Torna a casa Lassie

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traduzione di Clara Serretta

Un uomo sa come attraversare i grandi laghi disseminati per tutto il Paese, che sbarrano la strada a qualsiasi animale voglia andare verso sud. Come fa un cane a sapere di avere un certo valore, e che in città vivono centinaia di persone dall’occhio lungo, che proprio per questo motivo potrebbero volerlo catturare?

C’erano davvero tantissime cose che un cane non poteva sapere, ma Lassie le avrebbe comunque imparate con l’esperienza.

Felice e contenta, partì. Il viaggio era cominciato.

Universale d’Avventure e d’Osservazioni

UAO

Eric Knight

Torna a casa Lassie

traduzione dall’inglese di Clara Serretta

ISBN 978-88-3624-811-7

Prima edizione italiana marzo 2023

ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

anno 2027 2026 2025 2024 2023

© 2023 Carlo Gallucci editore srl - Roma

Titolo originale: Lassie Come-Home

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Eric Knight

Torna a casa Lassie

traduzione dall’inglese di Clara Serretta

romanzo

Al dottor Harry Jarrett, un vero amante dei cani

Non in vendita

Tutti a Greenall Bridge conoscevano Lassie, il cane di Sam Carraclough. In effetti si potrebbe quasi dire che fosse il cane più famoso dell’intero paese, per ben tre ragioni.

La prima era che ogni abitante concordava sul fatto che fosse il più bel collie mai visto.

Era proprio un gran complimento, poiché Greenall Bridge si trova nella contea dello Yorkshire, e non c’è posto al mondo in cui i cani siano considerati più importanti. In quella gelida regione dell’Inghilterra pare infatti che si trovino a loro agio più che da qualsiasi altra parte. Il vento e le piogge fredde spazzano la brughiera, perciò i cani sono pelosi e robusti come la gente che vive da queste parti. Qui le persone amano i cani e sono brave ad addestrarli. In uno qualsiasi delle centinaia di paesini minerari di questa che è la più grande delle contee inglesi, troverete al seguito di umili operai cani di ottima razza e dal portamento così aristocratico da fare invidia ai più ricchi estimatori canini di tutto il resto del mondo.

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E Greenall Bridge era come gli altri paesi dello Yorkshire. I suoi abitanti conoscevano, capivano e amavano i cani e in circolazione ce ne erano davvero di bellissimi; eppure tutti concordavano che se mai da quelle parti c’era stato un cane più bello del collie dal pelo tricolore di Sam Carraclough, allora be’, doveva essere accaduto ben prima della loro nascita.

Ma c’era un’altra ragione per cui Lassie era così famosa in paese, e cioè che, come dicevano le donne del posto: “Potevi regolarci l’orologio”.

Era cominciato tutto molti anni prima, quando Lassie era un cucciolo di appena un anno, intelligente e vivace. Un giorno il figlio di Sam Carraclough, Joe, era tornato a casa al colmo dell’eccitazione.

«Mamma! Sai chi ho trovato oggi ad aspettarmi all’uscita da scuola? Lassie! Secondo te come faceva a sapere dov’ero?»

«Deve aver sentito il tuo odore, Joe. Mi sembra l’unica ipotesi plausibile».

Inspiegabilmente, Lassie si era presentata al cancello della scuola anche il giorno dopo, e poi quello successivo. Da allora erano passate settimane, mesi, anni, e nulla era cambiato. Le donne che lanciavano un’occhiata dalla finestra di casa loro, o i negozianti in piedi sulla soglia delle botteghe su High Street, vedevano quel fiero esemplare bianco, miele

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e nero trotterellare a passo deciso e dicevano: «Ecco Lassie, devono essere le quattro meno cinque!»

Con la pioggia o con il sole, il cane era sempre lì, ad aspettare un ragazzino. Erano una dozzina a correre come schegge nel cortile dal pavimento cementato, ma per Lassie era come se ce ne fosse uno solo. Dopo i festosi saluti di rito, insieme, il bambino e il cane tornavano a casa. Andò avanti così per quattro anni.

Lassie era una figura molto amata nella routine del paese. La conoscevano praticamente tutti. Ma, cosa ancor più importante, gli abitanti di Greenall Bridge erano orgogliosi di lei, poiché rappresentava qualcosa che altrimenti non sarebbero riusciti a spiegare. C’entrava in qualche modo il loro orgoglio, e in particolare il rapporto del loro orgoglio con il denaro.

Di solito, quando una persona ha un cane particolarmente bello, a un certo punto questo cane smette di essere tale e si trasforma in una specie di salvadanaio a quattro zampe. Certo, rimane pur sempre un cane, ma nel frattempo è anche qualcos’altro, perché un riccone potrebbe sentirne parlare, oppure potrebbero vederlo acuti commercianti o allevatori, i quali potrebbero volerlo acquistare. Se da una parte il ricco e il povero amano i cani alla stessa maniera, e tra loro in questo non c’è differenza, ce n’è invece nel modo in cui considerano il denaro. Il povero infatti se ne sta sedu-

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to a pensare a quanto carbone gli servirà per affrontare l’inverno, a quante paia di scarpe, a quanto cibo sarà necessario affinché i suoi figli crescano forti e in salute, dopodiché torna a casa e dice: «Devo proprio venderlo, non datemi il tormento! Prenderemo un altro cane, tra qualche tempo, e lo ameremo proprio come abbiamo amato questo».

E così molti bei cani di Greenall Bridge sono andati via dalle loro case. Ma non Lassie!

Già, perché il paese intero sapeva che nemmeno il duca di Rudling, quello che viveva nella immensa tenuta a quasi due chilometri da lì e aveva un mucchio di cani bellissimi, avrebbe potuto convincere Sam Carraclough a vendergli Lassie.

Per tre anni il duca ci aveva provato, ma Sam era rimasto saldamente sulle sue posizioni.

«Non continui a offrirmi altro denaro, Sua Signoria, è inutile» gli diceva. «Il fatto è che… be’, ecco, Lassie non è in vendita, punto e basta».

Ne era al corrente tutto il villaggio. Ed ecco perché quel cane significava così tanto per gli abitanti: rappresentava una sorta di orgoglio che i soldi non sarebbero mai riusciti a portar loro via.

Eppure, i cani appartengono agli uomini, e gli uomini sono vittime del fato. E a volte arriva un momento nella vita di uomo in cui il fato si abbatte su di lui con tale violenza da

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costringerlo a chinare il capo e ingoiare il proprio orgoglio, cosicché la sua famiglia possa avere un pezzo di pane da mettere in tavola.

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Il cane non c’era! Joe Carraclough sapeva solo questo. Quel giorno era uscito da scuola insieme agli altri e aveva attraversato di corsa il cortile in preda a quell’esplosione di felicità a cui si assiste in tutte le scuole, in ogni angolo del mondo, non appena terminano le lezioni. Quasi in automatico, per via di un’abitudine sedimentata in centinaia di giorni, era andato al cancello dove lo aspettava sempre Lassie. Ma lei non c’era!

Joe Carraclough, un robusto ragazzino con un bel visetto, rimase impalato, cercando di capire il perché. L’ampia fronte sopra i suoi occhi castani si corrugò. All’inizio, si ritrovò incapace di accettare quel che i suoi sensi gli suggerivano potesse essere vero.

Perlustrò la via in lungo e in largo. Forse Lassie era in ritardo! Sapeva però che non poteva essere questo il motivo della sua assenza, perché gli animali non sono come gli esseri umani. Questi ultimi hanno orologi al polso e alle pare-

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ti, eppure non fanno che ripetere “cinque minuti e arrivo”. Gli animali non hanno bisogno di marchingegni che dicano loro che ora è. C’è qualcosa dentro di loro che glielo indica, qualcosa di più preciso di un orologio. Si chiama “senso del tempo” e non sbaglia mai. Gli animali sanno con certezza assoluta qual è il momento esatto in cui svolgere i vari rituali della loro ben definita routine.

Joe Carraclough ne era consapevole. Ne aveva spesso parlato con suo padre, chiedendogli com’era possibile che Lassie sapesse quando era ora di andarlo a prendere a scuola. Non poteva essere in ritardo.

Il ragazzino se ne stava lì, in piedi, sotto il sole d’inizio estate, a pensarci. All’improvviso ebbe un’illuminazione.

Forse era stata investita!

Nemmeno il tempo di lasciarsi prendere dal panico e scartò quell’ipotesi. Lassie era troppo ben addestrata per andarsene a zonzo per strada. Camminava sempre con eleganza e sicurezza sui marciapiedi. E poi, in ogni caso, a Greenall Bridge non c’era mai traffico. La via principale sulla quale procedevano le macchine costeggiava il fiume ed era distante circa un chilometro. In paese c’era solo una stradina che, in prossimità della piatta brughiera, si trasformava praticamente in uno stretto sentiero.

Forse qualcuno aveva rapito Lassie!

Anche questo però era piuttosto irrealistico. Lei non si

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sarebbe mai lasciata toccare da uno sconosciuto, a meno che uno dei Carraclough non le avesse ordinato di lasciarlo fare. E, inoltre, Lassie era troppo famosa nei dintorni di Greenall Bridge perché qualcuno osasse rubarsela.

Ma allora dov’era?

Joe Carraclough risolse il problema alla maniera in cui li risolvono di solito tutti i ragazzini sulla faccia della terra. Corse a casa a dirlo a sua madre.

«Mamma? Mamma… dev’essere successo qualcosa a Lassie! Non è venuta a prendermi a scuola!»

Non appena ebbe pronunciato quelle parole, Joe si accorse qualcosa che non andava. Nessuno saltò su e gli chiese di cosa stesse parlando. Nessuno sembrava spaventato che potesse essere accaduto qualcosa al loro bel cane.

Joe se ne accorse. Rimase in piedi, la schiena contro la porta, in attesa. Sua madre teneva gli occhi bassi, puntati sul tavolo che stava apparecchiando per la merenda. Per un istante si bloccò. Poi guardò il marito.

Il padre di Joe era seduto su un basso sgabello di fronte al fuoco, il capo voltato verso il figlio. Lentamente, senza parlare, tornò a girarsi in direzione del caminetto e a osservare le fiamme con la massima concentrazione.

«Che c’è, mamma?» strillò Joe all’improvviso. «Che c’è che non va?»

La signora Carraclough posò un piatto sul tavolo, poi parlò.

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2. “Non voglio mai più avere un cane”

«Be’, qualcuno deve pur dirglielo» commentò, senza rivolgersi a nessuno in particolare.

Il marito non batté ciglio. Allora lei si voltò verso il figlio.

«Meglio che tu lo sappia subito, Joe» gli spiegò. «Lassie non ti aspetterà più all’uscita da scuola. E non servirà a niente piangerci su»

«Perché? Cosa le è successo?»

La signora Carraclough andò al focolare e vi mise sopra la teiera. Parlò senza girarsi.

«Perché l’abbiamo venduta. Ecco perché»

«Venduta!» le fece eco il ragazzo, a voce alta. «Venduta! Per cosa l’avete venduta… Lassie, per cosa?»

La madre si infuriò.

«Ormai è fatta, l’affare è concluso. Quindi non fare altre domande. Tanto non cambierebbe nulla. Lassie se n’è andata, così stanno le cose… non parliamone più»

«Ma mamma…»

Il ragazzo si mise a piangere, confuso. Sua madre lo interruppe.

«Ora basta! Vieni a prendere il tè. Avanti, siediti!»

Obbediente, Joe si accomodò al suo posto. La donna si rivolse all’uomo seduto davanti al camino.

«Andiamo, Sam, vieni a mangiare. Anche se lo sa Iddio che è davvero poco quello che c’è in tavola…»

La donna tacque e il marito si alzò, con uno scatto rab-

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bioso. Poi, senza proferire parola, si diresse verso la porta, prese il cappello dall’attaccapanni e uscì. L’uscio sbatté alle sue spalle. Per un istante regnò il silenzio. A infrangerlo fu la voce della donna, in tono di rimprovero.

«Guarda cos’hai combinato! Hai fatto arrabbiare tuo padre. Immagino che adesso sarai contento».

Si accasciò debolmente al suo posto e rimase a fissare il tavolo. La stanza rimase a lungo silenziosa. Joe sapeva che non era giusto che sua madre se la prendesse con lui per quello che stava accadendo. Eppure sapeva anche che era così che lei nascondeva a se stessa il dolore. Lo facevano tutti, da quelle parti. Erano gente brusca e testarda, abituata a vivere una vita dura e difficile. Quando succedeva qualcosa che toccava loro i sentimenti, nascondevano le proprie emozioni. Le donne davano la stura a rimproveri e alle chiacchiere per celare quel che sentivano. Non lo facevano apposta. E poi, una volta che era finita…

«Avanti, Joe, mangia!»

Il tono di sua madre adesso era dolce e paziente.

Il ragazzo rimase a fissare il proprio piatto, immobile.

«Forza, mangia il pane con il burro. Guarda, è pane fresco, l’ho fatto proprio oggi. Non lo vuoi?»

Joe chinò ancora di più il capo.

«Non voglio nulla» disse in un bisbiglio.

«Oh, cani, cani, cani» sbottò sua madre, di nuovo arrab-

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biata. «Tutti questi problemi per un cane. Be’, se lo vuoi sapere, io sono contenta che Lassie se ne sia andata. Ecco. Aveva più esigenze di un bambino. Ora se n’è andata e la faccenda è chiusa, e io ne sono proprio contenta, oh!»

La signora Carraclough tirò su col naso. Poi prese un fazzoletto dalla tasca del grembiule e se lo soffiò. Infine guardò suo figlio, ancora seduto, immobile. Scosse tristemente il capo e, con voce nuovamente paziente e gentile, gli disse: «Joe, vieni qui».

Il ragazzo si alzò e raggiunse la madre. Lei gli cinse le spalle con il braccio paffuto e voltò il capo verso il fuoco.

«Tesoro, stai diventando grande e grosso, per cui sono sicura che potrai capire. Vedi, ultimamente le cose non stanno andando molto bene. Lo sai come funziona. Dobbiamo mettere del cibo in tavola e trovare i soldi per l’affitto, e Lassie di soldi ne valeva un bel po’, quindi… insomma, non potevamo permetterci di tenerla, ecco tutto. Sono tempi duri e tu non devi… non devi far arrabbiare tuo padre. Ha già abbastanza di cui preoccuparsi, e… be’, le cose stanno così, se n’è andata».

Il giovane Joe Carraclough rimase al fianco della madre. Capiva benissimo. A Greenall Bridge persino un ragazzo di dodici anni sapeva che quelli erano “tempi duri”.

Per anni, da quando i bambini avevano memoria, i loro padri avevano lavorato nella miniera di Wellington, appena

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fuori il paese. Andavano avanti, un turno dopo l’altro, portandosi dietro il pranzo al sacco e le lanterne da minatori: il loro lavoro era estrarre il prezioso carbone. Poi i tempi erano diventati “duri”. La miniera richiedeva meno lavoro e gli uomini guadagnavano meno. Ogni tanto le ore aumentavano di nuovo, e gli operai riprendevano il tempo pieno. Allora erano tutti contenti. Non che questo significasse che potevano condurre una vita agiata, poiché nei paesi di minatori era dura comunque. Ma era pur sempre una vita di coraggio e di legami familiari, almeno, e bastava mettere in tavola del cibo semplice perché ce ne fosse a disposizione per tutti.

Solo che, alcuni mesi prima, la miniera tutt’a un tratto aveva chiuso. La grande ruota in cima al palo non girava più. Gli uomini non procedevano più in fila verso l’imbocco, al cambio turno. Piuttosto si erano tutti iscritti all’ufficio di collocamento. Stavano lì, all’angolo della strada, in attesa di un lavoro. Ma non ce n’era. A quanto pareva, si trovavano in quelle che i giornali definivano le “aree depresse”, ovvero quelle zone del Paese dalle quali le industrie erano andate via. Interi villaggi erano rimasti senza lavoro. Non c’era modo di guadagnarsi da vivere. Il governo distribuiva alla gente un “sussidio” settimanale, affinché potesse sopravvivere.

Joe lo sapeva. Ne aveva sentito parlare per strada. Aveva visto gli uomini all’ufficio di collocamento. Sapeva che suo

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padre non andava più a lavorare. Sapeva anche che suo padre e sua madre non parlavano mai della questione davanti a lui, che alla loro rude maniera avevano cercato di evitare che quel fardello pesasse anche sulle sue giovani spalle.

Tuttavia, sebbene il suo cervello gli ripetesse queste cose, il suo cuore piangeva per Lassie. Ma lui lo mise a tacere. Rimase in piedi, fermo, e pose alla madre un’unica domanda.

«Potremo ricomprarla un giorno, mamma?»

«Al momento, Joe, Lassie vale un mucchio di soldi e non possiamo permettercelo. Ma in futuro prenderemo un altro cane. Tu aspetta. La situazione migliorerà e potremo adottare un nuovo cucciolo. Non ti piacerebbe?»

Joe Carraclough chinò il capo e lo scosse lentamente. La sua voce era solo un bisbiglio.

«Non voglio mai più avere un cane. Mai più! Io voglio solo… Lassie!»

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Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Rotolito (Pilotello, MI) nel mese di marzo 2023

Eric Knight nacque nel 1897 a Menston, nello Yorkshire. Nel

1912 la sua famiglia si trasferì negli Stati Uniti e lui divenne cittadino americano. Scrisse diversi romanzi per il pubblico adulto, ma raggiunse la notorietà con il personaggio di Lassie, ispirato ai collie che allevava nella sua fattoria e alle vicende di un cane eroe della Grande Guerra, nella quale Knight aveva combattuto. Partecipò anche al secondo conflitto mondiale e morì nel 1942, quando l’aereo su cui viaggiava precipitò nella giungla della Guyana olandese, oggi Suriname.

Immagine di copertina: © Mark Owen / Trevillion Images e Kanashi Sfeiuq / unsplash Progetto grafico: Camille Barrios / ushadesign

La famiglia Carraclough è costretta dalle difficoltà economiche a vendere l’amata collie scozzese Lassie, inseparabile e fedele compagna di giochi di Joe. Ma quello che sembra un addio definitivo è invece l’inizio di un lungo e avventuroso viaggio, durante il quale l’istinto e l’affetto per il suo padroncino guideranno Lassie lungo la difficile e tortuosa strada verso casa. Omaggio alla lealtà, all’amore e al coraggio degli animali, Torna a casa Lassie è il romanzo originale che ha ispirato i tanti film e serie televisive con protagonista uno dei cani più amati di sempre.

“Lassie aveva un cuore nobile e un istinto potente. E così continuò il suo viaggio verso sud, attraverso altopiani e brughiere, colline e pianure, boschi e fiumi.”

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