21/27 Luglio 2015 Via Gramignani 93 Catania tel. +39 3286861959 crossroadexhibition@gmail.com
Fb: Crossroad Mostra d'arte contemporanea
Crossroad
di Chiara Amore Crossroad è crocevia, punto di passaggio, luogo di transizione, metafora di spazi fisici e mentali. Nel quotidiano siamo circondati da luoghi marginali ormai inglobati all'interno del nostro senso comune, zone secondarie e a volte invisibili; così come i non luoghi che caratterizzano sempre 1 più la nostra società. Marc Augè li definisce luoghi effimeri, fluttuanti, di passaggio attraverso cui tutti noi transitiamo. Eppure, ecco un paradosso: sono questi non luoghi a essere punto di partenza per il viaggiatore smarrito, che si ritrova solo nell’anonimato di questi spazi. Se ci affidiamo alle parole di Italo Calvino, ne Le città invisibili, quando descrive Zemrude, capiamo che la percezione dei luoghi è del tutto personale e lascia emergere l’idea che negli spazi urbani, attraversati quotidianamente, ci siano fili rossi invisibili agli occhi, ma che la mente inizia a seguire in maniera automatica quando subentra uno stato di routine e assuefazione che ci rende immuni al desiderio di scoprire, di andare oltre, di cogliere la bellezza che ci circonda. “È l'umore di chi guarda che dà alla città di Zemrude la sua forma. Se ci passi fischiettando, a naso librato dietro al fischio, la conoscerai di sotto in su: davanzali, tende che sventolano, zampilli. Se ci cammini col mento sul petto, con le unghie ficcate nelle palme, i tuoi sguardi s'impiglieranno raso terra, nei rigagnoli, i tombini, le resche di pesce, la cartaccia. Non puoi dire che un aspetto della città sia più vero dell'altro, però della Zemrude d'in su senti parlare soprattutto da chi se la ricorda affondando nella Zemrude d’in giù, percorrendo tutti i giorni gli stessi tratti di strada e ritrovando al mattino il malumore del giorno prima incrostato a pié dei muri.
Per tutti presto o tardi viene il giorno in cui abbassiamo lo sguardo lungo i tubi delle grondaie e non riusciamo più a staccarlo dal selciato. Il caso inverso non è escluso, ma è più raro: perciò continuiamo a girare per le vie di Zemrude con gli occhi che ormai scavano sotto le cantine, 2 alle fondamenta, ai pozzi.”_” Spazio apparentemente privo di storia, l’autostrada, è protagonista dei pastelli A19 Highway di Andrea Mangione, divenendo punto focale di passaggio da un posto all’altro. Uno spazio nuovo, ancora da scoprire, di cui coglierne la bellezza e in cui costruire nuovi rapporti è il punto di partenza di Lisa Wade in Dove il mio finisce e il tuo inizia. L’artista americana ritaglia sul tessuto mimetico un atlante immaginario di un territorio inesplorato dai confini mutevoli, cuciti lungo le trame. Luoghi che si sovrappongono, visioni lontane, sguardi perduti verso panorami infiniti nella serie fotografica L’ultimo mare di Gianluca Lombardo, in cui il luogo reale e doloroso di Grenoble si fonde con l’abbraccio del mare natio. Il tramonto sull’Africa dalla prospettiva di Pantelleria nel video di Gabriele Abbruzzese, Low_frica, è una visione di questo luogo di contatto, un tempo fiorente, che è oggi crocevia di speranze negate.
1 Marc Augè, Nonluoghi, Introduzione a un’antropologia della surmodernità, traduzione di Dominique Rolland – Carlo Milani, 2009 – I edizione 1993 2 Italo Calvino, Le città invisibili, Einaudi, Torino 1972
In un testo che ho utilizzato quest’anno a scuola c’è una filastrocca molto amata dai bambini che spiega di cosa è fatta una fata… Di cosa è fatta una fata? Una fata è fatta di stoppa, di pezza, di gesso, di ghiaccio, di nebbia, di nulla e l’elenco va avanti a lungo. Pensando di dover scrivere un testo su questo progetto, mi è venuta in mente la1 filastrocca della fata che però nel nostro caso potrebbe recitare così: Di cosa è fatta una mostra? Una mostra è fatta di artisti, di opere, di titolo, di didascalie, di stoffa, di nulla e così via per un lungo, lunghissimo elenco. Eppure la realizzazione di una mostra è solo la tappa finale di un percorso complesso in cui lo studio, la passione, le idee si fondono con la capacità di organizzare, programmare, osservare. Anche Crossroad è la tappa finale di un percorso. Gli studenti dell’Università di Catania, accompagnati da Valentina Barbagallo e seguiti dalla Fondazione, si sono cimentati quest’anno per la prima volta con la realizzazione di una mostra. Dunque non un semplice esercizio di stile. Artisti reali, spazio reale, opere reali. Dopo diverse ore di studio teorico sull’argomento gli studenti sono approdati alla Fondazione dove hanno avuto la possibilità di osservare da un nuovo punto di vista, quello “interno al sistema”, quale sia il processo che porta alla realizzazione di una mostra. Come scelgo gli artisti? Come penso a un progetto? Come leggo lo spazio che poi lo ospiterà? Come programmo la comunicazione? Come coinvolgo la stampa? Dalla scelta di un concetto interessante, alla decisione di come scrivere le didascalie accanto ai lavori in mostra, tutto questo fa parte di un progetto ben preciso che però prende forma man mano, come
un continuo work-in-progress, grazie al confronto, al dialogo, allo scambio di idee. Chissà se adesso, dopo tanta fatica, anche gli studenti del “Laboratorio in progettazione curatoriale” saprebbero arricchire la nostra filastrocca Di cosa è fatta una mostra? Questo progetto rientra all’interno della nostra programmazione didattica avendo come scopo primario l’educazione all’arte contemporanea e al suo mondo intero. Un particolare ringraziamento va a Valentina Barbagallo, ai suoi studenti tutti e agli artisti. Nadia Brodbeck
Se un osservatore, come sono io, tenta di trovare un denominatore comune nella produzione contemporanea, a tutta prima si trova in grave imbarazzo di fronte alla sua diversità. Ma se poi, tenendo a mente l’orinatoio di Duchamp e la merda d’artista di Manzoni, considera le grandi manifestazioni – a Kassel, al Whitney Museum, o la mostra “Sensation” a Londra e a Brooklyn – coglie un punto in comune che ne emerge prepotente: non più “vedere”, neppure “pensare”, ma “sentire”. (Jeand Clair, Breve storia dell’arte moderna, Skira, Milano, 2011)
“…Non più vedere, non più pensare, ma sentire.” Parto da questa considerazione del critico e curatore francese Jean Clair per provare a descrivere le fasi che precedono, compongono e seguono la pratica curatoriale. È necessario conoscere le ricerche degli artisti attraverso studio visit, letture di portfolio e instaurando un confronto umano e intellettuale con loro; pensare a un’idea1di mostra e di allestimento consona alla valorizzazione dei loro lavori; sentire la mostra che si ha in mente, prima ancora di averla vista, e continuarla a sentire anche dopo la sua realizzazione. Sentire una mostra è il comune denominatore tra l’artista, il curatore e il pubblico; tra il concept, l’allestimento e la mostra finale. “Vedere”, “pensare” e “sentire”, nell’arte contemporanea, procedono parallelamente fino a quando la componente visionaria consente al verbo “sentire” di staccarsi dai suoi colleghi, spinto dalla curiosità di andare oltre la finitezza della visione e dell’idea di partenza. Come nasce una mostra? Che ruolo ricopre il curatore? Che formazione deve avere un curatore? Quali sono le figure professionali che ruotano attorno alla realizzazione di una mostra?, ecc: sono solo alcune delle domande poste agli studenti, durante le lezioni del “Laboratorio in Progettazione curatoriale: storia e pratica della curatela d’arte” che ho condotto presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Catania, e di cui Crossroad è la sintesi. Crossroad è il titolo della mostra collettiva curata dagli studenti che hanno partecipato al laboratorio ed è anche emblema di questo progetto didattico la cui realizzazione è stata resa possibile grazie al sostegno dell’Università degli Studi di Catania, della Fondazione Brodbeck, degli spazi e piattaforme culturali indipendenti BOCS, Ritmo, Balloon, di tutti gli artisti che hanno partecipato e degli sponsor, subentrati nell’ultima fase del progetto, quella operativa, che hanno permesso di realizzare la mostra così com’è stata ideata dagli studenti. Il laboratorio in progettazione curatoriale, nato con l’intento di fornire nozioni teoriche settorializzate, senza trascurare il taglio pratico, sulle vari fasi di ideazione e progettazione di una mostra e sulle professioni che lavorano alla realizzazione della medesima, nella sua seconda edizione ha recepito il suggerimento degli studenti dello scorso anno, di non fermarsi alla fase di progettazione ma di andare fino in fondo,
ossia, di realizzare davvero una mostra d’arte contemporanea. In una prima fase, gli studenti hanno seguito alcune lezioni teoriche e appreso le fasi di un progetto espositivo anche attraverso l’analisi casistica di alcune mostre e curatori che hanno segnato la storia della curatela. In una seconda fase, suddivisi in due gruppi, hanno sottoposto a me, alla vice-presidente e al direttore artistico della Fondazione Brodbeck (rispettivamente, Nadia Brodbeck e Gianluca Collica) due progetti espositivi. Alla realizzazione del progetto selezionato e oggi proposto, hanno poi contribuito entrambi i gruppi, che hanno unito le forze per fondere le diverse competenze e inclinazioni dei vari studenti emerse nel corso del laboratorio. Nella terza e ultima fase, quindi, gli studenti sono proprio scesi in campo, cimentandosi con compiti di segreteria organizzativa, business plan e fundraising; progettazione grafica, comunicazione 2.0 e tradizionale, ipotesi di allestimento con rendering e verifica di fattibilità in loco con gli stessi artisti. Concordemente con la Fondazione Brodbeck, BOCS, Ritmo e Balloon, abbiamo deciso di rendere la simulazione didattica quanto più realistica possibile, proprio per questo abbiamo offerto solo supporto tecnico e logistico agli studenti, privandoli, ad esempio, del supporto finanziario. Abbiamo abbattuto i costi delle risorse umane, chiedendo a tutti i professionisti di collaborare a titolo gratuito, ma non abbiamo abbattuto le voci di spesa materiale che gli studenti hanno comunque coperto, dimostrando grandi capacità d’iniziativa e di problem solving, reperendo i fondi, provenienti da sponsor esterni, necessari a realizzare la loro prima mostra, Crossroad, come da progetto presentato e approvato. Considero quest’esperienza non esaustiva ma positiva perché è stata un’occasione di crescita per tutti noi. L’auspicio è di aver chiarito alcuni aspetti della pratica curatoriale e di aver generato nuove domande e tanta curiosità tra questi giovani e potenziali geografi dell’arte contemporanea, perché, come ho detto il primo giorno di lezione agli studenti, mi piace pensare alla figura del curatore di mostre d’arte contemporanea come a un geografo che viaggia spesso fisicamente e metafisicamente per conoscere e studiare ricerche e linguaggi artistici del presente, provando a descrivere i processi artistico-culturali che lo circondano, il tutto alimentato dalla curiosità che genera visionarietà e che necessita di studio, approfondimenti e ricerca costante.
Valentina Lucia Barbagallo
Gabriele Abbruzzese Low_frica, 2013, video digitale; 4:3; Pal; durata 21:50
Gianluca Lombardo L’ultimo mare, 1, 2013, fotoritocco, fotografia, 63 x 48 cm L’ultimo mare, 8, 2013, fotoritocco, fotografia, 63 x 48 cm
Andrea Mangione A19 HIGHWAY 1/4/5/6/7, 2011, pastelli su carta, 38 x 36 cm
Lisa Wade Where mine ends and yours begins (dove il mio finisce e il tuo inizia), 2012, Acrilico e filo di lana su tessuto, 3 x 2,75 m
Crossroad Fondazione Brodbeck, Catania 21 – 27 luglio 2015 Artisti
Gabriele Abbruzzese Gianluca Lombardo Andrea Mangione Lisa Wade
Curatori
Chiara Amore, Elisa Aucello, Alba Caligiore, Filippo Davì, Federica Di Mauro, Roberta Foti, Federica Franco, Floriana Giurdanella, Andrea Magno, Daniela Schepis, Simona Trovato, ossia, gli studenti del laboratorio in progettazione curatoriale del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Catania condotto da Valentina Lucia Barbagallo.
Progetto grafico a cura di Giuseppe Mendolia Calella Chiara Amore
Ufficio stampa Alba Caligiore Federica Franco Daniela Schepis
Ufficio Fundraising Elisa Aucello Roberta C.Foti
Ufficio Mostre | Registrar Federica Di Mauro Filippo Davì
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