Pino Pascali. Fotografie a cura di A. Frugis e R. Lacarbonara postmedia books 2018
Partner istituzionali
Fotografie di
Regione Puglia
Pino Pascali Berenice Abbott Bruno Barbey Ilse Bing Piergiorgio Branzi René Burri Mario Cattaneo Walker Evans Arrigo Orsi Enzo Nocera Federico Patellani Robert Rauschenberg Enzo Sellerio
Comune di Polignano a Mare
Il CdA della Fondazione Giuseppe Teofilo, Presidente della Fondazione Maria Melpignano Christine Farese Sperken
Direzione Artistica Rosalba Branà
Comitato Scientifico Pietro Marino Valérie Da Costa
Riproduzioni fotografiche Per la Fondazione Pino Pascali: Marino Colucci Per la Galleria Nazionale: Studio Antonio Idini, Giuseppe Schiavinotto, Ruschena’s Project, Alessandro Vasari
Carlo Berardi Marco Giusti
Pino Pascali. Fotografie a cura di Antonio Frugis e Roberto Lacarbonara
Un progetto Fondazione Museo Pino Pascali, Polignano a Mare, Bari
Pino Pascali. Fotografie a cura di Antonio Frugis e Roberto Lacarbonara © 2018 Postmedia Srl, Milano Book design: PM Dept Immagine di copertina: Pino Pascali, 1965 www.postmediabooks.it isbn 9788874902170
Si ringrazia Fondazione Museo Pino Pascali, Polignano a Mare, Bari; Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea, Roma; The Metropolitan Museum of Art, New York Robert Rauschenberg Foundation, New York; Zurich University of the Arts, Zurigo Carla Ruta Lodolo, Roma; Guido Bertero, Torino; Archivio Elisabetta Catalano, Roma; CRAC Puglia, Taranto; Lee Gallery, Winchester, MA; Simonetta Lux, Roma; Libreria Marini, Valenzano; Mediateca Apulia Film Commission, Bari; Galleria Peccolo, Livorno; Fabio Sargentini, L’Attico, Roma; Francesco Paolo Sisto, Bari, Susanna Torres Per quanto riguarda i diritti di riproduzione, l’editore si dichiara disponibile a regolare le eventuali spettanze per quelle immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte
Pino Pascali Fotografie a cura di Antonio Frugis e Roberto Lacarbonara
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....... Rosalba Branà
Pino Pascali: antologia per immagini
La conseguenza più grandiosa della fotografia è che ci dà la sensazione di poter avere in testa il mondo intero, come antologia di immagini. Collezionare fotografie è collezionare il mondo. (Susan Sontag) La fotografia ha giocato un ruolo importante nella vita artistica di Pascali. Da questo assunto muove la ricerca dei due giovani critici Roberto Lacarbonara e Antonio Frugis. L’occasione è data dalla cospicua donazione di fotografie originali di Pino Pascali alla Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare (donazione Carla Ruta Lodolo): circa 160 scatti stampati direttamente dall’artista nel 1965. Cominciamo col dire che per Pascali la fotografia non è solo un medium documentativo ma interpretazione e analisi, è soprattutto il desiderio di dare corpo a un racconto individuale che si riverserà senza conflitti nella sua ricerca linguistica. Pascali si accosta all’obiettivo al fine di elaborare una personale strategia dello sguardo, il suo occhio si muove tendendo ad isolare singoli aspetti e amplificandone altri secondo un personale codice semantico dal forte potere evocativo. Il nostro artista ritaglia come in un frame aspetti di vita quotidiana e li poggia sotto il riflettore del suo sguardo indagatore. Il suo passare dall’immaginario al reale è rapido ma consapevole, fa sua l’affermazione di Cartier-Bresson secondo cui fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà di percezione convergono davanti alla realtà che fugge. In quell’istante, la cattura dell’immagine si rivela un grande piacere fisico e intellettuale. Già con Rodin la fotografia non viene solo considerata un medium oggettivo ma è lo scultore a controllare attentamente il risultato, le ombre, la luce, il taglio fotografico... fattori fondamentali per la resa dell’immagine scultorea. Ancora più attento è Brancusi che non concede a nessuno la possibilità di scattare fotografie delle sue opere e incomincia egli stesso a fotografare. Niente oggettività quindi
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ma ‘fotografare’ diviene il fare che esalta l’opera d’arte. Picasso è sempre stato interessato alla fotografia e la fotografia è sempre stata interessata a Picasso, difatti il corpus fotografico relativo all’artista è di dimensioni monumentali. Pascali intuisce molto bene il potere seduttivo del nuovo medium, egli stesso è quasi sempre presente nelle fotografie delle proprie opere immortalate da Claudio Abate o Ugo Mulas. La fotografia diviene l’amplificatore di significato dell’opera stessa. Il linguaggio fotografico tra gli anni Sessanta e Settanta è in piena sperimentazione come tutti gli altri linguaggi visivi: secondo gli studi di Roland Barthes, il tempo fotografico collassa rompendo gli schemi di passato-presente-futuro, è il ‘futuro anteriore’ la nuova categoria a ridefinire il lessico della fotografia moderna e a influenzare intere generazioni di fotografi a venire. Negli anni Sessanta la fotografia si incrocia visibilmente con il linguaggio dell’arte così da diventare un forte riferimento di tipo progettuale e teorico. La figura dell’artista che usa la fotografia non solo come documentazione del proprio lavoro ma come traccia progettuale al pari del disegno, diviene molto ricorrente. Sempre in questi anni prende avvio un’interessante con-partecipazione tra i media artistici che troverà continui e innovativi sviluppi. Pino Pascali procede su questi territori mobili, gran parte delle sue fotografie sono scatti volti alla realizzazione di spot pubblicitari eppure in molte immagini sono più che evidenti tracce embrionali dei suoi grandi lavori scultorei. Pascali scultore. Pascali grafico. Pascali performer. Pascali fotografo. Tutte sfaccettature di un unicum: un grande artista a tutto tondo.
....... Antonio Frugis
Fotografie come appunti visivi
1965 Pino Pascali e Sandro Lodolo si conoscono e lavorano assieme da circa sette anni. Si incontrano presto a Roma, è il 1958 quando il futuro artista neppure ha conseguito il diploma accademico di Belle Arti; è una mattina di fine estate, settembre ricorderà poi Lodolo. Pino gli viene presentato negli studi della SAF Palatino da un amico in comune, Ermanno Biamonte, direttore artistico della INCOM, società che produce il cinegiornale Settimanale INCOM e che, con la nascita della televisione, si era aggiudicato anche la produzione di alcuni caroselli. Pino ha già lavorato con Biamonte imparando a fare gli effetti speciali; chiede un passaggio in auto proprio a Lodolo che lo riaccompagna a casa in via dell’Orso (prima di trasferirsi nel più famoso studio di Largo Boccea), nei pressi di piazza Navona; la sua casa, a parte il letto e un angolo cottura, era piena di innumerevoli e insoliti oggetti: un’elica, rottami di bicicletta, una banderuola, segnali stradali…c’era davvero di tutto!1 Sandro Lodolo è il pubblicitario ad aver fondato, a fine anni Cinquanta, la Massimo Saraceni Cinematografica (società condivisa con Massimo Saraceni) e per chiara attitudine professionale intuisce le potenzialità del ragazzo; già quello stesso anno chiede al giovane amico di diventare suo collaboratore in quella che sarebbe diventata, poi, la Lodolofilm, casa di produzione di film pubblicitari specializzata nel cinema d’animazione. Il primo filmato creato assieme è per la Autoservizi Maggiora: inizialmente Pino ha il compito di creare le scenografie ma ben presto il produttore promuove i suoi personaggi, i suoi simboli grafici, i soggetti, le fotografie. Anche le fotografie, sì, perché Peppino – così viene chiamato familiarmente da chi frequentava Lodolofilm – quando è in studio, ha sempre la macchina fotografica al collo: una Linhof a monorotaia che ha acquistato, in questi primissimi anni Sessanta romani, da Giuliano Cappuzzo, altro collaboratore e disegnatore della Lodolofilm, presto grande amico di Pino.
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01. Mare¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm
02. Scia di nave¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm
03. Il mare¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm (Galleria Nazionale di Arte Moderna, Roma)
09. Ritratto di uomo¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm 10. Ritratto di uomo¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm
11. Pescatori con le ceste¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 30x24 cm
15. Due bambini¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm
16. Due bambini che giocano a palla¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm
34. Vendita di uova¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm (Galleria Nazionale di Arte Moderna, Roma)
35. Fruttivendola¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm (Galleria Nazionale di Arte Moderna, Roma)
38. Donna anziana con la scopa per strada¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm 37. Calzolaio¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm (Galleria Nazionale di Arte Moderna, Roma)
39. Vicolo di Napoli¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm
46. Ombrellone, 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm
47. Ombrelloni¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm
55. Stazione traghetti Capri-Casamicciola¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm (CRAC Puglia, Taranto)
57. Uomo di spalle e targhe¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm
72. Particolare di nave con bitta¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm
75. Carrucola¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 24x30 cm (Galleria Nazionale di Arte Moderna, Roma)
86. STOP¸ 1965, stampa fotografica ai sali d’argento su carta, 18x24 cm
....... Roberto Lacarbonara
Oltre l’immagine Pascali e il suo tempo
…e poi c’era il gioco di andare al mare. Andavamo al mare anche d’inverno. Il mare era un impatto emotivo, il desiderio di “contattare” il mare. […] Arrivavamo lì e dopo un po’ ce ne andavamo: era un po’ come andare a visitare il mare1.
Pino Pascali non andava al mare. Andava a trovare il mare, a incontrarlo, a fargli visita. Come si fa con un vecchio parente, con i nonni, con uno di famiglia. E ci portava spesso un amico, una ragazza, o ci andava da solo, anche per pochi minuti, in genere di fretta e quasi sempre in moto. Quando ebbe tra le mani una Linhof tutta sua, presa con due soldi dall’amico di sempre Giuliano Cappuzzo, Pascali scelse il mare, il porto, i pescatori, le barche; scelse di ritagliare un pezzo importante della sua immaginazione e della sua infanzia mediterranea. Fu la sua prima fotografia, la prima “utile” – per meglio dire –, la prima da fotografo, l’inizio di un reportage che doveva servirgli per un nuovo lavoro pubblicitario. L’occasione giunse nella primavera del 1965. La grande industria alimentare di conserve italiane, Cirio, commissionò alla Lodolo Film un carosello di grande forza, qualcosa di innovativo, passionale, virale si direbbe oggi, ma anche dal grande sapore tradizionale, dal carattere nazional-popolare e dall’autenticità culturale. Il giovane Pascali, grafico e scenografo della Lodolo, non esitò a stravolgere il suo normale piano di lavoro, tralasciando per un po’ il disegno, il collage, le emulsioni fotografiche tratte da vecchie riviste, con cui quotidianamente operava. Scelse invece di lavorare con la sua nuova macchina fotografica, acquisire materiale di prima mano e raccontare da vicino la terra e il mare.
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Studio di Pino Pascali in via Boccea, 1962-1963
Ricostruire la natura Il regno dell’artificiale è forse l’eredità più cospicua che gli anni Sessanta consegnano alla contemporaneità. Le sue plastiche, le sue innovazioni materiali ed i suoi scarti industriali sono del tutto complementari alla grande ricerca di ‘effetti di realtà’ e alle numerose ipotesi di ‘ricostruzione della natura’15. Già nel 1953, con la prima Esposizione dedicata all’Agricoltura a Palazzo dei Congressi dell’EUR, la persistente vocazione contadina dell’Italia del tempo iniziava ad incontrare la bellezza meccanica dei rifiuti industriali. Non si tratta più dell’ostentazione futurista bensì dei nuovi assemblaggi fatti di parti meccaniche, pezzi di carrozzeria ed attrezzi agricoli. Pietro Consagra aveva collocato una scultura meccanica fitomorfa nell’atrio del Palazzo, in dialogo con le geometrie naturali di alcuni cactus. L’architetto Eugenio Galdieri, tra gli esponenti di spicco della corrente astratto-concretista della Galleria Appia Antica, collocava nelle sale alcuni alberi-motore e frammenti di congegni industriali, specie turbine ed eliche. Man mano che gli studi degli artisti si trasformavano in vere e proprie officine meccaniche ed i tradizionali strumenti della pittura e scultura facevano spazio a cacciaviti, chiavi inglesi e fiamme ossidriche, l’approvvigionamento dei materiali iniziava a riferirsi ad un nuovo mondo fatto di supermercati, aziende chimiche e sintetiche. Piero Gilardi estrae dal poliuretano le sue forme vegetali; Gino Marotta adotta il metacrilato a sua materia elettiva per la copiosa produzione di alberi, cespugli e ninfee; Cesare Tacchi incorpora la gommapiuma nel supporto delle sue pitture tridimensionali; Pascali porta in galleria i canali di irrigazione fatti di alluminio zincato ed acqua all’anilina, oppure rimedia materiali di uso prettamente domestico (scovoli di plastica, lana di ferro) per Bachi da setola, Liane, Trappola e via dicendo. Le nuove tecnologie di produzione del mercato di massa, insieme alle occorrenze dei nuovi mediascapes, portano al centro della scena e del mercato i nuovi prodotti della comunicazione visuale. Le nuove merci-visuali sono per essenza fantasmatiche, diversificandosi profondamente dalla pura funzionalità d’uso delle merci tradizionali. “Esse non sono più soltanto oggetti bensì pienamente Soggetti, hanno cioè una loro individualità inscritta nelle loro forme, nei loro usi, nelle loro età. Anche le merci nascono, maturano, invecchiano, si ammalano, e muoiono. Hanno nomi, parentele, genealogie, evoluzioni e mutazioni, sensibilità
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La città e i suoi segni Ma la città nuova che sta cambiando pelle in questi anni si affaccia tra le fotografie con sempre maggiore insistenza e non sfugge agli occhi di Pascali che ne rintraccia segni, simboli, scritte ed insegne. Le “strisce di paesaggio americano” di cui parlava Pampaloni – e che difatti iniziano a tracciare la nuova storia della fotografia americana con le esperienze di Walker Evans e Stephen Shore – stanno riscrivendo il territorio urbano in una mediatizzazione ambientale che riduce i luoghi a scenografie in grado di ospitare marchi aziendali, letteroni, réclame ubiquitarie e pervasive. Se da un lato Pascali immortala le scritte provvisorie e fatte a mano sulle botteghe artigianali – Pane; Uova; Cocco di Papà 300 Lire l’Uno (img 31, 34) – dall’altro abbonda l’accumulazione delle grandi scritte nei porti, sui traghetti e sulle strade. Ogni oggetto, ogni merce è prima di tutto una superficie che ospita una comunicazione alfanumerica.
Mario Cattaneo, Mercatino a Napoli, 1951-58. Museo di Fotografia Contemporanea, MilanoCinisello Balsamo
René Burri, São Paulo, Brasile, 1960, Zurich University of the Arts
Pino Pascali, Macchina, strada e parasole, 1965
Walker Evans, Holmes, 1974 e Untitled, 1974. Collezione Guido Bertero, Torino
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Pino Pascali, Studio con fotografie (Forma di una foca), 1964
Simulacri. Studi per la scultura Se è vero che, come afferma – sarcastico – Mapplethorpe, “la fotografia è solo un modo più veloce per vedere le cose, per fare scultura”, possiamo indubbiamente affermare che nei suoi scatti Pino Pascali fa scultura. In moltissimi casi, il suo approccio analitico plurale – da scenografo, da grafico, da scultore – sembra scrutare le regole fondamentali della composizione plastica, sostituendo per un istante la pellicola al suo inseparabile taccuino. Negli ultimi scatti di questo reportage, molti di essi risulteranno difatti scartati, estranei rispetto al serrato montaggio del lavoro finale per la Cirio e quindi ad esclusivo uso personale, è possibile ritrovare gran parte del pensiero e della pragmatica dello scultore. In queste immagini sono già all’opera i simulacri della scultura. Ho un’immagine in testa. La mia retina mi impone dei limiti, allora io taglio l’immagine. Non è il risultato di un punto focale in senso stretto; è un punto focale strutturale40.
Sì, il mare è come una serie di lettini con materassini morbidi. Forse questo è un fatto che deriva dalla forma e dal materiale che hanno, no? […] Ti ricordi il Muro del sonno, quel quadro fatto di cuscini? In fondo era abbastanza simile, anche quest’altro muro di quadri. Simile come fenomeno strutturale, cioè era un elemento che si ripeteva, ma si differenziava leggermente proprio per un fenomeno fisico: la tela in un posto tira di più e quindi non combacia, in un posto invece tira di meno45. Tanto basta per placare ogni sforzo teorico o esegetico! Ma la stessa titolazione del secondo mare, con quel circa apposto a margine della misura esatta, ribalta con immensa ironia decenni di astrazione europea e americana. Quel mare è circa mare; quella misura è circa 32 mq. È una misura fatta a mano, a occhio si può dire. Dove tutto è seriale e ripetuto – dagli scaffali dei supermercati alle facciate dei palazzi, dalle merci industriali alle nostre abitudini – Pascali cerca la primarietà arcaica dell’invenzione umana, del gesto rituale e anche infantile, impreciso, inesatto. Nelle foto dei palazzi nuovissimi della periferia si vedono ancora i depositi e cantieri aperti. Nella catasta di cassette tutte uguali si vede l’usura del lavoro; nelle grate e nelle griglie il mare è intervenuto per corrodere e scalfire.
Pino Pascali, Barchetta di carta, 1965
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Pino Pascali Fotografie a cura di Antonio Frugis e Roberto Lacarbonara 144 pp 137 img isbn 9788874902170
Finito di stampare nel mese di ottobre 2018 presso Ediprima tutti i diritti riservati / all rights reserved Ăˆ vietata la riproduzione non autorizzata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia o qualsiasi forma di archiviazione digitale. All rights reserved. No part of this book may be reproduced or transmitted in any form or by any means, electronic or mechanical, without permission in writing from the Publisher.
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