IL PRIMO GENNAIO 2012a

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Mensile a tiratura regionale Anno 8 - n. 1 gennaio 2012 20.000 copie - Distribuzione con La Gazzetta

Tonino Perna la caduta degli dei

Massimo Di Risio 1566 famiglie nelle sue mani

Maura Manocchio tra sfilate e avvocatura


s o mmari o In questo numero

Rubriche La voce del padrone di Ignazio Annunziata

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Piazza salotto di Adalberto Cufari

Autonomia Regionale

(Quasi) mezzo secolo di soddisfazioni

pag. 5

Controcanto di Sergio Genovese

pag. 6

Camera con vista di Antonio Campa

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pag. 7

Lino Santone

Un capoluogo senza figuranti

Campuascianeria di Arnaldo Brunale

pag. 8

Il Cerino di Pasquale Licursi

Allegato

pag. 9

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A proposito di Romagnoli

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Oscar e tapiro per Iorio e Di Bartolomeo

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50 volte Polisportiva Molise

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Alla scoperta delle Maitunate

che

eno r t l e u Q non va

Registrazione al Tribunale di Campobasso n°5/05 del 05/03/2005 DIRETTORE EDITORIALE

Gennaro Ventresca DIRETTORE RESPONSABILE

Angelo Santagostino A.I. COMMUNICATION SEDE LEGALE via Gorizia, 42 86100 Campobasso Tel. 0874.481034 - Fax 0874.494752

18 Come e

ravamo

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Maria Assunta Tullo

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Domenico Fratianni

Gli Apaches del Molise


di Gennaro Ventresca

L’Oscar del mese a Gabriele Melogli

E’ l’anno degli scongiuri i susseguono, in questa brutta stagione della vita amministrativa, troppe domande dai toni agramente moralistici. Tutti si fingono censori, per cercare di mettere in difficoltà gli eletti che, secondo la vulgata, porterebbero a casa troppi soldi. In barba al popolo bue, costretto a tirare la cinghia tutti i giorni, per fronteggiare gli aumenti che hanno colpito, nello spazio di un paio di settimane, 50 voci del nostro bilancio familiare. Siamo tutti d’accordo che la politica ci costi una cifra esagerata, triste retaggio del modo allegro di amministrare. Ma se si va più a fondo si vede che gli stipendi dei consiglieri e degli assessori sono risibili rispetto al fiume di danaro che si disperde di qua e di là. Immotivatamente. Prendete i compensi che vengono accreditati sui conti dei dirigenti regionali e gli incarichi che sono attribuiti al personale esterno, spesso, senza né l’urgenza e, tante volte, senza necessità. Fatevi dare notizie, inoltre, di quanto costi al contribuente la cattiva amministrazione, vero tessuto incancrenito della nostra vita pubblica. Sono troppi gli amministratori che fanno “melina”, girando e rigirando intorno a un problema, di viabilità, di lavoro, di istruzione, di cultura. Basterebbe agire con maggior rigore nel campo del lavoro per mettere al riparo decine di milioni di euro che invece vengono destinati, con spirito goliardico, ad aziende che già hanno avuto e che non si sono mai rialzate. E che quindi costano solo alla comunità. Che, suo malgrado, le sostiene senza essere minimamente d’accordo. Non mi piace fare il catastrofismo, ma la situazione è seria. Su tutti i fronti. Mi scrivono decine di giovani che hanno perduto il lavoro. Uno, aggiunge, che ha venduto i mobili per tornare a vivere con i genitori: troppo fitte e care le bollette, il fitto, la quota condominiale. Marcella non ha fatto in tempo a festeggiare l’arrivo di Giada, la sua splendida bambina che il compagno è stato posto in cassa integrazione, anticamera del licenziamento. Sono discordi i pareri sull’equità della manovra: ottimismi e pessimisti sono a confronto anche nel nostro Molise. Ove mi sembra che abbia centrato il bersaglio Luca che ha sfornato una battuta che strappa un sorriso, frammisto a tanta rabbia: faccio parte del partito degli ottimisti, per questo vedo il serbatoio…mezzo vuoto. Ci aspetta un lungo inverno e una gelida primavera. Ad oggi gli aumenti ci hanno solo spaventato. Stiamo appena cominciando a rendercene conto. E ben presto li toccheremo con mano. A giugno sarà più duro pagare la rata semestrale del mutuo, considerando che bisognerà mettere in conto anche il ritorno dell’Ici che anche se si chiama in un’altra maniera sappiamo benissimo di cosa si tratti. Leggo su Twitter un’altra battuta che non è niente male: “Sarà un anno così sobrio che dalla bandiera saranno tolti il rosso e il verde”. Mentre i principi ieratici dell’astrologia continuano a propinarci i loro oroscopi. Branko, che di nome fa Vito e viene da Capodistria, si schermisce e spiega che “Era scritto nelle stelle che l’euro non doveva nascere nel 2002”. Ci avessero creduto, probabilmente le cose sarebbero andate in un altro modo. Stando sempre alle parole di Branko, sessantasettenne con il ciuffo grigio e la cadenza slava “ci aspetta una piccola odissea. Che partirà il 3 febbraio 2012 e finirà soltanto nel gennaio del 2026”. Aggiungendo che in questa bagarre “Acquario, scorpione e capricorno sono i segni favoriti”. Non mi piace fare profezie, anche perché non ne ho le capacità. E respingo sdegnosamente quelle di Branko che continua a cinguettare ogni giorno in tv, facendo stare con il fiato sospeso tutti coloro che credono nelle stelle. A noi molisani serve pane e lavoro. Altro che astri. Un po’ all’italiana faccio anch’io qualche pronostico: coraggio, ce la faremo. Non possiamo buttare 65 anni nel mare. E, se permettete, fatemi fare anche qualche scongiuro.

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Il Tapiro del mese a Dante Di Dario

Sale e scende Dante Di Dario. Una volta in cielo, un’altra sulla terra. C’è stato un momento in cui l’ex patron di Arena aveva messo insieme oltre 14 aziende nel settore agroalimentare, partendo dalla Solagrital di Bojano. Poi lo stellone si è offuscato e lo scenario è mutato. Per mantenersi in rotta l’imprenditore venafrano ha deciso di darsi all’editoria. Mandando in edicola il quotidiano La Voce del Molise. Malgrado il “pacco dono” del sabato (quotidiano più il settimanale Oggi e Italia Oggi a solo 1,2 euro) le cose non sono andate bene. Così Di Dario ha ridimensionato i piani, trasformando il quotidiano in settimanale. Ma anche qui i costi e i ricavi lo hanno obbligato a bloccare la pubblicazione della rivista, pro Frattura e centrosinistra.

L’EDITORIALE

Non potrà ricandidarsi il sindaco di Isernia. Glielo impone la legge che vieta dopo due legislature di potersi riproporre all’elettorato per la terza volta. Un peccato. Stando al sondaggio promosso dal Sole 24 Ore, per stimare l’indice di gradimento dei sindaci, il primo cittadino di Isernia si conferma in piena salute, raggiungendo un lusinghiero settimo posto tra i sindaci d’Italia. Il 60 per cento dei suoi concittadini ha espresso un giudizio favorevole nei confronti di Gabriele Melogli. Il quale si cruccia di dover lasciare la poltrona, visto il recente attestato di stima. Va detto, solo per precisione, che rispetto al 2007, momento della sua elezione Melogli ha comunque perduto il 9,1 dei consensi.

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di Ignazio Annunziata

La voce del padrone

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ui c’è poco da scherzare. Perché quando un giornale chiude o, come nel caso che riportiamo, è in sofferenza, non fa piacere a nessuno. Tanto meno a chi nuota nel mare magno dell’editoria. Per questo la prima cosa che ci viene da dire è di unirci alle maestranze de La Voce che, attualmente, non se la passano certamente bene. Il periodico (per il momento) ha chiuso. Forse riaprirà, magari con un’altra formula, ma certamente con costi decisamente inferiori. Perché, per chi non lo sapesse, pubblicare un giornale, costa cifre esagerate. Che mal si adattano alla malinconica realtà molisana. La Voce nacque con pretese baldanzose. Si disse decisa a sbaragliare la concorrenza, sentendosi forte di un editore (Dante Di Dario) con le spalle larghe e il portafoglio gonfio, un direttore (Pasquale Di Bello) che aveva menato il can per l’aria nel dirigere Nuovo Molise di Ciarrapico, quindi sicuro di portarsi al seguito tutto il patrimonio di lettori di quel giornale che dopo aver sostenuto inizialmente Iorio gli si è si è schierato crudelmente contro. Inoltre, grazie alle buone firme, alcune collaudate e altre in via di formazione, La Voce ha pensato di poter asfaltare la concorrenza. Anche perché si era presentata in edicola come

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Editoria: il mondo alla rovescia una vera corazzata: il sabato con un euro e venti centesimi, dava una mazzetta di giornali: quotidiano, il settimanale Oggi che da solo si vende 2 euro e la copia del giornale economico Italia Oggi. Nonostante tanta grazia, sotto forma di costosi gadget cartacei le cose non sono andate così: Di Bello ha visto spegnersi tra le

mani il secondo quotidiano da lui diretto nello spazio di pochi mesi. Così l’editore ha pensato di ridimensionarsi, trasformando il foglio giornaliero in settimanale che dichiaratamente ha appoggiato Frattura e le liste che l’hanno sostenuto alle regionali.

Del declino della Voce si occupò anche la Gazzetta del Molise che, con sarcasmo (attraverso una riuscita vignetta), annunciò: Dal quotidiano al settimanale. A quando il mensile? Configurando esattamente il percorso opposto a quello che fa capo a chi firma questa nota che, partito con un mensile (Il Primo), passò al settimanale (7 giorni Molise), per arrivare al quotidiano (La Gazzetta del Molise). Per quel che riguarda Il Primo va ricordato che viene distribuito gratuitamente assieme alla Gazzetta, due regali al posto di uno. Succede qualche volta che il mondo vada alla rovescia. Anche in Molise.

La Voce del Molise dopo aver bloccato le pubblicazioni del quotidiano si è ripetuta anche con il settimanale


di Adalberto Cufari

Piazza salotto

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Quando non bastano le buone intenzioni

a crisi economica e la scia di polemiche che si trascina dietro, stanno alterando in profondità gli schemi abituali della politica nostrana fatta di esternazioni, puntualizzazioni, rimbecchi più o meno stizziti e qualunquistici tra le forze in contrapposizione. Per cui chi continua ad attardarsi su questi stilemi comportamentali sfiora il ridicolo. La situazione è molto seria. Il Paese non cresce, figurasi le piccole realtà che storicamente hanno vissuto essenzialmente di rimesse: dello Stato, dell’Europa, finanche degli emigranti. Dove l’industria non ha mosso un passo in assenza di contributi, sostegni e vantaggi pubblici, eppure vuole restare al centro del sistema. Dove lo sviluppo economico non ha nulla di autonomo, essendo figlio delle transizioni storiche (Cassa per il Mezzogiorno, Patto per il Sud eccetera) più o meno favorevoli e, quindi, incerto ed altalenante. Bene, in questo cambio di scenario in cui ciascun settore e ciascuna categoria sociale e ciascun cittadino sono chiamati a dare il proprio contributo, le linee programmatiche del presidente Iorio rese al consiglio regionale non hanno mancato di chiamare all’appello le coscienze e le responsabilità dei consiglieri regionali e dei rispettivi schieramenti. Un appello sorretto da situazioni contingenti, mosso da problemi pregressi e nuovi, da necessità da affrontare, da situazioni da dipanare. Un intervento, quello di Iorio, che non ha tralasciato nulla, andando ad analizzare settore per settore lo stato di fatto, le possibili evoluzioni posi-

tive, le consistenti difficoltà che si oppongono, la necessità che si faccia fronte comune, pur nella diversa spartizione dei ruoli, delle rappresentanze e delle responsabilità tra chi governa e chi è all’opposizione. Un discorso serio, meditato, sicuramente sofferto, che Iorio ha saputo e potuto dipanare essendo stato ed essendo il più altro riferimento politico e amministrativo da oltre 10 anni. Dinanzi ad una rappresentazione onesta, responsabile, oggettivamente incontestabile, la risposta interna alla maggioranza e dell’opposizione, purtroppo, è rimasta impantanata nello stagno limaccioso delle rivendicazioni “ad personam” (Niro e l’Udr, poi notevolmente riviste e ridimensionate), e dall’essere contro a prescindere dello schieramento di centrosinistra, nonostante ai vertici delle urgenze da affrontare da parte del governo regionale siano state collocate, una ad una, le situazioni di maggiore tensione: un nuovo statuto regionale che razionalizzi l’organizzazione amministrativa e riformi l’architettura istituzionale regionale e riduca significativamente i costi della politica, il sottobosco dei cadreghini e sfoltisca la pletora dei clientes; il bisturi da affondare nel bubbone della sanità (pubblica e privata) per eliminare gli sprechi e rilanciare la qualità del servizio; il completamento della rete infrastrutturale a supporto delle vocazioni territoriali (d’accordo sul punto anche il leader dell’opposi-

zione Frattura: “…bisogna intervenire attingendo da fonti diverse e agevolando la partecipazione di capitali privati, usando la leva fiscale”); un nuovo meccanismo produttivo alleggerito della partecipazione del capitale pubblico in grado, quindi, di alimentarsi e di competere sul mercato creando occupazione; un’agricoltura che esca finalmente da una condizione di sussistenza e punti decisamente sui prodotti di nicchia e di accertata qualità capaci di stare sul mercato su posizioni competitive; un processo di sviluppo turistico che riassuma il grande patrimonio storico, architettonico, archeologico e di cultura e riporti l’impronta sannita ai livelli storico-scientifici che merita, sono i punti cardine della nuova proposta regionale. Un documento di questa fatta avrebbe dovuto raccogliere attenzione e critiche di tutt’altra qualità che non quella che ha raccolte e una attenzione molto più concreta dei cittadini. Ma si sa, le idee camminano sulle gambe degli uomini. E i vecchi e i nuovi membri dell’assemblea regionale sono notoriamente “claudicanti”. Il timore di dover affrontare il presente e il futuro prossimo venturo con questa compagnia invita seriamente i benpensanti a predisporsi al peggio. Loro, gli amministratori regionali, intanto, si predispongono ad assicurarsi il pane per oggi e per domani.

La relazione programmatica del presidente Iorio ha dato avvio a un cambio di scenario nella politica regionale, ma quanta fatica La risposta interna alla maggioranza e dell’opposizione purtroppo è rimasta impantanata nello stagno limaccioso delle rivendicazioni “ad personam” e dall’essere contro a prescindere

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di Sergio Genovese

Controcanto

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L’anno che verrà

opo aver smaltito torroni e panettoni e sottratto le nostre orecchie al deprecabile uso di botti e tric e trac, con l’arrivo dell’anno nuovo siamo tutti obbligati a sperare in meglio e a guardare il futuro utilizzando visioni dense di cielo azzurro. Dicono gli strizzacervelli che vedere sempre il bicchiere mezzo pieno fa bene alla salute. L’ottimismo terapeutico però non deve indurci a disconoscere le verità altrimenti rafforzeremmo speranze virtuali che produrrebbero più danni della visione pessimistica del bicchiere mezzo vuoto. La nostra regione è in ginocchio anche se i comandanti del vapore tentano di affievolirne la drammaticità. Vorrei solo segnalare che nell’esercizio della mia funzione lavorativa ho dovuto constatare che gli studenti delle classi terminali hanno rinunciato al viaggio di istruzione all’estero per mancanza di soldi (parliamo di trecentocinquanta euro circa). Hanno dovuto privarsi di uno dei momenti più suggestivi della loro carriera di studenti per le difficoltà che vivono le famiglie. In assoluto è la prima volta che mi capita dopo trentasei anni di servizio. Penso che questo esempio sia la incontestabile fotografia delle gravi difficoltà che si vivono e non c’è da aggiungere altro. Sin qui niente di nuovo. Di vecchio c’è da registrare che la classe politica, facendo squillare le trombe, ha annunciato un deciso arretramento rispetto ai privilegi del passato. In effetti, invece, cincischia, recita a copione ma

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non ha intuito che gli spettatori finalmente capiscono tutto. La cosa che provoca stupore è il protrarsi di comportamenti che non incantano più o condizionano (per opportunismo) solo coloro che sono in lista di attesa per ottenere favori personali. L’Assessore Vitagliano ha comunicato alla gente del Molise che tutte le Eminenze Grigie di Palazzo Moffa (Assessori e Consiglieri) hanno deciso di dare l’esempio. Gli stipendi subiranno una decurtazione del dieci per cento e le auto blu saranno usate con il contagocce. Ma è uno scherzo o siamo desti? E’ tutto qua il sacrificio? L’Assessore ci dica a quanto ammonta il suo stipendio con tutte le voci e quanto incasserebbe in busta con la “generosissima” decisione del taglio citato. Tutti dovranno rendersi conto – de visu - di quanto dovrà retrocedere il suo tenore di vita e dei suoi compagni di ventura e confrontarlo con il proprio. Coinvolgo nella richiesta anche il Presidente del Consiglio Mario Pietracupa che sembra aver preso a cuore il problema. Non è la mia una overdose di populismo a basso costo. Comprendo che nelle società civili esistono le scale sociali da non confondere con l’arbitrio senza pudore e i privilegi per pochi. Al cospetto delle telecamere l’ingegnere ha spiegato ai molisani, con baldanza e sicurezza, che i passeggeri delle (vecchie) auto blu hanno capito il momento e si sono adeguati. Se per ipotesi una persona guadagna dieci mila euro al mese e poi ne becca nove-

mila e cinquecento, che sussulti avrà la sua esistenza? Dove si rintraccia la compenetrazione ai gravi problemi delle comunità? Si attendono risposte. Le ascolterà la gente senza tappi nelle orecchie e senza l’anello al naso. In cambio tutti siamo pronti a dichiarare i nostri stipendi per far meglio comprendere quale è lo stato delle persone che viaggiano con le proprie auto e fanno il mutuo per comprare la casa di novanta metri quadrati e nella vita hanno superato prove che non sono neanche paragonabili alle campagne elettorali. Dunque diventa difficile sperare in un duemila e dodici diverso. Andando al di là dell’argomento trattato, dovendo proprio lanciare un auspicio, almeno mi piacerebbe che camminassero nella penombra pezzi importanti del nostro vivere quotidiano. Procedere a luci un po’ più deboli è diventata materia per pochi. Sembra che certi riconoscimenti, senza i fari della ribalta, non posseggano il suggello giusto per essere vincenti. Alcune conferenze stampa in meno per qualche Procuratore della Repubblica e per Sua Eccellenza Mons. Bregantini non guasterebbero. Servirebbero, per umile parere, a conquistare più consensi e meno critiche. Buon Anno a tutti e un piccolo suggerimento: ”Ognuno ascolti se stesso per capire se il bicchiere si inclina verso il bello o verso il peggio.” In fondo la migliore terapia è vedere con gli occhi giusti la verità per mettere in pace la coscienza. Alla fine è sempre questo che conta.


di Antonio Campa

Camera con vista

Il prezzo della vita U

(dopo i settant’anni)

n’anziana ma arzilla signora di 78 anni di Campobasso, mentre sta tornando verso casa dopo aver fatto la spesa, viene investita alle spalle da un pischello neo patentato il quale, invece di fare più attenzione alla strada ostruita da un’auto che sostava in doppia fila, scruta gli occhi dolci della ragazzina al suo fianco. La donna chiede ai passanti che la soccorrono di chiamare il figlio che abita a due passi, il quale la porta di corsa in Ospedale. Diagnosi: frattura scomposta spiroide della tibia sinistra e frattura scomposta del perone; tradotto, l’auto l’ha presa alle spalle, le ha fatto girare la gamba sinistra, che ha agito da perno, spezzandosi nella rotazione a spirale. I genitori del pischello corrono al capezzale della signora che si commuove e pertanto, subito dopo, spiegando all’infermiera del Pronto Soccorso la dinamica dell’accaduto, si limita ad un vago “Ho avuto un incidente”, togliendo così dai guai il ragazzo, che aveva più o meno l’età del nipote. La frattura è esposta e complicata, il primario per prudenza non opera e applica un fissatore esterno, una specie di gabbia con lunghi chiodi che fissano le ossa rimesse in linea e destinate a incallirsi con la ricalcificazione. Dopo otto mesi arriva la guarigione e pure il tempo del risarcimento. Comincia a questo punto la manfrina dell’assicurazione, complice anche la sfacciataggine del pischello il quale, nella denuncia, aveva dichiarato “La signora mi è sbucata all’improvviso di fronte”. Non essendo intervenuti 118 e carabinieri, senza testimoni, la compagnia con argomentazioni invero pretestuose ciurla nel manico, fino alla visita peritale, fissata dopo ulteriori quattro mesi dalla certificazione di guarigione clinica. E qui, arriva la sorpresa. La signora scopre che, a causa della sua età, l’indennizzo sia pure legittimo, riconosciuto e – per carità - dovuto, sarà dimezzato, perché in base alla normativa vigente, il risarcimento danni si riduce della metà per chi ha compiuto 70 anni. La storia vera e vissuta pone due ri-

flessioni. La prima, riguarda il cinismo etico delle compagnie assicuratrici, che con gli anziani hanno buon gioco; si tratta, infatti, di pensionati e come tali per lo più a reddito non elevato, inoltre con pochi anni di futura prospettiva di vita. Da ciò, atteggiamenti dispotici del tipo “prendere o lasciare”. La signora, alla quale non sono state riconosciute neanche le spese vive documentate, ha accettato con rassegnata saggezza la proposta di risarcimento, settemila euro con specifica che la somma era comprensiva di mille euro di parcella per il legale di fiducia, osservando: “Vado per gli ottanta, facendo causa finirei solo per spendere soldi, col rischio di morire prima che arrivi la sentenza. Mi contento di stare bene, grazie a Dio”. La seconda, più inquietante, riguarda la possibilità che per legge si stabilisca il valore, in questo caso il prezzo della vita. Dopo i settant’anni, la norma sui risarcimenti prevede che valga la metà. A sessantanove anni e trecentosessantaquattro giorni, la vita vale il doppio, rispetto a due giorni dopo. Proprio vero, bisogna avere fortuna anche nella disgrazia. Se è opportuna e comprensibile una gradualità d’indennizzo

basata su età e altri parametri, certo è inaccettabile un limite netto di dimezzamento fissato per legge, in questo caso ai settant’anni. Un concetto pericoloso e inquietante, molto simile a quello che regola l’aborto: fino a tre mesi il feto è per legge una sorta di massa organica e nulla più, il cuoricino che batte solo un refuso ecografico. Il giorno dopo diventa un micro uomo. Immaginiamo con terrore e sgomento le conseguenze sociali e morali di tali presupposti concettuali se, invece di essere limitati a poche situazioni, in futuro si espandessero, entrando pian piano a far parte della “normalità” quotidiana, come già sta succedendo, complice l’assuefazione al degrado morale, senza che esso susciti in noi doverosi quanto opportuni slanci di coscienza, capaci di fare muro di fronte al censurabile andazzo. Potrebbe accadere, ad esempio, che in un’aula di tribunale, per l’omicidio di una donna di 80 anni, il difensore chieda una pena sensibilmente ridotta per l’assassino, in virtù dell’età della vittima. Fantasia? Purtroppo, come già ricordato, nel campo delle aberrazioni etiche essa è stata più volte superata dalla realtà. * Articolo pubblicato su “Il Foglio” on line

E’ giusto delineare per legge, sia pure per un risarcimento, una linea netta aldilà della quale la vita vale la metà? E’ giusto perseverare nell’ipocrisia di valutare il principio della vita solo quando il feto compie tre mesi? Bisogna riflettere su normative che seppure ispirate da esigenze sociali, rischiano tuttavia di abbattere il confine etico tra civiltà e barbarie.

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di Arnaldo Brunale

Campuascianeria

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La festa di Sant’Antonio Abate

n motto campobassano recita: “A’la Béfania tutte le feste vanne via” (Alla Befana tutte le feste terminano). Un altro saggio, invece, riferendosi a Sant’Antonio abate, dice: “Sant’Antūone ré Iénnāre, tutte le feste arrécumenzame” (Sant’Antonio di Gennaio, tutte le feste ricominciamo). Non a caso questa è la ricorrenza che prelude al Carnevale. Riferendosi, nello specifico, alla solennità di Sant’Antonio abate, bisogna dire che essa è una delle feste più avvertite dai campobassani tanto che, a giusta ragione, può essere annoverata fra le grandi celebrazioni del nostro capoluogo, seconda, per importanza, solo al Corpus Domini. Molto ci sarebbe da dire sull’apologia del santo nativo di Eracleopoli d’Egitto, sul significato apotropaico del fuoco che viene acceso nel giorno del suo festeggiamento, sul perché è considerato il protettore degli animali, dei fornai, dei pastori, dei contadini, degli ustionati ecc., sui motivi che lo considerano propiziatore dei solenni riti a lui dedicati dall’antica civiltà contadina, in segno di fertilità, di fecondità, di ringraziamento e sul perché viene invocato per gli incendi, per le ustioni e per le malattie dell’uomo come l’Herpes Zoster (fuoche ‘è sant’Antonie), ma questi sono argomenti che richiederebbero una lunga trattazione che esulerebbe dallo scopo precipuo di questo breve articolo. Il 17 Gennaio, giorno in cui si onora questo santo eremita, è la prima vera festa del calendario legato al mondo contadino, degli allevatori e dei pastori. Essa viene subito dopo le festività natalizie, immediatamente prima del periodo carnascialesco. A Campobasso, questa festa ha perso buona parte dei suoi riti devozionali, delle usanze e delle tradizioni più rappresentative con il trascorrere degli anni, pur avendo conservato inalterato il suo significato liturgico. Ad esempio non si ha più traccia della corsa dei quadrupedi che, partendo dal sagrato della chiesa al santo dedicata, percorrendo via Monforte (campérelle), terminava in via Trento all’altezza dove ora è allocato il Museo dei Misteri. Non si fa più la sfilata dei cavalli, intorno alla chiesa, le cui criniere intrecciate erano arricchite con piume e nastri multicolori, né si fa la benedizione dei soli cavalli, dei buoi, degli animali da soma e da stalla (oggi si portano a benedire soprattutto animali domestici e non da lavoro). Sono state abbandonate anche la benedizione e la distribuzione delle fruscelle di Sant’Antonio, una specie di pagnotta di pane, a forma di stella, infarcita con i ciccioli di maiale (cìcule), la vestizione dei bambini (munaciélle) e dei malati adulti con sai che indossavano fino alla guarigione e la bruciatura degli stessi abiti sul falò a risanamento avvenuto. Per evidenti ragioni logistiche non si vede più nemmeno il maialino (puōrche ‘é sant’Antonie), lasciato libero di girare tutto l’anno per le contrade, con appeso al collo un campanellino o con l’orecchio sinistro tagliato per far intendere alla gente che si trattava di un animale consacrato al santo da ammazzarsi nel giorno della sua festività. Solo le famiglie più devote preparano ancora la lessata, una specie di ribollita toscana, a base di fave (fafe), ceci (cīce) e fagioli (fasciuōle) e non so se, durante la cottura, intonano ancora una specie di invocazione devozionale al santo: “Antuōne, Antuōne, Antuōne….”. Dunque, molte usanze sono scomparse, ma una cosa è certa, il 17 Gennaio è ancora una festa molto importante per l’intera comunità campobassana. Essa si tiene nel popolare quartiere di sant’Antonio (sant’Antuōne), che prende il nome dall’omonima chiesa, in stile barocco, edificata nel 1572. Provvede a

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mantenerla viva la tribù di zingari che, da alcuni decenni, popola la zona compresa tra la porta Sant’Antonio e la Fontana Vecchia (Funtanavecchia). Fin dalle prime ore del mattino gli zingari e altra gente del posto provvedono ad accatastare la legna per la pira da bruciare sul sagrato della chiesa. L’Amministrazione civica, nel rispetto di una inveterata tradizione devozionale, contribuisce alla creazione della catasta con un grosso tronco d’albero, mentre anche i fornai, i contadini ed altre categorie artigiane partecipano con piccoli donativi di legna. Subito dopo le celebrazioni liturgiche, viene benedetta la legna ed acceso il falò che sarà alimentato fino a notte fonda. In questa giornata festiva il campobassano (u campuāsciane) rispetta la tradizione del pranzo rituale con cavatelli (cavatiélle), conditi con abbondanti spolverate di pepe sminuzzato nel mortaio (murtāre), con cacio di pecora (furmagge ‘é pècura) e con sugo a base di polpa di carne di maiale (carne ‘é puōrche), di salsiccia (sauciccia), di ventresca (vrucculāre) e di costine di maiale (tracchiulelle). Naturalmente, sulla tavola non mancano mai le fave bollite (fafe lesse), fragranti boccali di vino rosso, con particolare attenzione alla tintilia (téntiglia). Una volta, questo pranzo rituale era osservato da tutte le famiglie campobassane, eccetto quelle dimoranti nel quartiere di san Paolo (santépaulane), “nemici invisi” degli abitanti del quartiere di sant’Antonio abate (santantunāre). Le famiglie più povere che, in passato non potevano permettersi il pranzo rituale classico, onoravano il santo allestendo un pasto più semplice con bucatini bagnati con sugna di maiale sciolta (‘nzogna), conditi da abbondante pepe tritato misto al cacio di pecora (bucatine unte e pepe), con involtini di cotenne (cotéca) e cotennini (cutéchine), con vino di casa e con le immancabili fave cotte e i ceci abbrustoliti (cīce schiāte). Era un pranzo meno nobile, comunque allestito nel rispetto del santo, per la presenza del maiale fra i suoi componenti. In quasi tutte le famiglie il pranzo si protraeva fino a tarda notte, tra balli, suoni di organetti (ddubbòtte), chitarre e bufù, in attesa dell’entrata del Carnevale.


di Pasquale Licursi

Il cerino

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Quando la Befana è ripartita con la sua scopa a metano

uando parlo del Molise mi riesce difficile iniziare. Anche finire ma quella è un’altra storia. Io vivo in un occhio di terra che chiamare terra è astratto. Prova ad andare da Santa Croce di Magliano a Termoli e trovi collina spelacchiata, sventrata nel cuore, alberi piegati, e case coi cani davanti che abbaiano di fame. Gallerie anche e oleandri portati dal vento. Bella nella sua povertà. Poi, da qualche anno, pali eolici e turbo gas, chimica e Fiat, puzza di latrina che sembra metropolitana americana. La politica fatta materia. Qui, però, la Beat Generation non è passata e Ferlinghetti non sapeva che esistesse il Molise, figurarsi Rotello o Montelongo. Ma si sta bene, dicono. Nel senso che si respira aria purissima, si mangia da Dio e si beve che neanche Bukowkskj potrebbe vivere più di una settimana. C’è un malessere, ma poco intellettuale. Tutta superficie. Si legge poco e non si ha nostalgia per le biblioteche di una volta, quelle della scuola elementare dove il maestro coi baffi prendeva i libri e li sfogliava insieme a te. Un cinema neanche a parlarne, appena un campo di calcio dove il sintetico ha pulito pietre e fango e si gioca solo su richiesta. Anche il calcio è macchina perfettamente organizzata e gli spazi per vivere sono finiti. I bambini smettono di sognare il sette di gennaio, quando la Befana è ripartita sulla sua scopa a metano. I ragazzi sognano Barcellona ma non conoscono la campagna che li circonda, come non conoscono il vicino di pianerottolo che passa in fretta e scappa con la sigaretta accesa. Un condominio di Milano, in orizzontale. E i politici dicono che non sanno cosa fare, i finanziamenti latitano e bisogna affidarsi al fotovoltaico e all’eolico per risolvere i problemi. Ma il problema sono loro e questo andrebbe risolto. La Politica è come se fosse organizzata intorno a un individuo, senza progetti veri. L’unico progetto vero è quello di evitare la vita e scalare senza problemi la posizione. Si arriva prima e con poco impegno. Qui non è che Cristo si è fermato ma c’è proprio stato.

Ma anche lui ha alzato le mani e ha lasciato tutto come prima. Ma qui, tra Basso Molise e Puglia la possibilità di sognare aumenta. Quando non c’è proprio niente il sogno riesce meglio, ma resta tale e per sempre. Tu esci e sai precisamente dove andare : al Bar. Lì si consumano delitti verbali formidabili. Si parla di tutto e quindi di niente. E non è come nel Rinascimento che il tutto era pieno, bello e gioioso. Qui il tutto è vuoto. E vai al cenone di capodanno non tanto per divertirti ma perché non hai altro da fare. Questa zona è bella perché ha strade irregolari e ne abbiamo viste di tutto. Terremoti, frane, smottamenti, allagamenti. Alluvioni, anche. E neve. Quella non manca mai. Ma una neve senza poesia. Sporca a volte e ghiaccio che ora infastidisce le signore sul corso che non possono viaggiare coi loro cappotti nuovi e fresche di parrucchiera. È bello vivere qui e te ne stai a casa a vederti Piero Angela che parla dei romani. Così ti sembra di stare nella Storia e viverla davvero. La puoi raccontare almeno. C’è una pista ciclabile unica al mondo. E non esagero. Tutto ci passa all’infuori delle biciclette. Ci parcheggiano le auto in inverno e in estate le coppiette fanno su e giù dopo la cena. Per digerire e fare progetti. E c’è un bel panorama. Il tempo è lento a passare e spesso affondi il passo verso la parte alta del paese per vedere il mare e le Tremiti se non c’è foschia. È quello che si dice un paese tranquillo, ordinato, pulito. Per chi vive qui è il cosmo. Cioè il suo mondo. Senza saperlo i residenti sono filosofi veri, di quelli che teorizzano il pensiero attraverso il discorso. Estetica, direbbe qualcuno. La percezione delle cose qui è concreta. Nel senso che le percepiscono

senza possederle. Un po’ come desiderare qualcosa e possederla davvero. Non è uguale. Mi piace pensare che “cosmo” rappresenti un concetto di ordine e armonico insieme. Per questo, credo, cosmetica attribuito al genere umano rappresenti appunto l’ordine e l’armonia della persona, del suo corpo. Ma è una caratteristica del tutto femminile e gli uomini sono esclusi in qualche modo. Qui gli uomini pensano al massimo al proprio giardino di casa e neanche tanto ordinato. Cosa glie ne può fregare del cosmo in senso lato? Siamo particolari, ecco. Unici in qualche modo. Mi piace anche pensare che gli abitanti di qua siano incontaminati. Vale a dire puri, come bimbi appena nati. Ma ho delle riserve a proposito. Trovo che anche qui la globalizzazione abbia prodotto danni irreparabili. Ma loro non lo sanno. Ed è come se non esistessero. È come se una notizia tragica non la dai in televisione. Non esiste. Evviva il basso molise.

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AUTONOMIA REGIONALE 10

La nostra regione ha appena festeggiato l’autonomia raggiunta dopo lo scisma con l’Abruzzo

(Quasi) mezzo secolo di soddisfazioni La nostra rinascita è partita 48 anni fa, con il boom dei posti di lavoro, dell’Università e del miglioramento dei collegamenti, anche se ora ci aspetta l’ennesima sfida

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n alcuni libri di geografia del passato c’è rimasto il capitolo dedicato all’Abruzzo e Molise. Le regioni confinanti, circa mezzo secolo fa andavano ancora a braccetto. Poi ci fu la riscossa dei nostri parlamentari. E la conseguente scissione. Ricordo che per l’occasione festeggiammo come quella volta in cui Tardelli ci fece impazzire con il suo gol che la tv ci avrebbe rimandato infinite volte. Noi studenti delle superiori non perdemmo tempo per spingerci in piazza a fare baldoria. Tanto per cambiare non si fece scuola quando arrivò la notizia. Per la verità la bella novità giunse di pomeriggio, ma la contentezza venne estesa al giorno dopo. Ci spiegarono e non ci spiegarono cosa fosse successo. Fatto sta che capimmo lo stesso di aver conquistato qualcosa di importante. Vale a dire l’autonomia regionale. Il Molise non sarebbe stato più il parente povero del più agiato Abruzzo, ma da quel momento avrebbe potuto camminare da solo. Senza più l’aiuto delle stampelle. Le Regioni, intese come ordinamento politico, ancora non c’erano. Ma sarebbero arrivate di lì a poco. E per noi molisani sarebbe stata una autentica cuccagna. Perché l’agiatezza iniziammo a raggiungerla con l’istituzione della XX Regione. Sia pur la più piccola, ma pur sempre regione restava. Fummo beneficiati dalla crescita esponenziale dei favolosi anni 60 che furono seguiti da altri anni benefici, come i 70 e gli 80. Anche gli altri, sino al 2000,

non sarebbero andati male. Peccato poi per lo stop, la crisi, le facce corrucciate i musi lunghi. E’ toccato a Iorio, il principe della politica regionale, ricordare il cammino fatto dalla nostra gente in 48 anni di autonomia. Grazie alla quale il flusso migratorio si è pressoché bloccato e anche i comuni più piccini hanno ripreso a vivere. Strade più snelle e scorrevoli, fabbriche, uffici e mille altre opportunità hanno portato benessere nella nostra terra. Facendoci dimenticare il magro passato in cui i nostri nonni furono costretti a prepararsi la valigia legata con lo spago per cercare fuori dai confini nazionali un pizzico di fortuna e di dignità.


Ho incontrato durante un mio viaggio di lavoro giornalistico in Canada migliaia di molisani che vivono in quel meraviglioso Paese. Dove fa un gran freddo, ma che offre anche opportunità di guadagnare e di vivere dignitosamente nelle piccole casette foderate di legno, con la piscina situata in giardino. Ricordo la storia infinita di un concittadino di Ielsi, il quale mi fu presentato da Norberto Lombardi. Aveva trovato terreno fertile per star bene e offrire decoro e soddisfazioni ai suoi familiari. Eppure non esitò a raccontarmi la sua storia. Nata proprio a Ielsi, tanti anni prima. Fu costretto a vendersi anche la camera da letto per mettere insieme i soldi per il biglietto per Montreal. La sua fu una scelta felice, anche se tanto sofferta. E nel ripercorrerla con il suo racconto non potè fare a meno di trattenere qualche lacrima. I molisani prima dell’autonomia sono dovuti partire a frotte. Poi l’esodo s’è bloccato. Anche i giovani non sono stati obbligati a prepararsi il bagaglio per andare a studiare fuori regione. L’Università del Molise ha offerto loro a poco prezzo l’opportunità di acculturarsi e di conseguire una laurea. Che, d’accordo, non è tutto, ma è pur qualcosa che ti aiuta a star meglio e ti consente di metterti sullo stesso piano di tanti “professori”. (ge.ve.)

La nota

Viabilità

Forse ci siamo Di autostrada e Fondovalle del Rivolo si è parlato appena finito l’effetto delle bollicine natalizie. La nota dolente della nostra regione, al pari del lavoro, resta la viabilità. Da decenni sentiamo ripetere da politici, tecnici e gente comune che il problema principale del Molise è quello delle sue vie di comunicazione. Ci si espone attraverso la dialettica per illustrare progetti quasi sempre fuori dalla nostra portata. Continuando a parlare al futuro. Anche se, a ricordare come stanno i fatti, di progressi ne sono stati fatti nella nostra regione. Ma al di sotto delle aspettative. Iorio da quando s’è insediato al governo del Molise ha predicato a favore dell’autostrada. Strappando consensi e risolini di scherno al tempo stesso. Mentre cortigiani e penne compiacenti hanno sostenuto le sue tesi, la minoranza appuntita gli ha fatto sempre le pulci. Poco prima delle elezioni il governatore ha incassato una rilevante dazione di danaro dal Cipe, per rilanciare il nostro territorio. Ma l’opposizione lo ha fatto passare per un venditore di fumo elettorale. Ora, sembra che le cose si stiano mettendo per il meglio. E per l’autostrada del Molise, conosciuta come Termoli-San Vittore sia pronto un finanziamento di 200 milioni che sono poca cosa, considerando il costo complessivo dell’opera (oltre il miliardo). Ma è già qualcosa per cominciare con la progettazione esecutiva e con l’inizio del primo lotto. Di portata più leggera è invece il finanziamento che riguarda la Fondovalle del Rivolo, un’arteria che rasenta il paradosso, se solo si ricorda che è partita circa 40 anni fa, ma come la tela di Penelope non riesce a essere completata. Dovrebbe servire a portare i campobassani sulla Bifernina, in alternativa a Ingotte. E’ di questi giorni la notizia secondo cui sono stati trovati 600 mila euro, stanziati dalla Regione con il fresco assessore Chieffo, per il completamento del collegamento con la Bifernina. E aperta al traffico prima della stagione estiva. La strada non sarà caricata sulle spalle dell’Anas che non la vuole, per non accollarsi i costi di gestione, per questo dovrebbe passare alla Provincia di Campobasso. Per completare l’opera resta da fare l’allaccio con la tangenziale Est del capoluogo; in più ci sarà da asfaltare e mettere in sicurezza un altro breve tratto d’innesto sulla Bifernina. Per il rispetto del patto di stabilità la somma stanziata dalla Regione non potrà essere versata nelle casse del Comune di Campobasso, per questo sarà gestita dal commis(Al.Ta.) sario ad acta.

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Si chiamano codici bianchi. E’ il termine con cui gli operatori sanitari del Pronto Soccorso individuano tutti quei pazienti che manifestano problemi di lieve urgenza. La limitata gravità delle loro condizioni li porta però ad affrontare lunghe attese, specialmente nelle fasce orarie e nei giorni di maggiori afflusso al Pronto Soccorso. Il metodo del Triage è utilizzato all’arrivo di tutti i pazienti in Pronto Soccorso, dove l’accesso alle cure non avviene sulla base dell’ordine di arrivo ma sulla gravità delle loro condizioni. In questo ambito permette di stabilire un ordine tra i soggetti che vi giungono, dando le apposite cure prima ai casi più gravi e di seguito ai meno gravi. Il grado di urgenza di ogni paziente è rappresentato da un codice colore assegnato all’arrivo, dopo una prima valutazione messa in atto da un infermiere specializzato e preposto a questo compito. Il Codice Bianco individua il paziente che non necessita del pronto soccorso e può rivolgersi al proprio medico curante.

AMBULATORIO CODICI BIANCHI Per dare loro una risposta più puntuale l’Asrem aprirà, in via sperimentale, presso gli ospedali di Campobasso, Isernia, Termoli e Venafro l’ambulatorio dei codici bianchi, attiguo ai locali del Pronto Soccorso. L’ambulatorio dei codici bianchi è rivolto ai pazienti che accedono impropriamente al Pronto Soccorso in quanto i sintomi della patologia non riveste alcun carattere d’urgenza e potrebbe essere affrontata a livello territoriale (assistenza primaria o specialistica), cioè dal proprio Medico di Medicina Generale (MMG), dal Pediatra (PLS) o dagli specialisti che ricevono su appuntamento. L’infermiere di triage, dopo aver assegnato il codice bianco al paziente, lo invita a recarsi, nella fascia oraria definita, presso l’ambulatorio appositamente istituito.

L’ambulatorio dei codici bianchi ha lo scopo di risolvere numerosi problemi del Pronto Soccorso quali: 1. problemi di spazio, ovvero evitare un sovraffollamento in sala d’attesa e nei corridoi interni; 2. problemi di tempo, soprattutto per quanto riguarda l’attività medica ambulatoriale di visita, la compilazione delle cartelle cliniche, le informazioni e spiegazioni a persone prive di patologie severe ed ai loro parenti; 3. spreco di risorse, professionali medico infermieristiche e specialistiche e di servizi, quali il Laboratorio di analisi e la Radiologia, che devono essere programmate sulle reali urgenze. L’istituzione dell’ambulatorio dei codici bianchi intende centrare una serie di importanti traguardi: oltre a ridurre i tempi di attesa per i casi con minore priorità e garantire una maggiore fluidità per i pazienti in condizioni più gravi (codici contrassegni dai colori rosso e giallo e verde), consentirà di raccogliere alcune informazioni (tipologia della domanda, area di provenienza), che potranno essere utili per poter programmare in futuro una risposta territoriale. L’obiettivo quindi è anche di far comprendere all’utenza la differenza tra il ricorso al Pronto Soccorso, necessario nei casi di emergenza e urgenza, e l’utilizzo dei servizi territoriali, che rappresentano il percorso assistenziale più idoneo nei casi di lieve gravità. Presso il Pronto Soccorso si registra, soprattutto nelle ore centrali della giornata, un eccessivo afflusso di pazienti definiti, secondo i criteri di accesso (triage) come codici bianchi. Tali pazienti spesso sono costretti a lunghe attese, nei casi in cui i medici del P.S. sono impegnati nel trattamento di pazienti più gravi. Questi pazienti potranno continuare ad attendere il loro turno o potranno scegliere di avvalersi del nuovo servizio ambulatoriale.

Durante il giorno: rivolgiti a loro con fiducia. E’ il medico di famiglia, infatti, che ti visita per primo, ti segue periodicamente, suggerisce come stare bene, ti indirizza verso gli specialisti: non rivolgerti a lui solo per le ricette! Verifica gli orari di ricevimento e informati se ha aderito al programma di rintracciabilità telefonica dalle ore 8:00 alle ore 12:00 e dalle 16:00 alle 19:00 tutti i giorni esclusi i prefestivi e i festivi.

L’Asrem aprirà, in via sperimentale, presso gli ospedali di Campobasso, Isernia, Termoli e Venafro l’ambulatorio dei codici bianchi, attiguo ai locali del Pronto Soccorso. L’infermiere di triage, dopo aver assegnato il codice bianco al paziente, lo invita a recarsi, nella fascia oraria definita, presso l’ambulatorio appositamente istituito. Non si paga il Ticket per la visita.

Durante la notte è il servizio di continuità assistenziale. E’ aperta dalle 20:00 alle 8:00 e, dalle 8:00 alle 20:00 nei giorni prefestivi e festivi. Non si paga il Ticket per la visita

I più gravi passano prima indipendentemente dall’ordine di arrivo ROSSO

paziente in pericolo di vita, viene visitato immediatamente

GIALLO

paziente grave, viene visitato nel più breve tempo possibile

VERDE BIANCO

paziente non grave, l’attesa può risultare molto lunga il tuo stato di salute non è affatto grave e i tempi di attesa sono sicuramente lunghi e imprevedibili. Inoltre si paga il Ticket per la visita (25 euro)

Chiama il 118 e vai al Pronto Soccorso (PS) All’arrivo la gravità del tuo stato di salute viene valutata da un infermiere specializzato che ti assegna un codice-colore (triage).

e il ticket per ogni altra prestazione specialistica o esame diagnostico. Conviene contattare il tuo medico/pediatra o rivolgerti all’ambulatorio codici bianchi o alla guardia medica.


di Lino Santone

Un capoluogo con attori e senza figuranti

’ meglio essere primi tra gli ultimi o ultimi tra i primi? È il dilemma amletico che ha innestato la statistica di Italia Oggi sul capoluogo regionale che pare abbia risalito molte posizioni di classifica rispetto alla vivibilità del suo ambiente. Molti preferiscono essere primi tra gli ultimi e non ultimi tra i primi, in ossequio all’adagio calcistico di qualche anno fa, che faceva dire al noto cronista Ezio Luzi “Scusa Ameri, scusa Aneri, il Campobasso è passato in vantaggio”. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. Dopo la prima industrializzazione degli anni 70 e 80il giocattolo sembra essersi rotto. Continue crisi alla Fiat di Termoli, alla ITR, alla Sam, allo Zuccherificio, i guai dei vari nuclei industriali, leggi il declino della chimica e quello della meccanica, stanno facendo ripiombare il Molise e il suo capoluogo nella indigenza post-bellica. Il dilemma attuale riguarda anche la tutto sommato buona notizia che il CIPE ha deliberato il finanziamento di un milione e trecentottantamila euro per la costruzione dell’autostrada e il completamento della ricostruzione post-terremoto per i paesi del cratere. Come sempre la dicotomia tra la speranza e la realtà si intreccia. L’autostrada sicuramente può rappresentare un volano di sviluppo, la ricostruzione qualche posticino di lavoro, ma in effetti non si discute del fatto che la realtà molisana è troppo piccola per reggere le problematiche innestate dalla incombente recessione europea. Da tanto tempo si discute di macroregione: c’è chi fa il tifo per il riavvicinamento del Molise all’Abbruzzo e chi , invece, opta per la regione del Sannio. Comunque sarà, questa scelta imporrà dei cambiamenti epocali. Meno politica e più economia e inevitabilmente più confronto con realtà diverse dalla nostra. Per rimanere in tema è auspicabile che vi sia dibattito per la scelte da operare, poiché l’una o l’altra scelta dovrà essere ben ponderata non solo dalla politica ma dal tessuto econo-

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mico e sociale. Una regione che in 48 anni non è riuscita a darsi uno statuto operativo, un mondo sociale che fa esclusivamente contrapposizione o chiacchiere da bar, un tessuto industriale da rivedere e correggere, un’agricoltura che perde aziende e quindi addetti, la sanità allo sbando, una struttura scolastica e universitaria di cui si nota più l’assenza che la proposta formativa, fanno sì che il modello di sviluppo per questa regione debba essere riconsiderato, ridiscusso e si spera attuato attraverso nuovi strumenti di aggregazione politica e sociale. Da giovane ero solito passeggiare e parlare del futuro per le anguste stradine del centro storico, con la occasionale compagnia di una carissima persona come Tonino Perrone che di quei luoghi era un cultore ed esegeta, soprattutto nel periodo invernale, poiché amava fotografare gli angoli più in penati e reconditi di Via Pennino, Vico tre dita, vico Carnaio, il Ponte di Bruschio, la Chiesa di san Bartolomeo, Piazza dell’Olmo, via Ziccardi, la spianata del Castello. Ripercorrerlo adesso, questo percorso, mi prende una stretta al cuore. Il centro storico oggi è quasi desertificato; sono pochissime le attività che resistono imperterrite a realizzare certe produzioni: qualche panificio, qualche cantina, qualche artigiano, per il resto solo gradini che tendono sì verso l’alto, il Castello Manforte, ma rendono più difficile e meno agevole il cammino: quale futuro? Non basta avere un’aria pulita nel risalire la classifica delle città meno inquinate per conseguire la patente di cittadina con un futuro assicurato. I gradini che dovremo salire per inerpicarci sino al Castello del benessere sono ancora tanti. Non discutere, però, non allevia il cammino. Alla politica, ai sindacati, alle forze sociali, alla scuola e all’università è richiesto un

Il futuro di Campobasso è legato al rilancio urbanistico e all’occupazione per i nostri giovani

contributo nel dibattito che si dovrà, gioco forza, aprire per evitarci un futuro di sola recessione. Alla luce delle problematiche importanti che ci aspettano sembra stucchevole parlare di 30 posti auto in Piazza Prefettura, tralasciando di interessarsi del lavoro per i giovani e per le donne, della viabilità spesso sconnessa, delle aree verdi lasciate a sé stesse. Il presepe, ovunque lo si allestisca, nel centro storico o a Villa De Capoa, richiede la partecipazione dei cittadini che devono interpretare la parte dei figuranti. Il futuro, invece, non ha bisogno di figuranti, ma di attori motivati, competenti ed appassionati.

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PIANETA SANITA’

di Franco Veltro*

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ieci anni fa veniva istituito il Dipartimento di Salute Mentale a Campobasso con relativa nomina del sottoscritto. La situazione all'epoca era di 15 posti letto in reparto, mobilitá passiva, 104 posti nelle residenze psichiatriche, nessun presidio territoriale, una stanza per un ambulatorio "medico" con 5 psichiatri, professionalmente validi e capaci ma in un deserto organizzativo. Un familiare (Sig. S) di un grave paziente psichiatrico ebbe a testimoniare questa situazione con un "benvenuto dottore nella terremotata psichiatria". Un altro paziente chiamava "mamma" un medico di sesso maschile e diceva che non aveva un padre (Sig. D), poichè nel suo mondo delirante ne negava l'esistenza. Riceveva lunghi ricoveri per l' assenza di risorse e pratiche di servizio! Dopo dieci anni grazie alla creazione di una squadra di lavoro integrata tra equipe professionale e rete comunitaria il quadro della psichiatria è radicalmente cambiato. Quel familiare (Sig. S), può essere più tranquillo, perchè grazie a lui e al nostro lavoro basato su progetti individualizzati (ne abbiamo circa 400 per pazienti gravi e gravosi tutti documentati ), il figlio è stato assunto a tempo indeterminato in una azienda. L'altro paziente chiama adesso mamma la propria madre, riconosce i propri genitori, ed è riuscito a rivendicare i propri diritti chiedendo in maniera esplicita (anche con un appello a mezzo stampa) al padre di essere maggiormente rispettoso nei suoi confronti. La rabbia del padre sicuramente avrá peggiorato il suo decorso, ma la consacrazione di un suo diritto, il rispetto della privacy, ottenuto con mezzi leciti, ma forti, ha contribuito probabilmente al buon esito di un disturbo molto grave. Noi lo abbiamo sostenuto anche con 3 tentativi di inserimento lavorativo e oggi in modo autonomo ha cercato un proprio lavoro e regge! Storie ordinarie di lavoro e di complessa organizzazione.,

certificata tra l'altro dall'Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale (Unasam), la più potente e numerosa confederazione associativa. Infatti l'autorevole Presidente di questa Associazione, Sig.ra Trincas, insieme a due componenti del direttivo, l'illustre Ematologo Prof. Dr. Digilio, e il Presidente Onorario, Dr. Muggia, hanno dichiarato per iscritto in data 04.02.2011 "abbiamo avuto l'opportunità di visitare il Servizio di Psichiatrico di Diagnosi e Cura, ottenendone una buona impressione, e di conoscere il programma di attivitá del Dipartimento" che, continua il testo "ha l'interesse a offrire servizi e interventi di qualità e la sua attività è orientata verso i percorsi personalizzati e il Lavoro di rete. " E in questo quadro finalmente il Centro di salute mentale per tutti come risultato di una buona orchestrazione che ha comunque avuto in questi 10 anni tanti esiti positivi. La diminuzione dei Trattamenti Sanitari Obbligatori da 39 per anno a 10, la diminuzione dei posti letto da 15 a 8, mobilità attiva, posti residenziali da 104 a 70 e si è pronti a ridurne altri 20. È stato anche attivato un Centro Diurno per 15 pazienti gravi, riferimento nazionale per le buone pratiche che a giorni troverà la sua giusta collocazione logistica! Il progetto Laboratorio Aperto si è evoluto in percorsi ammirati a livello europeo senza che nessuno di noi si dia tanto da fare per pubblicizzare tali pratiche. Sono inconfutabili però i risultati odierni: 50 cesti natalizi con piatti di vetro decorati a cura della cooperativa richiesti dal Belgio. La partecipazione dei nostri utenti in Albania per un progetto di cooperazione internazionale che ha prodotto quella piccola opera d'arte "Messaggio di Speranza" (regia di Mussini) che si può vedere su youtube. Il tentativo sventato di trasformare anche Via Pasubio da dove ha avuto origine il progetto in un piccolo ghetto manicomiale con la gran parte ragazzi

invece adesso impegnati in varie aziende ed esercizi commerciali della città. Nell'evoluzione del Progetto Laboratorio Aperto, la nascita dell'Associazione Promosam che abilmente sta gestendo l'iniziativa Cittá del Sorriso (si leggano le informazioni sul sito www.rsmcampobasso.it testimonianza di una rete vasta e diffusa). Infatti il Totem della stazione non è più solo, ora c'è anche quello del Centro di Salute Mentale; 5 istituti scolastici partecipano al progetto e vi sono corsi gratis di comunicazione efficaci per i cittadini. Questi ultimi hanno ripreso a frequentare la consulta Comunale magistralmente presieduta dal Dr. Di Vico che le ha fatto avere un ruolo determinante per l'apertura del CSM. E finalmente una sede decente per i cittadini che hanno atteso questo luogo da trent'anni, atto dovuto e negato, ed ora praticabile grazie ad uno sforzo congiunto tra comunitá e istituzioni, quella comunitá consapevole, disinteressata a giocare un ruolo di paranoia (ahimè a volte tipico tratto di un meridionalismo assistito) e di maligno narcisismo, e che ha saputo invece dialogare con le istituzioni e la cooperazione: Asrem e Regione che vanno ringraziate per gli sforzi economici ed il sostegno, insieme agli enti gestori delle strutture residenziali. Un lavoro grosso insomma per tutti i cittadini e per i giovani, soprattutto per coloro che soffrono di ansia e depressione, i veri problemi del mondo attuale, senza trascurare ovviamente le psicosi e i disturbi di personalitá. In tempi brevi ci si augura si possano aprire formalmente le porte del Centro di salute mentale con una bella inaugurazione, istituzionale e comunitaria, e soprattuto con il sorriso sulle Labbra, perchè chi non sa sorridere non è persona seria! E con un sorriso affronteremo le fatiche di questo nuovo decennio. * Direttore Servizi Psichiatrici Area Campobasso


di Anna Maria Di Matteo

Le filippiche di Carmelo F

Insomma, mai come in questa fase estremamente delicata, è necessario mantenere la calma, la lucidità… Proprio così. Il sindaco deve mettere da parte il vittimismo e affrontare con coraggio i problemi. Secondo lei il sindaco gode dell’appoggio dell’intera maggioranza? C’è chi parla di dissidi interni… So per certo che all’interno del centrodestra ci sono forti contrasti, dissapori che tuttavia al momento restano circoscritti nell’ambito della maggioranza, nel senso che non vengono portati all’esterno, perché, in quel caso, potrebbero rappresentare la causa della caduta dell’amministrazione comunale. Conosce anche le ragioni del malcontento che serpeggia nel centrodestra? Il dissenso nascerebbe dalla mancata programmazione, dalla scarsa condivisione dei provvedimenti assunti, in particolare sui settori dell’Urbanistica, della Cultura. Dissenso del quale il sindaco dovrà necessariamente tener conto se vuole continuare ad amministrare. Secondo me non dovrebbe continuare a guidare questa città, visti i risultati, ma al momento i partiti che lo hanno sostenuto continuano a farlo. Vedremo. Dal centrodestra del Comune a quello della Regione. Lei è anche consigliere regionale, anche se da pochi giorni. Che idea si è fatto? Intanto va detto che sto vivendo un’esperienza gratificante, importante, sotto tutti i profili. In questa prima fase sto cercando di capire l’organizzazione dell’amministrazione regionale per dare il mio contributo fattivo. In questi ultimi giorni si sta facendo un gran parlare dell’abolizione dei vitalizi, già a partire dall’attuale legislatura. Che ne pensa, è d’accordo o crede sarebbe

Carmelo Parpiglia

stato meglio far slittare gli effetti alla prossima legislatura? Se riusciremo a ad abolire quelli che secondo me sono dei veri e propri privilegi ne sarei orgoglioso. Sì, ma lei fa parte di quel gruppetto di consiglieri appena eletti sui quale andrebbe ad abbattersi la mannaia dei tagli… A riguardo vorrei ricordare che il merito va tutto a noi neo eletti, siamo in tutto dodici.Non è il caso che Iorio, piuttosto che Vitagliano o Petraroia, Romano vestano i panni degli innovatori, visto che loro hanno già maturato i loro privilegi. Privilegi che dunque non saranno toccati. E’ facile parlare quando le proprie posizioni sono al sicuro.Comunque, davvero, sarò orgoglioso di aver dato il mio contributo a far abolire questo odioso privilegio. Tra pochi giorni si aprirà la sessione di Bilancio… L’opposizione ha già pronti gli emendamenti? Abbiamo concordato di proporre una sorta di contromanovra, condivisa e sostenuta da tutte le forze di opposizione, fermo resrando la posizione di ogni singolo partito.

L ’ I N T E R V I S TA

a le pulci all’amministrazione comunale guidata da Gino Di Bartolomeo. Non solo. Invita il sindaco a darsi una mossa perché, a suo giudizio, la città si sta spegnendo lentamente. Carmelo Parpiglia, consigliere comunale e regionale dell’Italia dei Valori non glie le manca di certo a dire, con la schiettezza che da sempre lo contraddistingue. Consigliere, l’anno è iniziato da poco, ma i problemi di questa città restano gli stessi… Restano gli stessi, ma in alcuni casi sono addirittura peggiorati, rispetto al passato. Di solito è chi guida un’amministrazione comunale a fare il bilancio dell’attività svolta nel corso dell’anno. Stavolta facciamo il contrario: chiediamo a lei, consigliere di opposizione, di fare un bilancio di di un anno di amministrazione Di Bartolomeo… Il bilancio non può che essere negativo. L’attuale maggioranza ha dimostrato, in maniera lampante, di essere assolutamente inadeguata ad affrontare i problemi, naviga a vista, non ha una idea chiara di sviluppo per questa città. Cosa rimprovera, in particolare, al sindaco Di Bartolomeo? Gli rimprovero di aver fatto del vittimismo la sua azione politica. Fa la vittima su cose che spesso non corrispondono neppure al vero, tra l’altro. Ogni Comune è alle prese con problemi di carattere finanziario, ma non credo che i sindaci si mettano a piangere come invece fa lui... Di Bartolomeo continua a tirare fuori la storia del debito di venti milioni di euro, senza rendersi conto che la somma risale agli anni precedenti il 1995, quando a governare c’era la Democrazia cristiana, di cui faceva parte lo stesso Di Bartolomeo. Si tratta di un clamoroso autogol. Il vittimismo non giova a lui, al ruolo che ricopre e non giova all’intera città che mai, come in questo momento, ha bisogno di un’amministrazione che sia presente.

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di Aldo Fabio Venditto

ATTUALITA’

La Gazzetta di domani, oggi

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n altro primato. Da anni La Gazzetta del Molise è di gran lunga il quotidiano più diffuso nella nostra regione. La sua formula snella, graficamente accattivante e il taglio giornalistico corrosivo ne confermano ogni giorno il successo, miscelando al meglio informazione e satira. Non vi nascondiamo una sorta di soddisfazione mattutina, sfogliando le pagine oggetto di un recente restyling o carpendo i commenti e le risate relativi agli oscar e ai tapiri. Ai nostri lettori però, sentivamo di dover offrire qualcosa di nuovo e al contempo di innovativo: una connessione costante tra il vostro bisogno di essere informati e la nostra ambizione a farlo in maniera puntuale, senza per questo guastare la ricetta che ci rende unici. Nasce così Quick reporter, il supporto per smartphone Apple e computer che concretizza l’informazione di domani, oggi. Uno strumento semplice, veloce e intuitivo che cambierà il modo tenersi aggiornati. Bastano pochi click e qualche minuto di pazienza per configurare l’applicazione e ricevere direttamente sul proprio Iphone o sull’Ipad, esclusivamente le notizie alle quali si è interessati. Una rivoluzione che accorcia i tempi di fruizione delle news, reca-

pitandole in tempo reale sul vostro dispositivo mobile. Fino ad oggi avreste dovuto attendere l’edizione di domani de La gazzetta del Molise per leggere la cronaca di un vertice del governo regionale, le fibrillazioni dell’opposizione di centrosinistra, l’ultima gag di Big Gino, l’improvvisa operazione delle forze dell’ordine o la formazione ufficiosa in vista del prossimo impegno di campionato dei Lupi. Tra poco invece, saranno le notizie a raggiungervi, come un semplice sms: immediato ed interattivo, con testi, foto, audio e video. L’informazione multimediale ci permette di essere sempre collegati, praticamente dentro la notizia. Avrete un orecchio nei corridoio del palazzo, anche spingendo il carrello della spesa al supermarket; saprete come organizzare al meglio una serata con la dolce metà o con gli amici, grazie alla funzione Eventi: un dettagliato calendario con spettacoli, concerti, convegni, sagre e ogni sorta di manifestazione possa interessarvi in Molise e in Italia. Sarete sempre connessi con le emergenze della nostra regione, relative a calamità o fatti di cronaca, interruzioni di servizi o problemi alla viabilità: se siete donatori di sangue, saprete se c’è bisogno di voi in pochi secondi.

Sarete i primi a conoscere eventuali offerte o promozioni di questo o quel negozio, di ristoranti, alberghi e cinema. Qualunque sia la vostra domanda, Quick reporter ha la risposta, perché la nostra sfida è di rendere l’informazione rapida e personalizzata. Per farlo non abbiamo trovato di meglio sul mercato di una piattaforma Apple multicanale interamente Made in Molise, studiata e sviluppata per avvicinare giornalisti e lettori, offrendo ad ognuno la possibilità di inviare news, commentarle e condividendole sui principali social network. “È come avere una redazione sempre in tasca - spiega l’editore Ignazio Annunziata - con professionisti che ti raccontano, anche se sei dall’altra parte del mondo, quello che loro stessi stanno vivendo. Di più, con quest’applicazione si entra a far parte della nostra redazione e si possono inviare contributi. Invece di aspettare uno scoop, potranno essere i nostri lettori a farlo”. Dopo il free press che ha sdoganato il quotidiano tra i ragazzi, La Gazzetta del Molise apre le porte al futuro, raddoppiando la propria offerta: news in tempo reale e cartaceo per l’approfondimento mattutino. Tu mettici la curiosità e noi ti raccontiamo tutto il resto.


Con Quick reporter l’informazione corre veloce e i lettori diventano protagonisti La nostra redazione entra nel tuo smartphone, per essere sempre aggiornato e per inviarci i tuoi scoop in pochi secondi

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ATTUALITA’

di Pino Saluppo

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P

arlare di ferrovie in Molise è sempre un azzardo. Eppure, era stata proprio la Regione, qualche anno fa, ad aggiungersi alle altre che avevano messo mano alle proprie casse per contribuire a far circolare sulle anguste linee ferroviarie regionali l’ultimo gioiello di treno, appunto il tanto propagandato “Minuetto” di Trenitalia, firmato dal noto designer Giugiaro. Sarebbero stati risolti, così, i problemi che da sempre affliggono il principale mezzo di trasporto pubblico? Manco a dirlo. Ci sarebbe voluto ben altro che un Minuetto, per evitare di sentire la solita musica, gracchiante e stantia, proveniente da grammofoni col disco incantato. Eppure ci erano state promesse sinfonie armoniose, o marce vigorose, se questo fosse stato necessario, per giungere, finalmente, ad eliminare quella piaga di arretratezza terzomondista che tuttora contraddistingue lo stato dei trasporti pubblici in Molise. Oggi, invece, a parte gli ulteriori tagli che sono stati fatti sulle linee

molisane, ci si accorge che quel treno presenta non pochi problemi e ha evidenziato gravi guasti che ne hanno pesantemente condizionato l’operatività e richiesto l’investimento di ingenti risorse per interventi di riparazione e manutenzione straordinari. Guasti sempre più frequenti che hanno causato disagi ai pendolari e trasbordi inopportuni su pullman. A chi non è capitato di dover fare i conti con i ritardi e i disguidi registrati nel corso delle ultime settimane. Tanto che, in più di qualche occasione, in linea sono state rimesse le vecchie automotrici 668 e 665 con tutto quanto ne è conseguito. Il paradosso sta nel fatto che, mentre le linee ferroviarie nell’800 hanno dato un contributo fondamentale all’Unità d’Italia, arrivando a collegare anche le aree più sperdute del Paese, ai nostri giorni l’utilizzazione di tali reti, così vistosamente e colpevolmente arretrata in alcune aree come il Molise sta dividendo l’Italia in due.

Allora pur non interpretando il ruolo dei soliti, puntigliosi dissacratori e neanche i caustici distruttori di illusioni ferroviarie, la storiella del “Minuetto” capace di restituire ai molisani la fiducia nel trasporto ferroviario, non convince proprio. Dato che l’attenzione delle Istituzioni sul fronte “infrastrutture” negli anni è stata piuttosto tiepida e poco convincente, salvo rare eccezioni, c'è ora a necessità che qualcuno si faccia carico di tale problema, che riguarda tutti e non solo i pendolari, affrontandolo ed aprendo un confronto con le autorità responsabili. Sarebbe una significativa, piccola rivoluzione culturale, pacifica e democratica, un generoso “prendersi cura” dei problemi di questa terra. Almeno per non dover ripetere ancora una volta la storia del “Minuetto” stonato. I treni, non importa quanto siano gradevoli, ciò che importa è poterci salire sopra e poter scendere alla stazione giusta e non restare fermi, come troppo spesso accade, nelle 'rocchie'.


di Antonio Di Monaco I convogli delle 19 e delle 20:15 seguono quelli locali già in ritardo per Cassino che prima erano costretti a fermarsi

Roma-Campobasso in treno? Mission Impossible rmai le frasi idiomatiche o, se preferite, le espressioni colorite si sprecano. Tornare a Campobasso con il treno che parte dalla stazione Termini di Roma sembra il tragicomico remake di Mission Impossible, con i pendolari molisani nei panni dei Tom Cruise di turno. Numerose testimonianze di viaggiatori inviperiti, parlano di corse perennemente in ritardo che, unite alla qualità e al comfort pari a quelle delle sardine in scatola, rendono estremamente labile il confine dell’umana sopportazione. I treni in partenza dalla stazione Termini (in particolare quelli delle 19:02 e alle 20:08) arrivano nel capoluogo molisano in perenne (e a volte notevole) ritardo sulla tabella di marcia. Infatti, durante il tratto per arrivare a Cassino, sono costretti ad accodarsi ai treni locali, i quali sono a loro volta in ritardo. Peccato, perché in precedenza questi ultimi erano costretti a fermarsi per far transitare i treni in orario. Invertendo la direzione del percorso, il prodotto (pardon, i disagi) non cambia. Altre testimonianze riferiscono di mancati controlli sui biglietti dopo la stazione di Venafro al punto che, alla fermata successiva di Cassino, chiunque può salire liberamente con qualsiasi tagliando e occupare anche i posti liberi in prima classe.

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Quando questi non sono sufficienti, si assistono alle (ormai) tradizionali scene da sardine in scatola con buona pace (si fa per dire) della maggioranza dei viaggiatori molisani. L’odissea o, meglio, l’inganno prosegue sulla linea Benevento-Campobasso. Un esempio su tutti: l’Eurostar che parte da Roma Termini alle 14:45 arriva nel centro campano alle 16:38. Dieci minuti (un tempo stranamente “irrisorio”) prima, c’è un autobus che parte per Campobasso e serve i comuni di Fragneto Monforte, Pontelandolfo e Morcone, oltre all’unica fermata molisana che è Sepino. A questo punto, s’impone una domanda: non è che questi dieci minuti rappresentano il “pretesto” per non far transitare un ipotetico Eurostar anche a Campobasso? Il dubbio è le-

gittimo. Forse, se l’autobus fosse partito (almeno) mezz’ora dopo, lo stesso dubbio potrebbe anche non esserci. Ma tant’è. Non resta, allora, che confidare nell’impegno del presidente della Regione, Michele Iorio che, in sede di presentazione della Finanziaria regionale 2012, non ha tralasciato il nodo-trasporti: “Abbiamo voluto prevedere una specifica norma che ci consenta di rivedere, in fase di firma del nuovo contratto con Trenitalia, il servizio trasporti su rotaie, nella consapevolezza che esso viene sempre più utilizzato dai molisani e che lo stesso evidenzia sempre più problematiche e disservizi intollerabili. Se non avremo risposte in tal senso siamo pronti a restituire la delega”. E per una volta, passare dalle parole ai fatti, non guasterebbe.

L’impegno del presidente Iorio per la Finanziaria regionale 2012: “Se non avremo risposte da Trenitalia, siamo pronti a restituire la delega”

A Benevento, dieci minuti prima dell’arrivo dell’Eurostar delle 14:45 dalla capitale, parte un autobus sostitutivo per il capoluogo molisano. Sarà un caso?

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Ripercorriamo la strada di Tonino Perna

Come cambiano i tempi Quel servizio di otto anni fa E

Tonino Perna nei giorni di gloria e accanto sulla copertina della nostra rivista nel gennaio del 2004

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ra gennaio del 2004 e preparai il primo numero de Il Primo del nuovo anno dedicando la copertina e un ampio servizio a “Tonino Perna, la miniera di Pettoranello”. Esattamente 8 anni dopo sapete cosa è successo all’imprenditore isernino. La cui miniera si è esaurita da tempo e delle sue aziende si è interessata la magistratura che, attraverso la guardia di finanza ha disposto per lui il provvedimento restrittivo. Posava per il fotografo felice e sorridente accanto a una scultura in gesso, ispirata alle figure metafisiche di Giorgio De Chirico, disposta negli eleganti locali della sua azienda, l’ITR, l’ex titolare di una piccola bottega che confezionava jeans con il fratello Remo. Diventato la guida della principale azienda di moda italiana. Tonino Perna se ne compiaceva, muovendosi con l’argento vivo addosso: Isernia, Roma, Milano, con un aereo sempre pronto a decollare. Quando presi appuntamento con l’allora segretaria Titti Barbato mi sentii fare una raccomandazione: il Cavaliere pretende puntualità, l’appuntamento è per le 15,30. Fui preciso, come è mia abitudine. E mi presentai a Pettoranello in perfetto orario, per paura di perdere l’opportunità di intervistare uno degli uomini più in vista del momento. Fu cordiale e aperto Perna. Quando ci sedemmo, l’uno di fronte all’altro, mi colpirono due cose: le scarpe impolverate

e le calze di lana, in netto contrasto con l’abito scuro sartoriale di lana pettinata. Mi raccontò di sé e della sua azienda. Dichiarandomi di aver cominciato studiando a Napoli, all’Accademia delle Belle Arti, iniziando sin da giovanissimo ad apprezzare il piacere della creazione. Quindi aggiunse, con orgoglio, di avere alle sue dipendenze, solo a Pettoranello, 1.000 dipendenti, più c’era da mettere in conto il piccolo esercito dei fasonisti. Quindi mi parlò della famiglia, della moglie Giovanna, di Colli al Volturno e dei quattro figli, Pamela, Amelia, Alessandra e Pierpaolo, tutti introdotti nel mondo della moda. Spiegò che per lavoro e per amore tornava in Molise tutte le settimane, aggiungendo che una volta al mese trasvolava l’oceano per raggiungere le Americhe o approdare in Asia. Quando gli chiesi che rapporto avesse con la politica, senza esitazione mi rispose: “Nessuno. Il mio lavoro non ha alcuna relazione con il Palazzo”. Con orgoglio aggiunse che grazie alla ITR, Pettoranello era balzato al proscenio nazionale, per essere il quarto centro italiano nella classifica del PIL. Mi parlò anche dei suoi progetti futuri, basati su nuove acquisizioni, recitando a memoria i grandi marchi che uscivano dai suoi stabilimenti molisani: Ferrè, Cavalli, Dolce e Gabbana, Versus. Romeo Gigli, Fendi e Malo. Ebbe un rimpianto: non poter

frequentare come avrebbe voluto il jet set della vita caprese, dove aveva da poco acquisito una lussuosa villa, da cui si vedono i faraglioni. Per chiudere la conversazione, durata esattamente un’ora, azzardai l’ultima domanda: C’è crisi nella moda? E lui, il Cavaliere, con prontezza, ri-


I fratelli Perna hanno iniziato fabbricando jeans in una piccola bottega di Isernia, per passare alla Pop 84. Quindi si sono riciclati con l’alta moda: Tonino con la ITR e Remo con la GTR

spose: “La crisi è l’alibi di chi non sta al passo coi tempi”. A una sola domanda preferì glissare. Riguardava la fine della Pop 84, la fabbrica di jeans creata assieme al fratello Remo che ha fatto una brutta fine, assieme a una valanga di miliardi ricevuti per sostenerla. (ge.ve.)

La storia di Tonino e Remo ue fratelli, Tonino e D Remo. Uniti nella vita e nel lavoro. Almeno sino a un certo punto. Poi i due si sono divisi, procedendo su due distinti binari. I fratelli Perna, isernini come testimonia ancor oggi la cadenza, si sono infilati nel campo della moda. Partendo dai jeans che invasero il mercato. Scelsero come sigla commerciale Pop 84. E il successo non tardò ad arrivare. La partenza avvenne in una piccola bottega, ma più avanti il viaggio divenne più agevole. A 90° Minuto, la popolare trasmissione sportiva del tardo pomeriggio della domenica, compariva in sigla il marchio Pop 84, come testimonial dell’Ascoli, la società di Costantino Rozzi che, miracolisticamente, riuscì a stazionare per molti anni in serie A, a conferma del successo dell’azienda pentra. Intanto il Campobasso di Molinari iniziò a diventare “grande”. E il pensiero andò proprio ai fratelli Perna, per la sponsorizzazione. L’affare sembrava già fatto, ma improvvisamente, gli imprenditori tornarono sui loro passi. Non si sa bene se per mancanza di liquidità o per la scarsa convenienza finanziaria dell’operazione: una cosa era la A, un’altra la B. Remo Perna dalla moda allo zuccherificio Dopo poco la Pop 84 che viaggiava col vento in poppa si arrestò e di quella florida sendo marchi e dando lavoro a più di azienda rimase solo il blasone. A nulla 1.000 persone. Il suo nome occupa gli valsero neppure cospicui interventi pub- spazi più ampi dei giornali economici. blici per salvarla. La società si squagliò. Vive a Milano, senza dimenticare la sua E i fratelli Perna furono costretti a rico- città, ove torna ogni settimana. La crisi minciare. Tonino con l’ITR, Remo con la del tessile, gli scivoloni dei grandi nomi GTR, a pochi chilometri l’una dall’altra. della moda italiana e altre cose che ci Remo, fascinoso come un vecchio at- sfuggono lo mettono in crisi. La grande tore holliwoodiano, con baffetti ben cu- azienda soffre. Ne paga le spese prima rati e fazzoletto perennemente infilato la GTR di Remo e poi la ITR di Tonino. nel taschino, diventa anche presidente Remo si rilancia con lo zuccherificio del dell’Isernia calcio, facendo accrescere la Molise, Tonino trova sulla sua strada una infelice nottata: alla sua porta sua immagine. Le cose vanno bene a entrambi, ma bussa una burbera schiera di finanzieri poi Remo s’incarta. La ITR, intanto, di- che gli priva della libertà. La sua odissea forse è solo agli inizi, venta leader del mercato nazionale dell’alta moda. Da Pettoranello partono le anche se i suoi legali sono convinti che maggiori griffe. Tra tanto benessere To- presto ne verrà fuori alla grande. (ven) nino si muove con destrezza, acqui-

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di Gegè Cerulli

Come eravamo otto anni fa Dante Di Dario

Alberto Montano

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uante cose sono cambiate in otto anni. Più che andare a memoria ci siamo avvalsi di un numero datato gennaio 2004 de Il Primo. Che ci è servito da guida. Per fare il confronto con l’attualità. Come si legge in altra parte del giornale in copertina, in quel numero della nostra rivista, c’era Tonino Perna che correva nella sua personale Formula 1 del successo. Mentre l’editoriale suonava: I nostri giovani migliori dei loro padri, Cufari, nel suo fondo scriveva dell’ingegneria dialettica di Michele Iorio. Domenico Testa, ingegnere di successo della Pentria annunciava di essere ammaliato dalla politica che gli avrebbe dato un pizzico di gloria alla fine della passata legislatura. Camillo Colella, sempre da Isernia, ci svelava i suoi passi da imprenditore nel ramo delle grandi ristrutturazioni, puntando già sulle acque minerali, senza però tenere conto dei guai giudiziari che avrebbe avuto da lì a poco, proprio nel campo imprenditoriale. In quel tempo Dante Di Dario, un altro big della provincia di Isernia, in veste di presidente dell’assindustria molisana, invocava il riconoscimento della Pasta di Campobasso. Ignaro della crisi che avrebbe colpito, le nostre principali industrie alimentari. Lo stesso Di Dario annnunciava con spirito trionfalistico i successi dell’Arena, il gruppo da lui guidato, che aveva chiuso il bilancio con un margine lordo di 45 milioni di euro. Sull’altra ala, quella termolese, Al-

berto Montano, già sindaco di Termoli faceva sapere di aver costruito un nuovo soggetto politico, sotto forma di Associazione culturale. Che non è durato più di tanto.Nel campo delle imprese i fratelli Enrico e Pasquale Di Giulio, a Campomarino, in 60 ettari, producevano vino nobile molisano sotto l’etichetta Borgo di Collaredo, pronto per l’esportazione. Intanto il manager della Asl Sergio Florio posava per il fotografo e dichiarava di voler ripetere nel Molise l’exploit del Pascale di Napoli che lo aveva visto protagonista. Gli annunci sarebbero rimasti tali: Florio ha fallito, come tutta la sanità regionale. Ed è andato via. Antonino Sozio veniva definito da Il Primo “Il tibetano di Capracotta”. Era assessore regionale e consigliere comunale del suo borgo di montagna. Oltre che bravissimo veterinario, sempre presente sul territorio. Ma dopo un po’ gli sarebbe rimasta solo la professione che ha sempre svolto con zelo e competenza. Per l’amarcord c’era un magnifico ricordo di Giacomo Sedati, uno dei più illustri padri della politica molisana. Nato a Lanciano, ma riccese d’adozione, Sedati divenne sindaco di Riccia a soli 24 anni, facendo capire di che pasta fosse fatto. Nicola Palladino, nella sua rubrica Sport e Società scriveva un magistrale pezzo “Brindo allo sport e a Icaro”, mentre l’altra penna nobile del nostro giornale, Laura Venezia, chiudeva con “Fenomenologia dei saldi”, un fenomeno che, a quanto pare, è in via di esaurimento.

Sergio Florio

Viaggio all’indietro per scoprire le contraddizioni di personaggi e accadimenti della nostra regione secondo Il PRIMO

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di Alberto Tagliaferri

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i Massimo Di Risio, da qualche tempo si parla sempre più spesso, anche fuori dagli argini regionali. Ne ha fatto di strada l’ex corridore di Formula 3, da quando si è messo a costruire macchine. In verità il nostro conterraneo (è isernino) prima di produrle le auto (a Macchia d’Isernia) le ha vendute. In quantità impressionante. Il suo piazzale si perde a vista d’occhio, lasciando gli automobilisti di passaggio sempre più sorpresi. C’è stata poi la seconda fase. Quella che ha seguito la commercializzazione. Vale a dire la produzione di vetture nuove, con un proprio marchio, DR. Ricordate? Le prime auto Massimo Di Risio scelse di venderle negli ipermercati, senza il sostegno delle concessionarie. Lui, re delle concessionarie, ha scelto una strada veramente nuova. Negli anni la DR si è ampliata, modificata, evoluta. Ora gli tocca la sfida più intrigante: rilanciare Termini Imerese, profondo Sud. Lo storico e tormentato stabilimento siciliano della Fiat è stato sganciato dalla casa torinese, ed è passato proprio a Di Risio che lo ha avuto a un prezzo simbolico di un euro. Si, avete letto bene. Proprio un solo euro. A una condizione: che lo rilanci, anzi ne determini la rinascita. Dopo lunghi mesi di trattativa l’operazione è andata a buon fine (almeno per l’acquirente), grazie al vistoso aiuto che gli è stato offerto dal ministero dello Sviluppo. Ci sono 1.566 dipendenti, ex Fiat, che aspettano un domani migliore che ruotano intorno allo stabilimento siciliano. Da oltre due anni i lavoratori dell’azienda si sono visti confinati sulla soglia del licenziamento, senza una prospettiva concreta di rientrare. La situazione si è sbloccata grazie all’intervento del Lingotto che con Marchionne si impegna a pagare quei milioni di euro, in tutto 21, che mancavano per far quadrare gli incentivi alla mobilità. Dal 1° gennaio tutti gli attuali dipendenti dello stabilimento sono entrati in cassa integrazione straordinaria, per due anni; poi scatterà la mobilità per quattro anni. Nel frattempo i 640 dipendenti che in questo lasso di tempo matureranno i requisiti per la pensione otterranno un bonus, al quale provvederà di fatto la Fiat. Gli altri 900 dipendenti che resteranno verranno assorbiti, gradualmente, a incominciare dall’anno in corso, in cui si è progettato di immetterne 240. Entro il 2017 a Termini Imerese si produrranno 60 mila vetture all’anno che verranno vendute non più negli ipermercati, come le prime Suv nate dal marchio DR, ma attraverso la già collaudata rete commerciale messa in piedi negli anni da Massimo Di Risio, l’isernino con la passione dell’alta velocità.

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Quelle storie legate al vecchio stadio P

Dietro il muraglione del Romagnoli, quando via Monsignor Bologna non era ancora aperta al traffico, di sera si appostavano decine di coppiette, in cerca d’intimità di Falcione e Mancini, i baffoni da maresciallo di Armando, il suo cane Lupo, Francesco che traccia il campo usando la cordicella per tenere la riga, le corsie per le rare gare d’atletica disegnate sulla carbonella. E poi la pista d’atletica, protetta dalla passerella di legno, per non subire i soprusi dei tacchetti. Vedo un mondo che non è lo stesso mondo se lo guardi correndo in auto, provenendo da Monsignor Bologna o

dalla discesa del Roxy, oppure passeggiando sul marciapiedi ammantato di alberi a foglia stretta. Da lì il mondo è diverso. Non c’è più il muro, sono venute giù le tribune, non s’odono più i suoni dei tamburi e i canti dei tifosi. E’ rimasto solo un grosso spiazzo, sul quale ancora non sanno cosa fare. Dietro il muraglione del Romagnoli, quando via Monsignor Bologna non era ancora aperta al traffico, di sera si appostavano decine di coppiette, in cerca d’intimità. Mentre si baciavano sentivano dal basso le vibrazioni delle rotaie che solo sul principio creavano un certo disagio. Più in là le prime case che sorgono per il benessere del capoluogo. E poi il grande appuntamento de “La dumeneca a Campuasce”. Chi non ha provato queste emozioni non potrà capire queste parole che gli sembreranno perdute nel tempo. Gli altri -suppongo- riprenderanno a leggere questo pezzo. Per massaggiarsi ancora il cuore. (ge.ve.)

Foto: Felice De Rensis

rovo una nostalgia leggera per il passato. Perché il presente non mi piace, lo rifuggo in quasi tutte le sue espressioni. Campobasso che si va squagliando, i campobassani che si vanno diradando, il calore del tifo che è finito sotto la soglia dello zero, le magliette rossoblù scolorite, il prato che è diventato un tratturo, le tribune scortecciate, il perimetro dell’impianto pieno di buche, le scarse facce amiche e i giocatori che cambiano ad ogni stagione, senza darti il tempo di tenere a mente i loro nomi. Nel ripensare al passato improvvisamente i miei capelli ritornano neri, come i baffi, per leggere non ho più bisogno degli occhiali e il mio cuore ritorna bambino. Sorveglio il circondario e m’accorgo che questa vita m’è sfuggita tra le mani in così poco tempo. Mi sembra ieri il Romagnoli. Rivedo la coppola scozzese di Angelillo, il loden verde di Pasinato, il berrettino con la scritta pubblicitaria di Landolfi, il colbacco di Bronzetti, il montone rivoltato

Uno scorcio della tribuna del Romagnoli con tifosi rossoblù costipatissimi, a differenza di Selva Piana dove i sedili restano quasi tutti vuoti. Nel cerchio Gaetano Mascione affiancato dall’ex Presidente rossoblù Gigino Carnevale. Sempre alla sua sinistra (con sigaretta in bocca) Mario Di Biase.

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Amarcord

Quel giorno di Giugliano-Campobasso I

l 2000 stava per arrivare, eppure si stava consumando una storia che sapeva tanto d’antico. E di buono. Come le tagliatelle della mamma. Le tagliatelle, quella domenica di sole, le mangiarono in fretta i tifosi del lupo. Prima di correre, pieni di ansia, davanti alla Cattedrale. La Rai dispose nella piazza un maxi schermo, per fare seguire lo svolgimento della sfida dei rossoblu, sul campo del Giugliano. Arrivarono in tremila, anche se c’è chi giura che a fine primo tempo fossero almeno cinquemila i guardoni di fede rossoblu. Potere dei calci d’angolo. Magia di uno di quei giochi strani che solo il pallone riesce a fare. Com’è difficile intercettare le inclinazioni del pubblico, capire il funzionamento dei media, spiegare i flussi che condizionano i gusti di massa. Era prevedibile il successo di Giugliano-Campobasso, ma non in maniera così sensazionale: in pochi giorni si mise su uno spettacolo che avrebbe meritato ben altro tasso tecnico. Eravamo appena in Serie D e tutto sembrò almeno di due taglie più grosse. Il prodotto non fu certo dozzinale e volgarotto, ma sicuramente più modesto della cornice che ci costruimmo intorno. Il primo Campobasso dell’Adelmo nel ricordo del tifo e soprattutto di quanti masticano davvero di calcio fu un capolavoro tecnico. Il padrone del lupo, dopo aver appena messo il capo fuori dal campionato regionale, si superò in bravura. Costruendo una squadra magnifica. Che trovò sulla sua strada una straordinaria rivale che giocava sulla terra battuta su un campo piccolo quanto una scatoletta, in cui il pubblico ogni due per tre faceva scuotere la rete di cinta: il Giugliano. Tanto per dare una ripassata al finale: vinse la squadra campana, precedendo di una tacca quella campobassana. 81 punti contro gli 80 dei lupi. Non se ne fece niente neppure con la scorciatoia del ripescaggio: la Lega di C ci vietò di portare quello squadrone là dove sarebbe stato logico. Troppo piccolo lo stadio campano per poter ospitare i tifosi rossoblu. I quali, però, premettero molto per poter assistere alla sfida tre le big del girone. Che non si rivelò neppure decisiva: finì in pareggio (1-1), come all’andata. E allora eccolo il carosello di richieste per far spostare la sfida in un campo più ospitale. Ma il Giugliano (giustamente) non prese neppure in considerazione l’ipotesi. Ridendoci su. Come fece quel tifoso che collegatosi con Tele A, una tv di bassa valenza dell’agro nocerino, in tono di scherno disse: “Dal momento che il nostro campo è piccolo e ci sono migliaia di tifosi molisani che vogliono assistere alla partita, vuole dire che lo giocheremo a Campobasso il big-match”. Ovviamente si giocò dove è giusto che si giocasse, a Giugliano. Ma di campobassani neppure l’ombra. In verità c’ero io per conto di Radio Luna a fare la radiocronaca (tra la folla) e pochi altri, preventivamente mimetizzati. Il nostro direttore sportivo Ciccone arrivò in vespa, con cappellino e sciarpa del Napoli, per non destare sospetti. Il pubblico rimase a casa. Friggendo. Sino a che la sede Rai del Molise, con una appropriata decisione, decise di trasmettere la partita in diretta in piazza. La visione, data l’ora, non fu delle migliori, ma andò bene lo stesso. Segnò prima la squadra di casa, che bloccò la digestione ai nostri tifosi. A metà ripresa, Moretti, con una punizione dal lato destro del nostro attacco, con un tiro-cross, beffò il portiere locale. Segnando. E fu baldoria. (ge.ve.)

Enzo Moretti autore del gol del pareggio rossoblù a Giugliano

Circa 5.000 tifosi seguirono la telecronaca della partita sul maxi schermo in Piazza Prefettura

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Il personaggio

Tutta colpa d

D

ifficile da incasellare in quella griglia stretta destinata alle ragazze che scelgono di salire in pedana. Sarà quella sua aria un po’ così, bella e vagamente distaccata, sarà la sua curiosità di spettatrice militante e appassionata che le conserva l’aria fresca di rosa del mattino, sarà quel sentirsi bella, fatto sta che Maura Manocchio resta un mistero.

Molisana di Campobasso, 18 anni da poco scalati, studentessa con profitto della 5^ E del travagliato Liceo Scientifico in una classe che sfiora le 30 unità, ha la rara capacità di catapultarsi e trovarsi a suo agio in ogni ambiente. Così la vediamo con atteggiamento regale sfilare per diventare Miss Italia, semplice e genuina sulle tavole del Savoia, una ragazza normale tra i banchi di scuola o nei locali della sua città, a divertirsi con i suoi amici. Sogna Maura, certo che sogna. Aveva accarezzato, andandosi a dormire, anche il titolo nazionale di Miss. Poi, nonostante la prepotente bellezza, una bellezza particolare, quindi meritevole di affermarsi in un cast di bellissime, è rimasta a mani vuote. Maura si è ritrovata iscritta per il primato molisano per una coraggiosa iniziativa del padre, Francesco Manocchio, straordinario promotore finanziario (il numero uno di una prestigiosa azienda, tra Abruzzo e Molise). Il papà con il blitz l’ha iscritta al concorso, mostrando anche in quel settore un innegabile bernoccolo. Così Maura non ci ha messo molto a vincere nel Molise e a presentarsi tra le favorite a livello nazionale. Poi le cose sono andate diversamente, perché per affermarsi al concorso gestito dalla famiglia Marigliani oltre alle magnifiche fattezze ci vogliono i voti attraverso le telefonate. E, storicamente, il Molise è pigro a votare. Così perde interessanti opportunità, come con Maura che avrebbe potuto vincere mettendo tutti d’accordo. Dando alla nostra regione un magnifico ritorno di immagine. Di lei si è scritto e parlato a lungo durante i mesi estivi che l’hanno accompagnata prima a vincere il titolo regionale a Larino e poi a misurarsi con le più belle concorrenti italiane. La ragazza non s’era montata la testa quando il sogno stava per materializzarsi come non s’è smarrita quando è tornata con i piedi sulla terra. E’ rimasta quella di sempre, la cocca di mamma Rossana che i compagni di scuola chiamavano la Donna Summer del Molise, ai tempi del liceo.

Sicuramente meritevole del titolo di Miss Italia, la nostra concittadina è rimasta a mani vuote per colpa del televoto. Quest’anno prenderà la licenza liceale e poi vuol fare l’avvocato, ma il suo sogno è di diventare indossatrice

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Maura Manocchio

delle telefonate La famiglia, molto affiatata, si completa con Manuel, un anno più grande di lei e con Honey, un bel cane che gira sornione tra le stanze dell’elegante appartamento di via Alfieri. Maura resta sempre la cocca di nonno Italo Colecchia. Mi sono chiesto, nel vederla solare e immensa, dietro le quinte del Savoia, per la serata destinata agli Oscar e ai Tapiri se ci fosse stata tra le concorrenti di Miss Italia una ragazza più meritevole di Maura. E ho girato la stessa domanda agli spettatori in sala e sui palchi che hanno risposto con uno scrosciante applauso. Non certo dettato dal campanilismo. Ora Maura ha ripreso gli studi con lena e quest’anno chiuderà la prima parte delle sue fatiche sui libri. Le piacerebbe diventare avvocato, una vera e propria principessa del foro. Ma in cuor suo non ha deposto le armi e aspetta una soluzione più consona al suo fisico: diventare una donna impegnata nel mondo della moda. I numeri li ha (è bella di faccia e di personale), deve trovare solo il giusto canale. Perché per le sfilate non basta essere bellissime, serve avere gli agganci con i manager dei grandi marchi. Per ora le resta l’esperienza speciale che ha vissuto in settembre. E si gode il successo, divertendosi a recarsi di qua e di là nei locali che la chiamano come testimonial. In attesa della telefonata giusta che le possa cambiare la vita. (ge.ve.)

Maura Manocchio in teatro mentre mostra la sua prepotente bellezza; in un primo piano artistico e in formato famiglia con i genitori Francesco e Rossana, il fratello Manuel e il fedele Honey

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di Daniela Martelli

Promossi a pieni voti i presepi, bocciate le bancarelle

S

i, però i soldi sono pochi. E senza soldi non si fa un bel nulla. Ma nel Molise ci saremo aspettati di più, per festeggiare il Natale. I fari sono rimasti bassi. Specie a Campobasso, più lacrime e sangue che sorrisi e botti (Voto: 5). Negli altri centri maggiori (Voto: 6) non è che si sia scialato troppo, ma perlomeno qualcosa si è tentato di fare. Nel capoluogo per il secondo anno consecutivo si è proceduto pancia a terra (Voto: 5). Forse per non farsi cogliere dalla protesta della gente che, a dir la verità, non che avesse poi tutta questa voglia di festeggiare. Ma avrebbe gradito qualche luminaria in più e, magari, alcuni appuntamenti goderecci, al chiuso e all’aperto.

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Ci sono stati alcuni commercianti che hanno agito in proprio ad illuminare le vetrine dei propri negozi (Voto: 6), in cielo è stato steso qualche filo rallegrato da luci fosforescenti (Voto: 5), poco altro. Tra i privati, grazie al Rettore Aldo Barletta, ha fatto ancora una volta la sua parte il Convitto Nazionale Mario Pagano (Voto: 8) che ha presentato nel suo orto botanico una girandola di colori e di luci che è stata apprezzata unanimamente. Nonostante l’intralcio del mal tempo Città Viva (Voto: 8) ha confermato il suo impegno, unito al genio e alla laboriosità di decine di persone che hanno animato il presepe che si è svolto in Villa Comunale, ovvero Villa De Capoa, in onore della famiglia che l’ha donata al comune. Ci sono rimasti male gli esercenti del centro storico quando hanno saputo dello spostamento del sito rispetto agli ultimi due anni, ma in compenso si sono riscattati dando vita a una bella serata (rovinata da una leggera nevicata) con otto ristoranti del luogo come protagonisti (Voto: 7). Restando in campo presepistico ha fatto sfoggio della sua arte Antonio Guarino che per il secondo anno ha riproposto, in un’ala della sua villa in via Carducci, un imponente presepe napoletano (Voto: 8). Ha confermato il suo impegno e la manualità artigianale Giovanni Teberino che ha

esposto nella sala dei Misteri, in via Trento (Voto. 7). Buono anche il risultato della mostra dei presepi nella Città nella Città, intitolato a Mario Di Biase (Voto: 7). Apprezzata la natività collocata al centro della vasca del Municipio (voto: 8). Da dimenticare le bancarelle del corso (Voto: 5), autentiche baracche, con poco stile e con merce di basso livello. L’unica consolazione è stata rappresentata dalla presenza di quegli ambulanti che hanno dato un tocco di festa a una città altrimenti addormentata (Voto: 6). Apprezzata la mostra fotografica “Brasiliano” alla Provincia (Voto: 7), con le foto di alcuni tra i personaggi più cari ai campobassani. Il punto più alto degli eventi è stato rappresentato dal concerto di Capodanno, diretto dal maestro Gennarelli (Voto: 8), con due tappe: Campobasso e Isernia. Significativo il contenuto culturale che è arrivato dall’AxA di Palladino editore (zona industriale) dove hanno esposto in coppia Antonio D’Attellis e Flavio Brunetti (Voto: 8). Un voto di incoraggiamento agli amici del Bar Lupacchioli (Voto: 7) che hanno fatto i fuochi di Natale, ma non si sono ripetuti a Capodanno (Voto: 4). Sono piaciute intanto le Maitunate a piazzetta Palombo (Voto: 7), in attesa che qualcuno le sostenga come messaggio della tradizione campobassana.

La Befana scende da Palazzo San Giorgio per la gioia dei bambini; a lato una splendida immagine della Natività al centro della fontana del Municipio di Campobasso


di Walter Cherubini

Il parco abbandonato tefano Benni ha scritto “Il bar in fondo al mare”, luogo fantastico dove s’incontrano personaggi eclettici, strani, avventizi, dalla cui mente scaturiscono le bizzarre storie che animano i racconti. Campobasso non ha il mare, e allora qualcuno, anni fa, ha pensato bene di costruire una sorta di parco sotto le tangenziali, tra San Giovanni e Vazzieri. E’ stato programmato un percorso podistico, dotato di attrezzi ginnici, nell’ambito del progetto “Policrosalus”, un’idea del professor Giovanni Notarnicola che ha ideato esercizi fisici da eseguire lungo il vialetto, con difficoltà caratterizzata dal colore degli attrezzi usati. E’ tutto intatto, lungo il percorso, ma l’incuria è

S

massima. La scelta iniziale non si è accompagnata ai necessari supporti logistici e urbanistici, tanto meno a quelli per la sicurezza. Il vialetto di conseguenza si sviluppa di fianco e sopra canali di scolo e raccolta acque, vere e proprie fogne a cielo aperto che scendono verso valle. Per quanto originale, l’area è di fatto impraticabile, nonostante i nuovi palazzi sorti nei pressi abbiano scale di raccordo per scendere nel parco ricavato sotto la tangenziale. Il degrado e l’abbandono, hanno reso quei luoghi terra di nessuno, buoni per tossici e affini, come dimostrano in modo spietato le immagini in pagina. Al ritorno in superficie, tra la folta erba selvatica spunta un

piccolo parco giochi su uno spiazzo con prato sintetico, la cui fruibilità è purtroppo minima. Il posto pullula di bottiglie svuotate e vetri rotti, segno di frequentazioni non certo virtuose. L’esistenza dell’area attrezzata è sconosciuta e ciò spiega l’indifferenza generale.

L’entrata

Il ponte inutile (verso il traguardo)

Primo esercizio

Nell’area tra Vazzieri e San Giovanni, sorge un parco in completo abbandono, che si sviluppa sotto i viadotti della tangenziale, lungo canali di scolo e con un percorso podistico suggestivo nelle intenzioni, intervallato da attrezzi ginnici e un mini parco giochi in superficie. Luoghi abbandonati, inevitabilmente diventati ricettacolo di tossici e malintenzionati, per nulla fruibili dai cittadini Fitness all'aria aperta

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OSCAR & TAPIRI

Le immagini della festa della Gazzetta e dei Il Primo al Savoia

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Iorio e Di Bartolomeo sugli scudi U

na bella festa. Con tante autorità politiche. Il Savoia per una sera ha ospitato il Ghota dei consiglieri regionali in carica. A cui si è unito anche qualcuno che non è stato rieletto. A testimonianza del sereno rapporto con le due testate del gruppo A.I. Communication che fa capo a Ignazio Annunziata. L’appuntamento è stato fissato in agenda al Savoia di Campobasso ove sono stati attribuiti gli Oscar e i Tapiri della Gazzetta del Molise. Per gli organizzatori non è stato difficile stilare la classifica: hanno fatto il ricaccio delle copertine dei giornali di tutto l’anno. Dalle quali è emerso che è stato Michele Iorio a ricevere i maggiori oscar: in contrapposizione è stato Gino di Bartolomeo, sindaco del capoluogo, ad aver messo insieme il nu- Di Bartolomeo (tapiro) e Iorio (oscar) posano per il fotografo (Andrea mero più alto di tapiri. Silvaroli) al termine della serata al Savoia, accanto al conduttore GenIn verità è stata stilata naro Ventresca, all’editore Ignazio Annunziata e a Maura Manocchio, una classifica vera e propria Miss Molise 2011 e collaboratrice sul palco. che ha abbracciato i primi dieci delle due categorie. Per cui sul palco sono saliti di- scena, senza mai apparire ingombrante. Il conduttore versi personaggi, quasi tutti appartenenti al mondo della della serata si è domandato e ha interrogato il pubblico politica regionale, visto il taglio che il quotidiano free che cosa mancasse alla nostra concittadina per raggiungere l’ambito titolo di Miss Italia. “Nulla” ha risposto il press si è dato. A condurre l’elegante serata è toccato al nostro diret- pubblico in sala che ha dato risalto alla sua affermazione tore editoriale Gennaro Ventresca, mentre il direttore re- con un lungo applauso. La serata è stata condita con un intrigante spettacolo, sponsabile Angelo Santagostino è rimasto seduto in prima iniziato con l’esibizione formidabile di Tiziano Palladino fila, accanto al Governatore e alle altre autorità. Per l’occasione il gruppo editoriale si è superato, rega- (mandolino) e Isidoro Nugnes (Chitarra), per passare a Michele Di Maria (chitarra classica), per completarsi con lando ai convenuti un meraviglioso volume di ampio formato, nel quale sono state racchiuse tutte le copertine delle la straordinaria esibizione di Rosalia Porcaro, artista di due testate (La Gazzetta e Il Primo) del 2011. Assieme al li- Zelig, Colorado e Marchette che ha conquistato il pubblico brone gli ospiti hanno potuto ricevere di prima mano anche con una elegante e convincente performance di cabaret, l’ultimo numero del Il Primo, fresco di stampa che in co- senza sbavature. (da.ma.) pertina annunciava l’evento del Savoia. E’ toccato ad Adalberto Cufari illustrare in maniera brillante il significato della raccolta delle copertine; mentre un gruppo di giovani tecnici ha presentato l’innovativo progetto tecnologico….. Scintillante nella sua bellezza, frammista alla semplicità dei suoi 18 anni, Maura Manocchio che ha rappresentato il Molise all’ultima edizione di Miss Italia, ha occupato la

Al Governatore l’Oscar e al Sindaco il Tapiro dell’anno


Carmelo Parpiglia premia Filoteo Di Sandro

Pierpaolo Nagni riceve l’oscar dal direttore Angelo Santagostino

Pippo Palazzo consegna il tapiro a Gino Velardi e in alto consulta il volume che racchiude le copertine dei numeri della Gazzetta e del Primo con Rosario De Matteis

A Franco Giorgio Marinelli l’oscar

Pippo Venditti bacia l’assessore Angiolina Fusco, dopo averle consegnato scherzosamente il tapiro

Uno scorcio del pubblico in sala: in seconda fila, tra gli altri, il dott. Bianchi, titolare della Ittierre, accompagnato dal figlio

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Il

Mix di D’Artagnan Il paradosso di Pilone

Francesco Pilone

Ci stiamo ancora chiedendo quanto sia strana, a volte, la vita. Prendete Francesco Pilone. Dopo essere stato per dieci anni la figura di spicco del centrodestra a Palazzo San Giorgio, si è ritrovato fuori dal consiglio, una volta che lo schieramento a cui ha fatto capo ha vinto le elezioni. Mandando a casa, dopo 14 anni il centrosinistra. Senza dover ricorrere alla sfera di cristallo non ci volle molto a immaginare Pilone tra i primissimi eletti e un sicuro pretendente a un assessorato. Invece è rimasto con il naso all’insù. A guardare la luna. Bruciato in fotofinish dall’amico-rivale Michele Ambrosio, uno dei pochi che negli anni di vacche magre per il centro-destra ha dato battaglia consiliare. Salvo poi ritrovarsi sull’uscio, pagando a caro prezzo il suo errore di superbia, quando seguì Ruta, lasciando i vecchi amici. Pilone ha perso per tre voti, vale a dire per il voltafaccia di una famiglia. Che sicuramente ha sempre considerato amica, ma

che all’atto di votare ha fatto una virata. Forse perché sicura di non arrecare d’anno a Francesco. Si scrisse che Di Bartolomeo avrebbe usato tutto il suo mestiere per ripescare Pilone, elemento eccellente che avrebbe fatto aumentare il tasso di competenza della maggioranza. Numericamente straripante, ma anche così povera di mente pensati. E di parlatori efficienti, capaci di bucare il video, durante i dibattiti televisivi. Non a caso sembra indiscusso che Pilone rappresenti uno dei punti più alti tra gli argomentatori dei problemi del Palazzo. Il suo eloquio, unito alla grinta, ne hanno fatto un brillante rappresentante del popolo. Che lo ha stimato più a parole che a fatti. Pilone è rimasto fuori dal portone. Perché chi perde le elezioni, qualche volta, resta veramente a piedi. Lui le elezioni le ha perse, come dimostrano i numeri. Ma Campobasso ha perduto un valentissimo amministratore. E questo è un vero peccato.

Cartolina di Campobasso

E

Che bella Villa De Capoa

rano gli anni 60, l’età dell’innocenza, in cui eravamo giovani e il mondo si spalancava, generoso, davanti ai nostri occhi. Campobasso era un piccolo centro, raccolto e affettuoso. In cui c’era molta più intimità di quella che esiste oggi. Noi ragazzi eravamo abituati, ogni giorno, specie con la bella stagione, farci una puntatina in villa comunale, restituita più avanti al suo nome, De Capoa, in onore della nobile famiglia che ne fece dono alla città.

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Vi invitiamo a porre un minimo d’attenzione allo stato dell’arte: il chioschetto in piena salute, la fontanella che spruzza gioiosamente acqua, i vialetti ben tenuti e le due ragazze, in abito bianco a campana, che si apprestano a fare una passeggiata, in cerca di qualche corteggiatore. Tra quei vialetti circondati da siepi di mortella che sono sbocciati infiniti amori. Ci siamo dati baci e abbracci, facendola franca, malgrado l’occhio vigile e severo di un guardiano autoritario come un gendarma.


Lettera a me stesso

di

Gennaro Ventresca

Bentornato dialetto campobassano C

bono imparare una seconda lingua: il dialetto. Gli esperti assicurano che i riferimenti storici mostrano la dignità bella e profumata delle nostre radici. Nei programmi scolastici o quantomeno in uno dei tanti progetti che si fanno nella scuola moderna stanno per introdurre il dialetto. Per quel che ne so alcune maestre lo fanno già, proponendo ai loro bambini poesie campobassane e preparandoli a recitare in dialetto. Stiamo per produrre bambini bilingue (italiano e dialetto) che, per quel che se ne sa, dovrebbe avvantaggiarli a imparare l’inglese e lo spagnolo, il tedesco e il cinese. Il dialetto che veniva considerato il difetto ora, orgogliosamente, sta tornando in auge. La cosa non mi dispiace, visto che cado spesso nell’uso del dialetto, cercando

inutilmente di correggermi. Ora non dovrò farlo più. Parlare “campuasciano” diventerà un vanto. I ripesi non dovranno mascherare più la loro “a” trasformata puntualmente in “e”. Potranno finalmente dire orgogliosamente al bambino: “Luigino vai a raccogliere lù pellone”. Una cosa non mi va però giù. C’è una giovane collega a Raitre Molise, credo di ceppo pugliese, che durante i suoi servizi e le sue interviste usa una fonetica che smaschera crudelmente le sue origini. Che ben venga il dialetto, ma che sia quello molisano. Lo tengano presente i dirigenti Rai quando decideranno di fare nuove assunzioni: nel bando del concorso tra i requisiti scrivano anche: indispensabile la conoscenza del dialetto molisano.

Bambini di ieri e di oggi tra i banchi di scuola: ai primi i maestri hanno tentato di sfrondare le forme dialettali; ai secondi invece stanno tendando di inculcargliele

AT T U A L I T A’

arissimo, ho appena ritrovato alcuni quaderni della Prima elementare di via Roma, l’unica scuola di quel tipo che ai miei tempi c’era a Campobasso. Pagine di aste, di quadratini, di cerchi e triangoli. Minutaglie della pedagogia di quegli anni. Per trovare le letterine e poi i numeri ho dovuto consumare più d’un quaderno dalla copertina nera. Una mattina la maestra, una signora rotondetta con gli occhiali da vista con la montatura pesante, decise di iniziarci alla lettura. Alla lavagna scrisse la “i” che accompagnava un disegno a forma di triangolo con il manico e chiese a un mio compagno: “Venditti, questa è la lettera “i” di…?” Il mio coetaneo, rispose con prontezza: “Di muttillo”. Scoppiammo tutti a ridere, mentre la maestra, con aria greve lo rimproverò aspramente, urlandogli: “Somaro, tu stai parlando in dialetto”. Parlavamo un po’ tutti in dialetto ai miei tempi. Il bambino (Venditti) “imbuto” in famiglia non l’aveva mai sentito nominare. Ecco perché rispose “muttillo”. Ci abbiamo messo anni di sacrifici per fare la traduzione simultanea dei termini dialettali, trovandoci spesso in difficoltà davanti ai “pezzi grossi”. Il timore di sfornare qualche termine campobassano era forte, ecco perché ci voleva la massima concentrazione quando si veniva interrogati dal direttore o dalla preside Amoroso, una donna di una severità teutonica. A dirla tutta proprio poco tempo fa mi sono complimentato con una giovane madre che portava per mano due vispi bambini delle case popolari di piazza Venezia. Senza volerlo ho ascoltato il dialogo familiare. I bambini, in quel breve tratto di strada, hanno esposto i loro concetti in modo sicuro e chiaro, parlando un italiano corretto, infarcito di aggettivi appropriati. Mi sono detto: “Altro che i miei tempi. Ora i bambini parlano tricolore anche nelle famiglie di operai”. E, invece, sbagliavo. Almeno stando a ciò che sta diventando uno degli argomenti del momento: il ripristino del dialetto. Ci abbiamo messo tanto per avvicinarci al toscano che fu preso a modello nella questione della lingua e ora ci dicono che i nostri ragazzi deb-

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di Gegè Cerulli

Lunga vita ezzo secolo. Tanto è passato, da quando è nata la Polisportiva Molise. In una città in cui quasi tutto finisce in un baleno fa notizia sapere che lo zoccolo duro sia rappresentato proprio dallo sport. La Virtus da una parte, dirimpetto la Polisportiva Molise. Entrambe amanti dell’atletica, anche se va detto che la società di Carmine Dato ha iniziato qualche anno prima, partendo dal calcio che ora non pratica più. Certo 50 anni sono veramente tanti. A Campobasso, poi, sono un’eternità. Perché qui tutto finisce in fretta. Ci si stanca presto, finendo col litigare. Così abbiamo visto sfiorire in un mattino esperienze che sembravano destinate a durare in eterno. Come nel basket e nella pallavolo sport che erano riusciti a catturare l’attenzione delle famiglie. Tonino Di Tullio è stato il primo presidente della Polisportiva Molise. Come sede, mezzo secolo fa, chiese ospitalità al Centro Sportivo Italiano, in via Palombo, al primo piano. Per i primi passi bastò una scortecciata scrivania in mogano e una sedia, altro che poltrona. Pian piano le cose sono andate meglio. In tutti i sensi, anche se s’è stato un momento in cui la Molise ha vacillato. Per riprendersi urgentemente, grazie all’argento vivo di Toni Bussone che non s’è arreso. E ha rimesso in piedi i pezzi, attaccandoli uno per uno con un mastice formidabile. Oggi il presidente è Franco De Lellis che sta in sella da tanti anni. I suoi baffi bianchi parlano di

M

POL MOLISE

Tonino Di Tullio, primo presidente della Molise, società nata nel 1961, premia Tonino Bussone factotum della Polisportiva

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Dopo la Virtus anche l’altra società di atletica ha festeggiato i 50 anni

Una foto d’epoca che ritrae il tecnico Bussone con alcuni atleti (primo a destra Sergio De Castro)


alla Polisportiva Molise un uomo antico, ma non stanco. Come conferma la sua vivacità a tenere in piedi le sorti dell’atletica molisana, oltre a quella della sua società. Che ha in Bussone il suo volano. Bussone e la Molise sono una cosa sola. Da sempre. Pur avendo una sede e validi collaboratori la Molise ha una segreteria volante, concentrata in una borsetta nera plastificata che Bussone tiene stretta sotto braccio. E in cui ci infila comunicati, regolamenti, cartellini e bollette da pagare. Era vestito in paile Bussone ai 50 anni della Molise. Chi se lo aspettava in giacca e cravatta vuol dire che non lo conosce affatto. Anche se c’è chi giura di avergli visto infilare una giacca scura, sopra una maglia a girocollo, in occasione di un matrimonio. Toni si era avviato un anno prima per santificare il “gran giorno”. Così si è messo a fare il monaco cercatore, ha prenotato la sala, ha tenuto i rapporti con gli enti e ha contattato uno per uno gli ospiti, di riguardo e comuni. Alla fine è stato premiato dalla presenza di un oceano di persone che hanno accolto piacevolmente il suo invito. Eddy Ottoz e Nicola Candeloro sono stati gli ospiti d’onore al Rinascimento. Con fisici ancora aitanti i due ex campioni d’atletica sono stati traditi solo dai loro capelli bianchi e dai baffi in tinta, dell’ex ostacolista. Sono giunti da ogni parte d’Italia vecchi atleti della società che, favoriti anche dal clima natalizio, non hanno voluto mancare alla grande festa. Tra gli altri Vittorio Ramacciato, ex campione nazionale di campestre che vive da oltre 40 anni in Umbria.

Nicola Candeloro Eddy Ottoz

Mario Perna

La società di De Lellis si nutre soprattutto dell’entusiasmo di Toni Bussone che ne è l’anima La sala dell’Hotel Rinascimento gremita: in primo piano a destra Renato di Soccio autore del servizio fotografico che accompagna il testo della festa della Molise

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di Gegè Cerulli

Maitunate anche nel capoluogo S

EVENTI

i, però: le maitunate sono roba di paese. Ma Gambatesa ci ha costruito una tradizione. Si, però: spesso sono anche un po’ scurrili. Ma, intanto, i cabarettisti di Zelig lo sono molto di più e vanno in prima serata sulla rete ammiraglia di Mediaset. Si, però: sono cantate in dialetto stretto che non tutti capiscono. Ma, intanto, nelle scuole elementari le maestre stanno facendo studiare il dialetto ai loro bambini. Come potete notare a ogni eccezione c’è una risposta pronta, completamente a colori. Questo giornale si fa promotore di un rilancio delle iniziative popolari campobassane. A iniziare proprio dalla musica semplice che penetra nelle vene e poi nei cuori della gente. E, per caduta, delle maitunate che sono robetta spicciola, di basso livello artistico. Ma, intanto, piacciono sempre. Non solo ai “paesani”. Ma anche a certi boriosi “cittadini” che fingono di fare i professoroni, tenendosi a debita distanza. Lo spunto per lanciare una proposta seria ai nostri amministratori ce la offre un gruppo che abbiamo chia-

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mato “i soliti quattro” (Salvatore Di Cesare, Antonio Mandato, Lino Iacobucci e Nicola Mastropaolo), il quale gruppo, per gioco e quindi per piacere, due volte all’anno si diletta a dar vita a uno spettacolino all’aperto. Due le date: 31 dicembre e 17 gennaio, vale a dire ultimo dell’anno e Sant’Antonio Abate. In entrambe le occasioni i cantori riescono a catturare la simpatia del pubblico che con gli anni (tempo permettendo) diventa sempre più numeroso. Siccome gli orchestrali sono bravi e il cantante ideatore delle maitunate (Nicola Mastropaolo) ha una feconda vena poetica, ci sembra il caso di iniziare a puntare a qualcosa di più importante per il futuro. L’abbiamo capito: con o senza Di Bartolomeo di soldi pubblici non ce ne sono più. E allora se vogliamo dare un pizzico di effervescenza alla vita campobassana durante il periodo di feste bisogna in qualche modo organizzarsi. Cercando di sfruttare al meglio le risorse locali. Che esistono, solo che non vengono utilizzate come il caso richiederebbe.

C’è una fertile produzione di musica campobassana che dopo la scomparsa di Benito Faraone ha avuto un momento di appannamento. Ci ha dovuto pensare l’ottimo e rifinito Adriano Parente per non far morire il filone. Di recente si sono allineati anche i componenti di Noflaizon che hanno inciso “A tiemp’ a tiemp’”; non bisogna dimenticare poi i New Harlem che nel loro vastissimo repertorio hanno infilato le più belle canzoni campobassane. Ma è poco, o quantomeno saltuario. Per questo sarebbe opportuno mettersi intorno a un tavolo per dar vita almeno a un paio di manifestazioni annuali, puntando su cantori, autori, orchestrali, attori e, come nel caso specifico, su gruppi pronti a estrarre le strofette che vanno sotto il nome di maitunate. Le quali piacciono ai più e, se ben inquadrate in un contesto, finiranno col piacere anche a quelli dal palato raffinato. Abituati a criticare, a prescindere.

Le recenti esibizioni dei “soliti quattro” ha aperto una prospettiva per il futuro

Lino Iacobucci, Nicola Mastropaolo, Antonio Mandato e Salvatore Di Cesare

A fine anno e a Sant’Antonio Abate la gente gradisce le strofette in rima, ma ci vuole altro per tracciare un percorso per creare una tradizione


di Domenico Fratianni

uando incontrai lo scrittore Luigi Compagnone nelle sua bella casa di Gragnano, tra una montagna di libri e di quadri (la sua compagna era una valente pittrice), mi parlò, oltre che di varia umanità, anche e soprattutto delle “ragioni narrative” che lo vedevano protagonista unitamente ai suoi compagni di cordata: Prisco, Rea, e -soprattutto- Luigi Incoronato. Me ne parlò con trasporto, non solo perché ero molisano come lo scrittore di Ururi, ma perché riteneva che Incoronato meritasse ben altro, e molto di più, dalla critica ufficiale, spesso assente o disattenta. Riteneva che il Nostro fosse il più inquieto di tutti; una inquietudine creativa che lo portava ad indagare (in un momento particolare della storia del nostro Paese), in maniera sempre più profonda nell’animo umano, tra realtà e sogno. Ho poi ritrovato Compagnone (c’era anche Prisco) a Ururi, in occasione della festa commemorativa dedicato a Incoronato, nell’aula consiliare della cittadina basso molisana con il sindaco Plescia a fare gli onori di casa. Compagnone, in quell’occasione, mi commosse per il trasporto che mise nel suo intervento/commemorativo tanto che più volte dovette frenare la sua commozione. Luigi Incoronato e la sua scrittura, dunque, fatta di un realismo magico e, spesso, pieno di pietas. Ho ritrovato Incoronato prima nel bel volume titolato: “L’imprevisto ed altri racconti” (a cura di Francesco D’Episcopo e Miriam Lombardi, edito da Tullio Pironti), e successivamente ma avevo già letto “Morunni“ e “Scala a S. Potito”-, nell’altro volume dal titolo singolarissimo: “Gli Apaches del Molise” e altri racconti di emigrazione, amorevolmente donatomi dallo stesso curatore del volume, Francesco D’Episcopo, unitamente a Miriam Lombardi, edito da “Il Grappolo“ S.a.s. In questo

(da un racconto di Luigi Incoronato)

singolarissimo volume, c’è tutto lo spirito molisano, pastore consacrato alla fatica ma, sempre proiettato a raggiungere il proprio obiettivo. Un molisano ricco di inquietudine, che lo induce a viaggiare sempre, soprattutto con la mente, per inventarsi “nuovi mondi“, senza per questo tradire mai la propria terra di origine. Questa inquietudine nasceva da quel fenomeno straripante dell’emigrazione che, per Incoronato, non era mai stato visto come fenomeno di partenza senza ritorno, ma, invece, come affrancamento di una condizione umana succube e perdente. Una scrittura che aveva la forza di non scadere mai nella facile retorica o in una sorta di sociologia scontata. Perciò, il racconto “Gli Apaches del Molise“, da cui è nata questa mia necessità all’ascolto,

entra più che mai in questa dimensione della penetrazione psicologica, in cui gli stessi protagonisti, vivendo il fenomeno migratorio (soprattutto i giovani, perché ai vecchi restava solo il rimpianto), affrontano il problema con più lucida visione, consapevoli che il paese significa solo miseria e arretratezza. Ecco, allora, che Incoronato, da scrittore di razza, tira fuori La sua osservazione critica narrativa, giocata tutta sull’idea ironica del molisano che, per le sue specifiche caratteristiche fisiche e psicologiche, si offre come “comparsa” in un film western, contravvenendo (quasi trattandosi di una breve “sospensione“ di vita, come nota bene D’Episcopo), al suo vero lavoro di manovale/muratore. Uno sdoppiamento che, ad una prima lettura, mi aveva fatto male al cuore; perché, pensavo, che al di sopra di tutto egli -il molisano- tenesse soprattutto alla propria dignità umana. Era, in parallelo, la stessa dignità che i veri Apaches avevano dovuto mostrare per la difesa delle proprie “riserve”, contro la violenza dei conquistatori e colonizzatori. Il mio personale dolore, a prima lettura, scaturiva dall’idea che il molisano potesse essere in qualche modo contaminato, cambiato e illuso da questa trovata cinematografica. Ma Incoronato (uno tra gli scrittori più spiazzanti del nostro inquieto Novecento), rimette le cose al loro posto, facendo rientrare il molisano attore, in un circolo naturale di valori e rapporti umani. E la stessa idea di emigrazione, diventa, per l’autore, una certa “transumanza“ del cuore e della mente, in quello spazio -a volte drammatico- in cui la vita e la letteratura (ma direi l’arte nella sua totalità) si incrociano per continuare sempre ad esistere.

ARTE & CULTURA

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Gli Apaches del Molise

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di Walter Cherubini

Molise 2020, cronache dal futuro RUBRICHETTA

15 gennaio 2020

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Autostrada, spunta un dossier Massimo Romano ha indetto una conferenza stampa per presentare il convegno sull’autostrada del Molise, nel corso del quale sarà presentato un dossier su tutte le storture dei lavori in corso. Ospite della serata Giannantonio Stella, l’ex editorialista del Corriere della Sera reso celebre dalle inchieste sulla casta.

4 aprile 2020 Termoli, restauri in stazione Al via i lavori per ridare decoro alle banchine della stazione di Termoli. Finalmente, è il caso di commentare! Da molti anni, infatti, i disagi per gli utenti sono notevoli, non solo per il gelido corridoio del vento che si sviluppa sui binari, senza che sia stato approntato sui marciapiedi nessun casotto per ripararsi, come nella vicina Pescara. I monitor per le informazioni si sono arrugginiti e non funzionano da decenni, i pannelli in plexiglas a protezione dei cartelli relativi ad arrivi e partenze sono imbruniti dal sole, gli orologi non sono sincronizzati tra loro. La bella copertura risalente agli anni 30 della parte vecchia della stazione e delle banchine, è ormai arrugginita. Le ferrovie hanno annunciato opportuni interventi, dopo la presa di posizione dell’onorevole Gino Velardi, il quale ha ottenuto anche

l’attivazione di due fermate aggiuntive per i nuovi treni veloci in servizio sulla linea adriatica.

29 aprile 2020 Traffico, referendum a Campobasso Il Consiglio Comunale ha approvato la proposta del consigliere Poleggi sulla necessità di un referendum sulle nuove misure per snellire il traffico approvate dall’assise comunale. La consultazione, che avrà scopi d’indirizzo e non sarà vincolante, si svolgerà la domenica successiva al Corpus Domini.

14 luglio 2020 Isernia, D’Ambrosio si candida Ha deciso di sfidare Danilo Leva, il senatore Al-

fredo D’Ambrosio, nelle primarie che dovranno individuare il candidato di centrosinistra da opporre a Rosa Iorio per lo scranno più alto di Palazzo San Francesco. Ottimista come sempre, D’Ambrosio potrà contare sull’appoggio dei centristi della coalizione e sul voto disgiunto, che si annuncia massiccio.

29 settembre 2020 Nuovo sponsor per Capone, è l’Ikea Il Campobasso calcio ha finalmente trovato uno sponsor di prestigio. Dal prossimo mese, infatti, sulle maglie dei rossoblù comparirà la scritta Ikea Casoria, grazie all’accordo raggiunto tra i responsabili dell’azienda svedese che opera in tutta Italia e il Di-

rettore Generale Gigi Molino, frequentatore assiduo della struttura a due passi dal casello autostradale di Napoli.

19 novembre 2020 Messere – Albanese, pace fatta Si è conclusa con una stretta di mano la lunga disputa tra l’avvocato Arturo Messere e il maestro Franz Albanese, dopo le polemiche per i concerti celebrativi nella festa della Regione del 2011. Il celebre direttore d’orchestra ha convenuto con l’illustre principe del foro campobassano un risarcimento simbolico e scherzoso: parteciperà come musicista alla prossima edizione delle “Maitunate campuasciane" che si svolgeranno alla fine dell’anno.

La foto curiosa Parcheggi deficienti

U

n esempio di educazione civica nel capoluogo è rappresentato dal modo di parcheggiare in punti critici, con una sorprendente solerzia nell’ignorare ogni regola della convivenza civile.


Zibaldone

di Eugenio Percossi

Conosco un posticino

I ristoranti del centro storico N

ella parte vecchia di Campobasso sono nati, nel corso di questi ultimi anni, una serie di locali per i giovani che hanno ravvivato l’ambiente. Assieme a loro si sono consolidati anche altri siti che ospitano altrettanti ristoranti, che vanno per la maggiore.

La canzone popolare va tutelata I

l periodo di festività natalizie e di fine anno, ha visto riproporre in tutta la regione la più autentica canzone popolare, espressa attraverso concerti, manifestazioni di piazza e serate dedicate alle celebri e antichissime “Maitunate”. La canzone popolare è espressione diretta della cultura di una regione, riassumendo in sé storia e costume, una sorta di pianta della miseria, umile e modesta ma indistruttibile. Riaffiora ogni tanto, suscitando commozione, suggestioni, ricordi ma soprattutto un feeling tra la gente che si fa sentimento comune. E’ sorprendente come questo tesoro di arte popolare, non riesca a trovare adeguata considerazione nel mondo culturale e di conseguenza non sia tenuta in debito conto dai politici. Un vero peccato. Confidiamo molto sotto quest’aspetto nelle menti illuminate che dovranno dare lustro al Molise attraverso la Fondazione Cultura, dove, a costo minimo, andrebbe trovato uno spazio adeguato per una discoteca che raccolga questa espressione artistica che alimenta la memoria storica della regione. Ricordiamo che un appello in tal senso, molti anni, fu fatto dal nostro compaesano Fred Bongusto per la tutela della Canzone Napoletana, a ragione considerata patrimonio culturale universale. Appello andato a buon fine. Nel nostro piccolo, è necessario di conseguenza fare ogni sforzo per dare dignità a un genere che sempre ci appassiona e spesso ci emoziona.

I L S A S S O L I N O

Ciò che piace in tutto questo è che i titolari degli otto esercizi commerciali vanno d’amore e d’accordo. Come certificano alcune iniziative congiunte, volte a rilanciare il borgo antico, verso il quale si sono fatte più parole che fatti. Miseria e nobiltà, l’Approdo, Mazzamauriello, Eredi Cerone, Il Potestà, Monticelli, Il Sagittario ed Enotria posti l’uno accanto all’altro per lanciare un messaggio forte alla città in fatto culinario. Ognuno con un proprio stile, una clientela, una cucina tipica si è dato un tono e aspetta di raccogliere finalmente i risultati. In verità c’è Il Potestà, che cucina pesce da oltre 25 anni, ha alle spalle una sua storia. Ma anche gli altri, seppur più giovani, stanno facendo sforzi per farsi apprezzare anche dai palati più esigenti. Chi li sceglie va sul sicuro. Campobasso deve ringraziare questi esercenti che, con coraggio, hanno scelto come location il centro storico, per non far seccare le radici cittadine. E i campobassani dovrebbero premiarli maggiormente, scegliendoli per trascorrere autentiche serate per i golosi.

separati dalla nascita

Donna Summer e Rossana Colecchia

Donna Summer

Rossana Colecchia

I

n questo spazio non ci eravamo mai occupati di donne. Ma c’è sempre una prima volta. Così abbiamo intravisto una certa somiglianza tra la star internazionale di musica pop Donna Summer e la nostra concittadina Rossana Colecchia. Che, non a caso, i compagni di scuola della Ragioneria, negli anni giovanili hanno ribattezzato la Donna Summer del Molise. Donna Summer è una vedette nel campo della musica, i suoi concerti hanno fatto sempre il tutto esaurito e la vendita di dischi è stata altissima. Rossana Colecchia appartiene a una distinta famiglia del capoluogo e si è sposata con Francesco Manocchio, fecondo promotore finanziario. Dalla loro unione sono nati Manuel e Maura Manocchio, quest’ultima incantevole Miss Molise 2012.

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