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EsPlorazioni / Viaggi
Finisterre: il mio zaino all’ultimo ceppo.
Ingresso in Galizia. Una sorprendente stele, carica di variopinti stemmi e riferimenti regionali, segna il confine tra la pianeggiante Castiglia e León e la bella Galizia.
F ranco Z ingoni è nato a Empoli nel 1938, dove ha trascorso l’infanzia e la giovinezza. trasferitosi a Firenze, città in cui dice di aver vissuto ‘‘la Vita Vera’’, ha svolto diverse professioni per poi fermarsi a lungo nell’edilizia in qualità di procuratore di una importante spa. Ha percorso l’intero cammino di santiago due volte, nel 2010 e nel 2011. Ha quattro figli. le sue grandi passioni sono la montagna, lo sci e il tennis. ama “trattenere” gli attimi fuggenti con la sua macchina fotografica e una biro, senza gomma per cancellare. oggi vive a Pontassieve, insieme a sua moglie roberta.
titolo dell’opera: SULLA VIA DI SANTIAGO. Un paio di scarponi, un bordone, una conchiglia... e Altro. © copyright 2013 Franco zingoni © copyright 2013 gingko Edizioni Molinella (Bo) www.gingkoedizioni.it i EdizionE novembre 2013 collana Plancton isBn 978-88-95288-45-1 Progetto grafico di copertina: © 2013 atalantE Praterie, verso santo domingo della calzada, nella rioja. © 2013 Franco zingoni
in cammino di Franco Zingoni
osì come descrivere il rapporto con una persona con cui si è condivisa una specifica vitalità intellettuale genera il piacere di un ricordo che crea l’effetto di abbracciare con le parole quella persona, raccontare una storia ricca di sensazioni, profonde o lievi, che comunque allertano l’animo, è come riproporre la contemplazione di quegli accadimenti spingendo nuovamente il pensiero verso le sensazioni che hanno offerto piacevolezza o tensione di spirito nel loro divenire. io ho avvertito la necessità impulsiva di scrivere sulla carta quei pensieri che sul mio cammino di santiago qualcosa o qualcuno aveva stampato nella mia mente. lo stimolo non è stato la pianificazione delle tappe del cammino, bensì vivere quelle tappe e soprattutto vivere un sogno. Un uomo ‘antico’, avanti negli anni, che frequentò da “giovinsignore” le scuole inferiori e superiori presso i Padri scolopi e i Padri Barnabiti, osservante cattolico e fermamente credente per razionalità ed educazione, avverte pressante il desiderio, finalmente realizzabile, di interrompere la ripetitiva quotidianità di “pensieri, parole e opere”. ripiega così la sua anima in uno zaino e la trasporta in un cammino che non finisce mai. su quel cammino la sua anima si libera in un’attività rinnovata e gli fugge in avanti, come se spaziasse sulle immense pianure che contengono quei sentieri. l’uomo è turbato dalla bellezza dei luoghi. realizza di essere creatura tra tutte quelle “laudate” creature, e, riappropiatosi della sua anima nuova, cammina con determinazione ritrovata, verso quel Mistero che non raggiunge mai ma che ora sa di poter avvicinare.
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le mie tappe del cammino di Santiago Km Inizio da Saint Jean Pied de Port (Francia) 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31.
roncisvalle (spagna) zubiri Pamplona Puente la reina Estella torres del río navarrete azafora grañon tosantos agés Burgos Hontanas Boadilla del camino carrión de los condes terradillos de los templarios Bercianos del real camino Mansilla de las Mulas león san Martín del camino astorga Foncebadón Ponferrada Pereje o cebreiro samos Portomarín Palas de rei arzúa Monte do gozo santiago de compostela
27 22 21 24 23 30 33 24 23 22 23 24 32 29 26 26 24 26 19 27 24 25 27 28 25 31 32 25 29 35 5 ____ 791
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negreira olveiroa Muxía Finisterre
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…nessun luogo è lontano... richard Bach
Meseta in Castiglia e León, nei pressi di Bercianos del Real Camino.
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l botafumeiro era sospeso e immobile al centro dell’incrocio tra la navata principale e il transetto. Appariva libero, snello e solenne; tratteneva la meraviglia che è in grado di manifestare e che, sul momento, i presenti avvertivano solo potenziale ma che da lì a breve avrebbe mostrato, recando stupore. I fedeli, rapiti dall’emozione, avrebbero stimolato, ciascuno nell’animo, la propria eccitazione, la propria fantasia, i propri sentimenti, il proprio leggero divertimento, la propria fede religiosa. Il botafumeiro era tenuto saldamente da un grosso canapo che da terra saliva fino all’apice della cupola della cattedrale di Santiago di Compostela; da lassù, controllato da una speciale carrucola, il cavo scendeva verticale fino ad agganciare il singolare turibolo. La cattedrale era colma di gente. Ogni spazio destinato ai fedeli era invaso e stipato di persone sopraggiunte con l’intento intimo di realizzare la propria presenza in quel luogo tanto significativo. Persone di ogni età, nazionalità, sensibilità e cultura. L’anno jacobeo e la ricorrenza del giorno del Corpus Christi avevano fatto convenire una moltitudine di fedeli, ognuno mosso dalla propria sensibilità nell’approccio agli eventi del giorno. Molti, per assicurarsi un posto sulle panche disponibili, erano entrati nella cattedrale di buon ora e avevano atteso a lungo la celebrazione della messa solenne
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— quella messa che, per la straordinarietà delle ricorrenze, concedeva i profumi dell’incenso. Al momento previsto dal cerimoniale, il botafumeiro venne fatto scendere in mezzo ai numerosi celebranti; questi si avvicinarono al turibolo con accortezza, quasi con rispetto. Lo straordinario braciere attirava l’attenzione dei presenti, ricordando a tutti il carico di storia che raccoglieva nella sua luccicante carenatura di ottone argentato; ad ognuno stimolava il desiderio di indagare e immaginare i costumi dei pellegrini nei tempi in cui ne fu ritenuta opportuna l’installazione.
18 Franco zingoni Cattedrale di Santiago. La prima costruzione risale al IX sec., nel luogo dove, secondo la leggenda, fu miracolosamente rinvenuto il corpo dell’apostolo Giacomo il Maggiore. Il luogo fu inizialmente denominato “Campus Stellae”, da cui Campostela. È meta costante di pellegrini, specialmente quando si celebra l’Anno Santo che ricorre ogni volta in cui il 25 luglio, festa di Santiago, cade di domenica. L’ultimo Anno Santo fu il 2010 e i pellegrini sul Cammino ‘fummo’ oltre 272.000.
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Fu versato l’incenso sulle braci e un leggero fumo si levò nella navata. I tiraboleiros, in perfetto sincronismo, tirarono con forza ognuno la propria corda collegata al cavo principale e il botafumeiro si alzò d’un tratto; prima lentamente, poi accelerando, cominciò ad oscillare lungo il transetto.
Col movimento del pendolo oscillava e saliva in alto, sempre più in alto e sempre più velocemente. Raggiunse quasi l’altissimo soffitto della cattedrale, sembrò che l’urtasse, quindi discese e risalì dalla parte opposta del transetto con la medesima velocità, raggiungendo la stessa impressionante altezza. Il movimento si ripeté più volte, accompagnato da un coro trionfale e coinvolgente. Infine, i tiraboleiros dimi-
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19 Cattedrale di Santiago e piazza Obradoiro. Piazza Obradoiro è il simbolo dell’arrivo a Santiago, del raggiungimento della meta, del compiacimento intimo e dell’abbraccio con i compagni di cammino.
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nuirono adeguatamente la forza della corda e lasciarono che l’eccezionale pendolo rallentasse gradualmente i suoi movimenti, fino a venire facilmente fermato nella posizione iniziale. Pur sapendo che tutto ciò sarebbe accaduto, non di meno fu sorprendente e stupefacente per quanti erano presenti. Un festevole applauso si levò con la soddisfazione di tutti. Mi guardai attorno, la messa era terminata, mi sentivo in uno stato di leggera serenità. La folla ancora si accalcava in chiesa: personaggi tra i più disparati. Gente del posto che santificava la domenica, gruppi parrocchiali venuti da qualche lontana diocesi, guidati dal parroco e chiaramente affaticati dal lungo viaggio, famiglie di turisti giunti per religiosità o per cultura e, infine, pellegrini. O, più esattamente, peregrinos. Questa definizione, in tali luoghi, ha un significato peculiare, anzi una moltitudine di significati, di espressioni e interpretazioni varie. Ero contento di trovarmi lì, in quella chiesa, in mezzo a tutte quelle persone. Mi sentivo compartecipe del sentimento collettivo verso il medesimo oggetto catalizzatore. Di quel comune riferimento, se ne avvertiva incombente la figura e il senso della sua straordinaria vita di apostolo e martire. Ero, dunque, lieto di essere arrivato fin lì, ma particolarmente perché vi ero giunto da “pellegrino”. Mi sembrava di essere “speciale”. Avevo compiuto per intero, a piedi, il Camino de Santiago. Un desiderio che molte volte mi aveva preso negli anni ma che i troppi e diversi impedimenti, che solitamente si frappongono a questo genere di progetti, mi avevano sempre impedito di realizzare. Il tempo necessario, il lavoro, i famigliari, gli impegni mi erano sempre apparsi come paletti
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inamovibili, prima dell’opportunità che mi si era presentata. In tale circostanza, avendo raggiunto l’età in cui ci si libera da molti obblighi, potevo finalmente unirmi ad amici che avevano programmato il viaggio. Mi si era presentata l’occasione di realizzare quanto desideravo, rimuovendo quasi tutte le difficoltà del caso, anche se non proprio tutte, e così l’avevo colta al volo. Il tempo che avevo a disposizione, in primo luogo, era limitato: non potevo andarmene da casa per più di un mese, lasciando da sola mia moglie, semplicemente per soddisfare un mio desiderio e sapendo che lei non avrebbe potuto seguirmi. Io e Roberta siamo abituati a vivere sempre insieme, non ci eravamo mai distaccati per così tanto tempo prima di allora. Vedevo tutte le difficoltà e i disagi che avrebbero potuto insorgere durante la mia assenza e che lei, da sola, avrebbe dovuto affrontare. Pensai che forse non sarei dovuto partire, ma poi fu proprio Roberta ad incoraggiarmi. La sua sensibilità, sempre palese nelle attività che sollecitano lo spirito, le fece intuire all’istante il significato e il valore che per me rivestiva quell’iniziativa. Non avrebbe avuto alcun problema, le mie apprensioni erano eccessive. Per ogni eventualità ci sarebbero stati i nostri quattro figli. Così, dopo aver molto ponderato il progetto, mi gettai nell’impresa. Roberta mi aiutò con sollecitudine e accuratezza a completare l’attrezzatura e quanto sarebbe stato necessario. Alla fine, l’equipaggiamento pareva avere una sufficiente affidabilità. Frattanto, il mio pensiero si andava intensificando sul concetto del “Camino”. L’impegno aveva molteplici aspetti: fisico, relazionale, motivazionale e per quanto poteva sorgere nel prosieguo. Pensavo ai Pirenei, da attraver-
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sare nella prima tappa con notevoli dislivelli; alle relazioni con gli amici e con coloro che avrei incontrato sul percorso; alle motivazioni che con tanta forza mi spingevano. Finalmente partimmo. All’inizio le difficoltà non mancarono e furono di varia natura; comunque, le superammo. Fin da subito, le mie motivazioni si ampliarono, divennero più numerose e più nitide, come se uscissero da una leggera foschia da troppo tempo tollerata. Giorno dopo giorno si accresceva la percezione del Cammino e il mio pensiero, sempre più ansioso, mi fuggiva in avanti, come spaziasse sulle immense pianure che contenevano quei sentieri. Tutto ciò coltivò la mia determinazione e mi fece capire perfettamente che quello era un cammino che imponeva un vigore di testa, di intelletto e di volontà, molto più che di gambe. Capii, mentre salivo le prime montagne, che l’obiettivo vero era di scendere dentro me stesso. Così, camminando ed elaborando i miei pensieri, mi sentii gratificato dal fine che mi veniva indicato e che mi ero proposto, ma anche un poco titubante sulle mie possibilità di comprendere tutto. 22 Franco zingoni In cammino nei pressi di Estella.
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Saint Jean Pied de Port vi arrivammo nella tarda serata del cinque maggio, al termine di alcuni ghirigori fatti con treni, aerei ed autobus. Eravamo partiti da Firenze il giorno precedente. Nei Pirenei, le condizioni meteo erano cattive, la temperatura bassa, e sentivamo freddo. Sulla montagna era caduta molta neve e sapevamo che ancora ne sarebbe caduta, stando alle previsioni. Il nostro equipaggiamento era giusto quello che pensavamo necessario per affrontare un maggio spagnolo ritenuto tutt’altro che rigido, cosicché questo stato di cose rappresentava un inconveniente imprevisto. Ma l’emozione che inconsciamente ci eccitava, riconduceva costantemente il nostro pensiero al cammino che stavamo per intraprendere, e le nostre volontà anteponevano quel progetto ad ogni altra eventualità. Costituivamo un gruppo di sei persone: quattro uomini e due donne. Tutti in età medio-alta. Ognuno con la propria mentalità maturata in lunghi anni e, com’è naturale, ognuno con le proprie modalità di interpretare i casi della vita. Così cominciammo il Cammino, ciascuno con le sue attese, da scoprire con attenzione, forse anche con un po’ di tensione durante i primi passi e i primi giorni. Sapevamo di essere tutti in grado di camminare a lungo. Tutti con il piacere di fare escursioni a piedi e amanti della montagna — la montagna maestosa, con la quale è bello misurare se
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stessi, risalire su pendii aspri e ripidi, dominare l’eccitazione di percorsi difficili e, infine, arrivare sulle cime con intima soddisfazione. Quella montagna che ripaga tutti con le sue molteplici bellezze mostrate su sconfinate valli, spesso godibili solo da chi, con tenacia, raggiunge quei luoghi a piedi.
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Da Saint Jean Pied de Port a Roncisvalle. Pirenei innevati al primo approccio, nel superamento del confine tra Francia e Spagna.
Questo aspetto fisico-sportivo di ciò che stavamo per intraprendere, e la consapevolezza di dover affrontare una prova di notevole impegno, inizialmente ci spinse a considerare soltanto lo stato oggettivo delle cose, ovvero l’impegnativo attraversamento dei Pirenei proprio al primo giorno, e il dover procedere su neve e fango scivoloso, tollerando pioggia e freddo. Tutto ciò, comunque, fece tornare alle nostre menti il ri-
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cordo di situazioni già altre volte vissute in montagna, mitigando il timore per le imminenti asperità, con il conforto di esperienze acquisite. Ciononostante, benché lo sportivo ami superare le difficoltà e, una volta vinte, ne rimane compiaciuto, qui eravamo in un altro contesto. Non si trattava di appagare solo una passione ludica; non era un’impresa da cui le nostre capacità fisiche dovevano trarre una gratificante soddisfazione. Qui c’erano quelle frecce gialle, ripetute, assidue, insistenti, dipinte su strade, muri di edifici e cippi di pietra, unitamente a quelle conchiglie stilizzate, replicate come le frecce, sempre ad indicare con la loro onnipresenza non solo una via ma, soprattutto, un obiettivo.
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Un ceppo segnaletico con freccia gialla e conchiglia.
Era piacevole camminare, impegnarsi sul percorso, godere le bellezze dei luoghi ma quelle indicazioni costanti, quei segni precipui e inconfondibili del Camino de Santiago, a me, forse a tutti, fecero scivolare l’animo e la
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mente, passo dopo passo, su riflessioni e interrogativi introspettivi insolitamente pungenti. Cominciai a considerare quelle frecce e quelle conchiglie non soltanto come un ausilio per seguire il giusto percorso, ma piuttosto come la rappresentazione di uno scopo e come l’indicazione di una via secolare che, fin da epoche passate e lontane nel tempo, veniva calcata, con fatica, pazienza e amore, da antichi peregrinos, sostenuti dalla volontà e dal desiderio di portare alla meta un sentimento di dedizione, per ricevere il dono della purificazione. Nel mio cammino, osservando i pellegrini di oggi, su strade forse più agevoli e sicure di quelle di un tempo ma non di meno prova di generoso impegno, rimasi attratto dalla serenità che tutti mostravano di avere nel conseguire quello scopo comune, facendo risaltare, con evidenza, il senso di comunanza, di solidarietà e di allegria.
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Partendo da Saint Jean Pied de Port, la prima tappa solitamente si conclude a Roncisvalle. Al termine della giornata impegnativa, superate le temute difficoltà e compiuto l’approccio con il Cammino, si giunge in questo complesso ecclesiastico molto bello, imponente e austero. Impregnato di storia e avvolto da leggenda. Da sempre è un luogo di accoglienza per i pellegrini. Un monastero di vaste proporzioni, eretto solitario sulla montagna dove, con affabilità, vengono ospitati i viandanti che di questo asilo avvertono chiaramente l’aspetto molto significativo, in relazione al pellegrinaggio. Arrivare alla spicciolata alla fine della giornata, tutti al medesimo rassicurante rifugio, compiere le medesime operazioni quanto all’equipaggiamento, al proprio corpo, agli abiti, spesso aggrediti dalle intemperie, ed infine dormire
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l’uno accanto all’altro, circa in centosessanta, tutti in modesti letti a castello, nello stesso camerone, fa nascere fin da subito il senso dell’unità d’intenti, della sicurezza e non di meno della gaiezza. E anche della dolcezza, poiché al mattino si è svegliati all’alba da un canto armonioso e sorprendente dell’Alleluia che predispone a una attiva serenità.
Monastero di Roncisvalle.
L’espressione della gaiezza, della letizia, della compiacenza di trovarsi nell’adempimento di un evento condiviso da tutti i partecipanti, sia pure con molteplici, diverse motivazioni, costituisce lo spirito di questo Cammino. Un Cammino assai singolare, dove si possono incontrare aderenti di ogni nazione: spagnoli, ovviamente, ma anche italiani, francesi, tedeschi, inglesi, australiani, brasiliani, coreani e altri provenienti anche da luoghi sorprendentemente lontani.
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È quasi impossibile superare qualcuno sul sentiero, o essere superati, senza scambiarsi un saluto, un incitamento o qualche parola che non manifesti la condivisione degli intenti, la nazionalità, le esperienze, gli auspici. Si parla, si fa qualche passo insieme, poi ci si saluta e ci si lascia. Il passo più o meno rapido ci divide e ognuno prosegue nella propria andatura. Ciascuno con il proprio pensiero, con le proprie riflessioni, con la necessità e il piacere di camminare anche in solitudine, contemplando lo splendore dei luoghi e cercando qualcosa in se stesso che, in qualche modo, in quello splendore, vi possa essere collocato. Poi succede che, dopo qualche chilometro, o la sera nell’ostello al termine della tappa, o addirittura qualche giorno dopo, capiti di incontrare di nuovo le persone già incontrate sul sentiero e con le quali avevamo condiviso un tratto di fatica. Allora è l’allegrezza che si esprime, si manifesta in tutti la spensieratezza di un piacere inaspettato, come se quelle persone, occasionalmente conosciute per pochi attimi, fossero vecchi amici, complici di tante imprese. E insieme ci si chiedono informazioni e notizie, esperienze e programmi, reciprocamente in lingue diverse, non conosciute ma esplicate con gesti, ammiccamenti e frasi ripetute e scandite, talvolta in tono più alto, come se la difficoltà d’intesa fosse la sordità dell’interlocutore. Ma tutto questo fa gioia, contentezza, amicizia e compartecipazione.
IL CAMMINO
a Pamplona a Puerto la Reina, presso la metà del percorso di ventiquattro chilometri, il sentiero, fino a quel punto prevalentemente pianeggiante, si inerpica facendo risalire i pellegrini a un luogo tra i più significativi del Cammino, l’Alto del Perdón. Il monte, oltre alla bellezza solitamente insita in queste terre, ha la peculiarità di essere insistentemente ventoso. Lassù sorge il monumento al Pellegrino: una sequenza di sagome metalliche che rappresentano e glorificano i peregrinos di tutti i tempi. È una processione di figure di uomini, donne, giovani, cavalli, asini, vettovaglie, quasi un popolo. Dall’insieme traspaiono umiltà e determinazione per il raggiungimento di una meta ambita. Il monumento è posto saldamente sul crinale, contro l’orizzonte e le intemperie, “dove si incrocia il cammino del vento con quello delle stelle”. Il luogo e la visione sono talmente suggestivi da far ignorare, almeno per un momento, le troppe pale eoliche che nei pressi trivellano il panorama. Su questo monte è nata anche una leggenda. Si racconta che un pellegrino, molto affaticato ed assetato, in questo tratto di cammino fu tentato dal diavolo che gli offrì acqua ristoratrice da bere, in cambio del rinnegamento della fede. Il pellegrino rifiutò una prima volta, poi una seconda, e infine una terza le reiterate proposte del demonio. Allora apparve San Giacomo, che rivelò al pellegrino una fonte nascosta e gli porse acqua da bere con la sua conchiglia. In
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prossimità dell’Alto del Perdón si trova effettivamente un’antica fonte che, ancora oggi, talvolta fa sgorgare acqua, la Fuente de la Reniega (Fonte del Rinnegamento).
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In anni lontani, di queste leggende ne venivano proposte non poche. Il Cammino di Santiago ha origini nel Medioevo, quindi è facile pensare che anche questo pellegrinaggio abbia fatto diffondere raffigurazioni simili, come avveniva per gli eventi storici e quelli di notevole rilevanza. Questi racconti erano utili per avvicinare il popolo minuto ai concetti della religione e alle nozioni della storia. Oggi, passando davanti a queste testimonianze, può avvenire che, dal cumulo delle nostre cognizioni e dei nostri discernimenti, si levi un interrogativo gravato dal dubbio. Se avessimo necessità di bere acqua senza disporne, ci apparirebbe Santiago con la sua conchiglia? Pensiamo di no. Ci sentiamo fuori da questa immaginazione, la nostra conoscenza ci fa ritenere che ciò non sia possibile; il nostro pragmatismo non farà apparire Santiago
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alla Fuente de la Reniega. Oppure, chi sa? Forse basterebbe soltanto desiderarlo. In questo pellegrinaggio la tradizione vuole che i partecipanti raccolgano alcune pietre dal sentiero, ponendole sui cippi che segnano il percorso o su piccoli massi o semplicemente una sull’altra. Ciò vuole avere il significato di un’azione tesa alla pulizia della strada, liberandola dalle pietre, per facilitare il cammino dei pellegrini che seguono. Talvolta vengono edificate minuscole piramidi: isolate o raggruppate in gran numero in uno spazio delimitato. A me piace pensare che questo togliere una pietra dalla strada e posizionarla con cura in un punto evidente, costituisca un atto di presenza e di testimonianza, la manifestazione della volontà di partecipare. Ancora una volta, le pietre costituiscono un simbolo del Cammino.
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Puente la Reina, in Navarra.
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Sulla strada che va verso Ponferrada, passata Foncebadon, si affronta il punto più alto di tutto il percorso, superando i millecinquecento metri di altitudine. Quasi sulla cima, si giunge in un luogo tra i più emblematici del Cammino, molto sentito dai pellegrini, che spesso sono spinti fino alla commozione. Qui, un alto palo si erge a sostenere una sobria croce di ferro che sembra toccare il cielo. Alla base del palo si addossa una montagnola di pietre, come a formare un piedistallo. Quelle pietre sono state depositate lì dai pellegrini transitati negli anni, dopo averle raccolte in luoghi diversi, più o meno lontani, e trasportate negli zaini. Le motivazioni simboliche sono varie: ognuna è legata strettamente al sentimento che il portatore sente la necessità di esprimere. Si può portare la pietra per espiazione delle proprie trasgressioni, sottoponendosi così a un atto penitenziale; oppure per implorare protezione per il viaggio o per altre necessità. La mia interpretazione è stata
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quella della donazione. Posto che la pietra è il simbolo di questa sacralità, sentivo anch’io il desiderio di posare la mia pietra; ma non per chiedere, bensì per ringraziare e per donare qualcosa di me, fosse pure una modesta cosa simbolica. Dovevo dare qualcosa a questo Cammino che da giorni mi inondava di bellezza e di incontri, materiali e spirituali, in un’inaspettata serenità. Raccolsi due pietre e le deposi nel mucchio alla base della Cruz de Hierro. Una era per mia moglie. Lei non c’era, ma quella pietra certamente sarà stata ricevuta alla stessa maniera.
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Superato Foncebadon, un minuscolo paese che sembra immerso nel Medioevo, si raggiunge il punto più alto del Cammino, a quota 1500 metri. La Cruz de Hierro pone questo luogo fra i più emblematici del pellegrinaggio.
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I simboli spesso ci sorprendono, ci stimolano a riflettere e a ricercare il messaggio che intendono trasmettere, specialmente quando si tratta di segnali spirituali.
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A Furelos, paesino nella Galizia, dopo aver superato il bellissimo ponte medievale ci si imbatte in una piccola chiesa all’interno della quale si conserva un crocifisso di eccezionale particolarità: ha un braccio staccato dalla croce. Il braccio è dritto, parallelo al corpo, e la mano è in linea con il braccio. La mano non è tesa verso chi vi si avvicina ma è aperta, ferma a una altezza che fa intuire la disponibilità. Volendo, la si può afferrare. Ricorda il camminare insieme tenendosi per mano. Certo non può significare un richiamo a salire su quella croce; altrimenti, LUI, cosa ci sarebbe salito a fare? E inoltre, non ci ha già detto che ognuno ha la propria e cosa deve farne? Semmai può essere un invito ad andare lì sotto, dove la ricchezza che potremmo acquisirvi non la dovremmo vincere giocando a dadi. Ciò che non mi piacerebbe di quest’opera sarebbe che fosse ipoteticamente in relazione con l’episodio che si racconta riguardo alla richiesta insistita, fino al limite della superstizione, della regina Isabella la Cattolica, circa il voler venire in possesso di un chiodo di un singolare crocifisso, fatto con cuoio di bufalo, esposto nella cattedrale di Burgos. Sembra che la regina, raccoglitrice di reliquie, bramasse un chiodo di quel crocifisso fino ad ottenerlo esercitando il suo potere. Infine l’ottenne e il braccio di Gesù Cristo, si abbassò. Finalmente la regina, fortemente impressionata, rinunciò alla richiesta. Altri simboli reali, enormemente rappresentativi di que-
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sto Cammino, sono i numerosissimi pellegrini che vi transitano con gaiezza, desiderio di incontri, scambio di valutazioni, racconti di episodi curiosi e idealmente coinvolgenti. Il mangiare insieme alla sera, nella cucina allestita dall’albergue ospitante, talvolta sbilanciandosi rischiosamente nel cucinare un piatto tradizionale della propria nazione e proponendolo ad appetiti di etnie diverse, o il cenare dopo una faticosa giornata in ristoranti al modico prezzo del menù del pellegrino, con la scelta tra poche e invariate portate, ma con l’allegria dello stare insieme, della cerveza o del vino tinto frío, del sole che tarda a calare in queste zone e della compagnia di amici nuovi, complici in una vita un gradino al di sopra di quella reale, lasciata a casa.
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Il singolare crocifisso con il braccio di Gesù staccato dalla croce, nella piccola chiesa di Furelos, in Galizia.
Hontanas. Antico paesino isolato nella meseta.
In cammino nei secoli passati: un h贸rreo della pi霉 antica tipologia.