avvincenti produzioni artistiche. Le opere e il pensiero dell’Artista Accademico e Graphic Designer Leonardo Calvo, s’ispirano a temi affrontati da tanti artisti in secoli passati e in quelli odierni, ma con la sua visione contemporanea sul pensiero di sintesi, in una visione umanistica delle arti che è multidisciplinare e interdisciplinare unendo insieme Scienza, Filosofia e Didattica per la formazione ricevuta. Dal 1995 realizza mostre individuali e collettive, impartisce conferenze, seminari e stage formativi nei campi della formazione artistica e delle comunicazioni nei

seguenti paesi: Costa Rica, Slovenia, Austria, Venezuela oltre ad Argentina, Perù, Ecuador, Colombia, Messico e Italia. Nell’anno 1997 si trasferisce in Italia impegnandosi anche nell’insegnamento a ragazzi e adulti, della tecnica, la ricerca e il pensiero sintesi, soprattutto nella verità e sincerità affinché ogni opera realizzata dai partecipanti possa esprimere, emanare e rappresentare la società attuale nella Scuola Internazionale UNINT dove è direttore ed ha la mostra permanente di alcune sue opere, in quanto, dice: “Perché questo è lo scopo di ogni artista, affinché possa esprimere, emanare e rappresentare se stesso e la società attuale per un futuro migliore”. Nel 2014 realizza l’Installazione “Un albero, radici comuni, Trieste”.

Disegni sulla Luce otto opere su carta

Altri contenuti didattici base oltre l’impegno dell’artista, sono non soltanto di dare delle riflessioni attraverso le sue opere che traggono spunto dal suo pensiero bensì anche dalle altre opere di artisti classici e contemporanei nel

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mondo che studiamo tutti, in quanto hanno dato un’importante apporto all’umanità con il loro pensiero sull’ARTE. Nel 2013 propone “Sismografia dell’espressione”grafica e “Prigioni”pittura e arte digitale.

Info: Leonardo Calvo, tel. +39 333 4784293, email: leoel_calvo@hotmail.com sito: www.leonardocalvo.it-Facebook.com/artista.leonardo.calvo


L’opinione Graziella Valeria Rota Monika Petrović La sua creatività è fondata su un timbro riconoscibile di lirica e minimalismo che s’immerge e riemerge nelle onde del mare della sua città dai colori cromatici e acromatici. La sensibilità fa parte della sua creatività e si trasmette in ogni suo tema. Predilige esprimersi nell’acquarello con il quale riesce facilmente far emergere il suo carattere e a rendere l’eleganza della tecnica e del motivo visivo e nel significato che

affonda nel minimalismo contemporaneo sia paesaggistico istriano che mentale e le sue linee orizzontali trasmettono una sincerità profonda come è la sua personalità artistica. Proprio la sua personalità è stata riconosciuta dai colleghi, dagli esperti e dal pubblico. Ha ricevuto la conferma del suo successo presso numerosi concorsi artistici nella regione istriana.

-Il gioco con lo spazio“ e la sua metamorfosi inscenata non trovano il suo punto d’appoggio nel riconoscere quello che è stato visto. -E affascinante pure „il gioco con il quadro“ in una nuova interpretazione e in quel pittoresco richiamo dell’ interiore paesaggio di origine lirica sui suoi quadri.- Il paesaggio ‘’Relazioni in natura’’ ha determinato la peculiarità di Monika che a sua volta ha determinato cromatismo, toni e sfumature, definendone il livello sentimentale e propulsore di sottili riflessioni.

Monika Petrović, è nata a Pola Croazia. Si laurea presso la Facoltà di filosofia a Fiume, dipartimento di arte, indirizzo pittura. È membro della Società Croata degli artisti Istriani, dell’Associazione dei museologi e dei galleristi dell’Istria e dell’Associazione Croata dei musei. Lavora come restauratrice preso il Museo archeologico dell’Istria a Pola. Ha partecipato a progetti internazionali, tra i più significativi sono il progetto VIII Ivano - Novi Sad, Donne e Arte - Bari, Eleven Seven /Artist per Srebrenica - Biella, Xchange / Mostra d’ Arte Contemporanea Bari, Incontro artisti Croati - Bari, e il suo lavoro ha partecipato al 5 ° acquerello Triennale Croato del 2010 , Siamo qui 2 -e 3°Biennale Internazionale Espansioni Arte Pola 2014 . Passione e resurrezione con artisti contemporanei dell’Istria - Zagabria. Info:Tel. cell 00385(0)98/639-426 e-mail: monika5pet@gmail.com

facebook/monika petrović

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EVENTI

TOSCANA Toscana. Arte d’estate di Lodovico Gierut

Girolamo Ciulla, Sicilia, t. m. su carta Magnani Annigoni cm 44x56, 1999

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rut, Franco Miozzo, Romano Cosci, Rinaldo Bigi, né – a Sillico di Pieve Fosciana (dove si svolge annualmente una grande estemporanea pittorica) – la collettiva “Arte al plurale”, giunta alla IX edizione e curata da Marco Palamidessi, con dipinti di Raffaele Bueno, Marco Manzella, Tito Mucci, Lisandro Rota ed Elisa Zadi.

Matteo Pugliese

Non vorrei apparire ripetitivo iniziando queste note estive sottolineando il successo avuto a New York dai fotografi Fabrizio Gatta e Giacomo Mozzi con il progetto “The Atist’s Style in Art”, durante il quale c’è stata pure la presentazione della Rivista 20. L’estate 2016 è letteralmente esplosa grazie a innumerevoli mostre tra le quali mi piace subito sottolineare sia quella di Kan Yasuda a Pisa “Toccare il Tempo”, con magistrali e monumentali opere scultoree collocate nelle principali vie e piazze, sia – ad Arezzo, nella restaurata Fortezza Medicea – l’eleganza dei bronzi, dei dipinti e degli acquerelli di Ivan Theimer per “Il sogno di Ivan Theimer” (cura di Vittorio Sgarbi), versatile artista anch’egli di portata mondiale. Mentre a Pietrasanta dominano i grandi acciai di Helidon Xhixha, nella vicina Marina di Pietrasanta è protagonista lo scultore e pittore Matteo Puigliese presentato da Philippe Daverio nello spazio de “La Versiliana”, sia nel parco che nella villa dannunziana (la personale è stata magnificamente organizzata da Imago Art Gallery di Lugano), per cui emerge un artista a tutto tondo con l’autonomia di quelli che ha denominato “Spiriti ostinati”, frutto di una inventiva che si lega al passato leggendo l’oggi con bronzi e dipinti anche di grandi dimensioni. Non è sicuramente da dimenticare la fresca collocazione, sempre a Marina di Pietrasanta, della monumentale scultura di Vazha Mikaberidze (in arte Prato!) titolata “N’Uovo” che arricchisce il grande percorso scultoreo pubblico comunale che ha già oltre cinquanta opere tra cui quelle di Fernando Botero, Igor Mitoraj, Maria Papa, Marta Gie-


Kan Yasuda, Studio per scultura, matita, 1997 (Archivio Gierut) Tito Mucci, Io nel silenzio dei marmi, Olio e tecnica mista su tavola cm 40x30, 2016

Segnalo volentieri “Metamorfosi e Magia” a Forte dei Marmi, a Villa Bertelli, sculture e dipinti di Girolamo Ciulla: esposizione molto bella, anche se a mio giudizio la parte del catalogo relativa all’elenco di mostre del mestro siciliano è veramente non all’altezza. Grande attesa, poi, a Villa Schiff di Montignoso, per l’inaugurazione ad agosto dell’opera pittorica di Marco Garrisi “Dove comincia il mare”, per “La Via dell’Arte” che va ampliandosi divenendo una concatenazione creativa di livello, così come per l’evento “Cave Apuane. Da Cardoso ad Arni di Stazzema, dall’Altissimo a Seravezza, a Massa e a Carrara” che concluderà in pratica la stagione estiva e le celebrazioni del Comune di Stazzema attinenti il 20° anniversario dell’alluvione che colpì Cardoso il 19 giugno 1996, con esposizione di opere di qualità – pittori, scultori e fotografi – da sempre motivati anche per il tema “marmo”):

N'Uovo, scultura di Vazha Mikaberidze (in arte Prasto), - foto di Vincenzo Bramanti 2016

Ernesto Altemura, Giampiero Baldazzi, Roberto Barberi, Barin, Flavio Bartolozzi, Giuseppe Bartolozzi-Clara Tesi, Luciano Bastianelli, Lia Battaglia, Gianfranco Bianchi, Marco Bianchi, Alberto Bongini, Joanna Brzescinska-Riccio, Giancarlo Cannas, Marzio Cialdi, Lorenzo Cinquini, Sigifredo Camacho B., Franco Del Sarto, Mariano Domenici, Massimo Facheris, Luigi Falai, Enzo Faraoni, Silvana Franco, Gianpiero Frediani, Marta Gierut, Gian Paolo Giovannetti, Paolo Grigò, Ugo Guidi, Lorenzo Guiducci, Hector&Hector, Enrico Iacopi, Paolo Lapi, Paolo Lazzerini, Giuseppe Lippi, Riccardo Luchini, Renzo Maggi, Clara Mallegni, Elisa Marcucci, Annamaria Maremmi, Giovanni Mazzi, Ivano Mazzucchi, Franco Miozzo, Giacomo Mozzi, Tito Mucci, Francesco Mutti, Bruna Nizzola, Stefano Paolicchi, Achille Pardini, Eugenio Pardini, Graziano Patrizi, Pierluigi Paviola (Pigi), Alessia Peretti, Rosa Pino, Isidoro Raciti, Enzo Santese, Leopoldo Stefani, Sergio Suffredini, Gabriele Vicari, Maria Rita Vita, Sabrina

Lo scultore Ivan Theimer (Archivio L. Gierut)

Lorenzo Cinquini, Cava a Cardoso non lontano dalla chiesa, acrilico su carta Magnani cm 70x50, 2014

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EVENTI

MARCHE

Lorenzo de Carris e i pittori eccentrici nelle Marche del primo Cinquecento Museo Piersanti, Matelica (Macerata) A cura di Alessandro Delpriori e Matteo Mazzalupi 30 giugno-2 ottobre 2016

Il Comune di Matelica e il Museo Piersanti continuano la politica di studio e valorizzazione del patrimonio artistico della città e dopo la fortunata esposizione del 2015 Luca di Paolo e il Rinascimento nelle Marche, il 30 giugno apri

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rà la mostra “Lorenzo de Carris e i pittori eccentrici nelle Marche del primo Cinquecento”, a cura di Alessandro Delpriori e di Matteo Mazzalupi. Attraverso la selezione di pitture e sculture che vanno dal 1490 alla metà del Cinquecento, la mostra racconta l’arte nelle Marche del Rinascimento maturo e si snoda lungo un percorso cronologico e stilistico che accosta le opere di Lorenzo de Carris a quelle dei suoi contemporanei coma Luca Signorelli, Cola dell’Amatrice e Vincenzo Pagani. Lorenzo di Giovanni, che dal 1502 viene chiamato anche il Giuda, era di origine slava e nacque a Matelica tra il 1465 e il 1466, la sua prima opera è una pala d’altare commissionata per la famiglia Turelli e destinata alla Cattedrale di Matelica. Questa è stata smembrata e dispersa ma due frammenti sono conservati ancora al Museo Piersanti. Il lavoro di ricostruzione del percorso critico ha permesso di puntualizzare la cronologia interna del pittore, anche e soprattutto in relazione alle presenze nel territorio di altri artisti con cui Giuda ha collaborato o da cui ha trovato ispirazione. All’inizio del Cinquecento Matelica diventa infatti una città cruciale per l’intero svolgimento dell’arte nelle Marche, la presenza in San Francesco della stupenda pala di Marco Palmezzano datata 1501 e l’arrivo della grandiosa Deposizione di Luca Signorelli nel 1505 per Sant’Agostino, segna un clamoroso cambio di passo nel


cultura antiquaria di stampo romano di Cola dell’Amatrice e con il gusto cromatico di Lorenzo Lotto, che nel frattempo era arrivato nelle Marche. La mostra racconta l’intero percorso del pittore avendo raccolto tutte le opere mobili disponibili tra cui spicca il prestigiosissimo prestito dalla Pinacoteca di Brera di Milano che ha acconsentito alla movimentazione di una pala d’altare che era in origine a Serra San Quirico. Questa aveva la sua predella che decenni fa fu spostata al Senato della Repubblica a Palazzo Madama a Roma; per la prima volta le due opere torneranno insieme per ricomporre il complesso. Il catalogo della mostra, edito da Quattroemme, è curato da Alessandro Delpriori e da Matteo Mazzalupi e conterrà un approfondito studio scientifico sul pittore e sul panorama artistico locale della prima metà del Cinquecento con numerose nuove attribuzioni, puntualizzazioni critiche e novità storiche. gusto delle immagini per tutto il territorio. La chiesa di San Francesco appena riaperta sarà una sezione esterna della mostra in cui sarà possibile vedere il maestoso dipinto di Palmezzano completo in ogni sua parte e perfettamente conservato, e un dipinto di Eusebio da San Giorgio datato 1512 che rappresenta in maniera perfetta la penetrazione del raffaellismo umbro anche nelle Marche. In mostra sarà presente in maniera del tutto eccezionale un tondo di Luca Signorelli commissionato al pittore dal figlio di Luca di Paolo, Giovannantonio, che fu usato dagli agostiniani come tramite per arrivare al famoso pittore cortonese. Lorenzo di Giovanni si spostò poi a Macerata dove visse fino alla morte avvenuta ben oltre la metà del secolo, dopo il 1555. La sua stupenda tavola per il Duomo di quella città che sarà presente in mostra è opera sintomatica della cultura locale nei primi decenni del secolo, in cui la pittura lucida di Palmezzano si sposa in maniera perfetta con la

La mostra è organizzata in collaborazione con la Regione Marche, l’Unione Montana delle Alte valli del Potenza e dell’Esino, la Camera di Commercio della Provincia di Macerata, con il contributo di Halley Informatica, Gobid casa d’aste, Grimaldi Costruzioni e Cipef e con il supporto organizzativo di Civita Mostre. L’importanza della manifestazione è tale che la Fondazione Federico Zeri dell’Università di Bologna ha deciso di organizzare una Summer School a Matelica, dal 2 al 9 luglio sul tema: Marche 1500. Tra protoclassicismo ed eccentrici al tempo di Perugino e Raffaello ed è curata da Anna Maria Ambrosini Massari e Andrea De Marchi. Saranno presenti docenti e studiosi da tutta Europa. Riferimenti Ufficio stampa Civita Barbara Izzo - Arianna Diana Tel. 06 692050220-258 izzo@civita.it; diana@civita.it Museo Piersanti Via Umberto I, 11 Matelica (Macerata) Tel. 0737-84445; museo

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EVENTI

MOLISE TRAMONTANO Il colore è una liberazione del tempo A cura di: Tommaso Evangelista

L’utilizzo delle grandi campiture di colore segna una svolta nel percorso artistico di Antonio Tramontano il quale, dopo esser transitato per una fase di analisi dei volumi plastici e delle forme proto-rinascimentali, è approdato al dissolvimento della figura non per via di negazione, bensì per eccesso di indagine sulle dinamiche stesse della pittura nelle sue caratteristiche basilari: luce, colore, tocco e struttura. Lo studio di Tramontano privilegia ora il momento riflessivo, ovvero l’analisi sistematica delle emozioni e della pratica della pittura, rispetto a quello espressivo –il precedente- maggiormente radicato nella tradizione disciplinare e formale. È invero una rivelazione che colpisce per la maturità stilistica con la quale viene affrontata la superficie del quadro, modulata dal gioco di orizzontalità e verticalità su toni ora delicati ora accesi ma sempre capaci di effetti di trascendenza, ottenuti dalle contrazioni del colore che raggiunge, soprattutto nelle ultime realizzazioni, un’elevata raffinatezza tessile e una piena maturazione compositiva. La purezza dei colori e delle campiture elementari determinano una pittura di superficie, solo apparentemente piatta e bidimensionale poiché, nel respiro immateriale delle velature e sul rapporto armonico tra limitate tonalità dello stesso colore, vengono fatti emergere effetti di puro lirismo con un senso di forte suggestione, anche emotiva, potenziato dall’impiego del grande formato e del lavoro per serie che cerca soprattutto un confronto ambientale. Il colore sembra pertanto transitare dalla tela per coinvolgere lo spazio circostante in un’onda cromatica che tutto assimila e influenza. Dopo una lunga ricerca sul mezzo e sulla

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forma, l’arte di Tramontano, eliminando il disegno e l’idea stessa di costrizione e reticolo, arriva ad esaltare l’elemento cromatico puro in opere dall’indubbia aura evocativa, capaci di trasmettere energie nascoste e sottili impressioni elementari. L’intera ricerca cromatica presentata in mostra è accompagnata dal catalogo edito da Terzo Millennio con un inedito testo critico di Tommaso Evangelista. ANTONIO TRAMONTANO, Pesche, 1965, dopo aver conseguito il Diploma di Maturità d’Arte Applicata presso l’Istituto d’Arte di Isernia si diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli nel corso di Pittura del Prof. Raffaele Canoro, con una tesi sperimentale in design, relatore Prof. Vincenzo Bergamene, dal titolo “Palingenesi del Cervo”. Docente di Arte e Immagine, svolge attività artistica presso il suo studio a Pesche in via Giovanni XXIII. In qualità di direttore artistico ha curato e cura diversi eventi nella provincia di residenza, mentre nel 2008 ha curato le attività espositive per il I centenario ISA, Istituto Statale d’Arte di Isernia. Da una fase figurativa di stampo plastico e con influenze proto-rinascimentali negli ultimi anni è giunto ad un’inedita ricerca sul colore e sul mezzo pittorico. Catalogo: Terzo Millennio Luogo: Spazio Cent8anta, Corso Marcelli 180, Isernia (IS) 25 maggio – 7 giugno prolungata fino a Luglio Orari: dal venerdì alla domenica dalle 17.00 alle 20.00 Info: arte@lecose.org


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EVENTI

LAZIO

openARTmarket | L’arte tra promozione culturale e mercato

IL PROGETTO OpenARTmarket vuole essere un progetto innovativo nel mondo dell’arte contemporanea. Lo staff di OpenARTmarket aiuteranno il pubblico a prendere l’arte con un po’ più di leggerezza, avvicinandosi alle tematiche ed agli stili espressivi seguendo anche il proprio istinto. Si potranno trovare in questo nuovo spazio i lavori di artisti emergenti a livello nazionale ed internazionale con cataloghi e materiali di presentazione. Inoltre saranno realizzate periodicamente rassegne in cui saranno presentati al pubblico nuovi talenti. L’idea di OpenARTmarket nasce dall’esperienza, dalla passione di Antonietta Campilongo, architetto e curatrice di eventi, che da anni è attiva nel settore organizzativo dell’arte contemporanea in Italia e all’estero; insieme a lei a dar vita a questo progetto troviamo partners di consolidata competenza nell’area dell’art-marketing. Il team di OpenARTmarket promuoverà efficacemente gli artisti con la definizione di un programma mirato al loro inserimento e valorizzazione nel panorama artistico contemporaneo. Agli artisti si chiede in cambio di produrre opere accettando un’auto-regolamentazione delle quo-

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tazioni in linea con la filosofia che sottende l’iniziativa. Prezzi esposti per consentire la valutazione e la scelta dei pezzi in tutta tranquillità costituiscono una vera opportunità. L’acquisto d’arte è un atto di felicità, di gioia e ispirazione che nessuno dovrebbe perdere nella vita. MISSIONE Con OpenARTmarket, l’opera e l’artista rispettivamente prodotto e produttore d’arte escono dalla logica dell’eccezionalità e del collezionismo d’élite per diventare un mezzo di comunicazione sociale ed estetico a costi accessibile a tutti. OBIETTIVI DEL PROGETTO Dare all’arte la capacità di aprire nuovi spazi di dialogo, e far si che l’arte contemporanea sia sempre meno un discorso per pochi con meno timore reverenziale e più voglia di partecipazione. In questo momento di grave difficoltà finanziaria l’arte soffre poiché l’opinione pubblica non ha maturato nei suoi confronti una sensibilità sufficiente a riconoscerla come una vera priorità. Ci troviamo di fronte a una nuova situazione nella quale


bisogna cercare canali diversi, nei quali le logiche di produzione nei prossimi anni probabilmente cambieranno. Di fronte alla prospettiva di cambiamenti in cui si intrecciano l’emergere di nuove forme di committenza e di un collezionismo in grado di esercitare la sua influenza sul sistema dell’arte a livello globale, diventa ancora più importante e più stimolante per gli artisti riuscire a raggiungere nuovi spettatori poiché l’emozione di far entrare all’interno del gioco persone che non sono già sintonizzate su questo tema, sta diventando per molti artisti una vera urgenza, oltre che una grande opportunità per la società. L’arti-star arrivato alla notorietà ed al successo, esaltato e supervalutato nei circuiti internazionali del grande collezionismo costituisce un’ambizione difficilmente raggiungibile per un pubblico d’estimatori di limitate capacità economiche. Dall’altra parte l’artista emergente che vive di/in ambiti alternativi è marginalizzato avendo poca visibilità. Egli vive con maggiori difficoltà la sua missione artistica poiché Il suo lavoro non è considerato economicamente produttivo e rilevante; allo stesso modo è sminuito il valore intrinseco delle sue opere. All’opposto un mercato di “arte di riproduzione e replica” insieme ad una produzione diffusa di minore qualità è un’altra delle realtà surrogato a cui attinge un considerevole pubblico che ambisce ad avere “arte in casa” attraverso copie di quadri divenuti famosi o puramente decorativi. Si tratta evidentemente di un potenziale mercato che se re-indirizzato potrebbe recepire e rivitalizzare il lavoro degli artisti emergenti riconoscendo loro un ruolo ed un valore di produzione creativo. FINALITA’ La finalità di OpenARTmarket è dunque quella di creare un luogo dove stabilire un contatto diretto tra l’artista emergente ed il pubblico che si affaccia all’arte contemporanea; un luogo dove guardare, discutere, scegliere di comperare delle opere d’arte contemporanee a costi veramente praticabili. Questi sono proprio i due punti qualificanti dell’iniziativa: riconoscere all’artista la sua dignità

e qualità di creatore d’arte retribuito per il suo lavoro e funzione sociale e consentire ad un pubblico di utenti interessati all’arte contemporanea la possibilità di acquisire opere di autentico valore artistico. Si proporranno opere d’arte (pittura, scultura, installazione, fotografia, arte digitale, design.) in una fascia di prezzo che va da 49 a 999 euro. LA SEZIONE SPECIALE Sarà rivolta all’arte del riciclo per promuovere un nuovo modo di pensare i nostri stili di vita consumistici. Attraverso la valorizzazione degli “scarti” come oggetti utili a vivere un’esperienza creativa ed educativa che rispetta l’ambiente, si conferirà nuova vita a materiali che altrimenti verrebbero buttati via perché apparentemente senza valore. Al frequente interrogativo sulle diverse strade e finalità dell’espressione artistica, l’esposizione risponde con il preciso intento di sensibilizzare artisti e pubblico alle criticità ecologiche, sostenendo ogni percorso utile ad investire risorse ed energie nei processi di riutilizzo degli oggetti e dei materiali dismessi. La missione e gli obiettivi saranno legati ad OpenARTmarket Partner della sezione speciale Arte del riciclo è NWart sezione dell’Associazione NEWORLD da sempre presente nel panorama artistico con la finalità di seguire le problematiche sociali ed ecologiche del nostro tempo. PROSSIMO APPUNTAMENTO OpenARTmarket ha realizzato 15 edizioni dal 2011 ad oggi. Il prossimo evento è previsto per il 22 ottobre a Roma presso la Fonderia delle Arti. La rassegna prevede, oltre la mostra di opere di artisti emergenti insieme a nomi già affermati nel panorama artistico italiano ed internazionale, special guest, performance, video e concerti di musica Jazz.

Referente progetto: arch. Antonietta Campilongo cell. 339 4394399 fax 06 99938676 www.openartmarket.it www.nwart.it anto.camp@fastwebnet.it

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EVENTI

ABRUZZO

Museo Archeologico Nazionale D’Abruzzo

Villa Frigerj, è una villa ottocentesca conosciuta con il nome di Villa Comunale di Chieti. Venne fatta costruire negli anni ‘30 del Novecento dal barone Frigerj, secondo i dettami del gusto neoclassico, e ceduta prima al Comune e poi allo Stato. A Villa Frigerj, in un contesto verde chiuso al traffico veicolare e di rara bellezza, si trovano alberi secolari, fontane, preziose strutture architettoniche, percorsi nascosti, panchine di pietra e uno splendido belvedere da cui si possono ammirare le vette della Majella. Sempre all’interno della Villa Comunale c’è un laghetto illuminato con ponti di pietra e con al centro la famosa statua di Nettuno. Particolarissima la struttura degli “ archetti “, una corona di panchine a diverse altezze e immersa nel verde, meta di generazioni di studenti dei capoluogo teatino. In una delle aiuole principali è possibile ve50

dere una ricostruzione in tasselli di pietra a terra di Achille a cavallo, simbolo della città di Chieti. Il viale principale è realizzato con lastre di pietra su cui insiste un ricamo di cemento lavato, con un disegno dal gusto vagamente liberty. La pavimentazione presenta un disegno elicoidale di fasce ( ricorda simbolicamente il DNA ) da cui si sviluppano i caratteri ereditari della cultura teatina: a terra sono scritti versi di sonetti sei-settecenteschi incisi su lastre di ghisa ed inseriti sulle sottili fasce trasversali. Essi scandiscono il cammino lungo il viale. Dal 1959 la Villa ospita il Museo Archeologico Nazionale di Chieti, di fortissimo interesse per le collezioni di reperti dell’area abruzzese.


Museo d’arte Indirizzo: Villa Comunale Frigeri, Via Costanzi, 2, 66100 Chieti Telefono: 0871 331668 CHIUSO LUNEDI’ Sito Web: Museo Nazionale Archeologico

l Museo Archeologico Nazionale è la più importante collezione archeologica della regione, molto rinomata per la vastità della sua collezione. E’ l’ideale per chi desidera conoscere la storia delle antiche popolazioni abruzzesi. Il museo è allestito in una villa comunale appartenuta alla famiglia Frigeri e ripercorre le tappe più importanti della storia archeologica abruzzese. Per la modernità dell’esposizione e la fruibilità dei materiali esposti da parte del visitatore, il museo è stato insignito del titolo di Museo Europeo dell’anno. Il percorso comincia con la mostra di reperti prove-

nienti dalle necropoli i principali siti archeologici. Di particolare rilievo di oltre 500 esemplari - bronzetti, ceramiche, piccole sculture - appartenenti alla collezione Pansa. Il pezzo più rappresentativo del Museo è il cosiddetto Guerriero di Capestrano - statua funeraria del re Nevio Pompuledeio - documento dell’organizzazione monarchica delle civiltà abruzzesi durante il Vl secolo. in una sala attigua sono esposte le tre stele di Penna S. Andrea, che invece testimoniano l’evoluzione sociale degli insediamenti italici, trasformatisi in ‘res publica Sabinorum’ solo un secolo dopo. l’attività del Museo si arricchisce di mostre temporanee, convegni e conferenze. 51


EVENTI

PUGLIA PAROLA d’ARTISTA

Pinacoteca Michele De Napoli - mostra d’arte contemporanea A cura di Maria Vinella e Isabella Di Liddo

Artisti invitati: Maria Bonaduce; Antonio Cicchelli; Angela Consoli; Franco Dellerba; Costantino De Sario; Francesco Granito; Gaetano Grillo; Raffaele Fiorella; Paolo Lunanova; Mauro A. Mezzina; Giovanni Morgese; Giuseppe Negro; Pippo Patruno; Annalisa Pintucci; Rosemarie Sansonetti; Giuseppe Sylos Labini. Patrocini: Comune di Terlizzi, Università degli Studi di Bari, Accademia di Belle Arti di Bari, Regione Puglia Coordinamento: ADSUM artecontemporanea Comitato Scientifico: dott. Ninni Gemmato (Sindaco di Terlizzi), prof.ssa Maria Vinella (Dipartimento Arti Visive, Accademia di Belle Arti), prof.ssa Isabella Di Liddo (Dipartimento LELIA - Lettere Lingue Arti,UniBa), prof.ssa Francesca R. Recchia Luciani (Filosofie contemporanee, Dipartimento di Studi Umanistici, UniBa), prof.ssa Mimma Pasculli Ferrara (Storia dell’arte moderna, Dipartimento LELIA, UniBa), prof.ssa Gigliola Fania (Direttore del Parco Sculture LungoLagoLesina). La Mostra “Parola d’artista” intende offrire una riflessione sulle Scritture d’Artista che corrispondono, nel contesto dell’arte visiva, ai testi poetici degli scrittori e coincidono con le opere d’arte realizzate, nella nostra contemporaneità, con l’impiego di materiali diversi, sempre più vari, che associano alla pittura e alla scultura i linguaggi multidisciplinari e multicodice. Le Parole d’Artista possono essere intese come pagine visive, dipinti in forma di parola, scul-

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tura come racconto, dove la narrazione scorre affiancando al segno il colore, la forma, lo spazio, il volume, ecc. Nate con le prime avanguardie artistiche del Novecento ed in particolare con il Futurismo, tali scritture visive compaiono con l’evoluzione della tipografia futurista avviata da Marinetti, dai libro-oggetto alle tavole parolibere, ai taccuini d’autore, ecc. Oggi le Parole d’Artista si ibridano con nuovi linguaggi e nuovi materiali. Sconfinano con l’installazione, l’ambientazione, la performance. Diventano scritture di luce, fisse o in movimento (fotografia e video). Sono pittura e scultura che usano i mezzi tradizionali dell’arte per raccontare nuovi mondi e inaspettati universi. Vernissage sabato 18 giugno 2016 ore 19,00 Interverranno il Sindaco di Terlizzi dott. Ninni Gemmato, ass. alla cultura Avv. Marina Cagnetta e le curatrici prof. ssa Maria Vinella e prof.ssa Isabella Di Liddo. visitabile dal 18 giugno al 30 luglio 2016 orario: dal martedì al sabato ore 10.00-13.00 / venerdì e sabato anche ore 16.00 – 19.00 catalogo della mostra Edizioni Pegasus Pinacoteca De Napoli, c.so Dante, 9 - Terlizzi info@pinacotecadenapoli.com www.pinacotecadenapoli.com - tel 0803542836 ADSUM artecontemporanea partner dell’evento Tel. 3476502478 – adsum.arte@libero.it – www.retearte.it


4 luglio-27 settembre 2016-06-22 - Castello di Gallipoli (Lecce) Sono passati appena quattro anni dalla prima edizione della mostra “Scatti di Cinema, la Puglia al Cinema”, allestita per la prima volta nel 2010 alla Mostra del Cinema di Venezia. Dopo il successo dell’anteprima veneziana, sono stati diversi i luoghi che hanno accolto la mostra itinerante di Apulia Film Commission, anche fuori dal territorio regionale e nazionale. In questi quattro anni, grazie anche al lavoro di Apulia Film Commission, la Puglia ha ospitato numerose produzioni audiovisive nazionali ed internazionali. Ed è per questo che la Fondazione, ha deciso di riproporre una edizione aggiornata di “Scatti di Cinema”, mostra curata da Daniele Trevisi, con nuove e indite fotografie di film che si sono avvicendate sul territorio in questi ultimi quattro anni.

fie scattate durante la lavorazione dei film di registi come Alessandro Piva, Edoardo Winspeare, Pupi Avati, Sergio Rubini, Mario Martone, Ferzan Ozpetek e tanti altri. A questi si aggiungono scatti di film girati in Puglia negli ultimi anni dei set di Edoardo Winspeare, Giovanni Veronesi, Ferzan Ozpetk,Daniele Ciprì, Pippo Mezzapesa, Giacomo Campiotti, Leone Pompucci, Ermanno Olmi, Eugenio Cappuccio, fotografie scelte con l’idea di mostrare le location, i protagonisti e i backstage. La mostra, quindi, vuole creare un viaggio nel territorio pugliese attraverso le immagini dei film. Un percorso in cui vengono sottolineati tutti gli elementi caratterizzanti della Regione: la natura, il mare, le architetture, i colori, i centri storici e la particolare luce che ha sempre incantato i registi di tutto il mondo.

“Scatti di Cinema”, dopo l’inaugurazione di venerdì 4 luglio alle 19, torna quindi visibile al pubblico nelle sale del Castello di Gallipoli da sabato 5 luglio a sabato 27 settembre, con un allestimento composto da circa 70 fotogra-

“Scatti di Cinema” sarà visitabile tutti i giorni dal 5 luglio al 27 settembre (nei mesi di luglio e agosto dalle 10 alle 24, a settembre dalle 10 alle 21). Per informazioni: 0833.26.27.75.

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EVENTI

BASILICATA

LE GRANDI MOSTRE NEI SASSI XXIX EDIZIONE

CHIESE RUPESTRI MADONNA DELLE VIRTÙ E SAN NICOLA DEI GRECI Matera, 29 Giugno-6 novembre 2016

Mercoledì 29 giugno, ore 19.00, si è inaugurato a Matera, nelle chiese rupestri Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci, la XXIX edizione della rassegna di scultura contemporanea“Le Grandi Mostre nei Sassi”, organizzata dal Circolo La Scaletta, in collaborazione con la Soc. Coop. Cave Heritage - Arte, Cultura e Turismo. Quarantuno opere di Pietro Guida, scultore di origini campane che vive in Puglia, saranno esposte al pubblico nei Sassi di Matera, negli ambienti ipogei delle chiese rupestri di San Nicola dei Greci e Madonna delle Virtù, dal 29 giugno al 6 novembre 2016, in occasione della 29/a mostra antologica di scultura, intitolata quest’anno “Racconto di un popolo di statue”. Guida, che è nato a Santa Maria Capua Vetere nel 1921, ha avuto un lungo percorso artistico. E’ considerato tra i maggiori interpreti dell’arte del Novecento e la sua attività ha risentito di differenti momenti espressivi: dall’arte figurativa degli esordi (1950-1960) al periodo astratto-costruttivista (1960-1975), fino al ritorno ad una plastica figurativa. La mostra è organizzata dal circolo culturale “La Scaletta” ed è curata dal Tommaso Strinati. All’interno delle chiese rupestri sono esposte anche opere a tema mitologico come “Apollo e Dafne” (1996), “Il Minotauro e la fanciulla” (2005), “Leda e il cigno” (1997).

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Mercoledì 29 giugno, ore 19.00, si inaugura a Matera, nelle chiese rupestri Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci, la XXIX edizione della rassegna di scultura contemporanea“Le Grandi Mostre nei Sassi”, organizzata dal Circolo La Scaletta, in collaborazione con la Soc. Coop. Cave Heritage - Arte, Cultura e Turismo. L’iniziativa culturale, tra i consolidati appuntamenti della città, quest’anno ospita la mostra personale di Pietro Guida. “Racconto di un popolo di statue” è il titolo dell’esposizione composta da quarantuno sculture in cemento e gesso, realizzate tra il 1947 e il 2016. L’opera più recente, ispirata al mito di Pigmalione, viene esposta per la prima volta nella rassegna materana. Pietro Guida, nato a S. Maria Capua Vetere ( Caserta), vive e lavora a Manduria (Taranto) dal 1949. Consegue il diploma di scultura nel 1947, in quegli anni aderisce al “Gruppo Sud”, diventando uno dei protagonisti di quella “primavera” napoletana, che si snoda attraverso eventi artistici e manifestazioni culturali. Alla fine degli anni Cinquanta si afferma nel panorama artistico del dopoguerra. La sua produzione figurativa è esposta in importanti mostre personali e collettive, tra cui ricordiamo la partecipazione alla VII e VIII edizione della Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma e la personale nella prestigiosa “Galleria del Cavallino” di Venezia”. Il lungo percorso artistico dello scultore, che ha attraversato l’intero Novecento, è caratterizzato da differenti momenti espressivi: dall’arte figurativa degli esordi (1950-1960) al periodo astratto - costruttivista (19601975), fino al ritorno ad una plastica figurativa, con una prima fase che indulge alla piacevolezza, andata perlopiù distrutta, fino alla produzione degli ultimi anni. La mostra, curata dal prof. Tommaso Strinati, comprende opere a tema mitologico come, “Apollo e Dafne ”1996, “Il Minotauro e la fanciulla ”2005,“ Leda e il cigno ”1997, “Il mito di Endimione ”1999” e “Orfeo e Euridice” 2007 in abiti moderni. Nei suggestivi ambienti rupestri del Sasso Barisano il mito si fonde alla realtà, narrata, ad esempio, dalle

opere “Al balcone”, “Borghesi” 2003, “Tenerezza ”1994, “Amanti”1991, “Tango”2007 e “Rock’n’roll” 1995. Il racconto di un’umanità immobile e palpitante, che esalta la bellezza e la sensualità femminile, con sculture come: “Donna in rosso ”2015, “Frammento 2” 1984, “Tenda e figura 2 ”2011” e “Estasi” 1990. “Sono contrario alla piacevolezza nell’arteafferma Guida- nella scultura l’artista deve sapere quando fermarsi, per non rischiare di cadere nel piacevole, nell’eccessiva rifinitura”.

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EVENTI

CAMPANIA Igor Mitoraj a Pompei

Trenta opere monumentali del grande scultore polacco impreziosiscono gli Scavi archeologici di Pompei

Trenta monumentali sculture dell’artista Igor Mitoraj sono state collocate nell’area archeologica degli Scavi di Pompei. La mostra postuma dell’artista polacco – ma italiano d’adozione – resterà visibile fino a gennaio 2017. Le maestose sculture in bronzo sono state collocate in diversi settori degli scavi, sotto la direzione artistica di Luca Pizzi dell’Atelier Mitoraj: dal Tempio di Venere alla Basilica e al Foro, da Via dell’Abbondanza alle Terme Stabiane, dal Foro Triangolare fino al Quadriportico dei Teatri.

tà all’antichità, essendo la sua arte ispirata alla storia e al mito della Magna Grecia. Le sue sculture sono personaggi facilmente riconoscibili: Eros, Venere, Icaro, il Centauro, e, alla stregua di reperti archeologici, sono sempre frammentate, mutilate, spezzate, incrinate, attraversate da crepe e vuoti che stimolano l’immaginazione, riportandoci nel passato, come ad indicarci una strada per ritrovare l’antica civiltà. Se e’ vero che “A Pompei- come scrive Théophile Gautier nel 1852-due passi separano la vita antica dalla vita moderna”, vale la pena interrogarsi, fermarsi a riflettere per migliorarsi e far rinascere l’orgoglio di essere veri cittadini del mondo, un mondo non dimentica il suo passato, ma rende omaggi ai fasti, emulandoli e traendo da essi il meglio per oggi e per domani.

Igor Mitoraj nacque a Oederan nel 1944 e mori’ a Parigi nel 2014; iniziò a studiare pittura sotto la guida di Tadeusz Kantor, ma rimase da subito affascinato dall’arte e dalla cultura Latino –Americana. A tal fine, si trasferì in Messico; in seguito si stabilì a Parigi dedicandosi esclusivamente alla scultura. Il suo stile riesce ad unire la modernihttp://www.pompeiisites.org/Sezione.jsp?titolo=Informazioni+visita&idSezione=1127

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MAAA: omaggio di Vico Equense all’artista Antonio Asturi

C’è chi lo definisce il pittore della maternità, chi quello della corrida, chi, ancora, quello delle carrozzelle. Quello che è certo, comunque, è che si tratta di un pittore con la “P” maiuscola o, meglio, con le “A” maiuscole. Chiunque, nella vita, abbia visto almeno una volta un suo dipinto, ricorderà di certo l’inconfondibile firma con le “A” predominanti, le iniziali di Antonio Asturi. Il pittore aequano, nato nel 1904 e morto nel 1986, è un indiscusso talento internazionale: non a caso, proprio a lui, Vico Equense, suo paese natio, dedica il MAAA, Museo Aperto Antonio Asturi, inaugurato lo scorso 20 maggio. Qui, presso la Nuova Casa Comunale in Piazza Mercato, troverete circa 40 opere dell’artista visionabili il martedì, il giovedì ed il sabato dalle 16.00 alle 19.00 oppure su richiesta. “Il forno di Donna Giulia“, “Fiera di Sant’Agnello“, “Rustico a Pietrapiano” sono solo alcuni dei lavori in esposizione all’interno della struttura, gentilmente donati a beneficio della comunità. Dall’acquerello su pergamena di “Mamma” (1916 ), a “La siesta del gatto” (tempera su carta, 1971 – 1975) passando per la matita su carta di “Mammà” (1949) e la tecnica mista su compensato de “Monache alle Terme Stabiane” (1953 – 1958), la bravura del pittore si delinea attraverso le svariate tecniche utilizzate ed i periodi di maturazione, da quello futurista a quello maturo. La mostra permanente, sorta grazie alle donazioni degli Eredi ovvero Gregorio ed Anna Maria, oltre che con il Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività culturali, del Miur, della Regione Campania e della Città Metropolitana di Napoli con la partecipazione dell’Assessorato al Turismo e alla Cultura della Città di Vico Equense, è finalizzata a tramandare ai posteri l’indiscusso talento di Antonio Asturi. Il percorso museale, articolato in dipinti e riproduzioni, offre allo spettatore un iter che ripercorre la carriera dell’artista ma che riesce soltanto sommariamente a delineare la bravura del Maestro, figura imponente del ‘900 italiano ed internazionale. L’esposizione, curata da Nicola Barbatelli, responsabile del catalogo realizzato a 30 anni dalla morte dell’autore, è ad ingresso gratuito, in veste di regalo alla Comunità di

Vico Equense. Invero è lo stesso Asturi a rendere omaggio, mediante le sue opere, alla sua Città, oltre che ad ogni luogo o persona raffigurati grazie al suo fine tocco artistico. Autodidatta con un passato non semplice alle spalle, l’artista aequano ha saputo fare del suo fardello un monito a non scoraggiarsi. Tante sono le opere prodotte da Asturi, ritraenti soprattutto il luogo natio e le persone intorno a lui di cui, con pochi e concisi tratti, egli sapeva rendere il profilo esteriore quanto interiore. Osservatore, o meglio, scrutatore dell’anima, l’artista dipingeva su qualsiasi materiale gli capitasse a tiro, ragion per la quale la sua maggior produzione giace su cartoncini et similia. Descrivere, evocare: era questo lo scopo della sua pittura, principalmente quella figurativa. Ritrattista di fama conclamata, Asturi ebbe l’onore e l’onere di raffigurare personalità del calibro di Vincenzo Migliaro, Benedetto Croce, Giorgio De Chirico, Luigi Einaudi, Arturo Toscanini, tutti entusiasti delle opere del Maestro. Non a caso, lo stesso Migliaro dichiarò: “Voglio bene ad Asturi come all’Arte”, un complimento che, fatto da un pilastro come l’artista di scuola napoletana, la dice lunga, molto lunga. Di certa matrice impressionista, l’autore aequano fu apprezzato anche e soprattutto per la sua opera di raffigurazione del vero, ovviamente reso attraverso la sua spiccata sensibilità. Un “pittore isolato”, così lo definiva Piero Girace, che “non appartiene a gruppo o conventicole, va avanti con le proprie forze, con il proprio istinto, lavora tutti i giorni o nel suo studio a Vico Equense o andando in giro per l’Italia”. E’ così che la fama dell’artista echeggia ovunque, partendo dall’autoritratto in maiolica, un tempo dominante nella piazza principale di Vico Equense, passando per la strada a lui intitolata nel medesimo Comune, per arrivare alla Francia, alla Spagna, a chiunque sia predisposto a carpirne la magia nella spontaneità. “Sincera e spontanea” sono, per l’appunto, gli aggettivi che Pietro Mascagni rivolge all’attività pittorica di Asturi mentre un emblematico commento proviene dalla labbra di S. Casciaro che, a proposito del Maestro, asserisce in un indovinato compendio: “L’Arte, il vero, più l’Artista”. Articolo e foto di Francesca Martire

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EVENTI

CALABRIA

L’arcobaleno dell’anima. L’arte come introspezione a cura di Alessandra Primicerio

Il mio libro “L’arcobaleno dell’anima. L’arte come introspezione” edizioni DN di Davide Noviello, è stato presentato lo scorso 12 giugno 2016 a Rende (CS). È una raccolta di recensioni critiche su artisti contemporanei calabresi. Era mia intenzione, come dice nella prefazione Elisa Le Coche, critico letterario, dare “l’opportunità di riflettere sulle potenzialità dei nostri talenti quasi sempre alienati, specialmente se rimangono ancorati alle proprie origini”. Nel libro-catalogo ad ogni artista è dedicato ampio spazio con biografia, recensione critica e immagini a colori delle opere.

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Presenti anche alcuni aforismi sull’arte a cura di Elisa Le Coche. Il titolo “L’arcobaleno dell’anima” nasce dall’idea di evidenziare, per ogni artista, le diverse caratteristiche di sensibilità e capacità espressive. Ho immaginato un arcobaleno nei suoi diversi significati simbolici: vita, collegamento, spiritualità. Il mio pensiero è stato concretizzato dalla grafica che l’editore ha realizzato per la copertina, colorata come un arcobaleno formato dai particolari di ogni singola opera citata nel libro. “L’arte come introspezione” perché ho analizzato le opere degli artisti cercando di scrutare e leggere la loro anima. La presentazione è stata condotta con professionalità dalla giornalista Simona Stammelluti, che ha posto domande all’editore e ai relatori per poter approfondire meglio il contenuto del libro. Maria Rosaria Salerno, docente di Storia dell’arte, ha sottolineato che le opere e gli artisti sono stati studiati non solo con l’occhio del critico d’arte, ma anche con quello del semiologo e del sociologo.


Il MUSABA di Nik Spatari a Mammola a cura di Alessandra Primicerio

Nicodemo Spatari, in arte Nik Spatari, pittore, scultore e architetto calabrese, dopo la perdita dell’udito all’età di nove anni, inizia il suo percorso di autodidatta specializzandosi in scultura e architettura. Ha viaggiato molto, è stato allievo di Le Corbusier e ha conosciuto Jean Cocteau, Picasso e Max Ernst. Dopo aver vissuto per un breve periodo a Milano , è tornato in Calabria e insieme ad Hiske Maas, sua compagna e sua musa, raffigurata in tante sue

opere, ha realizzato il MUSABA , un museo laboratorio di Arte contemporanea che si trova a Mammola (Reggio Calabria). Sorge sui resti di un monastero basiliano sul fiume Torbida. Le rovine del monastero sono state restaurate da Spatari e l’arte greca e romana si fonde con l’arte contemporanea. Arte , cultura e paesaggio sono un tutt’uno nel progetto dell’artista.

Nik ha esposto in molti musei e luoghi di culto realizzando, per esempio, le vetrate del monastero di San Domenico a Reggio Calabria. Il suo capolavoro è il Parco Museo. Al piano superiore vi è la sua particolare abitazione, fuori da ogni canone. Al piano inferiore il museo e fuori le rovine del Monastero. Il suo tocco trasgressivo si nota soprattutto nel grande affresco tridimensionale “Il sogno di Giacobbe” che è stato definito una cappella sistina calabrese, un po’ blasfema.

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EVENTI

SICILIA

PIETRO RUFFO. BREVE STORIA DEL RESTO DEL MONDO

La Fondazione Puglisi Cosentino e la Fondazione Terzo Pilastro –Italia e Mediterraneo, annunciano l’apertura, dal 3 aprile al 10 luglio, a Catania, nella sede della Fondazione Puglisi Cosentino, di Breve storia del resto del mondo, l’ampia personale di Pietro Ruffo, a cura di Laura Barreca. “La mostra, allestita in uno dei più affascinanti spazi museali in Sicilia, propone uno spaccato della realtà storica contemporanea, attraverso gli occhi e la sensibilità di un artista dalla spiccata personalità”: è l’opinione del Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo, che aggiunge: “La forza di Ruffo consiste nell’utilizzare tutti gli elementi base propri della sua formazione di architetto – il progetto, la carta, il disegno – per dar voce, con opere anche tridimensionali, ai grandi temi della storia universale, come la libertà e la dignità dell’essere umano costantemente minacciate dalle insidie del mondo di oggi”. Breve storia del resto del mondo riunisce una spettacolare sequenza di opere di grandi dimensioni realizzate dall’artista romano dal 2005 ai giorni nostri. Essa va a comporre una sorta di viaggio visivo sul concetto universale di libertà o dei principi liberali nella storia politica dei continenti, attraverso i temi della colonizzazione, delle divisioni culturali, sociali, religiose da cui scaturiscono antichi e irrisolti conflitti 60

tra i popoli del mondo. Conosciuto per le sue grandi mappe delle nazioni, su cui schiere di libellule intagliate a mano e fermate con migliaia di spilli rappresentano l’idea della libertà,


Pietro Ruffo concepisce un percorso espositivo che guida il visitatore al riconoscimento di alcuni “padriispiratori” del pensiero liberale e costituzionale: tra loro il politologo inglese Isaiah Berlin, cui l’artista dedica nel 2010 la serie di grandi ritratti I sei traditori della libertà, in mostra a Catania. Ma anche poeti come il libanese Khalil Gibran, cui è dedicata l’opera Liberty House (2011): una piccola costruzione architettonica che vuole affermare il concetto che si è davvero liberi solo se il desiderio di ricercare la libertà diventa pratica quotidiana e interiore. Attualissima traduzione artistica di una condizione geopolitica internazionale, la mostra si offre come riflessione più ampia sulle questioni da cui sono originate le più recenti e disastrose piaghe sociali: dal colonialismo, alla primavera araba, dal fondamentalismo islamico alle rivolte per i diritti dei lavoratori in Sud Africa.

Vincitore del Premio Cairo e del Premio New York all’Italian Academy for Advanced Studies at Columbia University nel 2010, Pietro Ruffo è oggi riconosciuto come uno degli artisti italiani più interessanti a livello internazionale. Tra i progetti più significativi, si segnalano: A complex istant -Moscow, Progetto speciale per la quarta biennale di Mosca, SLASH, paper under the knife, MAD Museum of Art and Design, New York; Apocalittici e Integrati, MAXXI, Museum of XXI Century Art, Roma. Nell’estate del 2015 realizza una scenografia per la sfilata di Valentino, che ha visto l’artista cimentarsi con un’opera su scala urbana costruendo un’intera piazza ispirata al concetto di stratificazioni.

Ad apertura e chiusura della mostra, l’opera The Colours of Cultural Map (2015) commissionata da Luciano Benetton per il progetto Imago Mundi, un grande atlante dei paesi del mondo e delle differenze che uniscono i popoli; e SPADSVII, commissionato dalla Galleria nazionale d’arte Moderna di Roma, un biplano di dimensioni reali realizzato interamente in legno e carta. Dal 03 Aprile 2016 al 10 Luglio 2016 a CATANIA LUOGO: Fondazione Puglisi Cosentino CURATORI: Laura Barreca ENTI PROMOTORI: •Fondazione Puglisi Cosentino •Fondazione Terzo Pilastro –Italia e Mediterraneo COSTO DEL BIGLIETTO: intero € 8, ridotti € 5; i pomeriggi di martedì e venerdì € 3 TEL. PER INFORMAZIONI: +39 095 7152118 E-MAIL INFO: info@fondazionepuglisicosentino.it SITO: http://www.fondazionepuglisicosentino.it/ Orario: dal martedì alla domenica 10-13 / 16-19.30 Il sabato sino alle 21.30; chiuso il lunedì; aperture straordinarie su prenotazione.

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EVENTI

SARDEGNA MARCELLO NOCERA a cura di paola Corrias

Una serie di fotografie di distributori cattura la mia attenzione. Colori fluo, luci al neon, buio pesante. Ricordano le scene di un film. Mi incuriosisce. E’ Marcello Nocera. Con un sottofondo di musica trascendentale, nel 2005 cambia il proprio destino liberandosi delle vesti di fotografo professionista per esercitare la sua vocazione in totale libertà. Sperimentazioni/sovrapposizioni/manomissioni delle immagini interessano il primissimo periodo di produzione artistica. In questi ultimi anni Marcello Nocera rappresenta la realtà con la fotografia tradizionale, libera da superfetazioni. Il linguaggio è ordinato e leggibile, l’insieme è schematico. Eppure i suoi lavori sono un multistrato di concetti e di messaggi che si insinuano tra le sovrapposizioni di layers.

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La sintesi della foto é un’occasione di riflessione, oppure di analisi. Calibra la geometria e la composizione cosicché l’occhio non superficiale si immerga nella sensazione di sospensione, di freddo e silenzio, di desolazione e grande solitudine. Tutto però resta fermo allo stato potenziale. Catalizza e trasuda nuove reazioni chimiche, smuove gli altri sensi. Induce, appunto, l’analisi. L’occhio diagnostico di Marcello é una radiografia della società attuale, una termografia che mette in evidenza i punti caldi. Pochi pieni e molti vuoti. Ampi spazi circondano il soggetto principale. Si passa per l’astrazione per poi arrivare al concetto chiave.


Il suo sguardo è tangente, non interseca mai niente e nessuno se non in un solo punto. Gli basta quel poco per capire, per osservare e per fuggire di nuovo lontano. Lascia spiazzati davanti all’inquadratura della più scontata scena quotidiana. La norma e il rito hanno assuefatto la collettività e invece Marcello Nocera sputa in faccia la realtà più cruda. È riflessione per induzione. Realtà: macchine abbandonate allo scorrere del tempo e all’azione degradante degli agenti atmosferici, pale eoliche fuori scala in confronto a un minuscolo uomo solitario, montagne di immondizia, persone avvolte in un telo di plastica opaco che non lascia comunicare interno ed esterno, carrelli per la spesa che attendono tutta la notte per rianimarsi il mattino dopo, distributori di benzina e di cibo confezionato immortalati in un fermo immagine degli anni ’90 arrivato intatto fino al 2016. È la nuova società dell’era del prodotto, prodotto e consumato e scartato dagli schiavi della mercificazione del proprio tempo. È il momento del consumismo convulsivo e allora lui, Marcello, si chiude in se stesso e torna al sogno originario di essere libero.

Dreamer. Secessione: BN, mosso, lo-fi, nuvole. Esorcizzazione delle paure. Isolamento. Meditazione. Soffoca chiuso da un telo di plastica, non può amare nessuno così avvolto nel materiale polimerico (“Gli amanti”, René Magritte / “Seul contre tous”, Gaspar Noé). Il telo è la vita che separa dalla morte, la maschera, la membrana cellulare che contiene un microcosmo, la forza degradante che continuamente si oppone alla voglia di reagire e viceversa.

Sfida l’universo e rincorre le risposte che ha cercato da sempre, corre verso i limiti così l’orizzonte indietreggia ancora un po’, come nel lontano 1985. Nella continua ricerca volge lo sguardo al cielo. Si spinge ancora più in alto ma mai troppo oltre. Qualcosa lo tiene incatenato alla vita più comune, così persegue l’infinito con un rito di comunicazione ultraterrena. Guardando il cielo nero può vedere se stesso dall’alto, una ripresa oggettiva, l’unico modo in cui vuole rappresentarsi. Dreamer: il lavoro artistico più attuale è un percorso dinamico di elaborazione del dolore e (forse) di guarigione, greve di utopie notturne, di spighe di grano e pulviscolo atmosferico smosso da un motore acceso. E’ una via crucis con in sottofondo un rumore di bottiglie di vetro oltre le spesse quinte di fumo.

Dreamer è la speranza dell’artista di trovare la sola risposta a cui aspira attraverso un lavoro strettamente personale e molto profondo. Indaga se stesso. Marcello Nocera compie il viaggio a ritroso, dall’articolazione fotografica e liberatoria del primo momento alla fotografia più tradizionale del momento attuale, un tragitto che può seguire solo un grande esperto della materia e della tecnica. Lo chiama work in regress. Paola Corrias paola1corrias@gmail.com www.marcellonocera.com FB: Marcello Nocera

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fondazione

Accorsi - Ometto Via Po, 55 Torino / T. 011.837.688 int.3 ORARI da martedì a venerdì: 10-13; 14-18 sabato e domenica: 10-13; 14-19 lunedì: chiuso 64

Accademia Albertina di Belle Arti di Torino ORARI lunedì, martedì ,gioved’, venerdì, sabato e domenica e giorni festivi: 10-18 (ultimo ingresso alle ore 17,30) mercoledì: chiuso


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