Belle… senza paura; senza sotterfugi; senza permessi: libere, dalla vergogna di essere o meno ‘qualificate’ per poter essere
… Libere! Perchè il solo pensarlo, è già:
Violenza sulle Donne
Grazie! Grazie, a tutti coloro che hanno collaborato al nostro Calendario 2016. Grazie, a tutti coloro che lo hanno letto o almeno “spulciato”. Grazie, a tutti quelli che hanno condiviso con noi queste paginette web E grazie pure a coloro che lo hanno criticato, apertamente o nel più assoluto riserbo, in segreto… perchè anche loro ci hanno insegnato qualcosa. A volte anche il silenzio la dice … lunga. Sembra una stupidata, invece è stata un’esperienza faticosa: rispettare l’impegno ogni mese, cercando di offrire un prodotto perlomeno “decente” è costato un po’ di impegno, ma è stato fatto volentieri… Perché, per una persona coerente, non c’è soddisfazione più bella che quella di portare a termine i propri impegni. Vincere la pigrizia, il menefreghismo, non soccombere al classico “ma chi me lo fa fare?” ti rende migliore… e io sono fatta così. Grazie! Un dicembre radioso, pace nel mondo, pace nelle famiglie e un anno nuovo con l’augurio che si rinnovi anche la mente delle persone cattive, che capiscano i loro errori e le conseguenze nefaste della loro malvagità.
Quarta Edizione – Dicembre 2016 da un’idea di Giovanna Esse realizzazione by Pakal
© - Giovanna Esse 2016
“Oggi tutti scrivono!” Tutti lo dicono… ed è giusto. Un nuovo, piacevole, intrigante mondo si è schiuso. Grazie ai Social oggi scrivere è diventato più facile che parlare, anzi: parliamo di meno e scriviamo di più. E non è un male: spesso si parla a vanvera, tanto… verba volant, invece scrivere è sempre più impegnativo. Più importante per noi, più interessante per chi ci legge. Ma non basta… per chi non si accontenta; per chi desidera “vestire” anche “l’abito” dello scrittore; per chi desidera vedere la sua opera pubblicata in maniera accattivante, elegante, praticamente professionale c’è: meetale! Meetale è la piattaforma giusta per chi desidera respirare l’allure dello scrittore e non soltanto infilare parole in un piccolo riquadro anonimo. Meetale è il posto più bello per uno scrittore. Sito nuovo, interattivo; interfaccia semplice e confidenziale; sicurezza per il proprio account e garanzia per i propri lavori. Su meetale la tua opera non l’affidi al “vento”!
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Collezionista d’attimo Thet
Se volessi conservare il suo profumo, un consiglio posso darti, don giovanni. Scegli un flacone, del suo miglior profumo. Annusa quest'aroma, con le narici che respirano il suo io. Celata è la vera fragranza, in ogni donna. Vorresti penetrare, come un ladro, in quell'intima stanza, che ti accoglierebbe. Alla fine, sottraile l'aroma, come avessi giaciuto, con Lei. Se mi Baci, prometto di tacere ...
Corsa nella notte Giovanna Esse
Scrivere al servizio della promozione… quando le idee e l’innovazione ispirano l’arte e si trasformano in racconto. Il viaggio è sempre stato uno dei motivi di maggiore fascino e di ispirazione per la letteratura. Adesso la proposta arriva da iGoOn, organizzazione di car sharing con offerte tutte da scoprire. È #intertwine a farsi promotore del momento aggregativo, della gara letteraria… Giovanna Esse e tanti altri autori hanno già accettato la sfida… e TU? Corri che forse sei ancora in tempo. Il contest? Condivido ergo sum.
(…) Una lunga serie di fanali scorrevano alla mia destra, oltre: il nero assoluto. A sinistra, invece, una infinita serie di palazzi signorili. Aprii gli occhi a più riprese e, pian piano ripresi conoscenza. Il sonnellino mi aveva fatto bene… Poco dopo, i palazzi lasciarono il posto a costruzioni più anonime: lunghi muri spezzati solo dal vuoto di grandi cancelli; la via non era meno rettilinea e Paolo affrontava le larghe curve con sicurezza. A destra, ancora e sempre, il nero del mare. - Ma… ma... scusa, siamo a Salerno? – dissi, tornando improvvisamente lucida. - Diciamo di sì, o meglio, abbiamo passato Salerno, questa è la zona Industriale, quindi siamo tra Pontecagnano e Battipaglia! - Tu sei matto… - ero sconcertata e non sapevo se ridere o piangere. Lui non diede molta importanza alle mie lamentele; tranquillo accostò, fermandosi, ma non certo per appartarsi, al contrario, eravamo in mezzo alla gente… ed era l’una di notte! C’eravamo piazzati in una stazione di servizio affollatissima: c’erano camion, autobus, auto e furgoni che andavano e venivano. Capii presto che si trattava di un punto di riferimento per molti lavoratori della notte, soprattutto per i commercianti e pescatori. - Lo prendi un caffè? Accettai volentieri, la nottata diventava sempre più impegnativa. Ero quasi preoccupata: dovevo fare del mio meglio per restare sveglia.
- Vuoi proseguire o no? Questa è la grande domanda. - Ma è assurdo. – risposi – per quale motivo, poi? Pure se andiamo fino al mio paese, e ce ne vuole, io mica posso entrare in casa e dire “buongiorno!”, alle 4 di mattina. Ai miei gli piglia un colpo. Lui aveva fatto il pieno. Avevamo superato Battipaglia, ma non correva; il motore ronzava sornione, trascinandoci avanti, a fil di gas, verso quella notte infinita. - Capisci, Paolo… che ci andiamo a fare? - Per viaggiare! “Per… viaggiare!” Quelle poche sillabe fecero scattare qualcosa. Non so spiegare. Qualcosa cambiò in me e la mia visione, di quella follia, prese tutt’altro significato. Nella mia testolina di ragazza (e non certo “gabbietta”), al contrario: piuttosto ero proprio io l’uccellino: sperduto in un firmamento, in una galassia, di pericoli… oppure di opportunità? di misteri… oppure di conquiste? Mi si aprì davanti un orizzonte nuovo: erano quasi le due, quando mi resi conto che stavo vivendo un’Avventura… E tutto cambiò; e io stessa cambiai! - Sì, andiamo: mi piace! – finalmente partecipavo; mi adagiai nelle mani di quel ragazzo già tanto uomo, e gli affidai volentieri la mia vita, senza fare domande. (…)
La musica era cambiata; anche il ritmo del motore era diverso, più aggressivo. - Questo è proprio uno stronzo! – Paolo scalò di marcia, scendendo in seconda, il motore gridava e le ruote stridevano, cercando disperatamente di rimanere aggrappate alla strada. Quando tornai alla realtà, vidi due luci rosse davanti a noi, ma invece di allontanarsi si avvicinavano vertiginosamente. Col “becco” della nostra macchina eravamo quasi addosso a un’auto scura; rombava peggio e più della nostra, e ci precedeva a forte velocità. Alla curva successiva, dopo una botta di freno, venni sbalzata in avanti sul sedile, poi mi ritrovai, subito dopo, di nuovo schiacciata sullo schienale, per l’accelerazione. Paolo aveva scartato verso sinistra e, con un balzo inatteso, aveva superato l’altro contendente. Quei due matti stavano tirando, e io ero terrorizzata. Paolo, invece, aveva lo sguardo attento e cattivo, e sorrideva leggermente beffardo. - Idiota. – disse tra sé, mentre allungava la distanza tra loro due. Però l’altra macchina non dava alcun segno di voler cedere e abbandonare quella sfida, stupida e pericolosa. Tentò di superarci due volte, nonostante i tornanti stretti che scendevano verso il fondovalle. Purtroppo per me, poche centinaia di metri dopo, le curve terminarono e le due macchine si trovarono davanti un lungo rettilineo. Incurante del fatto che stava invadendo la corsia contromano, quell’altro cretino, rombando, ci affiancò cercando di sorpassarci.
- Idiota al quadrato, questo vuole morire. - E allora lascia che muoia, - dissi impaurita - ti prego, ti prego, rallenta! - Stai tranquilla, - sorrise senza scomporsi. - Tranquilla un corno, siete due pazzi. In pochi secondi eravamo arrivati a quasi 150 km/h, e Paolo ancora accelerava. Lo presi per la spalla, cercando di essere delicata. - Ti prego, ti prego, ho paura… Lui mi guardò come niente fosse, però…
Ti piace questa storia? Vuoi conoscerne il finale? La trovi su Intertwine: CORSA NELLA NOTTE
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Amo la fotografia (dal Cappello di Gia) di Gia Van Rollenoof
Ragionando di Politica, Costume e Trascendente, l’EROS SAFFICO erompe nei suoi toni piÚ fantasiosi e disinibiti.
«Raccontami: com’è, che dalla fotografia sei arrivata alla letteratura?» chiese, cambiando ad arte, argomento. Quella domanda intrigò moltissimo Gia, che si lanciò: «Sai, per lungo tempo ho praticato la fotografia con la “F” maiuscola; più che una semplice fotografa, sono stata considerata un’artista, ed ho esposto tantissimo anche fuori dall’Italia. Quello di cui vado più fiera, tuttavia, è che ho insegnato a migliaia di giovani ragazzi e ragazze a “vedere” oltre che a guardare. La fotografia è stata importantissima per me, poiché, attraverso quest’arte, ho potuto esprimere le mie opinioni e anche le mie emozioni, partecipandole ad altri. Da qualche tempo, però, l’ho abbandonata per abbracciare la letteratura. Mi ero accorta, infatti, che con la fotografia potevo esprimermi solamente intorno a delle “cose” che nascevano o esistevano esternamente a me: insomma, era come se io stessi a una finestra a guardare che succede, a osservare ciò che mi emozionava o che m’interessava, e che poi filtravo, per trasferire ad altri la mia emozione o la personale opinione. Dopo – e ci volle del tempo – mi resi conto che, pur attraversandomi l’anima, ciò che trasmettevo, alla fin fine, non era mio; lo capisci? Parlo delle cose, e non delle opinioni o delle interpretazioni che davo loro; delle cose in sé, che potevano essere persone, eventi, oggetti, e così via. Anche se mi coinvolgevano, quelle accadevano o esistevano fuori di me, e perciò non le consideravo propriamente mie. Insomma, ero vincolata a qualcosa che
non dipendeva da me, e che, quindi, non mi apparteneva. Solo recentemente, purtroppo, ho scoperto che con la letteratura potevo esprimere, invece, qualcosa di mio, d’interiore; insomma, ciò che nasceva in me, che ero io a creare, e che perciò mi appartenevano totalmente, rendendomi quel senso di potenza che solo la creazione riesce a darti. Con la letteratura, quella attiva e praticata – non, quindi, da spettatrice – mi posso inventare dei personaggi che si comportano come se fossero me; e anche delle situazioni o eventi che non esistono se non nella mia fantasia. In tal modo, è come se io vivessi molteplici vite; ma, al tempo stesso, la mia in esse. La quantità e il tipo di personaggi che mi posso inventare sono, in teoria, innumerevoli; e anche se sono diversi tra loro, in ognuno ci sono sempre io: si comportano come li concepisco io. Tu hai letto uno dei miei libri, e perciò, di quei personaggi, ne conosci alcuni: ebbene, io sono, al tempo stesso, Anna, Harlene, Zoe, Dolores, e loro sono me. Quando una mia fan mi legge e s’immedesima in uno qualsiasi dei miei personaggi – che sono, di solito, femminili – ebbene, è come se lei diventasse me, che pensasse ciò che penso io; insomma, lei è in me, e, al tempo stesso, io sono in lei. È come se la possedessi, e se lei possedesse me. E la sola idea di possedere tante donne, sia pure solo a livello rappresentativo, devo riconoscere che mi gratifica molto.
E comunque, c’è un altro aspetto appagante ed entusiasmante: è come se avessi a disposizione una quantità infinita di vite, che sopravvivranno a me, ma che saranno sempre ME. Attribuisco, non so se a torto oppure a ragione, una grande importanza a questa cosa, che non è da poco secondo il mio punto di vista: penso che risieda proprio in questo, la concezione concreta del “divenire eterni”; insomma, il sopravvivere dello spirito alla carne. Con tutti i “benpensanti” che stanno a giudicare senza comprendere, io non lo so se mai diverrò famosa per i romanzi che scrivo, in particolare dato il genere; se, tuttavia, questo dovesse verificarsi, ebbene, le mie idee, le mie sensibilità, le mie concezioni intorno alle cose della vita, mi sopravvivrebbero, e perciò diverrei immortale, “eterna”. Lo sai qual è la cosa che mi farebbe tanto piacere? Che un giorno, che so, fra trecento anni o giù di lì, qualche donna, leggendo le cose che ho scritto, pensasse, “Però, questa Gia… mi sarebbe proprio piaciuto conoscerla da vicino: oltretutto, deve essere stata proprio una sfiziosa porcellina, e anche una gran figa. E scriveva pure bene: sa trascinarti nelle situazioni, tanto che, leggendola, mi sento continuamente bagnata”. Inoltre, devi considerare che la soddisfazione che ne ricavi è grandissima. È un po’ come ritornare a essere una bambina; e nei bambini la caratteristica saliente è l’egocentrismo: che cosa vi può essere di più gratificante che non sentirsi al centro del mondo e delle cose?
Questa, come dire, è l’apoteosi dell’egomorfismo, il trionfo del tuo ego, che, nonostante gli sforzi per farlo tacere, spinge sempre per emergere».
Le Feste con Giovanna
Due proposte per le vostre Feste, due racconti speciali, uno per Tutti, l’altro per i miei Amici più perversi che non vogliono perdere, quest’occasione di relax per accarezzare i miei sogni proibiti, che, come per incanto, diventano anche i loro…
Il Presepe: una favola in 3-D Nel cuore di Napoli, un tratto del lungo decumano che spacca la città perfettamente in due, si chiama San Gregorio Armeno, e quello è ormai il cuore del Presepe. La si creano, tutto l'anno, le materie prime, i presepi finiti, le scenografie, gli accessori e i famosi Pastori, di ogni forma, misura e qualità. Visto che il Presepe è un ritratto vivo della storia, ogni anno, gli artigiani, ispirati dagli avvenimenti più salienti, inventano nuovi pastori. Per questo, sulle Bancarelle, troviamo, tra gli altri, Maradona, Berlusconi, Pino Daniele, Papa Bergoglio, e persino Angela Merkel e Obama. Alla fine del ‘600, Andrea Perrucci, sotto lo pseudonimo di Ruggiero Casimiro Ugone, pubblicò un’opera con il titolo: Il Vero Lume tra l’Ombre, ovvero la Spelonca Arricchita per la Nascita del Verbo Umanato; 3incontrando alterne vicende questa storia ha attraversato i secoli, rappresentata praticamente quasi ogni anno, in occasione del Natale. Noi la conosciamo col nome de: La cantata dei pastori. Quest’opera tradizionale, ormai trasfigurata e abbastanza divertente, viene messa in scena, ancora oggi, dalla compagnia dell’attore e cantante Napoletano Peppe Barra, nell’ultima rivisitazione del maestro Roberto De Simone. Infine, segnaliamo che una Mostra Permanente del Presepe Internazionale si trova nel Celebre Santuario di Montevergine, in provincia di Avellino, e ogni anno si arricchisce di nuove testimonianze.
Benino Dorme e sogna, e non si deve svegliare mai. Oltre a tante figure tradizionali troviamo alcuni personaggi chiave. Il primo è Benino o Benito, un pastore che dorme ed ha una visione: il Presepe. È una figura sciamanica, il suo sonno è estasi, sotto gli abiti lisi di pastore, indossa una camicia blu costellata di stelle. Questa figura umile è celebrata nelle Sacre Scritture: «E gli angeli diedero l'annuncio al Pastore nel sonno.» Benito non deve assolutamente svegliarsi oppure il Presepe sparirà perdendo tutta la sua Magia.
Ti piace questa storia? Continua a leggerla su meetale, la trovi illustrata e con una semplice traduzione in inglese. La Fiaba del Presepe Autore: Giovanna Tales
E adesso fai attenzione‌ entriamo in zona #eros_safe: il racconto successivo è elusivamente riservato a lettori adulti e consapevoli che le scene raccontate potrebbero proporre rapporti sessuali espliciti.
Conciata per le Feste (estratto) Il preambolo serve solo a confessarvi la mia “perversa” fantasia sessuale. Quando, finalmente, raggiungevo la mia casetta tranquilla e gli spazi a me familiari, dopo la tempesta , diciamo, nella quiete di camera mia o nel bagno, ben chiuso a chiave, mi dedicavo a una lunga e deliziosa masturbazione. Libera da affanni e senza fretta, mi attardavo deliziosamente sulle mie grandi labbra e sul clitoride, che, spesso, era ancora arrossato dalle decise e ripetute penetrazioni degli irruenti “compagni di gioco”. Mi piaceva titillarmi e cercavo di farlo al più presto, in modo da ritrovarmi la pancia o la fighetta, ancora irrorate di sperma, a volte secco, altre volte, caldo, liquido e copioso. Lo lasciavo fuoriuscire, a goccioloni, dal mio buco, e me lo trastullavo tra le dita, usandolo come lubrificante: era odoroso d’uomo ... e molto eccitante. Questi momenti di estasi mi portavano a fantasticare e, le mie fantasie, erano incentrate su questi punti fondamentali: essere vista o spiata mentre facevo sesso col mio ragazzo e, inoltre, donare piacere a uno sconosciuto.
Non era tanto l’idea di essere posseduta per mio “gusto”, al contrario, il mio gusto, nei ditalini solitari, era rappresentato dal poter donare, il mio corpo, a chi tanto lo aveva spiato, desiderato, agognato. Una specie di premio inaspettato, la vincita a una lotteria in cui non avresti mai sperato. Tutte fantasie che credevo irraggiungibili o irreali, subito dopo che avevo goduto. (estratto) Quando il vecchio, raggiunto un ritmo che gli confaceva, con una mano si spinse in avanti per cercarmi le poppe, gliele liberai dalla maglia e dal reggiseno, per evitare che mi rovinasse gli indumenti. Ora eravamo nel giardino ... compivamo l’antica copula in mezzo al verde. In mezzo alla natura, fredda, di dicembre. In modo discinto, in totale abbandono, mi lasciavo chiavare da quel poveretto che non vedeva una figa da anni. Mi toccava con bramosia il culo e poi, quando ci riusciva, si aggrappava a una delle tette, che ballonzolavano sotto i colpetti di cazzo che mi imponeva. Don Liborio aveva le gambe un po’ piegate per mettersi al meglio a favore della mia vagina spalancata. Quando mi accorsi che l’eccitazione gli aveva reso il cazzo estremamente più duro, quando ne sentivo la presenza viva fino alla pancia, i movimenti del vecchio
diventarono più virili e, anche se per poco, iniziò a chiavarmi veramente. Era pur sempre un uomo muscoloso e sano. Si rizzò sulle gambe e cominciò a stantuffare come un toro sulla giovenca. Tirava, annaspava e chiavava. Dopo nemmeno due minuti, soffiando dal naso, si irrigidì, gemendo, e allora capii che stava per sborrare. Me lo tolsi dal corpo mentre già le prime gocce di sperma mi irroravano la figa, ma non rinunciai a voltarmi e a prendergli il cazzo in mano ... Volevo vederla e sentirla la sua sborra, alla fine, tutto quello che era accaduto, era frutto della mia curiosità riguardo a come sarebbe venuto il vecchio contadino. Lo sperma gocciolava a fiotti, come spinto da pulsazioni, era bianco, diafano, mi sembrava molto liquido rispetto a quello denso e appiccicoso di mio marito. Ero in estasi, tenevo il cazzone con una mano e le sue palle nel palmo dell’altra. Lo presi in bocca. La sborra usciva ancora. Succhiai, ne ricevetti ancora in bocca, sulla lingua. Il sapore del suo sperma era più o meno il solito, mentre l’odore era meno penetrante. Mentre mi accanivo, sovreccitata, con la figa gocciolante, non feci caso al poveretto, che per poco non mi sveniva addosso, dal piacere e dalla stanchezza. Si aggrappò all’albero per tenersi in piedi.
- Mamma mia, mamma mia ... signò! – mormorava – Signò, non mi tengo, non mi tengo ... – Non capii. Ero troppo intenta a succhiare il pene molliccio ma piacevole; mi resi conto del suo avvertimento solo quando un fiotto salato mi invase la bocca: arretrai.
Ti piace questa storia? Continua a leggerla su meetale, la trovi come, Conciata per le Feste Autore: Giovanna Esse
Wedding Streptease di Anna Marino
Un’altra occhiata allo specchio, nel riflesso si notava chiaramente il mio viso tirato. Naturale era un momento di eccezionale importanza per me. Allentai il nodo della cravatta blu, e m’imposi calma. Il mio migliore amico attendeva all’altare la sua futura moglie, io, come testimone avvertivo la stessa tensione dello sposo. Conoscevo Marc da una vita, avevamo frequentato le stesse scuole, avevamo condiviso le stesse passioni per lo sport. Ero stato io a farlo incontrare con Tina. Lei era la mia vicina di casa. Classica brava ragazza un po’ acqua e sapone. Dedita alla cucina e alla vita familiare. Inspirai a fondo e mi tamponai il viso sudato con l’asciugamano dell’hotel dove si teneva la celebrazione. La porta della Toilette si spalancò. Dall’uscio capolinea Dominic, un altro buon amico della nostra comitiva. Aveva l’aria più tesa della mia. Aggrottai la fronte: «Qualcosa non va?» Chiesi curioso. «La sposa non va» Rispose sarcastico, «si è chiusa in camera e non vuole saperne d’ uscire. Siamo tutti li a pregarla ma lei niente…barricata. Devi fare qualcosa amico. Sei l’unico che può tirarci fuori da questo casino». Lo guardai serio: «D’accordo. Ci penso io». Mi avvicinai alla lussuosa suite e bussai alla porta: «Tina sono Dylan, per favore fammi entrare». Poggiai l’orecchio sull’anta di legno in attesa di risposta. Da l’altra parte, proveniva il suono, di singhiozzi sommessi. «Vattene via». Strillò isterica. Era chiaramente fuori di sé.
Ritentai: «andiamo non fare la bambina, ti stanno aspettando tutti. Coraggio, parliamone almeno.» Niente, nessuna risposta. «Tina non fare la stronza, fammi entrare diamine!» Finalmente, s’ udì lo scatto della serratura. La porta si aprì. La sposa allungò una mano, mi afferrò per il polso e mi tirò dentro. Richiuse velocemente. Sconvolta era dir poco! Aveva indosso il suntuoso abito da sposa, i capelli legati in una acconciatura perfetta, ma gli occhi tradivano le sue emozioni: la matita nera s’era sbavata impastandole il viso. Un ciuffo le ricadeva ribelle sulla fronte e, si torturava le dita ossessivamente. Mi appoggiai alla parete e la fissai accigliato: «Allora… mi dici che ti succede?» Sollevò appena l’ampia gonna che le ingombrava il passo, e si avvicinò: «guardami». Disse tesa «sto per andare all’altare e non ho mai vissuto pienamente la mia vita. Non sono mai stata in discoteca, non ho mai baciato un altro ragazzo, non ho mai fatto l’amore con un altro uomo. Mai nessuna pazzia. Nulla. Adesso, sto per giocarmi tutto, mi sento in gabbia. Non credo di essere pronta per il grande passo, non ce la faccio Dylan.» «Cazzo! hai trovato proprio un bel momento per pensarci!» «Tu non mi capisci.» Tuonò infuriata. «Sì che capisco porco Giuda, ma Marc ti aspetta all’altare, sai benissimo che è una brava persona, vi conoscete da quasi cinque anni. Ti ama follemente darebbe l’anima per te. Non puoi pentirtene ora!». Sembrò rifletterci su. Voltò il capo verso la finestra aperta, persa nei pensieri.
Avanzai verso di lei e posai le mani sulle sue spalle. Mi guardò. «Senti». Continuai nel tentativo di rinfrancarla «mi rendo conto che il matrimonio non è roba da poco. Voglio dire è la fine dei giochi, game over, caput». «Stavi cercando di consolarmi?» Rispose nervosa. Mi passai una mano tra i capelli chiedendomi chi me l’avesse fatta fare, stavo sudando sette camice: «Ok, insomma tu e lui siete fatti l’uno per l’altra chiaro?» «E se non fosse così? Se non fosse lui l’uomo giusto per me? Non sono mai stata con nessun altro…Dylan mi devi aiutare, ho bisogno di risposte, devo sapere, se sto facendo la cosa giusta». La fissai perplesso cercando di captarne i pensieri: «e come intendi capirlo?» Mi afferrò per la cravatta e mi tiro verso di se. Scrutò i miei occhi sgranati e poi concluse con malizia: «Mi aiuterai tu». Mi passarono in testa milioni di domande in pochi attimi. «Ti..Tina». Balbettai sconvolto, cercando di districarmi dalle sue dita. Non mi diede il tempo di replicare. Catturò le mie labbra mettendomi a tacere in un istante. Mi staccai dai suoi tentacoli nel tentativo di sedarla: «ok, ragioniamo. Non posso farlo, cazzo Marc è il mio migliore amico lo capisci?» «Anche io lo sono. Ho bisogno di te Dylan, ti prego!» «No,no. Tu hai bisogno di un amante.» Indietreggiai per mettere le distanze tra noi, ma inciampai e caddi sul divano di pelle nera. Lei approfittò della situazione. Salì a cavalcioni su di me incastrandomi in una nuvola di tulle bianco. Un attimo di silenzio imbarazzante.
Le sue dita laccate di rosso presero a slacciarmi la cravatta per poi passare con gesti frettolosi alla camicia bianca. “Merda!” Pensai ”sto per fare l’amore con la donna del mio migliore amico. Non posso farlo, non devo assolutamente farlo”. *** L’organo intonò la marcia nuziale. La sposa attraversò la navata con un sorriso radioso. Corsi all’altare dal corridoio opposto raggiungendo velocemente lo sposo. Marc si sporse leggermente verso di me: «Dove cazzo sei stato, cominciavo a temere di dover andare a elemosinare un testimone tra gli invitati». Bisbigliò teso. «Un inconveniente dell’ultimo momento». Conclusi incastrando gli ultimi due bottoni della giacca. Sistemai la cravatta e sospirai nervosamente. Marc mi lanciò un’occhiata divertita: «Immagino che genere di… contrattempo hai avuto». Ironizzò facendomi l’occhiolino. «Hai la zip dei pantaloni ancora abbassata». Guardai in basso. «Porca Putt…» «Shssss. Vuoi far venire un infarto al prete?» Le damigelle lanciarono petali di fiori spargendoli su tutto il tappeto. Marc sorrise e mi diede una gomitata: «Guardala. Stupenda! Candida e pura come un fiore». Mi schiarii la voce: «Purissima». Ribadii ironico. La sposa raggiunse l’altare. Il prete cominciò il tradizionale rituale d’unione. Infine giunse alla fatidica domanda: «E tu Tina Spencer, vuoi prendere come tuo
legittimo sposo Marc Donovan per amarlo rispettarlo e onorarlo in ricchezza e povertà, salute e malattia fin che morte non vi separi?» Lei si voltò verso di me. In quell’istante chiusi gli occhi e pregai il Signore che dicesse sì. Nella sala il silenzio venne interrotto da strani mormorii. Molti si chiesero il perché di tanta attesa. Marc notò lo sguardo della sposa perso nel mio. Mi lanciò un’occhiata bieca. Finalmente Tina mormorò il fatidico”Sì”. Fu come se un macigno fosse stato rimosso dal mio stomaco. Era fatta! Il membro della curia, terminò con: «Adesso puoi baciare la sposa». Marc si avvicinò a Tina con gli occhi velati, lei ricambiò il sorriso. Sembrava che tutto stesse filando liscio, ma poi mi guardò. Si sfilò dalla presa del suo sposo e corse verso di me saltandomi letteralmente tra le braccia. «Adesso ho capito cosa voglio!» Urlò eccitata, tra la folla sbigottita che ci osservava scandalizzata. *** L’amore fa strani scherzi a volte. Quando pensi che tutto fili liscio, in un istante sei costretto a ricrederti. La scena della sposa e io che ce la davamo a gambe, rimase per sempre scolpita nella mia mente, come una vecchia polaroid appena scattata. Anche il pugno in faccia che mi beccai subito dopo e i calci in culo dei parenti e degli amici non furono da meno. E pensare che mi ero sacrificato per aiutare lo sposo.
Ok sacrificato è una parola grossa. Diciamo che le intenzioni erano nobili, il gesto…un tantino meno. In fin dei conti però, una lezione l’ho imparata: Quando ci sono donne di mezzo, le buone intenzioni vanno decisamente a farsi benedire.
La Pin-Up di dicembre da Naughty Pencil
I peccati d’Amore di Arianna del Filo
Arrivederci all’anno venturo: novità , sorprese, piacere ma, soprattutto, per questo prossimo
N A T A L E i migliori Auguri di Pace e SerenitĂ Non lasciatevi ingannare dai mass media che ci vogliono divisi e nemici: Amatevi, con pazienza e devozione
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