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QUANDO HO VISTO LE STELLE IN VAL TREBBIA Camperisti per Pedro
Di Amelia Belloni Sonzogni – scrittrice
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Quando ho visto le stelle in val Trebbia, ho visto qualcosa di molto difficile da dire, dato che non sono Giorgio Caproni. Lui, però, raccontava per me mentre osservavo un cielo trapunto. Era blu, blu notte e profondo; se ne vedeva solo un rettangolo, grande quanto la finestra che dava luce alla mansarda del camper, sufficiente a contornare lo splendore. L’aria era tanto pulita, fredda e al tempo stesso accogliente, da indurci a non sprecare nel sonno quella bellezza. Così, a pancia in giù, con le coperte tirate fino al collo, abbracciati stretti, ci siamo messi a guardare le stelle, innumeri e lucenti. Eravamo fermi in un piazzale, lungo la statale 45, immersi nel nostro stesso silenzio, solo qualche fruscio e richiamo di uccelli notturni, il deserto umano intorno. Il paese – non mi ricordo quale fosse – in cui avevamo gironzolato all’arrivo, nel pomeriggio, pareva disabitato e in parte era diroccato. Tutto era color pietra legno e fumo, mischiati dall’uso; il tempo, grigio; la notte si era trasformata nel più bell’esempio di stellata tersa che mi fosse capitato di vedere fino ad allora. Pedro dormiva sotto il tavolo. Era merito suo se avevamo un camper: il modo più sicuro per evitare i divieti di accesso ai cani Lui, Pedro, è stato ovunque siamo stati noi: un esploratore intrepido, pronto a qualsiasi cambiamento, felice di ogni viaggio . Certo, dal cuscino nella verandina della tenda (la sua prima estate in campeggio, e la mia) alla cuccia al riparo nel camper, il miglioramento era evidente e apprezzato, anche da me: alla mia veneranda età (ero già negli “anta”) non ero mai stata in campeggio e, quella volta in Grecia, dove ero andata alla ventura con un’amica, non avevo neanche un sacco a pelo in cui infilarmi per superare la notte all’addiaccio sulla spiaggia di Sifnos, sbarcata da un traghetto così in ritardo da non trovare aperto neanche un bar. Albeggiava, quando un gruppo di papere, starnazzanti dietro un’oca capofila, mi è sfilato vicino, impettito e sculettante, senza neppure degnarmi di uno sguardo: noi andiamo in acqua e, comunque, qua qua