CONVEGNI
Tavola rotonda. Sisma: imprese e professionisti per una ricostruzione di qualitĂ
ISTITUZIONI
Intervista al sindaco di Fabriano, Gabriele Santarelli
CIPAG
Cassa Geometri: Diego Buono nuovo Presidente
CASE E STRUTTURE IN LEGNO
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Edifici in legno sicuri ed efficienti
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PRODUTTORE QUALIFICATO TRASFORMAZIONE DEL LEGNO CERTIFICATO N. 076/09-CL TRASFORMAZIONE DEL LEGNO RILASCIATO DAL CERTIFICATO N. 076/09-CL MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI RILASCIATO DAL MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI
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SISTEMA DI GESTIONE SICUREZZA E SALUTE SUI LUOGHI DI LAVORO CERTIFICAZIONE OHSAS 18001
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Le strutture e gli edifici in legno Subissati si distinguono per i numerosi fattori d’eccellenza che caratterizzano l’azienda e la sua organizzazione: abilità artigianale, alta tecnologia, squadra qualificata di tecnici e professionisti, controllo costante di tutte le fasi lavorative, presenza e affiancamento sul territorio prima, durante e dopo la costruzione. I risultati di anni di esperienza, ricerca e innovazione sono sintetizzati all’interno di un importante spazio espositivo adiacente allo stabilimento produttivo. Uno showroom ideato per consentire a tecnici e clienti di vedere, toccare e capire i numerosi vantaggi di un’abitazione che rispetta i canoni della bioedilizia e scegliere in modo consapevole le soluzioni tecniche e architettoniche più adeguate alle proprie esigenze.
Periodico regionale a cura del Collegio dei Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Ancona Corso Garibaldi 91/a - 60123 Ancona (AN) info@geometrian.it - www.geometrian.it Anno XLI - N. 3/2017
Azimut
PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE Reg. Trib. Ancona 8 Luglio 1975 Comitato di Redazione Presscom Piazza Ciabotti, 8 - 60035 Jesi (AN) Tel. 0731.215278 - Fax 0731.213352 info@presscom.it DIRETTORE RESPONSABILE Diego Sbaffi COORDINAMENTO EDITORIALE Davide Amicucci d.amicucci@presscom.it REDAZIONE Diego Sbaffi Giampiero Fabbri Vinicio Montanari Luca Orletti HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO: Marco D'Annuntiis, Graziano Leoni CONSULENTI PER LA COMUNICAZIONE Gianni Moreschi g.moreschi@presscom.it IMPAGINAZIONE Studio FLORIO - Via Aldo Moro, 38 62010 Sambucheto di Montecassiano (MC) CREDITI FOTOGRAFICI Archivio AZIMUT PUBBLICITÁ CONCESSIONARIA AZIMUT Presscom - Piazza Ciabotti, 8 60035 Jesi (AN) Tel. 0731.215278 - Fax 0731.213352 Gianni Moreschi g.moreschi@presscom.it
Azimut viene inviato gratuitamente agli iscritti agli Albi Professionali del Collegio dei Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Ancona, agli uffici decentrati del Genio Civile, agli uffici tecnici dei Comuni e delle Province, a tutti gli enti pubblici e a tutti coloro che hanno rapporti con la categoria. La collaborazione è aperta a tutti i singoli professionisti e agli organi rappresentativi di categoria. Manoscritti, dattiloscritti, elaborati, disegni, fotografie, anche se non pubblicati, non vengono restituiti. Ogni autore risponde direttamente delle proprie affermazioni che non impegnano nè la redazione nè il Collegio. Gli scritti possono essere pubblicati anche siglati o anonimi, per desiderio degli autori i cui nomi restano comunque reperibili presso la redazione.
Inserzionisti: a Subissati................................ 2 di Cop. a Geomax.................................. 3 di Cop. a Namirial................................. 4 di Cop.
Sommario
2 Editoriale 3 Edilizia
Oltre la retorica, per una ricostruzione selettiva dei borghi storici
6 Edilizia Efficacia di interventi per il miglioramento
sismico e la salvaguardia di costruzioni storiche
12 Convegni Tavola rotonda. Sisma: imprese e professionisti per una ricostruzione di qualità
18 Istituzioni Intervista al Sindaco di Fabriano 20 Cipag Cassa Geometri: Diego Buono nuovo Presidente
24 Formazione Sirolo, il paese della Topografia SETTEMBRE 2017
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Azimut Editoriale Apriamo questo numero di Azimut con due interventi dei professori Marco D'Annuntiis e Graziano Leoni che hanno partecipato lo scorso 31 maggio ad un convegno organizzato dall'Istituto Tecnico Economico e Tecnologico “Pietro Cuppari” di Jesi dal tema “Sicurezza nei centri storici”. I due interventi sono incentrati sul recente terremoto che ha colpito l'Italia Centrale. Continuiamo sul tema terremoto con alcuni degli interventi che si sono succeduti nella tavola rotonda organizzata, il 24 maggio, dalla Cna dal titolo “Sisma: imprese e professionisti per una ricostruzione di qualità”, alla quale ha partecipato anche il Presidente Diego Sbaffi. Segue una nostra intervista al neosindaco di Fabriano Gabriele Santarelli. Nell'articolo successivo diamo conto della elezione di Diego Buono a nuovo presidente della Cipag, riproducendo l'articolo della rivista Geocentronline con cui presentava la sua presidenza. Infine spazio alle immagini con la due giorni di Sirolo, il paese della topografia. Buona Lettura!
È online il nuovo sito del Collegio
www.geometriancona.it
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INTERVENTI
Azimut
MARCO D'ANNUNTIIS Professore Associato di Composizione Architettonica dell’Università di Camerino ed insegna Progettazione Architettonica e Urbana presso la Scuola di Architettura e Design di Ascoli Piceno.
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Edilizia
Oltre la retorica, per una ricostruzione selettiva dei borghi storici
Il tema della Ricostruzione non può mai darsi come scontato; assume sfumature diverse nei differenti luoghi in cui è ambientato. Forse per questo ogni volta è affrontato come se fosse sempre la prima; come se ogni tragedia portasse con sé la rimozione delle precedenti e di ciascuna sciagurata occasione se ne volesse affermare una diversità preminente. Un tale atteggiamento, però, ha poco a che vedere con le traiettorie della ricerca architettonica, di una cultura del progetto capace di adeguare i propri strumenti misurandoli sulle problematiche emergenti, ma anche in grado di costituirsi come patrimonio di riflessioni ed esperienze utile a non perseverare nelle malaugurate evenienze successive. Si tratta di una dimensione disciplinare che si riferisce alla forma dell’ambiente costruito che risulterà da un processo quanto più breve e capace di governare ragionevolmente la transizione tra stato di emergenza e ritorno alla “normalità”; che deve essere necessariamente integrata a molte altri punti di vista di natura politica, economica, sociale e psicologica, ma le cui conseguenze perdureranno anche dopo che il tempo avrà alleviato il trauma. In questa dimensione, quindi, le vicende passate costituiscono un patrimonio utile a rinnovare una riflessione sul senso della ricostruzione dei centri storici dopo tragici eventi come quello del terremoto. Esperienze che oltre a testimoniare i differenti approcci scelti nei diversi momenti storici tracciano anche una evoluzione degli strumenti progettuali utilizzati e permettono di maturare una posizione in merito agli effetti raggiunti. A definire questo quadro aiutano le esperienze del Belice e del Friuli Venezia Giulia, dell’Irpinia e della Lucania, quelle del sisma Umbria-Marche e del Moli-
se, fino alla scelta dei Piani di Ricostruzione operata in occasione del sisma aquilano. Il ricordo, quindi, non può che andare in primo luogo in Sicilia, ai centri storici del Belice distrutti completamente dal terremoto del gennaio 19681. Gibellina, il più importante dei paesi distrutti, attestava nel disegno planimetrico l'origine medioevale, con le strade a segnare le curve di livello e scale e cordonate a raccordarle perpendicolarmente. La maggior parte delle abitazioni furono distrutte dal sisma, altre demolite. Ma mentre la comunità locale esprimeva la volontà di ricostruire sullo stesso sito e nei modi consueti, prese invece corpo l’idea di una nuova Gibellina, 18 chilometri lontana dal vecchio centro. Per la cultura architettonica tardo moderna di allora si trattava di un procedimento chiaro: non essendo possibile ricostruire una memoria storica distrutta, era più logico abbandonare i vecchi centri e costruire nuove città. Il dibattito si spostò quindi sui modi e sulle forme dei nuovi insediamenti. Dopo anni di scandali ed inchieste, con migliaia di persone che continuavano a vivere in baracche, ci fu una forte mobilitazione della popolazione che trasformò Gibellina e il Belice in un terreno di sperimentazione per artisti e architetti. Sull’esperienza di Gibellina si è discusso e polemizzato a lungo ed in tutte le sedi. Fatto è che oggi la nuova Gibellina si presenta non diversa dalle periferie e dalle borgate delle grandi città. Il piano urbanistico fu concepito in modo che, in caso di nuovo terremoto, le case collassando al suolo potessero lasciare libere da macerie due corsie per i mezzi di soccorso. Quindi, sostanzialmente, case a due piani con i fronti distanti circa 20 metri, con qualche significativa opera di artisti e architetti contemporanei, chiamati dal sindaco Corrao ad SETTEMBRE 2017
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Edilizia “umanizzare” il nuovo centro, ma con una edilizia diffusa di bassa qualità. Ben altre dimensioni ed implicazioni caratterizzano i successivi eventi del Friuli e dell’Irpinia. Nel terremoto friulano del 19762 il dilemma fra “dov’era com’era” e “rifondazione”, che immediatamente si pose a causa della distruzione integrale di moltissime costruzioni, fu risolto com’è noto con l’adozione della prima soluzione, non senza che ciò abbia in seguito evitato scollamenti tra ambiente e comunità. Una scelta da cui, come dimostra il caso di Gemona, derivarono vantaggi e limiti: da un lato l’aver realizzato la ricostruzione in soli dieci anni, evitando illusorie utopie; dall’altro l’aver generato una ricostruzione doppia con “(..) un finto centro storico abitato da estranei e una comunità originaria dispersa nell'urbanizzazione recente”3. Ricostruire “com’era dov’era”, che appare ancora oggi la strategia emotivamente e socialmente più opportuna, pone quindi un problema non solo e non tanto di natura stilistica, del “falso”, ma piuttosto di carattere progettuale, se la scelta di ricostruire tal quali case, strade, monumenti sia considerata dalla comunità colpita quale opzione possibile alla stregua di un progetto nuovo, valutandone quindi i costi e benefici “sentimentali” insieme a quelli economici, funzionali e tecnici; del capire se una volta distrutto un bene al quale sentimentalmente molto legati, abbia senso rifarne una copia solo in virtù di questa spinta emotiva, o se invece esso possa far posto a nuove scelte, a nuovi impulsi: a vita nuova. Nel cratere del sisma irpino/lucano4 1980, invece, si è recuperato pochissimo degli antichi insediamenti. Alle demolizioni indiscriminate dei Demag tedeschi e dell’emergenza, in questo caso si sono aggiunte quelle programmate, contenute negli strumenti urbanistici e legalizzate dalla legge speciale n°219/81. Dispositivi che, premiando la demolizione-ricostruzione ex-novo con incentivi economico-legislativi, a sfavore del recupero e del restauro, hanno di fatto annientato un patrimonio storico architettonico di altissimo valore culturale e ambientale. Interi centri abitati - come Conza della Campania e Bisaccia – furono trasferiti a chilometri di distanza, con la decuplicazione delle aree precedentemente insediate ed il raddoppio delle volumetrie edilizie. Ma anche laddove i pochi cittadini avevano deciso di restare, il diritto ad ampliare superfici e volumi edilizi sulle proprie particelle catastali si tradusse, in termini pianificatori, nell’affermazione della ristrutturazione urbanistica quale strumento operativo dei Piani di Recupero. A Calabritto, Caposele, Lioni e Teora, questo meccanismo perverso prevalse in modo assoluto portando alla cancellazione di ogni traccia preesistente e all’alterazione dei Piani di Recupero in Piani di nuova edilizia. Le controversie tra proprietari ed i limiti normativi degli strumenti messi in campo determinarono poi il noto
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Azimut macroscopico stallo delle attività di ricostruzione.5 L’esperienza di Monterusciello, poco dopo, rappresentò un nuovo tentativo di conferire legittimità all’ipotesi rifondativa. A seguito del sisma che nel 1983 devastò l’area flegrea, 20.000 persone furono evacuate d’urgenza da Pozzuoli per essere poi reinsediate in un grande ed innovativo intervento di Protezione Civile. Il progetto di una città nuova su affidato ad un gruppo di ricerca dell’Università di Napoli, coordinato da Agostino Renna, che cercò di coniugare le esigenze emergenziali con una possibile dotazione di senso urbano; le tecniche della prefabbricazione pesante con l’attenzione al luogo ed alle qualità del paesaggio. Nel terremoto umbro-marchigiano del 1997, sulla scia dell’esperienza friulana, ma anche per le diverse caratteristiche dei danni6, si scelse di dedicare ingenti risorse ad una ricostruzione che prevedeva tre approcci distinti: una “ricostruzione leggera” per edifici leggermente danneggiati; una “ricostruzione pesante”, che puntava al ripristino di edifici particolarmente danneggiati, ma isolati, senza intervenire sul tessuto urbano della zona; una “ricostruzione integrata” inerente i centri storici, in cui l’intervento di riparazione non poté essere distinto in maniera netta dalla definizione urbanistica. Nella ricostruzione integrata si scelse quindi un intervento più sistemico, che non si limitasse ai singoli edifici e tenesse conto dell’importanza che questi hanno sia per la vita sociale ed economica dei centri coinvolti che per il paesaggio complessivo. Scelta questa che, pur scontando tempi meno celeri, si è rivelata in grado di rafforzare la capacità attrattiva dei molti borghi storici presenti nel territorio. L’aspirazione a coniugare le esigenze emergenziali con una possibile dotazione di senso urbano scompare completamente nel sisma molisano del 2002. In particolare, nel caso di San Giuliano di Puglia, si afferma l’idea di una ricostruzione efficientista e muscolare, priva di qualsiasi relazione con i luoghi e le effettive esigenze della popolazione. In questi frangenti, opportunismi diversi finiscono con l’alimentare un’incondizionata fiducia nelle tecnologie - messe in mostra a L’Aquila, come mai prima, nelle opere provvisionali -, uniche in grado di garantire sicurezza e sopravvivenza degli abitanti e delle loro relazioni, ed in quanto tale immediatamente declinabile in forme culturali, urbane ed architettoniche più adatte allo specifico momento, quindi: più spendibile. Le risposte progettuali e normative alla distruzione non possono che riflettere, oltre che le legittime aspettative degli abitanti, il clima culturale di una contingenza storica e geografica, spesso agitato da ambizioni e protagonismi di ingegneri, architetti e urbanisti che non hanno esitato ad utilizzare l’estetica della sicurezza come dispositivo linguistico privilegiato e coprente.
Azimut Nel caso del centro storico de L’Aquila7, infine, l’ipotesi della “rifondazione” non si è posta nel senso di costruzione di una città nuova (strada subito rigettata), ma di una modernizzazione e di una funzionalizzazione del centro a nuovi modi di vivere, mestieri e professioni8. Un’ipotesi che tuttavia è rimasta presto imbrigliata in un confronto che a livello locale si è voluto circoscritto e chiuso a contributi esterni, se non di facciata; mentre a livello è stato sostanzialmente inesistente. Discorso a parte e con maggior elementi di interesse, infine, meritano i Piani di Ricostruzione redatti per diversi borghi minori del cratere, su impulso delle piccole comunità locali e con il coinvolgimento di numerosi gruppi di ricerca universitari9. La vicenda della ricostruzione dei nuclei storici del cratere aquilano offre infatti all’evoluzione del discorso alcune importanti acquisizioni: una specifica verifica delle procedure riguardanti l’istituto del Piano di Ricostruzione; una rilevante sperimentazione sulle modalità di intervento, sospese tra recupero e sostituzione; infine, un flagrante riscontro delle molteplici interferenze che rendono problematico il passaggio dalla programmazione alla realizzazione degli interventi. Il fallimento parziale o totale di alcuni dei processi di ricostruzione post-terremoto in Italia, come quelli di Gibellina, Monterusciello o L’Aquila – che pur avevano parzialmente coinvolto la cultura urbanistica o progettuale del tempo – è certamente causato dalla qualità fisica dei nuovi insediamenti; ma nella maggior parte dei casi esso si è innestato su di crisi sociali già in atto, solo rallentate o mascherate dall’identità rassicurante degli ambienti fisici in cui si annidavano e delle quali il sisma ha accelerato le dinamiche rivelandone la gravità. D’altro canto, forse nel tentativo di ripristinare l’illusione, le esperienze maturate testimoniano il regressivo affermarsi di un’astrusa idea di conservazione per la quale tutto ciò che abbiamo ereditato, di per sé positivo, sia conservato il più possibile, anche al costo di riprodurre l’insulso degli ultimi decenni, a cui la patina sottilissima di un tempo e di una memoria recenti finiscono con il conferire valore nel calderone partecipativo, pur di non affrontare il nuovo che a seguito di un sisma inevitabilmente si produce: purché la “modernità distruttiva” agisca il meno possibile. Si tratta evidentemente di una posizione di comodo di un Paese che stentatamente e solo dietro certezze mediatiche (vedi i segni autoreferenti, eppure propagandisticamente applauditi, “sganciati” dalle grandi firme sul sedime antico e recente della città aquilana) è disposto a riconoscere nella contemporaneità valori almeno equivalenti a quelli attribuiti al proprio passato. Pensare alla ricostruzione dei borghi storici costringe quindi a considerare le diverse opzioni di cui la cultura del progetto dispone ed a scegliere quella
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Edilizia che più di altre appare in grado di produrre uno strano innesto tra vita e forme contemporanee e la preziosa e delicata struttura che abbiamo ereditato dal passato, per continuare a fare del nostro territorio un luogo unico. 1
Terremoto del Belice: 370 vittime, 70.000 sfollati, 14 centri colpiti
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Il terremoto del Friuli 6 maggio 1976: 600mila abitanti coinvolti, 989
vittime, più di 100.000 Sfollati, 18.000 case distrutte, 75.000 case danneggiate: 45 comuni “rasi al suolo”, 40 “gravemente danneggiati” e 52 “danneggiati”, tre provincie coinvolte. Pietro Valle, Doppia ricostruzione, Archit 2009.
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Terremoto Irpino/lucano del 23 novembre 1980: 2.914 vit-
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time, 280mila sfollati, 3 regioni coinvolte per un territorio di 17.000kmq, 687 comuni colpiti di cui 37 disastrati, 362.000 abitazioni distrutte o danneggiate. Verderosa Angelo, Il recupero dell’architettura e del paesaggio
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in Irpinia, De Angelis editore, Avellino 2005. Terremoto di Umbria e Marche del settembre-ottobre 1997 e
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marzo 1998: 11 vittime, 22.604 persone evacuate due regioni 76 comuni coinvolti. Terremoto di Abruzzo del 6 aprile 2009: 308 vittime, oltre 1500
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feriti, circa 65.000 gli sfollati, 57 comuni compresi nel cratere sismico, tre provincie e due regioni coinvolte. Barca Fabrizio– Ministro per la coesione sociale, La ricostru-
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zione dei comuni del cratere aquilano, Relazione del 16/03/12 D’Annuntiis Marco, Ricostruire Tempera, Mappe.
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INTERVENTI
Edilizia
Graziano Leoni Professore Ordinario di Tecnica delle Costruzioni presso la Scuola di Architettura e Design dell’Università di Camerino. Titolare dei corsi di Progettazione di Strutture Architettoniche e di Problemi Strutturali dell’Edilizia Storica.
Efficacia di interventi per il miglioramento sismico e la salvaguardia di costruzioni storiche
Il territorio italiano, in gran parte caratterizzato da elevata sismicità, è costellato da centri storici, di grande suggestione e pregni di storia, che rappresentano un capitale unico; trattandosi di un patrimonio con valore materiale e immateriale di grandissimo rilievo e nel contempo spiccatamente vulnerabile, si viene a determinare una condizione di rischio sismico elevatissimo. Poiché la sismicità di un luogo non può essere ridotta dall’uomo, né è possibile delocalizzare i beni culturali architettonici, è ovvio che l’unico modo per abbassare il rischio sismico è ridurre la vulnerabilità delle costruzioni. Le questioni che si pongono sono molto complesse in quanto gli interventi tesi alla riduzione del rischio sismico risultano sempre invasivi compromettendo in modo paradossale la conservazione del bene. Interventi strutturali per la riduzione della vulnerabilità sismica La riduzione della vulnerabilità sismica può essere perseguita solo con interventi strutturali che possono essere graduati a seconda del livello di sicurezza che si intende raggiungere. Con riferimento alle costruzioni in muratura, senza volersi addentrare nei dettagli di specifiche lavorazioni, gli interventi possono essere suddivisi in due grandi categorie: quelli mirati ad inibire i meccanismi locali (es. ribaltamenti, distacchi) ed ottenere un sistema capace di mobilitare meccanismi resistenti complessi, in cui vari elementi strutturali -interagendo - innescano percorsi di carico ottimali (es. comportamento scatolare delle costruzioni in muratura), e quelli mirati al miglioramento delle caratteristiche meccaniche degli elementi strutturali così da innalzarne la capa-
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cità di resistere ad azioni orizzontali. Nella prima categoria rientrano tutti i sistemi di connessione quali catene, cordolature leggere ancorate alla muratura e l’irrigidimento membranale dei solai di piano e di copertura e il loro collegamento alle murature perimetrali; nella seconda categoria rientrano ad esempio le iniezioni di boiacche, lo scucicuci, l’inserimento di diatoni e la realizzazione di intonaci armati. Gli interventi che ricadono nella prima categoria sono particolarmente efficaci nelle costruzioni in cui la muratura è realizzata a regola d’arte; nei casi di muratura scadente con spiccata tendenza alla disgregazione (es. murature in pietra non squadrata con malta degradata) questi sistemi sono scarsamente efficaci ed è necessario che siano accompagnati dagli interventi che rientrano nella seconda categoria. Resta comunque il fatto che, una volta attuati tutti i sistemi di connessione tra gli elementi e raggiunta la migliore configurazione strutturale possibile, la costruzione avrà una resistenza che dipenderà essenzialmente dalle caratteristiche meccaniche della muratura. È da osservare che le due categorie di interventi sono anche caratterizzate da una sostanziale differenza; in genere gli elementi che ricadono nella prima categoria sono, entro certi limiti, rimovibili e quindi poco invasivi; al contrario gli interventi che ricadono nella seconda categoria basati sulla sostituzione dei materiali sono praticamente irreversibili. Miglioramento e adeguamento sismico Una seconda classificazione degli interventi può essere fatta in base al livello di sicurezza che si intende raggiungere distinguendo tra miglioramento e
Azimut adeguamento sismico. Si ha miglioramento sismico quando gli interventi strutturali sono finalizzati ad accrescere la capacità di resistenza dell’intero edificio nei confronti del sisma senza tuttavia raggiungere i livelli di sicurezza prescritti dalle attuali normative [1] per edifici nuovi. L’adeguamento è invece il livello superiore di intervento, dal punto di vista prettamente ingegneristico ha in se tutti i caratteri del miglioramento ma, con interventi più “pesanti” ed invasivi, mira a portare l’edificio ai livelli di sicurezza richiesti dalle norme per le nuove costruzioni. Per gli edifici storici, concepiti principalmente per sopportare le azioni gravitazionali, l’adeguamento sismico consiste in un insieme di lavorazioni piuttosto pesanti che potrebbero compromettere il valore storico dell’edificio stesso innescando il conflitto tra necessità di acquisire una maggiore sicurezza e necessità di conservare un bene unico. È per questo motivo che, per i beni di interesse culturale, la norma permette di limitare gli interventi al miglioramento sismico che entra così in modo organico nel progetto di restauro e ne costituisce una componente fondamentale a patto che rispetti alcuni principi richiamati anche all’interno dei codici di pratica usati nella ricostruzione (es. [2]) e nella cosiddetta Direttiva MIBACT [3].
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Figura 1. La chiesa di Santa Maria in Via a Camerino, danneggiata dalle prime scosse del 24 agosto, ha subito, con gli eventi del 26 ottobre, il crollo del campanile ed il grave danneggiamento delle strutture della facciata e del tamburo. Le scosse di gennaio 2018 hanno provocato il crollo di ampie porzioni del tamburo a pianta ellittica e di oltre il 75% della finta volta interna finemente affrescata. Il corpo della facciata, realizzato in muratura di pietra con blocchi grossolanamente lavorati e rivestita da una fodera di mattoni non legata alla massa della muratura, ha interagito negativamente con il corpo principale della chiesa.
Principio del minimo intervento Gli interventi realizzati in una costruzione storica devono essere strettamente necessari per raggiungere l’obiettivo prefissato di riduzione della vulnerabilità e devono interessare le parti più deboli dell’edificio. L’esecuzione di interventi su porzioni limitate della costruzione va comunque valutata e giustificata tenendo conto degli effetti sul comportamento d’insieme. Principio della compatibilità Gli interventi non devono alterare il comportamento della struttura nei confronti degli eventi per i quali non si ha vulnerabilità e non devono creare disomogeneità strutturali in termini di rigidezza e resistenza (compatibilità meccanica-strutturale). Nel caso di variazioni delle condizioni ambientali (temperatura ed umidità) i materiali usati negli interventi devo-
no avere comportamenti simili ai materiali presenti nella costruzione; inoltre non devono innescarsi reazioni chimiche che alterano negativamente il comportamento all’interfaccia tra materiale di base e materiale di apporto (compatibilità fisico-chimica). Gli interventi strutturali dovrebbero essere per quanto possibile complementari con il sistema originale e non sostitutivi di elementi ammalorati (compatibilità costruttiva). Principio della reversibilità Gli interventi devono essere realizzati solo dopo averne accertato i benefici e l’impatto sulla costruzione. In particolare devono, in via generale, essere evitate tutte le opere di demolizione-sostituzione e di demolizione-ricostruzione, operando con interventi che si integrino con la struttura esistente senza trasformarla radicalmente. La sostituzione dei materiali è possibile solo in presenza di rilevanti forme di degrado e di danno, che mettano in pericolo l’esistenza dell’opera e l’incolumità delle persone. SETTEMBRE 2017
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Figura 2. Quadro fessurativo di un edificio caratterizzato dalla formazione di lesioni di taglio dei pannelli della fascia di piano, tipicamente più deboli dei maschi murari, e dalla formazione di lesioni di taglio dei maschi murari della prima elevazione; il meccanismo è tipico di un edificio che riesce a mobilitare un comportamento di insieme ottimale che trova il limite di capacità nella scarsa resistenza della muratura di pietra visibile sulla facciata laterale e sotto gli intonaci che si sono distaccati.
Principio della riconoscibilità Interventi esterni e non invasivi consentono di conservare meglio la materia dell’opera; nonostante il loro impatto visivo questi sono in genere più accettabili rispetto ad interventi di radicale sostituzione e ricostruzione in quanto facilmente riconoscibili. In ogni caso gli interventi dovranno garantire la conservazione dell’architettura in tutte le sue declinazioni evitando di interferire con gli apparati decorativi. Efficacia degli interventi La sequenza sismica dell’agosto-ottobre 2016 che ha colpito duramente il territorio appenninico piceno-maceratese, riproponendo scenari di danneggiamento del tutto simili (a volte sovrapponibili) rispetto a quelli del terremoto del 1997, rappresenta un’importante occasione di riflessione sull’efficacia degli interventi effettuati sul patrimonio architettonico storico. In seguito agli eventi del 1997, la progettazione è avvenuta essenzialmente sulla base delle indicazioni di codici di pratica [2] con particolare attenzione all’efficientamento delle zone in cui si concentrano le interazioni tra elementi strutturali verticali e orizzontali dalla cui crisi derivano in genere i danni più gravi all’intero sistema (nodo muro-tetto, nodo muro-solaio e nodo fondazione). Nonostante
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il codice di pratica indicasse ove necessario anche il consolidamento delle murature, gli interventi sono consistiti principalmente nelle operazioni di irrigidimento membranale degli impalcati e nella realizzazione di connessioni tra gli elementi verticali e tra quelli verticali e orizzontali grazie alla formazione di cordoli di coronamento sommitali in acciaio e alla predisposizione di catene e angolari in acciaio posti sul perimetro dei solai. Sia i cordoli sommitali che gli angolari di acciaio sono stati collegati alle murature per mezzo di barre inghisate o, dove possibile, ancorate con piastre di contrasto. Uno dei centri maggiormente colpiti dai recenti terremoti, nel quale in seguito agli eventi del 1997 erano stati realizzati importanti e diffusi interventi di miglioramento sismico delle costruzioni del centro storico, è la città di Camerino. Il terremoto molto violento ha qui prodotto i danni più importanti alle chiese, costruzioni tipicamente vulnerabili per l’impossibilità di sviluppare il meccanismo resistente scatolare date le dimensioni delle aule, le altezze libere delle pareti, le enormi masse strutturali e la presenza di corpi di fabbrica che interagiscono in modo negativo. Non v’è dubbio che le chiese maggiori di Camerino come la Cattedrale, la Chiesa di San Venanzio e Santa Maria in Via abbiano sofferto in modo particolare per la loro configurazione architettonica ma va rimarcato che in alcuni casi, come
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Figura 3. In alcune situazioni è evidente come la presenza degli incatenamenti sia fondamentale per contrastare il collasso di edifici ma abbia una scarsa efficacia nel limitarne il danneggiamento diffuso nel caso di murature scadenti.
la chiesa di Santa Maria in Via, la pessima consistenza della muratura realizzata in pietra grossolanamente sbozzata e malta di calce particolarmente degradata e friabile, spesso nascosta da paramenti di laterizio dello spessore di pochi centimetri (Figura 1), è stata la causa dei crolli più eclatanti. Gli edifici multipiano del centro storico di Camerino sono tutti caratterizzati dall’aggregazione tra più corpi di fabbrica con le tipiche irregolarità planimetriche e altimetriche dovute a complicate sequenze edificatorie. Escludendo gli effetti locali prodotti da queste configurazioni, si può dire che gli edifici multipiano sono stati interessati da un diffuso danneggiamento per la formazione di lesioni di taglio dei pannelli sottofinestra e dei maschi murari ai piani bassi (Figura 2) per quanto la presenza di semplici presidi antisismici come le catene sembra aver scongiurato
il collasso pur in presenza di impressionanti quadri fessurativi (Figura 3); tuttavia sporadici collassi delle murature dei piani alti si sono avuti a causa della pessima consistenza della muratura e della cattiva interazione con gli elementi di copertura (Figura 4). Va segnalato che in taluni casi si è riscontrata l’inefficienza della connessione, per mezzo di inghisaggio di barre, tra cordoli di coronamento sommitali e le pareti (Figura 5) nel caso di muratura scadente e inconsistente. È certo che rispondere alla domanda se gli interventi del 1997 hanno salvaguardato gli abitanti di Camerino è piuttosto difficile e forse non è ben posta in quanto sarebbe meglio chiedersi se gli interventi che sono stati realizzati nel 1997 hanno prodotto l’atteso miglioramento sismico delle costruzioni. A tal proposito va ricordato che la ricostruzione dell’epoca miSETTEMBRE 2017
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Figura 4. Disgregazione della muratura dell’ultima elevazione di un edificio; la parete era già fortemente deformata prima del terremoto; la scossa ha portato al collasso della parete dell’ultima elevazione costituita da una pessima muratura che ha subito anche l’interazione negativa con la copertura.
rava ad ottenere edifici capaci di sopportare azioni sismiche pari al 60% di quelle di progetto per le nuove costruzioni e che quindi la situazione di Camerino appare compatibile con questa impostazione. Si può altresì affermare che interventi più significativi sulla consistenza delle murature avrebbe ridotto il livello di danneggiamento purtroppo osservato. Conclusioni Oggi siamo chiamati a leggere criticamente cosa è accaduto nei centri storici nuovamente danneggiati dal sisma dopo gli eventi del 1997 per correggere ciò che non ha funzionato e mantenere ciò che si è dimostrato efficace per la salvaguardia di vite e beni. La lezione impartita dal recente terremoto sembra chiara: fermo restando il connubio tra interventi di
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riduzione della vulnerabilità degli edifici ed il restauro degli stessi, la questione della conservazione dei centri storici necessita di essere ricalibrata. È evidente che l’approccio eccessivamente conservativo contrario agli interventi che prevedono l’integrazione dei materiali ha inficiato interventi atti ad aumentare il grado di connessione tra gli elementi strutturali. La rigenerazione della muratura con leganti e miscele da iniezione che garantiscano rapida presa, buona adesione ai materiali esistenti e l’uso di intonaci armati innovativi capaci di inibire la tendenza alla disgregazione delle murature in pietra tipiche del territorio appenninico sono sicuramente temi che dovranno essere affrontati nella nuova ricostruzione sia dai progettisti che dalle soprintendenze.
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Figura 5. Gli interventi di cordolatura leggera in acciaio non sono stati sempre in grado di prevenire collassi locali. La scarsa qualità della muratura rende impossibile inghisare in modo efficace le barre di connessione; inoltre, la muratura stessa tende a disintegrarsi prima che si formino meccanismi resistenti più virtuosi.
Bibliografia [1] NTC 2008 - Nuove norme tecniche per le costruzioni. D.M. Infrastrutture 14-01-2008. G.U. N.29 del 04/02/2008 – suppl. ord. N.30 [2] F. Doglioni, Codice di pratica (linee guida) per la progettazione degli interventi di riparazione, miglioramento sismico e restauro dei beni architettonici danneggiati dal terremoto umbro-marchigiano
del 1997. BUR Marche edizione straordinaria N.15 del 29/09/2000 [3] Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 febbraio 2011. Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle Norme tecniche per le costruzioni di cui al D.M. 14/01/2008. G.U. N.47 del 26/02/2011 – suppl. ord. N.54 SETTEMBRE 2017
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Tavola rotonda. Sisma: imprese e professionisti per una ricostruzione di qualità Lo scorso 24 maggio si è tenuta ad Ancona la Tavola rotonda dal titolo Sisma: imprese e professionisti per una ricostruzione di qualità. Chiarimenti su tempi e procedure. Il convegno è stato organizzato dalla CNA. Di seguito alcuni degli interventi. Intervento di Elisabetta Grilli, responsabile provinciale del comparto Cna Costruzioni A me è stato affidato il compito di introduzione ai lavori, ebbene, perché siamo qui? Perché c’è stato Il Terremoto! Un evento che storicamente si ripete nei nostri territori, ma che ogni volta ci sorprende e ci getta nel caos per le conseguenze in termini di vite, di danni, di effetti nel futuro di intere comunità. Anche questa volta è stato così, nonostante segua l’Emilia, l’Aquila, Colfiorito... certo questo sisma non è paragonabile per l’ampiezza del cratere ed i centri urbani coinvolti ed il volume di danni provocati. Dall’agosto 2016 al 2017, lo sciame sismico importante ha toccato 140 Comuni di cui 87 della nostra Regione, piccoli comuni di area montana con un totale di 350.166 abitanti. Ma noi oggi siamo qui, Il mondo delle imprese ed i professionisti, perché dobbiamo e vogliamo cogliere una sfida, “mettere a sistema” le nostre competenze , abilità ed esperienze professionali per metterci a disposizione per una ricostruzione di qualità. Per far sì che questo evento traumatico che ci ha colpito venga utilizzato come salto culturale verso una ricostruzione più sicura, più efficiente, nel rispetto del valore paesaggistico e culturale dei nostri tessuti
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urbani. Ovviamente le nostre imprese si incontrano, interloquiscono, fanno formazione antisismica, sanno volgere lo sguardo all’innovazione dei prodotti… insieme cerchiamo anche di capire quali siano le forme aggregative che ci possano rendere più qualificate ed attrezzate per la ricostruzione dei nostri territori. Insomma, siamo pronti a fare la nostra parte, ma per essere operativi si devono avere alcune certezze a partire da quelle normative; diverse le ordinanze e correttivi succedutesi per “affinare la mira”, un percorso lungo e dispendioso di tempo… che poteva essere risparmiato con un più preciso confronto con le Associazioni ed Ordini. Dobbiamo cambiare passo, ristabilire quanto prima le condizioni di vita e di lavoro delle comunità colpite, ma la sensazione generale è che la ricostruzione sia ancora lontana dal poter essere avviata. Da dove iniziare? Siamo ancora in fase di rimozione delle macerie, anzi in fase di “inventario” nonostante la rimozione delle prime 47 tonnellate, ci aspetta tutta la partita dell’infrastrutturazione (la Regione ha stretto accordi con l’Anas per 800 km di strade da ripristinare nel cratere, 380 le opere da cantierizzare), scuole, ospedali, servizi civili; le chiese ed il patrimonio architettonico… oltre al produttivo ed al residenziale. La necessità è di una seria pianificazione di riordino territoriale, non solo una pianificazione urbanistica ma una pianificazione integrata sovracomunale, una visione collettiva e complessiva, un Percorso per la ricostruzione. Dobbiamo dirci delle verità e fare delle scelte… per avere la capacità di individuare le migliori soluzioni e strategie di medio e poi di lungo periodo. Il riconosciuto valore storico-architettonico-artistico dei centri storici colpiti deve porre al centro la salvaguardia dei beni di interesse pubblico, ma sappiamo
Azimut che nel medio periodo, nei prossimi almeno 5 se non 10 anni, questi centri saranno dei cantieri e “puntare” sul turismo non ci sembra una scelta strategica (mi dicono che mancano i posti per pagare per chi ci opera e lavora). Vogliamo invece riflettere sulla necessità di mantenere viva l’economia (e quindi la presenza abitativa… e la riconferma dei servizi pubblici esistenti) di questi centri ? Magari affidandosi anche alla ripresa delle potenzialità produttive delle imprese del manifatturiero e dei servizi interessate dal sisma. (es. cittadella produttiva di ap). Intervento di Marco Bilei, responsabile CNA Costruzioni Marche
L’intensità e la vastità dell’area colpita dall’evento sismico (oltre 100 comuni marchigiani, di cui 87 nel cosiddetto “cratere”) fanno si che l’opera di ricostruzione sarà lunga e difficile. La stima delle abitazioni e edifici a uso produttivo è, solo nella parte marchigiana, di almeno 50.000 unità danneggiate e oltre 2.000 edifici pubblici, al netto di scuole e strade, per i quali andranno bandite delle gare di appalto per riparazione o ricostruzione. Sono numeri enormi, considerando che siamo oltre dieci volte il danno prodotto dal già grave terremoto del ’97. Sarà quindi una ricostruzione ingente di lunga prospettiva; per questo ci dobbiamo preparare bene sia nel campo delle imprese che dei professionisti. E dobbiamo chiamare le Istituzioni, sia quelle che stanno normando sulla ricostruzione, come il Commissario di Governo e le Regioni, sia gli enti locali, ad operare con la massima efficienza e di efficacia, coinvolgendo maggiormente i soggetti interessati. Queste sono in sintesi le proposte che la CNA Costruzioni Marche ha fatto in questi ultimi mesi sulla ricostruzione: • Consentire un più rapido avvio della ricostruzione per danni lievi, che non sta partendo come previ sto, realizzando un maggiore coinvolgimen to delle rappresentanze locali di imprese, pro fessionisti, cittadini, comitati, sistema banca rio. Le banche devono attivarsi (risulta che mol te si siano rese operative solo negli ultimi gior ni). Occorre un “vero e proprio cambio di passo”. • Consentire per i lavori privati un innalza mento straordinario della qualificazione SOA a 250.000 € (in Emilia fu di 500.000€). Evitare i
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Convegni limiti al subappalto per le lavorazioni non qua lificate. Consentire alle imprese che voglio no qualificarsi, sconti e differimenti della tariffa. • Esplicitare al meglio da parte dell'Ufficio ri costruzione il criterio di scelta della dit ta tra i 3 preventivi (che non può essere solo quello del prezzo) e fare chiarezza preventi va su altri criteri di approvazione dei progetti. • Ridurre al minimo le complicazioni burocratiche e i tempi di approvazione dei progetti da parte degli Uffici. Quello della lotta all’eccesso di burocra zia è uno dei temi su cui come CNA abbiamo più battuto. Trasparenza non significa, come spesso accade, maggiore rigidità o norme incomprensibili. • Favorire negli appalti pubblici le imprese locali e regionali, poiché sicuramente trasparenti, lo gisticamente più vicine, a conoscenza di tecni che e materiali locali, maggiormente attrezzate rispetto alla montuosità dei luoghi. Nella propo sta di Protocollo che le Parti sociali delle rappre sentanze delle imprese edili e dei lavoratori han no avanzato al Presidente della Regione Ceriscio li, questo è uno dei punti centrali. Utilizzare il cri terio dell’offerta più vantaggiosa anziché il massi mo ribasso negli appalti, sempre laddove possibile. • Favorire inoltre nel punteggio quelle im prese che, partecipando a programmi di for mazione validati dalla Regione, sono in gra do di dimostrare la qualificazione degli addetti. • Assunzione di responsabilità e di decisione da parte di Regione e Enti locali negli appalti pub blici, anche attraverso strutture regionali (Erap, Suam), fermo restando il ruolo formale di Invitalia. • Introdurre, come già avvenuto all’Aqui la, una misura una tantum (fino a un max. di 20.000 euro) per danni lievi in edifici classi ficati A, ma che hanno subito danni non banali. • Soppressione dell’incompatibilità (per i 3 anni previsti dal D.L. 189), o sua valen za solo per l’anno in corso, per il diretto re dei lavori rispetto all’impresa aggiudicataria. • Necessità di un ulteriore allentamen to dei limiti (30 progetti massimo) per ciascun professionista, che sta fortemen te rallentando l’avvio della ricostruzione. • Rivedere il prezziario della ricostruzione, poiché sottodimensionato anche rispetto alla ricostru zione emiliana, in molte delle voci presenti. Op pure, prendere a riferimento il prezziario regio nale Marche esistente, poiché meglio dimensiona to e elaborato dalle rappresentanze delle imprese. • Stabilire una alleanza generale sulla ricostru zione tra professionisti e sistema delle impre se, da declinare in accordi e ATI locali. Le Isti tuzioni possono favorire il processo, evitando il far west delle imprese, grandi o piccole e non sempre serie, che provengono da fuori regione. Su quest’ultimo punto, l’alleanza con le rappresenSETTEMBRE 2017
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tanze dei professionisti, la CNA punta molto ed ha lavorato in questa direzione sin dopo le prime forti scosse di fine Agosto. Un’alleanza che deve divenire collaborazione nelle centinaia di iniziative locali che si possono attivare. Da ultimo, ma sicuramente non ultimo come importanza, battere con forza sulla preparazione delle imprese e degli addetti, fornendo un vero e compiuto programma di formazione, che possa ridare a un settore che ha perso negli ultimi 10 anni oltre 15.000 addetti nella sola regione Marche le professionalità smarrite e ora indispensabili. Nei tanti incontri che negli ultimi 6 mesi abbiamo fatto con centinaia di nostri associati, abbiamo ribadito questo concetto: prepararsi e fare rete il più possibile per affrontare una concorrenza che sarà ben più agguerrita rispetto alla ricostruzione post 97. In questa direzione sta lavorando la CNA Marche, favorendo la creazione di reti e ATI, nonché collaborando con alcuni consorzi strutturati già esistenti. Intervento di Giampiero Cardinali, Presidente provinciale di CNA Costruzioni Sono 23 mila le aziende edili nelle Marche di cui il 70% rappresentato da imprese artigiane: il cuore, quindi, del processo di ricostruzione dei territori colpiti dal sisma che ancora stenta a decollare. "Il nostro progetto - spiega Giampiero Cardinali, neo portavoce Cna Costruzioni provinciale - è teso ad offrire ricostruzione di qualità, nei tempi il più possibile adeguati. Non tendiamo al business, ma a renderci partecipi del nostro territorio, facendo squadra con tutti gli attori interessati, affinché le aree martoriate dal sisma possano rinascere e tornare ad essere quel polo di attrazione che sono
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sempre state". Un impegno civico, che da un lato può creare lavoro e occupazione e dall’altro vuole essere di sostegno al nostro territorio colpito dal sisma. Con questo presupposto nasce, tra Cna, imprese della costruzione e Ordini degli Ingegneri, degli Architetti, dei Geometri e dei Geologi un tavolo di coordinamento che si propone come punto di interlocuzione costante con gli organi istituzionali per garantire i migliori risultati per il sistema Marche: cittadini, imprese, professionisti. Il tutto nasce dalla consapevolezza che il post sisma, nelle Marche come altrove, richiede interventi rapidi, ma soprattutto di qualità. La popolazione ha bisogno che vengano superate le attuali lentezze con cui il post emergenza viene affrontato e le imprese possono rispondere a questa esigenza in collaborazione con gli ordini dei professionisti del settore. Dall’emergenza alla ricostruzione. Dei 131 Comuni del cratere quelli marchigiani sono 87, con oltre la metà degli 85.798 edifici che hanno subito danni e oltre 50mila attualmente inagibili. E’ ai loro proprietari che occorre dare una risposta in tempi brevi, accelerando la chiusura della fase dell’emergenza per avviare la ricostruzione. Una ricostruzione che dovrà passare necessariamente attraverso il coinvolgimento delle ditte edili locali. Imprese che operano da sempre in zone sismiche e conoscono il territorio e le sue peculiarità. La calamità che ha investito questo territorio deve diventare l’occasione per affermare una volta per tutte la cultura della prevenzione e messa in sicurezza del patrimonio immobiliare, ancor più di quanto è avvenuto dopo il 1997, quando pure le nostre imprese hanno dimostrato di aver fatto un ottimo lavoro. L’esperienza acquisita dal sistema delle nostre imprese, i nuovi materiali disponibili,
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nuove tecniche e soluzioni innovative possono aiutarci a fare ancora meglio. Ciò consentirà anche un forte rilancio del settore delle costruzioni”. Dalla tavola rotonda emerge la necessità di una maggiore concertazione tra gli attori della filiera prima che le ordinanze vengano emesse. Solo così si potranno accelerare i tempi, nel rispetto della qualità e andando incontro alle esigenze dei terremotati. Intervento dell'Ing. Alberto Romagnoli in qualità di VicePresidente Ordine Ingegneri Provincia di Ancona* La nostra categoria in modo del tutto volontario, all’indomani delle scosse si è resa subito disponibile nella fase di rilievo del danno; infatti, dalla provincia di Ancona più di 200 ingegneri agibilitatori formati dalla Protezione Civile Nazionale si sono recati nelle zone colpite dal sisma, chi per un turno, chi anche per quattro turni, tutti a redigere le schede Aedes; a questi colleghi si sono aggiunti molti altri colleghi esperti strutturisti che hanno contribuito con la loro prestazione, sempre gratuita, a redigere le schede Fast. A tutti loro va il nostro plauso e la nostra gratitudine. Non dimentico e, quindi, non posso non citare la personale esperienza di agibilitatore che mi ha impegnato per una settimana a novembre tra Amatrice e Cittareale ad effettuare rilievi per il danno e compilare le schede Aedes: interessante esperienza professionale ed altrettanto rilevante dal punto di vista umano. Nel complesso sono stati fatti sopralluoghi su circa 60.000 edifici, ed ancora ne restano da visionare 20.000: al riguardo stiamo sollecitando ancora i nostri iscritti a dare il loro grande contributo per completare la fase del rilievo del danno e delle agibilità. La successiva fase della ricostruzione deve giustamente poggiare su un arti-
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colato di norme, alla cui costruzione devono partecipare, oltre allo Stato ed alle Regione, gli attori che prenderanno parte e responsabilità nel ricostruire, ovvero i tecnici professionisti. Le Ordinanze ad oggi emesse contengono inesattezze, lacune, errori; sappiamo che la Rete Nazionale delle Professioni Tecniche ed il suo Presidente ing. Zambrano hanno già raccolto tutte le segnalazioni presentate dai tecnici iscritti agli Ordini del Cratere e le hanno esposte ad Errani, senza ad oggi raccogliere risultati significativi. Se ad oggi sono stati presentati solo 70 progetti di ricostruzione per il danno lieve, di cui nessuno ancora autorizzato, significa che qualche problema c’è. Non vogliamo parlare di immobilismo, ma certamente c’è ancora molta, molta strada da fare per avviare la fase della ricostruzione. Auspichiamo che il Commissario Errani sappia ascoltare e raccogliere le segnalazioni avanzate dalla nostra categoria professionale, affinché questa ricostruzione possa procedere con la necessaria speditezza, al fine di rispondere quanto più possibile ai bisogni ed alle esigenze della popolazione terremotata. *Il 6 luglio scorso l'Ing. Romagnoli è stato eletto Presidente dell'Ordine Ingegneri Provincia di Ancona Intervento di Diego Sbaffi, Presidente del Collegio dei Geometri e Geometri Laureati della provincia di Ancona Il punto sulla catalogazione degli immobili danneggiati: gestione dell’emergenza e schede di valutazione (numeri e stato dell’arte). Tema n. 1 – FASE EMERGENZA ANCORA IN ATTO 2009_Abruzzo 74.000 sopralluoghi 2012_Emilia Romagna 44.000 sopralluoghi 2016 _Marche/Umbria/Lazio/Abruzzo 220.000 istan ze di sopralluogo SETTEMBRE 2017
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Convegni Dai dati in premessa già si comprende che stiamo parlando di un evento molto diverso da quelli immediatamente precedenti, e l’attuale sistema ha delle criticità proprio perché tarato sui modelli precedenti che avevano altri numeri. 67.000 sopralluoghi eseguiti nelle Marche (Spuri 15/05/2017) Terminare la fase dell’emergenza, ancora ci sono da fare 20.000 sopralluoghi FAST (Spuri 15/05/2017) considerando inoltre che ancora le zone rosse sono perimetrate e con macerie. Evitare la sovrapposizione della fase emergenziale (sopralluoghi Fast) con la fase della ricostruzione (Progetti) Se si dice “i Professionisti devono capire che occorre anzitutto completare la fase dell’emergenza e quindi finire i sopralluoghi” ma se le scadenze sono pressanti e non si possono posticipare (altrimenti si darebbe la sensazione che le persone non rientrano più) i Professionisti cercano di rispettare le
scadenze e non hanno il tempo materiale di fare i sopralluoghi Il sisma del 24 Agosto 2016 ha colpito una zona poco estesa rispetto a quella dell’Ottobre successivo; all’inizio i sopralluoghi sono stati gestiti a livello Nazionale e tutti i professionisti delle Marche sono stati dirottati nei luoghi colpiti. Io stesso sono stato volontario per una settimana al COC di Amatrice e in quel momento ad Amatrice, come in tutti i paesi colpiti, c'era una mobilitazione enorme, anche sull’onda della spinta mediatica, poi però è avvenuto il Sisma di Ottobre che ha colpito in particolare le Marche e un territorio ben più esteso della prima fase per cui ci siamo trovati con un numero enorme di sopralluoghi a fronte di un numero sempre minore di professionisti dato che molti di quelli che erano già partiti in precedenza sono ripartiti, ma non tutti. A quel punto per far fronte a questa necessita e in ragione dell’elevato numero di edifici da sottoporre a verifica dal Gennaio 2017, sulla base di una specifica ordinanza 422/2016, si è partiti con una nuova procedura di sopralluogo veloce, appunto denomi-
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Azimut nata FAST che essendo più spedita permette di fare un maggior numero di sopralluoghi al giorno rispetto ad una catalogazione con schede AEDES molto più complessa e accurata, però anche con questa procedura i sopralluoghi ancora da effettuare sono moltissimi, ciò è dovuto al fatto che nel frattempo è partita la ricostruzione ed i tecnici, soprattutto quelli dei luoghi maggiormente colpiti, quindi del Fermano, del Maceratese e dell’Ascolano, sono ad oggi impegnati nei progetti e soprattutto devono rincorrere delle scadenze molto pressanti per cui non danno più disponibilità per i sopralluoghi volontari. Maggio era il mese in cui si prevedeva di completare i sopralluoghi, evidentemente la stima si è rivelata errata se ancora ne mancano 20.000. Sicuramente il trend delle squadre è calato molto, mentre i sopralluoghi sono terminati nelle altre regioni (ad oggi il Dicomac di Rieti è chiuso) Tema n. 2 – MOBILITAZIONE DEI PROFESSIONISTI • circa 2700 geometri tecnici hanno fatto volon tariato e che nel fare volontariato si assumono grandi responsabilità nel valutare le agibilità degli edifici • di questi 600 per Data Entry – 600 nei COC – 1500 per sopralluoghi Fast e Aedes • accreditamento 20/01/2017 Palazzetto dello Sport di Macerata circa 1600 professionisti Non solo grandi professionisti sul campo di lavoro, ma anche veri e propri fuoriclasse quanto a solidarietà, generosità e altruismo. Non ci sono altre parole per descrivere l’operato dei professionisti che, per settimane, hanno regalato il loro tempo e la loro professionalità ai tecnici comunali nella catalogazione delle schede in base alle richieste pervenute dai cittadini nelle zone colpite dal terremoto dell’estate scorsa e in diretta collaborazione con la Protezione Civile. I tecnici hanno portato un contributo significativo nell’eseguire dei sopralluoghi ai fabbricati non crollati durante la calamità e che nel fare volontariato si assumono grandi responsabilità nel valutare le agibilità degli edifici espressa sulla base della sensibilità professionale del rilevatore, e condotta in tempi limitati ed in base ad una semplice analisi visiva o tramite raccolta di informazioni facilmente accessibili, volti a stabilire se l’edificio colpito dal terremoto possa essere ancora utilizzato, restando ragionevolmente protetta la vita umana. È chiaro che per esprimere un giudizio del genere senza analisi accurate o supportato da calcoli di staticità vuol dire che siamo di fronte a veri e propri fuoriclasse in materia professionale. Già dai terremoti dell’alto Maceratese del 1997, poi dell’Aquila nel 2009 e dell’Emilia nel 2012 le istituzioni hanno sempre potuto contare sui tecnici di
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tutte le categorie professionali. A dimostrare l’impegno bastano i numeri: nei primi mesi (Gen – Feb 2017) a seguito della “chiamata alle armi” (così possiamo definire la presenza massiccia di numerosissimi professionisti che hanno raccolto l’appello della Protezione Civile Marche nell’adunata presso il Palazzetto dello Sport di Macerata del 20 Gen 2017) ogni giorno sono state impegnate circa 40 squadre composte da due tecnici abilitati e specializzati nell’intervento in questa tipologia di emergenze. In media si è arrivati a compiere almeno 350 sopralluoghi al giorno. Un lavoro intenso, faticoso, che ha portato i volontari a diretto contatto con chi soffre ed è alla ricerca di aiuto. All’impegno messo in campo, si affianca anche un forte arricchimento personale, una forza che spinge a dare ancora di più. Procedere ai rimborsi e all’attribuzione dei crediti professionali formativi Mentre a livello nazionale è stata stipulata apposita convenzione con il dipartimento Protezione Civile per i rimborsi delle spese e del mancato guadagno per le attività connesse alla funzione censimento danni ed agibilità, (1/365° della denuncia dei redditi del 2015 per i giorni prestati come volontari) la stessa cosa non è ancora stata fatta tra Protezione Civile Marche e le professioni tecniche. Dopo la Regionalizzazione delle procedure sono stati presi accordi in tal senso ed è stato garantito che la procedura a livello Regionale rispecchierà quella Nazionale, ma ancora non c'è niente di definitivo e comunque nessun ufficio regionale risulta attivato in tal senso Anche questa difficoltà limita l’adesione richiesta in virtù delle sollecitazioni dalla Regione affinché questa fase sia chiusa nel più breve tempo possibile, tanto che alcuni Collegi hanno deciso di provvedere direttamente, con i fondi a disposizione del Collegio,
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ad anticipare le spese sostenute fino ad ora da questi volontari che magari avrebbero dovuto attendere ancora mesi per ricevere questo giusto compenso. L’attribuzione dei crediti formativi ai professionisti che hanno fatto queste esperienze sono opportuni e giusti visto l’approfondimento professionale che se ne ricava. A tal proposito il nostro Consiglio Nazionale ha deliberato che tutte le giornate di servizio dedicate danno diritto a due crediti formativi al giorno per un massimo di 20; anche in questo caso per le giornate di servizio svolte con la procedura Nazionale è già stato prodotto un elenco di professionisti vidimato dal D.P.C., mentre per i tecnici accreditati con la Regione Marche per le schede Fast non è stato comunicato nessun elenco al Consiglio o Ordine Nazionale per l’attribuzione dei crediti. Lavorare sulla preparazione attraverso corsi e seminari Grande occasione per gli ordini professionali per fare un salto di qualità nella formazione con corsi di formazione da attivare attraverso la Regione Gli Ordini hanno dimostrato che possono effettivamente diventare strutture operative di Protezione Civile. E comunque, ad oggi il dato di fatto è che chi determina i tempi della ricostruzione sono le Amministrazioni Pubbliche e i Professionisti.
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Istituzioni Piazza Comune
Intervista al Sindaco di Fabriano Davide Amicucci
Il Sindaco di Fabriano, Gabriele Santarelli
Quali sono secondo lei le principali criticità dal punto di vista urbanistico della città di Fabriano? Come intendete intervenire? Fabriano si è sviluppata storicamente senza un piano urbanistico. Abbiamo insediamenti industriali inseriti in contesti residenziali e interi quartieri il cui sviluppo armonico è stato impedito da aree industriali posizionate a macchia di leopardo intorno alla città. Intervenire per risolvere questa situazione è alquanto difficile. La nostra amministrazione si è data l'obiettivo di recuperare alcune zone degradate, e di intervenire sul piano urbano del traffico che attualmente non esiste, per migliorare le condizioni in termini almeno di vivibilità. Stiamo ragionando anche sul meccanismo della banca delle cubature per riuscire a scambiare volumetrie di scarso valore con nuove edificazioni. L'edilizia è ormai in forte difficoltà in tutta Italia, con chiusure di aziende e diminuzione del personale. Cosa può fare il Comune per aiutare le azien-
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de del settore a a risollevarsi? Crediamo che bisogna intervenire sul recupero e sul miglioramento dell'esistente. Siamo convinti che un serio piano di adeguamento o miglioramento sismico e dell'efficienza energetica degli immobili farebbe attivare il più graned cantiere a cielo aperto che il nostro paese abbia mai conosciuto. Chiaramente, per fare questo, è necessaria una forte presa di posizione e una inversione di politica da parte del Governo centrale. Il territorio di Fabriano negli ultimi anni ha perso popolazione. Qual è la situazione abitativa, soprattutto in termini di edilizia agevolata? Fabriano ha perso popolazione ma ancora di più ha perso reddito. L'edilizia popolare e a canone agevolato attualmente a disposizione non è assolutamente sufficiente a rispondere alle esigenze di una comunità in difficoltà. Una nota particolare va fatta in riferimento all'edilizia a canone agevolato per la quale è necessario rivedere i canoni attualmente richiesti e che non corrispondono più alla condizione aggiornata del mercato degli affitti. Il problema principale è dovuto al fatto che in passato sono state inserite in questi appartamenti delle famiglie con reddito zero che non sono nelle condizioni di sostenere il pagamento dell'affitto, con conseguente attivazione di un cortocircuito che coinvolge tutte le famiglie e che stiamo cercando di risolvere. È stata portata a termine la scopertura di un primo tratto del fiume Giano. Procederete con i lavori per portare alla luce nuovi tratti? Il fiume Giano verrà completamente scoperto ed è nostra intenzione mantenerlo scoperto anche al termine dei lavori per il collettamento fognario. È necessaria una variante al progetto che, secondo la nostra visione, dovrà consentire di poter interveni-
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Istituzioni
Loggiato San Francesco
re anche in futuro per implementarlo man mano in base alle nuove esigenze che dovessero presentarsi. Un progetto cioè che non precluda nuovi interventi migliorativi che potranno coinvolgere anche le aree circostanti al fiume, creando comunicazione tra gli spazi. Il territorio comunale di Fabriano è ampio e caratterizzato dalla presenza di numerose frazioni di grande qualità architettonica e paesaggistica. Quali sono le vostre idee per valorizzarle? Stiamo improntando un ufficio Europa in grado di intercettare i fondi diretti. Uno degli obiettivi sarà proprio intervenire sui centri abitati storici delle frazioni per renderli attrattivi non solo turisticamente ma anche per attività artigianali, agricole e di prima trasformazione. L'idea è che i piccoli borghi. per quanto possibile, devono tornare ad essere abitati da persone che poi nello stesso borgo stabiliscono anche la propria sede di lavoro. Altri interventi importanti sono previsti a breve sulla rete dei sentieri che coinvolgono quasi tutti i borghi montani. Purtroppo anche Fabriano è stata colpita dai recenti eventi sismici. Qual è la situazione dei controlli agli edifici? Grazie alla richiesta, e al successivo invio da parte della Regione, di squadre a supporto a quelle interne alla nostra struttura siamo riusciti ad accelerare smaltendo quasi 1000 pratiche in meno di tre mesi. Attualmente mancano circa 150 sopralluoghi che contiamo di terminare entro pochi giorni. Avete intenzione di concentrare la vostra attenzione sul recupero di un bene architettonico in particolare o agire sul tutto il tessuto cittadino? Ci interessa particolarmente il centro storico nel suo complesso, mentre interventi specifici dipenderanno dalla nostra capacità di intercettare i fondi diretti per improntare progetti più importanti. Attualmente
abbiamo diversi edifici storici lesionati dal sisma del 2016 che sono inseriti nel piano degli interventi e sarà su quelli che eventualmente potremo misurare la nostra capacità di intravederne un uso diverso rispetto a quello che ne veniva fatto in passato, anche attraverso un maggiore coinvolgimento dei cittadini nel processo decisionale. Fabriano ha ospitato nel 2014 la mostra Da Giotto a Gentile. Quali sono le vostre idee per rilanciare il turismo a Fabriano, magari valorizzando il grande patrimonio dell'arte e industria della carta? Nel 2019 Fabriano ospiterà l'annual meeting delle città creative Unesco. Sarà un'occasione unica per mettere in vetrina tutte le nostre peculiarità che vanno dall'architettura, all'arte, all'enogastronomia fino ai prodotti artigianali tra i quali, ovviamente, spicca la carta. Abbiamo sempre detto che Fabriano deve avviare un percorso che deve portarla ad essere la capitale della carta riconosciuta a livello internazionale. Abbiamo tutte le carte in regola per poterlo fare, basta crederci un pò di più e creare sinergie con le realtà già presenti. Crediamo che sarà vincente riuscire a proporre la carta in modo diverso, magari arricchendola di contenuti tecnologici, cosa che alcuni artigiani locali stanno già facendo.
Museo della Carta e della Filigrana
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CIPAG
Cassa Geometri: Diego Buono nuovo Presidente Diego Buono è il nuovo Presidente della Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri liberi professionisti (Cipag). Questa la decisione del nuovo Consiglio di Amministrazione che si è riunito il 6 giugno per la prima volta a Roma e che, nella stessa seduta, ha anche eletto Vice Presidente Renato Ferrari. Diego Buono, classe 1969, è iscritto all’Albo professionale di Napoli dal 1994 e, dal 2007, è Presidente del Collegio Geometri e Geometri laureati della Provincia di Napoli. Dopo numerosi anni come Delegato e componente della Giunta esecutiva della Cipag, dal 2010 ne diventa Vice Presidente, mentre dal 2014 ricopre anche il ruolo di Vice Presidente della Fondazione Geometri Italiani. Inoltre, dal 2013 al 2017, è stato membro del CdA di Quaestio Holding S.A. e del CdA di Quaestio Capital Management SGR S.p.A. Qui di seguito riportiamo l'articolo uscito su Geocentronline con le priorità programmatiche del nuovo Presidente. UNITI NELL’AFFRONTARE LE PROSSIME SFIDE Per prima cosa desidero ringraziare il Presidente Amadasi che, pur nelle molteplici avversità di questi anni, è riuscito a condurre la nostra nave in “porto”, attraversando la vera e propria “tempesta” rappresentata dalla crisi economica e dal conseguente calo dei redditi — per di più unita alla diminuzione delle iscrizioni in gran parte dovuta alla trasformazione del titolo di geometra in CAT (Istituto Tecnico Costruzioni, Ambiente e Territorio). Ed è riuscito a farlo con una “imbarcazione” già bisognosa di per sé di un forte riequilibrio finanziario, conseguente alla gestione post pubblica. Da buon “comandante”, però, non solo ci ha portato in salvo ma ha anche saputo elevare e formare chi, dopo di lui, avrebbe avuto il compito di riportare l’imbarcazione in acque sicure, garantendone la sostenibilità, l’equità e l’intergenerazionalità — mi riferisco al CdA e al Comitato. Il ruolo da me ricoperto in questi anni mi ha consentito di stare al suo fianco condividendo, insieme al Consiglio, ansie e preoccupazioni, ma anche tante gioie e soddisfazioni che hanno permesso alla Cassa di raggiungere traguardi importanti per gli iscritti. Certo, ci sarà tempo e luogo per medaglie e targhe ufficiali ma sento il desiderio e l’obbligo di esprimere, al di fuori di ogni formalità e dal profondo del cuore, tutta la gratitudine verso il Presidente Amadasi. A nome del nuovo CdA eletto, inoltre, vorrei ringra-
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ziare i componenti del Comitato dei Delegati per la fiducia accordataci e augurare a tutti noi un buon lavoro per i prossimi 4 anni che ci vedranno uniti nell’affrontare le prossime sfide. Sono certo che il Cda, in sinergia con il Comitato dei Delegati, la struttura amministrativa e il CNG, saprà affrontarle nel modo migliore. In particolare tre di queste sfide sono prioritarie: il sostegno ai giovani nella costruzione del loro percorso professionale, assistenziale e previdenziale; la restituzione del giusto lustro alla figura e alla professione;il potenziamento delle forme di welfare complementare per supportare gli iscritti e i pensionati nel sostenimento delle spese sanitarie legate al progressivo incremento della vita media. Il tutto preservando e difendendo l’autonomia della nostra Cassa e la sostenibilità dell’intero sistema previdenziale. Su quest’ultimo punto vorrei sottolineare come la Cassa, in questi anni, sia stata in grado di gestire al meglio la propria autonomia, procedendo prima a riequilibrare il sistema ereditato dalla gestione pubblica in un’ottica di equità e di sostenibilità di lungo periodo; successivamente a porre in essere un soddisfacente welfare attivo. C’è ancora molto da fare, lo sappiamo. Ma il nuovo Cda con il supporto del Comitato sarà in grado di proseguire nel solco tracciato in questo quadriennio — ne sono certo. Quando parliamo di previdenza dobbiamo avere una prospettiva di lungo periodo; e tuttavia, una prospettiva di lungo periodo può esserci solo se già oggi riusciamo a pensare e ad immaginare ciò che ci sarà domani, ciò che accadrà e come cambierà la professione e il welfare. I tre requisiti essenzia-
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li per qualsiasi sistema previdenziale sono l’equità, la sostenibilità e l’intergenerazionalità e sono requisiti strettamente collegati tra di loro, perché senza equità la sostenibilità nel tempo è molto difficile e senza intergenerazionalità non c’è una sostenibilità di lungo periodo. Un sistema previdenziale è in grado di mantenersi nel tempo non solo se le prestazioni sono commisurate alle contribuzioni ma anche se la platea degli iscritti viene mantenuta con nuovi ingressi. Dunque — a fronte di cambiamenti così repentini del sistema professionale ed economico e ai problemi demografici che da molti anni stiamo vivendo — dobbiamo essere in grado di costruire strategie per risolvere alcune criticità. Oggi viviamo più a lungo e questo porta inevitabilmente a dover modificare il bilanciamento tra periodi di lavoro e periodi di pensione. Ma non solo. Dobbiamo tener presente che il numero degli iscritti che ogni anno raggiungono il pensionamento è significativamente più alto del numero delle persone che nello stesso periodo si affacciano al mondo del lavoro. Occorre quindi trovare un giusto equilibrio tra le esigenze di mantenere sostenibile il sistema e gli obiettivi, anche se apparentemente sembrano inconciliabili. Questa è la sfida che dobbiamo affrontare, consapevoli che la storia ci ha insegnato che i cambiamenti generano problemi ma anche grandi opportunità e io credo che molte attività si modificheranno e molte altre nasceranno. È davanti a tutti il tema della velocità del cambiamento tecnologico che è drammaticamente superiore alla velocità dei cambiamenti sociali ma soprattutto alla capacità dei nostri iscritti
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di affrontare queste nuove attività con soluzioni e preparazioni adeguate. Pensiamo solo a quello che è avvenuto nel settore energetico, nella geomatica, nell’ambiente, nella riqualificazione, nella salubrità degli edifici, nella domotica, e questo senza considerare l’evoluzione continua dei settori che da sempre sono stati il punto di forza della nostra categoria — mi riferisco alla sicurezza, alle misure antincendio, alle materie estimative, fino ad arrivare alla filiera del processo delle costruzioni (BIM). Ecco, partendo da questo, anche nella mia veste di Presidente di Collegio, mi pongo e vi pongo una domanda di cui spero coglierete lo spirito costruttivo: siamo proprio sicuri che l’intera nostra categoria sia stata al passo con i tempi? E se la risposta è sì, quanti colleghi abbiamo oggi che sono profondi conoscitori di queste nuove attività? La mia risposta è che purtroppo ancora non siamo riusciti a far comprendere ai nostri colleghi il senso e l’importanza della formazione continua, da intendersi non come ulteriore fardello, non come una raccolta dei crediti, per alcuni addirittura dei punti, ma come la linfa principale della nostra professione. So che magari può sembrare un discorso astratto e scontato ma la realtà dei fatti ci dimostra il contrario e lo vediamo con l’esempio di colleghi che, essendo stati più attenti al progresso rispetto ad altri,hanno visto crescere i propri redditi nonostante il periodo di crisi. Altra questione fondamentale è quella delle iscrizioni. Si potrebbero scrivere libri su questo argomento, per quanto se ne è discusso in questi anni. Purtroppo anche qui scontiamo la perdita di anni fondamentali nei quali ci siamo SETTEMBRE 2017
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mossi senza una visione lungimirante che ci avrebbe consentito di comprendere che cosa stava realmente accadendo. La riforma Gelmini ha creato l’orribile acronimo CAT in sostituzione del titolo di geometra, ma noi — come categoria — non abbiamo avuto la prontezza di far comprendere all’opinione pubblica che CAT significava geometra. Fortunatamente, anche se in forte ritardo, il CNG e la Cassa in grande sinergia, stanno investendo importanti risorse per recuperare questo gap d’iscrizioni. Ancora i risultati non sono soddisfacenti ma ci danno segnali incoraggianti. Questo vuol dire che c’è ancora molto da fare — e sono sicuro che, proseguendo nella strada della collaborazione fra CIPAG e CNG, saremo in grado di trovare i rimedi opportuni. Oltre alla scuola, che rappresenta solo una parte del problema, bisogna allo stesso tempo lavorare a riqualificare la figura del geometra nella percezione collettiva, dando evidenza e forza alle sue peculiarità, al suo ruolo sociale e alla sua indiscussa indispensabilità nella filiera edilizia. Vorrei concludere sottolineando come le Casse di previdenza professionali di tutti gli Ordini siano state in grado di adeguare i loro regolamenti per soddisfare l’obbligo dei bilanci proiettati a 50 anni e per dimostrare la loro sostenibilità economico-finanziaria a medio e lungo termine, cercando di distribuire il peso su tutta la platea e garantendo così anche alle giovani generazioni una tutela previdenziale adeguata anche se meno generosa di quella delle generazioni precedenti. I nuovi parametri obbligano infatti le Casse previdenziali a misurare in un tempo più lungo le prospettive della loro salute
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finanziaria anche e soprattutto in rapporto all’andamento del reddito di categoria. Questo continuo monitoraggio ci consente, anche per merito del metodo contributivo, di conservare nel lungo termine gli equilibri previdenziali con attenzione ai nuovi e ai vecchi iscritti, avendo chiari il genere, l’età, le carriere professionali e i conseguenti risultati reddituali e contributivi. È fondamentale continuare nella politica che ci ha consentito fino ad oggi di creare aiuti in favore dei giovani, come gli sconti sui contributi per i neoiscritti — pur assicurando loro la contribuzione
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figurativa, i prestiti agevolati, la posta certificata e l’assicurazione professionale gratuita, gli incentivi alla formazione e i contributi a sostegno della maternità. Inoltre, in sinergia con le riforme delle professioni, dovremo realizzare quelle dinamiche professionali attente alle giovani leve per non disperdere le attuali potenzialità reddituali della categoria, favorendo l’avvicendamento generazionale. Questa direzione peraltro potrebbe migliorare ancora nel tempo grazie alla norma inserita nel testo di legge sul lavoro autonomo approvata di recente, che permetterà alle Casse di realizzare anche politiche di sostegno degli iscritti più fragili, rivedendo anche gli attuali strumenti di welfare messi in atto. Ma sia ben inteso, fragilità non è sinonimo di morosità, bensì di una momentanea debolezza dovuta a cause di forza maggiore, meritevole di assistenza, in primis, morale e in secondo luogo economica. Invece, le grandi morosità derivano non da fragilità momentanee ma da comportamenti scorretti che non contribuiscono alla solidarietà della categoria e mettono in crisi l’intero sistema previdenziale e professionale. Sarà dunque obbiettivo primario del CdA perseguire, con ogni forza e mezzo a nostra disposizione, ogni forma di evasione contributiva sia nei confronti dei grandi morosi che negli iscritti al solo Albo che esercitano attività professionale. Altro elemento molto importante presente nel Jobs Act è la possibilità di costituire consorzi stabili, reti di
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professionisti, che consentano di partecipare in forma aggregata, anche con altre professioni, a bandi di notevole consistenza. Al riguardo, i dati statistici della nostra categoria sono ben chiari e indicano che i redditi medi percepiti dai geometri che lavorano in studi aggregati (STP e studi associati) sono nettamente superiori a quelli ottenuti in media, soprattutto per i professionisti under 35. Gli obiettivi sono chiari, dunque, e nelle nostre mani abbiamo gli strumenti e le possibilità per raggiungerli, continuando a guardare insieme al CNG nella stessa direzione, cercando di rivolgerci sempre alle soluzioni, mantenendo la dialettica ed il confronto in un’ottica costruttiva che ci consenta di raggiungere risultati concreti per sostenere e dare un futuro professionale, assistenziale e previdenziale a i nostri iscritti.
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Formazione
Sirolo, il paese della Topografia Il 21 e 22 settembre si è svolto a Sirolo, organizzato da Geomax e con il patrocinio del Collegio dei Geometri e dei Geometri Laureati della Provincia di Ancona, dell'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Ancona e dell'Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Ancona, l'evento “Il Paese della Topografia”. Ad aprire l'evento facendo gli onori di casa, il Direttore del Conero Golf Club – Roberto Malatini. Poi ha parlato il Presidente del Collegio dei Geometri e dei Geometri Laureati della provincia di Ancona, Diego Sbaffi. Daniele Bartolucci di Geomax ha spiegato il programma dei due giorni. Di seguito c'è stato l'intervento del Prof. Gabriele Fangi dell'Università Politecnica delle Marche, grandissimo esperto di Fotogrammetria, poi seguito dalla professoressa Eva Malinverni e dal ricercatore Roberto Pierdica. Questa è stata la fase più teorica, si è visto come applicare le strumentazioni ai rilievi, con esempi svolti dai docenti, catalogazione del patrimonio, ecc.
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Si è continuato con delle spiegazioni sulle applicazioni usando il drone e sui principi fotogrammetrici che vengono utilizzati con preparazione del volo, volo e nel pomeriggio elaborazione dei dati ottenuti nella prova pratica. Questa parte del corso è stata tenuta dall'Arch. Mattia Ventimiglia di Microgeo.
Azimut A Sirolo invece ci si è divisi in due gruppi. Il Sindaco Moreno Misiti aveva chiesto come favore il rilievo scanner 3d della chiesetta del Rosario in prossimità dell'ingresso meridionale del paese.
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Formazione Hanno partecipato al corso oltre 30 professionisti, da tutta Italia.
Quindi un gruppo si è diretto lì dopo aver seguito una lezione con delle slide introduttive, mentre l'altro gruppo prendeva pratica con gps, stazioni totali, sistema pic point, affiancati da tutto il team Geomax, in special modo gli Ing. Alberto Calligaris ed Alessio Girgenti.
Geomax ha utilizzato e messo a disposizione uno strumento robotico zoom 90, affiancato al gps Zenit 15 e 35 (che permette la misura con la palina inclinata) e il Sistema pic point, per misurare in maniera fotogrammetrica le facciate partendo dal gps. SETTEMBRE 2017
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