ESSERE e PENSIERO Numero 0 – settembre 2011
Periodico di cultura filosofia storia L’Accademia di Platone
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Editoriale
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Una guida generale
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Popolo e comunità
essere e pensiero
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Oberto Airaudi filosofo e guaritore
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La musica delle piante
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Damanhur a Soverato
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Atti del Convegno
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Uno Stambecco a... Soverato
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Un Convegno ricco di pensiero
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Editore: circolo culturale
A
ACCADEMIA di PLATONE
L'Accademia di Platone Via Nazionale, 2 - 88064 Chiaravalle Centrale (Cz)
Direttore responsabile: Francesco Pungitore
Progetto grafico: Francesco Callegher Stampato in proprio Periodico in attesa di registrazione
www.accademiadiplatone.it
L’Accademia di Platone
SOMMARIO
ESSERE E PENSIERO
Cari lettori, con questo numero zero, il circolo culturale “L'Accademia di Platone” avvia un nuovo percorso di ricerca. “Essere e Pensiero” non vuole, infatti, diventare un semplice periodico informativo sulle attività dell'associazione, ma intende sviluppare, intrecciare e mettere a fuoco i grandi temi della riflessione teorica antica e moderna. Un obiettivo ambizioso? No, inevitabile. Lo scopo dell'Accademia è, del resto, quello di contribuire ad una migliore comprensione prospettica del pensiero filosofico e dei problemi che solleva in termini di etica, arte, religione, metafisica, psicologia, medicina, epistemologia, logica, matematica. Intuizioni e concetti per costruire un confronto di idee, positivo e propositivo. Un confronto che nasce dal bisogno spontaneo e naturale dell'uomo di esprimere in termini di ricerca razionale e intuitiva il proprio modo di sentire la vita, la spinta a indagare il principio che regola tutta la realtà, a interpretare su basi emotive e volitive il proprio rapporto con l'ambiente e le difficoltà dell'esistenza. In questo spazio, intendiamo indicare due sole regole da seguire: quelle del pensiero creativo e della libera discussione. Tutto il resto, ovvero tutto ciò che è sapere e conoscenza, è un potenziale immenso a nostra disposizione da scavare, analizzare, sintetizzare, indagare. L'essere, dunque, come noi qui lo intendiamo, coincide perfettamente con il pensiero. Se l'essere – come ci spiega Parmenide - è la sola cosa pensabile ed esprimibile, allora qualsiasi pensiero, per essere tale, è pensiero dell'essere. Non c'è pensiero, in buona sostanza, che non esprima l'essere. Da qui si evince la scelta di un titolo tanto impegnativo per la nostra rivista. Impegnativo sì, ma capace di una intensità dialettica così forte da trascendere ogni schematismo, ogni limite, ogni pregiudizio. Seguendo questo filo conduttore, in questo numero zero parleremo di filosofia, di medicina, di psicologia, di storia... ma da una prospettiva diversa e originale: un raffronto analogico, incentrato su principi di carattere generali, con la realtà di Damanhur, la più grande comunità spirituale italiana oggi esistente che opera da circa 35 anni in Piemonte e coinvolge migliaia di simpatizzanti in tutto il mondo.
VIAGGIO A DAMANHUR
di Francesco Pungitore
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Una guida generale
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eraviglia, incredulità, stupore, incanto. Basta una visita in
Valchiusella e nell’Alto Canavese, poco più a nord di Torino,
per regalarsi, ancora oggi, emozioni così pure. Il merito è di Damanhur, un modello di eco-società basata su valori etici e spirituali che ha messo radici, in questo territorio, nel lontano 1975. Una realtà estremamente complessa, da spiegare secondo molteplici sfaccettature, ed i cui positivi effetti sono ben visibili nei comuni di questo vasto comprensorio. Da Vidracco, a Cuceglio, a Baldissero
Il cuore del progetto Damanhur
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Canavese, è tutto un fiorire di iniziative, idee ed imprese. Un dinamismo che ha rivitalizzato l’intera area sotto vari aspetti: 1) sul piano demografico, innanzitutto, ripopolando paesi di montagna altrimenti destinati ad un inesorabile declino; 2) in ambito lavorativo-occupazionale, con la creazione di insediamenti produttivi, artigianali, agricoli e commerciali perfettamente inseriti nella tradizione dei luoghi e nel contesto naturale circostante; 3) in termini di sviluppo turistico-culturale, grazie ai centri di ricerca spirituale, artistica e sociale che rappresentano il cuore del progetto Damanhur e che vengono quotidianamente frequentati da centinaia di persone provenienti da tutto il mondo. Si arriva sul posto attraversando stradine tortuose e paesi improvvisi, minuscoli, immersi nel verde. Paesaggi che sembrano sorprendentemente ripetere i più classici scorci dell’entroterra calabrese, distante oltre mille chilometri: boschi di castagni e querce, antichi mulini ad acqua, torrenti che modificano e addolciscono il disegno dell’orizzonte. Mondi isolati, distanti dalla modernità. Ed è davvero strano
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pensare che le grandi metropoli industriali non siano poi così lontane.
solidarietà, il rispetto degli al-
Ma la peculiarità di questi luoghi è che l’isolamento non ha generato
tri, dell’ambiente e la condivi-
depressione e crisi economica. È tutto l’opposto.
sione di ben determinati valori
Prima tappa a Cuceglio, dove si può trovare una comoda sistemazione
etici.
al B&B Aval. Una abitazione confortevole e realizzata in bioedilizia
Il primo contatto con la dimen-
che, tra l’altro, ospita una delle comunità della Federazione. Daman-
sione spirituale di Damanhur si ha nel vicino comune di Baldissero
hur è, infatti, strutturata in tanti nuclei di vita comunitaria, composti
Canavese, seconda tappa del nostro viaggio, ad una ventina di minuti
da una ventina di persone, sparsi nell’area della Valchiusella. All’inter-
di macchina da Cuceglio. Qui c’è il moderno ed efficiente Welcome Center pronto ad accogliere i visitatori. A piedi si raggiunge veloce-
comuni.
Damanhur
“In ogni casa viene lasciato spazio per i locali comuni, in modo tale
è strutturata
che ogni nucleo comunità abbia a disposizione un ideale “foro” nel
in tanti
quale le persone si riuniscono, discutono della conduzione della casa,
nuclei di vita
dei progetti comuni, si sostengono e, ogni volta che è possibile, si di-
comunitaria
vertono pure”: è quanto viene spiegato nel libro “La mia Damanhur” (Altriparaggi edizioni, 2011). L’autore del testo è Silvio Palombo, alias “Stambecco Pesco”. Sì, perché un elemento caratteristico di Damanhur è che i cittadini scelgono di assumere il nome di un animale (Stambecco) e di un vegetale (Pesco) da affiancare a quello anagrafico: un gesto che simboleggia la volontà di rinnovare se stessi attraverso un atteggiamento giocoso e sottolinea il desiderio di un profondo contatto con la natura. Questo è l’aspetto sociale di Damanhur, l’idea di una vita comunitaria che possa favorire la creazione di un modello di società basato sulla
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no della casa ognuno dei residenti ha il proprio spazio personale e, parallelamente, sperimenta la convivenza e la condivisione nei locali
mente il Tempio Aperto. Già qui è evidente lo scopo realizzativo ultimo della filosofia damanhuriana. In uno spazio enorme si innalzano colonne, menhir e statue. Spirali colorate e stelle di pietra disegnano il terreno. L’impressione immediata è quella di trovarsi immersi in un luogo senza tempo, capace di portare a sintesi le tradizioni più disparate: Oriente e Occidente, India ed Egitto, Cina e America, Pitagora e Platone, Giordano Bruno e i più grandi alchimisti del Rinascimento. Ogni manufatto lancia segnali, messaggi. È un’arte non fine a se stessa ma che scarica continui lampi di luce nell’etere. “Questo è il nostro tempio aperto – ci spiega, intercettando il nostro sguardo interrogativo, Formica Coriandolo – ed è stato costruito per trovare un contatto con tutte le realtà spirituali espresse dalle varie culture e dai vari popoli del pianeta: è aperto perché simbolicamente rispettoso di tutte le esperienze di ricerca spirituali. La matrice di tutto ciò che facciamo è, infatti, una ricerca che permea ogni tipo di realizzazione. Una motivazione di fondo che si esprime anche in un ap-
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proccio ambientalista alla vita, attraverso l’uso delle energie rinnov-
profonda elaborazione concettuale, non è nulla in confronto alla più
abili, l’agricoltura biologica, la reintroduzione di antiche arti e
grande realizzazione di Damanhur: i Templi dell’Umanità, la nostra
mestieri della tradizione”.
terza tappa. Per avere solo una pallida idea di questo immenso tempio
La filosofia di Damanhur, dunque, è tutta basata sul pensiero positivo,
ipogeo, bisognerebbe immaginare una straordinaria cattedrale ricca di
come elemento capace di indirizzare le migliori energie degli indi-
sale, cunicoli, labirinti, passaggi segreti, navate, mosaici, dipinti, scava-
vidui, tracciando la strada fra loro stessi, i loro sogni e la loro crescita
ta nel cuore di una montagna. A dir poco incredibile, ma esiste!
umana e spirituale. Ricerca spirituale, condivisione e rispetto per la
La storia di questo stupefacente complesso viene raccontata così dai
natura. I damanhuriani affermano che ogni essere umano ha un’orig-
damanhuriani: “Il primo piccone colpì la roccia in una calda notte di agosto. Era una sera di sabato, nel 1978. Oberto Airaudi e un’altra
questo stato primigenio. L’umanità è parte di un complesso ecosistema che include piante, animali, la terra fino alle diverse forze spirituali; ogni parte è una manifestazione della forza omni-pervasiva chiamata, in tutte le filosofie, “Dio”. In questa visione, la ricerca di sé e di Dio coincidono, perché l’essere umano è una “forma-ponte” fra il piano spirituale e quello materiale. Tutti gli esseri umani contengono questa completezza e possono utilizzare se stessi quale elemento di trasformazione per armonizzare la materia e lo spirito. Perché ciò avvenga è fondamentale che gli uomini elevino la qualità della loro relazione con il mondo e con la vita stessa, attraverso le loro azioni. Il percorso alla comprensione della parte più profonda e spirituale della natura umana si fonda sull’armonica e continua trasformazione interiore, sul superamento dei limiti dell’individualità e dell’egoismo, misurando se stessi attraverso opere pratiche, e sul rispetto di tutte le forme viventi, siano esse fisiche o sottili. Ma se già il Tempio Aperto racchiude in sé e trasmette tutta questa
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ine divina ed è suo compito recuperare la memoria e la coscienza di
decina di damanhuriani sedevano intorno al fuoco, in uno spazio dietro la casa a ridosso della collina di Vidracco. Cadde una stella nel cielo, grande e luminosa, che lasciò dietro di sé una striscia ben visibile di polvere dorata che ricadde sulla Terra. Tutti pensarono che fosse un buon segno, e Oberto disse che in effetti indicava il momento perfetto per iniziare a scavare un Tempio, come quelli che da migliaia di anni non esistevano più. Si sarebbe fatto tutto grazie alla volontà e al lavoro delle mani… Increduli ma entusiasti, due dei presenti iniziarono subito a scolpire la montagna con martello e piccone e continuarono con fervore tutta la notte. Al mattino, altri giunsero a dar loro il cambio e da quel momento i turni continuarono ininterrotti a gruppetti, quattro ore alla volta per quindici giorni. Poi divennero meno fitti ma non si fermarono mai: tutti partecipavano con grande energia. Scavare dentro la montagna aveva un valore profondo, equivaleva a scavare dentro di sé. Dopo un paio di mesi, si giunse al termine della prima tappa: si era costruita una nicchia ricavata nel fianco del
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mente, aspirazioni alte di trasformazione e rinnovamento. Espressioni e sensazioni positive che non mutano anche riscendendo verso Vidracco, quarta e ultima tappa del nostro viaggio alla scoperta di Damanhur. Qui è il centro Damanhur Crea a catalizzare l’attenzione. Qui nel 2003 la Federazione ha acquistato un ex stabilimento Olivetti, abbandonato da 20 anni. Dopo i lavori di ristrutturazione il complesso ha riaperto come Damanhur Crea: Centro di Arte, Cultura e Salute.
corridoio, dove andare a raccogliersi nel contatto con la terra, in pratiche di meditazione. Con l’acquisto di due martelli elettrici due squadre contrapposte cominciarono a procedere a semicerchio, seguendo calcoli che fino all’ultimo si temette fossero sbagliati. Ma non lo erano e il momento dell’incontro, al centro di quello che sarebbe diventato il Tempio Azzurro, fu celebrato con euforia. E dopo i festeggiamenti i lavori ripresero ancora più febbrili...” Oggi, questa enorme costruzione sotterranea ancora in fase di ampliamento è una realtà visitata ogni anno da migliaia di persone provenienti da tutto il mondo. È la visione materializzata e il sogno di Oberto Airaudi, il fondatore dell‘esperienza spirituale, umana e sociale di Damanhur. Dopo ore di visita, il ritorno alla luce della superficie non cancella quel senso di meraviglia che coinvolge gli occhi e l’anima: un sentimento generato dalla contemplazione di un’opera che sfiora i confini del fantastico, che scuote nel profondo e suscita, indubbia-
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Damanhur Crea ospita numerose attività e servizi: il negozio di alimenti biologici e prodotti naturali “Tentaty”, uno studio di bio-architettura, un’azienda di consulenza in impiantistica ed energie rinnovabili, un’impresa di bioedilizia, un istituto di bellezza, l’acconciatore uomo donna, l’atelier di belle arti e restauro, numerosi laboratori artigiani, un’oreficeria, una galleria d’arte, il laboratorio di ricerca sulla “selfica”, un caffè e un raffinato ristorante bio. La struttura ospita anche un moderno Centro Congressi intitolato all’industriale e riformatore sociale Adriano Olivetti, che negli anni ‘50 aveva creato questo complesso per contrastare il crescente spopolamento della valle, permettendo agli abitanti del luogo di lavorare in zona. Il nuovo uso di questo complesso è un eccellente esempio di recupero di un’area industriale abbandonata. Gli interventi strutturali hanno richiesto grande cura, nell’intento di adeguare lo stabilimento alle esigenze del Consorzio Damanhur Crea rispettando nel contempo le caratteristiche volute da Adriano Olivetti, testimonianza di una concezione avanzata del rapporto tra individuo, azienda e territorio. La
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trasformazione del sito è una fase importante di un progetto pilota per la Valchiusella, attraverso il quale la Federazione promuove un modello sociale di sviluppo armonioso e sostenibile. Damanhur Crea è uno spazio multifunzionale, un grande laboratorio destinato alla produzione di oggetti artistici, eventi culturali, interventi ecologicamente sostenibili. Soprattutto, è un luogo di incontro per e servizi di qualità. Qui a Vidracco incontriamo il sindaco, Antonio Bernini. Un damanhuriano che testimonia, con il suo impegno in politica, la dimensione aperta dei nuclei di comunità, parte attiva e vitale del territorio, armoniosamente integrati con la popolazione residente “Arrivare alla vita amministrativa con una esperienza comunitaria – ci racconta - almeno laddove la vita amministrativa è legata ad un piccolo comune, è perfettamente coerente. Nel senso che le esperienze e le buone pratiche che si fanno in ambito comunitario sono perfettamente applicabili in un paese dove i meccanismi solidaristici, i meccanismi di relazione e di coinvolgimento dei cittadini sono attivi e sono in essere. Sono convinto che il nostro Paese, quello con la “P” maiuscola, abbia bisogno di comunità, nel senso di esperienze che aiutano a riprodurre tutti quei meccanismi di sostegno reciproco e partecipazione tra i cittadini che, adesso, spontaneamente nascono anche nelle grandi città. Noi, qui, abbiamo tutti i limiti ma anche l’indubbio vantaggio di vi-
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persone e idee, nel quale arte e sperimentazione danno vita a prodotti
vere in un luogo piccolo dove il coinvolgimento dei cittadini, la partecipazione e l’interazione con il territorio sono un qualcosa di quotidiano, diretto”. Una sinergia positiva testimoniata dai tanti progetti in essere: dalla cultura alla sostenibilità, dall’energia al volontariato, dal rilancio produttivo al recupero del territorio. Quasi a simboleggiare l’insieme di queste iniziative sorge, immerso nel verde, il mulino del paese. Recuperato dall’amministrazione comunale, è diventato ecomuseo dell’acqua e degli antichi mestieri, collocandosi al centro di una serie di attività didattiche rivolte alle scuole ed agli amanti della natura. Proprio in questi giorni si stanno rimettendo in funzione le macine per riattivare la lavorazione delle castagne. E la filiera, a quel punto, non sarà più semplicemente oggetto di studio ma potrà dispiegare i suoi effetti sull’economia dell’intero comprensorio.
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toricamente, Damanhur fu una antica città egizia. Dedicata al dio Horus, essa era sede di iniziati e studiosi di fenomeni esoterici. Il suo
nome significava letteralmente “città della luce”. La moderna Damanhur nasce nel 1976 in Valchiusella, quaranta chilometri a nord di Torino. Quella che vediamo oggi non è una vera e propria città ma un insieme di piccoli insediamenti, di comunità federate tra loro. Dalla fondazione del primo nucleo iniziale sono passati 35 anni. E la nuova “città della luce” ha conosciuto, in questo periodo, uno
La moderna Damanhur viene concepita come progetto a Torino tra il 1974 e il 1975
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sviluppo straordinario, riuscendo a consolidare e diffondere in tutto il mondo i principi posti alla base di questa particolarissima esperienza. La moderna Damanhur viene, dunque, concepita come progetto a Torino, tra il 1974 e il 1975, da un gruppo di amici, accomunati dalla passione per le tradizioni spirituali, l’esoterismo e le medicine naturali, guidati dalla figura di Oberto Airaudi. L’idea è quella di trasformare studi, passioni e ricerche in un modello di vita, in un paradigma sociale ed in un percorso di continua crescita interiore fondato su alcuni punti centrali: il pensiero positivo e armonico, la comunione con l’ambiente naturale e le forze sottili che lo abitano, l’equilibrio nel rapporto tra l’uomo e i regni animale, vegetale e minerale. Questa filosofia si concretizza nella scelta di un luogo ben definito per dare alla luce il progetto Damanhur: la Valchiusella, un’area geografica ricca di storia, reperti archeologici, incisioni rupestri. Un luogo magico perché posto al centro di un particolare flusso di linee energetiche planetarie, chiamate dai moderni damanhuriani linee sincroniche, che già nell’antichità venivano studiate e usate per determinare i siti di costruzione
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destinati ad edifici sacri, dolmen, menhir, piramidi. L’esperimento sociale si intreccia, dunque, con una visione del mondo ben definita, un patrimonio di sapere e di conoscenza che affonda nelle più remote tradizioni spirituali dell’umanità. E l’esperimento funziona. Damanhur cresce, si sviluppa, attira a sè nuovi abitanti. Oggi, insomma, è una realtà estremamente vasta che genera idee, esempi, nei campi più disparati dello scibile umano: dall’arte, intesa come originale pratica di sperimentazione, all’industria applicata all’ecologia ed alle
bile e pacifica. Ogni azione quotidiana, a Damanhur, trasuda impegno: per la salvaguardia del pianeta, per la pace, per il rispetto dei diritti di ogni essere umano e dell’ambiente, per la costruzione di comunità in armonia all’interno e all’esterno, con la natura, per la diffusione della conoscenza. Un messaggio di concreta speranza di fronte al disastro morale ed ecologico generato dalla attuale società post industriale. Appare evidente una certa similitudine con le scuole pitagoriche della Magna Graecia, organizzate secondo precise regole di convivenza e, anch’esse, capaci di trasformarsi da progetto di crescita interiore in vero e proprio modello sociale, in comunità. I Pitagorici, come i moderni damanhuriani, furono iniziatori di quel tipo di vita che essi stessi chiamarono bìos teoretikòs, vita contemplativa. Una esistenza di purificazione, di sapere e conoscenza, tradotta in un una concreta dimensione pratica. E come i damanhuriani di oggi i Pitagorici
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energie rinnovabili; dall’agricoltura biologica al commercio; dalla medicina naturale all’impegno per una società globale più giusta, sosteni-
furono parte attiva all’interno delle poleis, stimolando il dibattito tra i cittadini e apportando importanti influssi politici, oltre che un fondamentale messaggio di tipo mistico ed ascetico. La similitudine, dunque, è resa ancora più evidente dal fatto che tali comunità non si chiudono in se stesse ma generano un circuito di scambio con il contesto in cui vivono. Sono modelli aperti, nel senso vero del termine. Nulla di assimilabile, insomma, alle cosiddette sette religiose o pseudo tali. La filosofia damanhuriana sintetizza in otto Quesiti i passi della crescita umana e spirituale di ogni damanhuriano. I Quesiti sono formule dinamiche, temi di meditazione e applicazione pratica. La loro formulazione è il risultato delle conquiste collettive di Damanhur, ma ogni persona li interpreta a seconda dei propri talenti e caratteristiche. Il Primo Quesito mette l’accento sull’impor-
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tanza dell’azione e della scelta, per vivere la vita in modo pieno e con
• Agisci per Essere, con purezza.
purezza d’intenti. Il Secondo richiede costanza e continuità, per
• Continua ad agire, per continuare ad essere.
dare significato e peso alle scelte intraprese, e sottolinea l’importanza
• Cambia logica per trasformarti, dall’Io al Noi.
di mantenere la parola data. Il Terzo invita a cambiare logica, per
• Sii consapevole, sii disponibile.
accogliere nuove visioni di sé, della vita e della dimensione sacra del-
• Rivoluziona il tuo intimo con armonia.
l’esistere. Questo è il primo passo nella creazione di una civiltà e di
• Diventa l’artista della tua vita.
una cultura. Il Quarto Quesito, specificamente femminile, incorag-
• Cerca ciò che è Vero, al di là delle certezze.
gia uomini e donne a scoprire il loro lato femminile, la disponibilità e
• Scegli l’Ideale e apriti agli altri con Amore.
unione. Il Quinto Quesito porta invece l’attenzione agli aspetti maschili, alla capacità di vivere nella costante e armonica rivoluzione interiore. Il Sesto invita a unire dentro di sé il principio maschile e quello femminile, per attivare il proprio potere di creazione, non solo della vita stessa, ma anche della sua rappresentazione attraverso l’arte e la creatività, la generosità e la bontà. Il Settimo Quesito richiede di utilizzare il dubbio e l’adattabilità come strumenti di ricerca per abbandonare tutti i dogmi e le certezze, per scoprire ciò che è vero dentro di sé, al di là delle apparenze. Infine, l’Ottavo Quesito apre agli altri, integrando tutti i precedenti Quesiti. Parla dell’Amore e dell’insegnamento come strumenti per trasformare il mondo intorno a sé, dello studio come necessità spirituale e della scelta irreversibile del proprio ideale, per essere di servizio al mondo e raggiungere il risveglio del proprio principio divino. Queste, in estrema sintesi, sono le formule degli Otto Quesiti:
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la consapevolezza profonda di rappresentare uno stabile elemento di In Damanhur è così evidente questa apertura nei confronti del mondo che esiste persino una libera università, la Olami Damanhur University, che organizza scuole e seminari nei più svariati campi delle discipline di confine e non solo. I damanhuriani partecipano attivamente alla vita politica nei comuni della valle in cui risiedono e, spesso e volentieri, riescono a farsi eleggere nelle assemblee civiche. Dal loro attivismo sono nati laboratori artistici, studi di bioedilizia, un poliambulatorio, un centro di bellezza e massaggi, ristoranti e bar, un centro commerciale, una grande sala convegni intitolata ad Adriano Olivetti. Il tutto racchiuso sotto le insegne di “Damanhur Crea” e organizzato all’interno di un vecchio stabilimento abbandonato, rilevato e ristrutturato con un notevole investimento economico. L’originalità dei percorsi di studio avviati, peculiare sintesi di scienza ed esoterismo, arte e ricerca del contatto con l’armonico equilibrio delle forze della natura, emerge nella particolarissima ricerca dedicata
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alla musica delle piante. Anche
Incontriamo Lucertola Pepe, una damanhuriana che ricerca nel campo
in questo caso sembra calare alla
della musica delle piante da diversi anni. “Una cosa che mi sento di dire – aggiunge alle nostre considerazioni - è che le piante vanno considerate come veri e propri esseri viventi. Riuscire ad entrare in contatto con
Crotone la musica veniva con-
loro attraverso la musica e imparare a dialogare con questi esseri am-
cepita come il riverbero terreno
plia anche la nostra visione del mondo. Ci rendiamo conto che noi
delle energie universali emanate dal fluire incessante e dinamico del
siamo solo una piccola parte dl grande ecosistema nel quale viviamo,
cosmo. Ciò trasformava le melodie in un qualcosa che andava ben oltre
siamo un pezzettino di quella che è l’intelligenza globale di questo pi-
il semplice passatempo. Le composizioni erano predisposte per essere
aneta. Riuscire ad avere un dialogo personale con un albero produce si-
delle chiavi di accesso rituali. E la porta da aprire era quella del mondo del soprannaturale. Dai laboratori damanhuriani è venuto alla luce uno strumento in grado di captare le variazioni elettromagnetiche dalle superfici delle foglie e delle radici e di trasformarle in suoni. Il contatto profondo con la natura genera a Damanhur veri e propri “concerti” del regno vegetale, momenti ineguagliabili di estasi melodica semplicemente da vedere e ascoltare. Ma la cosa straordinaria e sconvolgente riscontrata nel tempo è che gli alberi e le piante, gradualmente, sembrano addirittura imparare a controllare le loro risposte elettriche, come fossero consapevoli della musica che creano in quanto esperienza di comunicazione tra il loro mondo e il nostro. Concerti di musica delle piante si tengono regolarmente a Damanhur, e sono stati presentati in festival in Europa, in India, negli Stati Uniti e in Canada. Un’interessante sperimentazione è tuttora in corso in collaborazione con il Giardino Botanico della Facoltà di Scienze Naturali di Firenze.
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perfezione il parallelismo con gli antichi Pitagorici. Nella scuola di
curamente un ampliamento della propria mente. Questo è un aspetto importante da mettere in evidenza”. “Una forma significativa di questo rapporto con la natura – sottolinea il sociologo Luigi Berzano (Damanhur. Popolo e Comunità – Editrice Elle Di Ci 1998) - si esprime attraverso la consuetudine dei damanhuriani di cambiare il proprio nome con un altro di animale e, in seguito, aggiungere anche quello di un vegetale”. “I damanhuriani, se lo desiderano – spiega a tale proposito Stambecco Pesco – assumono un nome nuovo, di animale e di vegetale, per sottolineare il loro legame con le forze della natura, il desiderio di rinnovarsi e la voglia di giocare”. Tutto è arte a Damanhur. La sperimentazione, la ricerca del bello, dell’armonia, emerge in ogni creazione. I laboratori damanhuriani di scultura, pittura, ceramica, mosaico e vetro sono conosciuti in tutto il mondo per le opere che hanno realizzato. Gli artisti damanhuriani hanno creato uno stile originale e unico. I laboratori offrono una vasta gamma di prodotti, dagli oggetti d’arte per l’arredo, alla progettazione e
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realizzazione completa di ambienti - case, navi, ristoranti e locali pub-
specializzazioni in campi che si completano:
blici, uffici di rappresentanza - fino alla realizzazione di opere monu-
restauro superfici storiche, affrescate e di
mentali per istituzioni pubbliche e private.
origine archeologica, manufatti e oggetti lapi-
Cobra Alloro, scultore e ricercatore, ci illumina su questo argomento:
dei, manufatti lignei e dipinti su tavola e tela.
“Per noi, a livello filosofico, l’arte e lo sviluppo della creatività sono una
Insieme hanno costruito percorsi di for-
parte fondamentale della crescita spirituale di ogni individuo. La cre-
mazione presso vari centri formativi, sia in
atività è energia vitale o, meglio, è un canale positivo entro cui canaliz-
Toscana che in Lombardia e ultimamente so-
zare questa energia. Il sunto finale dell‘arte è un modo di essere, un mo-
prattutto in Piemonte. I loro lavori si sviluppano molto nel nord e centro Italia con collaborazioni varie di giovani specializzati che sosten-
tore. Ha unito la sua esperienza artigianale con l’arte e l’insegnamento. Dal 1994, in particolare, cura dei mini-stage di due giorni dedicati ai visitatori di Damanhur “che hanno piacere di fare una esperienza artistica, di realizzare qualcosa con le loro mani”. Nella fattispecie, il primo livello è la realizzazione della propria statuetta in argilla. E sono ormai diverse centinaia queste curiose e suggestive creazioni, liberamente esposte tra boschi e sentieri. Esiste anche un atelier di restauro offre un servizio di recupero artistico di oggetti, tele e mobili preziosi, di opere d’arte e architettoniche, per privati, istituzioni, chiese e musei. La “Auri Folia Restauri” nasce nel 2002 dal desiderio di quattro restauratori provenienti da diverse regioni e formazioni italiane di offrire un servizio completo di restauro utilizzando le specializzazioni di professionisti diversi. Oggi Lea Ghedin e Donatella Lami, rispettivamente formatesi a Roma e a Firenze, colorano l’azienda di un’esperienza che proviene da strade simili e
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do di vivere e di interpretare la vita”. Gli fa eco, poco dopo, Agnello Radicchio, damanhuriano da 28 anni, di professione ceramista e scul-
gono con competenza i progetti che vengono loro affidati. Auri Folia opera nel restauro conservativo di opere d’arte in ambito pubblico, ecclesiastico e privato, offrendo un servizio completo su beni architettonici, artistici ed archeologici. Grazie a diverse esperienze maturate dalle socie Auri Folia restaura da più di venti anni dipinti su tavola e tela, sculture policrome, materiali lapidei e archeologici, dipinti murali ed intonaci storici con interventi di pulitura, consolidamento e protezione, usando tecniche e materiali aggiornati nell’ottica del minimo intervento. Sostiene l’ideale ecologico, con particolare attenzione alla salute dell’operatore e dell’ambiente mediante l’utilizzo di materiali e metodologie eco-compatibili, secondo aggiornate ricerche specialistiche e la riscoperta dei materiali nobili della tradizione costruttiva italiana. All’attività operativa si affianca l’attività di formazione presso vari Istituti Formativi ed Accademie nazionali. Da ottobre 2011, con possibilità di iscrizione da giugno 2011 fino a settembre 2011 è possibile iscriversi ad Auri Folia per la formazione per il
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primo anno del corso di Tecnico del
scrizione che ne dà Stambecco Pesco nel suo libro “La mia Damanhur –
restauro di dipinti e / o affreschi accredi-
La più grande comunità spirituale italiana raccontata da chi ci vive”. In
tato dalla scuola fiorentina Istituto per
questo edificio Damanhur esprime tutta se stessa. “I Templi dell’U-
l’Arte e il Restauro – Palazzo Spinelli
manità – scrive Esperide Ananas in un prezioso volume ricco di splen-
di Firenze da svolgere a Vidracco
dide immagini, edito da ValRa nel 2006 – sono un esempio di architet-
presso la struttura della Damanhur
tura magica contemporanea, che riflette ed esalta le realizzazioni artis-
Crea. Il primo anno si svolgerà con
tiche, sociali e spirituali dei suoi creatori. I templi rappresentano l’u-
frequenza tutte le mattine obbliga-
nione della Bellezza e della scienza, lo sposalizio tra spirito e materia,
toria e si completerà dopo 900 ore ratori di restauro conservativo ed estetico di dipinti e/o affreschi, teoria del restauro, disegno, chimica, informatica, fotografia. Per il secondo anno, che sarà obbligatorio per il conseguimento del diploma di tecnico del restauro dipinti e/o affreschi, occorrerà quindi frequentare a Firenze completando la propria formazione e sostenendo lì l’esame finale con rilascio di Diploma. La più grande realizzazione artistica e spirituale di Damanhur si esprime attraverso i Templi dell’Umanità. Un’opera che suscita meraviglia e stupore. “Si tratta di costruzioni sotterranee, di migliaia di metri cubi, che si snodano attraverso una successione di sale collegate tra loro da corridoi che si allungano nel cuore della montagna. Corridoi e sale, di grandezza e forme diverse, ospitano dipinti, mosaici, statue e realizzazioni artistiche di ogni genere, oltre a porte a scomparsa, passaggi nascosti e, naturalmente, impianti di servizio atti a rendere perfettamente vivibile un luogo completamente ipogeo” è la perfetta de-
tra mente e cuore, tra anima e mani. In questa difficile ed affascinante
damanhur
di piano di studi realizzato con materie di: storia dell’arte italiana, labo-
sfida, l’architettura e l’arte sono gli strumenti privilegiati per tradurre in cambiamento concreto nella forma ciò che ognuno crea di splendente dentro di sé”. E ancora. “I Templi tessono il loro percorso all’interno della montagna per oltre 8.500 metri cubi su cinque diversi livelli, collegati da molte centinaia di metri di corridoi”. “I lavori di costruzione dei Templi iniziarono nel 1978 – spiega Stambecco Pesco – per realizzare un luogo che fosse espressione di tutte le arti, in cui dare corpo al potere creativo dell’essere umano, un luogo nel quale poter esprimere il contatto col Divino attraverso l’amore per il bello. Sono stati costruiti a mano, esclusivamente dai damanhuriani; sono ipogei per poter raggiungere un nodo di linee sincroniche, oltre che per essere perfettamente isolati dalle radiazioni di superficie”. Stambecco Pesco ha pubblicato il suo ultimo libro nel marzo del 2011 con un obiettivo ben preciso: “è un libro scritto in prima persona, che racconta delle rose senza nascondere le spine, sul quale “metto la faccia” e del quale sono testimone diretto. E questo credo abbia ancora un
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di Francesco Pungitore
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ESSERE E PENSIERO
Oberto Airaudi valore”. “Il libro nasce da due diverse esigenze. Da un lato l’avere il piacere mio personale di cominciare a raccontare la mia storia, dall’altra
Filosofo e guaritore
raccontare che cosa è Damanhur attraverso la storia di un damanhuriano. Racconto di me ma per raccontare di Damanhur”. E dunque, per concludere, cos’è Damanhur: un’esperienza unica ed inimitabile o è un esempio esportabile in Italia e nel mondo? “Noi siamo quel che siamo – sottolinea - e che abbiamo voluto realizzare qui. Dal nostro punto di vista, certamente vorremmo realizzare anche un
La crescita spirituale e personale è frutto di studio, viaggi di ricerca, risveglio delle memorie, sviluppo delle capacità artistiche e riscoperta di antiche conoscenze
esempio di ciò che è possibile fare concretamente quando un gruppo di persone condivide il desiderio di darsi da fare e sa essere idealista ma anche molto pratico. Intorno a noi il mondo vive la crisi economica, la perdita dei valori, il senso di vuoto che prende le persone. Ecco, noi non
O
berto Airaudi, nato nel 1950 a Balangero (TO), è il fondatore
dell’esperienza spirituale, umana e sociale di Damanhur. È au-
siamo né migliori né peggiori rispetto a tutto questo. Noi abbiamo sem-
tore di numerosi libri e pubblicazioni sui temi della spiritualità e del-
plicemente avuto il desiderio e la capacità di realizzare qualcosa che
la ricerca di nuove scienze. Filosofo, guaritore, scrittore e pittore.
crea vita, che porta servizi dal punto di vista sociale, culturale e spiri-
Airaudi manifesta fin dall’infanzia una precisa visione spirituale e
tuale e che quindi dà un significato alle cose che facciamo. Un esempio?
capacità di guarigione che, da subito, s’impegna a sviluppare attraver-
Sì, possiamo esserlo. Ci sentiamo di potere rappresentare un esempio
so una costante ed esigente sperimentazione al di fuori delle isti-
di ciò che è possibile fare, una speranza, una direzione verso il nuovo
tuzioni accademiche classiche. La sua crescita spirituale e personale
che indichiamo anche ad altri”.
prosegue negli anni attraverso lo studio, i viaggi di ricerca, il risveglio delle memorie, lo sviluppo delle capacità artistiche e la riscoperta di antiche conoscenze. Molto attivo nell’ambito della ricerca terapeutica, artistica e di nuove scienze, nel 1975, per presentare in pubblico il risultato delle sue ricerche e dare il via a una fase più intensa di sperimentazione, fonda a Torino il Centro Horus che darà vita a Damanhur, di cui è ancora
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ESSERE E PENSIERO
oggi la Guida Spirituale. In accordo con la consuetudine dei cittadini
mente nuova. Penso che il fondatore,
della Federazione di chiamarsi con nomi d’animale, Oberto utilizza
Oberto Airaudi, sia riuscito a creare
anche il nome di Falco. Hildur Jackson una delle fondatrici di GEN
qualcosa di davvero nuovo il cui successo
(Global Ecovillages Network), in “Ecovillage Living - Restoring the
è supportato dal fatto che questa espe-
Earth and Her People” scrive: “Falco (Oberto Airaudi) è un ricercatore
rienza sta andando avanti nel tempo
ed un innovatore che crede nella legge del cambiamento. Non è tanto un
molto più a lungo che nelle migliori pre-
leader quanto una persona gentile e piena di talenti che condivide le sue
visioni dei sociologi. La stabilità di
idee innovative con la comunità da cui è riconosciuto come valida gui-
Damanhur è piuttosto inconsueta ed eccezionale, e questo va contro alcune teorie che dicono che questo tipo di
Il percorso proposto da Oberto Airaudi porta al risveglio del Maestro interiore di ciascuno, attraverso lo studio, la sperimentazione, l’espressione completa delle potenzialità individuali e il superamento di ogni atteggiamento dogmatico. Alla base di questo pensiero c’è la convinzione che ogni essere umano partecipi a una natura divina da risvegliare dentro di sé, attraverso la costante e continua interazione con gli altri. Come conseguenza, Damanhur è una società in evoluzione e trasformazione continua, basata sull’esaltazione delle diversità e il suo sistema sociale, politico e filosofico è sempre in divenire. Massimo Introvigne, uno più eminenti sociologi delle religioni nel mondo e direttore del CESNUR (Centro per gli Studi delle Nuove Religioni) in un’intervista per l’azienda britannica “Amora” dice: “Damanhur è uno dei gruppi comunitari spirituali più rilevanti nel mondo e io penso che sia collegato alla tradizione degli “Antichi Movimenti di Saggezza” ma, da un altro punto di vista, è una realtà total-
damanhur
da.”
comunità funzionano nel mondo post-moderno solo per pochi anni. Forse le teorie dovrebbero essere riviste, alla luce dell’esperienza di Damanhur. Damanhur è grande a sufficienza per poter far riconsiderare le teorie stesse, perché non si tratta di un gruppo di 20 persone che vivono insieme - potrebbe trattarsi di un’eccezione, in questo caso - ma parliamo di oltre 600 persone.” Da sempre persona riservata e poco incline alla promozione della propria immagine, Falco non riveste ruoli decisionali all’interno della struttura politica e sociale di Damanhur che è diretta da organi elettivi, ma è disponibile a collaborare con le Guide elette dai cittadini e con i responsabili degli organismi della Federazione.
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la musica delle piante Una terra di confine piante. Per andare nel concreto, c’è un sistema che legge i segnali elettrici
L
che la pianta può mandare. Si posiziona un elettrodo sulle foglie e l’altro
originali sperimentazioni avviate a Damanhur, e si colloca in una
nel terreno. In tal modo si crea un circuito chiuso. L’apparecchio legge le
terra di confine tra scienza, filosofia, arte e magia. Camaleonte Oleandro,
differenze di potenziale tra foglie e radici e traduce questo segnale ana-
damanhuriano laureato in biologia, ci introduce nel cuore del bosco sacro, all’interno di una suggestiva casetta in legno che apre le sue finestre tra le cime degli alberi. “Qui è dove viviamo già da alcuni anni – ci spiega – e dove sperimentiamo il nostro essere a contatto con la natura. Abbiamo realizzato un piccolo laboratorio di elettronica dove si producono delle strumentazioni che registrano le reazioni delle piante agli stimoli ambientali. È uno studio che ha avuto origine negli anni ‘70 ed ha lo scopo di stabilire se le piante hanno una loro sensibilità, una loro capacità di percepire gli avvenimenti intorno a loro e come possono reagire questi avvenimenti. Si basa su un principio moto semplice che è quello del bio-feedback. In pratica, il principio è che ogni essere vivente ha una sua attività elettrica, collegata allo stato di salute, alle emozioni. Nel 1975 i primi apparecchi che misuravano questo tipo di frequenze erano tarati sul corpo umano. Quindi, il tutto era incentrato sulla misurazione dell’attività elettrica sulla pelle. Da quelle prime sperimentazioni è nata l’idea di provare un sistema simile per studiare il comportamento elettrico delle
damanhur
a ricerca sviluppata attorno alla musica delle piante è una delle più
logico in un segnale digitale, trasformandolo in codice musicale midi. Il tutto viene inviato ad un generatore di suoni. La pianta, attraverso le sue variazioni di stato elettrico, genera queste note, questi suoni. La cosa interessante è che la pianta, all’inizio, ha delle reazioni un po’ occasionali. Poi, si assiste ad un fenomeno molto particolare. È come se un bambino imparasse a parlare. Il vegetale comincia a cambiare molto più costantemente il suo stato elettrico, modulando, articolando i suoni. Quando le piante maturano questa loro “consapevolezza” e scoprono questa loro capacità diventano piante musiciste. Con più piante in contemporanea facciamo dei concerti molto suggestivi e aperti al pubblico. Al momento, questo tipo di ricerca ha generato collegamenti con diverse università e poli scientifici: da Firenze a Vienna, da Stoccolma a Torino, da Miami al Giappone. La disciplina che si è sviluppata è la cosiddetta Neurofisiologia vegetale. Uno dei nostri sogni? Creare un apparecchio di ampia distribuzione per far sperimentare a tutti questo legame immediato tra gli esseri viventi”.
CONVEGNOL’ACCADEMIA DI PLATONE
di Francesco Pungitore
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Damanhur a soverato
ESSERE E PENSIERO
U
n partecipato convegno storico-filosofico ha inaugurato, lo scorso
8 luglio, presso l’Hotel Nocchiero di Soverato, le attività del circo-
lo culturale “L’Accademia di Platone”. Al centro dell’iniziativa una tematica complessa: “Da Pitagora a Damanhur, similitudini filosofiche per un messaggio di pace, dialogo e tolleranza“. Il confronto a più voci ha abbracciato un territorio ampio di conoscenza, tra due poli principali di riferimento: da una parte Pitagora e, dunque, l’orgoglio e la luce della nostra Magna Graecia; dall’altra Da-
L’uomo e il divino
damanhur
manhur, quindi, una moderna comunità spirituale che opera da 35 anni in Piemonte e oggi viene osservata con grande attenzione da università e istituzioni tanto da meritare premi e riconoscimenti di assoluto prestigio internazionale. In mezzo il problema dei problemi, ovvero Dio e il senso della vita, il momento essenziale e definitorio di ogni seria indagine metafisico-filosofica; e poi la visione medico-omeopatica dell’uomo come individuo e unità umana e, quindi, come superamento della scissione e del conflitto tra anima e corpo. Ne hanno discusso, in ordine di intervento: Francesco Pungitore, dottore in filosofia e giornalista, referente del comitato organizzatore del convegno; Silvio Palombo, assessore alla cultura del comune di Vidracco, paese in provincia di Torino, uno degli epicentri delle attività damanhuriane; Eugenio Fizzotti, presidente dell’Associazione di Logoterapia ed Analisi Esistenziale Frankliana, docente di Psicologia della Religione e Deontologia professionale presso l’Università pontificia salesiana di Roma; Giovanni De Giorgio, medico chirurgo, studioso e autore di testi sull’Omeopatia, membro del Forum delle medicine non con-
venzionali presso l’Ordine dei medici di Roma. Ma cos’è Damanhur? Damanhur è nata nel 1975 quando, intorno alla figura di Oberto Airaudi, si riunì un gruppo di persone che progettarono la creazione di una nuova società, dove la vita di ogni giorno fosse l’applicazione pratica di valori spirituali. Oggi la Federazione di Damanhur conta circa 1.000 cittadini e si estende su circa 500 ettari di territorio disseminati in Valchiusella e nella zona dell’Alto Canavese, ai piedi delle Alpi piemontesi. Dal convegno è emersa l’immagine univoca di un fenomeno profondo e complesso, che non merita di essere liquidato con valutazioni superficiali o, peggio ancora, con giudizi frutto di una assoluta ignoranza della realtà di cui si parla. Un fenomeno di rilevanza mondiale, non a caso premiato recentemente dall’Onu come modello sociale alternativo, come eco-società sostenibile. Una realtà che collabora e dialoga attivamente sui temi dell’arte, della spiritualità, della medicina cosiddetta non convenzionale e del rispetto dell’ambiente con decine di università italiane e straniere. Insomma, una esperienza importante, serissima, che merita rispetto e attenzione. Ma Damanhur può essere letta anche come una reinterpretazione
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l’accademia di platone
CONVEGNOL’ACCADEMIA DI PLATONE
De Giorgio
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Palombo
Fizzotti
moderna delle antiche comunità pitagoriche che, secoli e secoli fa, animavano le poleis della nostra Magna Graecia? Secondo i relatori che ne hanno discusso a Soverato questo possibile legame esiste. Anzi si ripropongono esplicitamente in Damanhur gli sforzi di pensiero di quegli antichi Pitagorici che ricercavano le cause e i principi primi, non disdegnando l’impegno politico per costruire un mondo nuovo di armonia e bellezza. Quegli antichi Pitagorici che studiavano la musica pensando di trovare le regole, le leggi dell’ordine cosmico nella perfezione dei rapporti numerici, degli accordi e delle melodie. Non è forse “pitagorico” credere nell’essere umano come creatura complessa destinata alla consapevolezza? Credere nella vita come evento non casuale, come principio divino da risvegliare? Credere, alla fine, anche nel sogno di un mondo migliore, solidale, pulito, sano?
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Atti del Convegno
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Perché Platone? Per la sua gran-
“Da Pitagora a Damanhur – Similitudini filosofiche”
dezza di pensiero, sicuramente.
Soverato – 8 Luglio 2011
Indiscutibilmente. Ma anche e
Relazione di Francesco Pungitore,
soprattutto perché figura capace
Presidente del Circolo Culturale L’Accademia di Platone
di esprimere simbolicamente dei valori. Platone rappresenta: lo
I
sforzo di conquista della cono-
siero, a mio avviso. “Da Pitagora a Damanhur, similitudini filosofi-
scenza che passa attraverso il
che per un messaggio culturale di pace, dialogo e tolleranza: ecologia
momento fondamentale del dia-
ambientale, mentale, corporale”.
logo; la ricerca della salute del
Già la definizione di questa traccia generale mette a fuoco un insieme di problematiche, di messaggi sapienziali, che aprono molteplici spunti e canali di riflessione. Ma c’è anche un ulteriore elemento che caratterizza il programma odierno e ne segna inevitabilmente il senso e lo scopo. Mi riferisco, in breve, al soggetto promotore di questa manifestazione: il costituendo circolo culturale l’Accademia di Platone. Di cosa si tratta? Ebbene, dobbiamo immaginare un luogo nel quale si vuole tentare di riscoprire quella semplice, pura, originaria, meraviglia che si prova nell’esercizio del sapere. Quel bisogno, radicato nella natura dell’uomo, di conoscere e indagare il perché delle cose. Insomma, uno spazio nel quale coltivare l’esigenza del puro amore di conoscere. Tutto ciò, in una sola parola, è filosofia, “la più alta scienza” direbbe Aristotele. Dunque, l’Accademia di Platone vuole creare uno spazio dedicato alla filosofia e, più in generale, al sapere in tutte le sue più alte espressioni.
l’accademia
l convegno di oggi racchiude in sé una complessità notevole di pen-
corpo e dell’armonia dell’anima che, poi, diventa fondamento della città giusta; la virtù, infine, come scelta di vita. Non a caso, dunque, si vuole dedicare a Platone questa sia pur piccola, umilissima, ancora embrionale, associazione. Tanto umile che, come si può notare anche dalla locandina, non ha volutamente richiesto, in questa fase, patrocini di varia natura. Meglio presentarsi, prima. Meglio operare. Poi, se qualcuno avrà piacere a farlo, ci darà una mano e ne saremo felici. Non a caso, dicevo, per l’esordio di questo progetto si è scelto un tema che abbraccia un territorio ampio di conoscenza, il cui perimetro è delimitato da due poli: da una parte Pitagora e, dunque, l’orgoglio e la luce della nostra Magna Graecia; dall’altra Damanhur, quindi, una moderna comunità spirituale che oggi viene osservata con grande attenzione da università e istituzioni tanto da meritare premi e riconoscimenti di assoluto prestigio internazionale. In mezzo il problema dei problemi, ovvero Dio e il senso della vita, il momento essenziale e definitorio di
ogni seria indagine metafisico-filosofica; e poi la visione medico-omeopatica dell’uomo come individuo e unità umana e, quindi, come superamento della scissione e del conflitto tra anima e corpo. L’omeopatia che qui intendiamo – permettetemi questa breve sottolineatura - è quella disciplina che la scienza ormai considera la nuova frontiera della medicina moderna. Vorrei citare a tale proposito solo brevemente un articolo apparso recentemente su “Il Giornale” che riporta uno studio dell’Università del Texas e dell’autorevole “Anderson Cancer Center” di Houston nel quale si spiega che alcuni rimedi omeopatici, testati per la prima volta in laboratorio su cellule di tumore al seno, hanno rivelato un effetto positivo nel contrastare la malattia. Si tratta di una ricerca già pubblicata sull’ “International Journal of Oncology” che dimostra come i rimedi testati hanno “elevati effetti citotossici” nei confronti delle cellule cancerose. Io lo dico in termini divulgativi e giornalistici, ma da quel che tutti possiamo leggere e capire, il team di studiosi americani, medici e scienziati, spiega che l’azione dei rimedi omeopatici sembra simile a quella chemioterapica usata per trattare il tumore al seno. Ma il tutto senza effetti tossici sulle cellule normali. Questa, dunque, è la serissima e scientifica omeopatia di cui parliamo. Insomma, oggi ci stiamo avventurando in un territorio ampio dunque, ma legato ed interconnesso da una fitta rete di similitudini e analogie, che da qui a breve andremo ad analizzare. Similitudini e analogie, non identità, non univocità di pensiero, non appiattimento, non adesione
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preconcetta a questa o a quell’altra posizione. Perché quello che cerchiamo qui è sì l’elemento di unione che ci lega e ci fa dialogare. Ma il fine ultimo è il reciproco arricchimento basato essenzialmente sulla diversità delle singole posizioni, che restano ben distinte e, anzi, proprio nel confronto acquistano maggiore dignità si esaltano. Proprio questa dovrebbe essere, peraltro, la sostanza vera e concreta di termini spesso abusati quali dialogo e tolleranza. Le similitudini ci fanno incontrare, in pace, e le diversità, quando non producono distanza, ci arricchiscono reciprocamente. E che ci sia arricchimento, oggi, è indiscutibile. Lo garantisce l’autorevolezza di chi prenderà la parola dopo di me. Autorevolezza che, se mi consentite, è anche garanzia di verità. Nel 1901 Luigi Barzini, un grande giornalista e inviato di guerra, scriveva, in una lettera all’editore del Corriere della Sera: una riga di verità costa sempre molta più fatica di un volume di invenzioni. Ebbene quella che vogliamo scrivere oggi, con grande umiltà, è proprio quella riga di verità di cui parlava Barzini, a cominciare proprio da Damanhur: un fenomeno così profondo e complesso che, oggettivamente, non merita di essere liquidato – come qualcuno continua a fare nel nostro Paese - con valutazioni superficiali o, peggio ancora, con giudizi frutto di una assoluta ignoranza della realtà di cui si parla. Comunque, dicevamo, sono tutti autorevoli ma tutti profondamente diversi per studi, approccio alla vita e visione del mondo, i nostri relatori di oggi: Giovanni De Giorgio, medico chirurgo, studioso e autore di testi sull’Omeopatia, membro del Forum delle medicine non convenzio-
nali presso l’Ordine dei medici di Roma e, non ultimo, un caro amico; Eugenio Fizzotti, presidente dell’Associazione di Logoterapia ed Analisi Esistenziale Frankliana, docente di Deontologia professionale presso l’Università pontificia salesiana di Roma e, posso aggiungere con orgoglio, da qualche mese anche editorialista e firma del “Domani della Calabria”; Giuseppe Barbera, archeologo, scrittore, presidente dell’associazione culturale Pietas, profondo conoscitore della civiltà classica greca e romana; Silvio Palombo, damanhuriano che ci introdurrà nella scoperta di questa interessantissima realtà. E qui veniamo, quindi, al cuore del convegno di oggi. Scrittore, pubblicista, assessore alla Cultura di Vidracco, comune in provincia di Torino, Silvio Palombo è autore di un libro da poco dato alle stampe e di cui oggi abbiamo reso disponibili alcune copie in sala: “La mia Damanhur – La più grande comunità spirituale italiana raccontata da chi ci vive”. E’ una testimonianza viva e diretta di una realtà, di un fenomeno sociale, spirituale, artistico e culturale che merita grande attenzione. Cos’è Damanhur e perché noi oggi la leghiamo al Pitagorismo, alla ricerca di Dio ed alla visione medica omeopatica dell’uomo? Beh, alla domanda “cos’è Damanhur” risponderà sicuramente più approfonditamente e meglio di me Silvio Palombo. Ciò che posso raccontare brevemente è la mia personale esperienza e ciò che, poi, mi ha spinto a promuovere questa iniziativa di oggi. Ebbene, io ho conosciuto Damanhur, non raccogliendo qua e là vaghe notizie da fonti che lasciano spesso più di qualche dubbio sulla loro veridicità. E mi riferisco, in particolare, a qualche blog anonimo presente su internet che magari anche in questa circo-
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stanza ha contribuito a generare un po’ di confusione e persino qualche turbamento. Ho conosciuto Damanhur andando a Damanhur, da giornalista. Inizialmente, ne ho sentito parlare attraverso un interessante articolo del noto sociologo cattolico, filosofo e scrittore, Massimo Introvigne. Introvigne, sull’Avvenire (articolo citato anche nella locandina del convegno) ha sviluppato un collegamento tra Damanhur ed il film Avatar, tra i principi etici che hanno portato alla fondazione delle comunità spirituali che si sono insediate in Piemonte, per la precisione in Valchiusella, negli ultimi 35 anni e un colossal americano che proprio di recente ha fatto il giro del mondo. Un collegamento che fissa una ipotesi, e cioè che il regista di quel film si sia ispirato proprio a Damanhur nel dipingere il mondo extraterrestre di Pandora: un mondo ideale nel quale tutti gli esseri viventi vivono in splendida armonia. Incuriosito dallo scritto di Introvigne ho contattato l’ufficio stampa di Damanhur per chiedere di poter effettuare un reportage sul posto. Con grande cortesia e disponibilità la mia richiesta è stata soddisfatta nel giro di pochissimi giorni. E così ho potuto visitare, nel corso di due viaggi: Cuceglio, Vidracco, Baldissero Canavese, ovvero le realizzazioni concrete di Damanhur in quei luoghi: i grandi laboratori artistici, le moderne aziende agricole e zootecniche, i centri di studio dedicati alle energie rinnovabili, il poliambulatorio dove operano al servizio di tutto il territorio medici regolarmente iscritti all’ordine; e poi ancora le scuole, la libera università, le
attività sperimentali dedicate alla musica (e alla musica delle piante in modo particolare), i templi dell’umanità (questa straordinaria creazione artistica e spirituale, questo immenso pantheon ipogeo scavato nel cuore della roccia che merita assolutamente – credetemi - di essere visitato). Ho scoperto un territorio vivo, ricco di iniziative, straordinariamente aperto al dialogo ed al confronto culturale, che cerca di dare risposte all’umanità su più fronti: il rapporto con la madre terra, la ricerca di senso, l’equilibrio individuale e collettivo. Damanhur si è aperta di fronte a me e mi si è mostrata per quello che realmente è oggi: un fenomeno di rilevanza mondiale, non a caso premiato dalle Nazioni Unite come modello sociale alternativo, come eco-società sostenibile. Una realtà che collabora e dialoga attivamente sui temi dell’arte, della spiritualità, della medicina cosiddetta non convenzionale e del rispetto dell’ambiente con decine di università italiane e straniere. Insomma, una esperienza importante, serissima, che merita rispetto e attenzione. Damanhur indica delle strade, dei modelli di pensiero sicuramente originali, diversi dall’ordinario. Ma non è appunto per questo che potrebbero arricchirci e darci degli insegnamenti? In che termini? Partiamo subito dal concreto. In termini pratici generali innanzitutto. Non c’è bisogno di essere damanhuriani per sentire il campanello d’allarme che proviene da questa nostra società post-industriale e dal rapporto malato che celebra ogni giorno con la natura. Cito solo un esempio e sgombro subito il campo da eventuali equivoci: non sto parlando del 2012, del calendario Maya con an-
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nessi e connessi. Ma in verità non voglio parlare neanche di quello che è accaduto in Giappone, perché sarebbe fin troppo facile. Vorrei ricordare solo una vicenda: è passato un anno dal disastro a tutti ben noto della marea nera nel golfo del Messico. Quello, a mio, avviso è l’emblema della pericolosa china che stiamo prendendo. Ebbene, lì, nonostante lo spiegamento di uomini, mezzi e risorse messo in campo da una superpotenza mondiale come gli Stati Uniti, ci sono stati morti, feriti, cinque milioni di barili di greggio riversati in mare e danni per miliardi di dollari, oltre a un ecosistema marino e costiero completamente spazzato via. Ad un anno dal disastro le stime dei danni non sono ancora certe, così come il futuro di quelle acque ancora inquinate dall’enorme quantitativo di petrolio sfuggito dal pozzo. I soccorritori lamentano oggi patologie gravissime, e finanche alcuni giornalisti che hanno realizzato reportage sul posto. Una vicenda lontana? Ma quante piccole maree nere, ogni giorno, ci colpiscono magari anche a nostra insaputa? E ci vogliamo chiedere quali saranno gli effetti a lungo termine, sulla nostra catena alimentare, di questo e altri disastri del genere? Possiamo realmente pensare di poter continuare ad interagire così con l’ecosistema che ci circonda? Ma portiamo la praticità ancora più in basso. C’è anche un livello di insegnamento particolare che può venire da Damanhur proprio a noi calabresi. Perché qui stiamo parlando di una realtà rurale, molto simile al territorio del nostro depresso entroterra. Un territorio che lì invece è stato rivitalizzato da un punto di vista economico, occupazionale e tu-
ristico. E chissà che questo rapporto di simbiosi tra uomo e natura che lì ha generato una scossa positiva di energia possa essere la chiave per dare una identità nuova anche ai nostri borghi in via di abbandono. Infine c’è poi anche una dimensione culturale, forte, che a mio avviso ci lega a quella esperienza. Un legame che è racchiuso proprio nel tema del convegno. Damanhur, cioé, può essere letta come una reinterpretazione moderna delle antiche comunità pitagoriche che, secoli e secoli fa, animavano le poleis della nostra Magna Graecia? Può darsi. Noi questo legame lo abbiamo sentito. Anzi quasi vediamo di fronte a noi riapparire quegli antichi Pitagorici che ricercavano le cause e i principi primi, non disdegnando l’impegno politico per costruire un mondo nuovo di armonia e bellezza. Quegli antichi Pitagorici che studiavano la musica pensando di trovare le regole, le leggi dell’ordine cosmico nella perfezione dei rapporti numerici, degli accordi e delle melodie. La domanda che ci stiamo ponendo è: può un percorso filosofico realizzativo trasformarsi da progetto di crescita interiore in vero e proprio modello sociale, in comunità spirituale? Questa possibilità è ben rappresentata proprio dai Pitagorici. Furono loro gli iniziatori di quel tipo di vita che essi stessi chiamarono bìos teoretikòs, vita contemplativa. Una esistenza di purificazione, di sapere e conoscenza, tradotta in un una concreta dimensione pratica. L’epicentro di questa straordinaria esperienza fu l‘Italia meridionale dove, intorno al 530 a. C., l’insegnamento di Pitagora raggiunse il suo apogeo. Ma più che sulla vita e sulle vicende del maestro di Samo, è bene concentrarsi sulla sua Scuola, fondata a Crotone con grande successo. Una Scuola che non
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aveva come scopo ultimo la ricerca scientifica ma, soprattutto, la realizzazione di un determinato tipo di vita. La ricerca non era, dunque, il fine ma il mezzo: un mezzo di purificazione per raggiungere un fine superiore. “E poiché la conoscenza era un mezzo per il raggiungimento di un fine, essa era intesa come un “bene comune” cui tutti gli adepti attingevano e a cui tutti cercavano di dare incremento, insieme ricercando e indagando” (Giovanni Reale, Storia della filosofia greca e romana – Bompiani 2008). Fu proprio questo essere “bene comune” della conoscenza che comportò, come necessaria conseguenza, l’assoluta impersonalità dei singoli contributi, sempre genericamente attribuiti al Maestro (ipse dixit). La Scuola pitagorica nacque, dunque, come una vera e propria comunità spirituale, organizzata secondo precise regole di convivenza. Ma non bisogna commettere l’errore di immaginarla come una sorta di setta chiusa in se stessa. Al contrario, i Pitagorici furono parte attiva all’interno delle poleis della Magna Graecia, stimolando il dibattito tra i cittadini e apportando importanti influssi politici, oltre che un fondamentale messaggio di tipo mistico ed ascetico. I Pitagorici, dunque, rappresentarono un fenomeno straordinariamente nuovo nel panorama filosofico occidentale. Giovanni Reale spiega così l’essenza della loro Scuola: studiavano e lavoravano, per usare un termine moderno, in équipe; il loro nome era un programma, una sigla; infine, era un termine tecnico, indicante un dato orientamento mentale, una certa visione delle realtà. Una visione della realtà capace di coinvolgere uomini e donne, di patria e condizioni lontane tra loro.
Fu questa, pertanto, l’anima unica ed originale del Pitagorismo, quel particolare “quid” che portò la Scuola ad affermarsi su tutte le altre, rendendola una completa ed organizzata comunità spirituale. Uno dei concetti fondamentali del pensiero damanhuriano - che penso di avere intuito - è quello di “divinizzare la materia”. Che messaggio, che insegnamento può dare a chi damanhuriano non è questa filosofia di vita? A mio avviso un messaggio, importantissimo, può arrivare a tutti noi a prescindere dal fatto che si possa essere damanhuriani o no, laici o credenti, cristiani o pagani. Divinizzare la materia può voler dire per tutti noi rendere nobile la nostra vita quotidiana, operando giorno per giorno per entrare in sintonia con le forze naturali e con l’ecosistema che ci circonda. Interagendo con la natura, ma senza devastarla. Non è, forse, “pitagorica” una simile concezione? Non è “pitagorico” credere nell’essere umano come creatura complessa destinata alla consapevolezza? Credere nella vita come evento non casuale, come principio divino da risvegliare? Credere, alla fine, anche nel sogno di un mondo migliore, solidale, pulito, sano? Vi lascio a queste domande. E l’auspicio con il quale cedo la parola ai relatori è semplicemente quello che, a partire da oggi, si possa dare il via ad una lunga serie di eventi di alto valore culturale, proprio come questo incontro inaugurale. Anticipo che la prossima iniziativa già in programma dell’Accademia vuole coinvolgere le associazioni internazionali “Terres des hommes” e la “Scuola di Pace” sul tema dei conflitti dimenticati in Africa e sui diritti negati ai bambini del Terzo Mondo. Anche in questo caso ci sarà
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da discutere parecchio sulle storture insite nel tipo di società che abbiamo costruito e che stiamo lasciando in eredità (pesante eredità) alle future generazioni. Anche questo significa fare filosofia. E chiudo citando il motto associativo dell’Accademia di Platone che ripropone un aforisma da molti attribuito proprio al grande pensatore greco. La frase è: “Possiamo perdonare un bambino quando ha paura del buio. La vera tragedia della vita è quando un uomo ha paura della luce”. E noi qui, ovviamente, intendiamo dire che non possiamo e non dobbiamo mai rinunciare alla luce più alta e luminosa che possa esistere, quella della filosofia.
di Stambecco Pesco
Uno stambecco a ...
soverato L
’esperienza di un convegno non deve essere raccontata partendo dalla cordialità degli altri partecipanti, o dalla disponibilità
dell’organizzatore e men che meno dall’accoglienza che il cibo e il clima di Calabria hanno riservato al convegnista giunto sullo Ionio da Damanhur, Piemonte (Piemonte che è certamente terra bellissima ma, obiettivamente, meno – come dire? – espansiva di quella che mi ha ospitato all’inizio di luglio). Il valore di un convegno ruota intorno ai contenuti, eppure, mai come in questa occasione gli interessanti e stimolanti contenuti hanno avuto un cornice degna nel clima umano e ambientale della manifestazione... E nel parlare di “Da Platone a Damanhur”, 7 luglio a Soverato, la parola che maggiormente si propone alla mia attenzione è proprio “convegno”: nel senso che sono convenuti a Soverato, in una fresca sera estiva, persone, stati d’animo, culture, esperienze, capacità diverse, che hanno animato il confronto fra realtà complementari. Il convegno, organizzato dall’associazione Accademia di Platone, ha visto dapprima la presentazione da parte mia della realtà di Damanhur, la federazione di comunità in provincia di Torino che dal 1975 a oggi ha raccolto quasi mille persone dedite alla ricerca spirituale, con centri in tutta Italia e in molti Paesi stranieri, caratterizzata dalla ca-
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pacità di declinare un progetto di ricerca interiore in realtà lavorative, culturali, sociali, sanitarie e via dicendo. Hanno fatto seguito l’esperienza del ricercatore nell’ambito delle realtà neoreligiose, con Eugenio Fizzotti; il racconto dell’omeopatia come cura di sé che scaturisce da una visione filosofica della salute, con Giovanni De Giorgio; la ricerca di sintesi tra i grandi temi proposti dalla tradizione della Magna Grecia e le moderne esperienze di ricerca, con Francesco Pungitore; l’attualità dell’insegnamento di Pitagora e del Pitagorismo, con Giuseppe Barbera. Le diverse esperienze parlano l’una all’altra. Sarebbe vano, oggi, cercare artificiose, apparenti sovrapposizioni fra l’uno e l’altro mondo. Damanhur e il Pitagorismo, l’omeopatia e la cultura classica sono vicine nell’ispirazione, che porta tutte verso una ricerca di profonda dignità e profondo rispetto per l’essere umano; ma non sono automaticamente “uguali”… Ma proprio questo è il senso, proprio questo è il valore di un convegno: trovare i punti di contatto tra realtà vicine, confinanti, che non hanno necessità di riconoscersi identiche le une alle altre per parlarsi, ma che anzi traggono dalle piccole/grandi differenze nuova linfa, nuovi spunti per crescere. Naturalmente, questo è possibile quando si parlano lingue diverse, per dire cose simili; credo che sia stata la sensazione più forte in tutti, alla fine dei lavori: quella dell’esistenza di tanti mondi che usano parole ed esempi diversi per parlare di amore, di conoscenza, di rispetto, di umiltà, ovverosia della vita che vogliamo sognare e realizzare.
di Giovanni De Giorgio*
Un convegno ricco di pensiero: un volo omeopatico da Pitagora a Damanhur
H
o avuto il piacere di partecipare ad un convegno interessante, per
molti versi emozionante, che, dal mio punto di vista, ha rappre-
sentato un volo omeopatico da Pitagora a Damanhur. Oltre ad essere stato un volo omeopatico, il convegno ha rappresentato un volo spirituale, filosofico, scientifico, religioso, medico, psicologico, antropologico, sociologico ed ecologico. Un bel volo. “Da Pitagora a Damanhur” è stato l’intrigante titolo del convegno svoltosi lo scorso otto luglio nell’arcinota cittadina balneare di Soverato, in Calabria, dove tuttora si percepisce il clima culturale dell’antica Magna Graecia e dove i bagnanti, immergendosi nelle limpide ed emozionanti acque, possono cogliere l’opportunità di fantasticare a ritroso, nella storia, ripristinando i collegamenti spirituali con una terra gloriosa che sembra rispecchiarsi non soltanto nel celebre mare, ma anche nell’antica tradizione filosofica che segnò le tappe fondamentali della civiltà. Grecia e Magna Graecia, insomma, pare si siano incontrate nella sala convegni dell’Hotel Nocchiero, dove il costituendo circolo culturale “L’accademia di Platone” ha organizzato - sotto l’impulso volenteroso e intelligente generato da Francesco Pungitore - un convegno molto interessante, e, per molti versi, sperimentale; sperimentale per l’intreccio argomentativo, ma anche per la libertà di pensiero, la potente tensione dialettica, il senso di tolleranza culturale e la volontà di confronto costruttivo e sereno, nonostante la non convenzionalità di alcuni argomenti trattati. Non di rado, la non convenzionalità del pensiero mette un po’ in crisi e genera di-
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stanze. Ma questo non è avvenuto, lo scorso otto luglio, a Soverato. Il sottotitolo del convegno, dunque, è stato rispettato: “Similitudini filosofiche per un messaggio culturale di pace, dialogo e tolleranza: ecologia ambientale, mentale e corporale”. In questo contesto, ho avuto l’onore di intervenire con una relazione sull’omeopatia scientificamente approvabile, seria, metodologica, sistematica e anticiarlatanesca. Durante la mia relazione ho illustrato la visione omeopatica per la quale l’individuo viene osservato come “unità umana” e unità indivisibile: “individuo”, in latino, significa proprio “indivisibile”. Ho avuto modo di spiegare, durante il mio intervento, che l’individuo è indivisibile non soltanto nella bidimensionalità “mente-corpo”, ma anche nella tridimensionalità “ambiente-mente-corpo”. Nella brevità del tempo a disposizione per la mia dissertazione, spero si sia intuita l’importanza dell’ecologia ambientale, mentale e corporale, utile per lo sviluppo delle potenzialità presenti in ogni essere umano, il quale dovrebbe privilegiare la crescita della “struttura costituzionale” e non la crescita della “sovrastruttura costituzionale”. Privilegiare la “sovrastruttura”, invece della “struttura”, non mi sembra un bel lavoro! L’importanza di sviluppare le potenzialità umane è emersa anche durante gli interventi del professore Eugenio Fizzotti, studioso di fama internazionale, e di Silvio Palombo, assessore del comune di Vidracco. Palombo vive a Damanhur, nella più grande comunità spirituale laica italiana, comunità sociologicamente interessante, tant’è vero che, nel 2005, essa ha ricevuto un premio autorevolissimo: il Global Human Settlements Forum delle Nazioni Unite (ONU) ha conferito alla Federazione di Damanhur
un riconoscimento come modello di società sostenibile. Personalmente, ho appreso l’informazione riguardante questo prestigioso riconoscimento attraverso una mia ricerca in internet, e, in verità, questo riconoscimento mi ha fatto molto riflettere, così come mi ha fatto riflettere la relazione di Silvio Palombo. Questi, durante il convegno svoltosi a Soverato, ha illustrato la storia di Damanhur. Damanhur è una comunità spirituale situata vicino a Torino, nella Valchiusella. Dialogo e spiritualità, a Damanhur, vanno di conserva. E vanno di conserva, in verità, non soltanto a Damanhur, ma anche nei luoghi dove le relazioni umane vengono coltivate con intelligenza, sensibilità e responsabilità. Proprio sul tema della responsabilità, Eugenio Fizzotti, si è soffermato con insistenza, richiamandosi anche agli insegnamenti di Viktor Frankl, fondatore della logoterapia, (psicoterapia ad orientamento esistenziale). L’analisi esistenziale frankliana non è molto distante dall’analisi clinica omeopatica, sebbene i due approcci siano diversi, ma, per molti aspetti, caratterizzati da similitudini. Le similitudini filosofiche, del resto, hanno rappresentato il “motore” del convegno, durante il quale è emerso che le somiglianze sono utili non soltanto per intensificare il processo di attrazione emotiva ed intellettuale, ma anche per individuare e valorizzare le differenze che, se non creano distanze, si rivelano anch’esse importanti per la crescita individuale e collettiva. Questo concetto, elaborato brillantemente da Francesco Pungitore, credo che dovrebbe essere assimilato e messo in pratica nella vita di tutti i giorni affinché le relazioni umane possano agevolare lo sviluppo delle potenzialità individuali e collettive, purché l’individuo resti sem-
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pre “indivisibile”, unito e non “frantumato” energeticamente, psicologicamente, spiritualmente. Pitagora, la cui altezza sapienziale è stata evidenziata dall’archeologo Giuseppe Barbera, esprime certamente un pensiero antico dal quale, anche oggi, possiamo ricavare energie intellettuali utili per comprendere l’uomo nella sua unità e complessità. Tale complessità deve essere osservata e studiata senza innalzare steccati, coinvolgendo tutti i rami del sapere, promuovendo anche convegni “sperimentali” e di “avanguardia” - culturalmente apprezzabili - durante i quali fungono da catalizzatori sia il dialogo sia la tolleranza. Durante il convegno, svoltosi a Soverato lo scorso otto luglio, il dialogo e la tolleranza sono stati catalizzatori evidenti. Ciò è veramente molto bello. Dialogo e tolleranza, prima di tutto. Poi, ognuno è libero di pensarla come meglio crede. Democrazia di pensiero. Questo ho apprezzato del convegno durante il quale, per ovvi motivi, le eventuali opinioni diverse avrebbero potuto generare distanze abissali. Ma ciò non è avvenuto. È avvenuto, invece, che le storie diverse di ciascun relatore hanno consentito al pensiero di espandersi oltre i confini fissati rigidamente dalla convenzionalità culturale. Questa è la mia opinione. Del resto, quando le iniziative culturali vengono coordinate con serietà e responsabilità, esse meritano attenzione. Durante il convegno, notevole attenzione l’ha dimostrata anche il vicesindaco di Soverato, Salvatore Riccio. Grazie a tutti, quindi, e grazie pure al moderatore, il giornalista Antonio Capria, che ha coordinato con disinvolta professionalità. Un grazie, infine, alla platea, calorosa e attenta. Un grazie, senz’altro, a Francesco Pungitore, dottore in filosofia ed organizzatore motivato a conoscere,
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dialogare, pacificare e tollerare qualsiasi diversità, nonostante le similitudini filosofiche lo interessino appassionatamente. Per quanto mi riguarda, le similitudini filosofiche mi riportano al valore della legge della similitudine. La legge della similitudine evoca nel mio pensiero omeopatico la relazione umana, potenziata dalla forza della somiglianza, e quindi capace di valorizzare anche il senso della differenza, purché la differenza non generi distanza. Questo lo ha precisato limpidamente Francesco Pungitore. Pungitore è un buon pensatore. È pensatore, soprattutto, perché egli rispetta civilmente l’opinione di chiunque. E questo lo fa senza un minimo sforzo. * Medico chirurgo, studioso e autore di testi sull’omeopatia, iscritto al registro dell’omeopatia e al registro dell’agopuntura, componente del Forum delle medicine non convenzionali presso l’Ordine dei Medici di Roma.
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