La Quadriennale di Roma Da Ente autonomo a Fondazione di Lýdia Pribišová Book design: Alessandra Mancini Immagine di copertina: Cesare Pietroiusti Giochi del senso e/o nonsenso Invito alla XII Quadriennale, 1996 © 2017 Postmedia Srl, Milano www.postmediabooks.it ISBN 9788874901968
Q
La uadriennale di Roma Da Ente autonomo a Fondazione Lýdia Pribišová
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books
Indice
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Prefazione Chiara Bertola
11
Introduzione
Parte I 15 49
I.1 I.2
Il contesto storico e giuridico della Quadriennale La prospettiva delle attivitĂ della Quadriennale nei tre Statuti (1937, 2001, 2013)
Parte II Quadriennali XI-XVI 59 87 145 178 221 244
II.1 II.2 II.3 II.4 II.5 II.6
XI Quadriennale di Roma, 1986 XII Quadriennale di Roma, 1992-1996 XIII Quadriennale di Roma, 1998-1999 XIV Quadriennale a Napoli, Torino e Roma, 2003-2005 XV Quadriennale, 2008 XVI Quadriennale di Roma, 2016-2017
Parte III 251 254
Archivio Biblioteca della Quadriennale (ARBIQ) Whitney Biennale versus Quadriennale di Roma
274
Conclusioni
281
Bibliografia
Prefazione Chiara Bertola
L
a Quadriennale ha ormai una lunga storia, una storia che inizia nel 1931. Ma che cosa doveva garantire l’Esposizione quadriennale d’arte di Roma? Direi far conoscere gli artisti italiani e promuoverli anche all’estero, dal momento che, in Italia, la Biennale presentava la scena artistica internazionale… Ecco, sì. Questo era uno dei compiti statutari più importanti per la Quadriennale di Roma. Questa funzione, però, viene in qualche modo regolarmente dimenticata; anche se bisogna ammettere che nel tempo alcuni tentativi di migliorare la manifestazione e di renderla più autonoma ci sono effettivamente stati; sforzi di migliorarla e darle una funzione come molte istituzioni analoghe all’estero che da decenni lavorano nei loro Paesi per promuovere e dare possibilità ai propri creativi. Ma quale sia la storia della Quadriennale e che cosa abbia fatto di rilevante da quando è nata nel 1927, lo racconta molto bene il libro di Lýdia Pribišová. Questa giovane critica d’arte ricostruisce con precisione la storia ma soprattutto ne fa una lettura critica, lasciando intravedere le poche cose positive, per esempio l’ottimo lavoro di ricerca sui percorsi di riflessione dell’arte degli ultimi decenni… come la mostra sugli anni Sessanta a Roma e quella sugli anni Settanta; iniziative interessanti ma insufficienti per sostenere e far conoscere il lavoro del presente. Così, alla fine, la conclusione è che la storia della Quadriennale sembra più la storia di una possibilità perduta; una storia di mancate assunzioni di responsabilità, di crisi di competenza e soprattutto della solita costante ingerenza della politica. In riferimento a questo ho amato il modo di Lýdia di affrontare la disfunzione italiana, proponendo delle prospettive, dei paragoni che fanno intravedere cosa si è perduto ogni volta e che cosa sarebbe potuta diventare un’istituzione con le potenzialità della Quadriennale. Perché gli organi istituzionali italiani ci sarebbero… La lettura del libro di Lýdia mi ha interessato. Non tanto per il contenuto non certo scorrevole o troppo appassionante, ma per il modo propositivo dell’autrice, che non si perde in retorici riconoscimenti o in falsi elogi di una storia solo a tratti importante. L’ho amato perché Lýdia è stata capace di affondare il coltello direttamente al cuore scrivendo che: “l’errore più grave della rassegna è il meccanismo della nomina della Commissione-inviti, soprattutto il fatto che i curatori/commissari sono nominati direttamente dalle istituzioni politiche: dal Ministero per i Beni Culturali e dal Comune”. Ma subito dopo offre la soluzione semplice e corretta adottata da tutte le altre istituzioni internazionali: “… un concorso pubblico per individuare la commissione, e una scelta basata sul progetto proposto (non importa se da un curatore, da collettivi di curatori o dagli artisti stessi e anche da professionisti di altri campi). Il progetto dovrebbe essere scelto da una giuria composta da autorità apprezzate La Quadriennale di Roma 7
a livello internazionale, della scena artistica sia italiana sia straniera”. Ecco fatto, semplice e lineare. Giusto e produttivo se non dovessimo vendere la cultura al gioco degli scambi del favore politico… ma ormai chi lavora seriamente nel mondo della cultura contemporanea ha smesso di illudersi che qualcosa possa cambiare e crescere in questo Paese. “La Quadriennale potrebbe servire come una metafora dell’arte contemporanea in Italia; con i suoi intrecci con la politica, con la mescolanza degli strati del sistema dell’arte, da quelli alti a quelli bassi, il confronto di vari interessi e con il fortissimo legame al passato – da parte dell’istituzione stessa – che frena il suo rinnovamento”. Questa frase conclusiva del prezioso libro di Pribišová sottolinea una verità che chi lavora nel mondo dell’arte contemporanea conosce bene. La Quadriennale purtroppo patisce il male cronico della cultura italiana nelle sue istituzioni: l’ingerenza della politica che sceglie direttori, consigli di amministrazione, presidenti usando la cultura come moneta di scambio di favori e di potere. Come fa notare l’autrice nel suo prezioso e coraggioso volume, addirittura nella “XI Quadriennale alcuni degli artisti invitati erano stati scelti dai partiti…”, una modalità che ha danneggiato la manifestazione in vari modi, ma soprattutto l’ha relegata a una funzione marginale, non facendola crescere né diventare quel veicolo di esportazione e conoscenza degli artisti italiani come era nel suo obiettivo statutario e principale. Forse oggi si sta cercando di uscire da certe logiche e sudditanze politiche ma è uno sforzo che sembra titanico oltre che lentissimo. Per farlo capire l’autrice mette in evidenza quello che è stato il tentativo di trasformazione dell’ente in fondazione. Un passaggio che avrebbe potuto portare autonomia e ragionevolmente avrebbe potuto farla ripartire con una sua attività sperimentale e indipendente. Ma questo passo non è servito perché la fondazione non è riuscita a farsi sponsorizzare dalle risorse private… ed è diventata un ibrido, un ossimoro – come fa notare l’autrice: “una fondazione pubblica. Vale a dire una fondazione – che dovrebbe essere privata, indipendente dalla politica, ma che essendo pubblica è alimentata da fondi dello Stato che finiscono per influire sulla sua attività…”. L’autrice però mette in evidenza anche la storia positiva e di successo della Quadriennale: ad esempio quella relativa alle ineccepibili, scientifiche e rigorose mostre storiche, che spesso hanno ottenuto i risultati migliori rispetto alle rassegne di arte contemporanea. Quando fui invitata come curatrice della XV Quadriennale, insieme ad altri quattro curatori, ricordo, tra le molte, una cosa che mi sorprese fin dalla prima riunione. Gino Agnese presidente allora dell’ente ci mise in guardia sul fatto che, secondo il regolamento, i curatori non potevano seguire l’allestimento e le installazioni degli artisti che avevano invitato… Ricordo solo che istantaneamente minacciai di andarmene, fomentando una micro rivolta interna che andò a buon fine: l’assurdo regolamento sparì infatti dallo statuto. Inoltre, posso testimoniare di aver vissuto quel disagio che l’autrice sottolinea come una delle cause della non riuscita della rassegna: “La complicazione che frena lo svolgimento effettivo del modello esistente della rassegna è che ora i critici/curatori sono costretti a collaborare, anche quando non hanno nulla in comune, che anche se hanno percorsi e gusti diversi, anche se forse non si conoscono neanche bene, sono costretti a lavorare insieme. Essi non si sono trovati in questa situazione per la voglia e l’entusiasmo di creare qualcosa insieme, in una sintonia intellettuale. Il risultato così è sempre un grande compromesso, 8 Lýdia Pribišová
che neutralizza l’innovazione, la sperimentazione e l’affacciarsi di opinioni più radicali e progressive…”. Il percorso di Lýdia Pribišová nel rimettere in moto la storia della Quadriennale è interessante perché dopo un’accurata ricostruzione storica dedica l’ultima parte al tentativo di offrire soluzioni e prospettive. Lo fa in un modo non scontato, per esempio mettendo la Quadriennale a confronto con un’altra istituzione nazionale che aveva gli stessi obiettivi della nostra, l’americana Whitney Biennial. L’autrice dedica un capitolo approfondito alla Biennale d’oltreoceano, facendo intuire, nemmeno in modo velato, che cosa sarebbe potuta diventare quella romana se non fosse sempre stata rallentata e appesantita dalle difficoltà che affliggono la cultura italiana. Un obiettivo mancato della Quadriennale rispetto alla gemella americana, soprattutto negli ultimi trenta anni, è ad esempio la promozione dell’arte italiana all’estero. Si tratta di una finalità che rivestirebbe un’importanza cruciale nel sistema artistico italiano, sempre minacciato dall’accusa di provincialità. Come fa notare l’autrice, quando la provincialità è gestita bene, può diventare una grande risorsa: se ad esempio i migliori artisti della Quadriennale avessero poi la possibilità, tramite l’istituzione, di esporre nei musei internazionali, avrebbero un’occasione di crescita straordinaria. La focalizzazione sull’arte nazionale è una particolarità che potrebbe essere vista in modo ampio, come fa la Whitney Biennial, trasformando in ricchezza e originalità un lavoro che invece rimane appiattito e rivolto solo su sé stesso. La visione positiva di Lýdia si spinge anche a suggerire che “Potrebbe aiutare la Quadriennale anche un’attività espositiva più frequente e articolata, con le varie mostre/conferenze/discussioni/pubblicazioni allestite durante tutto il quadriennio, con il coinvolgimento delle istituzioni sia italiane che straniere”. In Italia in generale si sente la mancanza di un’istituzione dedicata alla rappresentazione dell’arte e della cultura all’estero, come ad esempio il British Council in Gran Bretagna, il Goethe Institut in Germania o il Pro Helvetia in Svizzera. In più le mostre all’estero fanno parte della politica del Ministero degli Affari Esteri e non di quella del Ministero per i Beni Culturali. Questa realtà ancora allontana la rappresentazione dell’arte italiana dallo standard internazionale. La conclusione cui arriva l’analisi di Lýdia si presenta piuttosto come una sentenza a cui non ci si può sottrarre: “la Quadriennale ha una ragione di essere, ma dovrebbe essere rivista da capo. Dovrebbe diventare d’interesse pubblico”. E per fare quest’operazione servirebbe una motivazione più grande sia dello Stato, del Ministero dei Beni Culturali, del Comune di Roma, sia anche degli addetti al lavoro, quindi dei curatori, dei critici, dei professori che insegnano l’arte contemporanea e di tutti gli altri professionisti della materia. Se questi dimostrano sempre indifferenza, obbedienza o se tutti alla fine seguono i propri interessi personali, non si può fare niente. La Quadriennale, in poche parole, è uno specchio della società italiana.
Maggio, 2015 La Quadriennale di Roma 9
Introduzione
I
l presente volume propone la lettura di una delle rassegne più importanti d’Italia, la Quadriennale di Roma, attraverso l’analisi delle sue edizioni a partire dalla prima del 1931; tale analisi è stata condotta attraverso lo studio degli organi amministrativi, dello sviluppo della struttura organizzativa, dei partecipanti, delle motivazioni e dell’esito del dibattito critico suscitato nella stampa. Il libro è frutto di una ricerca di dottorato all’Università La Sapienza di Roma realizzata a partire dal 2009 e conclusa con la discussione nel novembre 2013. La realizzazione finale del libro, con la selezione dei testi, le revisioni ed i costanti aggiornamenti apportati fino all’estate 2017, ha avuto durata quasi quanto la ricerca stessa; ciò per gli impegni lavorativi ma anche che per ragioni familiari dell’autrice, che nel frattempo ha partorito il proprio figlio. La ricerca si concludeva originariamente con la XV edizione della Quadriennale, ma nel frattempo si è svolta anche la XVI edizione, della quale viene offerto solo un breve accenno. Esistevano già alcune ricerche dedicate alla storia della Quadriennale dai suoi inizi, come quella contenuta nel Catalogo generale della Galleria comunale d’arte moderna e contemporanea 1, o il volume Cipriano Efisio Oppo: un legislatore per l’arte; scritti di critica e di politica dell’arte 1915-1943 2. Anche il libro La Quadriennale. Storia della rassegna d’arte italiana dagli anni Trenta a oggi 3 offre una ricostruzione con un ricco apparato di annotazioni dall’inizio fino alla XIV Quadriennale del 2003-2005. Mancava tuttavia un’analisi completa sulla sua storia più recente, quella che appunto vogliamo offrire in questo libro. Il motivo della mancanza di uno studio quale quello qui presentato, e quindi dell’assenza di interesse da parte di critici e storici dell’arte per la storia della Quadriennale, è forse da ricercarsi nell’impossibilità dell’ente di riprendere a seguito della guerra, un ruolo importante e decisivo nella scena dell’arte contemporanea. L’evento, svolto per la prima volta nel 1931 con grande successo, dopo la caduta del regime fascista, si è trovato spesso in difficoltà nel rappresentare l’arte contemporanea, si è trovato in ritardo rispetto agli svolgimenti più avanzati della ricerca artistica. Ancora negli anni Ottanta, mentre il clima culturale cambiava rapidamente, la Quadriennale ha spesso manifestato uno stato di letargia. Attualmente però il credito della Quadriennale sta lievemente crescendo. La XVI edizione, Altri tempi, altri miti svolta da ottobre 2016 a gennaio 2017, ha mostrato l’intenzione di ripristinare un discorso di qualità, lavorando con curatori progressisti ed innovativi, che nelle loro sezioni hanno rappresentato un’idea di arte che maggiormente riflette l’attualità del Paese. La Quadriennale di Roma 11
La ricerca del presente libro, impostata cronologicamente, si propone l’analisi del meccanismo operativo dell’istituzione Quadriennale di Roma, i compiti e le relazioni interne fra gli organi esecutivi, soprattutto durante il periodo dal 1986 al 2008. Si è studiato anche il background professionale e politico degli addetti all’amministrazione, soprattutto del Presidente, del Segretario Generale, del Consiglio di Amministrazione, della Commissione inviti e si è rilevato come le rispettive provenienze politiche o culturali abbiano influenzato concretamente il carattere di ogni rassegna. Un’altra parte importante esaminata è stata quella dei rapporti operativi e politici della Quadriennale con le altre istituzioni, come i Ministeri, il Sindaco di Roma, il Comune di Roma o gli altri comuni, la Provincia di Roma, la Regione Lazio, comprendendo le istituzioni artistiche regionali, ma anche la presenza nei mass media come stampa e televisione. La ricerca intende offrire anche un’analisi critica delle strategie di scelta degli artisti e delle opere, della loro qualità nell’ambito del lavoro specifico dei singoli autori, degli aspetti che hanno vincolato la selezione delle opere esposte oltre ovviamente ad una riflessione critica sulle mostre quadriennali. L’obiettivo del lavoro è stato anche quello di restituire dettagliatamente i punti chiave della recente complessa storia della Quadriennale nella critica dell’arte contemporanea. Inevitabile è stata anche l’analisi dei meccanismi non funzionanti, la segnalazione dei problemi e delle loro probabili cause. Inoltre si è seguito e definito il processo del cambiamento della posizione della Quadriennale rispetto alla scena dell’arte contemporanea italiana. Questi, in breve, i punti chiave sui quali si è basato il progetto. Il lavoro di ricerca non è stato facile, come ottenere la fiducia da parte dell’Istituzione, il cui Archivio Biblioteca ho visitato quasi ogni giorno. Questo grande Archivio si è schiuso piano piano, all’inizio molti documenti non erano a disposizione, ma poi lentamente ho avuto la possibilità di studiare sempre più materiali, fino a quelli non accessibili pubblicamente. Alla Fondazione La Quadriennale di Roma va un grande ringraziamento, avendomi accompagnato con grande pazienza. Un riconoscimento particolare va ad Assunta Porciani, responsabile dell’Archivio Biblioteca della Quadriennale, e ai suoi colleghi Alessandro Sagramora e Alessandro Sandorfi. Tutti loro, insieme con Federica Guida, mi hanno fornito tantissime informazioni, oltre ai loro ricordi personali, che mi hanno aiutato a ricostruire la storia della Quadriennale di Roma. Vorrei ringraziare anche altri personaggi della Quadriennale, come Ilaria Della Torre (il direttore generale della Fondazione La Quadriennale di Roma), l’ex Presidente Jas Gawronski e gli ex Presidenti Gino Agnese e Lorenza Trucchi. Tra le persone che hanno partecipato alla Quadriennale, e che sono state disponibili a rispondere alle mie domande, voglio ringraziare Chiara Bertola, Francesco Poli, Ludovico Pratesi, Duccio Trombadori, Barbara Paccagnella, Achille Perilli, Andrea Volo, Fabrizio Lemme, Cesare Pietroiusti, Achille Bonito Oliva, Umberto Croppi e gli altri.
12 Lýdia Pribišová
Ho apprezzato molto anche la disponibilità di Elena Cazzaro dell’ASAC (Archivio Storico delle Arti Contemporanee) della Fondazione La Biennale di Venezia, che mi ha accompagnato nello studio dei materiali di archivio che mi hanno aperto uno sguardo generale sul contesto storico e legislativo della Quadriennale di Roma. Ringrazio la Fondazione Lemmermann che ha apprezzato la mia ricerca con il suo premio e con una borsa di studio del 2010. Un grande ringraziamento lo rivolgo soprattutto alla Professoressa Simonetta Lux che ha fin dall’inizio creduto al mio progetto di ricerca, che mi ha insegnato a proseguire in modo metodologico, critico, e che ha rafforzato la mia determinazione. La ringrazio per le nostre sedute piene d’ispirazione e di pensiero costruttivo, accompagnate sempre dal suo umore intelligente. Un ringraziamento va anche a tutto il Collegio Docenti del Dottorato di Ricerca in Storia dell’Arte dell’Università La Sapienza, e in particolare al coordinatore prof. Antonio Iacobini, per avermi accompagnato lungo questi tre anni di ricerca e per avermi arricchito di moltissimi consigli e idee utili; un ultimo ringraziamento a Postmedia Books, una delle poche case editrici italiane a cui sta a cuore la ricerca nel contemporaneo.
1. Bonasegale, G., Catalogo generale della Galleria comunale d’arte moderna e contemporanea, Roma, Edizioni De Luca, 1995. 2. Morelli, F. R., Cipriano Efisio Oppo: un legislatore per l’arte: scritti di critica e di politica
dell’arte 1915-1943, Roma, De Luca, 2000. 3. Salaris, C., La Quadriennale. La storia della rassegna d´arte italiana dagli anni Trenta a oggi, Venezia, Marsilio, 2004.
La Quadriennale di Roma 13
Parte I
I.1 Il contesto storico e giuridico della Quadriennale
I.1.1
La Quadriennale di Roma: Le origini1
P
er poter percepire e valutare la struttura contemporanea della Quadriennale è necessario analizzarne le radici, il ruolo e il funzionamento fin dalla nascita, dato che molte caratteristiche anacronistiche, inattuali e non funzionanti provengono dai suoi albori. Il ruolo della rassegna di valorizzare l’arte contemporanea e divulgare la propaganda del progetto culturale fascista non era più attuale dopo la Seconda Guerra Mondiale. La Quadriennale di Roma si è quindi impegnata a ricercare nuovi compiti, ragioni d’essere e modelli adeguati di funzionamento, che sono ad oggi ancora da trovare. A seguire rifletteremo sui rapporti dello Stato con la Quadriennale di Roma, ragionando sulla sua struttura, sul suo profilo e ruolo agli esordi, dato che alcune tracce della sua attività attuale, come l’impostazione, i regolamenti delle mostre, la struttura degli organi esecutivi, sono analoghi a quelli di ieri.
I.1.2
Le prime quattro edizioni della Quadriennale di Roma 1931, 1935, 1939, 1943
La manifestazione Quadriennale di Roma nasce con il compito di promuovere l’arte contemporanea italiana. Le prime edizioni si svolsero sotto la pesante ipoteca del regime fascista, ma furono pur sempre delle concrete occasioni per conoscere quanto via via stava accadendo in fatto di arte nelle varie città italiane. L’invito alla Quadriennale costituiva un importante biglietto di presentazione per gli artisti, in quanto la grande rassegna romana era frequentata da galleristi, collezionisti, da un pubblico di amatori, critici e professionisti nazionali e internazionali. Si poteva esser visti e notati. Il primo documento che si conserva sull’organizzazione delle esposizioni Quadriennali romane, nella forma in cui poi verranno attuate, è la deliberazione n. 3893 dell’11 maggio 1927, Istituzione delle Esposizioni Quadriennali d’Arte Nazionale,2 con la quale il Governatorato di Roma aveva deciso di istituire una mostra dedicata alla “migliore produzione dell’arte figurativa nazionale”3. A questa prima deliberazione seguirà un lungo iter per arrivare al provvedimento legislativo definitivo, che si concluderà con l’approvazione delle leggi del La Quadriennale di Roma 15
Quadriennale, 16 febbraio 1981, ibidem. 129. Proposta di comunicato stampa, 10 luglio 1981, in ASQ II. 26/2, B 71, v. 4. 130. Salaris C., Alla ricerca di nuove situazioni, in La Quadriennale. La storia della rassegna d´arte italiana dagli anni Trenta a oggi, op. cit., pp. 156-157. 131. “Roma contro la Biennale. Vi insegniamo noi come si fanno le mostre”, intervista di T. L. a Renato Nicolini, in “La Stampa”, 24 gennaio 1984. 132. Querèl D., “Ci sono troppi... meno gli assenti”, in “Next”, luglio 1986. 133. Vincitorio F., Una lotta molte ragioni, in “La Stampa”, 24 gennaio 1984. 134. Salaris C., Alla ricerca di nuove situazioni, in La Quadriennale. La storia della rassegna d´arte italiana dagli anni Trenta a oggi, op. cit., pp. 156-157. 135. Dorazio P., “La X Quadriennale d’arte di Roma. Non c’è, immaginiamola”, in “Corriere dell’arte”, mercoledì, 20 febbraio 1985. 136. Gatt G., “Quadriennale: passato e prospettive”, in “Avanti”, 19 maggio 1983. 137. Nato a Roma nel 1923, morto nel 1999. Ha fatto parte di varie commissioni nella Quadriennale di Roma – di cui è stato membro del Consiglio di Amministrazione dal 1984 al 1988 – e nella Rassegna di Arti figurative di Roma e del Lazio. Nel 1968 era stato nominato Presidente della Commissione per le Arti figurative alla Biennale d’Arte di Venezia. Si veda: http://www.valentinomartinelli.it 138. Filiberto Menna era nato a Salerno nel 1926, e morto nel 1988 a Roma. 139. http://www.marsilioeditori.it 140. Revisori dei Conti erano Tomassino Filippi Antonio Merola, Fernando Morena; il responsabile dell‘amministrazione era Enrico Arata e dell‘organizzazione Giorgio Tomassetti e Massimo Oleari. 141. Andrea Volo è nato a Palermo il 3 marzo1941. Vive e lavora a Roma. 142. Renato Barilli era nato a Bologna nel 1935. 143. Palma Bucarelli (Roma, 16 marzo 1910Roma, 25 luglio 1998). 144. Vittorio Gregotti è nato a Novara nel 1927. 145. Giorgio Mascherpa era nato nel 1930, è morto nel 1999. 146. Ennio Calabria, nato a Tripoli, 7 marzo 1937, 48 Lýdia Pribišová
è un pittore italiano operante a Roma, importante esponente del Figurativismo. Nel 1959 prendeva parte alle esposizioni della VIII Quadriennale di Roma. A questa prima partecipazione faranno seguito quelle del 1972, del 1986 e del 1999. Nel 1964 era presente all’Esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia. 147. Fabio Mauri è nato a Roma nel 1926 e morto nel 2009. 148. L’architetto Alessandro Mendini è nato a Milano nel 1931. 149. L’artista Achille Perilli era nato a Roma, 1927, vive a Orvieto. E’ uno degli artisti più importanti emergenti nel periodo del dopoguerra. Era membro del gruppo Forma 1. Nel 1962 aveva una sala personale alla Biennale di Venezia. 150. L’architetto e docente Piero Sartogo era nato a Roma il 6 aprile 1934. 151. L’intervista con Achille Perilli è stata realizzata il 10 ottobre 2012, a Orvieto. 152. Ibidem. 153. Comunicato stampa, non datato, ma probabilmente proveniente dall’anno 1984. Si trova nell’Archivio storico Biblioteca della Fondazione Quadriennale. 154. Grafica italiana astratta. Catalogo della mostra, Museo di arte moderna, Haifa, 1980. 155. Bellonzi F., Gràfica Italiana Contemporànea. Catalogo della mostra. Museo municipal de Arte Moderno, Istituto italiano di cultura in Argentina, 1980. 156. Gravura Italiana Contemporanea. Catalogo della mostra pubblicato da SANAI a Rio de Janeiro, 1980. 157. Nonfigurativ italiensk grafik., catalogo della mostra, Gertrud Købke Suton, Jens Erik Sørensen, Hostrup Film-Grafik, Aarhus, 1980. 158. Di Lorenzo G. C., Preface, in Contemporary Italian Figurative Graphics. Catalogo della mostra, Sud Africa, 1980-1981. 159. Pelli F., testo introduttivo, nel catalogo della mostra Il liberty Italiano e Ticinese, Roma, Edizioni Quasar, 1981. 160. Franceschini, F., testo introduttivo, nel catalogo della mostra Il liberty Italiano e Ticinese, op. cit. 161. Multipli, catalogo della mostra, Roma, Istituto Poligrafico Zecca dello Stato, 1983.
I.2
La prospettiva delle attività della Quadriennale nei tre Statuti
1937, 2001, 2013
P
er analizzare la struttura del funzionamento della Quadriennale è necessario confrontare i suoi tre Statuti, che offrono la chiave di lettura di tutte le attività dell’Istituzione e dei suoi risultati. Il primo Statuto, di sole quattro pagine, risalente al 1 luglio 1937, fu approvato dopo il successo delle prime due edizioni della mostra, realizzate nel 1931 e nel 1935, nel momento in cui la Quadriennale diventa Ente Pubblico: in tal modo la Quadriennale cambia natura, trasformandosi da mostra periodica in struttura pubblica. Dopo la seconda guerra mondiale si era cercato moltissime volte di approvare il nuovo statuto. Questa situazione paradossale, che vedeva l’Ente funzionare con uno Statuto del periodo fascista, si è risolta solo due anni dopo che la Quadriennale s’era giuridicamente convertita in Fondazione. Il secondo Statuto fu approvato solo dopo la trasformazione della Quadriennale in Fondazione1, il 2 marzo 2001. Il terzo Statuto della Fondazione La Quadriennale di Roma è abbastanza recente: è stato approvato il 27 marzo 2013. Il Regio Decreto n. 454 del 29 gennaio 1934, Norme per il disciplinamento delle mostre, fiere ed esposizioni, poi convertito in legge (n. 1607) il 5 luglio 1934, stabiliva che gli enti costituiti per organizzare le mostre e attività affini dovevano essere legalmente riconosciuti. Nel settembre del 1935 il Ministero delle Corporazioni inviò al Governatorato una nota nella quale presentava la necessità di prendere in esame la situazione dell’Esposizione Quadriennale nazionale dell’arte: “Il successo conseguito dalle due prime esposizioni pone fuori discussione l’opportunità di mantenere il carattere continuativo della Quadriennale che si è ormai affermata fra le più importanti manifestazioni del Regime, e non occorre altro che dare attuazione agli articoli 2 e seguenti della citata legge (n.1607) predisponendo la legale costituzione dell’Ente”2. Si ponevano così le basi per la trasformazione in Ente della Quadriennale. Tuttavia, il Segretario Generale, Cipriano Efisio Oppo, riuscì ad evitare che venisse stabilito un Regolamento permanente della mostra: il Regolamento sarebbe stato emanato dal Consiglio di Amministrazione volta per volta, rendendo in tal modo più duttile il meccanismo della manifestazione3. Nonostante questo, nel 1938 venne stabilito un Regolamento dell’Ente Autonomo Esposizione Nazionale Quadriennale d’Arte di Roma4, il quale funzionava come approfondimento dello Statuto a sole quattro pagine del 1937. Purtroppo quest’opzione non è stata mai utilizzata oculatamente: il Regolamento è rimasto quasi lo stesso anche negli anni Ottanta, Novanta e Duemila, fossilizzato, con le sue inattualità. Essendo la Quadriennale una vetrina rappresentativa dell’arte italiana, anche di fronte ai paesi esteri, già nel primo Articolo di questo Statuto storico della Quadriennale era stato stabilito lo scopo La Quadriennale di Roma 49
Parte II Quadriennali XI-XVI 1986-2016
58 Lýdia Pribišová
II.1 XI Quadriennale di Roma (1986)
II.1.1 Gli obiettivi dell’XI Quadriennale e la sua struttura Il concetto della manifestazione
N
egli anni Ottanta, come abbiamo visto, sia a causa di problemi organizzativi, che per i lavori di ristrutturazione del Palazzo delle Esposizioni, si svolse solo una rassegna della Quadriennale, quella del 1986, ospitata dall’EUR, nel Palazzo dei Congressi, messo a disposizione dall’Ente EUR. La Quadriennale del 1986 era una mostra gigantesca, dove esponevano circa quattrocento artisti con oltre duemila opere. La rassegna si svolse dal 16 giugno al 16 agosto 1986.
Nella premessa del catalogo, il Presidente della Quadriennale, Giuseppe Rossini, aveva costatato che non era semplice riaffermare il ruolo di una struttura pubblica a carattere espositivo, cercando di conseguire due obiettivi diversi: recuperarne l’immagine e accrescerne il consenso.1 Il ragionamento di Giuseppe Rossini si basava sulla storia della Quadriennale e sui suoi problemi, e notava che le difficoltà erano in larga parte riconducibili all’impostazione originaria dell’Ente, mai modificata. Purtroppo il nuovo Statuto non era ancora approvato. Pian piano il ruolo della Quadriennale era cambiato, occorrevano nuove aperture, la Quadriennale era chiamata a operare in un contesto metropolitano accanto ad altri organismi pubblici e privati, era tenuta a fare i conti con il progetto “Roma capitale” e svolgere funzioni d’interlocutore a livello nazionale. Rossini nella Premessa del catalogo rilevava che l’ente avrebbe potuto essere “non solo una tradizionale sede espositiva, ma anche un Centro internazionale delle arti e della comunicazione.”2 Il Presidente aveva specificato nel testo del catalogo gli obiettivi istituzionali della Quadriennale mentre il Segretario Generale, Giuseppe Gatt, vi si concentrava a spiegare gli obiettivi della mostra, il messaggio che con la sua impostazione e la sua struttura essa voleva trasmettere. Gatt nella Introduzione spiegava così gli obiettivi della XI Quadriennale: “Se si fosse voluto seguire una cronologia rigida, questa XI Quadriennale avrebbe potuto documentare la ricerca del quindicennio ‘70-85, riprendendo il lavoro dove lo avevano lasciato gli organizzatori della decima edizione. Si è ritenuto, invece, di dover ricapitolare un trentennio riproponendo le produzioni più recenti delle personalità che hanno consentito all’arte italiana di affermarsi come presenza leader nella vicenda culturale del dopoguerra.”3 La rassegna era costituita dalla sezione centrale Emergenze nella ricerca artistica in Italia dal 1950 al 1980, nella quale esponevano gli artisti considerati più importanti, sia anziani sia La Quadriennale di Roma 59
giovani, e da sezioni laterali, create secondo diversi criteri, con la maggior parte dei giovani.4 La mostra Emergenze nella ricerca artistica in Italia dal 1950 al 1980 aveva lo scopo di rappresentare il nucleo centrale della Quadriennale, intorno al quale si disponevano le altre sei mostre di ricognizione che si rivolgevano essenzialmente agli eventi artistici più recenti. Si intendeva raccogliere in un confronto generazionale insieme gli artisti più anziani, quelli che si potevano ormai considerare i maestri dell’arte italiana del secondo dopoguerra, e chi si era affermato fino al 1980. Tutti gli artisti furono invitati a presentare lavori recenti. Considerato il carattere di questa sezione, un confronto appunto di generazioni, la scelta degli artisti da parte della commissione appositamente costituita non poteva, secondo Giuseppe Gatt, “essere eccessivamente ristretta e d’altra parte non poteva neppure dilatarsi in maniera troppo ampia, per evitare che le presenze più significative fossero sommerse in una massa indistinta e anonima.”5 Proprio in questa intenzione, come vedremo più avanti, si fallì, e questo divenne il nodo delle frequenti polemiche di stampa. Evidenziamo ora i criteri diversi usati per la costruzione delle sezioni che si sviluppavano attorno ad Emergenze nella ricerca artistica in Italia dal 1950 al 1980, la mostra centrale. Si volevano qui esporre opere preferibilmente inedite e di esecuzione non anteriore al 1980. (Alcuni artisti, soprattutto delle generazioni più anziane, avevano esposto anche opere con datazione anteriore. Erano artisti come Giuseppe Migneco, Ennio Morlotti, Umberto Mastroianni, Emilio Greco, Carlo Sergio Signori e Paola Levi-Montalcini). Il Consiglio di Amministrazione aveva approvato il progetto di allestimento presentato dall’architetto Luigi Pellegrin, il quale ne aveva concordato con l’architetto Pierluigi Cerri dello Studio Gregotti la veste grafica, il design; mentre la concreta disposizione delle opere, e la stampa del catalogo, furono affidate a società specializzate attraverso una gara per licitazione privata. Gli uffici dell’ente si erano trasferiti dalla sede permanente del Palazzo delle Esposizioni a una sede provvisoria nella vicina via Milano, a spese del Comune. Il Presidente Giuseppe Rossini voleva avvicinare la Quadriennale, con la sua sede distante dal vero e proprio centro romano, al cuore della città. La strategia che a tal fine si misurava venne spiegata da Giuseppe Rossini a “Repubblica”: “Collegare la rassegna ai cittadini attraverso l’immagine di un maxi-schermo. L’ipotesi era collocarlo in una parte del monumento di Vittorio Emanuele II o, in alternativa, in piazza Colonna”6. Lo schermo non fu poi realizzato.7
II.1.2 La direzione dell’XI Quadriennale. Gli organi Il Consiglio di Amministrazione era nel 1986 rimasto invariato, con l’eccezione di Luigi Lambertini, storico dell’arte che sostituì Domenico Fortini, dimissionario. Nelle commissioni non c’erano i critici d’arte più significativi di quel periodo, come Gillo Dorfles; si parlò anche della assenza di Germano Celant. Gillo Dorfles, su “L’Espresso”, protestava di esser stato invitato a far parte di una giuria completamente disomogenea: e che nessuno gli aveva chiesto cosa ne pensasse. Secondo Dorfles quella Quadriennale, in sé stessa, era un puro “nonsense”. Egli criticava il modello dell’esposizione, ponendolo a confronto ad esempio con documenta. Si sarebbe dovuta, secondo ragione, scegliere l’opera e non l’artista. Diede le dimissioni anche Renato Barilli che fino ad un certo punto aveva partecipato ai lavori. 60 Lýdia Pribišová
II.2 XII Quadriennale di Roma (1992-1996)
II.2.1 XII Quadriennale: Prampolini, dal Futurismo all’Informale (1992)
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el marzo 1992 fu varata la XII Quadriennale e contestualmente venne inaugurata la prima delle iniziative legate alla mostra: la mostra storica Prampolini, dal Futurismo all’Informale: essa si svolse al Palazzo delle Esposizioni dal 25 marzo al 25 maggio 1992. Venne realizzata con la collaborazione del Comune di Roma1. L’autore del progetto e coordinatore dell’allestimento era Francesco Stefanori; venne realizzato da Artesia S.p.A., per la Quadriennale era stato coordinato anche da Paola Quagliani. Presidente della Quadriennale allora era Giuseppe Rossini, Segretario Generale Giuseppe Gatt. Il comitato scientifico della mostra era composto da Enrico Crispolti, Giuseppe Gatt, Flaminio Gualdoni, Jürgen Hurten, Anna Maria e Massimo Prampolini, Rosella Siligato, Maria Elisa Tittoni. Del progetto e della realizzazione della mostra si erano occupati Enrico Crispolti e Rosella Siligato. La cura della sezione teatro era stata affidata a Giovanni Lista; quella della sezione cinema a Mario Verdone, con la collaborazione di Elisabetta Bruscolini; mentre quella della sezione grafica a Gabriella de Marco. Enrico Prampolini (1894-1956) apparteneva alla seconda generazione dei protagonisti del Moderno2 e fu sempre in un fitto dialogo con tutte le maggiori espressioni dell’avanguardia europea. Era una figura indiscutibilmente rappresentativa, che rafforzava l’identità culturale italiana nel suo dialogo con l’estero, ed è per queste ragioni che la scelta della Quadriennale, per una mostra retrospettiva, era caduta su di lui. La mostra era stata presentata come la prima ampia ed esauriente retrospettiva dedicata alla sua opera, che veniva considerata lungo tutto l’arco del suo percorso artistico, dal 1913 al 1956; e tenendo in conto tutti i suoi molteplici ambiti di attività, dalla pittura e scultura all’architettura e all’arte ambientale, dall’arredo all’oggettistica sino al teatro e al cinema, alla progettazione grafica e tipografica, all’attività di teorico e di promotore culturale. Essa approfondiva molti aspetti sino a quel momento trascurati del lavoro dell’artista, dando pari rilievo tanto alle esperienze da lui condotte negli anni del Futurismo e negli anni Venti e Trenta, quanto a quelle a cui l’artista si era dedicato dal 1945 in poi.3 La mostra si era data inoltre il compito di chiarire, rendendole visivamente, alcune esperienze condotte da Enrico Prampolini nel campo del teatro e dell’architettura. Tale indagine venne realizzata allora per la prima volta, appositamente per l’esposizione; e fu possibile condurla anche grazie agli eredi di Enrico Prampolini, che avevano donato l’archivio appartenuto all’artista all’Amministrazione Comunale. Tale archivio, inoltre, costituiva La Quadriennale di Roma 87
La pianta del piano terra del Palazzo delle Esposizioni, nella mostra della XII Quadriennale Profili (1992). La pianta contiene una numerazione delle sale diversa rispetto all’elenco delle opere contenuto nella parte finale del catalogo, che abbiamo seguito nel libro. 92 Lýdia Pribišová
II.3 XIII Quadriennale di Roma (1998-1999)
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a XIII Quadriennale prese forma con la mostra storica Valori Plastici e la propria rassegna della nuova edizione, Proiezioni 2000. Lo spazio delle arti visive nella civiltà multimediale. Poiché il vero nodo di questa ricerca sono le mostre quadriennali dedicate all’arte contemporanea, sulla mostra storica Valori Plastici rifletteremo in modo più generale. La parte focalizzata sulla mostra Proiezioni 2000. Lo spazio delle arti visive nella civiltà multimediale intende offrire un’analisi completa di questa rassegna, nel contesto artistico, politico e anche legislativo in cui essa si svolse. Ripresenteremo l’allestimento della mostra, con l’aiuto di Federica Guida dell’ufficio mostre della Fondazione. Anche se questa, secondo la sua testimonianza, non era ufficialmente divisa in sezioni, nella stampa la si divise regolandosi sulla presenza dei diversi media: abbiamo mantenuto tale classificazione per dare all’analisi delle opere una struttura solida. La presente ricerca è stata accompagnata anche da conversazioni con Assunta Porciani e con altri operatori dell’Archivio Storico – Biblioteca della Fondazione Quadriennale di Roma. In conclusione ci siamo concentrati sulla riflessione riguardo l’esposizione come apparve su critica e stampa italiana, aggiungendo poi una nostra valutazione.
II.3.1 La mostra Valori Plastici (1998-1999) L’episodio di Valori Plastici non era stato mai, fino alla retrospettiva dedicatagli dalla XIII Quadriennale, acclarato nel suo complesso in un’esposizione di così ampio respiro. La mostra Valori Plastici venne inaugurata il 29 ottobre 1998 e rimase allestita fino al gennaio 1999. In modo simile alla mostra dedicata alla Secessione romana, organizzata dalla Quadriennale nel 1987, come parte dell’XI edizione della manifestazione, questa su Valori Plastici era una grande mostra storica che intendeva portare attenzione alle radici ed episodi dell’arte di grande rilievo che legò fra loro le proprie manifestazioni italiane ed internazionali. Si trattava in particolare delle attività degli artisti giovani, e svoltesi a Roma. L’intenzione della Quadriennale era quella di promuovere una mostra che illustrasse una delle fasi più importanti della cultura di Roma tra le due guerre. Una ragione ulteriore dell’esposizione era poi che nel 1998 si festeggiava l’80mo anniversario della fondazione della rivista “Valori Plastici” (il primo numero era uscito nel 1918, l’ultimo nel 1922). La mostra dialogava con un’altra esposizione realizzata nel 1999 a Palazzo delle Esposizioni, dedicata all’arte in Francia e in Italia tra le due guerre, curata da Antonio Del Guercio1. La Quadriennale di Roma 145
II.4 La XIV Quadriennale a Napoli, Torino e Roma (2003-2005)
II.4.1. I cambiamenti negli incarichi dei funzionari. Il nuovo Presidente ed il Consiglio di Amministrazione
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a XIV Quadriennale si svolse con un nuovo Statuto, approvato nel 2001. Siccome il Palazzo delle Esposizioni era chiuso per ristrutturazioni, il nuovo Presidente Gino Agnese ne aveva ideato la programmazione dividendola in tre tappe successive: due Anteprima, una a Napoli (dal novembre 2003 al gennaio 2004 a Palazzo Reale), l’altra a Torino (gennaio – marzo 2004, alla Promotrice delle Belle Arti) e la terza rassegna alla GNAM a Roma (marzo – maggio 2005), composta da tre mostre, Fuori Tema, Italian Feeling e la mostra storica Retrospettive 1931/1948. Così, strategicamente, si offriva spazio sia agli artisti emergenti nelle due Anteprima, sia a quelli affermati nella mostra Fuori Tema, poi agli artisti stranieri in Italian Feeling ed ai maestri del recente passato nelle due retrospettive. Non era mai accaduto che per una Quadriennale si scegliessero città diverse dalla capitale,1 anche se già nel 1978 il critico d’arte Giulio Carlo Argan proponeva di allestire la Quadriennale a Napoli2. Riguardo alla divisione diacronica della rassegna per più momenti espositivi diversi, la XIV Quadriennale non era una novità assoluta: lo stesso era accaduto già durante la X edizione negli anni Settanta, che fu divisa in cinque tappe. Le due Anteprima erano state concepite come ricognizioni generazionali e territoriali con il compito di tracciare una mappa delle generazioni artistiche attive nelle regioni italiane a partire dagli anni Novanta. I lavori presentati erano di artisti che avevano esordito dopo il 19903. Il nuovo Presidente della nuova Fondazione, Gino Agnese, napoletano, politicamente orientato a destra (giornalista de “Il Tempo”, europarlamentare in quota An e consulente del Ministro Maurizio Gasparri) ricoprì il ruolo dal 2002 al 2011. Era conosciuto come giornalista e studioso della comunicazione, nel 1982 aveva fondato la rivista internazionale di studi sulla comunicazione “Mass Media”. Agnese mise molta enfasi nella comunicazione per promuovere l’arte contemporanea e la Fondazione Quadriennale di Roma. Come prima cosa aveva fatto scrivere una storia della Quadriennale dalla studiosa Claudia Salaris ed allestire il sito internet della fondazione, www.quadriennalediroma.org. La Quadriennale, sotto la presidenza di Agnese, riprese inoltre la pubblicazione dei suoi Quaderni, e costituì una raccolta permanente di opere donate all’istituzione da artisti che avevano partecipato alla manifestazione nelle precedenti edizioni. Egli stesso disegnò un francobollo con il logo della Quadriennale, diffuso tramite le Poste Italiane, uno dei partner della XIV edizione. 178 Lýdia Pribišová
XIV Quadriennale di Roma, Anteprima, Napoli, inaugurazione. Alfredo Sciuto, Presidente della Quadriennale di Roma; alle sue spalle Gino Agnese con il Ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri. Foto: Enzo Barbieri (ArBiQ-Archivio Biblioteca Quadriennale di Roma, ASQII Fotografie e materiali visivi diversi, b. 49).
Quadriennale aveva brillato per assenza: era stata latitante e mancante riguardo a bon ton e ospitalità. Napoli era risultata, a livello istituzionale, una città divisa, cioè preoccupata affannosamente ad imporre il proprio soliloquio”35. All’inaugurazione la maggioranza dei politici presenti erano esponenti di governo, con in testa il Ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri. L’assenza dei rappresentanti del Comune, della Provincia e della Regione, dimostratisi sempre sensibili agli eventi dell’arte contemporanea, non passò inosservata. Tra il foltissimo pubblico c’erano all’opening il sottosegretario ai Beni Culturali Nicola Bono, Adriano Giannola per la Fondazione Banco Di Napoli-San Paolo, Alfonso Gambardella. Si dissero stupefatti dalle assenze istituzionali Cesare de Seta e Gianni Pisani, e Graziella Lonardi Buontempo era accanto all’assessore Ennio Cascetta. All’inaugurazione i giornalisti cercavano per loro parte di scavare alla ricerca dello “scandaloso”, puntando sulle assenze dei politici locali più in vista. Il catalogo dell’Anteprima a Napoli contiene il testo del Soprintendente ai Beni architettonici, il paesaggio e il patrimonio storico artistico e demo-etno-antropologico Enrico Guglielmo, che sottolinea la collaborazione della soprintendenza con il DARC, Direzione Generale per l’Arte e l’Architettura, nell’ambito dell’arte contemporanea – e comunque, almeno nel suo intervento in catalogo, apprezza l’iniziativa36. In un’intervista Gino Agnese (l’esperto di mass media si lasciava spesso e volentieri intervistare, per promuover la Quadriennale) aveva dichiarato chiaramente la sua appartenenza politica 184 Lýdia Pribišová
II.5 La XV Quadriennale (2008)
II.5.1 La posizione della Quadriennale sulla scena dell’arte contemporanea in confronto agli anni Novanta
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obbiamo costatare che la Quadriennale, con la presidenza di Gino Agnese, ha quasi raggiunto la condizione statutaria rendendosi capace d’una approssimazione agli andamenti dell’arte contemporanea, con un linguaggio più aggiornato e la partecipazione di molti artisti che fanno effettivamente parte del sistema dell’arte italiano. Con lo Statuto del 2001 si cominciava a definire il nuovo ruolo della rassegna: effettuare la ricognizione delle giovani generazioni e della situazione contemporanea. Peccato che il Presidente successivo, Jas Gawronski, non sia riuscito a mantenere il “drive” di Agnese, la sua attività tempestiva e alla fine regolare. Mentre l’attuale presidente (da aprile 2015), Franco Bernabè, già subito all’inizio del suo incarico ha cominciato a preparare la XVI Quadriennale, che si è inaugurata il 14 ottobre 2016. Da recuperare è rimasto, ancora, il compito cruciale della presentazione dell’arte italiana all’estero. Nell’intervista ad “Espoarte”, fatta da Elena Florin ai commissari della Quadriennale, alla domanda “Come si colloca la ricerca italiana rispetto a un contesto internazionale?” Chiara Bertola rispondeva che forse non dipende dagli artisti italiani non riuscire a farsi riconoscere dai curatori stranieri. Il sistema in Italia non esiste molto e l’Italia stessa non è più al centro dell’attenzione internazionale. Bisognerebbe moltiplicare le occasioni di confronto e di lavoro per gli artisti italiani – anche all’estero. Bruno Corà, da parte sua, ascrive il fatto che l’arte italiana non sia molto conosciuta all’estero alla situazione del Bel Paese, che è in decadenza per incuria istituzionale e per costume all’indifferenza.1 Si può osservare dunque curiosamente che molti titoli delle opere, ancora di più che nell’edizione precedente, fossero alla XV Quadriennale solo in inglese; anche se ancora molti artisti italiani non parlano inglese, il che forse è proprio la radice della loro non tempestiva presenza sulla scena dell’arte globale. E quindi non è in questione solo la non-funzionalità del sistema istituzionale italiano, della quale si lamentano tutti, sia artisti sia critici. Claudio Spadoni approfondiva la questione di come il sistema della pubblicità e dei mass media fosse penetrato nelle dinamiche interne all’arte contemporanea.2 Nel periodo della XV Quadriennale Roma ha cominciato a essere più attiva sulla scena artistica nazionale; la vivacità della capitale è testimoniata dalla continua apertura di nuove gallerie private. Però il movimento attorno all’arte contemporanea nella capitale era ed è ancora oggi sempre molto provinciale: autoreferenziale, o, quando si tratta di presenze La Quadriennale di Roma 221
Luca Trevisani Platinoiridio, 2007. Courtesy Gio Marconi, Milano e Galerie Mehdi Chouakri, Berlino.
manifestazione. Marina Paris metteva in mostra l’emblematica situazione che si crea quando una persona è presa dal panico al buio. L’artista aveva reso questa sensazione presentando, in un corridoio buio, un tapis roulant il cui nastro andava al contrario e a velocità rallentata. L’installazione suscitava un senso di disorientamento. Rä di Martino aveva proposto il video Red shoes (2007, Monitor, Roma): un finto loop che tornava più volte alla stessa scena romantica tra due adolescenti, variandola sottilmente. Nello stesso anno della XV Quadriennale l’artista aveva partecipato anche alla Manifesta a Rovereto. Un tema simile si rinveniva nell’olio su tela vivace e colorato Pittura nuda (2008) di Adriano Nardi, in cui si mostrava l’autoerotismo di una adolescente. Invece vuoto, privo di un significato era l’olio su tela Inside-out (2008) di Alessandro Bazan, che faceva vedere, in primo piano, un gruppo di giovani su d’una terrazza, con sotto di loro il cielo e dietro le spiagge del Sud. Il video Platinoiridio (2007, Giò Marconi, Milano e Galerie Mehdi Chouakri, Berlino) di Luca Trevisani era una sorta di proiezione del desiderio umano di contenere lo spazio infinito. Il video, infatti, ci mostra un uomo che, in un luogo oscuro, misura ossessivamente l’ambiente intorno a sé con un metro. Tutto va a simboleggiare l’eterno ambire dell’essere umano al conoscere e al quantificare il mondo, e il suo non riuscirvi mai34. Un’ulteriore variazione del tema della comunicazione era stata offerta da Mariateresa Sartori: nel suo video Il concerto del mondo (2008) l’artista affrontava la questione dell’interazione delle varie lingue del mondo, la cui intrinseca musicalità veniva sottolineata dalla traduzione in note dell’andamento della conversazione spontanea tra persone di diversa nazionalità. A seconda della lingua parlata, del timbro della voce e del tipo di conversazione era stato scelto uno strumento musicale diverso35. Vicino ai megafoni di Elisabetta Benassi, sul lato opposto della sala, vi era il muto Ascolto (2006, Emi Fontana, Milano) di neon blu a forma di orecchio di Liliana Moro. 232 Lýdia Pribišová
II.6 La XVI Quadriennale di Roma Altri tempi, altri miti (2016-2017)
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on la XVI edizione della Quadriennale di Roma sembra che l’istituzione abbia ripreso fiato e la grande lezione dei difetti delle edizioni precedenti sia infine stata assimilata. I miglioramenti ci sono ed in buon numero: lo stesso Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha mostrato una grande motivazione a rilanciare la antica rassegna periodica. La XVI Quadriennale di Roma si è realizzata (dal 13 ottobre 2016 al 8 gennaio 2017, al Palazzo delle Esposizioni) in coproduzione tra Fondazione La Quadriennale di Roma e Azienda Speciale Palaexpo. L’attuale presidente della Quadriennale (dal 2015), Franco Bernabè, si era dimesso1 dalla presidenza dell’Azienda Speciale Palaexpo2 nello stesso 2015, lamentando l’insufficiente dotazione di risorse finanziarie dell’azienda. Lo scopo di questa edizione è di indagare la ricchezza espressiva dell’arte italiana degli ultimi quindici anni. Stando al comunicato stampa la mostra si focalizzava sulle tendenze artistiche che abbiamo sin qui identificato come progressive, concentrandosi sulla generazione giovane. Gli undici curatori con dieci progetti sono stati selezionati sulla base di un Call for project, bandito a settembre 2015, a cui sono stati invitati a partecipare 69 curatori italiani 30-40 enni3, che abbiano esordito e si siano affermati dopo il Duemila. Anche per la comunicazione visiva, il catalogo e la documentazione è stata scelta una casa editrice emersa negli anni Zero, il Nero: uno dei curatori selezionati, Luca Lo Pinto, ne è co-fondatore e direttore editoriale. Le tempistiche della preparazione sembrano adeguate. A gennaio 2016, la giuria (dove potevano essere però più curatori, storici e critici dell’arte) composta dallo scrittore Marco Belpoliti, dall’architetto Nicola Di Battista, dalla storica dell’arte Mariagrazia Messina, dall’artista Giuseppe Penone, dal critico d’arte Angela Vettese, ha selezionato, tra i 38 progetti ricevuti, i curatori oggettivamente più forti nella loro proposta e nel proprio status: molti di loro hanno esperienze internazionali: Simone Ciglia (assistente ricercatore al MAXXI), Luigia Lonardelli (dal 2011 lavora al dipartimento curatoriale del MAXXI), Michele D’Aurizio (caporedattore dell’edizione internazionale di “Flash Art”), Luigi Fassi (Visual Arts Curator presso lo Steirischer Herbst Festival di Graz, Austria), Simone Frangi (direttore artistico di Viafarini, Milano), Luca Lo Pinto (curatore alla Kunsthalle di Vienna), Matteo Lucchetti (visiting professor presso il Piet Zwart Institute di Rotterdam, l’Accademia Sint Lucas di Anversa, l’HISK di Gent e l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano), Marta Papini (Head of Research and Public Programs del Centro Pecci), Cristiana Perrella (docente allo IED di Roma), Domenico Quaranta (docente presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara), Denis Viva (nel 2012-2014 curatore per le mostre temporanee al Mart di Rovereto). Secondo il comunicato stampa, la scelta si è orientata verso le proposte 244 Lýdia Pribišová
che sono parse meglio restituire nel loro insieme una visione della ricchezza espressiva dell’arte italiana degli ultimi quindici anni, offrendo anche un punto di vista significativo sui riferimenti culturali e sul processo di formazione degli artisti e dei curatori italiani delle ultime generazioni”4. Alla mostra partecipavano 99 artisti, la maggior parte affermati negli anni Duemila, accompagnati da alcuni autori di generazioni antecedenti. Il budget della XVI Quadriennale di 2 milioni di euro è stato coperto per il 50% da un finanziamento della Direzione generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane del Mibact, per il 50% dai due partner promotori e dagli sponsor: BMW Italia, AXA Italia e AXA Art, illy (che ha creato un Premio), Fondazione Altagamma, l’Hotel de Russie e, tornando alla tradizione delle prime Quadriennali, Ferrovie dello Stato.5 Una sorpresa sono le presentazioni all’estero, per cui il comunicato stampa annunciava come prime tappe la Biennale di Berlino (Media Brunch alla Soho Haus) e Art Basel (AXA ART PICNIC) nel 20166, organizzate con un budget di due milioni di euro, di cui la metà autofinanziati. La Quadriennale dovrebbe allargare l’attività a progetti collaterali dedicati all’arte italiana contemporanea promossi da istituzioni pubbliche e private attive a Roma. Il titolo della mostra Altri tempi, altri miti è stato individuato dai curatori ispirandosi allo scrittore Pier Vittorio Tondelli (1955-1991), soprattutto per la sua raccolta “Un weekend postmoderno”. Come fece allora il libro la rassegna viene concepita come una mappatura mutevole delle produzioni artistiche e culturali dell’Italia. Secondo il comunicato stampa, che cita le parole dei curatori, “gli approfondimenti proposti nelle dieci sezioni della mostra sono percorsi dalla tensione generata dal confronto tra le narrazioni istituzionalizzate dell’arte italiana del passato e lo sguardo a un presente in via di definizione, che appunto non è possibile qualificare se non come altro. La differenza emerge quindi come la condizione inevitabile sulla quale questa edizione della Quadriennale si edifica e diventa lo strumento di lettura offerto allo spettatore, invitato quindi a interpretare le sezioni espositive come incarnazioni di discorsi artistico-culturali in dialogo con il passato attraverso strategie di rilettura critica, innovazione e superamento”7. Si è inteso che le singole sezioni curatoriali dovessero dialogare tra di loro, offrendo una visione unitaria della scena artistica. Ecco in breve i concept delle singole sezioni: alcuni dei curatori hanno preso come punto di partenza il riferimento ad una frase, di un film, o di un’opera letteraria, come nel caso di Simone Ciglia e Luigia Lonardelli, con la sezione I Would Prefer Not to / Preferirei di no (Esercizi di sottrazione nell’ultima arte italiana), che si rifà a “Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street” di Herman Melville. Il protagonista centrale del libro si dedica ad una rivolta passiva e un giorno si rifiuta improvvisamente di svolgere il proprio lavoro. Secondo il testo curatoriale, nella creatura letteraria di Melville sono stati colti “imprevedibilità”, “apertura al non codificato”, “mossa obliqua”, “sorpresa”: caratteri che appaiono come una chiave possibile per leggere la vicenda dell’arte italiana degli ultimi quindici anni”8. Il duo curatoriale ha invitato Mario Airò, Rosa Barba, Massimo Bartolini, Gianfranco Baruchello, Claire Fontaine, Matteo Fato, Anna Franceschini, Chiara Fumai, Invernomuto (Simone Bertuzzi, Piacenza, e Simone Trabucchi), Cesare Pietroiusti, Nicola Samorì, Luca Trevisani e Luca Vitone.
La Quadriennale di Roma 245
Parte III
III.1 L’Archivio Biblioteca della Quadriennale (ArBiQ)
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el 2003 il Palazzo delle Esposizioni andava incontro a una nuova ristrutturazione, la terza, questa volta radicale. La Quadriennale avrebbe dovuto lasciare il Palazzo per molti anni e adattarsi, ancora una volta, a una sede provvisoria. Perciò fu saggia la decisione dell’ente che di fronte a diverse sedi offerte dal Comune scelse come sede stabile la dimora di Villa Carpegna alla periferia di Roma. L’Archivio Biblioteca della Quadriennale (ArBiQ), situato nella sede dell’ente, è il settore della Fondazione dedicato alla conservazione, alla catalogazione e allo studio delle fonti sulle arti visive del XX e del XXI secolo. L’ArBiQ consiste di una raccolta di documenti sull’arte degli ultimi cent’anni. I cataloghi, le monografie, i saggi e la letteratura generale dedicata all’arte contemporanea raccolti nella Biblioteca sono oltre 40.0001. Preziosa è anche la collezione dei periodici specializzati, come “Artforum”, “Frieze”, “Flash Art”, “Giornale dell’arte”, “Segno”, “Terzo occhio” ed altri. In più l’Archivio contiene i materiali interni dell’attività istituzionale dell’ente, la fotodocumentazione, la corrispondenza con gli artisti e i collezionisti, gli scritti dei critici, i verbali delle commissioni d’invito agli artisti e una ricchissima collezione di rassegne stampa sulla storia dell’istituzione dal 1928 ai nostri giorni. La costituzione dell’Archivio Biblioteca ha avuto inizio nel 1998, per volontà dell’allora Presidente Lorenza Trucchi e, in special modo, del Direttore Generale dell’epoca Barbara Paccagnella. Proprio in quell’anno è stato avviato il lavoro di riordino e d’inventariazione informatizzata dei fondi, affidato a Marco Pizzo e ad Assunta Porciani, con il coordinamento della Soprintendenza Archivistica per il Lazio nella persona di Bruna Colarossi. Nel 2000 è stato pubblicato l’inventario dell’Archivio Storico della Quadriennale2 e il nuovo centro di documentazione è stato definitivamente aperto al pubblico. L’anno successivo l’intero patrimonio archivistico è stato dichiarato di notevole interesse storico dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Dal 2003, sotto la presidenza di Gino Agnese, sono cominciati a giungere in donazione i primi fondi archivistici e librari3. Tra il 2003-2004 sono pervenuti gli archivi personali degli artisti Ercole Drei e Nino Bertocchi, oltre che della gallerista e editrice d’arte Elena Lacava. Nel 2006 nasceva la sezione Fondi speciali per le donazioni librarie; l’occasione era la decisione di Lorenza Trucchi di donare oltre 7500 volumi da lei raccolti alla Biblioteca della Quadriennale4. Gli ultimi fondi documentari, di recente acquisiti in donazione, sono l’archivio dello storico e critico d’arte Giovanni Carandente, la biblioteca d’arte personale della collezionista Bianca Attolico e l’archivio di Libero de Libero: l’epistolario del poeta, nonché critico d’arte e letterato, assieme a fascicoli su progetti editoriali, scritti autografi, materiali a stampa. Il fondo sarà consultabile dopo la sua inventariazione5. La Quadriennale di Roma 251
L’Archivio, continuamente aggiornato, conserva anche il Fondo documentario artisti contemporanei, con oltre 13700 fascicoli monografici su artisti italiani, che contengono le fotografie, la rassegna stampa, le schede d’ogni partecipazione alle Quadriennali, i cataloghi, gli inviti ed anche la corrispondenza della Fondazione con gli artisti. L’ArBiQ dal 2000 è aperto al pubblico con continuità e nella sala studio è attivo un servizio di orientamento alla ricerca. Inoltre, dal 2010, è accessibile on-line anche il sistema informativo dell’Archivio Biblioteca, che costituisce un importante punto di accesso per la consultazione integrata di tutti i fondi archivistici inventariati e del catalogo librario6. Il database offre inoltre sezioni tematiche di ricerca sulle mostre organizzate dalla Quadriennale e su oltre 13500 artisti italiani attivi dagli inizi del Novecento a oggi. La Quadriennale ha sempre svolto, sin dagli inizi, anche un’attività editoriale: l’ente pubblicava infatti, già durante la presidenza di Antonio Baldini con Fortunato Bellonzi nel ruolo di Segretario Generale, la collana ‘Quaderni della Quadriennale’, che ha fornito un contributo fondamentale alla conoscenza di alcuni periodi e movimenti dell’arte italiana così come di singole personalità artistiche, con saggi, tra l’altro, di Giulio Carlo Argan su Umberto Boccioni, di Giuseppe Marchiori su Osvaldo Licini o di Enzo Carli su Amedeo Clemente Modigliani e vari altri. Interrotta nel 1963, la collana tornò, sotto la direzione di Francesco Franceschini e Fortunato Bellonzi, con soli due numeri (1968, 1974). Spentasi negli anni Settanta, rinacque con grande impulso nel 2004, sotto la presidenza di Gino Agnese, con la pubblicazione di Astrattismo italiano. Incontro con 15 artisti di Gabriele Simongini. L’attività della collana è poi proseguita con Arte e cultura negli anni Novanta. Dalla fine del Muro all’11 settembre7, La grande Quadriennale, 1935, la nuova arte italiana di Elena Pontiggia e Carlo Fabrizio Carli8 e Burri. Una vita di Piero Palumbo9, I futuristi e le Quadriennali, con saggi di Gino Agnese, Giovanna Bonasegale, Mariateresa Chirico, Enrico Crispolti, Matteo D’Ambrosio e Anty Pansera10. L’ultimo volume pubblicato è Terrazza. Artisti storie luoghi in Italia negli anni Zero, curata da Laura Barreca, Andrea Lissoni, Luca Lo Pinto, Costanza Paissan.11 Un ulteriore capitolo dell’attività della Quadriennale è costituito dalla riproposizione in veste rinnovata degli ‘Archivi del Futurismo’ realizzati nel periodo 1958-1962 da Maria Drudi Gambillo e Teresa Fiori. Nel 2009, in occasione del centenario della nascita del movimento, sono stati oggetto di una nuova edizione aggiornata e ampliata di cui, alla fine del 2010, è uscito il primo volume, Nuovi Archivi del Futurismo. Cataloghi di esposizioni, curato da Enrico Crispolti12. La Quadriennale ha pubblicato anche alcune monografie: 1957-2004. Cinquant’anni d’arte italiana nelle cronache di Lorenza Trucchi, con un testo introduttivo di Marco Tonelli13; Guida agli archivi d’arte del ‘900 a Roma e nel Lazio14, con la presentazione di Gino Agnese ed una nota metodologica di Assunta Porciani; i volumi già citati: quello di Claudia Salaris La Quadriennale. Storia della rassegna d’arte italiana dagli anni Trenta a oggi15, quello a cura di Bruna Colarossi, Quadriennale d’Arte di Roma. Inventario dell’Archivio16, e quello a cura di Francesca Romana Morelli, Cipriano Efisio Oppo. Un legislatore per l’arte. Scritti di critica e di politica dell’arte 1915-194317. Nell’Archivio Biblioteca sono impiegati: Assunta Porciani come responsabile; Alessandro Sagramora, responsabile soprattutto della cura editoriale delle pubblicazioni dell’istituzione; e Alessandro Sandorfi, specializzato nella gestione dei materiali audiovisivi. L’organico della struttura si amplia, con collaboratori esterni, nel caso di avvio di progetti specifici. 252 Lýdia Pribišová
1. Gigliotti, G., La Quadriennale di sempre, in “Il Giornale d’arte, Vedere a Roma”, luglio-agostosettembre 2008. 2. Colarossi, B., Quadriennale di Roma, Inventario dell’archivio, op. cit. 3. L’ArBiQ, in http://www.quadriennalediroma. org/ 4. Gigliotti, G., La Quadriennale di sempre, in “Il Giornale dell’Arte, Vedere a Roma”, luglio-agostosettembre 2008. 5. News dall’ArBiQ, in http://www.quadriennalediroma.org/ 6. Dal 2007 l’Archivio Biblioteca partecipa al sistema del Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN), aderendo al Polo degli Istituti culturali di Roma. 7. Della Torre, I., Esposito, M., Sagramora, A., Arte e cultura negli anni Novanta. Dalla fine del Muro all’11 settembre, Roma, De Luca Editori, 2004. 8. Pontiggia, E., C. F. Carli, La Quadriennale 1935. La nuova arte italiana, op. cit. 9. Palumbo, P., Burri. Una vita, Milano, Electa, 2007.
10. Agnese, G., Bonasegale, G., Chirico, M., Crispolti, E., D’Ambrosio, M., e Pansera, A., I futuristi e le Quadriennali, Milano, Electa, 2008. 11. Barreca, L., Lissoni, A., Lo Pinto, L., Paissan, C., Terrazza. Artisti storie luoghi in Italia negli anni zero, Marsilio, 2014. 12. Crispolti, E., Nuovi Archivi del Futurismo. Cataloghi di esposizioni, Roma, De Luca Editori, 2009. 13. Trucchi, L., 1957-2004. Cinquant’anni d’arte italiana nelle cronache di Lorenza Trucchi, (con un testo introduttivo di Marco Tonelli), Venezia, Marsilio, 2009. 14. Agnese, G., Porciani, A., Guida agli archivi d’arte del ‘900 a Roma e nel Lazio, Roma, Palombi Editori, 2009. 15. Salaris, C., La Quadriennale. La storia della rassegna d´arte italiana dagli anni Trenta a oggi, op. cit. 16. Colarossi, B., Quadriennale di Roma, Inventario dell’archivio, op. cit. 17. Morelli, F. R., Cipriano Efisio Oppo. Scritti di critica e di politica dell’arte 1915-1945, Roma, op. cit.
La Quadriennale di Roma 253
III.2 Whitney Biennale versus Quadriennale di Roma. Un’analisi comparativa.
I
n questo capitolo osserviamo l’esempio della Biennale di Whitney, le ragioni per cui essa è, rispetto alla rassegna italiana, più efficace e più importante per la scena dell’arte contemporanea nazionale – americana; e ci proponiamo lo scopo di identificare le somiglianze e le differenze tra le due mostre, per suggerire possibili vie di miglioramento per la Quadriennale. È vero che le due rassegne, la Quadriennale di Roma e la Whitney Biennale, sono differenti nelle loro caratteristiche fondamentali: la nascita della Whitney Biennale viene dall’impulso di contributori privati – la maggior parte dei suoi fondi proviene, e così è sempre stato, da varie fondazioni, o direttamente da singoli investitori-sponsors, mentre la Quadriennale è stata voluta e nutrita da sempre dallo Stato. Inoltre tra le due mostre c’è una differenza di campo: la scena nazionale americana è molto più ampia e varia rispetto a quella italiana. Nonostante ciò possiamo trovare nelle due mostre diversi elementi e proposte ispiratrici comuni, che ci consentono alcuni paragoni. Entrambe le rassegne sono nate nello stesso periodo, negli anni Trenta ed avevano alcuni significativi precedenti (nel caso della Quadriennale le Secessioni Romane negli anni Dieci e la Biennale di Roma negli anni Venti, le mostre Annuali nel caso della Whitney Biennale). Entrambe avevano, e ancora oggi hanno, lo scopo di promuovere l’arte nazionale e rifletterne il panorama, e di dare spazio alle nuove generazioni. Sono nate appunto come uno strumento per dare peso e significato all’arte nazionale – quella americana e quella italiana. Si tratta attualmente delle uniche due mostre periodiche (anche se in passato anche la Biennale del Cairo era dedicata solo agli artisti arabi: la mostra, infatti, nata nel 19841 fu solo nel 1986 aperta anche alla partecipazione di artisti non arabi2) focalizzate sull’arte nazionale. Hanno una storia lunga e un’impostazione un po’ controversa nel mondo globalizzato contemporaneo. Nell’orizzonte internazionale d’allora, quando nacquero negli anni Trenta, erano davvero le mostre più progressive, che tastavano il polso dell’epoca. In questo capitolo consideriamo perché la Whitney Biennale è riuscita a mantenere il profilo di mostra periodica più importante d’America, diversamente dalla Quadriennale. Certo, la Quadriennale era all’inizio prodotto del regime fascista, della dittatura, di quell’ideologia. Ma in un certo senso anche la Whitney Biennale potrebbe essere considerata risultato d’ideologia: che promuoveva in questo caso la creazione d’una consapevolezza ed orgoglio nazionale americano. Limitare il fallimento della Quadriennale solo alle ragioni del suo essere nata in quel preciso periodo storico sarebbe eccessivo. È vero che la Quadriennale con il passaggio da Ente a Fondazione voleva liberarsi dall’ala protettrice dello Stato e puntare sui fondi privati. A fare questo non è però riuscita per
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le stesse ragioni che l’impedirono alle altre nuove fondazioni italiane nate nel 2001 – poi finanziate (paradossalmente) con fondi statali: perché l’Italia non favorisce lo sviluppo di queste forme giuridiche, ad esempio stabilendo delle tasse più basse per i potenziali sponsors. Un miglioramento della Quadriennale potrebbe venire però anche agendo su un altro corno: il procedimento della selezione delle opere, dall’attività dei curatori, dal dare peso alla strategia curatoriale, dall’apertura al rischio, dalla volontà di esplorare le novità. Anche in questo senso la Whitney Biennale potrebbe essere d’ispirazione, come vedremo più avanti. Un’altra differenza sta nel fatto che la Whitney Biennale viene da sempre regolarmente recensita da riviste come “Flash Art”, “Artforum” e “Art in America”. Invece la Quadriennale di Roma non ha sempre attratto in una misura rilevante l’attenzione della stampa specializzata, pur trovandosi spesso passionalmente criticata sui quotidiani e la stampa generica. In questo capitolo, anche per ragioni di spazio, non ricordiamo tutte le edizioni della Whitney Biennale, ma solo quelle che in qualche modo hanno portato le novità più significative nella rassegna. La Whitney Biennale è oggi una ricognizione dedicata agli artisti giovani, o comunque meno conosciuti, ma anche alla presentazione delle novità nel lavoro degli artisti già famosi; viene allestita al Whitney Museum. Alcuni artisti negli anni hanno partecipato alla Whitney Biennale varie volte: la loro presenza dipendeva da una reale importanza innovativa, dal loro aver, negli ultimi due anni precedenti la mostra, introdotto delle novità nel discorso artistico contemporaneo.
III.2.1 Gli inizi della Whitney Biennale La Whitney Biennale è nata nel 1932, due anni dopo la fondazione del Whitney Museum3 di New York. Gertrude Vanderbilt Whitney, fondatrice del museo, era una scultrice e sostenitrice entusiasta dell’arte americana sin dal 1907, anno in cui organizzò una mostra dei lavori di giovani artisti americani. Il 15 maggio 1918 aprì formalmente il Whitney Studio Club al 147 di West 4th Street e istituì le Whitney Annual, esposizioni annuali non competitive delle opere dei soci – gli artisti americani invitati4. Il 16 novembre 1931 il Whitney Museum of American Art aprì le porte sulla West 8th Street. Cambiando approccio più volte nella sua storia, la Biennale ha cominciato la sua attività con mostre di pittura e scultura, tra il 1932 e il 1936. Quando Gertrude Vanderbilt Whitney e Juliana Force (da anni assistente della Whitney, con la fondazione del museo fu nominata prima direttrice) aprirono il museo, nel 1931, la loro motivazione primaria era d’incoraggiare gli artisti americani in un ambiente in cui ancora gli artisti europei conservatori5 prevalevano. Nel 1932 esse presentarono la prima esposizione della Biennale della Pittura contemporanea americana con 157 artisti partecipanti (anche se il testo del direttore Adam D. Weinberg, nel catalogo della Whitney Biennale 2010, afferma che in mostra erano 358 artisti6). L’anno successivo invece fu organizzata una mostra dedicata a scultura, acquarelli, disegni e stampe. Da lì in poi le mostre si alternarono tra loro anno per anno, fino al 1937, quando si trasformarono in una mostra annuale di pittura e successivamente in quella d’altri media che si teneva in primavera7. La Quadriennale di Roma 255
36. http://whitney.org 37. http://whitney.org 38. Comunicato stampa della 71. Whitney Biennale, 2002. 39. Comunicato stampa della Whitney Biennale, 2004. 40. Zamudio, R., The 2006 Whitney Biennial, in “Biennial” no. 62, ottobre-dicembre 2006, http://www.artnexus.com/Notice_View. aspx?DocumentID=17183 41. Comunicato stampa della Whitney Biennale, 2006. 42. Pondering “America”. Two European transplants discuss curating the country’s top survey of art, in http://www.walkerart.org/ magazine/2006/pondering-america 43. Zamudio, R., The 2006 Whitney Biennial, in “Biennial” no. 62, ottobre-dicembre 2006, http://www.artnexus.com/Notice_View. aspx?DocumentID=17183 44. Comunicato stampa della Whitney Biennale, 2006, in http://whitney.org 45. Zamudio, R., The 2006 Whitney Biennial, in “Biennial” no. 62, ottobre – dicembre 2006, http://www.artnexus.com/Notice_View. aspx?DocumentID=17183 46. Huldisch, H., Momin, S. M., Introduction, in 2008 Biennial Exhibition. Whitney Museum of American Art, New York, Yale University Press, New Haven and London, 2008, p. 33. 47. Huldisch, H., Lessness: Samuel Beckett in Echo park, or on Art of smaller, slower and less, ivi, p. 38-46; Sandage Scott, A., Born Loosers: A History of failure in America, Cambridge, Massachusetts and London, Harvard University Press, 2005.
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48. Huldisch, H., Momin, S. M., Introduction, in 2008 Biennial Exhibition, op. cit., p. 33. 49. Weinberg, A., D., Foreword, in 2008 Biennial Exhibition. Ivi, p. 23. 50. Schambelan E., Whitney Biennial, in “Artforum”, summer, 2008. http://www.mutualart.com/OpenArticle/ Whitney-Biennial/1D2B88E2ED0EBE86 51. Ibidem. 52. Weinberg, A. D., Foreword, in 2010 Whitney Biennial, Whitney Museum of American Art, New York, Yale University Press, New Haven and London, 2010, p. 6. 53. Camhi, L., Women at the 2010 Whitney Biennial, in http://www.vogue.com 54. Bonami, F., Carrion–Murayari, G., The Fence and the Bridge, or Regeneration Through Art, in 2010 Whitney Biennial, op. cit., pp. 11-14. 55. Bonami, F., Carrion–Murayari, G., Appendix, in 2010 Whitney Biennial, op. cit., p. 14. 56. http://whitney.org/Exhibitions/2012Biennial 57. http://www.newyorker.com 58. http://tmagazine.blogs.nytimes. com/2012/03/02/out-there-live-from-thewhitney-biennial/ 59. http://whitney.org/Exhibitions/2014Biennial 60. Smith, R., 2012 Whitney Biennial. A Survey of a Different Color, in https://www.nytimes. com/2012/03/02/arts/design/2012-whitneybiennial.html?pagewanted=all
Conclusioni
L
a Quadriennale di Roma era stata ai suoi inizi indubbiamente un catalizzatore fondamentale della scena artistica. Ma purtroppo già dagli anni Cinquanta ha cominciato a decadere, e fino ad oggi non è riuscita a riprendere la sua importanza passata. La presente ricerca ha inteso portare alla luce i vari nodi che ne frenano lo sviluppo e il buon funzionamento. Concentriamoci su alcuni punti essenziali. Così, rilevando le varie assurdità, vogliamo tentare un progetto che possa approdare ad un miglioramento, ma anche scoprire i veri valori che potrebbero motivare le attività della Quadriennale di Roma, a suggerire la posizione che essa potrebbe avere nell’ambito dell’arte contemporanea italiana ed internazionale. La Quadriennale e la politica. Gli ostacoli burocratici L’istituzione Quadriennale ai suoi inizi, durante il fascismo, rientrava in un quadro più ampio di riorganizzazione delle politiche per le arti. Lo Stato aveva sviluppato un meccanismo efficace di politica culturale, a servizio della propaganda. Moltissimi lavori esposti alle prime Quadriennali furono acquistati proprio dallo stato, il quale con i suoi acquisti aveva seguito una strategia oculata. Sceglieva d’investire su alcuni artisti, prevedendone una valorizzazione nel tempo. Lo Stato diventava cioè mecenate e collezionista, una scelta che s’inquadrava in quella politica d’intervento pubblico nelle questioni artistiche di cui dicevamo. Poi, più tardi, la politica rimase sempre molto presente nell’andamento della Quadriennale: ma non più come un investitore nell’arte, piuttosto come un ostacolo che frenava la vita naturale dell’istituzione. La politica culturale ha danneggiato la Quadriennale in vari modi, ma soprattutto con la forzosa presenza d’indicazioni politiche nella scelta del Presidente, dei consiglieri, dei commissari ed anche – in vari casi – degli artisti. Ad esempio il giornalista Angelo Libranti scrisse che alcuni degli artisti presenti alla XI Quadriennale nel 1986 erano stati indicati addirittura dai partiti stessi1. La Quadriennale per un lunghissimo periodo non è stata in grado, per la mancanza d’un consenso interno, ma anche per l’indifferenza dello stato, di rinnovare il proprio Statuto. L’attuale terzo Statuto del 2013 ha portato la novità che anche il Collegio dei partecipanti, insieme al Consiglio di Amministrazione, al Presidente della Fondazione, e al Collegio dei Revisori è un organo della Fondazione2. Con questo passo la Quadriennale voleva attirare potenziali sponsors, contributori, e risolvere la sua situazione d’impasse economica. Però anche questa volta non è stato individuato il modo migliore: anche nel caso alla Quadriennale volessero partecipare più soggetti privati, si prevede comunque essi avrebbero tutti insieme solo un rappresentante in Consiglio di Amministrazione. La Quadriennale di Roma 273
Bibliografia
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Seconda Quadriennale d’arte nazionale. Sotto Regolamento della XV Quadriennale, 22 ottobre gli auspici di S.E. il capo del governo. Catalogo 2007. Fondo temporale dell’Archivio Storico della generale. Roma, febbraio – luglio MCMXXXV, Fondazione La Quadriennale di Roma. Anno XIII, Palazzo delle esposizioni. Di questo 282 Lýdia Pribišová
Lýdia Pribišová è curatrice, storica dell’arte ed editrice. È nata a Bratislava in Slovacchia, dove attualmente vive e lavora, nel 1980. Negli anni 2007 – 2013 ha soggiornato a Roma. Nel 2013 ha concluso un dottorato di ricerca presso l’Università La Sapienza con la tesi La Quadriennale di Roma. Da Ente autonomo a Fondazione. Una riflessione sulla trasformazione, che ha avuto per relatrice la professoressa Simonetta Lux. Il libro che avete in mano è il risultato di questa ricerca. Nell’anno 2010 ha ottenuto per svilupparla il premio-borsa di studio dalla Fondazione Lemmermann. È dal 2006 co-fondatrice ed editrice della edizione ceco slovacca della rivista Flash Art, della quale è caporedattore dal 2015. Negli anni 2013 – 2015 ha coordinato i progetti di tranzit.sk, dove ha svolto anche lavoro curatoriale. È membro dell’AICA slovacca. È collaboratrice delle riviste Flash Art, Artribune, Luxflux e Vlna. Negli anni 2007 e 2011 ha curato la sezione slovacca della Prague Biennale. Si interessa ai progetti partecipativi, al rapporto tra arte e scienze naturali, alla responsabilità sociale e politica nell’arte e nell’architettura sperimentale. Come curatrice ha collaborato con varie istituzioni pubbliche e private, come MAXXI, MACRO, MLAC Museo Laboratorio d’arte Contemporanea, Viafarini, gallerie AlbumArte, Studio Trisorio, Exelettrofonica, Gallery Apart, Studio Stefania Miscetti, Valentina Moncada – in Italia, con la Kunsthalle di Atene, il Museo dell’Arte di Cluj-Napoca, OI Futuro a Rio De Janeiro, il Museo dell’Arte Contemporanea di Novi Sad e di Rijeka, con la Galleria Nazionale di Tirana, con l’ISCP di New York, con tranzit.org, con ZK/U (Zentrum für Kunst und Urbanistik) a Berlino, con la Kunsthalle a Bratislava, con le gallerie Hit, Space e Medium in Slovacchia.