Anna dai capelli rossi. Nuove cronache di Avonlea

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ANNA

dai capelli rossi

Nuove cronache di Avonlea

Lucy Maud Montgomery traduzione di Angela Ricci

La serie completa: Immagini di copertina: © Rekha Garton Trevillion Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign

Era un pomeriggio freddo e grigio, e quando tornammo a Green Gables stava per cominciare a piovere. Mentre salivamo in camera mia si era levato un gran vento, che soffiava tra i rami della grande e vecchia Regina delle Nevi appena fuori dalla mia finestra. Diana era molto eccitata, e credo anche un po’ spaventata.

L.M. Montgomery Cronache di Avonlea

Lucy Maud Montgomery nacque a New London, in Canada, nel 1874 e morì a Toronto nel 1942. Scrisse numerosi libri per ragazzi, raggiungendo l’apice della popolarità nel 1908 con Anna dai capelli rossi, primo di una serie di otto romanzi, tutti ritra dotti da Gallucci con grande successo. Pubblicate in decine di lingue, le storie di Anna hanno continuato ad avere seguito fino a oggi, grazie anche alla celebre serie animata giapponese che la tv italiana ha trasmesso a partire dal 1980 e alla recente fiction distribuita da Netflix in tutto il mondo. Tra le opere più note della Montgomery ci sono anche la trilogia di Emily di New Moon e i due romanzi di Pat di Silver Bush, intenso omaggio al sentimento profondo che legò per tutta la vita l’autrice all’Isola del Principe Edoardo, dove la scrittrice trascorse la sua infanzia.

«C’è qualcuno che è veramente felice in questo pazzo mon do? Dicono tutti che i Blythe lo sono, ma chi lo sa cosa succe de veramente dietro le quinte? Secondo me non lo sa neanche la vecchia Susan Baker, ci scommetto. E comunque è troppo leale per ammetterlo». Lucy Maud Montgomery nel 1874 e morì a Toronto nel 1942. Nella sua vita pubblicò numerosi libri per ragazzi, raggiungendo l’apice del successo nel 1908 con romanzi. Le vicende dell’orfanella erano in parte ispirate all’in fanzia dell’autrice, che da piccola aveva perso la madre ed era stata allevata dai nonni. Tradotte in decine di lingue, le storie di Anna hanno continuato ad avere grande seguito fino a oggi, grazie anche alla celebre serie animata giapponese che la tv ita liana ha trasmesso a partire dal 1980 e alla recentissima fiction distribuita da Netflix in tutto il mondo. Trevillion Images ISBN 978-88-3624-349-5 € 12,90 ANNA Anche se il mondo dopo la Grande Guerra non è più quello di prima, la vita va comunque avanti. Sull’Isola del Principe Edoardo continuano a susseguirsi eventi lieti e tristi di ogni tipo. I ragazzi Blythe sono cresciuti e Anna e Gilbert, ormai nonni, sono sempre un importante punto di riferimento per la comunità. La famiglia ha ancora l’abitudine di riunirsi davanti al caminetto per stare un po’ insieme, rievocare tempi passati e onorare la memoria di Walter, che continua a vivere attraverso le sue poesie. «Una volta mi piaceva l’inverno, l’ho adorato anche negli ultimi vent anni. Adesso invece mi chiedo come faremmo a superarlo se non avessimo la speranza della primavera» L.M. Montgomery Racconti dall’isola Dopo la guerra “tm” bianco “tm” “gallucci” in cresta II
Avonlea
traduzione di Angela Ricci La serie completa: ANNA dai capelli rossi «Il viale era un luogo incantevole, beri al chiaro di luna, sotto ai quali non re seducenti ninfe dei boschi danzare penetrava oltre rami ricurvi creando nette e chiarore argenteo, nel quale avanzavano innamorati. Su entrambi lati incombeva torno a loro il silenzio era perfetto, che potessero disturbarlo». Lucy Maud Montgomery nacque a New nel 1874 e morì a Toronto nel 1942. numerosi libri per ragazzi, raggiungendo nel 1908 con Anna dai capelli rossi otto romanzi. Tradotte in decine di hanno continuato ad avere grande seguito anche alla celebre serie animata giapponese stribuita da Netflix in tutto il mondo. del Principe Edoardo è anche la trilogia attualmente in corso di pubblicazione nuova traduzione di Angela Ricci. Immagine di copertina: © Ildiko Neer Trevillion Images Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign ISBN 978-88-3624-470-6 € 13,90 ANNA dai capelli rossi Racconti vita comunque avanti. Sull’Isola del Principe Edoardo ragazzi Blythe sono cresciuti Anna Gilbert, ormai nonni, famiglia ancora l’abitudine riunirsi davanti caminetto memoria Walter, che continua vivere attraverso poesie. superarlo non avessimo speranza della primavera» L.M. Montgomery Racconti dall’isola guerra Lucy L’arrivo di Anna Shirley non è certo l’unico evento degno di nota ad Avonlea. Le familiari atmosfere del paesino e dei suoi dintorni fanno da sfondo alle vicende di tanti altri abitanti, alcune commoventi e delicate, altre esilaranti e bizzarre, ma tutte colme di una profonda umanità. A tratti fa capolino anche l’inconfondibile chioma rossa di Anna, sempre pronta a offrire aiuto e a confortare gli animi con la sua allegria. «Una volta, qualche anno fa, ho conosciuto una bambina. Si chiamava Anna Shirley e viveva con i Cuthbert giù ad Avonlea. Ci siamo messi a parlare nel negozio di Blair, e accidenti se sapeva chiacchierare quella ragazzina!»
Cronache di
Lucy Maud Montgomery

UAO

Universale d’Avventure e d’Osservazioni

Lucy Maud Montgomery

Nuove cronache di Avonlea

traduzione dall’inglese di Angela Ricci

della stessa autrice, in queste edizioni: Anna dai capelli rossi (volumi 1-8)

Racconti dall’isola. Prima della guerra Racconti dall’isola. Dopo la guerra Cronache di Avonlea Emily di New Moon (volumi 1-3) Pat di Silver Bush

ISBN 978-88-3624-652-6

Prima edizione italiana dicembre 2022 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 anno 2026 2025 2024 2023 2022 © 2022 Carlo Gallucci editore srl - Roma

Titolo originale: Further Chronicles of Avonlea

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Nuove cronache di Avonlea

traduzione dall’inglese di Angela Ricci

Lucy Maud Montgomery

La gatta di zia Cynthia

Max benedice sempre quella bestia quando ne parla, e io non nego che alla fine le cose si siano sistemate, dopotutto. Ma quando ripenso allo stato di angoscia in cui io e Ismay fummo gettate per colpa di quell’abominevole gatto, il primo pensiero che si affaccia alla mia mente non è certo una benedizione.

Non mi sono mai piaciuti i gatti, sebbene debba ammettere che sanno stare al posto loro. Posso convivere serenamente, per esem pio, con una vecchia gatta soriana, bella e matronale, che sa badare a se stessa e magari rendersi anche utile di tanto in tanto. Quanto a Ismay, lei odia tutti i gatti, e li ha sempre odiati.

Zia Cynthia invece, che li adorava, non è mai riuscita a concepire che a qualcuno potessero non piacere. Era fermamente convinta che in fondo al nostro cuore anche io e Ismay li amassimo, ma che per qualche perversione dell’animo non volessimo ammetterlo, e conti nuassimo insistentemente ad affermare il contrario.

La gatta persiana bianca di zia Cynthia era il felino che detesta vo più di qualsiasi altro. E a dir la verità, come avevamo sempre sospettato e infine dimostrammo, la stessa zia provava nei con fronti di quella creatura un sentimento più simile all’orgoglio che all’affetto. Un gatto normale le sarebbe stato almeno dieci volte più di compagnia di quella bellezza viziata. Ma un gatto persiano con

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pedigree ufficiale e un valore di mercato di cento dollari aveva sol leticato l’orgoglio di zia Cynthia in misura tale da lasciarla illudere che quell’animale fosse davvero la luce dei suoi occhi. L’aveva conosciuta quando era solo un cucciolo, grazie a un nipote missionario che l’aveva portata con sé direttamente dalla Per sia, e nei tre anni successivi la ragion d’essere principale di tutta la servitù di zia Cynthia era stata attendere ai bisogni di quella gatta in ogni maniera possibile. Aveva il pelo bianco candido, con una macchiolina grigio-azzurra sulla punta della coda, e gli occhi celesti; inoltre era sorda e delicatissima. Zia Cynthia era sempre preoccupa ta che potesse prendere freddo e morire. Io e Ismay quasi desidera vamo che accadesse, perché non ne potevamo più di sentir parlare solo di lei e dei suoi capricci. Ma ovviamente non lo dicevamo a zia Cynthia. Probabilmente non ci avrebbe più rivolto la parola, e non era molto saggio offenderla. Quando hai una zia dalle finanze floride e con un cospicuo conto in banca, meglio mantenere buoni rapporti, se ci riesci. E poi zia Cynthia ci piaceva molto… ogni tan to. Era una di quelle persone esasperanti, che tormentano gli altri in continuazione e trovano sempre mille difetti in tutti. A un certo punto arrivi a pensare di essere pienamente giustificato a odiarle, ma è proprio allora che cambiano completamente atteggiamento e fanno qualcosa di estremamente gentile e generoso per te, per cui ti convinci che sia tuo dovere voler loro bene.

E dunque l’ascoltavamo sempre pazientemente quando parlava di Fatima – così si chiamava la gatta – e se desiderare la morte di quella creatura fu un atto di malvagità da parte nostra, in seguito fummo punite in maniera esemplare per questo.

Un giorno di novembre zia Cynthia spiegò le vele e venne a tro varci a Spencervale. In realtà arrivò con il suo calesse tirato da un grasso pony grigio, ma per qualche motivo dava sempre l’impressio

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ne di incedere su un veliero ben equipaggiato che scivolava elegan temente, sospinto da un vento favorevole.

Per noi quella fu davvero una giornata sfortunata, dall’inizio alla fine. Andò tutto male. Ismay rovesciò inavvertitamente del grasso sul suo cappotto di velluto, la camicetta nuova che stavo cucen do venne fuori tutta storta, i fornelli della cucina presero a mandare fumo e il pane inacidì. Come se non bastasse, Huldah Jane Keyson, la nostra provetta e fidata infermiera di famiglia, nonché cuoca e “comandante in capo”, ebbe un attacco di quella che lei definiva “reologia” alla spalla, e sebbene Huldah Jane sia la crea tura più buona e cara di questo mondo, quando le prende la “reo logia” tutti gli abitanti della casa non vedono l’ora di filarsela, e se non possono farlo si sentono a loro agio quanto san Lorenzo sulla graticola.

La visita di zia Cynthia si inserì in mezzo a tutto questo, e così anche la sua richiesta.

«Mie care» disse la zia annusando l’aria «mi sembra di sentire odore di fumo. Voi ragazze non ci sapete proprio fare con i fornelli. I miei non buttano mai fumo. Ma cosa ci si può aspettare da due fanciulle che tentano di mandare avanti una casa senza un uomo?»

«Ce la caviamo benissimo senza un uomo» dissi io altezzosa. Erano quattro giorni che Max non si faceva vivo, e sebbene nessuno sentisse particolarmente la sua mancanza, io non potevo fare a meno di chiedermi il motivo della sua assenza. «Gli uomini danno solo impiccio».

«Mi azzardo ad affermare che ti piacerebbe pensarla davvero così» disse zia Cynthia in tono molto fastidioso. «Ma nessuna don na lo pensa veramente, sai? Per esempio immagino che quella gra ziosa ragazza che è venuta a trovare Ella Kimball, Anna Shirley, non sia di questa opinione. L’ho vista passeggiare insieme al dottor

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La gatta di zia Cynthia

Nuove cronache di Avonlea

Irving questo pomeriggio, e sembravano entrambi molto contenti. Se continui a tirarla per le lunghe, Sue, ti lascerai sfuggire Max dalle mani».

Quella era davvero una bella allusione da fare proprio a me, che avevo respinto Max Irving non sapevo più quante volte. Ero furiosa, e dunque rivolsi alla mia irritante zia il mio sorriso più dolce.

«Cara zia, che buffa battuta» dissi con serenità. «Parli come se io lo volessi, Max»

«Infatti lo vuoi» disse zia Cynthia.

«E allora perché mai lo avrei respinto così tante volte?» chiesi, sempre sorridendo. Lei lo sapeva benissimo che l’avevo fatto. Max le raccontava tutto.

«Ah, Dio solo lo sa il perché» disse zia Cynthia «ma attenta a non respingerlo una volta di troppo, perché potrebbe prenderti sul serio. Quella Anna Shirley ha qualcosa di molto affascinante»

«Sì, è vero» concordai. «Ha gli occhi più belli che abbia mai visto. Sarebbe un’ottima moglie per Max, spero che si sposeranno»

«Bah» sbuffò zia Cynthia. «Non voglio certo darti altro spago per le tue sciocchezze. E non sono venuta fin qui oggi, con tutto questo vento, per farti ragionare sulla faccenda di Max. Sono in par tenza per Halifax, ci resterò due mesi e vorrei che vi prendeste cura di Fatima mentre sarò via» «Fatima!» esclamai.

«Sì. Non mi fido a lasciarla ai domestici. Assicuratevi di riscal darle sempre il latte prima di darglielo, e non fatela correre fuori, per nessun motivo».

Guardai Ismay, e Ismay guardò me. Sapevamo entrambe cosa dovevamo fare. Un rifiuto sarebbe stata un’offesa mortale a zia Cyn thia. E se io avessi lasciato trapelare del malcontento, zia Cynthia l’avrebbe senz’altro attribuito alla mia suscettibilità per quel che

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aveva detto su Max, e me l’avrebbe rinfacciato per anni. Mi azzardai però a chiederle: «E se le succede qualcosa mentre tu sei via?»

«La lascio a voi proprio per evitare questa eventualità» rispose zia Cynthia. «Dovete fare in modo che non le accada nulla. Assumervi un po’ di responsabilità vi farà bene, inoltre avrete la pos sibilità di scoprire che adorabile creatura sia Fatima. Bene, è tutto sistemato. Ve la mando domani»

«Di quell’orribile bestiaccia puoi occupartene tu» disse Ismay dopo aver richiuso la porta di casa. «Io non ho intenzione di toc carla, neanche con un bastone. Non avevi il diritto di acconsentire a prenderla»

«E quando ho acconsentito?» le domandai imbronciata. «Zia Cynthia ha dato il nostro assenso per scontato. E sai bene quanto me che non potevamo rifiutare. Quindi non serve a niente lamentarsi»

«Se le succede qualcosa, zia Cynthia riterrà noi responsabili» ri spose cupa Ismay.

«Senti, ma è vero che Anna Shirley è fidanzata con Gilbert Blythe?» chiesi a quel punto, per curiosità.

«Ho sentito dire di sì» rispose Ismay distrattamente. «Ma man gia qualcos’altro oltre al latte? Va bene se le diamo dei topi?»

«Oh, immagino di sì. E secondo te Max è davvero innamorato di lei?»

«Potrebbe darsi. Sarebbe un vero sollievo per te»

«Oh, sì, certo» dissi glaciale. «Anna Shirley, o qualsiasi altra Anna, va benissimo per Max, se accetta di prenderselo. Io di certo non lo voglio. Ismay Meade, se quei fornelli non la smettono di buttare fumo avrò una crisi di nervi. Che giornataccia. La odio quella creatura!»

«Oh, non dovresti parlarne così male quando nemmeno la cono sci» protestò Ismay. «Dicono tutti che Anna Shirley sia una ragazza ador…»

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La gatta di zia Cynthia

Nuove cronache di Avonlea

«Stavo parlando di Fatima» esclamai furibonda.

«Oh!» fece Ismay.

A volte sa essere davvero stupida. Quell’“oh” che si lasciò sfug gire, per esempio, fu di una stupidità imperdonabile.

Fatima arrivò il giorno successivo. Max ce la portò in un cestino coperto, imbottito e foderato di satin rosso. A Max piacciono sia i gatti sia zia Cynthia. Ci spiegò come dovevamo trattare Fatima e quando Ismay uscì un momento dalla stanza – lo faceva sempre quando sapeva che desideravo ardentemente che restasse – mi chie se di nuovo di sposarlo. Ovviamente dissi di no, come al solito, ma fui piuttosto compiaciuta. Erano un paio d’anni ormai che Max me lo chiedeva all’incirca ogni due mesi. Qualche volta, come in questo caso, i mesi diventavano tre, e io mi chiedevo sempre quale fosse il motivo. Conclusi che non poteva essere davvero interessato ad Anna Shirley, e provai un certo sollievo. Non volevo sposare Max, ma era piacevole e conveniente averlo nei paraggi, e se qualche altra ragazza se lo fosse accalappiato ci sarebbe mancato molto. Sapeva come rendersi utile ed era sempre ben disposto a fare qualsiasi cosa per noi: aggiustare una tegola sbilenca del tetto, accompagnarci in città, sistemare i tappeti. In poche parole, era sempre lì a dare una mano quando avevamo qualche problema.

E così gli sorrisi, mentre rispondevo di no alla sua proposta. Max allora prese a contare sulle dita. Arrivato a otto scosse la testa e ricominciò.

«Ma che stai facendo?» chiesi.

«Sto cercando di contare quante volte ti ho già chiesto di spo sarmi» rispose lui. «Però non mi ricordo se il giorno in cui abbiamo rivoltato il terreno del giardino te l’ho chiesto oppure no. Se l’ho fatto, allora siamo a…»

«No, non me lo hai chiesto» lo interruppi.

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La gatta di zia Cynthia

«Be’, allora siamo a undici» disse Max pensieroso. «Piuttosto vi cini al limite, non trovi? Il mio orgoglio maschile non mi permetterà di chiedere alla stessa ragazza di sposarmi più di dodici volte, perciò la prossima sarà anche l’ultima, mia cara Sue»

«Oh» feci con aria un po’ noncurante, dimenticando di arrab biarmi perché mi aveva chiamata “mia cara”. Mi domandai se la vita non si sarebbe fatta un po’ noiosa quando Max avesse smesso di chiedere la mia mano. In fondo, era l’unico passatempo eccitante che avevo. Ma ovviamente era meglio così, lui non poteva andare avanti in questo modo per sempre. Optai dunque per cambiare discreta mente argomento e gli chiesi cosa ne pensava della signorina Shirley.

«È una ragazza molto dolce» disse Max. «Sai che ho sempre am mirato molto le ragazze con gli occhi grigi e i capelli rosso Tiziano».

Io sono mora e ho gli occhi castani. In quel momento detestai Max con tutto il cuore. Mi alzai e annunciai che sarei andata a pren dere del latte per Fatima.

In cucina trovai Ismay furiosa. Era salita in soffitta e un topo le era passato sopra un piede. I topi hanno sempre dato moltissimo sui nervi a Ismay.

«Ci servirebbe urgentemente un gatto» sbraitò «ma non una creatura inutile e viziata come Fatima. La soffitta pullula di topi. Non ho intenzione di metterci piede mai più».

Fatima si dimostrò un fastidio minore di quanto avessimo pensa to. A Huldah Jane piaceva, e Ismay, nonostante la sua dichiarazione di non voler avere nulla a che fare con lei, si preoccupava con gran de scrupolo del suo benessere. Prese addirittura l’abitudine di al zarsi nel cuore della notte per andare a controllare che Fatima fosse al caldo. Max veniva a trovarci ogni giorno e ci dava ottimi consigli.

Poi un giorno, circa tre settimane dopo la partenza di zia Cyn thia, Fatima sparì. Sparì e basta, come se si fosse dissolta nell’aria.

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Nel pomeriggio l’avevamo lasciata sola, addormentata nel suo cesti no accanto al fuoco, sotto l’occhio vigile di Huldah Jane, ed eravamo andate in visita a casa di amici. Quando tornammo, Fatima era scomparsa.

Huldah Jane scoppiò a piangere, e sembrò davvero una di colo ro che gli dèi rendono pazzi. Giurò di non aver mai perso di vista Fatima, tranne che per tre minuti, quando era salita su in soffitta a prendere dell’erba aromatica. Quando era tornata, la porta della cucina era aperta e Fatima era sparita.

Io e Ismay andammo nel panico. Perlustrammo tutto il giardino, le dépendance e i boschi dietro la casa, correndo come creature sel vatiche e chiamando a gran voce Fatima, ma invano. Infine Ismay si sedette sui gradini dell’ingresso e pianse.

«È scappata fuori e morirà di freddo e zia Cynthia non ci perdo nerà mai»

«Vado a chiamare Max» annunciai. E così mi incamminai oltre l’abetaia e per i campi, con tutta la velocità che i miei piedi mi con sentivano, ringraziando la mia buona stella di avere un Max da cui andare in una situazione come quella.

Max venne a casa e insieme a lui cercammo di nuovo, ma senza alcun risultato. I giorni passavano, ma di Fatima nessuna traccia. Sarei di certo impazzita, se non fosse stato per Max. Fu davvero un ragazzo d’oro per tutta la terribile settimana che seguì. Non osam mo mettere degli annunci, per paura che zia Cynthia ci scoprisse, ma chiedemmo in lungo e in largo se qualcuno aveva visto una gatta bianca persiana con una macchia azzurra sulla coda, offrendo anche una ricompensa. Nessuno però l’aveva vista, anche se un sacco di gente cominciò a venire a casa nostra, notte e giorno, ciascuno con un gatto diverso in un cestino, chiedendo se per caso era quello che avevamo perso.

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La serie completa:

Immagine di copertina: © Nathalie Seiferth / Trevillion Images Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign

Amori perduti e ritrovati, madri gelose, figli ribelli, vecchie zie appassionate di gatti e persino un pizzico di soprannaturale: l’immaginario paesino di Avonlea, la casa di Anna dai capelli rossi, è solo apparentemente un posto placido e tranquillo. In questa serie di racconti Lucy Maud Montgomery ci ricorda ancora una volta che le passioni umane agiscono ovunque con la stessa potenza e che la vita di chiunque può diventare straordinaria anche in uno sperduto angolino di mondo come Avonlea, dove da oltre un secolo tanti lettori non si stancano mai di ritornare.

«Il cuore dell’uomo – e be’, anche quello della donna –dovrebbe farsi più leggero in primavera. Lo spirito della rinascita aleggia nell’aria, qualcosa si smuove negli animi umani e li colma di quella felicità primordiale che provavano da bambini».

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