Steven Holl. Architettura parlata

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Steven Holl

Architettura parlata

postmedia data


Architettura parlata di Steven Holl Š 2019 Postmedia Srl, Milano Le conferenze sono tratte per gentile concessione da Steven Holl: Architecture Spoken pubblicato nel 2007 da Rizzoli International Publications, New York

Traduzione dall'inglese di Antonella Bergamin In copertina: Whitney Water Purification Facility and Park Tutti gli acquerelli sono di Steven Holl

www.postmediabooks.it isbn 9788874902224


Le immagini di pensiero di Steven Holl Valerio Paolo Mosco

C’è una differenza sostanziale tra i maestri della modernità e quelli della postmodernità: mentre i primi progettavano il futuro proiettando in esso forme e contenuti in modo tale che gli stessi potessero diventare modelli per gli adepti, i secondi si sentono emendati da questo ruolo. Ciò che interessa a questi ultimi non è infatti il futuro utopico lontano e aurorale, ma più semplicemente il futuro prossimo, o meglio il futuro immediato. Al progetto di rifondazione i maestri della postmodernità hanno sostituito la volontà di rendersi interpreti del gusto, ma non del gusto corrente che inevitabilmente sta già diventando cliché, ma del gusto prossimo a venire. Allora è come se inconsciamente il gusto corrente, nel dimostrare il suo decadere, inconsciamente si predisponesse ad un cambiamento a cui sarà proprio il maestro della postmodernità a dare forma e ciò non attraverso una cesura inesorabile con il passato, ma come naturale svolgimento degli eventi. Prendiamo il caso di Steven Holl. Holl si affaccia sulla scena internazionale nella seconda metà degli anni Ottanta proprio nel momento di declino di quello


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storicismo postmoderno che nella Strada novissima di Paolo Portoghesi aveva raggiunto il vertice del suo successo. Si affaccia proponendo un’architettura che espressamente, come lo stesso Holl più volte afferma, deve molto all’architettura italiana degli anni ’70, specificatamente a quella scuola mor ologico tipologica che si era andata attestando tra Milano e Venezia. Holl parte dunque dall’architettura dei vari Rossi e Grassi e sente la presenza critica di Tafuri, ma da essi si emenda e lo fa con gentilezza, seguendo quel principio di cesura continuativa che abbiamo posto come la legge evolutiva del gusto postmoderno. Le sue prime ville risentono dell influen a di ldo ossi ma trasfigurano le icastiche immagini di Rossi in un’aleatorietà pittoresca del tutto statunitense; un’aleatorità che si prende anche carico di aperture nei confronti di quel vernacolo un po’ cheap riscoperto pochi anni prima da Frank O. Gehry. Nel 1986, alla Triennale, Holl presenta un progetto per Porta Vittoria in cui quell’aleatorietà plastica delle ville viene pantografata a scala urbana e l’esperimento funziona anche perché vicino al suo progetto vengono esposte le ormai smunte proposte storiciste o tipologiche che in brevissimo tempo avevano perso qualunque vigore comunicativo. Ma è nel 1991, sempre in quell’Italia a cui l’architetto statunitense deve molto, che Holl si impone sulla scena internazionale con un progetto, quello per il Palazzo del Cinema al Lido, che adeguatamente Kenneth Frampton


pone in risalto nella sua ben nota storia dell’architettura. Una grande tenaglia monolitica racchiude una darsena su cui sono sospese le tumultuose sale cinematografiche un progetto strepitoso, tutto giocato sulla sostituzione di quella tipologia da cui Holl era partito sulle tracce degli italiani, con una topologia scultorea che ha il pregio sì di essere soggettiva ed aleatoria, ma di non cadere nell’informale, tenendosi miracolosamente lontana dal capriccio. Seguono in pochi anni progetti di valore come quello delle abitazioni a Fukoka in Giappone, l’Hybrid building in Florida, il Cranbrook Institute of Science, il Knut Museum in Norvegia e la Cappella Sant’ Ignazio a Seattle. Con questi progetti Holl riesce a prospettare una via di fuga nei confronti degli assilli di quel periodo: assilli completamente diversi, ma paradossalmente complementari: da un lato quello determinato dal dirigismo prescrittivo della scuola tipologica, dall’altra l’assillo del sempre più ingombrante postmodernismo storicista ormai inesorabilmente scivolato nel kitsch. L’architettura che Holl presentava era senza dubbio soggettiva e del tutto autoriale, ma miracolosamente manteneva una certa coerenza, manteneva un processo ideati o un filo logico comunicabile alle olte persino didattico. o strumento a cui oll si a fida a e ancora si a fida per tenere insieme soggetti it e logica eano i suoi seducenti e sapientemente fanciulleschi acquarelli che avevano la capacità di trasportarci con semplicità nelle ragioni dei suoi progetti senza cadere in quei sulfurei


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MIT Simmons Hall, Cambridge, USA 2002

di determinate or e esterne fino al punto ancora una volta simbolicamente, di introiettare queste forme all interno degli stessi edifici come ad esempio oll a in uno dei suoi progetti più riusciti, i dormitori del MIT a Boston. Indubbia, se non unica, la capacità di Holl di rendere visibili nei suoi disegni e nelle sue architetture questi concetti: in ciò risiede gran parte del fascino della sua architettura. ittgenstein un filoso o dalla logica talmente ferrea da risultare alle volte inaccessibile, nella sua maturità, nel periodo in cui la sua logica si andava trasformando in ineffabile se non mistica logica poetica, parlava ai sui increduli adepti del Circolo di Vienna di “immagini di pensiero”.


Ecco, l’abilità di Holl è stata e continua ad essere quella di fornirci non solo progetti di indubbia qualità, ma di fornirci progetti immagini di pensiero, ovvero progetti che riescono a visualizzare la logica con cui gli stessi sono stati concepiti, logica a cui intendono pur sempre riferirsi per rimanere necessari a loro stessi, zavorrando il progetto in modo tale da non scivolare nella dimenticabilità di quell’architettura design che adeguatamente Francesco Venezia visualizzava come un turacciolo in balia delle correnti. Holl dunque, con la sua sensuale, soggettiva,


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empatica, alle volte voluttuosa ed alle volte squisitamente sgraziata architettura, ha rappresentato le ragioni della sopravvivenza della teoria, e dunque del logos e della logica, nell’epoca dell’arbitrio, della prestazionalità tecnica e del design; una sopravvivenza veicolata attraverso delle immagini di pensiero intuitive rese vive da seducenti acquarelli che ci hanno raccontato, come i disegni di Scarpa e di Rossi, che l’architettura deve pur sempre mantenere un qualcosa di fragile, di caduco e più che altro deve preservare la sua intimità. Le conferenze di Holl qui riportate ci raccontano di tutto ciò e lo fanno con una certa grazia, senza slogan o proclami, in quanto una cosa Holl, come gli altri maestri postmoderni, l’ha capita: che i meccanismi se troppo serrati tendono a gripparsi.




Nominare un oggetto equivale a sopprimere i tre quarti del godimento della poesia… suggerirlo, ecco il sogno. – Stéphane Mallarmé

Ogni volta che tengo una conferenza pubblica, organizzo i progetti ai quali sto lavorando per illustrare una tesi generale. Le conferenze sono un’occasione per affrontare argomenti e idee. Gli interrogativi posti possono generare un feedback e un dialogo. Nel corso di una conferenza pubblica è possibile presentare le questioni senza diventare troppo seri – in particolare rispondendo alle domande poste in seguito. Questa raccolta di progetti recenti che prende il titolo di Architettura parlata è quindi articolata in quattro capitoli che riflettono la cronologia dell argomenta ione polemica sviluppata nelle quattro conferenze. Pro-Kyoto: una presa di posizione a favore della resistenza e della determinazione ambientale e contro il rifiuto espresso da un go erno statunitense bellicoso di partecipare a un importante cambiamento a scala globale. Compressione: una presa di posizione a favore dell’intensità architettonica. Porosità: un appello sperimentale oltre che un cambiamento di scala


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Horizontal Skyscraper, Vanke Center, Shenzhen, Cina 2009


Urbanistiche: un ripensamento degli assetti del ventunesimo secolo fondato sull’architettura come elemento catalizzatore. I quattro capitoli sono seguiti dall’antecedente di questo libro, concepito nel 2004 a partire dalle interviste condotte dalla critica e curatrice Mildred Friedman. Abbiamo inserito i testi grezzi sotto forma di semplici “aneddoti” non editati come introduzione ai progetti presentati. La parola parlata, come un testo registrato intorno al tavolo di una cena, ha i ritmi del discorso ordinario formato da un linguaggio casuale. ueste storie personali relati e a un processo di ficile formano la cornice delle lotte per l’architettura che, pur essendo la più fragile delle arti nella fase formativa, offre una gioia e un’emozione esperienziale duratura una volta realizzata. New York City


18 aprile 2001 Cornell University, Steinberg Hall Ithaca, N.Y., U.S.A.

1 ottobre 2001 Washington University, School of Architecture St. Louis, U.S.A.

20 ottobre 2001 Associazione Culturale Abaco Vicenza, Italia

17 dicembre 2001 Beijing University Pechino, Cina

25 febbraio 2002 Vassar College, Agnes Rindge Claflin Lecture Poughkeepsie, N.Y., U.S.A.

22 aprile 2002 New Jersey Institute of Technology, School of Architecture Newark, N.J., U.S.A.


Pro-Kyoto Vorrei iniziare questa conferenza leggendo alcuni paragrafi dell introdu ione del traduttore de L’arte della guerra di Sun Tzu a proposito dell’invincibilità, della vittoria senza battaglia: a figura centrale della storia uno scimmiotto dotato di poteri magici che fonda una comunità di scimmie, conquista un territorio e ne viene proclamato re. In seguito sconfigge un emone della istru ione e gli ruba la spada. Fatto ritorno al suo regno, lo scimmiotto si dedica all’arte della spada insegnando ai sudditi a costruire armi finte e insegne per giocare alla guerra. Purtroppo, anche se è a capo di una nazione, lo scimmiotto spadaccino non sa padroneggiare se stesso. Il re scimmiotto esercita il potere senza saggezza, distrugge l ordine naturale e scatena un pandemonio fino alle estreme conseguenze, in cui si ritrova fatalmente in gabbia1.

1 Tzu, Sun, The Art of War, Shambhala Publications, Boston 1988, p.15 [traduzione italiana, Sun Tzu, L’arte della Guerra, a cura di Thomas Cleary, traduzione di Giampaolo Fiorentini, Astrolabio – Ubaldini Editore, Roma 0 pp.2 22 .


11 settembre 2003 SCI-Arc Los Angeles, California, U.S.A.

31 ottobre 2003 Inaugural David J. Azrieli Lecture in Architecture McGill University Montreal, Canada

12 marzo 2004 The Central House of Architects Mosca, Russia

17 marzo 2004 American University of Beirut Beirut, Libano

21 marzo 2004 Triennale Hall Milano, Italia

16 febbraio 2004 Princeton University, School of Architecture Princeton, New Jersey, U.S.A.


Compressione Questa sera vorrei sperimentare ciò che è l’essenza della poesia: la compressione di una varietà di cose in poche parole. Più che una conferenza, sarà un esperimento sul dubbio. Ciò che cerco di esplorare mediante l’idea della compressione è la condensazione di una molteplicità di cose in qualcosa di racchiuso. È come la musica, irriducibile. Non può essere ridotto a niente di meno di questo. a compressione o densifica ione una delle mie aspirazioni in architettura; la condensazione di una quantità di elementi: programma, sito, spazio, dettagli, a partire da un unico concetto che genera fenomeni esperienziali entusiasmanti. Le proprietà riducibili in architettura sono tutte le cose con le quali abbiamo a che fare quotidianamente: Quanto costa? Quanto è ecologico l edificio uanto radicalmente in enti o redo che questi siano tutti argomenti validi ma ciò su cui mi interrogo stasera è in realtà se esista un eccesso di valore abbastanza intenso. Per me l’architettura è l’elaborazione di un concetto in un significato inseparabile dal suo spazio e dalla sua forma.


27 ottobre 2004 Iowa State University, School of Architecture Ames, Iowa, U.S.A. 25 gennaio 2005 University of Toronto, School of Architecture, Landscape, and Design Toronto, Canada 7 marzo 2005 Carleton University e National Gallery of Canada Ottawa, Canada 9 marzo 2005 National Building Museum for Liquid Stone Exhibition Washington D.C., U.S.A. 1 aprile 2005 University of Buffalo Buffalo, New York, U.S.A.


Porosità Questa è una conferenza sperimentale alla quale sto lavorando a partire dall’interesse per la fenomenologia. ono un lettore assiduo dell inserto scientifico del New York Times. Questo tipo di conoscenza deve far parte dell’ispirazione di un architetto. L’indice del libro Parallax pubblicato nel 2000 conteneva una parola che mi piaceva molto: porosità, un concetto che credo possa funzionare come lente per esplorare le questioni enomenologiche. i recente i miei progetti hanno esplorato una serie di esperimenti sulla porosità. Nel mio lavoro sto portando questo concetto dal livello tipologico a quello topologico. Ho iniziato la mia carriera nel momento in cui si concludeva il movimento del razionalismo italiano; nella ricerca che conducevamo all’epoca, catalogavamo le tipologie edilizie documentate in libri come The Alphabetical City e Urban and Rural House Types in North America. Pensavo fosse possibile passare dalla tipologia a un’architettura nuova ma ho capito che si trattava di un vicolo cieco. Nel 1984, durante un viaggio in Canada, mi sono ritrovato casualmente a conversare per una notte intera con un filoso o su erleau ont . Eravamo su un treno che attraversava un tunnel a


22 settembre 2005 New Higgins Hall Center Section Dedication Pratt Institute, School of Architecture Brooklyn, N.Y., U.S.A. 1 novembre 2005 University Lecture The Rotunda, Columbia University New York City, U.S.A. 7 dicembre 2005 The Art Institute of Chicago Chicago, U.S.A. 4 aprile 2006 School of Architecture Massachusetts Institute of Technology Cambridge, Mass., U.S.A. 26 maggio 2006 Modern Group, Green Architecture Seminar Pechino, Cina 2 giugno 2006 Evento inaugurale di Luminosity/Porosity Gallery MA Tokyo, Giappone


Urbanistiche Vorrei dedicare questa conferenza a Herman Pundt, mio docente all’Università di Washington, scomparso nel 2000: un professore davvero appassionato e per me fonte di ispirazione. Poco dopo il mio arrivo all’Università di Washington come studente nel 1967, Pundt tenne una conferenza dal titolo “Lo spirito e la finalit dell insegnamento all ini io della quale proiett una diapositiva in cui si vedeva Frank Lloyd Wright circondato da tirocinanti a un tavolo da disegno. Wright amava condividere conoscenze, idee ed entusiasmo, anche se, non essendosi laureato, non ricoprì mai incarichi u ficiali come docente. erman undt ha scritto un solo libro, Schinkel’s Berlin, dal quale ho tratto il collante elementare, concettuale per tenere insieme questa conferenza, vale a dire il principio per cui l’architettura è un gesto urbano. In Schinkel’s Berlin Pundt esamina l’opera di Schinkel e la sua relazione con ogni aspetto della città. Il titolo di questa conferenza, Urbanistiche, proietta l’architettura come elemento catalizzatore delle trasformazioni urbane a livello sia visivo che verbale. Tento di colmare il divario tra ciò che si dice e ciò che si vede; mi interessa la distinzione tra “dire e mostrare”.


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