Lo sposo fantasma e Racconti di un viaggiatore – Parte terza e quarta

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Washington Irving

un viaggiatore
e Racconti di
- Parte terza e quarta traduzione di Adriana Cicalese e Riccardo Duranti

«Ora che siamo soli» disse il conte «vi rivelerò il motivo della mia partenza. Ho un impegno solenne e ineludibi le: devo andare alla cattedrale di Wurtzburg». «Certo» rispose il barone «ma non fino a domani; do mani prenderete lì la vostra sposa». «No! No! Il mio impegno non è con una sposa. Sono morto. Sono stato ammazzato dai banditi e a mezzanot te devo essere sepolto, la tomba mi attende, devo rispet tare il mio appuntamento!»

uG universale Gallucci

Washington Irving Lo sposo fantasma e Racconti di un viaggiatore – Parte terza e quarta traduzione dall’inglese di Adriana Cicalese e Riccardo Duranti

della stessa serie: Sleepy Hollow e Racconti di un viaggiatore – Parte prima Rip van Winkle e Racconti di un viaggiatore – Parte seconda

ISBN 978-88-3624-820-9 Prima edizione italiana novembre 2022 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 anno 2026 2025 2024 2023 2022 © 2022 Carlo Gallucci editore srl - Roma

Titolo originale: The Spectre Bridegroom and Tales of a Traveller – Part Three and Four

Gallucci e il logo sono marchi registrati

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Washington Irving

Lo sposo fantasma e Racconti di un viaggiatore

parte terza e quarta

traduzione dall’inglese di Adriana Cicalese e Riccardo Duranti

Lo sposo fantasma

racconto di un viaggiatore

Colui che per cena s’è agghindato, stanotte giace freddo, l’ho accertato!

Iersera in camera l’ho condotto, stanotte Gray-steel gli ha rifatto il letto!

Sir Eger, Sir Grahame e Sir Gray-steel

Sulla cima di una delle montagne dell’Odenwald, un tratto selvaggio e romantico della Germania settentrionale non lontano dalla confluenza tra il Reno e il Meno, molti, ma molti anni fa si ergeva il castello del barone Von Lands hort.

Ormai è andato in completa rovina e quasi sepolto tra i faggi e gli abeti neri; sopra i quali, però, la sua vecchia torretta di guardia si vede ancora lottare, al pari del suo vecchio proprietario poc’anzi menzionato, per tenere la te sta alta e l’occhio sul paese sottostante.

Il barone apparteneva a un ramo secondario della grande

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famiglia dei Katzenellenbogen* e aveva ereditato tutto quel che restava delle proprietà e dell’orgoglio dei suoi antena ti. Quantunque il carattere bellicoso dei suoi predecessori avesse parecchio danneggiato i loro possedimenti, il barone si sforzava di mantenere una facciata degna della passata gloria. I tempi erano tranquilli e, in generale, i nobili tede schi avevano abbandonato i loro scomodi castelli di una vol ta, appollaiati come nidi d’aquila sulle montagne, e si erano costruiti dimore più comode nelle valli; tuttavia il barone era rimasto arroccato nella sua fortezza e aveva mantenuto, con inveterata ostinazione, l’eredità di vecchie faide di fami glia, perciò era in pessimi rapporti con alcuni dei suoi vicini, per via di dispute che risalivano ai rispettivi bis-bisavoli.

Il barone aveva una sola figlia, ma di solito la Natura, quando concede un figlio unico, compensa rendendolo un prodigio; ed era proprio questo che era successo con la figlia del barone. Tutte le nutrici, le pettegole e le cugi ne di campagna assicuravano al padre che la bambina non aveva paragoni in termini di bellezza in tutta la Germania; e chi lo poteva sapere meglio di loro? Inoltre, la ragazza era stata allevata con la massima cura da due zie nubili, che in gioventù avevano passato diversi anni in una del

* Ovvero “gomito di gatta”, nome di una famiglia di quelle parti, un tempo molto potente. L’appellativo, ci risulta, era inteso come complimento a un’impareg giabile signora della famiglia, celebrata per le braccia molto belle.

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le piccole corti tedesche ed erano ben preparate in tutti i rami della conoscenza necessaria all’educazione di una dama raffinata. Sotto la loro supervisione, la ragazza era diventata un gioiello di ottime qualità. A diciotto anni già sapeva ricamare in modo ammirevole e aveva intrecciato storie di santi in arazzi con una tale forza espressiva nei lineamenti che sembravano proprio tante anime del pur gatorio. Sapeva altresì leggere senza troppe difficoltà e si era fatta strada compitando diverse leggende ecclesiastiche e quasi tutte le meraviglie cavalleresche dell’Heldenbuch. Aveva fatto anche molti progressi nell’arte della scrittura; sapeva apporre la propria firma senza saltare neanche una lettera e in modo talmente leggibile che le zie riuscivano a leggerla senza neanche mettersi gli occhiali. Era bravissima a confezionare piccoli ed elegantissimi ninnoli, ogni sorta di gingilli per signore, ed era inoltre esperta in tutti gli astrusi balli dell’epoca, suonava diverse arie con l’arpa e con la chitarra e conosceva a memoria le più soavi ballate dei Minnelieder. Per di più, le zie, che ai loro tempi erano state farfalline civettuole, erano meravigliosamente adatte a vigilare atten tamente sulla condotta della nipote e a censurarla con la massima severità, se necessario; perché non c’è guardiana più rigida e prudente, più decorosamente inesorabile di una ex civetta. La ragazza raramente sfuggiva alla loro vigilanza;

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non era mai uscita dai confini del castello se non ben ac compagnata, anzi scortata; si sorbiva inoltre continue pre diche sulla decenza più estrema e sull’obbedienza implicita; e per quanto riguarda gli uomini, beh, le era stato insegnato a tenerli alla debita distanza e a non fidarsi assolutamente di loro al punto che, senza specifica autorizzazione, lei non avrebbe nemmeno rivolto uno sguardo al più bel cavaliere del mondo, neanche se le fosse spirato davanti ai piedi.

Gli effetti positivi di questo sistema erano prodigiosa mente evidenti agli occhi di tutti. La giovane dama era un modello di correttezza e di docilità. Mentre le sue coetanee sprecavano la loro dolcezza sotto lo sguardo del mondo e correvano il rischio di essere colte e gettate via da qualsi asi mano, lei sbocciava ritrosa con una femminilità fresca e amabile sotto la protezione di quelle nubili immacolate, a guisa di bocciolo di rosa il cui rossore è guardato a vi sta dalle spine. Le zie la consideravano il loro orgoglio e la loro gioia e si vantavano che, seppur tutte le altre ragazze al mondo avessero intrapreso una cattiva strada, grazie al cielo una cosa del genere non sarebbe mai potuta accadere all’erede dei Katzenellenbogen.

Ma per quanto il barone Von Landshort fosse scarsamen te provvisto di figli, la sua dimora non era affatto spopolata, dato che la Provvidenza lo aveva fornito in grande abbon danza di parenti poveri. E tutti quanti mostravano l’atteg-

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giamento affettuoso comune ai parenti poveri: avevano per il barone un attaccamento straordinario e approfittavano di qualsiasi occasione per arrivare a sciami e vivacizzare l’at mosfera del castello. Tutti i festeggiamenti di famiglia era no celebrati da questa brava gente, a spese del barone; e quando erano animati da contentezza dichiaravano che sul la Terra non c’era niente di più piacevole di quelle riunioni famigliari, di quei giubilei del buon cuore. Anche se era di piccola statura, il barone aveva un’anima grande che si gonfiava di soddisfazione per la consapevolezza di essere l’uomo più importante nel ristretto mondo che lo circondava. Amava raccontare lunghe storie sui vecchi guerrieri dall’aspetto feroce i cui ritratti guardavano cupi dalle pareti attorno e trovava che i suoi migliori ascoltatori fossero quelli che si nutrivano a spese sue. Aveva una predi sposizione verso il fantastico e una fede incrollabile in tutti i racconti sul soprannaturale che abbondano in ogni valle e monte della Germania. E la fede dei suoi ospiti era ancora più salda della sua: ascoltavano ogni storia meravigliosa con occhi e bocca spalancati e non mancavano mai di restare attoniti, anche quando la sentivano per la centesima volta. Era così che viveva il barone Von Landshort, oracolo alla sua stessa tavola, monarca assoluto del suo piccolo territo rio e soprattutto felice nella convinzione di essere l’uomo più saggio della sua epoca.

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Washington Irving (1783-1859) è stato il primo autore statunitense di narrativa a essere apprezzato anche in Europa. Da lui ha preso le mosse la grande tradizione del gotico-horror americano, che passando da Poe e Lovecraft arriva fino a Stephen King. Oltre a Lo sposo fantasma , questo volume raccoglie alcuni tra i suoi mi gliori racconti d’avventura, sempre conditi da una buona dose di ironia e mistero.

Della stessa serie:

Immagine di copertina: © Davide Nadalin

Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign

In un lugubre castello sulle rive del Reno, il bellicoso barone Von Landshort ospita un ricevimento per festeggiare il fidanzamento dell’unica figlia con il ricco e avvenente conte Von Altenburg. Ma il giovane sposo, arrivato in gran ritardo, ha un aspetto cupo, non proferisce parola e non tocca cibo, finché non rivela il suo terribile segreto: in realtà, lui è stato ucciso quella stessa notte da una banda di briganti e ora deve tornare nella tomba. Ma il peggio è che intende portare la promessa sposa con sé!

Con Lo sposo fantasma e le storie contenute nella raccolta Racconti di un viaggiatore, Washington Irving accompagna il lettore in un viaggio affascinante attraverso luoghi e tempi diversi: dalla Germania medievale alle campagne italiane di inizio Ottocento, infestate da briganti, fino alla Manhattan precedente all’espansione di New York, le cui coste selvagge sono battute da feroci bucanieri e avidi cercatori di tesori.

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