FESSURE
Laura Cantale Giuseppe Mendolia Calella nota conclusiva di Valentina Barbagallo
VIA DI GIOVANNI
Il mondo oltre il nostro muoveva di novità, di rivoluzioni, di trasformazioni… A noi toccava l’azzeramento; ci veniva chiesto di ricominciare da capo. Quelle case ora erano cumuli, tumuli fumanti, ceneri lente a risorgere.
Ludovico Quaroni e Luisa Anversa 1972, Chiesa Madre
VIA BONURA
il verde più scuro e il cielo spariva, li attendevano mondi sconosciuti, ogni volta sempre nuovi. Uno spago, qualche biglia, una trottola di legno vorticava dove la terra battuta era più compatta; qualche risata, qualche pianto interrotto dal richiamo della mamma.
Pietro Consagra 1972, Meeting
VIA MANGOGNA
i suoni di qualcuno indaffarato in cucina spandono sulla strada insieme al profumo di olio caldo. Lo sfrigolio della frittura fa da sfondo a discorsi rarefatti, nel battere delle stoviglie e nello scampanare di posate.
Pietro Consagra 1984, Teatro
VIA FRISINA
E giorno e notte penso solo a te… si ride e si parla sui panni stesi profumati di Lisciva, oltre la tenda che ondeggia sull’uscio del bar Parisi. Dimmi la veritá!… Ti ascolto ora, sospeso in questo istante di nulla.
Franco Purini e Laura Thermes 1990, Sistema delle Piazze
VIA MESSINA
Per la festa di San Rocco indossavamo gli abiti più belli: la camicia bianchissima di papà, la giacca e i pantaloni erano sulla stampella, appesa al chiavistello della credenza. L’odore di pomata neutra per lustrare le nostre scarpe si diffondeva nella stanza a suon di spazzolate. La borsetta della mamma, piena di carta arruffata per tenerla voluminosa, aveva un fazzoletto come unico vero contenuto. Così si usciva, per guardare e farci guardare, per essere parte di questo piccolo mondo.
Franco Purini e Laura Thermes 1990, Sistema delle Piazze
VIA BIVONA
Quando anche l’ora tarda della sera trattiene il caldo del giorno, i discorsi si fanno sull’uscio, seduti su sedie ventagli,
sul
nero
del
lutto
e
sulle
sottovoce su questo e su quella, l’eco di una risata. Ecco, non v’è mai silenzio e non v’è mai modo di restare soli.
Ludovico Quaroni e Luisa Anversa 1972, Chiesa Madre
VIA NAPOLI
Due
colpi
di
pistola
seguiti
da
un
stretti attorno a un centrino ricamato; erano tutti immobili, illuminati dalla lanterna magica arrivata in paese. Per me era un divertimento osservarli. Attendevo trepidante quel momento in cui quelli del quartiere Itria arrivavano a casa mia, prendevano posto davanti al televisore e iniziava il mio personale spettacolo.
Cosimo Barna 2005, Mediterraneo
CORSO UMBERTO
Per vedere bene, salii i gradini della scalunera di corsa, uno dopo l’altro. Avevo attraversato correndo tutta la strada grande salutando con un sorriso frettoloso il barbiere appoggiato all’uscio del suo salone vuoto. Mi voltai e cercai da quell’altura di coprire con lo sguardo tutto lo spazio frastagliato di case e muri, come chi ha il potere di separare a destra e a sinistra e tagliare in due il paese.
Mimmo Rotella 1987, Omaggio a T. Campanella
VIA MARSALA
Sento ancora i suoni sordi dei tacchi dalle scarpe di cuoio lucidate per la festa, battere ritmate verso la strada grande. I confratelli di San Giuseppe si riuniscono a piccoli gruppi e mi salutano con gesti cordiali, scambiandosi sorrisi fraterni nell’intreccio di mani callate che stringono l’augurio domenicale.
Alessandro Mendini 1987, Torre Civica
VIA ROCCO PALERMO
Era tipico del giorno l’insieme dei fasci dorati che si facevano strada tra le vie del paese, ed era piacevole sentirne il tepore quando l’inverno iniziava a farsi sentire più irto; ma era la notte quella più solenne. Le prime nevi arrivavano col di bianco e li facevano brillare come fulgore diurno interferisse.
Pietro Consagra 1988, Città di Tebe
VIA LA MONICA
Smaniavano le dita tra i ricami e danzavano, disegnando ombre nuove lungo il tessuto; si muovevano veloci, intente a evitare di rimanere intrappolate tra le notte, nascevano rigogliose.
Paolo Schiavocampo 1987, Doppia spirale
VIA VERDE
Quando la primavera stava per completare il suo passaggio noi cambiavamo tempo. Dal quartiere sant’Antonino ci spostavamo nelle campagne, dove il verde dei campi lasciava spazio al giallo, in un ondeggiare di vento caldo che smuoveva le piantagioni. Dentro grossi trusci di stoffa mettevamo gli abiti, riponevamo le scarpe, armavamo gli strumenti da lavoro. A piedi, in una andatura, il lavoro a venire prendeva i toni di una villeggiatura.
Nino Franchina 1983, Labirinto
VIA PLAIA
Era così, al vespro, mi muovevo veloce incrociando gli sguardi dei miei compaesani che, insieme al vento, mi attraversavano. Poi sparivo dietro al vicolo, nascosta dalle ombre che si allungavano protettive, dove ad attraversarmi era il suo odore carico di luce. Sussurrava e ci mescolavamo alle ombre.
Costas Varotsos 1992,
VIA TRIESTE
Quando in paese arrivava il momento della corsa dei cavalli, era come una guerra gioiosa tra quartieri. Il manto delle bestie si bardava di verde, giallo e rosso tuonante; il ferro colpiva festoso la esultavamo al passaggio, battendo le mani e scalciando per il palio.
Giuseppe Uncini 1986, Sacrario ai Caduti
VIA DI LORENZO
L’altoparlate della Piazza del Potere annuncia il comizio: “Chi sarà il nuovo sindaco?” Sul muro del bastione che precede la scalunera strati di manifesti incrostano l’intonaco: “Vota! Sarà un comunista? Sarà un democristiano? Chi governerà il paese? Quale futuro costruiremo? Cosa miglioreremo? La risposta l’avremo presto! Domenica 15 gennaio 1968 si apriranno i seggi di Gibellina”.
Pietro Consagra 1996, Porta d’ingresso all’Orto Botanico
VIA MAZZINI
Al bar Navarra ci si incontrava al vespro per un Sarti ghiacciato o una Soda. Stavamo sulle sedie di vimini, col bicchiere poggiato sulla radio, sempre accesa, ci faceva da colonna sonora mentre aspettavamo qualche ragazza passare di lì, insieme alla madre. Quando succedeva gli occhi si allungavano, si cercava un sorriso, un segno di approvazione e speravamo in un incontro futuro.
Salvatore Cuschera 1994, Scultura sdraiata
VIA SACERDOTE SALA
Il vagone del treno della ferrovia a scartamento ridotto diretto a Mazzara del Vallo, attraversava il viadotto che spuntava, come un pontile o un acquedotto Un’immagine idilliaca, un quadretto naif. Il vagone usciva dall’abitato e attraversava la campagna dove gruppi di contadini, chini sul lavoro, sollevavano le spalle all’improvviso e ci salutavano in un impeto goliardico e allo stesso tempo malinconico.
Mauro Staccioli 1984, Per Gibellina
VIA S. ANTONIO
fervore gremiva le strade; vociavano e si salutavano tutti con bracciate affettuose e lunghe. Chi tornava dalle campagne, chi era rimasto… e i bambini; guardinghi alla guizzavano tra le gambe adulte verso il più prezioso dei doni.
Fausto Melotti 1984, Contrappunto
di Laura Cantale e Giuseppe Mendolia Calella nota conclusiva di Valentina Barbagallo stampa Studio Kina rilegatura Laura De Carlo Catania Si ringraziano Massimo Limoncelli Cristina Costanzo Giulio Ippolito
Realizzato a Gibellina (Tp) nel mese di Agosto 2021. © Copyright 2021, tutti i diritti riservati agli autori. Un progetto di