Perché gli altri dimenticano

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NONFICTION

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La testimonianza di Bruno Piazza fu tra le primissime ad essere scritte e, nonostante l’attesa di dieci anni, anche tra le prime a essere pubblicate. Pubblicazione avvenuta da parte dell’editore Feltrinelli nel 1956, grazie anche alla tenacia con la quale moglie e figlio vollero perseverare per portare a termine il programma di Bruno Piazza di far conoscere al più presto i ricordi personali di quell’immane tragedia collettiva. A partire dagli anni ’70 le memorie di questo tipo iniziarono a proliferare, e quella di Bruno Piazza andò quasi dimenticata.


l’ au to r e

Bruno Piazza, avvocato, scrittore e giornalista, nacque a Trieste il 16 dicembre 1889. Pur iscritto al Partito Nazionale Fascista fin dal 1922, in seguito all’entrata in vigore delle leggi razziali nel 1938 venne radiato dall’albo degli avvocati in quanto ebreo non gradito. I guai peggiori cominciarono per lui dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Sottoposto a controlli, cercò di espatriare in Svizzera, ma fallì il tentativo e finì per essere arrestato per ragioni razziali, in seguito a delazione, il 13 luglio 1944. Rimase detenuto nel carcere di Coroneo a Trieste, poi rinchiuso alla Risiera di San Sabba, il lager nazista situato nella città di Trieste. Venne infine deportato ad Auschwitz il 31 luglio 1944. In virtù della sua ‘qualifica’ di “detenuto politico”, Piazza non fu immediatamente inviato al forno crematorio come gli altri ebrei ultracinquantenni. Tornato a Trieste nel 1945, scrisse il memoriale della sua carcerazione. Pochi mesi dopo, il 31 ottobre 1946, morì stroncato da un infarto. Il libro venne fatto pubblicare postumo dagli eredi.



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GINGKO

EDIZIONI


PeRChé gLI ALTRI dImeNTICANo © 2017 gingko edizioni ISBN 978-88-95288-83-3

gINgko edIzIoNI molinella (Bo) www.gingkoedizioni.it Progetto grafico di copertina: © 2017 ATALANTe


i nd i c e autore 13

1. Introduzione

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2. L’arresto

25

3. La deportazione

31

4. Arrivo al campo

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5. Il lager

53

6. Il sistema del kapo

63

7. Il primo giorno

79

8. I prigionieri russi

85

9. Non muore la speranza

93

10. Al lavoro

103

11. Undici miracolati

113

12. Al lazzaretto

137

13. La liberazione

155

14. Il ritorno



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Dedico questo documentario alla sacra memoria di tutti coloro che morirono vittime del fascismo e del nazismo, asfissiati e gettati nei forni crematori, dopo infinite persecuzioni e atroci sofferenze.



A

I nt roduzi one e

pochi è stato dato di uscire vivi dal campo di concentramento istituito dalle SS tedesche a BirkenauAuschwitz II. Poter narrare quanto avveniva in quelle terre, descrivere le scene d’orrore, ricordare con un brivido di raccapriccio lo scempio che vi si faceva, non solo della carne ma anche dell’anima umana e d’ogni sentimento civile, è dato a pochi; e pochissimi, al pari di me, ebbero la sorte di penetrare nei più misteriosi recessi di quei maledetti recinti e di assistere, sopravvivendo, allo sfacelo di migliaia e migliaia di esseri umani di quasi tutte le nazioni d’Europa; di tutte quelle nazioni che dal 1° settembre 1939 fino ai primi albori del 1945, la brutalità germanica asservì e domò con la paura della sua potenza militare, deportandone in massa gli abitanti che non riusciva ad uccidere subito con le armi, per farli marcire nei vari campi di concentramento che pullulavano in tutta l’Europa occupata dai germanici o dai loro satelliti, da Belgrado a Dachau, da Buchenwald a Gleiwitz. Fra tutti i campi di concentramento, quelli della Polonia furono certamente i più atroci, sia per il numero delle vittime, sia per la furia degli aguzzini; i deportati, in maggioranza ebrei, dopo una lunga e spasmodica agonia, trovavano la fine delle loro pene nei forni crematori, che attorniavano i campi coi loro sinistri camini quadrati. Di questi campi della Polonia, i due campi di pena (Straflager) di Maidanek, presso Lublino, e quello di Birkenau-Auschwitz II, presso Cracovia, rimarranno più sinistramente nella storia, scritti a lettere di sangue. Del primo, quello di Maidanek, un grande pittore sovietico, Zinovij Tolkaczev, ha ritratto la vita


Bruno Piazza

miserabile in una serie di quadri che furono esposti nelle principali città della Polonia e vennero anche riprodotti in un volume che trovò subito larga diffusione in tutta l’Europa orientale. Nel secondo, quello di Birkenau-Auschwitz, dopo la ritirata germanica da Lublino, vennero concentrati, assieme ai peggiori delinquenti comuni della Polonia, i deportati che si trovavano a Maidanek e fu qui che le SS trascinarono nei loro macabri trasporti uomini, donne e bambini ebrei dall’Italia, dalla Grecia, dall’Olanda, dal Belgio, dalla Cecoslovacchia, dalla Jugoslavia, dall’Ungheria e dalla Romania, un gran numero di donne e uomini non ebrei ma sospetti partigiani e comunisti, specialmente dall’Istria, dal Friuli e dal Veneto, e un piccolo numero di prigionieri di guerra russi. Anch’io fui trascinato in questo campo ed esito ora a vergare queste righe, memore del precetto dantesco: Sempre a quel ver che ha faccia di menzogna de’ l’uom chiuder le labbra quant’ei puote, però che senza colpa fa vergogna.

Io stesso, stentavo a credere alle orribili storie che circolavano attorno a quelle terre di pena e, pure immaginando, in base alle esperienze fatte in un campo di concentramento italiano, una vita di stenti e di mortificanti miserie, mai avrei potuto convincermi che si potessero commettere misfatti così esecrandi come quelli perpetrati dalle SS e dai loro sicari nel campo di Birkenau. La rivelazione esatta e oggettiva di tali misfatti è però necessaria, perché frutti infamia perenne a chi li perpetrò.

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