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AssuntA Mereu (1984) è un’amante della vita e della natura, un’appassionata di camminate solitarie all’aria aperta. Ha iniziato a lavorare da giovanissima, dopo essere diventata mamma a diciassette anni. È impiegata in ambito sindacale per una parte dell’anno, e si dedica per il resto del tempo alle sue numerose passioni fra cui il ricamo. Vive a Fossombrone, in campagna, in un clima abbastanza raccolto, cordiale e socievole, fuori dalle logiche cittadine dell’ “ognuno a casa sua e basta”.
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QUELLO DEL VICINO
GINGKO | | BAIGUO
Postfazione di Luigi PierLeoni
Copyright © 2010 by Assunta Mereu © 2010 gingko edizioni Molinella, Bologna. i eDiZione giugno 2010 Collana Baiguo isBn 978-88-95288-17-8 Progetto grafico di copertina: © 2010 AtALAnte Foto copertina: PLAnting new LiFe
Per l’utilizzo dell’immagine riprodotta in copertina, l’Editore rimane a disposizione degli eventuali aventi diritto.
titolo dell’opera: iL Mio orto e queLLo DeL ViCino
gingko edizioni via Luigi Pirandello n° 29 40062 san Pietro Capofiume, Molinella, Bologna tel. 051.6908300 Fax: 051.6908397 www.gingkoedizioni.it www.fuggicalipso.net Tutti i diritti dell’opera sono riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta, o usata in alcuna forma, senza previo consenso accordato dall’Editore e dall’Autrice.
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È un inno all’amore. Per la natura, per la vita vegetale, animale, umana… È un’eruzione di passione… Per il piacere di tutti i sensi… È un’intersezione, uno scambio fra le varie forme di vita… È un grido di ritorno… Alla semplice essenzialità dei processi biologici… All’educazione… Al rispetto… Alla parsimonia… È un fiume, non deviato nel suo corso, di tranquillità, di profumi, di emozioni… È un reale sogno…
Pe r c hi e ’ d et ermi nato ono arrivata fin qua dopo ventitré anni di emo-
S zioni, una famiglia fantastica — forse troppo — una vita semplice — forse troppo — trascorsa per la mag-
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gior parte del tempo nella meravigliosa campagna che mi ospita ancora. Ho marciato in senso opposto alla maggior parte dei miei simili (la mia è una corsia con pochissimo traffico), i quali ignorano che cos’è la natura o, magari, vogliono riscoprirla (cosa vuol dire?). Ho le mie lacune per questo, è vero: non conosco la vita di città. Tutti quei problemi che stanno smontando gli uomini e il sistema, che fanno crollare pian piano le certezze una sopra l’altra, io non li ho ancora conosciuti: qui dove sono, non esistono. Il mio organismo, poi, adottando speciali meccanismi di autodifesa, non mi offre certo stimoli per andare a verificare la realtà che ci sta assalendo. Dal mio angolo di Paradiso non voglio muovermi e spero che l’evolversi delle situazioni non mi costringerà a farlo. Se così dovesse essere, pur essendo un esemplare inequivocabilmente pacifico, sarei disposta prima di cedere a tirar fuori unghie, denti, rabbia e ogni altra cosa utile.
P er chi perc episc e il p ro fu mo d el mo ndo a natura, la sua perfezione! Blandamente isolati dal
L caos, giorno per giorno, esperienza dopo esperienza, si viene travolti dalla scontata percezione della
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forza del mondo. Ogni centimetro di terra ha qualcosa da raccontare: cocktail inimitabili che, a seconda della miscela, rendono lo spazio a suo modo caratteristico: basta considerare la distesa sabbiosa di un litorale o di un deserto che consente solo agli organismi più adattabili di sopravvivere, come allo stesso modo un roccioso e freddo paesaggio montano, o anche uno strato argilloso che regola le falde freatiche permettendo di realizzare impacchi specifici dalle riconosciute proprietà purificanti sulla pelle. Ricco di nutrimento, il sottobosco ospita fra i suoi granelli milioni di forme vitali, e il normale terreno agricolo, in base alla consistenza e all’esposizione, accoglie una coltura piuttosto che l’altra assicurandoci nutrimento e salute. Ogni fiore rappresenta una simmetria degna di un approfondito studio architettonico. La delicatezza della loro forma non sminuisce di certo il prorompente impeto dell’energia che racchiudono. Fase preliminare del frutto in alcuni casi, omaggio all’estetica in certi altri, ma mai è trascurabile il ruolo che rivestono in ambito curativo. Sotto forma di tisane, decotti per uso interno o esterno, i fiori riescono ad offrire una valida proposta alla soluzione di molti problemi. All’apice dell’interpreta-
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zione delle infiorescenze c’è la teoria dei fiori di Bach. Con semplicissimi ma inderogabili passaggi permette l’osmosi dell’essenza vitale dal fiore all’acqua che, così arricchita, è in grado di ristabilire l’equilibrio psicofisico che è venuto a mancare a seguito dei più svariati scompensi. Sicuramente attente nel valutare l’importanza energetica delle infiorescenze, si dimostrano le api. Modello eccellente di impegno e sacrificio, esse sanno accontentarsi di un granello di polline, di una lacrimuccia di nettare e non certo perché spaventate da sforzi ulteriori, quanto perché coscienti di essersi già procurate l’essenziale per sviluppare alla perfezione il progetto di vita. Sfruttare al meglio le risorse disponibili, utilizzarle fino in fondo per arrivare ad avere poi come scarto del processo qualcosa che arricchisce chi è degno di apprezzarlo, è un insegnamento dal quale purtroppo ancora in pochi si riesce ad attingere.
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P er ch i s i e mo zio na di fro nte a ll a v it a a nascita, la sua dolcezza! Nel mondo animale tutto è il risultato dell’istinto e dell’amore. Le cure e la pazienza che soprattutto la madre riserva in modo spontaneo ai suoi cuccioli, lasciano a metà il respiro di chi è sensibile. È una gioia indescrivibile: a volte fa pensare a quanto sia infondata la convinzione secondo cui gli animali siano esseri inferiori rispetto ai primati. Forse sono solamente più pacifici e non hanno ancora elaborato la teoria dell’interesse e della convenienza… Il regno vegetale mostra esempi diversi: è del tutto assente il legame fra madre, padre e nuova pianta. Sta solo al seme, al bulbo, alla talea, al pollone specializzarsi nell’arte dell’arrangiarsi per poter radicare con successo e sviluppare una piccola creatura. Ecco che i germogli devono il loro stato alla forza di volontà, alle condizioni più o meno favorevoli che incontrano lungo il percorso. L’unico caso che fa eccezione è quello in cui l’involucro della vita finisce fra le calde mani di un soggetto che si prende l’impegno di sistemarlo in una dimora accogliente, di accudirlo, di non fargli mancare nulla: trova cioè un genitore adottivo. E quando la pianta raggiunge una certa maturità, grata del trattamento ricevuto dal papà o dalla mamma, incomincia a regalare i suoi frutti. Questo è il mio orto!
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Per ch i… il pri ncip io ome per ogni preparazione che si rispetti, anche in quest’ambito il lavoro comincia dallo sviluppo della base che, nello specifico, consiste nell’ingrassare il terreno con dei fertilizzanti naturali. Il gusto del sano mangiare evidentemente non travolge solo chi è dotato di buon palato, ma dilaga e penetra anche sull’inanimato (si pensi ad un legno che assorbe l’impregnante, alla pelle trattata con il grasso…) per far sì che una corretta alimentazione assicuri l’eccellenza nelle prestazioni. A questo punto si passa al trattamento più energico di tutto il ciclo. Il piano uniforme che ci si trova sotto i piedi va completamente smontato: la via più semplice, la strada liscia, è vero, da qualche parte portano, eppure non consentono quasi mai di ottenere i risultati migliori. Con l’aiuto degli strumenti adatti, quello che è dentro si tira fuori e quello che è fuori si butta dentro e, infine, si continua a mescolare ancora gli ingredienti fin quando non sono perfettamente amalgamati. In definitiva, il suolo dovrà apparire a grana piuttosto fine e di consistenza omogenea. Non è necessario lasciare riposare il composto ma, anche se così dovesse essere, non verrebbe compromessa la riuscita dell’impresa. Il procedimento potrebbe dirsi concluso ma non per i più premurosi che, leggermente, con un rastrello, riproducono sul terreno lo stesso brivido che attraversa una schiena scorsa da un-
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ghie delicate, con l’intento ultimo di pareggiarne il livello. Le due principali strategie adottate per proseguire la magia consistono nel seminare direttamente i semi (in pieno campo), altrimenti nel trapiantare delle piantine. Se le sementi vengono adagiate liberamente sul terreno, è buona regola fare sfoggio di delicatezza accarezzando nuovamente la superficie interessata, con lo stesso rastrello usato in precedenza, e innaffiare giornalmente con una leggera pioggerella fintanto che le piantine non avranno raggiunto una dimensione tale da impedire lo choc sotto un getto d’acqua troppo forte. Diversamente, i semini potrebbero allontanarsi troppo dalla loro piazzola, senza poi riuscire a ritrovare la strada di casa, mentre le piantine tenterebbero la fuga per paura della tempesta e rimarrebbero sradicate o, nei casi più gravi, verrebbero schiacciate dalla troppo abbondante quantità del rovescio. Volendo seguire la soluzione del trapianto, è indispensabile preparare dei solchi: non troppo profondi perché l’ospite non venga soffocato, e non troppo superficiali perché non sarebbero una buona incubatrice per i piccoli piedini bisognosi di stabilità (nel calore e nell’umidità), i quali dovranno entrarci. L’acqua correrà al bisogno lungo le linee tracciate e garantirà nutrimento e anche refrigerio nei periodi più afosi.
Per chi ascol ta l a n atur a ttenzioni, amore, corretto svolgimento del lavoro — ma non solo questo — sono gli ingredienti sufficienti per scrutare il mondo dall’alto, per avvicinarsi alla perfezione. Stagionalità e cicli lunari: due pilastri fondamentali della biodinamica. Hu! Grave errore! Stavo dando per scontato il metodo biologico! Io spero vivamente, di cuore, che tutte le persone si vogliano bene (egoisticamente), e vogliano bene al mondo in cui sono piombate a prescindere da quell’oggettino così piccolo e importante… il portafoglio, e dimenticando quel sentimento così indegno… l’avidità. Ma prendo coscienza del fatto che il mio è solo un sogno, perché l’evidenza mi mette brutalmente di fronte tutto un altro tipo di storia. E allora giù con fertilizzanti, disinfestanti, maturanti e non voglio nemmeno pensare a quali altre porcherie. E questo avviene nelle coltivazioni intensive, il prodotto delle quali va a soddisfare i bisogni dell’allevamento intensivo della razza umana, ma succede ugualmente in qualche piccolo orto quando il contadino ha l’occhio troppo grande e il cervello troppo piccolo per accogliere i piccoli difetti. Ho sentito spesso mio padre, piccolo e umile ma grande nella forza e nello spirito, dire così: « L’occhio qualche volta andrebbe cavato ». Sono d’accordo con lui.
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Non si tratta di mettere in gioco noccioline; si altera completamente l’equilibrio che regola la natura. In troppi non lo capiscono, anche perché esiste una legislazione che consente di usare determinati prodotti ma la competitività e il mercato che l’hanno sollecitata non guardano in faccia nessuno. Avvelenano l’ambiente! Trasformano prodotti che, date le proprietà, potrebbero essere paragonati ad elisir in concentrati di tossicità che, a poco a poco, raggiungono all’interno del corpo livelli tali da esplodere con manifestazioni devastanti. Si soffre, si muore! Questo è un argomento che mi coinvolge, mi innervosisce, mi fa arrabbiare. Rimango delusa perché anche di fronte all’evidenza la gente continua a tirar dritto, sbagliando direzione. Se lo trovano scritto davanti, se lo sentono ripetere da più parti, ma escludono senza ripensamenti la proposta prima ancora di valutarla. Non mi spiego il motivo di tanta convinzione nel proseguire con l’agricoltura tradizionale. Come in ogni settore, anche per quanto riguarda la coltivazione biologica — sempre che il prodotto sia buono — si può trovare il giusto canale per diffonderlo e un guadagno, seppur minimo, si riesce ad averlo (la raccolta delle uova d’oro del resto è una storia trasportata solo dalle favole). Guardando al di là dell’aspetto monetario, in ultima istanza la vera soddisfazione per chi crede nel metodo bio, consiste nella tranquillità di sapere che si sta consumando qualcosa di sano. Io arrivo dove posso: nel mio orto non vengono impiegate sostanze chimiche o intrugli
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dei quali non si capisce la composizione. Tornando da dove sono partita, riprendo con il susseguirsi delle stagioni. Questo è un problema che dovrebbe interessare particolarmente il consumatore finale che acquista al mercato, dal fruttivendolo o al supermercato. In queste sedi, infatti, si trova in qualsiasi periodo dell’anno qualsiasi tipo di verdura. E siccome i consumi seguono la logica del palato contraffatto, della tendenza e della praticità, la maggior parte delle persone, senza scrupoli, continua a comprare pomodori e zucchine in dicembre, cerca i pisellini in ottobre e vorrebbe la zucca in aprile! Senza togliere merito alle serre che rendono felici tantissima gente — se sono organizzate correttamente ben vengano — mi sorge spontanea qualche domanda: Riscaldare queste strutture non comporta inquinamento? E perché certe piante finiscono la loro vita proprio mentre altre raggiungono il vigore? L’alternanza nella disponibilità dei prodotti non è una punizione divina; non è la natura che si ritorce contro. Io la immagino piuttosto come una gara di staffetta dove la bietola passa il testimone all’insalata, questa alle favette, poi continuano i piselli e poi tocca ai carciofi, alle zucchine, ai cetrioli e si va avanti all’infinito. Il fatto è che ogni frutto va apprezzato in quanto ricco di nutrienti indispensabili per l’organismo umano; non tutti però racchiudono la stessa sostanza. Ed ecco allora che i carciofi fanno largo ai finocchietti e le zucchine lasciano il trono al cavolfiore... Chi si ostina a mangiare sempre alla stessa maniera finisce, quasi sicuramente, con il dover assumere pilloline vitaminiche per colmare
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le carenze. Io preferisco un buon contorno direttamente dalla terra. Assaporare lentamente e riflettere sul gusto del cibo è molto più piacevole e organicamente compatibile rispetto all’assunzione di capsule sostitutive. L’incessante competizione delle verdure e degli ortaggi che ho già citato sta registrando ultimamente degli sfalsamenti nella sincronia. Questo significa che mentre in precedenza ognuno dei partecipanti era pronto a scattare nel momento opportuno, adesso siamo costretti ad assistere a ritardi clamorosi e a partenze anticipate. Pomodori e peperoni, che in un contesto incondizionato, al massimo nel mese di ottobre dovrebbero scomparire, a novembre si fanno ancora vivi; le favette già prima della fine dell’inverno mostrano precoci le loro teghe. Le nuove regole del gioco che vengono proposte ci mostrano uno spettacolo diverso dal solito, che talvolta lascia alcuni sbalorditi, altri — che il gioco non l’hanno mai conosciuto — non si accorgono nemmeno delle variazioni. Il punto è che il clima, con il suo andamento bizzarro e non più abituale, stravolge ed adatta a se stesso unicamente tutto ciò che incontra. Si comporta prepotentemente imponendo il suo dominio, e non è più complice dell’uomo. I rapporti si sono incrinati sicuramente perché le persone, piuttosto che collaborare gentilmente con il clima, hanno preferito mettergli i piedi in testa, sfruttarlo e, infine, come spesso accade, l’oppresso diventa oppressore. Fare un passo indietro e ammettere i propri errori non è umiliante, anzi arricchisce l’intelletto: ma chi è misero per eccesso di orgoglio continua ad agire con arroganza.
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La sete di potere ha sempre creato e creerà sempre conflitti. Puntuale, vigile, impassibile dall’alto, la luna silenziosa osserva tutto il parapiglia e non solo: secondo la saggezza antica, essa svolge un ruolo determinante per la buona riuscita dei lavori. Le usanze contadine consigliavano un tempo di effettuare certe operazioni in luna calante piuttosto che in luna crescente, o in luna buona, anziché in luna cattiva. Qualcuno sta cercando di applicare nuovamente questa tecnica che, con l’andare degli anni, è sempre più rara. Io ammiro i pochi audaci che tentano di ripristinare la relazione terra-cielo, e mi piacerebbe personalmente conoscerla. Ma tutte le volte che tento l’approccio mi ritrovo sommersa da rappresentazioni incomprensibili, da termini inusuali. In poche parole, non ho ancora trovato un testo che sia in grado di spiegare in maniera comprensibile le motivazioni e i benefici dell’intreccio che lega il suolo al suo satellite. Talvolta il progresso diventa un limite. Intendo dire che gli studi scientifici effettuati sulla volta celeste, sugli astri, eccetera, sono senz’altro validi, ma non tutti siamo specialisti del settore e, pertanto, se gli argomenti e le conclusioni vengono esposti in maniera troppo professionale, perdono praticità ed arricchiscono solo il sapere di chi è già padrone della materia. All’interno di molte civiltà del passato i membri erano tutti istruiti sulla posizione delle stelle, sull’andamento delle fasi lunari: probabilmente, in linea generale, non erano altro che nozioni elementari, ciononostante sempre meglio di niente. E questo di certo non escludeva che
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i più interessati potessero approfondire la questione. L’osservazione, la trasmissione delle credenze nate dall’esperienza, erano questi i punti di forza che permettevano al culto di diffondersi. Oggi non c’è più tempo per rimanersene sdraiati tra il verde profumo dell’erba a scrutare i dettagli del cielo, magari in compagnia di qualcuno che infonde conoscenza. E del resto, anche le luci non giocano un buon ruolo: riproducono lo stesso effetto della nebbia negli umidi giorni invernali. Gli spazi tranquilli, ancora vergini — adatti, insomma — non sono alla portata di chiunque ed ecco allora delle ingiustificate spiegazioni che ci conducono all’ignoranza. C’è anche chi, senza entrare nel merito, prende per validi i consigli esposti su alcuni calendari o giornali, e li applica: io credo che sia un metodo povero, vuoto, in quanto consiste solo nell’accettazione passiva di concetti dei quali non si capisce il fondamento. Tirando le somme: per quel che mi riguarda, non adotto ancora questo stile di coltivazione. Date le buone motivazioni però, sono pronta a scommettere fin da adesso che arriverà il momento giusto in cui saprò applicarlo. Il caso vuole comunque, per fortuna o non so per cosa, che le piantine nel mio orto crescano belle, sane e ricche.