Francesco Parimbelli - Ospiti

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Ospiti Francesco Parimbelli disegni 2005 – 2011

GALLERIA CERIBELLI Lubrina Editore


Ringraziamenti: Patrizia Valduga per aver concesso la pubblicazione delle poesie di Giovanni Raboni Giulia Raboni, Simone Facchinetti e Luciano Passoni per l’amicizia e la collaborazione

Ospiti, Francesco Parimbelli, disegni 2005 – 2011 Galleria Ceribelli Bergamo 24 marzo 2012 Le poesie presenti in catalogo sono pubblicate in: Giovanni Raboni, L’opera poetica, i Meridiani, Mondadori, 2006 progetto grafico +l. stampa: Castelli Bolis Poligrafiche, Cenate Sotto (Bg) Lubrina Editore via Cesare Correnti, 50 - 24124 Bergamo www.lubrina.it ISBN 978 88 7766 447 1 Galleria Ceribelli via San Tomaso, 86 – 24121 Bergamo tel. 035231332 – info@galleriaceribelli.com www. galleriaceribelli.com


Ospiti



Ospiti Francesco Parimbelli disegni 2005 – 2011

testo di

Giulia Raboni poesie di

Giovanni Raboni

GALLERIA CERIBELLI Lubrina Editore



OSPITI Giulia Raboni

I paesaggi, gli alberi, i diversi personaggi, uomini, donne cose lasciano all’inizio incerti nella loro decifrazione. La grande maestria del segno anziché portare a soluzioni compiute, univoche, a una sorta, diciamo così, di realismo quasi atemporale, trasmette al contrario una sensazione di inquietudine, entro un contesto che rifiuta di definirsi in un qui e ora. Questa poetica in qualche modo avvicina le opere di Francesco Parimbelli a quelle di Alberto Giacometti, che pur entro una diversa temperie culturale e in una visione più laica e, potremmo dire, più disincantata, evoca a sua volta le sue figure da un buio che non è buio, da un vuoto che non è vuoto, conservando nel segno morbido e nelle tracce sovrapposte dell’opera in fieri i segni di una perenne ricerca e approssimazione all’essenza dei soggetti ritratti.

Non meno suggestivo è l’evidente più o meno consapevole riferimento che le opere esposte e le poesie che le accompagnano, così emblematicamente sigillate nel titolo, fanno al pensiero e alla filosofia di Heidegger sull’essere come esserci: esserci nel tempo, nelle cose, nella morte. Persone e alberi e animali e frutti della natura costruiscono un mondo nel quale l’essere è gettato e verso il quale dunque è costretto ad assumere una responsabilità che è la sostanza stessa della loro e sua essenza, in vita o in morte o in quel confine sottile, labile, inquietante che le separa. Un mondo nel quale dunque sono ospiti i vivi e ancor più i non più vivi – quel numeroso brusio di presenze, quella “comunione dei vivi e dei morti” di Raboni; ma anche un mondo che è ambiente di vita e che la nostra attività quotidiana costruisce come luogo. Gli uomini abitano infatti i luoghi, perché nei luoghi affondano le loro radici e i loro ricordi, prendono corpo le loro speranze, le loro fedi, i loro progetti. Di questa quotidianità, che è insieme pietà per i morti e cura per i vivi e il vivente, si sostanzia la sacralità dell’abitare umano sulla terra. Anche per Hölderlin poeticamente abita l’uomo: e certo, a fronte dell’errare insensato in una “terra desolata” che è proprio al nostro presente, niente mi pare oggi più toccante di questo richiamo alla poesia, alla bellezza, alla responsabilità, alla cura del mondo.

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ulivo di Tabiano Castello n. 9, 2011, carboncino e grafite su carta, cm 183 x 120 ulivo di Tabiano Castello n. 8, 2011, carboncino e grafite su carta, cm 179 x 111




Quelli (...) chi sono e da dove vengono ? Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione… (Ap. 7, 13–14 )

Tra le immagini che disegno ritorna frequentemente il volto di chi è vecchio o sta vivendo un tempo di prova: sono esistenze che a volte ho sfiorato appena, altre ho accompagnato più a lungo, con gratitudine, pena, dolcezza; vite che si sono mostrate e si sono nascoste. Provare a raffigurare quei volti e a trattenerli disegnandoli sempre di nuovo, con il desiderio e l’impossibilità di restituire davvero la loro presenza in quell’affiorare di segni sulla carta, mi sembra una forma di affetto e prossimità: guardo a loro e a me stesso insieme, riconosco ciò che accade a tutti dall’origine ed è scritto anche sul viso di un bambino o nel sonno di mio figlio che dorme. Sparire e mostrarsi, entrare nel buio o affacciarsi alla luce sono la stessa cosa, avvengono per ognuno di noi nello stesso istante; e il disegno, povero modo di glorificare ciò che passa e resta nascosto, è per me una compagnia ma diventa anche una vicinanza e un ringraziamento. Affiancano questi disegni alcune poesie di Giovanni Raboni con l’intento di suggerire un’intonazione e un clima spirituale che hanno accompagnato il mio lavoro e forse aiutano a leggerlo; è una sorta di sottofondo proposto attraverso questa voce a me cara, che ho sempre sentito consonante e vicina. Anche grazie alle sue parole, i miei disegni vogliono essere semplicemente “ l’impronta dell’intenzione di un saluto” nei confronti delle vite qui raffigurate. Francesco Parimbelli

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disegni 2005 – 2011

i disegni sono realizzati a carboncino e grafite su carta


Poi lo vorrò per me quello che voglio per quei cari – un’infinita, quieta attesa della quiete. La vieta a chi vive, lo so bene, l’orgoglio d’essere ancora vivo: me ne spoglio con calma, ogni giorno un po’, non c’è meta più certa, né trama meno segreta se è scritta da chissà quando nel foglio su cui scrivo, nella bibbia contesa al macero o alla fiamma. Ma tu intanto, ti prego, sopportami, stammi accanto, stringimi la mano finché ci sono tendini e ossa, anche per te sia un dono questa povera attesa dell’attesa.

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V. F. n. 2, 2011, cm 42 x 56


Tanto difficile da immaginare, davvero, il paradiso? Ma se basta chiudere gli occhi per vederlo, sta lì dietro, dietro le palpebre, pare che aspetti noi, noi e nessun altro, festa mattutina, gloria crepuscolare sulla città invulnerata, sul mare di prima della diaspora – e si desta allora, non la senti? una lontana voce, lontana e più vicina come se non l’orecchio ne vibrasse ma un altro labirinto, una membrana segreta, tesa nel buio a metà fra il niente e il cuore, fra il silenzio e il nome…

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B. M. n. 1, 2006, cm 41,8 x 38,3



B. M. nn. 2, 3, 4, 2006, cm 48 x 36

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B. M. nn. 5, 6, 7, 2006, cm 48 x 36

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SĂŹ, ricordo: chi viene dalla notte ha il suo segno di luce, vivo o spento, cerchio ovale o losanga, e il suo lamento o il suo silenzio nelle appena rotte tenebre della strada. Ma non sento se era a dinamo o a pila la tua spora, anima, quando non essendo ancora mi sfioravi nel buio come un vento.

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B. M. n. 8, 2006, cm 25 x 36


Fra l’età in cui si muore giovani eroicamente e l’altra, quella in cui la morte è l’infinito splendore del poco, la gloria del niente, spolparsi da sé della vita, piano, una mattina dopo l’altra di sole c’è questa in cui si muore, si muore e basta, senza scandalo, da vivi…

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pini dell’ Elba n. 3, 2011, cm 100 x 51 pag. precedente: pino dell’Elba n. 2, 2011, cm 100 x 70



Quare tristis – perché sempre, nella veglia e nel sonno, nell’omissione e nell’adempimento, l’anima ci fa così male? Noi che la custodiamo senza amarla, senza conoscerla nella gabbietta delle nostre ossa come il vetro d’una lanterna custodisce la fiamma sappiamo soltanto che è lei, lei che non ha né tendini né sangue, la compagnia più sanguinosa. Tu come lei invisibile proteggici dal suo silenzio, fa’ che sentiamo in tempo la sua voce.

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signora O. n. 1, 2007, cm 29,7 x 40


Così a volte succede che nel buio si insanguini un volto, una mano ci implori – così c’è chi ignora e chi invece ha nel cuore la comunione dei vivi e dei morti.

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signora O. nn. 2, 3, 4, 2007, cm 51 x 42


SÏ – ma memento anche dei semivivi e dei semimorti, di quanti si dissanguano invano, della ferita che non muta in qualcosa di ricco e strano.

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signora O. nn. 5, 6, 2007, cm 51 x 42


SCONGIURI VESPERTINI 5 Adesso, ecco, guardando questo povero cielo dove il crepuscolo s’increspa appena, grigio su grigio, grigio che striscia, che si sfibra nel grigio stagno del mezzogiorno mi cade goccia a goccia nelle vene l’illusione soave d’essere meglio che immortale perché ormai io lo so come si muore, con che opaca dolcezza, con che mite, domestico dolore… O padre, padre tante volte scongiurato a sproposito, ficcato in tutte le salse delle mie seduzioni, fa’ che sia vero anche la volta vera e che sia stato vero anche la volta che si è rotto il tuo cuore.

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Giacomo, 2004, grafite, cm 34,7 x 32,5 pag. precedente e pag. successiva: gelsi di S. Colombano, n. 3, 2011, cm 56 x 42; n. 4, cm 56 x 42, particolare


Filare tra le lenzuola tremando di febbre, di felicità al pensiero d’essere esente dall’esserci, libero dal suo fiato, dal suo affanno – ma quando? solo al tempo dei tempi, quando ero un ragazzo e proprio così, sfumando il presente e il futuro in un rimando sine die ne facevo più leggero il morso? O forse la si prende, questa malattia, anche da grandi, e forse è grazia che sia così, grazia per chi s’appresta a lasciare la vita e ancora strazia il moto che la consuma, l’impura dolcezza che la feconda e l’oscura.

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4 marzo 2002, all’alba. E così adesso sono cinquant’anni che cerco di ascoltare la voce senza suono, l’inudibile della delicata circospezione perché non si spaventi, perché neanche si svegli, per entrare nel suo sonno come solo l’impronta dell’intenzione d’un saluto con cui dici a tua moglie che, probabilmente, stai per morire.

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R. P. n. 1, 2005, cm 41 x 36



R. P. n. 2, 2005, cm 35 x 32,5 R. P. n. 3, 2005, cm 28 x 26,5 R. P. n. 4, 2005, cm 39 x 24

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E per tutto il resto, per quello che in tutto questo tempo ho sprecato o frainteso, per l’amore preso e non dato, avuto e non ridato nella mia ingloriosa carriera di marito, di padre e di fratello ci sarà giustizia, là, un altro appello? Niente più primavera, mi viene da pensare, se allo sperpero non ci fosse rimedio, se morire fosse dolce soltanto per chi muore. (1988–91)

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R. P. n. 5, 2005, cm 48 x 36



ulivi di Tabiano Castello, nn. 1, 2, 3, 4, 2010, cm 56 x 42

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Invecchiando il corpo vorrebbe un’anima diversa, ma come si fa? non serve prendere calmanti, stordire i nervi e la mente, il problema è proprio l’anima, l’anima che non vuole pace, l’anima insaziabile, ostinata che ferve per sempre più comicamente impervi labirinti o abissi e si sa che l’anima non solo è immortale ma immortalmente immatura. Così, temo, non resta che rassegnarsi, finché non s’arresta la fontanella del respiro niente può cambiare, non è di questo fuoco spegnersi come gli altri a poco a poco.

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L. F. n. 1, 2007, cm 38 x 36


Svegliami, ti prego, succede ancora d’implorare in un sogno a questa tenera età, aiutami, fa’ che non sia vera l’oscena materia del buio. Sfiora allora davvero una mano il mio corpo assiderato e di colpo so d’averti chiamata e che non saprò più niente.

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L. F. nn. 2, 3, 4, 2007, cm 48 x 36 pag. successiva: l’ulivo delle mura, 2011, cm. 151 x 122, particolare




Si farà una gran fatica, qualcuno direbbe che si muore – ma a quel punto ogni cosa che poteva succedere sarà successa e noi davanti agli occhi non avremo che la calma distesa del passato da ripassare senza fretta fermando ogni tanto l’immagine, tornando un po’ indietro, ogni tanto, per capire meglio qualcosa, per assaporare un volto, un vestito… Sì, tutto in bianco e nero, se Dio vuole. E tutto, anche le foglie che crescono, anche i figli che nascono, tutto, finalmente, senza futuro.

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la mamma che dorme, 2010, cm 42 x 52



Giacomo che dorme, 2006, grafite, cm 26 x 38

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IMBARCADERO I pochi che aspettano, pochi per volta, pochi e sempre, che il traghetto torni dall’altra riva filando piatto, silenzioso tranne i colpi da sotto, sordi, dell’acqua scolorita nel furioso nevischio di dicembre e alla Salute, a San Tomà nessuno che parli, solo uno che si raschia la gola, bestemmia, tende la mano all’obolo – oh diletti vi ho ritrovati, vi ravviso sotto ombrelli e cappucci, è il vostro corpo stranamente visibile che ancora migra, si riunisce di là, dopo la terra, a tanto caro sangue…

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INDICE DELLE POESIE

pag. 14: Poi lo vorrò per me quello che voglio (Quare tristis), OP, p. 958 pag. 16: Tanto difficile da immaginare (Quare tristis), OP, p. 943 pag. 22: Sì, ricordo: chi viene dalla notte (Versi guerrieri e amorosi), OP, p. 778 pag. 24: Fra l’età in cui si muore (primo di cinque testi contenuti in una stampa parziale del 1991 e poi non accolto nelle edizioni di Ogni terzo pensiero), vd. OP, p. 1665 pag. 28: Quare tristis – perché (Quare tristis), OP, p. 965 pag. 30: Così a volte succede che nel buio (Quare tristis), OP, p. 966 pag. 32: Sì ma memento anche dei semivivi (Quare tristis), OP, p. 968 pag. 34: Scongiuri vespertini (parte 5 della poesia) (A tanto caro sangue), OP, p. 744 pag. 37: Filare tra le lenzuola tremando (Quare tristis), OP, p. 954 pag. 40: 4 marzo 2002, all’alba (Barlumi di storia), OP, p. 1216 pag. 44: E per tutto il resto, per quello (Barlumi di storia), OP, p. 1208 pag. 48: Invecchiando il corpo vorrebbe un’anima (Ogni terzo pensiero), OP, p. 835 pag. 50: Svegliami, ti prego, succede ancora (Quare tristis), OP, p. 999 pag. 54: Si farà una gran fatica, qualcuno (Barlumi di storia), OP, p. 1254 pag. 59: Imbarcadero (A tanto caro sangue), OP, p. 738

Per le poesie di Giovanni Raboni si indica tra parentesi la raccolta originaria, seguita dal rimando al “Meridiano” L’opera poetica (OP), a cura di Rodolfo Zucco (Mondadori, 2006).



foto di Mario Dondero

Francesco Parimbelli è nato nel 1961 a Bergamo, dove vive e lavora.


stampato in 1000 esemplari da Castelli Bolis Poligrafiche Cenate Sotto (Bg) nel mese di marzo 2012 su carta Fedrigoni Symbol Tatami White, 150 g




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