SPECIALE LEGGERE LEGGERO 2016

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Un settembre extra e spumeggiante Care Amiche e cari Amici, io lo sapevo! Non voglio fare la presuntuosa ma devo dire che il mio intuito “digitale” me lo diceva ogni giorno: pubblicare un Calendario con una spiccata predilezione per l’Erotismo al Femminile, sarebbe stata una buona idea. L’Eros è piacere… e cosa sarebbe la vita senza i piccoli piaceri che può donarci l’amore? Non importa se quello di un giorno o quello che dura tutta la vita; se poi è condito dai mille sensuali aromi della Passione o annaffiato dal vino aggressivo della Trasgressione, diventa davvero “il cibo degli Dei”. Ma più del semplice amplesso o della ricerca solitaria di un momento segreto, può eccitare i nostri sensi il Racconto Erotico. Non la pornografia debilitante e noiosa, ma l’intreccio sapiente di parole, affilate dall’arma più potente e più seducente: la Fantasia. Così, il racconto Erotico di Qualità, diventa seta ricamata, ghirigoro di trine e di pizzi, plissé di tulle, brivido di nylon, e ti carezza, e ti sfiora, e ti seduce… e nonostante, il nostro Erotico sia squisitamente al Femminile, sembra proprio che appassioni integralmente anche i nostri amati signori maschi, che leggono e partecipano, con interesse e curiosità, alle nostre performance sensuali. Sapevo pure che, oggi col web che corre veloce, assetato di novità e colpi di scena, non potevamo soddisfare chi ama leggerci, con un Calendario statico, annuale. E avevo ragione… visto che ormai nemmeno più come mensile, il Calendario sembra soddisfare le ardenti aspettative! E allora, eccoci, cari Lettori e Amici, alla presentazione di un Numero Speciale, allegato alla pubblicazione di settembre. Non potevamo perdere l’occasione di inserire un omaggio eccezionale della raffinatissima scrittrice, Gia Van Rollenoof: QUANDO LE ZANZARE SERVONO A QUALCOSA Un tuffo seducente e conturbante nel piacere, con la particolare predilezione di Gia nel descrivere raffinatissimi rapporti all’insegna di Lesbo. E, inoltre, non potevamo lasciarci sfuggire l’opportunità di presentare la


prima Opera Erotica di una scrittrice e poetessa, ormai famosa: Linda Lercari. Nel suo nuovo racconto, LA GIUSTA PUNIZIONE – Edizioni Delos, Linda, si cimenta subito con uno degli argomenti più “Hot” e apprezzati dalle escursioni erotiche della Fantasia: la sottomissione e la punizione. Non mancano, a corollario, per la gioia dei nostri occhi, gli omaggi sempre graditi di due bravissimi artisti del disegno erotico: la Pin-Up del nostro amico Naughty Pencil e la matita delicata ma eccitante di Arianna Del Filo.

Edizione Speciale Calendario © - Leggere Leggero 2016 a cura di Giovanna Esse


I disegni caldi di

Nella semplicità quasi infantile dei tratti, trasmette tutto il Pathos, l'emozione, i palpiti erotici del complicato rapporto di sottomissione sensuale. Un’accettazione spavalda, dovuta, voluta, quasi imposta, al "carnefice" di turno. Chi colpisce sa già di essere anche schiavo; schiavo della bellezza estatica dei volti giovanili, delle forme morbide, del fascino del peccato segreto. In pochi tratti, Arianna del Filo manifesta tutta la Sfida. Le sue modelle parlano e sfidano; accettano ma non si fanno domare; la loro stessa bellezza e la loro compostezza nel godere del castigo e, per il dominatore, motivo di sofferenza e di rabbia. Colpisce e gestisce quelle natiche diafane e fanciullesche ma non ha alcun potere, sulla sua “vittima”. E sa già che presto potrà essere tradito, sostituito. Un altro potrebbe prendere il suo posto: perchè la vera Padrona del gioco: del cuore e della passione, è lei, l’impalpabile cerbiatta, che può straziare un cuore con il semplice abbandono. Fragile come un giunco, lei si piega ma non si spezza.



Gia Van Rollenoof

PARTE PRIMA


Contando il pomeriggio dell’arrivo, era solo il quinto giorno che Gia si trovava all’Oasi, ma a lei sembrava che fosse passato un secolo da quando, con la moglie Nourhan, erano partite dall’aeroporto Marco Polo di Venezia. Infatti, tante erano state le vicende che l’avevano sorpresa, facendole apparire la sua vita precedente soltanto un lontano ricordo. Le donne avevano terminato di pranzare e, come d’abitudine, si stavano concedendo un sonnellino all’ombra degli alberi. Dondolandosi sull’amaca in attesa del sonno, facendo un passo indietro, ecco ciò che Gia ricordò di aver raccontato nel secondo giorno, quando incontrò per la prima volta le sorelle in Fede della moglie Nourhan. Desiderosa di conoscere nel profondo la nuova arrivata, era stata la loro Madre, Rashida, a esortare la neofita della Comunità a parlare di sé, ed anche delle proprie esperienze sessuali… ______________________ Sedute in cerchio all’ombra della pergola, le donne andavano gustandosi un particolare tè ghiacciato. «Vi dispiace se vi lascio sole per qualche minuto? Devo andare al bagno; con tutto questo tè alla trigonellina 1 che mi avete fatto bere, sto per scoppiare!» esclamò Gia. Con un sorriso incoraggiante, maliziosa, Rashida: «Se vuoi, puoi liberarti anche qui, e adesso; così, mia moglie ed io, per la prima volta, potremmo conoscere il tuo sapore, che m’immagino delizioso». Lei rimase sorpresa: «Ma… i giochini di fica, non mi sono proibiti a causa dell'astinenza che mi avete imposto sino a che io non avrò adempiuto la cosiddetta “promessa”?». Vogliosa, s’intromise Nahed: «Non mica ti faremmo venire, Gia. A me piacerebbe berti soltanto dopo che l’avrà fatto Rashida, e ti leccherei quel tanto che basta per tergerti; così, che la tua ciccina 2 non prenda il raffreddore» scherzò. «Ok; devo togliermi le calze, Rashida? Il cappellino, penso, me lo posso tenere in capo, vero?». «Scherzi, amore? Va bene per il cappellino; ma le calze, assolutamente no: con quelle indosso, sei così sexy! La giarrettiera, poi, fa così bene da cornice alla tua passerina spoglia, così bella, grassottella. Se anche le calze si bagnano, meglio, no? Vuol dire che, intrise, il tuo profumato aroma emanerà da te anche più a lungo, deliziandoci». Quindi, levanTrigonellina, è presente nel fieno greco, in molti tessuti vegetali e in alcuni frutti di mare. Elevati quantitativi sono caratteristici nella Trigonella foenum-graecum, Cannabis ecc. Alla trigonellina si ascrivono proprietà stimolanti dell’appetito, ipoglicemiche, afrodisiache e altre ancora. A elevati quantitativi può essere tossica per l’organismo. Fonte: Wikipedia. 1

Ciccina, modo dialettale per definire affettuosamente la vagina, usato nelle Venezie, e in particolare nella zona del Triestino. 2


dosi in piedi, Rashida s’inginocchiò, esortandola: «Ora non farti pregare, e vieni qua, di fronte a me». Avvicinatasi, sentì il delicato tocco delle sue mani afferrarle le natiche. Il ventre a contatto della sua bocca, Gia avvertì il fugace, piacevole frugare della sua lingua; dopodiché, abbandonando i suoi glutei, mantenendole aperte le rosee labbra interne con entrambe le mani, a occhi chiusi e a bocca aperta, Rashida rimase in attesa. Gia si rilassò, e prese a dissetarla con dei brevi fiotti, così che lei potesse assaporare e ingoiare comodamente. Intanto, notando la fresca ventenne guardarle vogliosa, pensò… ‘Devo fare attenzione a non dargliela tutta; devo conservarne un po’ per la piccolina: tu guarda, con che occhi smaniosi ci sta osservando! Mi dispiacerebbe, se rimanesse delusa’. «Sei deliziosa, Gia; ma mi devo accontentare, altrimenti non ne avrai abbastanza per soddisfare la sete di mia moglie. Anelo, conoscere gli altri tuoi sapori; ma, per ora, non è possibile. Noto con piacere che sei molto capace a controllare il flusso: me la sono proprio goduta! Molto meglio il tuo elisir, rispetto a questo tè che andiamo consumando da ore» commentò Rashida, staccandosi da lei e leccandosi le labbra con un'espressione soddisfatta. Mentre, avvicendata alla moglie, Nahed la sorbiva avida, Gia provò un gran sollievo: poté infine svuotarsi completamente la gonfia vescica. Alla fine, con dovizia, la giovane donna la terse completamente; ma non si fermò, e, con lussuria, continuò a leccarle l’esterno, e talvolta l’interno della fremente carne rosea. Quando Gia prese ad ansare e gemere, tuttavia, lei s’interruppe, e, con un’espressione di beatitudine dipinta sul volto, allegra, commentò: «Sei veramente squisita, Gia. Scusami, sai, se dopo ho indugiato; ma volevo avere un assaggio sul sapore che potrò gustarmi dopo la tua iniziazione, quando, finalmente, potremo scopare in tutta letizia e serenità». Eccitata da morire, non tanto per quelle dolci ed esperte blandizie, quanto per lo sguardo che Nahed le indirizzò mentre parlava, Gia s’impose di volgere altrove il proprio pensiero. Sotto lo sguardo orgoglioso e compiaciuto di Nourhan, le donne ritornarono a sedere; Rashida la invitò: «Gia, riempiti di nuovo il bicchiere di tè alla trigonellina; è fresco, buono, e t’indurrà ad averne ancora. Lo so che mi ripeto, tuttavia, anche il retrogusto, che ancora sento, ha un aroma veramente gustoso!» la invitò a bere Rashida, gratificandola. Era piacevolissimo starsene lì, rilassate a non far nulla. Temendo che le compagne si annoiassero, Gia riprese a parlare: «Quel che sto apprezzando moltissimo qui all’Oasi, è che finora non ho visto nemmeno una zanzara; svestite come siamo, per loro sarebbe una pacchia. Odio quegli infami, famelici insetti. A Venezia, invece, sono guai; perché…».


«É vero» intervenne Nourhan, seguitando: «In quella stupenda gita in barca che abbiamo fatto, la mia povera Gia ha sofferto più per quelle, che non per le centodiciassette frustate e colpi di canna che, nell'arco della giornata, le ho complessivamente appioppato un po’ dappertutto». A quel ricordo, che per le due spose aveva una valenza sentimentale, mandandole uno sguardo amorevole, Gia si riprese la parola: «In ogni caso, non sempre il male viene per nuocere: c’è stata un’occasione in cui mi sono sentita grata verso quello che, per me, è un vero e proprio flagello dell'umanità». «Ma dai! Questo non me l’hai mai detto» commentò la moglie. «Sì, Gia, raccontaci. Mi piace molto ascoltarti quando racconti delle tue avventure sentimentali e di fica; sei come una mammina che racconta le storie alla sua bambina: che sarei io» la rinforzò Nahed, con il solito tono sbarazzino e innocente. Appresso, seguitò: «Non ti dispiace se, ascoltandoti, mi accarezzo?». «A piacer tuo, tesoro. Beh, la storia è un po’ lunga: siete certe di voler ascoltare?». «E che altro di meglio avremmo da fare, se non scopare? Tuttavia, non è qualcosa che vogliamo fare adesso: non ci va di estrometterti per divertirci senza di te, e, per di più, davanti ai tuoi occhi; infatti, come sai, tu ancora non puoi avere degli orgasmi. Per festeggiare il ritorno di tua moglie all’Oasi, Nahed ed io ce la scoperemo appena stanotte; e quindi, ci va benissimo di arrivare a stasera ben riposate... e cariche! Coraggio, Gia, non fare la ritrosa» la esortò Rashida. «Bene! Allora, avevo venticinque anni e mi occupavo ancora di Fotografia; saputo che si sarebbe tenuto un workshop con dei set allestiti in un’antica villa situata nella landa vicentina, m’iscrissi. Pur non avendo nulla da imparare, a un prezzo molto conveniente avrei così avuto la possibilità di fotografare due fotomodelle; nude, naturalmente. La cosa mi tornava utile, poiché stavo preparando una mostra fotografica dove, in maniera piuttosto astratta, volevo raffigurare la bellezza e la sensualità femminile, lavoro che poi andò benissimo: infatti, fu apprezzato a tal punto, che esposi in numerose gallerie, riportando un buon successo, oltre che di fama, anche nelle vendite. A quel tempo, io non avevo ancora il fuoristrada che uso oggi, ma un variopinto, mitico pulmino Volkswagen T2, attrezzato in maniera minimale a camper: mi era davvero molto comodo per le trasferte che facevo qua e là per fotografare; infatti, non soltanto potevo dormirci, ma avevo a disposizione pure una cucina e un bagno, microscopici, s’intende, ma molto utili. Giunta lì, rimasi stupita dal luogo e dalla villa: si trattava di una costruzione ottocentesca, immersa in un parco alberato vastissimo dove,


qua e là, vi erano numerosi resti di statue di pietra che rendevano anche più interessante il location. E ancora più sorpresa rimasi quando vidi le due ragazze: una bionda, alta come te, Rashida, con un paio di tette da sballo; davvero una gran figa. L’altra, invece, era mora, di statura nella media: un paio d’anni più giovane di me, bellissima, il suo corpo e il suo sguardo mi catturarono all’istante! La prima volta che la vidi, pensai che, con una bocca così grande e le labbra tanto carnose, la sua fica sarebbe dovuta essere la fine del mondo, un dolce mare in cui annegare! Dovete sapere che lì, io ero l’unica femmina fotografa in un gruppo di dodici maschi allupati; arrivai per prima, e fui fortunata, perché mi assegnarono la stanza più grande che avevano preparato, la quale misurava almeno sessanta metri quadrati, molto comoda, dotata di un ampio bagno con vasca e doccia. Eravamo in piena estate, e faceva molto caldo; la struttura era vecchia, e, naturalmente, non c’era l’aria condizionata. Allora, io pensai bene di portarmi il frigo del camper nella stanza, così da poter avere sempre qualcosa di fresco per dissetarmi. E non soltanto quello, feci: odiando le zanzare, che lì erano numerosissime, prevedendo la cosa, mi ero portata dietro una di quelle ampie zanzariere che, appesa a soffitto e fatta scendere, ammantava tutto l’alto lettone proteggendomi durante il sonno dai morsi di quelle infami. Ebbi un gran culo, poiché, proprio in corrispondenza del centro dell'alto lettone, dal soffitto pendeva un gancio, che, probabilmente, era servito ad appendervi un lampadario in una precedente, diversa, sistemazione dello spartano arredo d'epoca. Nel secondo giorno, notai che la bella mora aveva un’espressione disfatta; le chiesi: “Che ti succede, Giorgia; hai il ciclo?”. Guarda tu, il caso: come il mio primo amore, anche lei era mora e molto abbronzata. Con un lieve accento lombardo, mi rispose: “Macché; ne sono uscita l'altra settimana. No, ho trascorso la notte in bianco a causa di quelle maledette! Quando hanno preso a ronzarmi di continuo nelle orecchie, mi sono sepolta sotto le lenzuola, e, sciolta dal sudore, non sono riuscita a prendere sonno”. Fu lì, che incominciai a farle capire quali fossero le mie preferenze; fissandola con intenzione, una consolatoria carezza sulla guancia, risposi: “Poverina; sei di sangue dolce, eh? Dolce come te, tesoro”. Avevo una stanza molto grande e un frigo fornito di buon vinello fresco: isolati dal resto del mondo, impossibilitati a trascorrere la serata in qualche locale, la sera, dopo la prima giornata di riprese fotografiche, invitai tutti a venire nella mia stanza per stare un po’ insieme a chiacchierare e per bere un drink. Quando vide l’ambaradan che avevo allestito a proteggere la zona del letto, con una punta d'invidia, la bella


Giorgia commentò: “Adesso capisco, perché hai un viso così riposato; con la faccia da zombie che mi sono ritrovata ad avere stamattina, sarebbe stato meglio che, a posare con Alessia, fossi stata tu. Infatti, non sei niente male, Gia”. Dovete sapere che, a guidare le riprese, era un maturo fotografonzolo di Milano, un po’ grassottello, il quale, come a voler marcare un territorio, davanti a tutti, talvolta dava una palpatina alla tetta dell’una o dell’altra, come a dire: “Io posso, e voi, sfigati, no; tanto, lo sanno che sono io, quello che le pagherà per il servizio”. Si vedeva dai loro volti, come la cosa le infastidisse; ma, giacché quello era il boss che le avrebbe pagate in nero, temendo che, alla fine, neppure le retribuisse, le ragazze non protestavano. Durante quella serata, tra le tante fregnacce che ho sentito sparare da quello lì, tanto per fare un esempio, ascoltate, in mezzo a un discorso, che minchia3 di consigli forniva alle due fighe usando un tono di buon padre di famiglia, dando così per scontato che fossero le puttane che, invece, non erano: “Lo dico sempre alle mie modelle; prima di darla, dovete sempre farvi firmare un assegno; e dev'essere sostanzioso”. Insomma, la sera volò in fretta; ma, Giorgia, la ragazza mora, si attardò: si capiva, che voleva parlarmi. Rimaste da sole, mi chiese: “Gia, al solo pensiero di passare un’altra nottataccia con quelle bestiacce, mi viene da piangere. Vedo che il letto è molto ampio: ti dispiacerebbe se dormissi qui, da te? Non russo, e non ti darei fastidio”. Senza perdermi in inutili parole, arrivai subito al sodo; risposi: “Tesoro, tu sei tanto bella! Hai capito che mi piaci, non è vero? Ne sarei felice; tuttavia, averti nel mio letto e non poterti toccare, per me, sarebbe il supplizio di Tantalo”. Non meno diretta di come fossi stata io, guardandomi, lei mi rispose: “Gia, l’ho capito che sei lesbica; ma io non lo sono. Tuttavia, se tu accettassi di fare sesso come dico io, per me andrebbe bene, poiché non sarebbe tanto diverso da come si fa con un uomo”. Non vi nascondo che rimasi sorpresa. Chiesi: “E che significa?”. “Aspetta, Gia; vado in camera mia a fare una doccia e a prendermi qualcosa da portare qua. Poi, al mio ritorno, capirai”. Anch’io sudata, mi regalai una doccia veloce; dopodiché, sicura di me e pronta per un’eventuale, vagheggiata copula, indossando soltanto un leggero accappatoio bianco e due gocce di Chanel, un calice di fresco vinello in mano, mi sedetti sul bordo del letto, ad aspettare che lei ritornasse: non vi nascondo che ero eccitata da morire, poiché era stato dal primo momento che l’avevo vista, che quella ragazza mi andava

Minchia, termine adoperato nella lingua siciliana, nei dialetti calabresi, salentino e gallurese per indicare il pene, passato indi a essere espressione di esclamazione, di disprezzo, di apprezzamento o di stupore. Fonte: Wikipedia. 3


proprio a sangue. Quando la vidi, il mio livello di dopamina4 aumentò a dismisura, e i feromoni 5 schizzarono dappertutto: era dannatamente sexy! Sebbene l’avessi vista nuda durante le riprese fotografiche, seduta e in posizione bassa rispetto a lei che stava in piedi, quella sua immagine mi folgorò: la camicetta abbondantemente sbottonata, il suo seno sembrava voler scoppiare; e, assente ogni tipo di mutandina, dal bordo inferiore di un cortissimo gonnellino di pelle nera s’intravvedeva la polposa fica, le cui abbronzate, carnose rotondità delle grandi labbra erano magnificamente esaltate dal controluce. Mi si avvicinò a un palmo del naso, e prese a oscillare con lentezza: potei sentire l’odore della sua eccitazione. Dopo di quel sensuale, lento ondulare, che mi fece sospirare la sua fica per un bel po’, riposta in bell’ordine la sua camicia da notte sul vecchio comò, da un sacchetto di tela rosa lei tirò fuori uno Strapless dildo 6; si avvicinò, me lo mostrò, e disse: “Se tu lo indossassi, io potrei godermi la morbidezza e la dolcezza di una donna senza rinunciare a… capisci, no? Oltre al piacere clitorideo, io amo moltissimo sentirmi penetrare”. Sulle prime, io rimasi interdetta: come Nourhan sa bene, io non amo i giocattoli, e specie quegli Strap on 7 che, costituiti da un’imbracatura oscena, sono veramente orribili. Inoltre, sono avversa alla vibrazione poiché, abituandoti a palpitare grazie a qualcosa d’artificiale, secondo me, alla lunga, quella ti smorza la naturalità delle pulsazioni vaginali. Oltre a ciò, abituandotici, per sentire qualcosa, va a finire che devi migrare continuamente su qualcosa di ancora più hard, tantoché, alla lunga, neanche un martello pneumatico ti soddisfa. Tuttavia, Giorgia era una gran figa, molto sensuale, e mi sarebbe dispiaciuto molto perdermela per una mera questione di principio. Inoltre, osservandolo, trovai che l’oggetto non era poi così orribile; al contrario, era carino ed accattivante: i testicoli, quasi inesistenti, sembra-

Dopamina, funziona da neurotrasmettitore endogeno tramite l'attivazione di recettori specifici, ed è prodotta in diverse aree del cervello da stimoli che producono motivazione e ricompensa, quali il sesso, il cibo buono, l'acqua, oppure da stimoli artificiali come le sostanze stupefacenti, ma anche dall'ascolto della musica. Ciò vale anche per un moderato dolore (pratiche sadomaso). Accumulata da quanto detto, il rilascio della dopamina influenza il piacere percepito dal cervello. Tratto e adattato da Wikipedia. 5 Feromone, è il nome dato a sostanze bio-chimiche prodotte da ghiandole esocrine che sono emesse dagli organismi viventi a basse concentrazioni con la funzione di segnali. Generano comportamenti e reazioni in altri individui della stessa specie che vengono a contatto con esse. Una tipologia sono i feromoni sessuali che sono scambiati per contatto o per stimolo olfattivo e che provocano interesse sessuale in un altro individuo. Fonte: Wikipedia. 6 Strapless dildo, come si evince dal termine, si tratta di falli che possono essere indossati senza cinghie, assicurandoli con un butt-plug saldamente infilato nella vagina oppure nel retto di chi li indossa: in tal modo, la vagina, oppure l'ano, della donna che indossa il dildo viene stimolata dal butt-plug mentre penetra a sua volta con il dildo il partner nel retto, o la partner nel retto oppure nella vagina. Fonte: Wikipedia. 7 Strap-on, detto anche detto strap-on dildo, come si evince dal termine, è un dildo disegnato per essere indossato mediante un'imbracatura. Si usa per rapporti anali, orali, vaginali e per quant'altro provochi desiderio e/o piacere, a prescindere dall'orientamento sessuale, dall'identità di genere e dal sesso dei partecipanti. Nei rapporti omosessuali è molto frequente l'uso da parte di coppie lesbiche, ma anche tra uomini. Nei rapporti etero comunemente viene usato per praticare il pegging. 4


vano essere più una vulva con delle grosse labbra esterne, che non quello. Intrigata, quanto retorica, chiesi: “Come mai ce l’hai, e lo porti con te?”. Maneggiandolo con entrambe le mani, come a darmi una dimostrazione della morbidezza e flessibilità di quel coso, sensuale, lei mi parlava: “Sai Gia, ogni tanto al mio ragazzo non dispiace se invertiamo i ruoli per darci al pegging8, e così, quelle volte, sono io a sbattere lui; nel culo, è ovvio. E non ti nascondo che mi piace pure: sai che soddisfazione è fotterlo mentre lui grida come se fosse una di noi? E poi, c’è un altro sfizio, che mi tolgo: mentre, cavalcandolo, senza particolari riguardi gli trapano il buco del culo, con le mani gli lavoro l’uccello. Non ti dico, grazie alla forte stimolazione della prostata, che alluvionali sborrate riesce a fare; e, quando ne ho le mani colme, gliele metto nella bocca perciò che lui conosca meglio l’odore e il sapore del suo viscido sperma, così che comprenda meglio che cosa provo io quando mi chiede di fargli un pompino con l’ingoio, oppure quando, uscendo dalla mia fica, mi schizza in faccia. E lo sai, quello lì, che cosa vuole da me prima che glielo infili nel culo? Che lo sculacci!”. Giorgia mi aveva offerto su di un piatto d’argento l’occasione che aspettavo. Chiesi: “E, a te, piace farlo?”. “Sì, devo dire che la cosa non è male”. Era ancora presto per addentrarmi nella faccenda, e non proseguii oltre; tuttavia, ormai avevo pronto il pretesto per riprendere il discorso più tardi. Intanto, lei continuò: “In quanto alla questione che mi sono portata dietro lo strapless, non sapendo se, e con chi, in questa settimana mi sarebbe capitato di scopare, se fossi rimasta in bianco, l’avrei usato per farlo da me. Infatti, se non vengo almeno una volta il giorno, poi sono intrattabile, e questo è incompatibile con il mio lavoro qui”». “Lo sai che ci assomigliamo molto, amore? Anche per me è lo stesso: non scoparmi un maschietto, dico; ma venire almeno una volta il giorno”. “Gia, tu mi sei molto simpatica, mi piaci; ma, ti prego, chiamami come vuoi, anche baldracca, se ti piace, ma non amore. Non te la prendere, ma, anche se scoperemo, e se continueremo a farlo per i prossimi giorni, sai, specie se ben grosso, il cazzo di carne a me piace troppo; e, perciò, rimango etero. Definitivamente convinta, io assentii: “Ok, ci sto; ma senza la vibrazione, però!”

Pegging, il termine designa una pratica sessuale nella quale un uomo è penetrato analmente da una donna che indossa uno strapless, oppure uno strap-on dildo. Fonte Wikipedia. 8


“Non c’è problema, Gia. Vuol dire che quelle me le darai tu”, rispose con un tono sensuale, sorridendomi, rimuovendo dal foro il cilindretto contenente il motorino che avrebbe attivato lo scrollamento. Intanto, guardandomi, lei si era tolta la camicetta: non potei resistere! Tolto di dosso l’accappatoio, ritornai a sedere di fronte a lei, e, dal basso, presi ad accarezzare quelle magnifiche mammelle, che tanto avevo sospirato durante le riprese fotografiche; il suo capo volto all'indietro, soppesandole le tette, estasiata, io contemplavo la bellezza del suo lungo, sensuale collo. Sospirando, Giorgia mi guardò e sussurrò: «Anche tu hai delle tette molto belle, Gia; e specie i capezzoli: sono così gonfi!». Non la lasciai continuare; impadronendomi di quelle sue morbide, tonde chiappette, avvicinai il suo basso ventre alle mie labbra, e, fissandola dal basso negli occhi, presi a leccarle con dovizia la fica. Era già bagnata di suo, e il sapore mi piacque all’istante. Tuttavia, non appena io sentii che lei incominciava a gemere, smisi di colpo per invertire le nostre reciproche posizioni; sapendo che Giorgia era etero, non potevo prevedere come lei avrebbe reagito, e così, dapprima, evitai di baciarla nella bocca. Prima di arrivare a quella, dovevo farla eccitare di più: e quale afrodisiaco è più potente, che non l'intimo sapore di donna? Mi levai in piedi di fronte a lei, che stava seduta; fissandola continuamente, a un palmo dal suo viso, presi a massaggiarmi la fica sino a quando incominciai a colare. Ritta tra le sue gambe divaricate, portai le dita bagnate vicino alle sue labbra, ma non la toccai; dopo qualche esitazione, fu lei, a prenderle nella sua bocca, e a succhiarmele. Il veto era infranto! Con dolce fermezza la rovesciai sul letto, le divaricai ancor più le cosce, e, inginocchiata, sul pavimento, tra le sue gambe, le mani a carezzarle l’interno delle cosce, dapprima baciandola lì, in prossimità dell’inguine, poi ripresi a darci di bocca nella sua fica. Dopo un po’, sentendosi venire, lei mi allontanò il capo, si rimise seduta, e mi sussurrò: “Mi piace molto; ma voglio venire con un cazzo dentro, Gia. Lascia che adesso sia io, a condurre i giochi. Ti dispiace?”. Dispiacermi… capirete! Levatasi in piedi, si sfilò il gonnellino, si tolse la giarrettiera, si sfilò le calze, e, una per volta, me le lanciò: me le portai al naso per riempirmi i polmoni del suo carnale odore. La fica ancora fradicia, Giorgia indossò dei collant: vederla così, era veramente uno schianto! La sua polposa passerina depilata mi faceva l’occhietto attraverso il tenue velo inzaccherato; come resistere a condursi come lei desiderava? Conscia dell’effetto che aveva su di me, mi porse un paio di collant, invitandomi: “Indossali anche tu, Gia; ti aiuteranno a trattenerlo meglio”. Una volta che li ebbi indossati, lei s’inginocchiò davanti a me, con i denti strappò il velo in corrispondenza della mia passerina; stava per ungere la parte più corta dello strapless con del


lubrificante, quando glielo impedii: “Non serve, tesoro; non vedi come sono bagnata? Cacciamelo dentro, dai, che, se non lo fai subito, poi mi pento. Prima di stanotte, la mia fica non aveva mai conosciuto qualcosa di artificiale”. Quando me lo ebbe inserito, non ne fui dispiaciuta; infatti, la parte di quel morbido coso che lei mi aveva infilato nella passerina, terminava con una sezione che, densa d’irte ma delicate prominenze, mi provocava un piacevolissimo effetto sulla clit. Tirandomi verso su la mutandina del collant, volle accertarsi: “Non ti scivola fuori? Riesci a trattenerlo?”. “Stai tranquilla: con gli esercizi di Kegel 9 che faccio giornalmente, neanche sarebbe stato necessario che tu mi facessi infilare il collant per trattenermelo meglio”. Mentre, maliziosa, fissandomi, aveva preso a muovermelo dentro, chiese: “Di che parli, Gia?”. “Di qualcosa che dovresti fare anche tu per dare maggiore piacere sia a te, che agli uomini con cui scopi. Fare tali esercizi, ti rinforza il pavimento pelvico; e così, quando lo hai dentro, il cazzo, dico, glielo puoi pure risucchiare e strizzare, cosa che, senza dubbio, sarebbe molto gradita al maschietto che ti sta scopando”. “In questa settimana che staremo insieme, m’insegnerai, Gia?” Secondo voi, amate consorelle, che altro avrei potuto rispondere, se non: “Non avere dubbi, bambina; specie se, dopo stanotte, ti trasferirai definitivamente in camera mia”. Lei aveva gustato il sapore della mia fica; ormai potevo farle assaggiare anche quello della mia saliva. Così attrezzata con quella lunga e grossa prominenza, che tuttavia non ricordava la bruttura di un pene, presi a baciarla; lei non si ritrasse. Quando ci staccammo, fintamente prepotente, la spinsi bruscamente a stendersi supina sull'alto lettone, con le gambe a scendere dalla sponda. M’inginocchiai sul pavimento, le divaricai di più le cosce, e, anch’io le strappai con i denti il collant, così che il suo perineo e la fica fossero completamente praticabili. Afferrati i suoi polpacci, me li misi dietro alle spalle, e presi a leccarla, prima nella fica, e poi, quando fu di nuovo ben bagnata, anche nell’orifizio di quello splendido culetto. Non volevo mostrarmi troppo impaziente; dopo un po’ di quel trattamento, allungata su di lei sostenendomi con le braccia ai lati del suo corpo, con dei lunghi movimenti presi a strusciarle ciclicamente quella lunga verga, un po’ incurvata, tra le labbra della vagina, massaggiandole anche la clitoride. Lei prese a gemere; come a invocarmi di peneEsercizi di Kegel, dal nome del dott. Arnold Kegel che li ha ideati, sono delle semplici contrazioni volontarie, attuate per esercitare i muscoli del pavimento pelvico. Fonte: Wikipedia. 9


trarla subito, volse le lunghe gambe all’indietro, trattenendosele con le braccia; e così, come lei desiderava, la penetrai lentamente sinché i venti centimetri dello strapless non scomparirono. Fuori di sé, Giorgia mi gridò: “Me lo sento pressare all’imbocco dell’utero! Gia, sfondami; devi violare anche quella mia porta! Voglio sentirti ancora di più”. Naturalmente, mi guardai bene, dal causarle dei danni, e presi a scoparla con velocità e ritmo crescenti, evitando, però, di affondare ancora in maniera esagerata: se qualche affondo può essere ben assorbito dalla naturale elasticità dei tessuti, considerando che lei era di media statura, venti centimetri non sono per niente uno scherzo! Sapete, devo confessare che è stata un’esperienza niente male: scopando in quel modo, il senso del possesso è anche più potente, specie quando, stantuffandola senza requie, la tua femmina prende a gridare, esortandoti a farlo senza tanti complimenti. Anche meglio fu, quando ci invertimmo i ruoli, poiché, ve lo assicuro, sentirsi sbattere in quel modo, è qualcosa che non si può…». Fu interrotta dalle alte grida di Nahed. Divertita, Rashida commentò: «Te lo dicevo, Gia; quando mia moglie viene, lo fa sempre in maniera molto clamorosa. Abbi pazienza, fai una sosta, così che anche lei non si perda il resto di questa tua storia… molto, tanto arrapante. Nel frattempo, dimmi, tu e tua moglie avete portato da Venezia qualcuno di quegli attrezzi?». Fu Nourhan a rispondere: «Gia non mi aveva mai raccontato questa storia; nel periodo in cui siamo insieme, mi ha fatto sempre capire che non ama i giocattoli». Poi, rivolgendosi a lei: «Sei un’imbrogliona, però!». «C’è qualcosa di cui ti devi lamentare?» replicò Gia. «No, certamente; mi scopi da dio. Tuttavia, perché non pure così?». «La questione è, che temevo di contrariarti: si tratta di un modo di scopare molto “maschile”; non ti pare? Anche se, a dire il vero, scegliendone uno di quelli carini, colorati a tinte vivaci oppure di nero, quelli che hanno una forma astratta e non, come si dice, “realistici”, la cosa ci potrebbe pure stare. In ogni caso, è da quella volta di cui stavo raccontando, che io non li uso, e quindi, da qualcosa come dieci anni». Rashida: «Avanti, Gia; facciamo contenta tua moglie. Più in là, dopo la tua iniziazione alla Santa Comunità, quando avremo tempo, andremo sul Web, ne sceglieremo qualcuno, e lo ordineremo; non di quelli con la vibrazione, naturalmente. Parlarne come stiamo facendo ora, va certamente bene; ma, per farci un’idea concreta, non c’è altra via che sperimentare. Se poi, per qualche ragione, non dovesse piacerci, nessuno ci obbligherà a continuare. Ti pare? In ogni caso, io non scarterei a priori anche qualcuno di quelli cosiddetti "realistici", poiché, per il colore, indossati, spiccherebbero di meno e apparirebbero più naturali


sui nostri corpi nudi. Ma ne discuteremo meglio in seguito. Adesso che Nahed si è finalmente calmata, ti prego, continua pure con il racconto». «É colpa tua se sono venuta, Gia; non è tanto per ciò che racconti, ma per il modo in cui lo fai: tu sai essere molto sensuale e arrapante. É così che fai anche nei tuoi romanzi, non è vero? E quindi, non dovrai stupirti se mi farò venire ancora; ciò dipende da quel che seguirà» disse lei, riprendendo sfrontatamente ad accarezzarsi, come a sfidarla a farle avere un altro orgasmo. Contenta per la riprova intorno all’effetto delle proprie parole, Gia rispose con un sorriso, e riprese a raccontare: «Stavo dicendo, lo devo riconoscere, nel novero dei sexy toys, che, in genere, aborro, quello rappresenta l’eccezione; e aggiungo che non mi dispiacerebbe, talvolta, ritornare a usarlo… oppure a esserne servita. Sebbene nulla sia cambiato nelle mie convinzioni intorno agli uomini, devo dire che quell’esperienza mi ha fatto capire che le donne etero non se la passano per niente male: è molto piacevole sentirsi stantuffare in fica e nel culo con un attrezzo adeguato. Sapete, nell’estremità della parte preposta a penetrare, quello di Giorgia presentava un incurvamento verso l’alto: progettato così per sollecitare la prostata maschile, era proprio sfizioso nel lavorarti per benino il punto G10. Dopotutto, specie se sono di un colore che non ricordi la carne, una volta che il grosso plug è infilato nella fica di chi ti scopa, sembrano più che altro un grazioso ornamento delle nostre belle passerine. In ogni caso, in ragione di ciò che dicevi tu, Rashida, quanto ho affermato non significa escludere quelli realistici; di buon gusto, però, e non pacchiani ed esagerati. Come dicevo, con quello di cui ci siamo servite, sfizioso per l’incessante lavorio sulla clit, ogni volta che imprimevo una spinta, questa si ripercuoteva anche nella mia passerina; tant’è, che Giorgia ed io, già alla prima copula, siamo venute insieme. Il che, non è niente male se pensate che noi c’eravamo conosciute da poco». «Soltanto una, Gia?» chiese Nahed, stupita. «Scherzi? Quello fu soltanto l’antipasto: che notte di fuoco, fu quella! Credo che, ricordandomene, ora io sia un po’ bagnata». La moglie, che le sedeva a fianco, strusciò la mano sulla sua vagina; portandosi poi le dita madide alle labbra, leccandosele, commentò: «Un po’, dici? Sei sempre modesta, tu, mia dolce sposa! Mm… che guPunto G, zona erogena ubicata nella parete anteriore della vagina a circa cinque cm più addentro del suo ingresso. Alcune donne provano intenso piacere se il loro punto G è stimolato convenientemente durante l’amplesso. Un orgasmo scaturente dal punto G potrebbe essere la causa dell’eiaculazione femminile, il che porta alcuni medici e ricercatori a ritenere che il piacere connesso al punto G provenga dalle ghiandole di Skene. Alcuni ricercatori, peraltro, negano radicalmente l’esistenza del punto G. Fonte: Wikipedia. 10


stoso è oggi, il tuo rosolio! Ma non venire, sai! Adesso, forza, continua: non vedi che la nostra piccina pende dalle tue labbra?». «Sei una criminale, Nourhan! Prima mi provochi, e poi m’imponi di non venire? Con te che fai scivolare le dita nella mia fica, con Nahed che si sta beatamente lavorando la patatina davanti ai miei occhi, e con la stupefacente bellezza nuda di Rashida, che mi sconvolge non poco, te lo assicuro: non è per niente facile. Beh, pazienza; sarà meglio che io mi distragga, continuando nel racconto di quella vicenda. Come dicevo, oltre al resto, Giorgia aveva anche un culo da sballo: secondo voi, avrei potuto ignorarlo? E perciò, dopo che fummo venute, le sussurrai: «Tesoro, adesso, che dici; ti andrebbe di farlo alla pecorina? Tanto per cambiare e non annoiarci». Neanche mi rispose, ma, intrigata, con dei movimenti sensuali, si mise prona, con le cosce a scendere dal bordo del letto. Una mano sul suo collo e l'altra su di un fianco, imprimerle i colpi, mi dava una gran goduria, perché, ogni volta che affondavo, potevo percepire il suo culetto sodo sbattere contro le mie pelvi; con quel coso dentro la mia passerina, era come se anch’io fossi penetrata in una maniera perfetta, perché oltre a percepirlo muoversi in me, le prominenze di cui dicevo mi sollecitavano alla grande la clit. Mentre me la sbattevo, avvertendo tra le mie cosce il contatto di quel magnifico culo, ve l’ho detto prima, quale fosse la mia brama preferita; dopo quell’altra scopata da dio, ancora abbandonata sulla sua schiena, le sussurrai a un orecchio: “E l’altro buchino, lo lasciamo sconsolato, tesoro?”. Lei girò il capo, ci baciammo, e poi, guardandomi, rispose; “Va bene, Gia; ci sto. Sempre che prima tu mi faccia le coccole; che mi prepari il buchino”. Invereconda oltre ogni limite, Nahed: «Glielo hai leccato davvero per bene, Gia? Con la lingua fin dentro, dico; come piace fare a me… e sentirmelo fare. Era profumato?». «Certamente, bambina: lei era un vento di primavera. Ma, giacché tu dici di esservi avvezza, certamente lo saprai, amore: per quanto accuratamente ci si lavi, da quelle parti rimane sempre un lieve accenno di quel caratteristico aroma. Tuttavia, quando hai la certezza che la tua femmina è pulita, e che di mezzo non ci sono degli escherichia coli11, sotto l’influsso della più sfrenata lussuria, anche quell’acre fragranza prende a piacerti». Senza vergogna, lei replicò: «Come dici tu, Gia, se ho la certezza che è pulito, anch’io amo molto l’odore che emana dall’altro buchino: quand’è che potrò assaporare il tuo? Lo so, che non puoi avere degli Escherichia coli, è una delle specie principali di batteri che vivono nella parte inferiore dell’intestino. I rapporti sessuali oro-anali, possono costituire una delle cause di trasmissione. Fonte: Wikipedia. 11


orgasmi; ma io sì. E perciò, perché non ti fai leccare da me già adesso?». Ancora una volta, Rashida le spedì uno sguardo di rimprovero. Portandosi alla bocca le dita intrise del proprio muco vaginale, delusa, Nahed commentò: «Vabbè… aspetterò. Ma adesso continua con il racconto, Gia; così, almeno potrò darmi un contentino che mi faccia pazientare». Detto ciò, sfrontata come sempre, guardando con provocazione Gia negli occhi, lei riprese ad accarezzarsi senza alcun ritegno. Accalorata come non mai per quelle reiterate ed esplicite profferte di piaceri, Gia riprese: «Quando, l’anello ben rilassato, lei si sentì pronta a ricevermi, prima mi suggerì: “Non così, come stiamo adesso, alla pecorina, Gia; ma dall’altro verso. Mi terrò le cosce con le mani, così che tu possa avvertire bene il contatto con le mie chiappe. Lo preferisco, perché, in tal posizione, l’estremità ricurva del dildo presserà anche contro le pareti della fica, facendomelo sentire anche lì”. Il suo buchino era già ben lubrificato dalla mia saliva; tuttavia, per maggiore sicurezza, divertite per una cosa tanto buffa e priva di concreti effetti pratici, simulammo che lei mi facesse un pompino, così da bagnare ancor di più il dildo già intriso dei suoi umori vaginali. Lo scopo vero era chiaro: così, lei si sarebbe gustata il suo stesso sapore. Dopodiché, passando a cose più serie, guardandole il volto per godermi ogni suo ansito, io presi a penetrarla, dapprima con gradualità, e poi, via via, aumentando il ritmo della scopata; come dicevo, quel coso aveva una lunghezza di otto pollici, il che equivarrebbe a qualcosa in più di venti centimetri, e, ogni volta che affondavo in lei, preoccupata di non farle male con quella specie di siluro, per precauzione io mi arrestavo quand’ero dentro soltanto per una decina di centimetri. A un certo punto, fuori di sé, lei mi urlò: “Lo voglio tutto, Gia! Sfondami il culo! Ah… che goduria sublime!” Capirete: lei contenta, io non mi feci certo pregare. Sapete, anche se l’ho già detto, il senso del possesso che provavo fottendola in fica era forte; ma, nel culo, credo di essermi sentita una specie di dio! Era troppo arrapante sentirmi invocare; e perciò, ogni tanto mi fermavo, la fissavo come se fosse una preda da squartare in due, e lei, ogni volta, urlando, m’implorava di riprendere. A un certo punto, senza uscire da lei, con una manovra da manuale della scopata, stando appoggiata con un ginocchio e con il piede dell’altra gamba sul piano del letto, una mano alla gola, e l’altra a stringerle forte una tetta, ripresi a penetrarla con furia: in quella posizione, infatti, le sue chiappe divaricate allo stremo, io potevo affondare in lei con tutta la lunghezza utile dell’asta, sino a farle percepire all’inguine il contatto del mio grembo, infoiato, quanto bagnato. Per le cazzate che si dicono in quei particolari momenti, quando stava per


venire, lei mi urlò: “Gia, amore; trombami, perforami, togli di mezzo tutto ciò che sta tra il culo e l'esofago. Me lo voglio sentire scoparmi fino in gola!” Dio, che venuta è stata, ragazze! E mi ha pure chiamata “amore”! Credo, nel momento topico, che abbiano sentito il coro di urla sin nella stanza più lontana dalla nostra. Tuttavia, pur contenta, io non ero del tutto soddisfatta: non avevo potuto ancora scoparle il culo come mi ero raffigurata, cioè, alla pecorina. La conoscete, no, la goduria che si prova ad avvertire tra l'inguine e la pancia un bel culetto fremere? Le chiesi: “Come te lo senti, tesoro? Chiedigli da parte mia se può ospitarmi ancora”. “Che scema che sei” sbottò lei, in una risata, seguitando: “Certo, che è ancora ospitale: abituato com’è con il grosso e lungo calibro di quel coglione del mio manzo! Vorresti farti il mio culo anche alla pecorina, non è vero, mia bella troietta? Non ti offendi se, nel privato, ti chiamo così, vero, Gia?” “In questi frangenti, puoi appellarmi come ti pare; basta che poi tu me lo dia ancora, gioia mia”. “Lo sai, Gia, che, più tardi, io farò a te quel che tu avrai fatto a me?”. Mi disse con tono fintamente minaccioso. “Non vedo l’ora che tu mi ripaghi, amore! Anzi, tesoro. Scusami, sai, ma, giacché mi viene spontaneo, non ti devi offendere se, ogni tanto, mi scappa di chiamarti amore, cosa, che d'altra parte hai appena fatto tu". “Davvero? Piena di cazzo al silicone, neanche me n'ero accorta! In ogni caso, chiamami pure come vuoi, Gia; tanto, abbiamo capito com’è, e sarà, il rapporto tra noi due, no?”. “Certamente, bella gioia: soltanto scopativo”. «Gia, avete scopato soltanto alla maniera etero, oppure anche come piace farlo a noi, cioè da lesbiche?» chiese Rashida, incuriosita, quanto interessata. «Sì, Rashida; tra la prima fase, quando io ho scopato lei, e l’ultima per quella notte, quando, a mia volta, sono stata scopata. Ricordi, vero, che cosa Giorgia mi disse? Che non era lesbica, e che voleva sentirsi penetrare da qualcosa di duro che le ricordasse un membro maschile. Se, a scoparla, l’ho accontentata, dopo, nell’intermezzo, mi sono presa la mia bella soddisfazione: l’ho amata alla maniera nostra, e, ad eccezione dei fisting 12, con il servizio completo, compresa la dilatazione della cervice e l’eiaculazione».

Fisting, dall'inglese “fist”, pugno è una pratica sessuale umana estrema, che consiste nell’introduzione dell’intera mano e, in taluni casi, anche di due mani contemporaneamente, all’interno della vagina o del retto. Fonte: Wikipedia. 12


«Vai avanti, Gia, raccontaci: si vede dall’espressione, come questa moglie mia aneli a conoscere i particolari più piccanti; e, a dire il vero, anch’io». Ok. Ora vado avanti... “Stanotte mi stai facendo scoprire un universo che non conoscevo, Gia” mi disse Giorgia. “Anche tu a me, tesoro: questa faccenda dello strapless, mi ha davvero intrigata”. “Vedrai dopo, quando toccherà a me di fotterti!”. Replicò lei, fingendosi di nuovo minacciosa; poi, dolce, seguitò a dirmi: “In ogni caso, tu mi stai facendo scoprire come può essere dolce scopare con una femmina; e, per questo, ti ringrazio, Gia”. “Di nulla, tesoro: ti capisco benissimo; e poiché ormai sappiamo come rilassarci dalle riprese fotografiche, come dalla compagnia di quello stronzo del tuo datore di lavoro, adesso, che ne diresti di conoscere dell’altro?”. “E cioè?”. “Svariate cose, non ultima, giacché ti piace giocare al maschio, eiaculare; sul mio viso, e, in particolare nella mia bocca: sono curiosa di conoscere anche questo tuo sapore, bella gioia”. Sapete, care consorelle, nonostante lei non ci badasse più, io ci tengo a rispettare le donne con cui scopo, e, dopo quel che Giorgia volle precisare all'inizio, anche se talvolta mi scappava di chiamarla amore, io mi sforzavo di non farlo. A quella mia proposta, lei replicò: “Davvero è possibile, Gia? Ne avevo sentito parlare, ma non ci ho mai provato. Certo che lo voglio! Insegnami: vedrai che saprò essere una brava allieva”. E, caspita, se lo fu. Avresti dovuto vedere come ha schizzato, Rashida! In pratica, mi ha lavato la faccia, e, insieme, fatto uno shampoo; e neanche ti dico del suo sapore: marcato… veramente una delizia! Ma l’ho ricambiata, perché lei ha insistito che le insegnassi subito; neanche è stato necessario che Giorgia mi riscaldasse strapazzandomi ancora la clit: mi sono adagiata supina con le ginocchia piegate e le cosce spalancate, e le ho spiegato: “Adesso, entra con due dita dentro di me, e muovile, come a fare segno a qualcuno di avvicinarsi a te, e insisti sino a quando serve; e quando sarà il momento, non ti spaventare, poiché, anche se potrà sembrare, non si tratterà di pipì”. Era la prima volta che lei scopava con una femmina, e non la volevo forzare in ciò che magari avrebbe potuto disgustarla; aggiunsi: “E quando mi vedrai eiaculare, decidi tu se goderti, oppure no, anche questo mio sapore”. Con un tono di voce che preludeva a un ennesimo prossimo orgasmo, Nahed farfugliò: «E lei, Gia?».


«Ormai non più colta di sorpresa, al secondo spruzzo, Giorgia avvicinò la bocca alla mia fica e si prese tutto quel che riuscì, leccandosi poi le labbra con gran gusto. Quel che stava sulla sua faccia, dopo, lo leccai io, ripulendola completamente mentre la baciavo. Con voce più ferma, Nahed: «Lo dici per rendermi invidiosa di lei, non è vero, Gia? Ma, non temere, che, dopo la tua iniziazione, ti farò eiaculare anche l’anima!» la minacciò bonariamente. Rashida chiese ancora: «E che reazione ha avuto Giorgia, Gia; le è piaciuto? Venire eiaculando, intendo». «Avresti dovuto sentirla gridare, Rashida: da un momento all’altro, mi aspettavo che un capannello di persone entrasse nella nostra stanza per vedere che cosa stesse succedendo! Infatti, nel dì successivo, gli altri ci guardavano strano; ma, a me, non me ne fotteva una beneamata minchia. E neppure a lei; chi mostrava di essere incazzato, invece, era quel coglione di fotografo che aveva organizzato il workshop, il quale, con ogni probabilità, aveva fatto dei progetti su di lei; illusioni del cazzo andate a vuoto, naturalmente». «Beh, Gia: ci hai raccontato di te nel ruolo di dominante; ora, per pareggiare i conti, crediamo sia equo che tu ci racconti pure di quando sei stata nell’altro ruolo: vuoi?» la esortò amabilmente la Decana della Comunità. «Con piacere, Rashida; sempre che non siate annoiate». «Annoiate, Gia? Arrapate, vorrai dire» interloquì Nahed. Poi seguitò: «Però Gia, prima di arrivare a quando sei stata scopata nel culo da lei, raccontaci di più intorno a quell’intermezzo lesbico; in tutti i particolari, sai? Forza, che così, ascoltandoti, mi rallegro meglio la ciccina». Tutti i particolari, dici? Ok; allora, facciamo qualche passo indietro. Dunque, ritorniamo a quando, disposte alla missionaria, me la scopai per una prima volta; come dicevo, quando glielo leccavo, il suo culetto mi era piaciuto tantissimo, e cogitai di prendermelo ancora meglio. Ma per lei, quella era la prima volta che stava con una donna, e così procedetti per gradi, in maniera da riscaldarla al punto giusto. Mi sistemai seduta, appoggiandomi alla testiera del letto, la indussi a sdraiarsi supina con il capo tra le mie cosce aperte a farle da cuscino; con una mano mi tolsi da dentro lo strapless, e, ancora bagnato di me, mentre con l’altra mano le accarezzavo e stringevo una mammella, incominciai a passarle sulle labbra quel coso. Mentre i suoi fluenti capelli mi solleticavano molto piacevolmente la fica, Giorgia si stava nuovamente eccitando da matti; presa nella bocca la parte che prima stava nella mia passerina, incominciò a succhiarla come se stesse facendo un pompino a un pene. Masturbandomi con i suoi setosi capelli, io mi era nuovamente eccitata moltissimo, e pensai che potessi farle gustare qualcosa di meglio,


che non del silicone. La indussi a voltarsi, spalancai di più le cosce in una chiara offerta della mia fica; lei non si fece pregare: le sue mani strapparono ancor più il collant, e incominciarono ad accarezzarmi la carne all’interno delle cosce. Dapprima, stette un bel po’ a contemplare la mia passerina, poi le sue dita incominciarono a esplorarla; con un tono di voce bassa, sensuale, mi sussurrò: “Sai, Gia, questa è la prima volta che posso vedere una fica così da vicino; chiaramente, con la mia non mi riesce, se non allo specchio. É molto diversa dalla mia, che è così bruna; la tua è veramente molto carina, e, con queste belle ali aperte, sembra spiccare il volo. Specie per le pulsazioni che le vedo fare, è come un aereo che sta rombando per innalzarsi nell’infinito del piacere”. “Sei brava; anche con la parola, voglio dire” replicai. Non mi aspettavo che la bambina fosse tanto fantasiosa: m’indusse a cambiare di posizione e starmene inginocchiata, prona sul letto, con il capo, in basso, appoggiato alle lenzuola; poi, sfilata dal collo una lunghissima collana che lei portava avvolta in doppio, la svolse. Era composta di numerose perle brune dal diametro approssimativo di mezzo centimetro: maliziosa, Giorgia prese a giocare a farla scorrere con lentezza nella mia fica, a serrarmi le piccole labbra come in una delicata morsa, ogni volta stuzzicandomi la clitoride, e via via facendola scorrere di più all’indentro. Era molto piacevole: incominciai a gemere. Dopo un po’, lei si sedette sul mio culetto a gambe spalancate, con la sua fica che stava vicinissima alla mia. Per un bel po’, Giorgia continuò a farla scorrere in entrambe le nostre passerine infiammate. Infine, m’indusse a voltarmi e a stare sdraiata; su di me, prendendo a tormentarmi i capezzoli con i suoi, prese a far scorrere la collana, profusamente intrisa delle nostre secrezioni vaginali, anche tra le mie labbra. E quant'altro accadde, ve l’ho già raccontato». «Beh, sarai soddisfatta adesso, Nahed? Ora Gia, se non ti dispiace, riprendi da quando ti sei fatta dominare da lei». D'accordo, Rashida; ora vado; mi dispiace soltanto che non mi sia portata dietro lo smartphone, così avrei potuto registrarmi in audio, e avere del materiale di prima mano utile per scrivere un capitolo di un nuovo romanzo. Nahed: «Non te ne rammaricare, Gia; dopo la tua iniziazione, con tutto quel che di folle accadrà tra noi, potrai pure scrivere la Divina Commedia. «Eccellente! E quindi, vediamo un po’ come si sono svolte poi le cose. Capirete, con tutto quel che avevamo combinato sino a quel momento, eravamo inzaccherate di sudore, e altro, da far schifo; così decidemmo di goderci prima un bel bagno nella grande vasca.


Semisdraiate una di fronte all'altra, insaponata, a un certo punto Giorgia fece per alzarsi e uscire dalla vasca. Le chiesi: “Che fai?”. “Pipì, Gia; giacché non avrei altra scelta che chiederti di uscire dal bagno, non ti dispiace se la faccio con te qui?”. “Sì, che mi dispiace”, protestai veementemente. E seguitai: “E perché mai vuoi uscire dalla vasca?”. La bambina incominciava a capire: “E che dovrei fare? Mollarla qui, nell’acqua saponata?”. “Certo; ma non soltanto nell’acqua: su di me”. “Però! Sei morbosetta, eh?”. “E non sai quanto! In ogni caso, io non amo il termine che hai usato: preferisco dire fantasiosa. Dai, adesso non parlare più, spostati, e liberati sul mio capo”. Al momento, lei rimase interdetta; ma, subito dopo, divertita per quel ruolo che lei percepì dominante, non si tirò indietro, e, allargando le gambe, prese a scrosciare su di me. Inutile dire che, a occhi chiusi, io reclinai il capo all’indietro e aprii la bocca per perderne il meno possibile. Alla fine, molto sorpresa, ritornando a distendersi nella posizione precedente, guardando la mia espressione beata, lei commentò: “Ma te la sei bevuta, Gia! Non ti fa schifo?”. “Schifo? Neanche sai, quanto tu sia gustosa, amore mio! E scusami per averti chiamata amore”. Era la prima volta che stavamo in intimità, e nemmeno pensai di proporle di contraccambiarla per quel delizioso drink bevendo me; tuttavia, dalla sua espressione, compresi che la cosa l'aveva intrigata e incuriosita, tantoché, nei giorni a seguire, quando la erudii intorno alla filosofia dell’urino-terapia, fu lei a chiedermelo. In quell'atmosfera pregna di sesso che si era andata conformando, una di fronte all'altra, gli sguardi a osservare il reciproco piacere, fu inevitabile che i nostri piedini fossero attirati, prima dalle cosce e dalle tette, e, infine, dalle passerine; e così, ci facemmo venire un'altra volta. Giacché una parte della sua pipì era andata a finire nell'acqua saponata, decidemmo di prendere anche una doccia. Con l’occasione, le feci una dimostrazione pratica di come si usano gli irrigatori, sapete, del tipo di quelli simili che, Nourhan ed io abbiamo messo qui, nei bagni. Di nuovo allupate anche per l'effetto di quelle intrusioni nella fica e nel culo, potete immaginarvelo, e quindi neanche vi racconto delle audaci carezze che ci siamo scambiate sui corpi insaponati. Tuttavia, sotto la doccia, ci siamo soltanto riscaldate, stando attente a non farci venire un'altra volta: lo sapevamo entrambe, che quel che ci aspettava sarebbe stato mille volte meglio. Nuovamente fresche e profumate, ci siamo


asciugate vicendevolmente, e, giacchÊ, attratte, ci baciavamo di continuo, ci abbiamo messo un bel po’.

(Continua)


Linda Lercari

PRESENTAZIONE


RACCONTO LUNGO - ROMANCE – DELOS EDIZIONI Cosa succede quando una giovane commessa, educata in un rigido collegio, viene punita da due aguzzini che la iniziano ai piaceri proibiti dell'eros?

La divisa da commessa degli eleganti grandi magazzini era l'ideale per lei che aveva ricevuto l'inflessibile educazione di un prestigioso collegio. Una donna graziosa, ma contenuta in regole rigide, severe. Sin da ragazzina le era stato detto che per ogni cattiva azione avrebbe subito un giusto castigo, ma non avrebbe mai immaginato cosa sarebbe potuto accadere nei lussuosi camerini del reparto di alta boutique dove lavorava. Qualcuno ha osservato a lungo ogni sua abitudine, ogni spostamento, tendendo una trappola nella quale cadere e perdersi è sin troppo facile. Fra sete cangianti e pizzi delicati, una punizione fatta di lussuria la costringerà a guardare dentro se stessa fino a scoprire una verità a lungo negata. Ogni centimetro del suo corpo accoglierà carezze e frustino, baci e assaggi: la passione conosce una sola regola: il piacere. ***** Nata in Liguria ed esule per costrizione, Linda Lercari vive una vita fatta di continui spostamenti. Questo le consente di assaporare molti aspetti dell'esistenza umana che sono continuo stimolo e ispirazione. Da oltre venti anni racconti e poesie vengono pubblicati in importanti antologie letterarie sino ad arrivare nelle edicole nazionali, nel 2014, con gli allegati a quattro numeri di "Scrivere" edito dalla Fabbri Publishing per racconti selezionati, insieme ad altri autori, dal sito 20Lines. In un vasto curriculum costellato di piccole e grandi vittorie si segnalano il primo premio per racconto singolo al San Domenichino di Massa, il secondo premio per racconto singolo al Guido Gozzano di Acqui Terme e la pubblicazione della poesia "L'amante Bianca" nell'antologia della Fondazione Luzi ed. 2015. Scrittrice di narrativa, poesia, fantapolitica, racconti noir, romanzi gotici e romanzi


storici, pratica l'arte marziale del Kendo presso la trentennale Scuola Kendo Lucca ed è attrice nella compagnia Next Artists di Viareggio specializzata in testi di Shakespeare rigorosamente in lingua originale.Ha frequentato corsi di recitazione tenuti da Federico Barsanti del Piccolo Teatro della Versilia, da Cathy Marchand del Living Theatre e Mark Roberts dell'Ensemble Studio Theatre di New York. Inoltre fa parte del TOF – Testo Originale a Fronte – gruppo di artisti attivi in Versilia. Ha pubblicato tre raccolte di poesie: "Poesie d'Osservazione" e "Poesie Crudeli" e "Il Vecchio e il Nuovo", quest'ultima tradotta in giapponese; ha inoltre pubblicato sia in cartaceo che in e-book il romanzo horror-gotico "Vittima Immortale".


Speciale settembre

Omaggio a Samia Duarte - Alicia Poz Š - Naughty Pencil 2016


Naughty Pencil by Mauro A. Mauro A. è un illustratore specializzato nella realizzazione di affascinanti ed eleganti progetti grafici. Incantato, come tanti artisti, dalla versatile, incomparabile, bellezza del corpo femminile, nei suoi nudi, banalmente e volutamente definiti col termine “Pin Up”, Mauro riesce a coglie quel mix scabroso, tipicamente femminile, quella soave contraddizione, che si estrinseca dalle sue tavole: innocenza, sensualità… mistero. Ogni opera di Mauro, nella raffinata e sapiente semplicità del tratto è un incanto per i sensi: impossibile descrivere la ridda di emozioni che solo l’originale può trasmettere. Laddove la carta, lievemente ruvida, trattiene e trasmette tutta l’emozione dell’artista e dell’anima erotica della sua modella. Le Opere di Mauro A. sono pezzi unici e rari, vengono realizzate in grande formato e inviate complete di cornice a giorno. Per richieste, curiosità o informazioni: CONTATTI: meetown@outlook.it


Appuntamento a ottobre

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