Il sistema a rete retedelle delleCure Cure Palliative: aspetti organizzativi onostante gli innegabili progressi della medicina, sono sempre più numerosi i malati affetti da malattie croniche a prognosi infausta che affrontano la fase terminale della loro malattia, prima fra tutti il cancro, in cui tutti gli interventi finalizzati a modificarne il decorso sono inutili ed inappropriati, e caratterizzata da una progressiva perdita di autonomia, dal manifestarsi di sintomi fisici, primo tra tutti il dolore, psichici, sociali e spirituali che coinvolgono anche la famiglia e mettono in crisi la rete delle relazioni sociali ed economiche del malato e dei suoi cari. Fino a pochi anni fa, questi malati trascorrevano l’ultimo tratto della loro esistenza in un’ atmosfera di abbandono tra l’impotenza del medico curante e l’ inappropriatezza dell’ ospedale. Negli ultimi anni la società ha, finalmente, riconosciuto la peculiarità e la complessità dei bisogni del malato terminale e della sua famiglia. Ad essi ha infatti “dedicato” servizi e strutture che, pur diversi nei modelli, sono tutti ispirati ai principi delle Cure Palliative che mettono al centro delle scelte i bisogni della persona malata e della sua famiglia allo scopo di migliorare il più possibile la qualità di ogni istante della sua vita residua attraverso il sollievo della sofferenza in tutti suoi aspetti, fisici, psicologici, relazionali, sociali e spirituali e di dare conforto e sostegno alla famiglia. Si passa dal “to cure” (curare la malattia”) della Medicina Tecnologica al “to care” (prendersi cura del malato e della sua famiglia con la loro storia unica ed irripetibile) delle Cure Palliative. Il recupero dell’originario significato del curare, nel mentre restituisce al malato ed alla sua famiglia il diritto di “appartenenza”, getta il seme per una sanità più “umana”. La complessità e la multidimensionalità dei bisogni, rendono necessaria nei luoghi di assistenza la presenza di un’equipe interdisciplinare multiprofessionale, appositamente formata e costituita da medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, fisioterapisti, operatori socio-sanitari, assistenti spirituali, ausiliari, volontari. Ma dove questa filosofia assistenziale incrocia i bisogni dei malati e delle loro famiglie? I tre passaggi legislativi che hanno “fatto” le Cure Palliative in Italia sono rappresentati: a) dalla legge 39/99 di istituzione e di finanziamento degli hospice; b) dall’Accordo della Conferenza Unificata Stato-Regioni del 19/04/2001 che stabilisce che gli obiettivi assistenziali delle Cure Palliative devono essere realizzati attraverso un “sistema a rete di servizi”, rappresentati dall’ ambulatorio e dal day hospice; dall’assistenza domiciliare integrata (ADI) affidata alla responsabilità del MMG; dall’ospedalizzazione domiciliare (OD) affidata alla responsabilità di un’equipe ospedaliera e dall’hospice; c) dal D.P.C.M. del 29 novembre 2001 che stabilisce che le Cure Domiciliari e gli hospice entrano a far parte dei LEA, diventano quindi un obbligo delle regioni mentre i malati e le loro famiglie vedono riconosciuto il diritto inalienabile ad essere assistiti da servizi e da personale “dedicati”. Si stimano in 144.000 i malati oncologici che in Italia, ogni anno, affrontano la fase terminale della malattia. Ad essi vanno aggiunti i malati non oncologici (neurologici, cardiologici, gastroenterologici, respiratori, affetti da AIDS, ecc.,), stimati in numero pari al 50-100% dei malati oncologici, 72.000/144.000 circa. Dalle statistiche nazionali ed internazionali circa l’80% di questi malati sono assistibili a domicilio, il restante 20% necessita, invece, di ricovero in hospice per la complessità dei problemi clinici e/o per l’insufficienza socio-familiare. Attualmente, sia a livello nazionale che internazionale, l’attenzione delle Cure Palliative è rivolta principalmente ai malati terminali oncologici per i quali sono più studiati e quindi più definiti gli aspetti clinici, la prognosi e i bisogni. In Italia, attualmente, l’offerta dei servizi di Cure Palliative avviene con la tipica distribuzione a “macchia di leopardo”, dipendentemente dall’ attuazione delle varie legislazioni regionali e dalle diverse iniziative di volontariato. Essi sono di gran lunga più presenti al Nord ed al Centro che
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al Sud. Questa differenza è soprattutto forte per quanto attiene la realizzazione degli hospice, con regioni, come l’Abruzzo, in cui non è stato ancora attivato alcun hospice. Attualmente sull’intero territorio italiano sono stati attivati circa 160 hospice. A regime ne sono previsti circa 250 con circa 2.736 posti-letto. Inoltre, ci sono differenze tra regioni ed anche all’interno delle stesse regioni, per quanto riguarda le modalità organizzative di questi servizi. Nella nostra regione, con 320.000 abitanti, i malati assistibili/anno nell’ambito dei servizi di Cure Palliative sono circa 630. I malati assistibili a domicilio sono circa 500/anno mentre quelli che necessitano ricovero in hospice sono circa 130/anno. Se si considerano anche i malati non oncologici le cifre sopra citate potrebbero raddoppiare. Va dato merito alle istituzioni regionali dell’attenzione con cui hanno operato in questo ambito rispondendo con solerzia alle direttive nazionali sopra riportate. Infatti la regione Molise ha attivi sul suo territorio due servizi dedicati alle Cure Palliative, l’ODO (ospedalizzazione domiciliare oncologica) ed una struttura di ricovero l’hospice “Madre Teresa di Calcutta” con sede a Larino, con una disponibilità di 16 posti-letto capace di garantire l’ospitalità a oltre 250-275 malati/anno e quindi di coprire il fabbisogno dell’intera regione. L’ODO è attivo sin dal 2002 ed assiste circa 250-280 malati/anno, la metà circa degli assistibili. Al di là della soddisfazione dei cittadini per i quali il servizio rappresenta un riferimento che dà sicurezza e protezione in questi momenti di sofferenza, è d’obbligo rilevare criticità legate all’insufficienza del personale non tutto dedicato; alla discontinuità di intervento; alla scarsa integrazione con i servizi sociali; alla difficile integrazione con il MMG; alla mancanza di una politica di formazione del personale; all’assenza di dimissioni ospedaliere protette; al ricovero tardivo del paziente; allo scarso coinvolgimento del volontariato.; In questo momento storico, con la necessità di portare a compimento il difficile lavoro di riorganizzazione della sanità ospedaliera, diventa fondamentale potenziare i servizi territoriali e le indicazioni contenute nella DGR n. 556 del 30 maggio 2007 intitolata “Sistema di Cure Domiciliari”, modificata con DGR n. 366 dell’8 aprile 2008 e assorbite nel °PSR 2008/2010 sono orientate in questa direzione. L’hospice “Madre Teresa di Calcutta” è stata attivata nel gennaio del 2005. E’ dotata di sedici camere singole. Tutte sono fornite di impianto di climatizzazione, letto a tre snodi a comando elettrico con materassi antidecubito, telefono, bagno con doccia per disabili, televisore, frigobar, poltrona relax, poltrona letto o letto (solo in tre stanze) per l’accompagnatore. La camera diventa la casa del malato e della sua famiglia e può essere personalizzata. E’ prevista ospitalità gratuità per un familiare. L’hospice presenta anche ambienti comuni: soggiornosala da pranzo dove i pazienti possono intrattenersi o assumere i pasti con i propri familiari se le condizioni cliniche lo consentono; ampio ingresso, sala di attesa-zona di decompressione confortevolmente arredata; ampi corridoi arredati con quadri donati dai ragazzi del liceo artistico di Termoli. Ambienti di servizio sono la sala di fisioterapia, la tisaneria, la cappella, la sala riunioni e l’obitorio. L’equipe dell’hospice è formata da tre medici che sono impegnati anche in ODO e presso il D.H. di Oncologia dell’ospedale “G. Vietri”, da 11 infermeiri, da una fisioterapista, da una psicologa, dall’asistente sociale, da un assistente spirituale e da volontari. L’accesso in hospice segue un protocollo fatto di valutazioni che riguardano la correttezza dell’indicazione attraverso la visita del malato quando questi risieda nel territorio bassomolisano o un colloquio con il medico curante/specialista inviante negli altri casi, e il colloquio psico-sociale con i familiari per conoscere/conoscersi e stabilire sin da subito un’alleanza. La famiglia è uno strumento determinante per meglio curare il malato ma è essa stessa soggetto di cura. Possono richiedere il ricovero
sia il medico curante che lo specialista. Talvolta è il familiare che anticipa o stimola la richiesta da parte del medico. Ogni anno l’hospice ricovera circa 150 malati. Nell’analisi dei dati vengono fuori due criticità importanti: a) il ritardo con cui il malato viene inviato in hospice; b) la diseguale fruibilità della struttura tra le diverse aree della regione. Alla base di questa scelta c’è una barriera squisitamente culturale che riguarda il malato e la famiglia, in particolare quest’ultima, ma coinvolge anche i medici sia di famiglia che specialisti. Infatti, a distanza di cinque anni dall’attivazione dell’hospice nella nostra regione e a fronte di una comunicazione battente sulle tematiche di fine vita e sulle Cure Palliative, i medici fanno sempre la stessa fatica ad accettare i limiti della medicina “curativa” e ad inserire in “tempi precoci” i loro malati nel percorso assistenziale loro dedicato. Il più delle volte questi finiscono in ospedale dove non solo occupano inappropriatamente un posto letto per acuti, ma non ricevono, a differenza di quanto essi e i loro familiari credano, la cura migliore. Infatti, spesso, vengono trattati con modalità aggressive, più adatte ad un malato acuto, o, al contrario, abbandonati, senza un adeguato controllo del dolore e lontani da un’atmosfera di accoglienza comprensiva di sostegno psicologico per loro e la loro famiglia. E’ evidente che l’ospedale è chiamato ad altri compiti, e che da solo il medico curante non può occuparsi adeguatamente del malato inguaribile nella fase terminale della sua malattia e della sua famiglia! Penso che il medico per il suo naturale ruolo di “curante”abbia più di ogni altro il dovere, ma anche il privilegio di accelerare questo processo di cambiamento dei comportamenti e delle scelte. Nello stesso tempo ove questo non accadesse, egli sarebbe l’ostacolo maggiore all’affermazione del diritto del malato di affrontare con dignità la propria morte”. E’ vero anche che, non poche volte sono il malato e la famiglia che fanno resistenza al passaggio in hospice, visto come l’abbandono della speranza, mentre l’ospedale può ancora sostenerla. Quando il malato resta in ospedale, è doveroso da parte del medico assisterlo adottando i principi delle Cure Palliative. A questo proposito nella maggior parte degli ospedali inglesi questa è già pratica clinica. Questo progetto prende il nome di “Liverpool Care Pathway” perché partito da Liverpool ed ha l’obiettivo di preparare operatori sanitari che lavorano al di fuori dei servizi di Cure Palliative ad adottare criteri assistenziali propri di questi servizi per garantire ai malati morenti pari diritti. La diseguale fruizione della struttura da parte di malati provenienti da diverse aree della regione può essere attribuita a questa cultura anche se non si possono trascurare le caratteristiche geografiche e demografiche del nostro territorio. Tuttavia al di là di possibili interferenze geografiche nella fruizione dell’hospice, ci sono buoni motivi per ritenere che al momento, sulla base del fabbisogno in pl di hospice della regione Molise, come definito a livello ministeriale (D. M. del 22 febbraio 2007, n. 43), della capienza dell’hospice Madre Teresa di Calcutta, della “resistenza” dei malati e dei loro familiari a ricoverarsi in hospice, dell’attesa “messa a regime” dell’hospice Madre Teresa di Calcutta; dell’insufficienza attuale della rete di Cure Domiciliari, deve essere attentamente valutato il rischio che si moltiplichino strutture che poi non verranno utilizzate “a pieno regime”, mentre serve una politica che all’interno di un progetto complessivo di “Rete Regionale di Cure Palliative”, anche alla luce del DDL sulle Cure Palliative e sulla Terapia del Dolore, recentemente approvato alla Camera, implementi la Cultura delle Cure Palliative presso i medici e la popolazione generale, porti a regime l’hospice Madre Teresa di Calcutta, sviluppi la rete dei servizi di Cure Domiciliari allo scopo di garantire alla popolazione della nostra regione un’equilibrata disponibilità di servizi che sia rispettosa degli orientamenti ministeriali, della letteratura scientifica, della volontà del malato e della famiglia nonché dell’equilibrio economico e favorisca la piena integrazione di questa rete di servizi all’interno del più ampio sistema di offerta sanitario della nostra regione. A cura del dott. Carmine Antonio Travaglini