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Chiarezza e certez za, i capisaldi di una riforma
Chiarezza e certezza i capisaldi di una riforma
Il riordino del gioco pubblico, il superamento della questione territoriale e la proroga delle concessioni rappresentano temi centrali per il futuro dell’industria e di interesse costituzionale: Gioco News ne parla con il professore Alfonso Celotto, cultore della materia.
Anno nuovo, problemi vecchi per il settore del gioco, a cominciare dalla perdurante esistenza di norme regionali che fissano limiti orari e/o distanziometri, e dalla concomitante mancanza di una legge nazionale che lo regoli in maniera univoca e unitaria. Uno scenario quanto mai di stretta attualità, che esaminiamo con il professore Alfonso Celotto, esperto di diritto costituzionale. Come si potrebbe intervenire, a suo giudizio, per risolvere la “Questione territoriale” e superare le attuali leggi regionali? Il Governo e/o il Parlamento potrebbero - costituzionalmente parlando - attuare una riforma che “cancelli” (direttamente o indirettamente) le restrizioni regionali? “Il gioco presenta aspetti di competenza statale, regionale e anche comunale, per cui – salvo una non pen-
di Alessio Crisantemi
sabile modifica costituzionale – si deve pensare a una normativa differenziata, ma al tempo stesso concordata e coordinata dallo stato, per indirizzare gli interventi degli enti locali. Ovviamente va evitato quello che è successo negli ultimi 10 anni, con una normativa a macchia di leopardo, che crea disomogeneità e confusione. Occorrono linee guida chiare che fissino su tutto il territorio nazionale fissi delle regole omogenee, regole chiare: non è plausibile che in un comune si può giocare dalle 12 alle 16 mentre nel comune accanto si può giocare soltanto dalle 16 alle 20, nell’uno a distanza da 300 metri dai luoghi di culto e nell’altro a 500 metri dalle scuole. La grande incertezza e confusione non è soltanto per i giocatori, ma anche per i gestori. Sappiamo bene che lo Stato deve saper gestire in maniera
adeguata il gioco lecito, perché altrimenti non si fa altro che favorire e incrementare lo spazio per il gioco ‘illecito’, cioè su siti non controllati o con modelli non gestiti dallo Stato”. Quali sono a suo giudizio gli interessi costituzionali da considerare nella regolamentazione del settore del gioco e in quale priorità? Tenendo conto dei profili economici, di sicurezza e legalità, salute pubblica e libertà di impresa? “La competenza in materia di gioco tocca aspetti regionali e aspetti statali, perché l’oggetto ‘gioco’ riguarda profili dell’ordine pubblico, della tutela della salute, del commercio, del governo del territorio, oltre che la libertà di impresa e la tutela della concorrenza come riconosciuto dalla corte costituzionale nelle sentenze n.108 del 2017 e n.27 del 2019. In altri termini, il gioco è una materia poliedrica che tocca tutta una serie di competenze e di interessi, sia statali, sia regionali, sia comunali. Occorre una normativa bilanciata che riesca a contemperare i diversi interessi e profili, ma senza mai dimenticare l’esigenza di certezza e di chiarezza”. Nell’ipotesi di una riforma di Riordino sia il governo che il regolatore (l’Agenzia delle dogane e dei monopoli) hanno ipotizzato la stesura di un testo unico sui giochi che raccolga l’intera produzione normativa in logica di semplificazione. Lo ritiene un obiettivo raggiungibile e auspicabile? Come dovrebbe essere realizzato questo passaggio dal suo punto di vista? “Chiarezza e certezza sono necessarie al gioco lecito e un testo unico sarebbe molto utile per il riordino della materia. Si può pensare a un intervento legislativo unitario di riordino o, piuttosto, in linea con la ricodificazione degli ultimi anni, a una delega legislativa che poi affidi al governo la stesura del testo unico. È un obiettivo non solo auspicabile, ma necessario per un settore che ha bisogno di un riordino adeguato”. In queste settimane, mentre sono in scadenza varie concessioni di gioco pubblico, si invoca da più parti la previsione di una proroga dovuta ai mancati introiti del periodo di pandemia. Oltre al fatto che, come più volte affermato dalla politica, diventa impossibile bandire nuove concessioni finché perdurano le restrizioni regionali che non garantirebbero l’apertura dei punti vendita sul territorio. Per quanto riguarda le concessioni di bingo e scommesse si sono già succedute almeno tre proroghe, e una potrebbe arrivare anche per gli apparecchi. C’è il rischio di una procedura di infrazione europea continuando a concedere proroghe senza affrontare il problema attraverso riforme? “Ferma restando l’esigenza di riordino, appare pensabile una proroga delle concessioni in essere sia per dare stabilità al settore, sia per riequilibrare la posizione dei concessionari rispetto ai mancati introiti per la pandemia. Una proroga motivata ed eccezionale non incorre in profili di infrazione comunitaria, proprio perché sorretta da giustificati motivi”. A proposito di Europa: il Governo Conte 1 ha introdotto - su iniziativa del Movimento 5 Stelle - il ben noto decreto Dignità il quale, tra le varie cose, impone il divieto totale di ogni forma di pubblicità e promozione del gioco con vincita in denaro. Nonostante esista una Raccomandazione europea, datata 2014 nella quale si raccomanda gli Stati membri, sul tema della pubblicità dei giochi, di non considerare divieti o eccessi di restrizioni in quanto la pubblicità rappresenta anche l’unico modo per distinguere l’offerta di gioco legale da quella illegale. Nonostante questo l’Italia è oggi l’unico paese con un un divieto totale. Cosa ne pensa al riguardo? Come tale divieto potrebbe essere superato o aggiornato? “A me pare che questo divieto sia stato interpretato in maniera troppo rigorosa. Sappiamo che il gioco presenta profili importanti dal punto di vista sanitario e anche di ordine pubblico, ma proprio per questa ragione va regolato in maniera saggia ed equilibrata. Vietare e basta non serve ad ottenere risultati, ma solo a sviluppare mercati paralleli. Basti pensare al proibizionismo negli Usa. A mio avviso anche il divieto di pubblicità va rimeditato in maniera più corretta anche alla luce dei principi europei, in maniera da evitare disparità e discriminazioni per i concessionari italiani”.
ALFONSO CELOTTO
LUI CHI È?!?
Il professore avvocato Alfonso Celotto, ordinario di diritto costituzionale nella facoltà di Giurisprudenza nell’Università degli Studi Roma Tre dal 2001, in parallelo con la carriera accademica, ha intrapreso la professione forense, collaborando con i principali studi legali di Roma, ed è stato chiamato a ricoprire incarichi istituzionali nel corso di varie legislature. Nel 2015 ha fondato il proprio Studio legale, per offrire ai propri clienti consulenza e assistenza di alta qualificazione nelle materie del diritto costituzionale, amministrativo e civile, mettendo a disposizione la propria esperienza nella gestione delle relazioni istituzionali con le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato. È of counsel presso lo Studio Legale Associato Bip – Belvedere, Inzaghi & Partners di Milano.