LA VOCE LA GAZZETTA DELLA DE CILLIS OVE OSANO LE IDEE
15 15--17 Gennaio 2019
DELLA DE CILLIS OVE OSANO LE IDEE
ISTITUTO COMPRENSIVO “E. DE CILLIS” LA GAZZETTA DELLA DE CILLIS OVE OSANO LE IDEE 15 15--17 Gennaio 2019
LA GAZZETTA DELLA DE CILLIS OVE OSANO LE IDEE 15 15--17 Gennaio 2019
Felicia Impastato
“S “See la mafia è un’istituzione antistato che attira consensi perché ritenuta più efficace dello stato, è compito della scuola rovesciare questo processo perverso, formando i giovani alla cultura dello stato e delle istituzioni.” Paolo Borsellino Il mandato della scuola che si assume l’onere dell’educare alla legalità è ambizioso e tortuoso, in quanto, di fronte alle varie forme di criminalità e di illegalità, che tendono a sostituire alle regole del diritto quelle della sopraffazione e della violenza, ha il compito di promuovere prima una riflessione e poi una riaffermazione dei valori irrinunciabili della libertà e dei principi insostituibili della legalità. L’Istituto Comprensivo “E. De Cillis” anche quest’anno pone al centro del Piano dell’Offerta Formativa l’educazione alla legalità. Non si tratta soltanto di realizzare o aderire ad un progetto, ma di costruire un percorso educativo che investa tutta l’Istituzione Scolastica. Prof.ssa Rosy Franzò
N
ell’ambito dei progetti “Io leggo perché” e “La legalità mette radici”, abbiamo prima letto e approfondito il romanzo di Luigi Garlando “Per questo mi chiamo Giovanni, da un padre a un figlio il racconto della vita di Giovanni Falcone”. Successivamente, dal 15 al 17 gennaio 2019, accompagnati dai nostri insegnanti: Prof.sse Rosy Franzò, e Saveria Cartia, e dai Prof. Corrado Maltese e Gianni Castiglia, abbiamo effettuato un viaggio di istruzione con l’associazione “Libera”, per visitare a Palermo i luoghi della memoria, dall’ albero Falcone, su cui sono stati attaccati i nostri pensieri spontanei e le nostre riflessioni, a via D’Amelio dove è stata lasciata una T-shirt con un logo realizzato da noi alunni: “ La cultura è cibo per la legalità”. Successivamente ci siamo trasferiti nell’Alto Belice Corleonese, col suo paesaggio brullo e montuoso, lì abbiamo visitato la Cantina “Centopassi”, nata su un bene confiscato alla mafia. La vista è stata per noi un’opportunità per conoscere da vicino la realtà del riuso sociale dei beni confiscati. Dopo abbiamo visitato il “Memoriale di Portella della Ginestra”, dove il I maggio 1947, avvenne la prima strage per mano mafiosa. A Cinisi, nella “Casa Memoria di Felicia e Peppino Impastato”, siamo stati accolti da Giacomo Randazzo, amico e compagno di Peppino che attraverso la sua testimonianza ha raccontato la grandezza umana di Peppino e del loro gruppo di amici, di combattenti per la libertà, in cui non c’era alcun leader, perché secondo Peppino : << C’è il Noi e non l’Io>>. Un filo rosso invisibile, ci ha condotto lungo quell’ autostrada tristemente famosa come quella della ” Strage di Capaci”, nella quale la visione della stele commemorativa, e del casottino da dove fu azionato il telecomando che provocò l’esplosione dell’ordigno, ci ha trasmesso tristezza e dolore. L’ultimo giorno è stato intenso ed emozionante! La visita al museo Falcone Borsellino, il “Bunkerino”, a Palazzo di Giustizia ci ha lasciati a bocca aperta. Ad accoglierci Giovanni Paparcuri, uno dei più stretti collaboratori dei due Giudici, nonché superstite dell’attentato al giudice Rocco Chinnici del 1983, a cui faceva l’autista. Solo tre camere ci ha raccontato, ma in esse:<< "È iniziata la storia dell’antimafia>>.
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P
aparcuri ci ha raccontato come è nata l’idea del bunkerino e la volontà di presentare gli eroi dell’antimafia sia come giudici che come uomini:<< Le stanze sono state ricostruite così come erano in quel periodo, ricollocandovi i mobili e gli arredi del tempo, recuperati non senza difficoltà, corredandoli di diversi oggetti personali che Giovanni e Paolo utilizzavano nelle loro interminabili giornate trascorse al lavoro, nelle quali la complessità e la delicatezza delle indagini, condotte con eccezionale professionalità, si coniugava a momenti di autentica goliardia, scanditi dalla sottile ironia di Giovanni e dagli scherzi sagaci di Paolo>>. Entrando in quelle stanze emozione, si avvertiva sero ancora tra noi, come tornare da un momento scrivere altre pagine giudiziaria del nostro delle tre P, ovvero quello quartiere di Brancaccio, ria straordinaria di questo alla scuola della mafia, al doposcuola in vista va istituire nel quartiere. dre Nostro”, fra ricordi e perché combatteva la pioche negli ultimi istanti della propria vita.
abbiamo provato una forte la netta sensazione che fosse in quegli uffici dovessero all’altro, per continuare a straordinarie della storia Paese. Infine, il Percorso di Padre Pino Puglisi nel ci ha fatto conoscere la stoprete che sottraeva i piccoli interessandoli all’oratorio o della scuola media che voleQui visitando il “Centro Paaneddoti, abbiamo capito vra mafiosa col sorriso, an-
Ed in ultimo quali considerazioni possiamo fare? Tocca a noi provare a migliorare la nostra società; a diffondere sentimenti di onestà, giustizia, uguaglianza; ad assolvere al proprio dovere indipendentemente dal ruolo più o meno importante che si ricopre. Per fare tutto ciò abbiamo una sola arma da usare: la nostra cultura, perché i mafiosi hanno paura dei giovani istruiti, educati alla legalità. La mafia vince lì dove vive l’ignoranza. Allora ricordiamo una citazione che la Prof. di lettere ci ripete spesso:
<< La mafia sarà vinta da un esercito di maestre elementari >> 2^C, 2^D, 2^A, 3^B
Gesualdo Bufalino
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L’EDITORIALE di Rosy Franzò
L
’educazione alla legalità, intesa come acquisizione di una coscienza civile e come promozione di una cultura del rispetto delle regole di convivenza sociale, è, e deve essere, l’obiettivo primario dell’istruzione. Il discente deve essere posto in condizione di maturare il senso di appartenenza alla società; deve imparare ad accettare
le limitazioni poste al libero ed
indiscriminato espan-
dersi alla sua volontà. Deve am-
mettere la necessità di ubbidire alle
leggi dello Stato che armonizzano
le libertà individuali e tutelano il
diritto alla vita di ciascun soggetto.
Essere cittadini significa aver inte-
riorizzato questo principio. Convi-
venza civile, legalità, cittadinanza,
rispetto dei diritti umani sono dun-
que le espressioni della volontà di
cooperare per raggiungere il tra-
guardo del benessere personale e
collettivo. Si parla tanto di com-
portamenti definiti genericamente
“devianti”. La lista dei comporta-
menti adolescenziali “a rischio”
potrebbe essere molto lunga, dalla
violenza gratuita messa in atto con-
tro i coetanei: bullismo, risse, le-
sioni personali, a quella contro le
cose: teppismo e danneggiamento,
a quella contro se stessi. Educare
significa prevenire. Pertanto, l’e-
ducazione alla legalità assume an-
che una particolare valenza per
prevenire o arginare comportamen-
ti di emulazione negativa di alcuni
modelli urbani e mediatici e per
tutelare l’ambiente quale risorsa
per un possibile sviluppo ecocomtesto privilegiato di esperienze per
VIA D’AMELIO L’ALBERO BORSELLINO
patibile. La scuola, in quanto conla stragrande maggioranza degli
adolescenti, appare il luogo più idoneo per l’organizzazione e l’attuazione di interventi atti a sostenere i processi di crescita, ed è l’unica istituzione educativa, non familiare, nella quale tutti gli adolescenti elaborano e costruiscono l’immagine di sé in rapporto alla società nella quale vivono. Per tutte queste ragioni pensiamo che l’ ”Istituzione scuola”, possa essere protagonista della diffusione della cultura della legalità, per una migliore convivenza tra diversi, nel rispetto delle regole e per una società più giusta. Abbiamo idealizzato la legalità come un grande albero, dalle forti radici e dai rami vigorosi, in grado di accoglierci, abbracciarci….. per sentirci a casa, in una grande, meravigliosa casa: CASA NOSTRA……E NON COSA NOSTRA!.
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A cura di Morena Di Tommasi Palermo Unico, nel vero senso della parola, è stato il viaggio d'istruzione che abbiamo fatto Noi, la classe 2^C, insieme alle classi 2^D, 2^A e 3^B. Il percorso della Legalità, lo abbiamo affrontato nei mesi precedenti con la lettura del romanzo “Per questo mi chiamo Giovanni” di Luigi Garlando, e già eccitati ed emozionati da allora lo siamo stati ancora più all'alba del 15 Gennaio, il giorno della partenza. Vista la stanchezza e lo sballottamento quel giorno è stato meno intenso rispetto ai due successivi. Arrivati dopo quattro ore dalla partenza, durante la mattinata, accompagnata da foto, sbadigli ed emozioni abbiamo fatto un giro perlustrativo visitando il Centro Storico di Palermo, il Palazzo dei Normanni, la Cappella Palatina, la Cattedrale e i Quattro Canti. Prima del pranzo libero abbiamo accolto con noi le guide Gabriele Pecoraro e Agnese, due ragazzi, o “picciotti” come si dice a Palermo, che si sono “dati da fare” per farci comprendere e visitare i luoghi che la mafia ha “infestato” e contro la quale hanno lottato magistrati molto conosciuti, ma anche semplici ragazzi, coraggiosi come Peppino Impastato. Gabriele e Agnese, sono due giovani mediatori culturali di Libera, una associazione che dopo le stragi di Capaci e di via D'Amelio, si è rimboccata le maniche, dando il suo contributo allo Stato rendendo alcuni luoghi confiscati alla mafia, dei veri e propri centri lavorativi. Dopo aver pranzato abbiamo incontrato Chiara, la mediatrice culturale che alla “Bottega dei Sapori e dei Saperi”, che ha trasformato l'azienda mafiosa dei fratelli Graviano, boss di Brancaccio, in un negozio di prodotti locali provenienti da terreni confiscati, tanto che scherzosamente Chiara ci ha raccontato che i loro
vini contengano una vitamina in più….”quella della Il terzo e ultimo giorno abbiamo visitato al Palazzo legalità”. di Giustizia il Museo Falcone Falcone--Borsellino, noto come il “bunkerino”. Qui ci ha accolti Giovanni Paparcuri., Hanno suscitato in me profonde emozioni la visione unico sopravvissuto all’attentato del giudice Rocco dell'albero Falcone e Borsellino, lì ho notato attraverso i pensieri, lasciati sugli alberi dalle numerose sco- Chinnici.
laresche, e anche da noi, gli eroi che furono e che so- Solo sentire la sua voce e i suoi ricordi faceva venire no ancora oggi. la pelle d'oca. Mi ha fatto piacere poter rivivere insieNel tardo pomeriggio ci siamo trasferiti all'ex con- me a lui i suoi ricordi, quelli inerenti ai due magistravento Baida, luogo spazioso, accogliente e comunque ti, come la lettera di Francesca Morvillo per Giovanniente male, visto che dovevamo pernottare per soli ni, ma che lui, purtroppo, non ebbe il tempo di poterla due giorni. Ci siamo riposati in compagnia, abbiamo leggere. La cosa che mi è restata impressa è stata una fotografia dove il dottor Falcone aveva un sorriso talcenato e ci siamo ricaricati per il giorno successivo. mente solare che non riesco proprio a dimenticare. Dopo la colazione, con le guide ci siamo recati Dopo aver mangiato in una pizzeria “PIZZO nell'Alto Belice Corleonese, nella Cantina dei Cento FREE” , chiamata così perché ha detto “no” al pizzo, Passi, luogo agricolo confiscato al grande mafioso siamo giunti a Brancaccio, un quartiere di Palermo, Giovanni Brusca, dove abbiamo parlato del ruolo del- dove venne ucciso Padre Pino Puglisi. La parte che la moglie sposata con un mafioso. Poi abbiamo fatto più mi ha emozionato è stato appunto il percorso deluna breve visita a Portella della Ginestra, luogo cono- le 3P. sciuto per la prima strage mafiosa durante un festeggiamento dei lavoratori, il 1^ maggio 1947. Nel po- Mi chiedo:<< Come può essere ucciso un uomo che meriggio siamo andati a Cinisi, alla Casa Mamoria amava istruire i bambini e offrire loro un futuro?>>. Felicia e Peppino Impastato. Lì abbiamo incontrato Dopo aver abbracciato calorosamente le guide, salire un vecchio amico di Peppino, Giacomino Randazzo, su quell'autobus per ritornare, mi ha fatto capire cosa che ci ha raccontato aneddoti e vicende, anche scher- vuol dire essere orgogliosa di “essere siciliana”; i tre zose, sulla loro vita di giovani ribelli all’autorità ma- giorni sono volati e di questa esperienza non sono fiosa. Emozionante è stato il percorso dei Cento passi solo rimaste le foto, ma ho ancora tutti i bei ricordi che separavano la casa di Peppino da quella del Bos- dentro. Per tutto questo volevo ringraziare la mia proso di Cinisi Tano Badalementi. Che dire? Emozioni! fessoressa che ci ha garantito il meglio e che ci esorEmozioni che non capitano tutti i giorni. A Capaci, la tato a camminare lungo il sentiero della legalità, attrastele del “Giardino Della Memoria” con su scritto verso gli esempi degli eroi che hanno la loro vita, un “NO MAFIA”, mi ha addolorato perché è triste essere sentiero difficile, ma l’unico per un futuro migliore. considerati mafiosi perché Siciliani.
A Cura di Maria Di Mari Palermo Nei giorni 15 15--16 16--17 Gennaio 2019, siamo stati accompagnati dai professori, Corrado Maltese, Rosy Mary Franzò, Saveria Cartia e Gianni Castiglia e abbiamo avuto l’occasione di visitare i luoghi più importanti dove i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino hanno vissuto e lavorato ed anche la città di Palermo. Ho notato come Libera, un’associazione che combatte contro la mafia, abbia preso la maggior parte dei posti ed edifici confiscati, per sistemarli, far lavorare così molte più persone, vendere i prodotti tipici che producono e dialogare con le scolaresche e tutto ciò lo fa con molto interesse. Abbiamo visitato anche l’Albero Falcone e Borsellino. Il primo è un Ficus, che si trovava lì da quando Giovanni abitava nel palazzo vicino, il secondo è un ulivo, che è stato piantato per volere della madre di Paolo e su entrambi ci sono delle foto, delle frasi e delle lettere. Dopo la
visita alla Cantina Cento Passi, siamo stati nel luogo dove avvenne la prima strage mafiosa italiana ovvero al Memoriale di Portella della Ginestra. Con la nostra professoressa, inoltre, abbiamo parlato di Peppino Impastato, il quale era molto coraggioso e cercava di sconfiggere la mafia, anche facendo servizi radiofonici e andando contro il volere della sua famiglia. Poi siamo riusciti anche ad incontrare un amico del giornalista, a parlare con lui ed a fargli delle domande. La visita ed il luogo che ho preferito di più è stato il Tribunale di Palermo. Appena entrati ho immaginato Falcone, Borsellino ed altri magistrati che entravano ed iniziavano a lavorare e tutto questo lo facevano anche per noi, per garantirci un futuro migliore. La testimonianza di Giovanni Paparcuri, uomo della scorta di Rocco Chinnici, mi è piaciuta moltissimo perché lui ci ha raccontato della sua carriera lavorati-
va, dei magistrati con i quali aveva collaborato e di come è avvenuta l’uccisione del giudice Giovanni Falcone. Il museo di Giovanni e Paolo è molto bello ed al suo interno ci sono i loro uffici e tutti i documenti che scrissero. Successivamente abbiamo visto dove abitava Padre Pino Puglisi, tutto ciò che lui fece per i bambini di strada, quello che adesso i volontari stanno portando avanti e abbiamo anche sentito la voce di Salvatore Grigoli, il quale lo uccise e ora è in carcere e si è già convertito al cattolicesimo. Questo viaggio di istruzione è stato meraviglioso, abbiamo appreso e approfondito molte cose, anche grazie all’aiuto delle guide e tutto ciò che abbiamo visitato rimarrà sempre impresso nella mia mente e non lo potrò mai dimenticare.
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uest’anno nell’ambito del Progetto “Io leggo perché” e “La legalità mette radici”, abbiamo letto e approfondito il romanzo di Luigi Garlando “Per questo mi chiamo Giovanni”, da un padre a un figlio il racconto della vita di Giovanni Falcone. Questo romanzo descrive la storia di Giovanni, un bambino che vive a Palermo. Nella scuola di Giovanni, c’è un bambino di nome Tonio che si comporta in modo prepotente. Giovanni e i suoi compagni di scuola hanno paura di questo bambino, per cui lo accontentano nelle sue minacciose richieste. Il padre scopre questi episodi e cerca di spiegare al figlio cosa sia la prepotenza, la paura, la mafia e come si può combattere fin da bambini. Per questo motivo decide di fargli un regalo di compleanno speciale: un giorno di vacanza particolare in cui padre e figlio percorrono le strade di Palermo, visitando alcuni luoghi importanti della vita di Giovanni Falcone. Fin da piccolo Giovanni Falcone proteggeva i suoi compagni di scuola dai prepotenti e ha continuato a farlo da grande diventando prima avvocato, poi magistrato nella Procura di Trapani, Palermo e Roma. Nel suo lavoro Giovanni Falcone ha cercato di assicurare alla giustizia i mafiosi e insegnare ai giovani la cultura del rispetto reciproco e il valore delle “leggi giuste”. Il 23 Maggio 1992 sono accaduti due eventi: il primo causato dagli uomini della mafia, Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta sono stati uccisi da un gruppo di mafiosi ed inoltre, quel giorno nasceva il piccolo Giovanni, il protagonista di questo romanzo. Il padre del bambino è stato vittima della mafia, perché costretto a pagare il pizzo per poter gestire un negozio ma, grazie all’esempio di Giovanni Falcone, è riuscito a ribellarsi. Per questo motivo ha chiamato suo figlio Giovanni. Il ragazzino del romanzo ha preso il nome di un uomo eccezionale, coerente e con il grande senso del dovere, un magistrato che ha messo in gioco tutto se stesso nella lotta contro la mafia, un cittadino rispettoso dello Stato e scomodo per troppe persone. Ma che cosa è la mafia? La mafia è un fenomeno criminale, che si trova principalmente in Sicilia, basato su una rete complessa ed organizzata di complicità, ricatto e violenza per motivi economici. Un celebre aforismo di Roberto Benigni ci spiega come sconfiggere questo terrificante mostro, questo “cancro” dello Stato Italiano: “Nelle fiabe non si insegna ai bambini che esistono i draghi, quello lo sanno già, si insegna ai bambini che i draghi si possono sconfiggere. Ed è quello che fanno alcuni scrittori. Non dicono che la mafia c’è, ma dicono che la mafia può essere sconfitta.” La mafia si può combattere, da grandi e da piccini, nella vita di tutti i giorni. Abbiamo letto questo libro con piacere, attirati dalla curiosità di continuare a leggere per conoscere il finale. In realtà non esiste nessun finale. I nostri eroi non si sono sacrificati senza motivo e i loro sforzi dovranno avere un finale lieto. Omertà, mafia, “Cosa nostra” sono parole che dovrebbero essere cancellate dal dizionario di qualunque uomo. Anziché lasciarci spaventare ed intimidire facilmente dovremmo ribellarci, per creare una società aperta ai valori universali di “Libertà, fraternità ed uguaglianza”, per una società aperta alla vita.
2^ C, 2^D
A cura di Annalisa Gennaro Palermo Martedì 15 gennaio 2019, siamo partiti alla volta di Palermo per il progetto legalità. Appena arrivati abbiamo visitato il Palazzo dei Normanni e la Cappella Palatina. Subito dopo pranzo, è iniziato il vero scopo di questo viaggio. Per cominciare ,abbiamo conosciuto la nostra guida: Gabriele, che ci ha accompagnato durante il nostro percorso. Dopo siamo andati a visitare l’albero Falcone, che come ci ha spiegato la guida è un albero di ficus. Questo albero c’era ancor prima della strage di Capaci. Le persone vi hanno appeso tante lettere, pensieri, che ricordano Giovanni Falcone come un magistrato esemplare, che ha donato la sua vita per combattere la mafia. Poi ci siamo spostati verso l’albero Borsellino ,che era precisamente un albero d’ulivo. Questo albero venne fatto piantare dopo il suo attentato, per volere della madre. Le persone hanno appeso anche qui tante lettere, pensieri che ricordano il giudice Paolo come un uomo che ha combattuto la mafia perché come Falcone voleva liberare Palermo da questo male oscuro. Infine come ultima tappa del giorno siamo andati a visitare l’associazione di Libera. La sera siamo arrivati in hotel che in passato era un convento chiamato Convento di Baida. L’ho trovato pulito, accogliente e non mi sono lamentata. Riguardo alla cena, mi è piaciuto molto il secondo, ma un po’ di meno il primo. La notte ho dormito molto
bene. Il giorno dopo ,siamo andati a visitare i terreni sottratti alla mafia, tra cui quelli di Giovanni Brusca, noto mafioso che prese parte alla strage di Capaci. La nostra guida ci ha spiegato la differenza tra sequestrato e confiscato. Sequestrato, quando il bene rimane sempre di proprietà del mafioso. Invece confiscato, quando lo stato diventa il proprietario del territorio del mafioso. Sempre lì abbiamo visitato la ”Cantina Cento Passi”, che nasce su un bene confiscato alla mafia. Nel pomeriggio ci siamo trasferiti a Cinisi ,la città dove nacque Peppino Impastato. La guida ci ha spiegato che la casa di Peppino e quella del mafioso Tano Badalamenti, distano 100 passi. Abbiamo poi incontrato un amico di Peppino: Giacomo Randazzo ,che ci ha raccontato tutta la vita di Peppino e la sua scelta di combattere la mafia, nonostante non fosse un magistrato. Questo ci ha fatto riflettere di come la mafia possa essere combattuta con vari mezzi e da chiunque: magistrati, forze dell’ordine, ma anche scrittori, giornalisti d’inchiesta e per ultimo, ma non ultimi, da tutti noi. Peppino già allora, aveva capito come la comunicazione era importante e per questo motivo aveva fondato “Radio Aut”, dove raccontava le sue idee e quello che riteneva giusto fare, denunciando tutti gli atti mafiosi. Appena siamo entrati nella casa di Peppino, mentre sentivo parlare Giacomo ,ho pensato quando
lui e gli altri amici erano con Peppino e quando lui uscì e non tornò più. Il giorno dopo siamo andati al Palazzo di Giustizia ,dove abbiamo visitato il famoso “bunkerino”, in cui lavoravano i giudici Falcone e Borsellino. Siamo stati accolti da un ex un uomo di scorta, Giovanni Paparcuri. Entrando lì ho ripensato a loro che, tutti i giorni lavoravano ore e ore senza sosta. La cosa che mi ha fatto commuovere di più , è stata quella di vedere le foto del matrimonio di Paparcuri dove erano presenti anche il Dott. Falcone e il Dott. Borsellino. Infine siamo stati a Brancaccio, il quartiere di Pino Puglisi. Lui voleva che tanti bambini di strada ,persone ignoranti ,nel senso che non sapevano leggere o scrivere, fossero accolti in chiesa per essere aiutati ,ma alla mafia questo non piaceva, perché si sa la mafia vuole solo persone ignoranti e per questo lo hanno ucciso. Nel tardo pomeriggio ci siamo avviati verso casa. Questo viaggio mi ha dato molto e credo che sia stato uno dei viaggi più belli e significativi che abbia mai fatto. Ringrazio immensamente la nostra guida Gabriele per averci spiegato tutto in modo chiaro e preciso ma un grande grazie va alla nostra carissima Prof.ssa Rosy Franzò, per averci fatto vivere un’ esperienza davvero unica.