MARINO BARTOLETTI DEGLI DEI LA DISCESA
C’è una Scala Celeste che collega il Luogo alla Terra. È percor rendo quella scala che alcuni dèi, convocati dal Grande Vecchio, tornano per dare una mano a chi ne ha invocato l’aiuto: come la bravissima cantautrice napoletana che sogna di essere finalmen te capita e apprezzata; il pilota di talento e senza mezzi che aspi ra a guidare un giorno una Ferrari in Formula Uno; il campione affermato che vorrebbe recuperare la propria dignità dopo che la sua vita si è ribaltata per una maldicenza ingiusta; la piccola atleta che desidera con tutte le sue forze arrivare alle Olimpiadi; il famoso anchorman, ferito dall’inusitata cattiveria degli uomini, che vuole farla finita… Ed ecco che, con grande generosità, si mobilitano Gigi, Pietro, Pino, Mimmo, Gilles, Fausto, Massimo, guidati dalla più sensibile, umana e coraggiosa di tutti loro.
«Possiamo essere soddisfatti, Raffaella, non crede? Abbiamo aiu tato ragazzi che lo meritavano, abbiamo rivisto amici meravigliosi. E se, per assurdo, fosse stato tutto un sogno, sarebbe stato un so gno bellissimo».
uG universale Gallucci
Marino Bartoletti
La discesa degli dei
dello stesso autore: La cena degli dei Il ritorno degli dei
ISBN 978-88-3624-806-3
Prima edizione ottobre 2022 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 anno 2026 2025 2024 2023 2022 © 2022 Carlo Gallucci editore srl - Roma
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La discesa degli dei
Marino Bartoletti
A Raffaella che ha fatto una rivoluzione senza che ce ne accorgessimo
Avevamo convenuto
Il Luogo non era rivestito d’ovatta. Dal mondo, pur così lontano, pur ormai così fuori da quella dimensione, continuavano ad arrivare spifferi; a volte dolci, a volte fa stidiosi, a volte preoccupanti, a volte semplicemente malinconici.
«Avevamo convenuto che non dovevamo più occupar cene, vero Francangelo?»
Quando il Grande Vecchio usava il plurale era per cer care alibi (con sé stesso) o per reclutare complici (spesso non consenzienti): talora soltanto per cacciarsi nei guai. Il suo fedele assistente con le ali lo sapeva già dai tempi “terreni”: figuriamoci adesso che lo stato di estasi aveva messo le creature in grado di intercettare il pensiero anche senza bisogno delle parole!
«Ehm… ha detto “avevamo”, commendatore?»
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Quando Francangelo replicava così, era deliziosamente insopportabile: nella misura in cui aveva sfacciatamen te ragione, pur non essendo in “diritto” di averla. E tutti quei bei discorsi di “non dover perdere di vista la no stra condizione spirituale”? Di non voler più “rincorrere emozioni terrene”? Di non volersi più “girare indietro” (con tanto di metafora sullo specchietto retrovisore)?
La paziente creatura si serrò le labbra col mastice della fedeltà. Ma le sue riflessioni rimbombavano più di quanto le parole stesse non potessero esprimere.
«Vuoi dire, amico mio, che dovremmo essere coerenti?»
Al “dovremmo” (plurale) neanche il navigato cheru bino – che, non dimentichiamolo, aveva rinunciato alla promozione per continuare a stare accanto al suo titolare di una vita (e anche oltre) – si sentì in diritto di azzardare una piccola precisazione. Ma già al «Veramente, ingegne re…» il capo lo interruppe come da antico copione.
«Pensandoci bene, io credo che ci siano delle circostanze in cui potremmo rendere più utile la nostra presen za qui nel Luogo. Gli uomini a volte sono malevoli e non meritano che qualcuno li tolga dai guai, ma a volte sono
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ingenui, o sfortunati, o soltanto pasticcioni. Perché non dare loro una mano in alcuni casi particolari?»
Il fiocco di neve dei pensieri stava diventando una sla vina. E Francangelo sapeva benissimo che a quel punto poteva considerarsi inarrestabile. Il Grande Vecchio, già sulla Terra, aveva fatto piroette memorabili, e spesso an che geniali, oltreché utili. Il suo dogma, se parliamo di automobili da corsa, era sempre stato: “Il motore deve stare davanti! Proprio come i buoi stanno davanti al carro e non dietro!” Non faceva una grinza. Ma un bel gior no, guardandosi attorno, sentenziò: “Chi ha detto che il motore deve stare davanti?” Nessuno ovviamente lo con traddisse. Era il 1961, e la Ferrari in un battibaleno si riprese subito il titolo mondiale che aveva vinto nel 1958 e poi perduto l’anno dopo.
«Dunque, Francangelo, che vogliamo fare?»
La beata e paziente creatura, davanti all’ennesimo plu rale, non andò oltre l’osabile, ma rispose con leale fermezza.
«Commendatore, sa bene che non dipende solo da noi. Lei, col Grande Vecchio Titolare ha instaurato un
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rapporto di grande franchezza, ma è pur sempre Lui che decide»
«Ecco, bravo, procurami subito un appuntamento».
Francangelo abbassò gli occhi con il rispetto di sem pre. La sua vocazione a darsi la zappa sui piedi nel nome della fedeltà non lo aveva, né lo avrebbe, mai abbando nato. Prese il volo verso la Grande Porta, ma dentro di sé sapeva che c’era il rischio di cacciarsi ancora nei pasticci.
«E già che ci sei cerca la signora Carrà, ho un’idea».
Nel Luogo purtroppo non si poteva far finta di non sentire. La creatura spiegò le ali, limitandosi a borbottare un po’.
«E anche Gigi, se riesci!»
«Certo, “anche Gigi”, come no? Buon Dio, benedici la mia pazienza!»
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A far l’amore comincia tu
«Gigi… Si fa presto a dire Gigi! Una cosa alla volta, accipicchia!»
“Accipicchia” era il massimo livello, non tanto di im precazione quanto di ribellione, che Francangelo poteva permettersi. Più o meno immaginava a chi alludesse il Grande Vecchio, ma ora voleva concentrarsi sulla ricerca di Raffaella. Che per la verità aveva già trovato e contatta to, ma nel Luogo non è che ci fossero le indicazioni stra dali.
Un dubbio lo incuriosiva, e in realtà un po’ lo preoc cupava: come mai il commendatore voleva rivederla? Era la prima volta che accadeva. Tutti gli incontri con gli altri ospiti si erano limitati a una sola occasione, con successivi, anche commoventi, congedi. Certo, entrare nella testa del GV era un esercizio non solo sconsigliabile, ma anche
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inutile. Il guaio vero era che – in maniera palese – doveva avere in mente qualcosa, e se “aveva in mente qualcosa”, tutto poteva ricadere sulle sue solide ma non più giova nissime ali. Non solo: nel Luogo c’era un Grande Vecchio Titolare, il quale, al di là di certe indulgenze, non era per nulla scontato che continuasse a concedere ulteriori de roghe.
Il fardello dei pensieri si stava facendo pesante quando il mansueto pennuto si trovò davanti a quella che poteva essere soltanto la casa di Raffaella. Un po’ perché ricorda va la villa col tetto dai mattoni rossi del luogo di vacanza che lei più aveva amato, un po’ per qualche fregio spa gnoleggiante, un po’ perché all’ingresso c’era una scritta inconfondibile e soprattutto inconfutabile: “A far l’amore comincia tu”.
Francangelo esitò un attimo. Conosceva la sua meravi gliosa interlocutrice “da prima”. La galanteria del Gran de Vecchio li aveva messi molte volte in contatto. Da sempre, ciò che più l’aveva stupito di quella signora era un ineguagliato senso di libertà. Non negava il suo fascino, di cui conosceva l’impatto, ma era colpito dal fatto che fosse
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sempre lei a “scegliere”, sempre lei – ça va sans dire – a condurre la danza. Sapeva ascoltare, e allo stesso tempo sapeva dominare. Era una leader nata, ma non lo osten tava, perché era la prima a fornire “l’esempio”. In teoria rappresentava l’opposto della donna che interessava al GV, a sua volta creatura dominante; ma era incredibile come quelle due personalità così forti si fossero intese e attratte sin dal loro primo incontro.
A far l’amore comincia tu era un grido di emancipazione rivolto non solo alle donne, ma a ogni essere virtualmente “fragile”, non del tutto conscio delle proprie potenzialità e dei propri diritti. Anche per questo Raffaella, pur senza volerlo né incoraggiarlo, era diventata l’icona vivente di ogni desiderio di riscatto. Persino delle creature più lon tane dal suo modo di intendere la vita.
Francangelo sembrava in catalessi. Lei – sempre lei, come al solito lei! – lo tolse d’impaccio.
«Se sa giocare a burraco, è il benvenuto, amico mio. In due non è la stessa cosa, ma ci si può divertire ugual mente». E giù una risata, la “sua” risata, che diventava l’esorcismo di qualsiasi malinconia.
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«Non mi dica che il commendatore mi vuole rivedere! Non ci si incontra per decenni e poi, voilà, quello che dovrebbe essere il Luogo della meditazione e della solitu dine, come per incanto, ci restituisce ciò che gli impegni della Terra sembravano aver precluso per sempre».
Raffaella, dopo il Viaggio, aveva riacquistato tutto il suo splendore. Nell’ultima uscita pubblica che aveva fat to nel mondo, ennesima prova della sua generosità, aveva approfittato della triste “moda” dell’epoca e si era mimetizzata dietro a una mascherina bianca più grande del normale, con gli occhi nascosti da grandi lenti scure. Non voleva, non poteva concepire che qualcuno la potesse im maginare senza sorriso.
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MARINO BARTOLETTI
(Forlì, 1949) è uno dei più celebri giornalisti italiani. Ha condotto e spesso ideato trasmissioni storiche come Il processo del lunedì, La Domenica Sportiva, Pressing, Quelli che il calcio. È stato direttore del “Guerin Sportivo” e dell’Enciclopedia Treccani dello Sport, oltre che delle testate sportive della Rai e di Mediaset. È una delle figu re televisive più amate dal pubblico e anche un grande esperto di musica. In particolare della storia del Festival di Sanremo, del quale è stato giurato, opinionista e selezionatore delle canzoni in gara. Da qualche anno si è arreso volentieri alle sempre più insistenti richieste di diventare uno scrittore. Con Gallucci ha in corso di pubblicazione la serie per ragazzi La squadra dei sogni. I suoi primi due romanzi “adulti” hanno riscosso un incredibile successo di pubblico e di ven dite, tanto che La cena degli dei si è aggiudicato i premi Selezione Bancarella, Invictus e Libri d’Ulisse, mentre Il ritorno degli dei ha vin to il premio Bancarella Sport.
In copertina Foto dell’autore: © Sandra e Urbano fotografi
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