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Da leggere (o rileggere)
fastidio e lo fa apposta; mi chiama persino a gran voce per i corridoi. Io neanche mi giro, come chiamasse un’altra, però è una situazione che deve finire.
Sto meditando come, perché lo sgambetto dell’altro giorno, con il bastone fra i piedi mentre passava in corridoio con il carrello delle merende per gli allettati, non è riuscito. Sì, è inciampata, ma è riuscita ad appoggiarsi al corrimano e non è caduta. Il carrello è andato avanti da solo, mezzo metro o poco più. Sono riuscita a ritrarre il mio bastone, nessuno si è accorto, nemmeno lei, anche se ha sibilato un «questa me la paga» minaccioso ma generico. Per darle una lezione vera, però, ci vuol altro che uno sgambetto. Ci penserò, tanto non ho nulla di meglio da fare.
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Ho perdonato anche mio marito, che mi ha tradito quando eravamo fidanzati . Faceva il cascamorto con una certa Margherita che gli spediva cartoline dai luoghi di villeggiatura. Lei ci andava e io no; a casa nostra non ce lo potevamo permettere. Lui organizzava di sicuro incontri galanti, spesso in città, che raggiungeva dal piccolo centro di provincia in cui abitavamo; per lavoro, mi diceva. Lavoro che all’epoca non aveva; appunto – replicava – vado a cercarlo: ho degli appuntamenti importanti; ti accompagno – proponevo; era sempre meglio di no. Una volta l’ho fatto pedinare da un investigatore. Soldi buttati e fegato mangiato per niente, perché lui forse se ne è accorto ed è riuscito a seminarlo. Pare si sia infilato in un teatro per assistere a uno spettacolo di varietà; gli piacevano da morire le donnine in passerella. Poi è arrivata la guerra, poi ci siamo sposati… ho perdonato, senza dimenticare i fatti. Non gli ho reso la pariglia ma, come un maglio che batte e ribatte ogni giorno, a cadenza costante gli ho ricordato e rinfacciato il tradimento. So essere molto fastidiosa, peggio del rumore della goccia nel catino di latta. Ogni volta lui sbuffava e se ne andava a leggere il giornale in un’altra stanza. Ormai non sbuffa più, è morto.
Ma non sarà certo una frase di Tertulliano a convincermi a perdonare chi mi ha messo qui perché non poteva assistermi, perché aveva da fare, perché le serviva del tempo. Tutte palle: si voleva disfare di me. La vedi qui, qualche volta? Non sanno neppure che faccia abbia . E non saranno certo le mie amiche a convincermi, quelle che, alla mia affermazione «Sono sempre sua madre», rispondono con «Ma lei è sempre tua figlia» Certo, la realtà biologica è innegabile, come il fatto che sono qui E la colpa è sua