La donna della Vendetta

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Giovanna S.

LA DONNA DELLA VENDETTA


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UUID: d4357f88-ff24-11e6-9415-0f7870795abd Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write http://write.streetlib.com


Indice

GIO​CA IL GIAL​LO

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GIO​VAN​NA ESSE

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CA​PI​TO​LO PRI​MO CA​PI​TO​LO SE​CON​DO CA​PI​TO​LO TER​ZO CA​PI​TO​LO QUAR​TO CA​PI​TO​LO QUIN​TO CA​PI​TO​LO SE​STO CA​PI​TO​LO SET​TI​MO

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LE DE​DU​ZIO​NI DI LARA KO​VAL​SKI

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CA​PI​TO​LO OT​TA​VO CA​PI​TO​LO NONO

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LE DE​DU​ZIO​NI DI LARA KO​VAL​SKI

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CA​PI​TO​LO DE​CI​MO

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GIOCA IL GIALLO

Novità: Leggi e Gio‐ ca Ben​ve​nu​to! Per pri​ma cosa, ci au​gu​ria​mo che quel​lo che stai per leg​ger​ e ti pia​ce​rà. Poi, vo​glia​mo co​mu​ni​car​ti una in​te​res​san​te no​vit​ à, que​sto li​bro può es​se​re let​to in due modi: - puoi go​der​te​lo come un nor​ma​le li​bro gial​lo, - op​pu​re puoi met​ter​ti in gio​co, da solo o con i tuoi ami​ci, im​‐ me​de​si​man​do​ti nel de​tec​ti​ve Yours e an​ti​ci​pa​re la sua sag​gia con​su​len​te, Lara Ko​vals​ ki. Un’an​zia​na scrit​tri​ce e scien​zia​ta che col​la​bo​ra alle in​da​gi​ni del​l’i​spet​to​re. Come di​ver​tir​si con GIO​CA IL GIAL​LO. Du​ran​te lo svol​gi​men​to del​la tra​ma, l’i​spet​to​re YOURS, si tro​va tra le mani de​gli spe​cia​li in​di​zi, sug​ge​ri​men​ti mi​ste​rio​si che l’as​sas​si​no la​scia ap​po​sta per in​via​re del​le ind ​ i​ca​zio​ni sul​le sue pros​si​me mos​se. Gli IN​DI​ZI sono iden​ti​fi​ca​bi​li come ha​stag (pa​ro​le chia​ve, ag​gre​ga​to​ri web) e sono con​trad​di​stin​te dal clas​si​co simb ​ o​lo, det​to can​cel​let​to, #. Nei ca​pi​to​li che leg​gi ne tro​ve​rai al​cu​ni, tut​ti uti​lis​si​mi alla so​lu​zio​ne del​l’e​nig​ma pro​po​sto dal kil​ler. Poi ar​ri​ve​rai alle par​‐ 2


ti del rac​con​to con​tras​se​gna​te dal​la di​ci​tu​ra: “LE DE​DU​ZIO​NI DI LARA KO​VAL​SKI” Que​sto si​gni​fi​ca che hai “in mano” gli stess​ i in​di​zi del​la scrit​‐ tri​ce... ora, gra​zie agli #ha​stag, tu e i tuoi ami​ci avret​ e po​tu​to ef​fet​‐ tua​re le vo​stre ri​cer​che e, pri​ma di leg​ge​re le pa​gi​ne suc​ces​si​ve, di​bat​te​re tra di voi per poi con​trol​la​re chi ha avu​to più acu​me nel​l’in​tui​re la so​lu​zio​ne de​gli enig​mi. Buon di​ver​ti​men​to, con Gio​ca il Gial​lo. Nota: Que​sta è un’i​ni​zia​ti​va spe​ri​men​ta​le, sa​rem​mo lie​ti di co​no​sce​re il tuo pa​re​re. Se vuoi dar​ci una mano scri​vi​ci: gies​se​sto​ry@​gmail.​com

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GIOVANNA ESSE

La Donna della Ven‐ detta Ven​det​te giu​ste non ne esi​sto​no. (Mi​guel de Cer​van​tes)

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CAPITOLO PRIMO

L'insegnante scom‐ parsa Mar​zo, 2004. Il trambusto si era appena sopito nella Wellington Scool di Wat​ford. Il preside Hogan era finalmente riuscito a ritirarsi nel suo ufficio. Liberatosi dagli investigatori, aveva invitato miss. Gordon, la segretaria, ad approntare la documenta‐ zione necessaria, prima delle 15,30. Non visto, si concesse una corposa sorsata di Scotch (ne aveva una fiaschetta in un sottocassetto segreto) lontano dagli occhi curiosi degli inservienti; a prova persino di quelle iene inarrestabili delle alunne. Il preside non si sentì assolutamente in col‐ pa, per quel​la be​vu​ti​na fuo​ri ora​rio: te​ne​va il li​quo​re per i momenti di emergenza, “E Dio mi fulmini se questa non è un’emergenza!” pensò il flemmatico signore, rammari‐ can​do​si di es​se​re in​cap​pa​to in quel​lo scan​da​lo, a poco più di un anno dal​la pen​sio​ne. Hogan era alto e smilzo, la faccia liscia e curata gli na‐ scondeva qualche anno, ma non era mai stato un bell’uo‐ mo e un’epa, solitaria e rotondetta, lo marchiava, a un oc‐ chio allenato, come un tipo cui, ogni tanto, piaceva alzare 5


il gomito. Cercando di recuperare le forze e, con esse, una par​ven​za di lu​ci​di​tà, si av​viò ver​so la sua pol​tro​na per riposare. L’arrivo degli ispettori scolastici, da Londra, era previsto subito dopo l’ora di colazione, certo miss. Gor‐ don sarebbe stata pronta per distribuire l’avviso nelle classi. Per fortuna era giovedì: prevedeva che, chiudendo la scuo​la il gior​no suc​ces​si​vo, gli in​ve​sti​ga​to​ri e gli ispet​to​‐ ri, avreb​be​ro avu​to ben due gior​ni per pro​se​gui​re le in​da​‐ gini, e, nel caso, pure la domenica,. Quel pensiero lo fece rabbrividire: tale incresciosa eventualità, l’avrebbe co‐ stretto a disertare la partita al Golf Club, perdendo irri‐ mediabilmente il vantaggio già acquisito nel Torneo d’Au​tun​no. Ora c’era silenzio intorno, nessuna classe era senza pro‐ fessore; da nessuna parte arrivava neppure un brusio. Forse tanto riserbo era dovuto anche alla presenza dei due poliziotti, fermi e attenti, in piedi nel cortile dove af‐ facciavano tutte le aule. Le alte vetrate erano state realiz‐ zate relativamente da poco, la costruzione era stata un antico castello, basso, adatto a una guarnigione. Nessuna apertura, sull’esterno, per il primo piano, a causa delle mura spes​se un me​tro. Il se​con​do pia​no in​ve​ce, rea​liz​za​to nel cinquanta, aveva piccole finestre per le camere, quan‐ do la scuo​la era un con​vit​to. Bussarono sul vetro rumoroso della porta e Hogan sus‐ sul​tò… “che gior​na​ta inac​cet​ta​bi​le!” «L’abbiamo trovata, signore!» disse Colber, il bidello tuttofare della Wellington. Sembrava infelice invece che soddisfatto. Hogan lo poteva comprendere; in passato non gli era sfuggito lo sguardo di ammirazione del bidel‐ 6


lo per i fianchi prosperosi della Bridge. Come avrebbe potuto biasimarlo? Anzi, lo aveva invidiato: dopotutto lui e la piacente maestra erano coetanei, mentre il preside ave​va qua​si il dop​pio del​la loro età. «Qui?» dis​se il pre​si​de sbi​got​ti​to «E dove?» «Nel ca​pan​no de​gli at​trez​zi… in fon​do al giar​di​no!» «Ma… ma com’è pos​si​bi​le? Ave​va la chia​ve?» «Non credo… signore, ci sono due chiavi del catenaccio; sono in​sie​me, nel​lo stes​so anel​lo e sono sem​pre ap​pe​se in Segreteria… io chiudo a chiave solo nel week end… il cate‐ naccio blocca il paletto, da fuori, ma da dentro è impossi‐ bi​le apri​re… » «Io non ci capisco niente… insomma, queste chiavi, dove sono?» in​vo​cò il vec​chio in cer​ca di cer​tez​ze. «Sono al loro posto… appese nella bacheca. Ecco: dopo il caos di stamattina, stavo cercando di iniziare a fare qualcosa, ho saputo che domani saremo chiusi. Così sono andato in fondo al giardino per recuperare il secchio. Al‐ lora ho sentito chiamare aiuto, una voce flebile, ho pen‐ sato subito al capanno. Infatti, ho accostato l’orecchio… ancora la voce di donna che invocava aiuto. Ho gridato “Pamela? E’ lei, là dentro?” e lei ha detto di sì; ha chiesto di farla uscire, per carità!» Si vedeva che l’uomo era mol‐ to provato e impaziente. «Io non ho aperto, signore… non sa​pe​vo cosa fare, e sono cor​so da lei!» «Hai fatto benissimo, andiamo… per fortuna ci sono an‐ co​ra i po​li​ziot​ti!» Poco dopo, il piccolo corteo, raggiungeva il capanno, il più di​scre​ta​men​te pos​si​bi​le. 7


Finalmente il bidello liberò il paletto e tirò l’uscio verso l’esterno. Accovacciata per terra, in uno stato pietoso, c’e‐ ra una donna. Era scarmigliata, spossata, sanguinava dalle unghie, per il lungo graffiare sulle assi di legno della por‐ ta. Quando l’insegnante Pamela Bridge, scomparsa da due notti, e ricercata dal mattino, per atti osceni e violenza su minori, invece di vedersi confortare, si sentì trascinare fuori, sull’erba fredda, e ammanettare, cedette a una crisi ner​vo​sa e ini​ziò a stril​la​re come un’os​ses​sa. Sporca, vestita alla meglio, senza calze e senza slip, poco dopo venne caricata su un ambulanza e sedata con una po​ten​te dose di tran​quil​lan​ti.

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CAPITOLO SECONDO

Viaggi paralleli Ot​to​bre, 2015 «Sono felice che ti sia liberata… » disse Emma, raggian‐ te, mentre caricava il voluminoso trolley nel bagagliaio dell’imponente Evoque di Geimy Sovrano. Erano lontani i tempi in cui la prendevano in giro per l’ostentazione dell’opulenza di famiglia… Per chi conosceva la donna e i suoi parenti era acclarato: la famiglia Sovrano (probabil‐ mente grazie a misteriosi traffici con il paese d’origine) vi​ve​va, da sem​pre, nel​la ric​chez​za, osten​ta​ta sen​za trop​po self-control. Dopotutto erano solo chiacchiere, si sapeva che erano commercianti e che nessuno di loro, nonostan‐ te le dicerie, era incorso in problemi particolari con la giu​sti​zia. «Vo​le​vo sa​lu​ta​re tua ma​dre… » «Lascia perdere, non c’è nessuno… ti ho parlato della vil​la in Sar​de​gna?» dis​se Gei​my, men​tre met​te​va in moto, «Sono rimasti tutti là, dovrebbero rientrare a Londra martedì.» poi, imboccando il vialetto «Ci sono passata solo per due giorni; arrivammo con la barca di Greg… ma lo sai, mio padre non lo vede di buon occhio. Non credo sia per lui ma è un tradizionalista: non avrebbe voluto che di​vor​zias​si da Car​me​lo, che pal​le!» 9


«Hai ragione,» disse l’amica «da un lato vivere in fami‐ glia è bello ma dall’altro, tutti si sentono in dovere di sin‐ da​ca​re sul​la tua vita! Cre​do che per l’an​no pros​si​mo ri​tor​‐ nerò a vivere da sola…» Emma Grey non si era mai sposa‐ ta. Dopo la laurea, aveva passato molti anni negli Stati Uniti, facendo esperienza e cambiando un sacco di lavo‐ ri… Geimy, era al corrente delle voci che correvano ri‐ guardo alle strane tendenze sessuali di Emma; nonostan‐ te fossero rimaste in contatto non erano tanto amiche da scambiarsi certe confidenze. Da ragazzine ne avevano fat​te di fes​se​rie ma ora era​no don​ne, don​ne fat​te, con una vita abbastanza stabile e si preoccupavano molto della pro​pria ri​spet​ta​bi​li​tà. Il pas​sa​to era mor​to e se​pol​to, e non ne avreb​be​ro mai più par​la​to. «Com’è che non lo trovi strano?» se ne uscì la Sovrano, cambiando argomento «Un’intervista sulle vecchie Scuo‐ le tradizionali… e ti mandano un invito proprio per noi due, come facevano a sapere che eravamo ancora in con‐ tat​to?» «Uff… ancora con questa storia? Tu sei una cazzo di su‐ perficiale ma appena senti parlare del College tiri fuori le unghie, diventi matta!» disse ridendo Emma. «Te l’ho già spiegato: quando presentarono il saggio su L’Istruzione, tra passato e futuro, riempii un questionario per la casa Editrice… e, alla fine, chiedevano: Sareste interessate a partecipare a un week end – seminario?» controllò che l’amica, finalmente, prestasse attenzione a ciò che diceva «E visto che si potevano inserire due nominativi, ho pen‐ sa​to a te! Tut​to quì… sia​mo sta​te for​tu​na​te.» 10


Emma ave​va sem​pre ama​to i li​bri e, gra​zie al​l’in​fluen​za di uno zio titolato, era riuscita ad ottenere un posto di pre​sti​gio nel​la Bri​tish Mu​seum Rea​ding Room. Or​mai ave​va​no im​boc​ca​to la co​mo​da sta​ta​le, en​tro le 17 sarebbero arrivate a Folkestone, magari giusto in tempo per pren​de​re il te. Un’altra prestigiosa vettura, intanto, percorreva la stata‐ le in direzione di Dover: un’Alfa Romeo G.T.V. Sfreccia‐ va solitaria alcuni chilometri davanti a loro… la mente di Yours, invece, apprezzato detective di Scotland Yard, per​cor​re​va col pen​sie​ro ben al​tre stra​de. Lei lo aveva fatto ancora, era sparita nel nulla da tre giorni e lui si rodeva l’anima. Soffriva per l’accordo scel‐ lerato che aveva stretto con quella donna, affascinante e misteriosa. Ogni cosa in lei era ammantata di mistero, strana, controversa. “Se vuoi continuare questa storia,” aveva detto lei “devi accettare due condizioni. La prima (e lui era trasalito, perché le aveva confidato solo il nome di battesimo e non le aveva mai parlato del suo lavoro, durante quel primo, passionale, rapporto) è che non devi mai cercare informazioni su di me; la seconda è che, quando avrò bisogno di andar via, tu non mi fermerai… Non temere, se mi vorrai è probabile che ritornerò ma non cer​ca​re di bloc​car​mi. Mi co​no​sco… Lo pro​met​ti?» Cinque giorni di crociera sul Nilo, una pausa speciale, forse entrambi stavano fuggendo da qualcosa, però non se lo dissero mai. Forse nemmeno parlarono del passato; come se avessero bisogno l’uno dell’altra, si scelsero e si 11


tennero stretti, durante quell’incantevole viaggio lontano dal mon​do. Quando giunse il momento di salutarsi, lei lo mise di fronte a quella scelta. Nonostante avesse cercato di non farlo trapelare, aveva capito che era un poliziotto e aveva cercato ogni appiglio per troncare, sul nascere, quella loro breve storia ma Yours non voleva rassegnarsi, fece di tutto per convincerla e, quando lei gli dettò le sue con‐ dizioni, alla fine promise. Iniziò così la sua storia con Eva Pool. La donna viveva in periferia, unica pensionante di una vecchia signora assai discreta. Una volta tornati in città, però, i loro incontri non furono frequenti come Yours si sa​reb​be aspet​ta​to, lei era sem​pre mol​to im​pe​gna​ta.

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CAPITOLO TERZO

Il cadavere sulla spiaggia Dopo un paio di settimane nella City, per Yours l’atmo‐ sfera fiabesca delle Piramidi aveva lasciato il posto alla dura routine del lavoro: gli orari sballati ridivennero la norma e l’impossibilità di tener fede a un appuntamento su cinque, una questione di ordinaria amministrazione. La visione “libera” del rapporto, secondo Eva, si rivelò una regola saggia; i due si amavano ma senza impegnarsi e questo li rendeva felici, durante le poche ore che si po‐ tevano permettere di passare insieme. Una vita ideale per un segugio come lui… quel suo difficile mestiere, la causa principale che aveva fatto fallire il suo matrimonio. Inve‐ ce, adesso… Eva e Yours non litigavano mai! Poi lui fece un passo falso… e quella fu la prima volta in cui Eva Pool sparì nel nulla. Erano passati alcuni mesi; la curiosità ebbe la meglio sulle promesse: servendosi della sua auto‐ rità e dei suoi “canali” cercò di scoprire chi fosse, vera‐ mente, Eva Pool ma si trovò di fronte a un mistero. La donna che dormiva spesso al suo fianco, aveva un curri‐ culum blindato: Top Secret. Meglio se, semplicemente, Eva non fosse risultata in nessun archivio; invece no, esi‐ steva ma il suo profilo era inarrivabile, solo un pezzo 13


grosso avrebbe potuto presentare le credenziali per acce‐ de​re ai suoi dati. Un paio di gior​ni dopo, tro​vò solo un bi​‐ gliet​to: “Sono mol​to ad​do​lo​ra​ta per ciò che hai fat​to ma ti capisco e so che la colpa è mia. Perdonami e dimentica‐ mi.” Yours credeva d’impazzire… non pensava che lei gli sa‐ rebbe mancata tanto. Non fece nulla per cercarla, però ogni sera si re​ca​va per​so​nal​men​te a casa sua e con​se​gna​va alla vecchia signora una rosa per lei. Non smise mai. Tren​ta gior​ni dopo il suo cel​lu​la​re squil​lò: Eva era tor​na​ta da lui. *** “BUS​SA​RE IL CAM​PA​NEL​LO, GRA​ZIE” Il foglietto, con l’avviso stilato rapidamente a mano, spiccava sul marmo verde cupo del bancone. A fianco, al‐ cuni depliant del Touring Club, una piccola pila di carto‐ line della Pensione e un vecchio campanello in ottone, di quelli a pressione. L’albergo era carino e pulito, ma dava la netta sensazione di essere troppo “intimo” per ospitare un Congresso. Anche la strada da percorre per arrivarci era stretta e tortuosa, fatta apposta per quella che era la vera natura di quel posticino: una pensione vicino al mare, tipicamente turistica e sicuramente più ospitale d’e​sta​te. Geimy Sovrano batté ripetutamente sul campanello, anche per manifestare, da subito, il suo disappunto, men‐ tre la Grey, più pacata e riflessiva, si impadronì subito di una cartolina pubblicitaria, per documentarsi sui “piace‐ 14


ri” che quel​la va​can​za gra​tui​ta le po​te​va re​ga​la​re. “Ho già provato io… devi aspettare un po’, impaziente signora!” la voce inattesa che veniva dalle loro spalle, fece sobbalzare le due amiche; la donna che aveva richiamato la loro attenzione doveva già essere nella Hall prima di loro, probabilmente era seduta a una delle comode pol‐ trone e si stava godendo il magnifico panorama del giar‐ di​no, che ter​mi​na​va con una rin​ghie​ra, su​bi​to dopo: il blu del mare mai quie​to, del​la Ma​ni​ca. La pri​ma a ri​co​no​scer​la fu Emma e d’i​stin​to ne gioì: «Ma… no… non è possibile: Polly, Polly Horse. E che ca‐ vo​lo ci fai tu, qui?» «Beh, non te la prendere, mia cara ma è la stessa do‐ manda che mi sono fatta io, quando vi ho viste entrare.» Rise apertamente. «Nonostante gli anni, sempre insie‐ me… : la gat​ta e la vol​pe, come vi chia​ma​va​mo al​lo​ra…» Le tre si sa​lu​ta​ro​no con un ab​brac​cio più di cor​te​sia che di felicità. La faccia di Geimy, da sempre insofferente e ab​ba​stan​za vi​zia​ta da non pre​oc​cu​par​si del​l’e​ti​chet​ta, ma​‐ nifestava con chiarezza che avrebbe preferito non incon‐ tra​re la vec​chia ami​ca del Col​le​ge. Polly spiegò loro che era stata molti anni negli States e che era di​ven​ta​ta una scrit​tri​ce, ma non di ro​man​zi; si era specializzata nella produzione di libri scolastici, nell’am‐ bito della puericultura. Anche lei aveva ricevuto un invi‐ to… Intanto non arrivava ancora nessuno e le tre ne appro‐ fittarono per chiacchierare e guardarsi intorno; finché, dietro la gabbia del piccolo ascensore, scoprirono una 15


porta, con attaccato sopra un cartoncino abbastanza grot‐ tesco. in verità. Sopra c’era scritto in stampatello: “SIM‐ POSIO, LA SCUOLA DEL PASSATO PUÒ INFLUENZA‐ RE IL FU​TU​RO?” Ma quando la Sovrano tentò la maniglia, la porta si ri‐ ve​lò chiu​sa a chia​ve… *** «Ecco, de​tec​ti​ve,» dis​se l’a​gen​te, lo aspet​ta​va sul​la spiag​‐ gia, riparato alla meglio, sotto uno spogliatoio del Lido che an​co​ra non era sta​to smon​ta​to, «l’ho ab​bia​mo co​per​to con l’in​ce​ra​ta!» «Chi l’ha trovato?» chiese Yours, mentre la sua mente si met​te​va in moto e si guar​da​va in​tor​no in cer​ca di in​di​zi. «Stamattina, verso le otto, gli operai che smontano le strutture del Lido, l’hanno trovato qui… in questo punto pre​ci​so! Sono scap​pa​ti via… uno spet​ta​co​lo or​ren​do!» Il cadavere dell’uomo giaceva di lato, in posizione feta‐ le. Non aveva più la faccia: tutta la pelle del volto gli era stata strappata, come fosse stato divorato da uno o più ani​ma​li fe​ro​ci, o da pe​sci…

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CAPITOLO QUARTO

La fede all'indice “Purtroppo i proprietari hanno avuto un incidente ma dovrebbero rientrare questa notte. Le vostre chiavi. La cena sarà servita alle 19,30.” Le tre donne si scambiarono un’occhiata sorpresa, dietro al bancone era comparso un personaggio a dir poco strano: occhiali spessi, sopracci‐ glia folte e un posticcio di capelli neri d’infima qualità, anche i baffi erano neri e sicuramente tinti. Infine, il tipo, cercava di nascondere un’altra, fin troppo evidente in‐ congruenza: era effeminato. Un gay attempato che cerca‐ va di na​scon​de​re la sua ten​den​za. Ave​va stam​pa​to sul viso un sorriso stereotipato, di mestiere, e faceva del suo me‐ glio per attirare la loro attenzione sul foglietto che dove‐ va es​ser​si pre​pa​ra​to da solo. “Speriamo che il vostro soggiorno sia piacevole e ci scu​sia​mo per l’in​con​ve​nien​te. Sono Pier, sono il cameriere e il factotum, e purtroppo non posso parlare.” Infatti Pier, continuava a gesticolare gaio, per attirare la loro attenzione sulla sua bocca e sul suo mu​ti​smo. «Quindi, siamo le prime ospiti per la Conferenza; che sarebbe domani, giusto?» la Sovrano, sempre un po’ diffi‐ dente iniziò subito a interrogare l’impiegato, che le rispo‐ se asserendo con la testa e giustificandosi con le mani. «E 17


i proprietari hanno avuto un incidente… ma d’auto?» La risposta, un po’impacciata, fu un’asserzione. «Un inciden‐ te grave?» Stavolta Pier sgranò gli occhi dietro le spesse lenti e, sempre con la mimica, fece capire che non ne sa‐ peva di più. Si chinò sul bancone per stilare una frase su un foglio: “Non vi preoccupate per i bagagli, provvedo su​bi​to.” «Ma no, dai.» Intervenne Polly Horse, pratica. «Funzio‐ na l’ascensore? Ci aiuti solo a caricare i Trolley che poi ci pensiamo noi… va bene così!» Sorrise, mentre Geimy le lanciava un’occhiataccia. Pier, entusiasta, si precipitò ver‐ so le valige posate nell’atrio e, con andatura insicura, se le trascinò verso il piccolo ascensore a vetri. Donne e valige insieme ci entravano a malapena ma, alla fine riuscirono a par​ti​re… do​po​tut​to do​ve​va​no per​cor​re​re un solo pia​no. Visto che erano sole nell’Hotel, fecero un po’ il comodo loro: visitarono le reciproche stanze; criticarono i tendag‐ gi e le passamanerie; controllarono i bagni, che risultaro‐ no puliti e confortevoli, e poi si godettero il panorama dai piccoli balconcini romantici e pieni di fiori, proprio come il giardino, splendidamente curato, che affacciava sul mare. «Ehi, ragazze,» sbottò Emma, mentre il clima euforico le por​ta​va a la​sciar​si an​da​re sem​pre di più e a sen​tir​si del​‐ le adolescenti in gita scolastica, «questa non possiamo proprio perdonargliela, che ne dite?» esibiva un sorriso malizioso e avido stampato sul volto, in mano un bigliet‐ to con un mes​sag​gio di cor​te​sia: “Benvenuti, il Frigo Bar è a vostra disposizione. With Compliments, la Direzione.” Lo stesso foglietto era distri‐ 18


buito in tutte le camere e le donne se la spassarono per un’oretta, organizzando una specie di Party di “Benvenu‐ to”, nel​la ca​me​ra di Pol​ly. «Peccato non poter invitare qualche amico,» disse Emma dopo la seconda Vodka e Lime, poi aggiunse am‐ mic​can​te, «pur​trop​po non cre​do che pos​sia​mo con​ta​re su Pier… come “uomo di fa​ti​ca”!» e rise. «Già!» Aggiunse Geimy, senza pensare «Proprio come ai vec​chi tem​pi…» la bat​tu​ta non fece ri​de​re e ci fu un at​ti​‐ mo di gelo, ma nes​su​na com​men​tò. *** Da Folkestone, Yours dovette spostarsi a Dover, all’East Kent Hospital, un’edificio nuovissimo e assai efficiente. La polizia locale aveva ottenuto di inserire nella struttura un pic​co​lo uf​fi​cio, con tan​to di Fo​re​ste​ria. Al​l’oc​cor​ren​za, poteva essere adoperata come cella provvisoria ma non era mai sta​ta usa​ta. Il de​tec​ti​ve ave​va fret​ta: fret​ta di ca​pi​re cosa na​scon​des​‐ se il misterioso cadavere; fretta di risolvere almeno le formalità di rito, e impellenza di tornare a Londra per sco​pri​re se, la sua don​na, aves​se la​scia​to no​ti​zie. L’am​bu​lan​za ave​va de​po​sto il cor​po sfi​gu​ra​to in una sa​‐ letta riservata, del laboratorio di Patologia. Per fortuna, un chirurgo aveva anche l’incarico di Coroner ed era an‐ co​ra in Ospe​da​le, ma di pro​ce​de​re al​l’au​top​sia su​bi​to non se ne parlava. Confermò solo ciò che un occhio esperto, come quello di Yours, aveva già catturato: l’uomo era 19


morto da poco; era stato sfigurato malamente, anche i polpastrelli erano stati mutilati… ora il corpo giaceva nudo e grigio sul carrello d’acciaio, indossava solo la #fede d’oro e, stranamente, la portava all’indice; le dita del cadavere erano gonfie e rigide, e Yours, completa‐ mente bloccato! Allora il medico eseguì un’azione che la‐ sciò scosso lo stesso poliziotto. Compresa l’impellenza dell’ispettore di ottenere un indizio, e impaziente di tor‐ narsene ai suoi impegni: prese una grossa tronchese e, producendo uno scatto secco, tagliò l’indice del morto, li‐ be​rò l’a​nel​lo e lo con​se​gnò nel​le mani del de​tec​ti​ve. «Non si scandalizzi, ero medico militare… Siamo perso‐ ne pratiche, no?» Infatti, dopo un attimo di sgomento, l’i‐ spettore si impadronì avido del reperto, per studiarlo. Come spe​ra​va, c’e​ra una scrit​ta in​ci​sa: St. #Brun – #B4 – I on MM

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CAPITOLO QUINTO

L'ultima cena La sala da pranzo era molto carina, piena di colore ma fine e ben arredata; non era grande, come tutto il resto dell’Hotel, una decina di tavoli, su di ognuno non manca‐ va un vasetto di fiori freschi; i coperti erano impeccabili ma solo sul tavolo, loro riservato, c’erano sottopiatti in ceramica e un secchiello, già pieno di ghiaccio, per ospi‐ ta​re il vino. La cena era “al Buffet”: le donne, tutte di famiglia bor‐ ghe​se, era​no per​fet​ta​men​te in gra​do di ap​prez​za​re l’e​spo​‐ sizione di raffinate pietanze e la scelta del nutrito menù, corposo ma a base di ingredienti leggeri, perfettamente adat​ti ad un pa​sto se​ra​le. Le tre amiche erano sole, a parte la presenza discreta e spassosa del caro Pier: con la sua andatura indecifrabile e il figurino da “checca”, faceva di tutto per rendersi utile e non far man​ca​re nien​te alle ospi​ti. Essere sole nel locale, dapprima creò un certo disap‐ punto nelle signore ma quando venne stappata la secon‐ da bottiglia di uno champagne delizioso, perfettamente abbinato ai pasti da Pier, non poterono che apprezzare la fortuna di avere un ristorante tutto per loro. Essere libere di non sottostare troppo all’etichetta, dapprima era sem‐ brato sconveniente: adesso era una gioia, e loro se la go‐ 21


derono, lasciandosi andare e dimenticando persino il ca‐ meriere che, discretamente, come fosse una missione, fa‐ ce​va di tut​to per far​le sen​ti​re a pro​prio agio. Finirono tardi, verso le 23, tra risate e schiamazzi, con le scarpe in mano, si decisero a lasciare la sala. Il Buffet era stato onorato, tutto era stato assaggiato. Chissà da quando, al centro del grosso tavolo, un elemento strideva col resto dell’esposizione dei piatti di portata, che giace‐ vano intorno, tutti scomposti e assaltati. Era un calice, un largo calice di vetro… probabilmente antico e di fattura italiana; era pieno per metà di un vino rosso e denso, sembrava sangue. Appoggiato su di un lato del bicchiere, un pezzo di pane semplice che, a furia di assorbire il li‐ quido, vi si cominciava a spappolare dentro… Ma nessuna delle tre ci fece particolarmente attenzione: probabil‐ men​te, in quel caso, l’im​pec​ca​bi​le Pier ave​va “top​pa​to”. Mentre si avviavano, fermamente decise a servirsi del‐ l’ascensore (avevano tutte e tre le gambe molli e la testa che girava un po’), si trovarono davanti Pier, sorridente e compito, che con un gesto teatrale le indirizzava verso la Sala delle Conferenze; la porta adesso era aperta e la luce che ne pro​ve​ni​va era ab​ba​glian​te. “Per​ché no?” pen​sò Pol​ly… poi ad alta voce: « Ehi, ragazze, non siete curiose? Andiamo! Andiamo a sbirciare in anteprima, dai… c’è anche il detto no? Come faceva, Geimy? “la curiosità… la curiosità…» e intanto im‐ boc​ca​va​no in​sie​me l’in​gres​so del​la sala, an​dan​do in​con​tro alla luce ac​ce​can​te di mil​le fa​ret​ti… «La curiosità uccise il gatto… faceva così!» una voce stri‐ du​la e al​te​ra​ta ter​mi​nò il pen​sie​ro con​fu​so di Pol​ly Hor​se. 22


“Ma chi aveva parlato? Era stato Pier… Pier?… ma non era muto, Pier?” Ormai era troppo tardi per provare a pensare. La porta si chiuse, le luci si spensero e loro ten‐ tarono di gridare… ma caddero, intontite e assonnate: caddero lungo una breve scala. Le loro grida divennero la​men​ti e poi, si​len​zio. *** Erano passate le due di notte, stava entrando in casa quan​do il cel​lu​la​re squil​lò, era lei! «Yours!» disse, per abitudine, poi «Amore mio… quanto mi sei mancata: stavo impazzendo! Adesso mi dici cosa ho fat​to sta​vol​ta… ok? E non per​met​ter​ti di riag​gan​cia​re…» «Perdonami, tesoro mio… Tu? Tu non hai fatto niente, assolutamente… tu sei il mio unico amore.» la voce di lei era con​ci​ta​ta, come aves​se fret​ta. «Dove sei? Dimmi dove… vengo subito da te!» Yours la in​ter​rup​pe ma lei non lo ascol​tò… «Sono fuori, gioia, mi spiace… è successo tutto all’im‐ provviso… è un affare, amore, un affare a cui stavo dietro da tempo: ora si avvera, è un’occasione che non posso per​de​re. Cer​ca di ca​pi​re…» «Capire…» la incalzò l’ispettore « Capire cosa? Ho biso‐ gno di te… anche se; beh, veramente adesso ho un caso, un rompicapo fuori città ma io… io lascio perdere tutto, per te lascio tutto… vadano in malora loro e i loro crimi‐ na​li del caz​zo! Io, io vo​glio…» «Lo vedi?» disse Eva, più pacata, con maggiore tenerez‐ 23


za. «È una fortuna, hai da fare pure tu. Pazientiamo qual‐ che giorno, ti prego, se va in porto il mio affare mi siste‐ mo per sempre, vedrai. Ti amo tanto… il mio detective!» poi aggiunse, quasi ridendo, «E vedrai, ho anche una sor‐ pre​sa per te; ve​drai, nien​te più sot​ter​fu​gi, sa​prai tut​to del​‐ la tua Eva… così la smetti di scervellarti, amore mio… ri‐ cordalo sempre: Tu sei l’unico amore mio… sempre… qual​sia​si cosa ac​ca​da!» Ora la voce di Eva sem​bra​va ve​la​ta di tri​stez​za. «Ma cosa vuoi che accada? non dire sciocchezze…» disse lui qua​si rab​bio​so. «Fai bene il tuo lavoro mio dolce detective… ci vedre‐ mo pre​sto… lo giu​ro!» Eva posò e Yours si ritrovò solo nella stanza. Mise la mano in tasca, automaticamente, e tirò fuori la bustina tra​spa​ren​te con den​tro la Fede del mor​to.

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CAPITOLO SESTO

La consulente «Oh, oh… detective Yours» la vecchia signora sorrise e girò le spalle alla porta, si avviò verso il soggiorno e, ri‐ volgendosi ai gatti, «Qualcosa mi dice che il “governo” ha deciso di versarci un po’ di Salmone del Volga… e per me, un sor​so di Vo​d​ka spe​cia​le!» Lara era una che pren​de​va la vita con filosofia; la persona ideale dopo una notte inson‐ ne. «Non hai una buona cera, Yours… sarà la tua fidanzata a tenerti sulle spine? L’incertezza d’amore, è uno degli in‐ gre​dien​ti per con​ser​va​re una gran​de pas​sio​ne.» Lui era preparato, sapeva che Lara Kovalski riusciva sempre a mettere il dito sulla piaga. Voleva attribuire tut‐ to il “malessere” al caso del cadavere senza volto, ma il vero chio​do fis​so era Eva. L’an​zia​na psi​co​lo​ga era an​che ap​pas​sio​na​ta di mi​ste​ri e, a tempo perso, si era laureata in matematica e scienze. Così, qualche volta, faceva consulenze per Scotland Yard; ma ormai il suo vero lavoro era scrivere. Yours era uno dei pochi “clienti” ammessi nel suo salotto. Ospiti fissi erano gli amati gatti; per fortuna, il soggiorno della don‐ na era adatto alle esigenze dei mici… una delle pareti era fat​ta di ve​tri. Nel​la par​te bas​sa c’e​ra​no mol​te aper​tu​re che da​va​no sul gran​de giar​di​no. 25


Il poliziotto accettò il caffè. Non erano ancora le nove ma la giornata della Kovalski era già avviata. L’uomo espose quello che sapeva e poi richiamò la sua attenzione sull’anello… per lui quella “fede” era un segnale, non a caso era infilata al dito indice. Yours temeva di trovarsi di fronte un Serial Killer; sapere che degli innocenti poteva‐ no venire uccisi senza un motivo apparente, lo mandava fuo​ri di te​sta. Dopo il caffè, Lara divenne più attenta e venne subito al sodo. Fece al detective una serie di domande; volle ve‐ dere le prime foto del corpo e così le scaricarono diretta‐ men​te sul suo PC. Con​tra​ria​men​te al sa​lot​to, lo stu​dio era asettico e tranquillo, tenuto con ordine maniacale. Men‐ tre lei esaminava la fede al microscopio, Yours chiamò il patologo dell’East Kent: per fortuna era a buon punto. Mise il te​le​fo​no in viva voce: “…un col​po d’ar​ma da fuo​co, sparato alla nuca. Il decesso risale a non più di 3 giorni fa. Il sangue si è coagulato rapidamente nel corpo, probabil‐ mente per congelamento. La pallottola era ancora all’in‐ terno del cranio, quasi certamente una pistola. Il calibro è raro: 25 mm!” Yours e Lara non si perdevano una parola, intanto la donna faceva volare le dita sul PC: la caccia era aper​ta e lei ave​va ac​cet​ta​to di es​se​re del​la par​ti​ta! “Ah… una cosa: niente pesci né animali strani, le mutila‐ zio​ni del viso e dei pol​pa​strel​li sono sta​te pra​ti​ca​te con un bisturi. Un lavoro non preciso ma efficace; direi che l’as‐ sassino non è un chirurgo… e neppure un macellaio … ehm!”

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*** Le donne si ripresero lentamente. Erano doloranti e in‐ tontite; la caduta per le scale aveva avuto le sue conse‐ guenze… Geimy Sovrano doveva pure essersi rotta un mignolo; quando si toccò il dito che le doleva, era gonfio e caldo al tatto. Tutte si erano procurate dei lividi abba‐ stanza vistosi. L’ambiente era freddo e puzzava di umi‐ do; poi si accese un neon,da qualche parte. Si resero con‐ to di trovarsi nel deposito dell’Hotel. L’edificio era nato per quello scopo, quindi, nel seminterrato, c’erano solo pilastri, per lasciar spazio al deposito. Di fronte alle scale, su una pa​re​te, spic​ca​va la por​ta di una cel​la fri​go. La gravità della situazione divenne chiara rapidamente: non sapevano da quanto fossero lì sotto, avevano freddo, si sentivano male ed erano completamente nude. Tutte era​no le​ga​te come cani, tra​mi​te un paio di ma​net​te mo​di​‐ ficate e agganciate a una catena lunga, fissata a ganci sui pi​la​stri. La porta della cantina si aprì e qualcuno scese per le scale. Dopo un attimo di smarrimento le tre riconobbero la fi​gu​ra ap​pe​na ar​ri​va​ta… ecco chi era l’im​pro​ba​bi​le Pier! Ecco spiegato lo strano modo di incedere e il finto muti‐ smo. Come un fantasma, la figura femminile si muoveva lentamente, sembrava interessata esclusivamente alle ca‐ te​ne che le te​ne​va​no pri​gio​nie​re. «Ascolta, vecchia troia,» la Soprano dimenticò persino il dolore e, schiumante di rabbia, aggiunse «la mia fami‐ 27


glia non per​do​na: ti fa​ran​no a pez​zi per que​sta pa​gliac​cia​‐ ta!» L’al​tra alzò lo sguar​do e ab​boz​zò un sor​ri​so ama​ro: «La tua famiglia… non ti rivedrà mai più viva, miss So‐ vra​no!» Polly Horse fu la prima a rendersi conto che per loro era finita sul serio… e vomitò, mentre si accasciava sul pa‐ vi​men​to. *** Era mattina presto, quando Yours arrivò nel vecchio magazzeno in disuso. Stavolta il cadavere era in perfetto stato; era stata una bella donna, sembrava dormisse se non fosse stato per il piccolo foro nella nuca. Sul pavi‐ mento polveroso il suo “abbigliamento” sexy, strideva vi‐ sto​sa​men​te; sem​bra​va una bam​bo​la in “bur​le​sque”. Il cellulare squillo, era Lara: “La fede, ispettore, la scrit‐ ta… non è una data ma un in​di​riz​zo…” «Lo so,» disse Yours, senza forze «cerco di tornare pre‐ sto a Lon​dra…» “No, se puoi, aspettami lì, credo sia meglio.” disse Lara, av​vi​li​ta.

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CAPITOLO SETTIMO

L'indirizzo nascosto L’ispettore Yours preferì liberarsi dagli agenti della po‐ lizia locale. Nonostante piovigginasse, si era fatto lasciare a pochi passi dalla stazione di Priory. La dottoressa Ko‐ valski sarebbe arrivata col treno delle 15, mancavano una ventina di minuti. Aveva una camera prenotata con vista sul mare: chi arriva da Londra non disdegna mai di lan‐ cia​re uno sguar​do al con​ti​nen​te. Gli iso​la​ni sono fat​ti così. Yours or​di​nò un caf​fè e se​det​te nel​la ve​ran​da di un Bar. I suoi pensieri erano divisi tra il suo amore che, per il momento, lo teneva sulle spine e l’indagine sui delitti in‐ comprensibili del maledetto killer: ne era certo, l’assassi‐ no era lo stesso. Entrambe le vittime erano state uccise con un colpo alla nuca. Un’esecuzione precisa con una stra​na pi​sto​la: pic​co​la, rara ma ugual​men​te im​pla​ca​bi​le. Poi arrivò Lara, per fortuna con una valigia piccola, da don​na “pra​ti​ca”. La piog​gia sot​ti​le ren​de​va con​for​te​vo​le il posto, così, tornarono a sedersi allo stesso Bar, e Yours ri‐ prese a pensare, ma stavolta ad alta voce. La signora ordi‐ nò un “Ape​ri​tif” al Per​nod. «Non credo ci siano dubbi, si tratta della stessa mano, ma le vittime non potrebbero essere più eterogenee; an‐ che il trattamento loro riservato è strano, discordante.» raccontò Yours, per informare Lara delle sue deduzioni. 29


«La donna trovata stanotte, era vestita con abiti da burle‐ sque, coloratissimi, e truccata pesantemente, come gli at‐ tori… ma a che scopo? Non è stata riscontrata nessuna traccia biologica; qualcuno le ha infilato calze e indu‐ men​ti, quand’e​ra già mor​ta.» «Si sa chi è la vittima?» Chiese Lara, mentre seguiva at‐ ten​ta​men​te le elu​cu​bra​zio​ni del de​tec​ti​ve. «Credo lo sapremo presto; il viso era intatto, anche le impronte. Doveva essere una donna ricca, il suo corpo era mol​to cu​ra​to.» «Quindi, una signora bene; ne avranno denunciato la scom​par​sa?» «Probabilmente sì, stanno controllando tramite Inter‐ net» fece lui « Invece l’altra vittima doveva essere un uomo di fatica, robusto. Ah, dimenticavo, era uno che al‐ za​va il go​mi​to, è ri​sul​ta​to dal​le ana​li​si.» «Diverso pure» disse lei «il “modus operandi” del killer, no? Mi hai det​to che era mu​ti​la​to; il viso sfi​gu​ra​to.» «Pro​prio così!» con​fer​mò l’i​spet​to​re. «Sai, mio caro, ho riflettuto molto sull’accaduto, per questo ho deciso di venire. » finì la sua bibita, soddisfatta mentre le guance le si colorivano «Però devo vedere i luoghi; potrebbe essere sfuggito qualcosa, invece sono convinta che, l’assassino, lasci deliberatamente dei “se‐ gna​li”!» «In che sen​so?» chie​se Yours. «Ma come, non lo vedi? Quante cose che non quadra‐ no; simbolismi dappertutto, indizi che sembrano occulta‐ ti e in​ve​ce: sono evi​den​ti.» «Ah, a proposito, cosa avevi scoperto della scritta nell’a‐ 30


nel​lo, come sa​pe​vi che era un in​di​riz​zo?» *** Tranne che per le manette, le ragazze erano libere di alzarsi e potevano spostarsi di un metro o poco più. Cer‐ ca​re di strat​to​na​re era peg​gio: Pol​ly Hor​se ci ave​va pro​va​‐ to ed era sta​to ne​ces​sa​rio l’in​ter​ven​to di Pa​me​la, per si​ste​‐ marle: il sangue non circolava più nelle mani. Pur aven‐ dola vicino, Polly era terrorizzata e non tentò niente con‐ tro di lei; poche ore prima aveva visto con quanta fred‐ dez​za ave​va giu​sti​zia​to la So​vra​no. Sen​za pie​tà. «Su, signorina Sovrano, alzati in piedi!» Le aveva ordi‐ nato standole davanti, il viso disteso non mostrava alcun segno di tensione: fredda e distaccata, com’era stata un tem​po; an​co​ra bel​la! «Fottiti, stronza,» ribatté Geimy che l’aveva sempre odiata «Farai la fine che ti meriti, tornerai in galera e sta‐ vol​ta non usci​rai più!» Pamela teneva in mano una bacchetta; la fissò, e poi sorrise freddamente. «Ti ringrazio, Sovrano, mi rendi le cose più facili.» Si spostò verso il muro e prese una boc‐ chet​ta del​l’an​tin​cen​dio. «Per pri​ma cosa fac​cia​mo pu​li​zia,» dis​se, in​di​riz​zan​do​le addosso il getto sotto pressione «visto che ti sei cagata ad‐ dosso e hai un odore nauseabondo.» La Sovrano si avvilì e finì per arrendersi: piangendo e strillando, obbedì e si alzò. «Bene, adesso voltati!» la Bridge continuava a non mo‐ 31


strare animosità ma solo il desiderio di essere obbedita. Le altre amiche restarono per terra, terrorizzate. Tutta la sce​na ave​va un che di in​cre​di​bi​le, di grot​te​sco. «Chìnati!» gridò l’insegnante e la colpì sulle natiche con forza. La Sovrano gridò, accovacciandosi sulle ginocchia per il dolore. «Chìnati, ho detto!», la ragazza eseguì e Pa‐ mela la colpì ancora, forte, facendo sibilare la canna nel silenzio del garage. La fustigò poche volte, controllando i segni sul culo chiaro. Geimy era addolorata, mortificata e piangeva di rabbia. Poi, Polly ed Emma videro la scena che fece perder loro ogni speranza: Pamela Bridge, estrasse un piccolo oggetto dalla tasca del Jeans e, con freddezza, esplose un colpo nella nuca di Geimy. La ra‐ gazza stramazzò per terra senza vita. Dopo, senza esitare, la donna liberò il cadavere ancora caldo e, meticolosa‐ mente lo vestì, con lingerie coloratissima, da puttana. In‐ fine alzò il corpo con un carrello e lo caricò, come un pac​co, su un fur​go​ne.

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LE DEDUZIONI DI LARA KOVALSKI

Primo gioco: la scritta nella vera La scien​zia​ta guar​dò Yours con aria fur​bet​ta: «Non era tut​to così mi​ste​rio​so come cre​di… sai? ba​sta​va ri​flet​‐ te​re, era scrit​to tut​to lì, anzi, l’as​sas​si​no ci ave​va det​to an​che trop​po… se solo ci fer​mas​si​mo a ri​flet​te​re, a vol​te… La fede si por​ta al​l’a​nu​la​re, gius​ to?» Yours an​nuì, ga​sa​to dal​la pie​ga che ave​va pre​so la con​ver​sa​zio​ne «In​fi​la​ta nel​l’in​di​ce di un mor​to cosa vuol dire se non “Ehi… at​ten​ti, sono un in​di​zio!” E den​tro? Una scrit​ta fre​schis​sim ​ a sul​l’o​ro, vec​chio di anni… quind ​ i? Quin​di, un in​di​zio pre​ci​so; per​si​no di un qual​co​sa che, voi uo​‐ mi​ni, non sco​prir​ e​ste mai!» «Cosa?» scat​tò Yours, ve​ra​men​te sor​pre​so da quel​l’af​fer​ma​zio​‐ ne… «Quel​lo è l’a​nel​lo nu​zial​ e di un ma​tri​mo​nio sen​z’am ​ or​ e! La fede era usa​ta, lisa, ma den​tro non c’e​ra mai sta​to scrit​to nien​‐ te… solo due che si spo​sa​no sen​za amo​re, non in​ci​do​no nem​me​no la data sul​l’a​nel​lo. In​fi​ne, la scrit​ta mi​ste​rio​sa, con l’er​ro​re fin​‐ to, e la​pa​lis​sia​no. St. Brun… il no​stro uomo ri​chia​ma l’att​ en​zio​‐ ne su un gio​co di pa​rol​ e: St. Brun non è l’err​ at​ a tra​scriz ​ io​ne di Saint Bruin ma vuol in​di​ca​re Bruin Street, scrit​to male… in​fat​ti in​ve​ce di Bruin, l’in​ci​so​re ha scrit​to: Brun… ha sba​glia​to? O no, 33


no che non ha sba​glia​to, sia​mo noi a os​ser​va​re le cose in ma​nie​‐ ra su​per​fi​cia​le… Brun è la chia​ve per ca​pi​re il re​sto: “Cer​ca​te nel​la stra​da Bruin” ci dice l’as​sas​si​no “e, con que​sto fin​to er​ror​ e, vi dirò an​che il nu​me​ro civ ​ i​co… che è il 36!» «Ma è… è esat​to! E’ pro​prio così: il ca​da​ve​re del​la don​na è sta​to tro​va​to in una vec​chia of​fi​ci​na, al 36 di Saint Bruin Street!» Yours era più ar​rab​bia​to che sor​pre​so, la suc​ces​sio​ne, spie​ga​ta dal​la scrit​tric​ e, sem​bra​va qua​si lam​pan​te. «Vedi, ami​co mio… #Brun è stat​ o un ma​te​mat​ i​co: era fis​sa​to con i nu​me​ri Pri​mi, ha sco​per​to una #Co​stan​te, chia​ma​ta #B-4, che ri​guar​da i num ​ e​ri #Pri​mi_​Qua​dru​pli… uno dei tan​ti mi​ste​‐ ri di que​ste se​quen​ze al​ge​bri​che. Ora devi sa​pe​re che, i Pri​mi Qua​dru​pli sono no​te​vol​ment​ e rari, se ne con​ta​no so​la​men​te 7 se​‐ quen​ze nei pri​mi 2000. La pri​ma su 2000 (come ind ​ i​ca chia​ra​men​te la scrit​ta: I su MM) è: 5, 7, 11, 13. Ad​di​zio​nan​do que​sti sem​pli​ci nu​me​ri vie​ne fuo​ri il 36! E ol​tre ad aver​ci for​ni​to l’in​di​riz​zo esat​to. l’as​sas​si​‐ no ci in​for​ma an​che di un’al​tra cosa: “At​ten​ti, sono una per​so​na col​ta!”» Il de​tec​ti​ve la guar​da​va a bocc​ a apert​ a, poi dis​se: «Cor​ria​mo sul luo​go del de​lit​to, non c’è tem​po da per​de​re… c’è qual​co​sa che devi ve​de​re!»

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CAPITOLO OTTAVO

Le ragazze del "Trio" - Come puoi essere arrivata a tanto… – disse Polly Hor‐ se con un fil di voce. Lo sfinimento l’aveva annullata, quasi non provava paura. Quella rovina era giunta senza preavviso. “È vero” aveva pensato, sola e terrorizzata, legata come un cane, ge​la​ta dal​la not​te. “Ab​bia​mo fat​to una por​ca​ta. Ma uc​ci​de​‐ re, a sangue freddo, per un maledetto atto di bullismo.” Con la febbre, nel delirio, Polly malediceva tutti e trema‐ va. La sua amicizia con la Sovrano, una scelta obbligata! Lei non era come loro: vanesia, prepotente. Non era un’oca esibizionista e non viveva esclusivamente per sen‐ tir​si al cen​tro del​la “sce​na”, ma era trop​po in​tel​li​gen​te per re​star​ne fuo​ri, tra le più “pic​co​le”, le sfi​ga​te. Il “Trio”: le chiamavano così; e, per loro, quell’ultimo anno do​ve​va es​se​re un trion​fo. Giovani, disinibite, apprezzate persino dalla maggio‐ ranza degli insegnanti: Polly era il genio, Emma era scal‐ tra e Geimy: Geimy Sovrano aveva una famiglia alle spal‐ le a cui era me​glio non dire di no. In​ve​ce andò tut​to stor​to! Infrangendo ogni regola, Geimy, alla fine di giugno del penultimo anno, era riuscita a strappare un bacio “alla francese” al professor Hiden, l’affascinante insegnante di 35


filosofia. Tutte gli sbavavano dietro, e tanto era bastato alla Sovrano per attaccare e poi, passare l’estate con la ferma convinzione di essere innamorata. Era tornata ver‐ gine; ascoltava la Callas; aveva gli occhi al collirio e le far‐ fal​le le ave​va​no ni​di​fi​ca​to in pan​cia. Poi, a settembre, era arrivata Pamela Bridge: era bella, era già donna ed era tragicamente fidanzata con Hiden. Aveva ottenuto la cattedra di letteratura e si stabilì a casa del suo “innamorato”, in attesa di un imminente matri‐ mo​nio. Se Pamela non fosse capitata nella loro classe probabil‐ mente non sarebbe mai successo nulla ma il destino si ac‐ canì! Polly era sensibile, lo sentiva nell’aria: l’atmosfera di​ven​ta​va elet​tri​ca, in aula. Mentre Pamela accudiva, beata, alle sue incombenze di insegnante innamorata, la Sovrano schiumava di rabbia. Tra le due ci fu qualche scaramuccia che la donna seppe spegnere con pacatezza, lasciando dietro sé una Geimy intossicata dall’odio. Dopo Natale, all’incontro con i geni‐ tori, i Sovrano, certi delle indiscusse virtù della figlia, nem​me​no si pre​sen​ta​ro​no. Allora la Bridge, coscienziosa, li fece chiamare, visto che, per lei, la strana ostilità di Geimy non aveva spiega‐ zioni. La ragazza non rendeva: probabilmente stava attra‐ versando un momento difficile… Se solo avesse saputo che era pro​prio lei la cau​sa di tut​to! Era troppo: la Sovrano decise che “il Trio” doveva agi‐ re: bisognava dare una lezione a quella stronza. La santa‐ rella perfettina che aveva osato, prima rubarle l’amore e poi mortificarla così. Emma e Polly non erano d’accordo 36


ma per l’altra quella faccenda era diventata un chiodo fis‐ so. “Le faremo solo uno scherzo ma uno scherzo pesante, que​sto sì!” e ri​de​va pre​gu​stan​do la ven​det​ta. Geimy teneva per le palle Ted Colber, da 3 anni era il factotum della scuola. Ted non brillava, ma era un bel‐ l’uo​mo di 35 anni; Gei​my ci sco​pa​va spes​so per​chè lui era sempre disponibile e i ragazzini troppo stupidi. Una vol‐ ta, dopo una fe​sta, si era ti​ra​ta die​tro an​che Emma Grey e da quel​lo che le rac​con​ta​va​no ave​va​no in​sce​na​to pa​rec​chi gio​chet​ti “stra​ni”. Così, un venerdì, alla fine delle lezioni, Emma e Polly attirarono la giovane professoressa nel capanno in fondo al giardino, ma appena lei fu dentro, con l’aiuto di Gei‐ my, la legarono e la imbavagliarono. Pamela non credeva a quello che le stava accadendo… pensava che le tre fosse‐ ro im​paz​zi​te. La la​scia​ro​no li, da sola fino a tar​di. Le ragazze tornarono dopo mezzanotte, e c’era anche Col​ber, che però si era in​cap​puc​cia​to. «Sei un idiota!» disse Sovrano, «Vedrai che alla fine del‐ la gio​stra que​sta stron​za do​vrà solo lec​car​ci il culo.» E die​‐ de inizio alle danze, strappando la camicetta della mae‐ stra per denudarla. Ancora legata, la tenne per il collo e la fece abbassare in una posa oscena, intanto, Emma Gray liberò il pene del giardiniere e con la bocca lo fece eccita‐ re. L’atmosfera si fece incandescente; Ted sembrava un toro pronto a montare la giovenca. L’insegnante non po‐ teva strillare ma si dibatteva come un’ossessa; Geimy la schiaffeggiò prendendoci gusto, poi le legò i piedi per 37


non farla più scalciare. Quando, finalmente, Ted la pene‐ trò con forza, gli occhi di Pamela sembravano voler usci‐ re dalle orbite. Ted la infilò solo per pochi minuti e ven‐ ne in lei senza ritegno. Quando le uscì dal corpo, aveva il membro sporco di sangue. Ci fu un attimo di gelo: “lei” era ancora vergine. Ma questo particolare rinvigorì l’odio della Sovrano e la certezza di aver colpito duramente la “fu​tu​ra spo​si​na”. Pamela venne violentata più volte; poi passarono alle foto. La donna fu costretta a bere; la vestirono con bian‐ che​ria sexy e la im​mor​ta​la​ro​no in pose osce​ne. Il sabato mattina, la Bridge fu abbandonata nella casu‐ pola. Tom, intanto, se la svignava, mentre le tre ragazze, terrorizzate e in lacrime, sporgevano denuncia contro la mae​stra.

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CAPITOLO NONO

Il segreto dell'uovo sodo «Peccato!» disse Yours; chiamando, aveva scoperto che il ca​da​ve​re era sta​to già ri​mos​so. «Si fermi!» strillò Lara all’autista, poi, a Yours: «Dagli l’in​di​riz​zo del​l’o​bi​to​rio, pre​sto.» Il de​tec​ti​ve ese​guì sbi​got​‐ tito, ma le chiese come mai avesse cambiato idea. «Ascol‐ ta, amico mio: io mi fido di te. Not be born yesterday: se tu mi dici che hai notato “delle cose” sulla vittima, corria‐ mo, pri​ma che fac​cia​no a pez​zi quel​la po​ve​ra don​na…» L’assistente del Coroner, una ragazza bassa e robusta, aveva appena rimosso la lingerie pregiata trovata sulla morta. Non c’era nessuno nei paraggi e aveva fatto prima possibile ad infilare tutto in una busta. La “merce” era nuova, e se fosse stata dimenticata, c’erano molte proba‐ bilità di farla sua. Adesso, con latte detergente e cotone, si ap​pre​sta​va a can​cel​la​re i se​gni di quel grot​te​sco make up. «Ferma così!» La voce imperiosa di Yours fece trasalire la ra​gaz​za, che ri​ma​se con la mano a mez​z’a​ria. Si pre​sen​‐ ta​ro​no. Lara iniziò a studiare il cadavere, soffermandosi natu‐ ralmente sul viso. Come l’altra era una bella donna, sicu‐ ramente borghese. Il trucco che le copriva il viso come 39


una maschera era assurdo, eppure sembrava adatto a va‐ lo​riz​zar​ne cer​te pe​cu​lia​ri​tà nei li​nea​men​ti. «E’ un #coniglio, giusto?» disse la Kovalski, e l’ispettore assentì, «Però l’estetica non c’entra niente, vedi com’è grossolana la fattura? Di certo un altro simbolo, un altro #indizio per “noi”, forse.» La scienziata si guardò intorno. «C’è al​tro? Cosa in​dos​sa​va?» L’assistente del Coroner tremò e vide naufragare i suoi pro​get​ti, ma Yours in​ter​ven​ne: «Una cosa molto… fuori tema, diciamo: un #uovo_sodo probabilmente. » Poi si rivolse alla ragazza «Lo hanno por​ta​to qui, si​gno​ri​na?» «Oh, sì, detective,» rispose lei zelante «ho dovuto fatica‐ re per levarglielo di mano senza romperlo.» Rendendosi utile, pregava di “farla franca”! E porse l’uovo, che aveva co​scien​zio​sa​men​te ri​po​sto in una bu​sti​na. Lara Kovalski lo osservò attentamente e poi sedette su una panca. Intanto il Corner, che Yours conosceva già, fece il suo ingresso. Il medico sembrava contento di tro‐ vare un po’ di movimento invece della triste routine di una sala au​top​ti​ca. «Ascoltate,» disse Lara, rompendo le “effusioni” « non c’è un minuto da perdere: dobbiamo aprire l’uovo! Cre‐ do di aver ca​pi​to dove si na​scon​de il pros​si​mo in​di​zio!» «Ma, veramente, non so se… e poi, le impronte? Ci vor‐ reb​be il Pro​cu​ra​to​re…» «Siete sicuri che sia sodo?» chiese il dottore, rivelandosi ri​so​lu​ti​vo, come al so​li​to e, sen​za aspet​ta​re ri​spo​sta, se​gnò col bisturi la scorza, poi, soffiandoci dentro, liberò com‐ ple​ta​men​te l’al​bu​me, in​te​gro ma… mar​chia​to. 40


Si guardarono l’un l’altro esterrefatti, e Lara si trattene‐ va dal gon​go​la​re solo per ri​spet​to alla sal​ma: «Lo sapevo!» disse trionfante. Sul bianco dell’ #uovo comparve una #scritta, incerta e grossolana ma leggibile: Sea Gar​den Hou​se.

***

«Come ho fatto, dici?» la fulminò con lo sguardo «E tu? E voi: come avete fatto a rovinarmi? Con un gioco; uno “scherzetto”: come diceva la tua amica puttana. Adesso te lo spiego io, come ho fatto, signorina Horse, e poi ti man‐ do a “giocare” con le tue amiche: il “Trio” lo farete al ci‐ mitero! Per prima cosa sono stata violentata, più volte, da​van​ti a voi, “Trio di Tro​ie”; poi tu stes​sa mi hai fo​to​gra​‐ fato, facendo credere che, non solo fossi lesbica ma che ave​vo ap​pro​fit​ta​to di voi mi​no​ren​ni. Mi sono bec​ca​ta una bronchite, perchè mi avete abbandonata nuda, senza nemmeno un poco d’acqua, a cercare un sistema per uc‐ cidermi.» Pamela sedette per terra di fronte a Polly, il suo volto spietato era solcato di lacrime. «Finalmente, mi hanno trovata, ma non per salvarmi, o no, per ammanet‐ tarmi. Storpiata e mezza nuda, e, di nuovo fotografata: sta​vol​ta per la gio​ia dei re​por​ter! Tre mesi in galera; la carriera rovinata, e mentre Leo Hiden si batteva per me, facendo leva sul padre, magi‐ stra​to, io mi “guar​da​vo il pan​ci​no”, per​chè den​tro c’e​ra ri​‐ 41


masto il seme di quel porco, di Colber! Ero incinta, capi‐ sci put​ta​na? La mia ro​vi​na era ap​pe​na ini​zia​ta. Uscii dal carcere e, naturalmente, lasciai Hiden, che ne fu sconvolto. E sai cosa fece la tua amichetta Geimy? Lo sai, vero? Se lo scopò, fino al diploma, per “confortarlo”, e per con​ti​nua​re a fot​te​re me. Che ne dici, Pol​ly?» La donna si morse le labbra, era tutto vero, infatti per que​sto lei si al​lon​ta​nò dal​le al​tre. «Allora costrinsi Colber a sposarmi perché col DNA lo avrei incastrato, volevo uno straccio di padre per il mio bambino e una mano per sistemare questa proprietà; non avevo più un lavoro né un futuro. Ma il piccolo nac‐ que morto e tutto cambiò; fu allora che giurai che mi sa‐ rei vendicata di voi tre. Due sono già all’inferno, ma tu po​tre​sti an​che ca​var​te​la Pol​ly, che cosa ri​spon​di?» La don​na si ria​ni​mò: «Ti pre​go, farò tut​to quel​lo che vuoi, ti pre​go!» «Allora devi seguire esattamente le mie istruzioni. Devi fare la tua parte senza errori… un tentennamento e ti fac‐ cio sal​ta​re le cer​vel​la. Ci stai?» «Ti pre​go sì, sì; per pie​tà!» *** «Non c’è un minuto da perdere, ispettore mio, vedi, quest’assassina, perché ormai sono convinta che si tratti di una donna, sembra morire dalla voglia di farsi scopri‐ re… però, non ti of​fen​de​re, ma cre​do sap​pia che le in​da​gi​‐ ni non sono condotte solo da un semplice poliziotto. Si comporta come se indirizzasse i suoi indizi, i suoi mes‐ 42


sag​gi di mor​te pro​prio a te e (devo am​met​te​re con un bri​‐ vido) anche a me, o, comunque, a qualcuno che ha una cultura umanistica, del tutto aliena dalla normale menta‐ li​tà strut​tu​ra​le di un po​li​ziot​to.» «Guarda Lara, ti stimo troppo per prendermela… ma non capisco cosa vuoi dire, insomma stai insinuando che sono un igno​ran​te?» La don​na rise, e con​ti​nuò: «Assolutamente no… anche se per alcuni poliziotti po‐ trebbe essere; io voglio dire un’altra cosa: un assassino se‐ riale, per prima cosa, non vuole essere beccato, neppure in certi casi patologici, quando si tratta di un mitomane o di un eccezionale psicopatico. Se si tradisce lo fa per ec‐ cesso di sicurezza, non so se mi spiego; ma qui ci trovia‐ mo di fronte a qualcuno che lascia dei veri e propri mes‐ sag​gi: una per​so​na lu​ci​da, col​ta, che sa pre​ci​sa​men​te dove vuole arrivare. Dovremo stare molto attenti Yours, po‐ trebbe trattarsi di una terribile trappola… metti caso l’as‐ sas​si​na vo​glia ven​di​car​si an​che di noi.» «Sinceramente Lara, per un vecchio segugio, come me, que​sta pos​si​bi​li​tà non vie​ne mai scar​ta​ta…» «Uhm, non so! C’è qualcosa di molto strano nella fac‐ cenda.» la Kovalski continuava a lambiccarsi il cervello. «In​som​ma… se il kil​ler ha tan​ta vo​glia di in​via​re mes​sag​gi, per​chè le sue trac​ce sono in​di​riz​za​te a una per​so​na di cul​‐ tura? Non sono tracce per te… o comunque per un poli‐ ziot​to. Dovrai ammettere che, uno di voi, ci sarebbe arrivato, probabilmente, ma come… e quando? Rivolgendosi ad un 43


esperto e magari aspettando qualche mese per ottenere una interpretazione attendibile… No, vecchio mio, questa maledetta ce l’ha proprio con noi. Attento ispettore… cer‐ ca di ri​cor​da​re con chi hai par​la​to di me!» Le parole di Lara lasciarono il detective sconcertato; ri‐ muginò parecchio su quello che gli aveva detto. Intanto, con le auto, sfrecciavano verso una piccola Pensione di Fol​ke​sto​ne.

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LE DEDUZIONI DI LARA KOVALSKI

Secondo gioco: la fi‐ siognomica e l'uovo sodo «Comunque, adesso potresti dirmi come…» Yours era legger‐ mente seccato ma la dottoressa era troppo sveglia per permetter‐ gli di ser​bar​le il mi​ni​mo ran​co​re. «Un attimo ancora…» disse mentre continuava a smanettare sul​l’i​Pho​ne del​l’i​spet​to​re, sta​va con​sul​tan​do in​ter​net: «Ecco, ora po​trò dar​ti ri​spo​ste pre​ci​se. Il volto dipinto non era la follia perversa di un trucco da de‐ pravati, bensì, come hai notato tu stesso, un’alterazione voluta di tratti somatici riconoscibili nel viso… “l’artista” ha esaltato le caratteristiche del volto che ricordavano vagamente il musetto di un co​ni​glio. Vedi, in passato, molti studiosi hanno cercato di approfondire una “scienza” del tutto inaffidabile ma che ha avuto, nel corso della storia molti seguaci: la Fisiognomica… probabilmente, ne hai sentito parlare se hai letto qualcosa di Cesare Lombroso, un me​di​co e cri​mi​no​lo​go ita​lia​no.» Yours fece cen​no di sì, se​gui​va i ra​gio​na​men​ti del​la sua ami​ca ma intanto una parte della sua mente elaborava mille congettu‐ 45


re e si perdeva in mille ipotesi. Non era uomo da lasciarsi pren‐ dere da emozioni irrazionali ma quella sera un presentimento doloroso e inafferrabile gli attanagliava l’anima come una morsa. Gli sembrava di sentire un alito, gelido e cattivo, pres‐ sar​gli sul​la noce del col​lo. «Ma osservando quella donna e il suo viso stranamente truc‐ cato, mi sono ricordata di un altro italiano, scienziato, natura‐ li​sta e al​chi​mi​sta: Giam​bat​ti​sta Del​la Por​ta. Il Della Porta visse a Napoli, nella seconda metà del ‘500, ed era un assertore convinto della fisiognomica; la considerava espressione di un certo carattere della persona che prende spun‐ to dalla sua somiglianza con determinati animali… ricordo an‐ co​ra i di​se​gni scon​cer​tan​ti raf​fi​gu​ra​ti nei suoi trat​ta​ti. Ma lo scien​zia​to era an​che un esper​to di crit​to​lo​gia e di co​di​ci se​gre​ti, in​som​ma la​vo​ra​va per il cont​ ro​spio​nag​gio del​l’e​po​ca…» «E inviava messaggi segreti nelle uova sode? Ma com’è possi‐ bi​le? Come fa​ce​va a ric​ hiu​de​re l’uo​vo?» «E chi ti ha mai detto che le apriva, le uova?» Lara sorrise, era una divulgatrice e amava condividere ciò che scopriva con la sua ar​gu​zia. Nel profondo della sua mente, nonostante tutto, la scienziata cominciava ad apprezzare la sottile sequenza con cui, l’assassi‐ na, imbastiva quella teoria di indizi… Lara ne era sempre più con​vin​ta: quel​la per​so​na la co​no​sce​va e quel​la ma​ca​bra sto​ria la sta​va scri​vend ​ o pro​prio per​chè lei la “leg​ges​se”. A cosa avrebbe portato quella caccia? Quale destino li atten‐ de​va? Non poteva nascondere a se stessa una certa paura: la killer era furba e spietata, e se lei era una vittima nel suo mirino, non aveva molta fiducia di uscirne viva. Si riscosse dai cupi pensieri 46


e di nuo​vo si ri​vol​se al suo ami​co. «Versando 30 grammi di Allume in mezzo litro di Aceto si ottiene un inchiostro speciale, estremamente volatile: questo co‐ lorante, in circa 24 ore, attraversa la buccia dell’uovo, che è po‐ ro​sa, e de​po​si​ta il mess​ agg ​ io scrit​to sul​l’alb ​ u​me. Semplice e ingegnoso, non trovi? Ah, l’Alchimia, che scienza in​te​res​sant​ e…» Sulla collina vicina, nel tramonto, si stagliava una villa ele‐ gante, un cartello stradale laccato, recitava in bella grafia: Sea Gar​den, 800 mt.

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CAPITOLO DECIMO

L'ultimo inganno La Pensione era al buio e silenziosa. Nel parcheggio tre auto, chiuse. I poliziotti avanzarono cauti verso l’ingres‐ so, mentre un gruppetto aggirava la palazzina, per con‐ trol​la​re il re​tro. Il primo gendarme a salire i pochi gradini del patio, fece un salto all’indietro, sconvolto: sulla destra, gettato per terra come spazzatura, il corpo nudo di una donna giaceva senza vita. Si fecero ancora più guardinghi. Yours andò avanti ma chiese a Lara di restare in macchina con una guar​dia. La dot​to​res​sa ri​cu​sò il suo in​vi​to e vol​le se​gui​re il pic​co​‐ lo drappello, mentre si dirigeva verso l’unico barlume, al‐ l’in​ter​no del​la vil​la. La luce di un solo neon non illuminava granché ma permetteva di vedere l’interno del garage: la vittima era in ginocchio, completamente nuda, le mani legate dietro la schiena e un cappuccio di stoffa sulla testa; alle sue spalle s’intuiva un’altra figura, e si faceva scudo col corpo di Polly. La mano, puntata sulla nuca, stringeva di certo una pi​sto​la. «Fermi o sparo!» gridò una voce femminile, era tesa. Anche l’assassina indossava un cappuccio: i volti erano ir‐ 48


riconoscibili. Il gruppetto sulle scale si bloccò, Lara sus‐ sur​rò al de​tec​ti​ve: «Ri​co​no​sci que​sta voce, Yours?» L’altro scosse la testa: «Assolutamente… mai sentita pri‐ ma, per​chè?» la don​na sem​bra​va per​ples​sa. «State zitti, non fate un solo passo, o lei muore!» Dovet‐ te​ro ob​be​di​re. Un bi​sbi​glio tra vit​ti​ma e car​ne​fi​ce, for​se una mi​nac​cia. «Ti con​vie​ne ar​ren​der​ti» co​min​ciò Yours con fred​dez​za «l’al​ber​go è cir​con​da​to, sap​pia​mo chi…» La donna premette l’arma sul collo della Horse: «Taci, ca​pi​to? Non c’è tem​po. Lara, ven​ga avan​ti, lei da sola.» L’anziana per poco non svenne a sentirsi chiamare ma riu​scì a scen​de​re gli sca​li​ni. An​co​ra bi​sbi​glii, poi la don​na con​ti​nuò a voce alta: «Va bene, ferma! Complimenti, è stata brava, chi mi ha parlato di lei mi aveva avvertito. Ora avrà capito tutto, potrà spiegare come sono andate le cose.» Lara ascoltava terrorizzata e confusa; eppure sì, aveva dei sospetti e adesso sembravano concretizzarsi, ma tutta quella scena le suo​na va stra​na, come fos​se una re​ci​ta. «Lei lo capisce, Lara, non era possibile andare avanti così. Perchè illudersi? Sa come sono diventata “importan‐ te”, una donna a prova di indagini?» Yours sudava freddo, tut​ta quel​la sto​ria gli sta​va di​strug​gen​do la men​te; do​ve​va pensare eppure, qualcosa dentro di lui, cercava violente‐ mente di non capire. «Mi sono fatta amici importanti, mia cara. Questa pensione era il luogo ideale ed io non avevo più niente da perdere, lei mi capisce. Non c’è futu‐ 49


ro; solo una breve meravigliosa pausa in “Paradiso”. Ci pen​si lei; di lei mi fido. Ad​dio, Lara Ko​val​ski!» L’assassina si alzò in piedi, Lara era fin troppo esposta ed elaborava mille congetture; sudava e tremava, terro‐ riz​za​ta. La donna in jeans si allontanò di tre, quattro passi, e pre​se ac​cu​ra​ta​men​te la mira, sem​bra​va pron​ta a giu​sti​zia​‐ re la vit​ti​ma. Era ben in vista, ma Yours non ebbe il coraggio di spa‐ rare, il dito sul grilletto si sarebbe contratto e, probabil‐ mente, ucciso un innocente. Il poliziotto alle sue spalle, invece, perse il controllo: una raffica rumorosa falciò il petto della donna incappucciata che stramazzò al suolo sen​za un ge​mi​to. *** Un’ambulanza si allontanava con Polly Horse a bordo: pro​va​ta, spos​sa​ta ma viva. In​ve​ce, il cor​po di Pa​me​la Brid​ge era an​co​ra nel ga​ra​ge; era morta sul colpo e, forse, aveva ottenuto ciò che vole‐ va. Yours guardava il mare buio, seduto a una panca di rat‐ tan, nella veranda dell’Hotel. Lara lo aveva difeso dalle do​man​de dei pri​mi cro​ni​sti, poi gli se​det​te vi​ci​no. «Non ha sofferto, l’ha detto anche il dottore.» Disse pia‐ no, controllando la reazione del detective. «Devi farti co‐ raggio. Lei ti ha amato molto; credo che il tempo passato con te sia stato il periodo più felice, nella vita di “Eva 50


Pool”! Ma il suo destino, come Pamela Bridge, era segna‐ to. Ha fat​to par​la​re Pol​ly al po​sto suo per​ché tu non ne ri​‐ co​no​sces​si la voce.» «La sua pistola era scarica…» disse Yours con un filo di voce. «Lo so, amico mio… ma nessuno poteva immaginarlo.» La dot​to​res​sa si fece co​rag​gio e gli pre​se la mano. Yours si irrigidì ma poi gliela strinse e, voltando la testa dall’altra par​te, co​min​ciò a pian​ge​re si​len​zio​sa​men​te. «Le han​no ro​vi​na​to la vita! No​no​stan​te tut​to, io non rie​‐ sco a condannarla. E’ stata una vendetta tragica, dove lei ha sofferto per prima. Vivere accanto a quel Colber, la su prima vittima. Tensioni, minacce, rancore… lei: una men‐ te così brillante. Ora lo devi accettare, Yours, Eva Pool era solo un fantasma: nessuno deve sapere! Sono sicura: è stata questa la sua ultima volontà; quando ha costretto Polly a parlare al posto suo… parlava a me, ma il suo mes‐ saggio era per te. Non devi mollare, lei non avrebbe volu‐ to.»

Pamela Bridge , aveva già redatto un testamento, la‐ sciando la Sea Garden ad un Ente benefico che aiutava le giovani madri vittime di stupro. Grazie ai suoi “amici” po​ten​ti e con una se​rie di ca​vil​li la pro​prie​tà ri​ma​se sal​da, nonostante gli attacchi legali delle famiglie delle sue vit‐ ti​me. Polly Horse fu dimessa dall’ospedale ma non si riprese mai completamente dai sensi di colpa e dal trauma subi‐ to. 51


L’ispettore Yours, dopo un lungo periodo di aspettati‐ va, tornò al suo lavoro di sempre. A volte, si reca ancora dalla sua vecchia amica Lara e le chiede anche qualche aiuto sulle indagini in corso, ma tra di loro non hanno par​la​to mai più di una don​na chia​ma​ta Eva Pool.

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