Samantha Whitney | La migliore compagna di stanza ISBN 978-88-95288-33-8 I edizione Aprile 2012 | Trad. Rosa Giovanna Orri pagg. 56 | 12,5 x 19,5 cm | 8,00 euro Mignon 4 | Racconto erotico
MIGNON 4
R Ac c O N T O
eROT IcO
SAMANTHA WHITNEY LA MIGLIORE COMPAGNA DI STANZA
Traduzione di ROSA GIOVANNA ORRI
Titolo originale dell’opera: The BeST ROOMMATe by Samantha Whitney © copyright 2012 ShAINA RIchMONd Titolo dell’opera: LA MIGLIORe cOMpAGNA dI STANzA Traduzione dall’inglese: © 2012 ROSA GIOvANNA ORRI © copyright 2012 GINGkO edIzIONI San pietro capofiume (BO) I edIzIONe aprile 2012 collana Mignon ISBN 978-88-95288-33-8
progetto grafico di copertina: © 2012 ATALANTe In copertina: Love your Feets © 2007 JAMeS MARLOW Per ordini rivolgersi a: GINGkO edIzIONI via Luigi pirandello n° 29 40062 San pietro capofiume, Molinella, Bologna Tel. 051.6908300 Fax: 051.4598447 www.gingkoedizioni.it www.fuggicalipso.net Seguici su Facebook www.facebook/Gingkoedizioni
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SAMANThA WITNey è una scrittrice americana di libri erotici, una donna d’affari e un’artista. Molti dei suoi lavori sono usciti sotto lo pseudonimo di ‘‘Shaina Richmond’’. Attualmente sta lavorando alla sua serie ‘‘Safe With Me’’. Ama scrivere storie con un mucchio di dialoghi, un mucchio di personaggi, e ha un debole per le eroine che sono alte, more, belle e dai capelli lunghi. Stenta a rimanere all’interno di un genere, o dentro un certo limite di parole. Scrive ciò che le piacerebbe leggere - cose eccentriche, lunghe, emozionanti, divertenti e dirette. ‘‘The Best Rommate’’ (La migliore compagna di stanza) è uscito negli Stati Uniti in ebook. Il sito internet dell’autrice è: www.samanthawhitneywriter.com.
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« Sono affamata » gemetti, incamminandomi verso la cucina. Sentivo il mio stomaco brontolare come fosse sul punto di divorare se stesso. Era un bel sabato mattina di marzo. L’ultima nevicata c’era stata a metà febbraio e l’enorme cumulo di neve nel bel mezzo del parcheggio si era finalmente sciolto in un mucchio di poltiglia scura. Era la prima giornata piacevole dopo un inverno apparentemente infinito. Allo stesso modo, piacevole trovavo la sensazione di camminare per la casa con indosso i miei pantaloncini corti del pigiama e un top sottile, senza la necessità di regolare il termostato. Io e la mia compagna di stanza,* Ellie, ci eravamo fasciate con mutandoni termici e felpe per mesi. La capacità isolante del nostro complesso di appartamenti era praticamente inesistente.
* ‘‘Roommate’’, nel testo inglese. La parola si traduce come ‘‘compa-
gno/a di stanza’’, ma non si tratta, come nel caso di questo racconto, di una persona che condivide la medesima stanza, bensì il medesimo appartamento o anche un dormitorio universitario. In italiano, quindi, sarebbe più corretto parlare di coinquilino. Mentre nel Regno Unito, infatti, il termine ‘‘compagno di stanza’’indica una persona che vive nella stessa camera, negli Stati Uniti ‘‘compagno di stanza’’ e ‘‘coinquilino’’ sono usati in modo intercambiabile, indipendentemente dal fatto che una camera è condivisa. (N.d.T.)
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Tenni la porta del frigorifero aperta abbastanza a lungo per vedere che era ora di andare a fare la spesa, benché nessuna di noi due avesse voglia. Andavamo piuttosto d’accordo nel dividere il conto del droghiere. Di tutti le compagne di stanza che avevo avuto, Ellie era la più figa — totalmente all’opposto delle regali troie del mio passato. Proprio per questo ero in ansia in vista della fine del semestre, in quanto Ellie non aveva ancora deciso dove sarebbe andata per la scuola di specializzazione. Speravo che sarebbe rimasta nei confini dello stato, ma aveva davanti a sé diverse opzioni; aveva bisogno di prendere una decisione al più presto, mentre io avevo ancora un anno prima della fine del mio corso di laurea in psicologia. Desideravo con tutta me stessa vivere con Ellie fino alla mia laurea. Mentre lo stomaco si agitava sempre più, mandai giù un bicchier d’acqua nella speranza di godere di una qualche tregua. La luce brillante che penetrava dalle grandi finestre della cucina mi ispirò. Forse avrei potuto andare a mangiare fuori e in seguito passare dal negozio di alimentari. Speravo di poter parlare con Ellie intanto che andavamo insieme. Potevamo raggiungere a piedi il piccolo ristorante dall’altra parte della strada, poi tornare indietro e salire in macchina e recarci al negozio. Io odiavo andare al negozio di alimentari affamata. Erano le 10:35 secondo il forno a microonde. Sembrava una giornata perfetta per una tarda colazione. Mi diressi velocemente verso la stanza di Ellie e bussai una volta, ma non ci fu nessuna risposta. Dopo un po’ mi misi ad origliare in cerca di un qualche segnale di vita, anche perché sapevo che era tornata a casa molto tardi la sera prima, dopo la rottura con Mitch, il suo fidanzato da due mesi. Starà ancora dormendo? Avevo bisogno di sapere alla svelta se fosse venuta a 10
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pranzo con me, altrimenti il mio stomaco mi avrebbe dichiarato guerra per davvero. « Ciao? » domandai aprendo lentamente la porta della sua stanza. Per qualche secondo rimasi lì, immobile come un cervo che intravede i fari in arrivo, prima di sentire un urlo. La scorsi solo per un istante prima di chiudere di nuovo la porta, ma quell’immagine fu subito sostituita da un’altra nella mia memoria. Ellie era distesa sul letto, nuda dalla vita in giù. Le sue gambe erano divaricate e le ginocchia sollevate. La sua mano si muoveva velocemente e lei si toccava tra le gambe. Sembrò terrorizzata quando mi vide lì in piedi, come la vittima in un film horror che sa che sta per essere uccisa a randellate. Non avevo mai colto di sorpresa nessuno mentre si masturbava. Mi morsi il labbro per l’eccitazione non appena mi allontanai dalla porta. Se non si fosse accorta di me, sarei andata di filato nella mia camera da letto per occuparmi del mio bisogno improvviso di scoparmi voluttuosamente. Segretamente, avrei voluto davvero che non mi avesse vista. Mi sarebbe piaciuto spiarla un po’ più a lungo. Sono una guardona, o non lo sono? riflettei mentre l’immagine di Ellie indugiava nella mia mente. Ellie corse fuori dalla sua camera da letto indossando i pantaloni della tuta e la stessa camicia bianca che indossava quando l’avevo osservata pochi secondi prima. « Joanna! Non si bussa? ». Mi sentivo malissimo al pensiero che l’avevo appena guardata. Lei, ovviamente, era sconvolta. Dannazione! Ho appena perso la mia compagna di stanza. « Mi dispiace. Ho bussato, te lo giuro » dissi. Lei chinò la testa per la vergogna. Pensai che stesse per piangere. Il suo comportamento era quello di una bambina 11
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che si vergognava per essersi fatta sorprendere in qualcosa che non avrebbe dovuto fare, terrorizzata per il fatto che stava per finire nei guai. Solo che, in quella situazione, ciò che aveva fatto era totalmente soddisfacente — sano, a mio modo di vedere. « Sarebbe grave, Ell? Non è poi una grossa cosa. Non sei certo l’unica che lo fa » dissi, sperando di consolarla. « Non è questo il punto! Non riuscirò mai più a guardarti allo stesso modo! ». I suoi occhi guizzavano ansiosamente dal pavimento alla finestra, e poi di nuovo a terra. La sua faccia era rossa per l’imbarazzo. Presi un profondo respiro. « Su, non essere a disagio, per favore. Sono assolutamente tranquilla su questo genere di cose ». Accidenti, se solo avesse saputo quanto realmente ero tranquilla con quelle cose. « Be’, io non sono tranquilla per niente, invece. È umiliante. Forse dovrei solo andarmene adesso ». Corse nella sua camera e sbatté la porta. Io mi avvicinai alla porta, questa volta bussando a voce alta, anche se lei non rispose. Bussai di nuovo, più forte che potei, finché le nocche cominciarono a farmi male. In quel complesso di appartamenti a buon mercato le porte erano fatte di materiale sottile proprio come le pareti. Quindi, sapevo che poteva sentirmi. La mia ultima risorsa fu urlare. « Ellie, mi dispiace! Ero venuta nella tua stanza per chiederti se volevi prendere qualcosa da mangiare con me. Ho fame e non abbiamo nulla in casa ». Non ci fu la benché minima risposta. « Andiamo, Ell! Non puoi restare chiusa lì per sempre. Ti prego, vieni fuori e parla con me! ». 12
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Mi fermai a prendere fiato. « Perdonami. Non voglio perderti come compagna di stanza per questa cosa. È stato un errore in buona fede ». Rimasi lì per alcuni minuti. I pensieri che avevo avuto prima nel vederla masturbarsi erano stati sostituiti dalla prospettiva terrorizzante di dover trovare una nuova coinquilina. Sapevo che dovevo insistere e farla parlare di quel che era successo prima che potesse trascorrere troppo tempo da sola, pensando a quanto fosse sbagliato il fatto di essersi masturbata. Mi chiedevo se si sentisse sconvolta per il fatto che l’avevo colta in un momento così privato, o se avesse qualche radicato senso di colpa sul lasciarsi andare in quelle cose una volta ogni tanto. Ellie era senz’altro un po’ rigida, apprensiva. Mentre ero fuori dalla sua stanza mi colpì che potesse essere il tipo che si sente in colpa ogni volta che lo fa. Alla fine la porta si aprì. Ellie tenne lo sguardo basso, verso il pavimento, imbarazzata. Le sue guance erano di un rosso lucido. « Scusami ». Pareva la milionesima volta che lo dicevo. « Va bene. Sono così imbarazzata ». I suoi occhi apparivano come fossero pieni di lacrime, anche se non potevo dirlo con certezza visto che ancora si rifiutava di entrare in un contatto visivo diretto con me. Sospirai. « Sei in imbarazzo perché ti ho spiato, o perché pensi che sia sbagliato toccarsi? ». Le sue labbra si contrassero quando mi guardò negli occhi per un istante. « Non so. Entrambe le cose, forse » e abbassò di nuovo lo sguardo. « Ellie, non c’è bisogno di essere a disagio. Lo faccio anch’io. Sono sicurissima che lo fanno tutte ». « Ma tu sei mai stata spiata mentre lo facevi? » chiese. 13
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« Perché se ti è capitato, forse, puoi capire cosa sto provando ». « No, ed è sorprendente » mi soffermai a ridere prima di continuare. « Perché è una cosa che faccio un mucchio di volte. In qualche occasione qualcuno mi avrà pure vista ». In passato mi ero masturbata durante il sesso, ma non mi era mai capitato di essere sorpresa da qualcuno dentro casa mentre ero da sola. Ellie ridacchiò. « Dici sul serio? » sorrise, finalmente capace di guardarmi negli occhi per più di un secondo. « Sì » dissi, e anch’io mi misi a ridere. « Sarebbe d’aiuto se tu spiassi me? Ti farebbe sentire meglio? ». Risi ancora di più al mio commento sarcastico. Il volto di Ellie s’illuminò. Mi guardò con gli occhi semichiusi. « In realtà, sono abbastanza sicura che mi farebbe sentire meglio. Farebbe sentire meglio entrambe ». Spalancai la bocca alle sue parole. Era l’ultima cosa che mi sarei aspettata che dicesse. Rimasi sorpresa da quanto quell’idea mi sconvolgesse. Proprio la mia compagna di stanza, per la quale avevo già una piccola cotta, voleva che mi masturbassi davanti a lei. Fui immediatamente bagnata. Non dovetti pensarci per più di qualche secondo. « Okay » dissi. « Ma sono davvero intenzionata ad andare fino in fondo. Quello che hai fatto tu è niente in confronto a quello che farò io ». « Okay! » sembrò sollevata. « Non è giusto che tu hai spiato me... mentre giocavo... e io non ho guardato te ». « Vuoi dire masturbarsi, Ellie? » sogghignai. Dire quella parola ad alta voce mi eccitò ancora di più. Ellie abbassò gli occhi per l’ennesima volta, le guance arrossate. Mentre ce ne stavamo lì in un silenzio imbarazzante i 14
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miei occhi vagarono su e giù per il suo corpo. Era alta quanto me, ma il suo fisico era più esile. Io ho sempre oscillato tra una taglia 8 o 10. Ellie doveva avere una 2 o una 4.* Però aveva quei piccoli seni sbarazzini che mi fecero venir voglia di toccarli, mentre se ne stava lì a guardarmi tutta compita. Non portava il reggiseno, e la sua camicia bianca aderiva al petto. Sembrava una camicia molto comoda, che indossava probabilmente da anni, da prima che il suo petto si sviluppasse. Non che fosse quella che chiamerei procace, tuttavia ero sicura che le sue vivaci coppe B non avessero mai ricevuto reclami da parte dei ragazzi che erano stati con lei. Di sicuro non avrebbero ricevuto lamentele da parte mia. Le mie tette erano più grandi delle sue — una coppa C, quasi D, ma nemmeno loro avevano mai provocato lagnanze da parte degli uomini all’interno del campus, sebbene non fossero così stuzzicanti e acerbe come le sue. Mi chiedevo cosa fosse più gradevole da guardare, il suo di fisico, esile con le tettine piccole e vicaci, oppure il mio, carnoso e pieno di curve. Non che fossi gelosa di lei; mi sarebbe solo piaciuto verificarlo una volta ogni tanto. La verità era che Ellie aveva fatto la sua comparsa nelle mie fantasie con una certa regolarità ma si trattava di qualcosa che sapevo non avrei mai potuto confessarle. Mi ero accorta, infatti, solo un’ora dopo averla incontrata l’anno prima, che, a differenza di me, era abbastanza rigida sessualmente. Al liceo i miei amici mi consideravano la loro personale terapista sessuale. E questo era andato ben oltre il college. * Le taglie 8 e 10 corrispondono alle nostre 42 e 44. Una taglia 2 e una taglia 4 equivalgono rispettivamente a una 36 e a una 38. (N.d.T.)
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Ellie e io avevamo discusso qualche volta di sesso, ma gli argomenti erano stati generalmente piuttosto convenzionali. Cose del tipo: come fare comodamente sesso anale, come compensare un ragazzo con un pene piccolo, quali sono i luoghi del campus dove si possono avere rapporti sessuali all’aperto senza essere scoperti. Mai avevamo affrontato roba succosa come la masturbazione o, oserei dire, l’attrazione fisica per lo stesso sesso. Mi chiedevo a volte se fossi io troppo emancipata. Per quel che mi riguardava, mi consideravo bisessuale, in una certa misura, pur rifiutando le etichette. Se incontravo qualcuno e c’era una reciproca attrazione, lasciavo che le cose seguissero il loro corso naturale, si trattasse di maschi o di femmine. L’ultimo incontro sessuale lo avevo avuto con Trevor e Ashley, una coppia davvero carina che avevo incontrato a una festa a base di fiumi di birra alla fine del semestre precedente. Eravamo andati dove abitavano, in una stanza in una casa di una confraternita, e lì ci eravamo avvinghiati nel trio più incredibile per ore. Ashley aveva sempre desiderato fare sesso con una donna e Trevor era più che disposto ad esaudire il suo desiderio. Ashley però si era sentita male ad un certo punto e così aveva detto che non avrebbe voluto più farlo una seconda volta, con mio grande sgomento. Trevor mi aveva chiamato ancora, mandandomi anche sms di tanto in tanto, cercando di attirarmi in camera sua mentre Ashley era lì, sperando che lei cambiasse idea. Ma in quelle occasioni avevo avuto l’impressione che Ashley non si trovasse realmente lì e che Trevor volesse soltanto darmela a bere, così non ero mai più andata a trovarli. Da allora ero caduta in un letargo sessuale. Non mi sentivo mai arrapata durante l’inverno, come invece accadeva nel resto dell’anno. Odiavo il freddo e speravo di andare
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alla scuola di specializzazione in un posto dove c’era il sole e il caldo. Però, naturalmente, avevo avuto il mio cassetto di giocattoli nella mia stanza per tenermi occupata. Più ci pensavo, adesso, più mi rendevo conto che Ellie dovesse essere sorda per non aver udito le vibrazioni e i gemiti provenienti dalla mia camera ogni giorno. Dovevo avere un orgasmo perlomeno una volta al giorno, certe volte di più. Cercavo di mantenere i mugolii più bassi possibile, ma c’erano state delle occasioni in cui proprio non ero riuscita a contenermi. Ellie stava in piedi davanti a me, in silenzio a fissare il pavimento. Non ero certa di quanto tempo avessi trascorso persa nei miei pensieri. Temevo che avesse già cambiato parere. « Ellie? Hai ancora voglia di farlo? ». O cara, spero proprio di sì... Sembrò stupìta. « Sì, va bene. Come vuoi farlo? ». « Fammi pensare ». Ero sempre più bagnata. Il mio clitoride era già tutto un formicolio, e mi invitava a toccarlo. « Dammi tre minuti. Poi apri la porta della mia camera da letto. Ma non aspettarti che mi fermi, d’accordo? Non sono timida come te ». Ellie si lasciò sfuggire un piccolo risolino nervoso, con la faccia di nuovo tutta arrossata. « D’accordo. Sarò lì tra pochi minuti ». Senza aggiungere altro, scappai in camera mia. Non riuscii ad arrivare abbastanza in fretta. Praticamente sbattei la porta e guardai l’orologio sul mio comodino. Faceva le undici e sei minuti. Non ero sicura su cosa fare. Devo tirare fuori un vibratore? Un dildo? O ingranare con le mani e le ginocchia? O ancora giocare con le tette? Avevo solo poco più di tre minuti per decidere. 17