IL PUNTO E LA LINEA
«Il punto geometrico è un’entità invisibile. Pensato materialmente equivale a uno zero. Ma in questo zero si nascondono diverse proprietà, che sono “umane”». Wassily Kandinsky Che cos’è un punto? Forse quell’aereo lontano, un puntino nel cielo, che sta cercando la pista d’atterraggio? O l’aereo di una delle sequenze più celebri della storia del cinema, in Intrigo internazionale di Alfred Hitchcock? Un punto lontano nel cielo che il protagonista, Cary Grant, osserva dapprima con curiosità e poi con un crescendo di preoccupazione, quando capisce che si sta dirigendo su di lui. Certo nello spazio fisico il punto può essere un oggetto qualsiasi, che si presenti molto piccolo nel nostro campo visuale e per il quale non abbiano importanza le dimensioni e quindi anche un aereo lontano o una stella del cielo. Matematicamente però il punto sembra indefinibile, inafferrabile. Esiste soltanto finché non tentiamo di disegnarlo, di renderlo concreto, “materiale”. Nel momento in cui tracciamo un punto su un foglio di carta, questo risulta un cerchio, più o meno regolare, in ogni caso una figura che avendo una dimensione, anzi due, non è certo un punto, figura senza dimensioni. Risaliamo alle origini storiche della nostra geometria, al Primo Libro degli Elementi di Euclide, ancora oggi primo riferimento per i testi scolastici. Euclide inizia con le definizioni di alcuni concetti che verranno usati in seguito per la dimostrazione dei teoremi. Riguardano il punto, la linea, la retta, la superficie e il piano.
La prima definizione è quella di punto: Punto è ciò che non ha parti. Segue la definizione di linea dove la parola “linea” significa “curva”: Linea è lunghezza senza larghezza La quinta definizione riguarda la superficie: Superficie è ciò che ha soltanto lunghezza e larghezza. Questi, come le altri enunciati introduttivi, sono definizioni che in realtà non definiscono nulla, introdotte a livello intuitivo, essi cercando ingenuamente di spiegare il significato di ciò che definiscono ricorrendo al mondo fisico. Osserviamo ancora che lo spazio cartesiano ci consente di definire un punto come un insieme ordinato di coordinate. Ad esempio, nello spazio tridimensionale un punto è una terna di numeri. E’ un punto P (2, 6, 9). In generale, un punto in uno spazio euclideo di dimensione n è una successione di n numeri.
Euclide inventore della geometria e Pitagora inventore dell’aritmetica da Le sette arti liberali (testo del 1250).
La rivoluzione avvenne all’inizio del secolo scorso con David Hilbert che si pose il problema di costruire una nuova geometria, con un fondamento assiomatico rigoroso. Hilbert affermò che le parole punto, linea e piano hanno acquistato il loro significato non attraverso le loro definizioni, ma nel loro rapporto con gli assiomi successivi. Sebbene Hilbert usi gli stessi termini usati da Euclide, egli afferma che avrebbe potuto usare altre parole come “sedie”, “tavoli”, “sottobicchieri” o altro, al posto di punti, linee e piani. Dal suo punto di vista, la vera essenza di un sistema geometrico non risiede nei suoi oggetti,
qualunque essi siano, ma negli assiomi che regolano la loro interazione. Se il sistema è fondato su un insieme coerente di assiomi, la “geometria delle sedie”, “dei tavoli” e “dei sottobicchieri” sarebbe valida come quella di punti, linee e superfici. Ma molti matematici contemporanei di Hilbert non erano d’accordo con lui, come il celebre matematico e filosofo Gottlob Frege, che criticò aspramente le sue idee. Se i matematici non sanno, o non vogliono, definire il punto, lasciamo allora che si esprimano gli artisti:
Giusto de’ Menabuoi, Cupola del Battistero di Padova (1375)
«Tra il punto e lo cerchio sì come tra principio e fine si muove la Geometria, e questi due alla sua certezza repugnano: ché lo punto per la sua indivisibilitade è immensurabile, e lo cerchio per lo suo arco è impossibile a quadrare perfettamente, e però è impossibile a misurare a punto». Dante, Convivio
La scuola di Giordano Bruno
«Benché alle volte l'uno si usurpa per l'altro, nulladimeno, parlando propriamente, non ogni cosa che è principio, è causa, perché il punto è principio della linea, ma non è causa di quella; l'instante è principio dell'operazione; il termine onde è principio del moto e non causa del moto; le premisse son principio dell'argumentazione, non son causa di quella. Però principio è più general termino che causa. [ ... ] Se dalla potenza non è differente l'atto, è necessario che in quello il punto, la linea, la superficie e il corpo non differiscano: perché cossì quella linea è superficie, come la linea, movendosi, può essere superficie; cossì quella superficie è mossa ed è fatta corpo, come la superficie può moversi e, con il suo flusso, può farsi corpo. È necessario dunque che il punto ne l'infinito non differisca dal corpo, perché il punto, scorrendo da l'esser punto, si fa linea; scorrendo da l'esser linea, si fa superficie; scorrendo da l'esser superficie, si fa corpo; il punto, dunque, perché è in potenza ad esser corpo, non differisce da l'esser corpo dove la potenza e l'atto è una medesima cosa». Giordano Bruno – De la causa, principio e uno
«Come trasmettere agli altri l’infinito Aleph, che la mia timorosa memoria a stento abbraccia? […] In quell’istante gigantesco, ho visto milioni di atti gradevoli o atroci; nessuno di essi mi stupì quanto il fatto che essi occupassero tutti lo stesso punto, senza sovrapposizione e senza trasparenza». Jorge Luis Borges - L’Aleph