Giovanna S.
LA DONNA DELLA VENDETTA
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UUID: d4357f88-ff24-11e6-9415-0f7870795abd Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write http://write.streetlib.com
Indice
GIOCA IL GIALLO
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GIOVANNA ESSE
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CAPITOLO PRIMO CAPITOLO SECONDO CAPITOLO TERZO CAPITOLO QUARTO CAPITOLO QUINTO CAPITOLO SESTO CAPITOLO SETTIMO
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LE DEDUZIONI DI LARA KOVALSKI
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CAPITOLO OTTAVO CAPITOLO NONO
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LE DEDUZIONI DI LARA KOVALSKI
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CAPITOLO DECIMO
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GIOCA IL GIALLO
Novità: Leggi e Gio‐ ca Benvenuto! Per prima cosa, ci auguriamo che quello che stai per legger e ti piacerà. Poi, vogliamo comunicarti una interessante novit à, questo libro può essere letto in due modi: - puoi godertelo come un normale libro giallo, - oppure puoi metterti in gioco, da solo o con i tuoi amici, im‐ medesimandoti nel detective Yours e anticipare la sua saggia consulente, Lara Kovals ki. Un’anziana scrittrice e scienziata che collabora alle indagini dell’ispettore. Come divertirsi con GIOCA IL GIALLO. Durante lo svolgimento della trama, l’ispettore YOURS, si trova tra le mani degli speciali indizi, suggerimenti misteriosi che l’assassino lascia apposta per inviare delle ind icazioni sulle sue prossime mosse. Gli INDIZI sono identificabili come hastag (parole chiave, aggregatori web) e sono contraddistinte dal classico simb olo, detto cancelletto, #. Nei capitoli che leggi ne troverai alcuni, tutti utilissimi alla soluzione dell’enigma proposto dal killer. Poi arriverai alle par‐ 2
ti del racconto contrassegnate dalla dicitura: “LE DEDUZIONI DI LARA KOVALSKI” Questo significa che hai “in mano” gli stess i indizi della scrit‐ trice... ora, grazie agli #hastag, tu e i tuoi amici avret e potuto effet‐ tuare le vostre ricerche e, prima di leggere le pagine successive, dibattere tra di voi per poi controllare chi ha avuto più acume nell’intuire la soluzione degli enigmi. Buon divertimento, con Gioca il Giallo. Nota: Questa è un’iniziativa sperimentale, saremmo lieti di conoscere il tuo parere. Se vuoi darci una mano scrivici: giessestory@gmail.com
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GIOVANNA ESSE
La Donna della Ven‐ detta Vendette giuste non ne esistono. (Miguel de Cervantes)
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CAPITOLO PRIMO
L'insegnante scom‐ parsa Marzo, 2004. Il trambusto si era appena sopito nella Wellington Scool di Watford. Il preside Hogan era finalmente riuscito a ritirarsi nel suo ufficio. Liberatosi dagli investigatori, aveva invitato miss. Gordon, la segretaria, ad approntare la documenta‐ zione necessaria, prima delle 15,30. Non visto, si concesse una corposa sorsata di Scotch (ne aveva una fiaschetta in un sottocassetto segreto) lontano dagli occhi curiosi degli inservienti; a prova persino di quelle iene inarrestabili delle alunne. Il preside non si sentì assolutamente in col‐ pa, per quella bevutina fuori orario: teneva il liquore per i momenti di emergenza, “E Dio mi fulmini se questa non è un’emergenza!” pensò il flemmatico signore, rammari‐ candosi di essere incappato in quello scandalo, a poco più di un anno dalla pensione. Hogan era alto e smilzo, la faccia liscia e curata gli na‐ scondeva qualche anno, ma non era mai stato un bell’uo‐ mo e un’epa, solitaria e rotondetta, lo marchiava, a un oc‐ chio allenato, come un tipo cui, ogni tanto, piaceva alzare 5
il gomito. Cercando di recuperare le forze e, con esse, una parvenza di lucidità, si avviò verso la sua poltrona per riposare. L’arrivo degli ispettori scolastici, da Londra, era previsto subito dopo l’ora di colazione, certo miss. Gor‐ don sarebbe stata pronta per distribuire l’avviso nelle classi. Per fortuna era giovedì: prevedeva che, chiudendo la scuola il giorno successivo, gli investigatori e gli ispetto‐ ri, avrebbero avuto ben due giorni per proseguire le inda‐ gini, e, nel caso, pure la domenica,. Quel pensiero lo fece rabbrividire: tale incresciosa eventualità, l’avrebbe co‐ stretto a disertare la partita al Golf Club, perdendo irri‐ mediabilmente il vantaggio già acquisito nel Torneo d’Autunno. Ora c’era silenzio intorno, nessuna classe era senza pro‐ fessore; da nessuna parte arrivava neppure un brusio. Forse tanto riserbo era dovuto anche alla presenza dei due poliziotti, fermi e attenti, in piedi nel cortile dove af‐ facciavano tutte le aule. Le alte vetrate erano state realiz‐ zate relativamente da poco, la costruzione era stata un antico castello, basso, adatto a una guarnigione. Nessuna apertura, sull’esterno, per il primo piano, a causa delle mura spesse un metro. Il secondo piano invece, realizzato nel cinquanta, aveva piccole finestre per le camere, quan‐ do la scuola era un convitto. Bussarono sul vetro rumoroso della porta e Hogan sus‐ sultò… “che giornata inaccettabile!” «L’abbiamo trovata, signore!» disse Colber, il bidello tuttofare della Wellington. Sembrava infelice invece che soddisfatto. Hogan lo poteva comprendere; in passato non gli era sfuggito lo sguardo di ammirazione del bidel‐ 6
lo per i fianchi prosperosi della Bridge. Come avrebbe potuto biasimarlo? Anzi, lo aveva invidiato: dopotutto lui e la piacente maestra erano coetanei, mentre il preside aveva quasi il doppio della loro età. «Qui?» disse il preside sbigottito «E dove?» «Nel capanno degli attrezzi… in fondo al giardino!» «Ma… ma com’è possibile? Aveva la chiave?» «Non credo… signore, ci sono due chiavi del catenaccio; sono insieme, nello stesso anello e sono sempre appese in Segreteria… io chiudo a chiave solo nel week end… il cate‐ naccio blocca il paletto, da fuori, ma da dentro è impossi‐ bile aprire… » «Io non ci capisco niente… insomma, queste chiavi, dove sono?» invocò il vecchio in cerca di certezze. «Sono al loro posto… appese nella bacheca. Ecco: dopo il caos di stamattina, stavo cercando di iniziare a fare qualcosa, ho saputo che domani saremo chiusi. Così sono andato in fondo al giardino per recuperare il secchio. Al‐ lora ho sentito chiamare aiuto, una voce flebile, ho pen‐ sato subito al capanno. Infatti, ho accostato l’orecchio… ancora la voce di donna che invocava aiuto. Ho gridato “Pamela? E’ lei, là dentro?” e lei ha detto di sì; ha chiesto di farla uscire, per carità!» Si vedeva che l’uomo era mol‐ to provato e impaziente. «Io non ho aperto, signore… non sapevo cosa fare, e sono corso da lei!» «Hai fatto benissimo, andiamo… per fortuna ci sono an‐ cora i poliziotti!» Poco dopo, il piccolo corteo, raggiungeva il capanno, il più discretamente possibile. 7
Finalmente il bidello liberò il paletto e tirò l’uscio verso l’esterno. Accovacciata per terra, in uno stato pietoso, c’e‐ ra una donna. Era scarmigliata, spossata, sanguinava dalle unghie, per il lungo graffiare sulle assi di legno della por‐ ta. Quando l’insegnante Pamela Bridge, scomparsa da due notti, e ricercata dal mattino, per atti osceni e violenza su minori, invece di vedersi confortare, si sentì trascinare fuori, sull’erba fredda, e ammanettare, cedette a una crisi nervosa e iniziò a strillare come un’ossessa. Sporca, vestita alla meglio, senza calze e senza slip, poco dopo venne caricata su un ambulanza e sedata con una potente dose di tranquillanti.
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CAPITOLO SECONDO
Viaggi paralleli Ottobre, 2015 «Sono felice che ti sia liberata… » disse Emma, raggian‐ te, mentre caricava il voluminoso trolley nel bagagliaio dell’imponente Evoque di Geimy Sovrano. Erano lontani i tempi in cui la prendevano in giro per l’ostentazione dell’opulenza di famiglia… Per chi conosceva la donna e i suoi parenti era acclarato: la famiglia Sovrano (probabil‐ mente grazie a misteriosi traffici con il paese d’origine) viveva, da sempre, nella ricchezza, ostentata senza troppo self-control. Dopotutto erano solo chiacchiere, si sapeva che erano commercianti e che nessuno di loro, nonostan‐ te le dicerie, era incorso in problemi particolari con la giustizia. «Volevo salutare tua madre… » «Lascia perdere, non c’è nessuno… ti ho parlato della villa in Sardegna?» disse Geimy, mentre metteva in moto, «Sono rimasti tutti là, dovrebbero rientrare a Londra martedì.» poi, imboccando il vialetto «Ci sono passata solo per due giorni; arrivammo con la barca di Greg… ma lo sai, mio padre non lo vede di buon occhio. Non credo sia per lui ma è un tradizionalista: non avrebbe voluto che divorziassi da Carmelo, che palle!» 9
«Hai ragione,» disse l’amica «da un lato vivere in fami‐ glia è bello ma dall’altro, tutti si sentono in dovere di sin‐ dacare sulla tua vita! Credo che per l’anno prossimo ritor‐ nerò a vivere da sola…» Emma Grey non si era mai sposa‐ ta. Dopo la laurea, aveva passato molti anni negli Stati Uniti, facendo esperienza e cambiando un sacco di lavo‐ ri… Geimy, era al corrente delle voci che correvano ri‐ guardo alle strane tendenze sessuali di Emma; nonostan‐ te fossero rimaste in contatto non erano tanto amiche da scambiarsi certe confidenze. Da ragazzine ne avevano fatte di fesserie ma ora erano donne, donne fatte, con una vita abbastanza stabile e si preoccupavano molto della propria rispettabilità. Il passato era morto e sepolto, e non ne avrebbero mai più parlato. «Com’è che non lo trovi strano?» se ne uscì la Sovrano, cambiando argomento «Un’intervista sulle vecchie Scuo‐ le tradizionali… e ti mandano un invito proprio per noi due, come facevano a sapere che eravamo ancora in con‐ tatto?» «Uff… ancora con questa storia? Tu sei una cazzo di su‐ perficiale ma appena senti parlare del College tiri fuori le unghie, diventi matta!» disse ridendo Emma. «Te l’ho già spiegato: quando presentarono il saggio su L’Istruzione, tra passato e futuro, riempii un questionario per la casa Editrice… e, alla fine, chiedevano: Sareste interessate a partecipare a un week end – seminario?» controllò che l’amica, finalmente, prestasse attenzione a ciò che diceva «E visto che si potevano inserire due nominativi, ho pen‐ sato a te! Tutto quì… siamo state fortunate.» 10
Emma aveva sempre amato i libri e, grazie all’influenza di uno zio titolato, era riuscita ad ottenere un posto di prestigio nella British Museum Reading Room. Ormai avevano imboccato la comoda statale, entro le 17 sarebbero arrivate a Folkestone, magari giusto in tempo per prendere il te. Un’altra prestigiosa vettura, intanto, percorreva la stata‐ le in direzione di Dover: un’Alfa Romeo G.T.V. Sfreccia‐ va solitaria alcuni chilometri davanti a loro… la mente di Yours, invece, apprezzato detective di Scotland Yard, percorreva col pensiero ben altre strade. Lei lo aveva fatto ancora, era sparita nel nulla da tre giorni e lui si rodeva l’anima. Soffriva per l’accordo scel‐ lerato che aveva stretto con quella donna, affascinante e misteriosa. Ogni cosa in lei era ammantata di mistero, strana, controversa. “Se vuoi continuare questa storia,” aveva detto lei “devi accettare due condizioni. La prima (e lui era trasalito, perché le aveva confidato solo il nome di battesimo e non le aveva mai parlato del suo lavoro, durante quel primo, passionale, rapporto) è che non devi mai cercare informazioni su di me; la seconda è che, quando avrò bisogno di andar via, tu non mi fermerai… Non temere, se mi vorrai è probabile che ritornerò ma non cercare di bloccarmi. Mi conosco… Lo prometti?» Cinque giorni di crociera sul Nilo, una pausa speciale, forse entrambi stavano fuggendo da qualcosa, però non se lo dissero mai. Forse nemmeno parlarono del passato; come se avessero bisogno l’uno dell’altra, si scelsero e si 11
tennero stretti, durante quell’incantevole viaggio lontano dal mondo. Quando giunse il momento di salutarsi, lei lo mise di fronte a quella scelta. Nonostante avesse cercato di non farlo trapelare, aveva capito che era un poliziotto e aveva cercato ogni appiglio per troncare, sul nascere, quella loro breve storia ma Yours non voleva rassegnarsi, fece di tutto per convincerla e, quando lei gli dettò le sue con‐ dizioni, alla fine promise. Iniziò così la sua storia con Eva Pool. La donna viveva in periferia, unica pensionante di una vecchia signora assai discreta. Una volta tornati in città, però, i loro incontri non furono frequenti come Yours si sarebbe aspettato, lei era sempre molto impegnata.
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CAPITOLO TERZO
Il cadavere sulla spiaggia Dopo un paio di settimane nella City, per Yours l’atmo‐ sfera fiabesca delle Piramidi aveva lasciato il posto alla dura routine del lavoro: gli orari sballati ridivennero la norma e l’impossibilità di tener fede a un appuntamento su cinque, una questione di ordinaria amministrazione. La visione “libera” del rapporto, secondo Eva, si rivelò una regola saggia; i due si amavano ma senza impegnarsi e questo li rendeva felici, durante le poche ore che si po‐ tevano permettere di passare insieme. Una vita ideale per un segugio come lui… quel suo difficile mestiere, la causa principale che aveva fatto fallire il suo matrimonio. Inve‐ ce, adesso… Eva e Yours non litigavano mai! Poi lui fece un passo falso… e quella fu la prima volta in cui Eva Pool sparì nel nulla. Erano passati alcuni mesi; la curiosità ebbe la meglio sulle promesse: servendosi della sua auto‐ rità e dei suoi “canali” cercò di scoprire chi fosse, vera‐ mente, Eva Pool ma si trovò di fronte a un mistero. La donna che dormiva spesso al suo fianco, aveva un curri‐ culum blindato: Top Secret. Meglio se, semplicemente, Eva non fosse risultata in nessun archivio; invece no, esi‐ steva ma il suo profilo era inarrivabile, solo un pezzo 13
grosso avrebbe potuto presentare le credenziali per acce‐ dere ai suoi dati. Un paio di giorni dopo, trovò solo un bi‐ glietto: “Sono molto addolorata per ciò che hai fatto ma ti capisco e so che la colpa è mia. Perdonami e dimentica‐ mi.” Yours credeva d’impazzire… non pensava che lei gli sa‐ rebbe mancata tanto. Non fece nulla per cercarla, però ogni sera si recava personalmente a casa sua e consegnava alla vecchia signora una rosa per lei. Non smise mai. Trenta giorni dopo il suo cellulare squillò: Eva era tornata da lui. *** “BUSSARE IL CAMPANELLO, GRAZIE” Il foglietto, con l’avviso stilato rapidamente a mano, spiccava sul marmo verde cupo del bancone. A fianco, al‐ cuni depliant del Touring Club, una piccola pila di carto‐ line della Pensione e un vecchio campanello in ottone, di quelli a pressione. L’albergo era carino e pulito, ma dava la netta sensazione di essere troppo “intimo” per ospitare un Congresso. Anche la strada da percorre per arrivarci era stretta e tortuosa, fatta apposta per quella che era la vera natura di quel posticino: una pensione vicino al mare, tipicamente turistica e sicuramente più ospitale d’estate. Geimy Sovrano batté ripetutamente sul campanello, anche per manifestare, da subito, il suo disappunto, men‐ tre la Grey, più pacata e riflessiva, si impadronì subito di una cartolina pubblicitaria, per documentarsi sui “piace‐ 14
ri” che quella vacanza gratuita le poteva regalare. “Ho già provato io… devi aspettare un po’, impaziente signora!” la voce inattesa che veniva dalle loro spalle, fece sobbalzare le due amiche; la donna che aveva richiamato la loro attenzione doveva già essere nella Hall prima di loro, probabilmente era seduta a una delle comode pol‐ trone e si stava godendo il magnifico panorama del giar‐ dino, che terminava con una ringhiera, subito dopo: il blu del mare mai quieto, della Manica. La prima a riconoscerla fu Emma e d’istinto ne gioì: «Ma… no… non è possibile: Polly, Polly Horse. E che ca‐ volo ci fai tu, qui?» «Beh, non te la prendere, mia cara ma è la stessa do‐ manda che mi sono fatta io, quando vi ho viste entrare.» Rise apertamente. «Nonostante gli anni, sempre insie‐ me… : la gatta e la volpe, come vi chiamavamo allora…» Le tre si salutarono con un abbraccio più di cortesia che di felicità. La faccia di Geimy, da sempre insofferente e abbastanza viziata da non preoccuparsi dell’etichetta, ma‐ nifestava con chiarezza che avrebbe preferito non incon‐ trare la vecchia amica del College. Polly spiegò loro che era stata molti anni negli States e che era diventata una scrittrice, ma non di romanzi; si era specializzata nella produzione di libri scolastici, nell’am‐ bito della puericultura. Anche lei aveva ricevuto un invi‐ to… Intanto non arrivava ancora nessuno e le tre ne appro‐ fittarono per chiacchierare e guardarsi intorno; finché, dietro la gabbia del piccolo ascensore, scoprirono una 15
porta, con attaccato sopra un cartoncino abbastanza grot‐ tesco. in verità. Sopra c’era scritto in stampatello: “SIM‐ POSIO, LA SCUOLA DEL PASSATO PUÒ INFLUENZA‐ RE IL FUTURO?” Ma quando la Sovrano tentò la maniglia, la porta si ri‐ velò chiusa a chiave… *** «Ecco, detective,» disse l’agente, lo aspettava sulla spiag‐ gia, riparato alla meglio, sotto uno spogliatoio del Lido che ancora non era stato smontato, «l’ho abbiamo coperto con l’incerata!» «Chi l’ha trovato?» chiese Yours, mentre la sua mente si metteva in moto e si guardava intorno in cerca di indizi. «Stamattina, verso le otto, gli operai che smontano le strutture del Lido, l’hanno trovato qui… in questo punto preciso! Sono scappati via… uno spettacolo orrendo!» Il cadavere dell’uomo giaceva di lato, in posizione feta‐ le. Non aveva più la faccia: tutta la pelle del volto gli era stata strappata, come fosse stato divorato da uno o più animali feroci, o da pesci…
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CAPITOLO QUARTO
La fede all'indice “Purtroppo i proprietari hanno avuto un incidente ma dovrebbero rientrare questa notte. Le vostre chiavi. La cena sarà servita alle 19,30.” Le tre donne si scambiarono un’occhiata sorpresa, dietro al bancone era comparso un personaggio a dir poco strano: occhiali spessi, sopracci‐ glia folte e un posticcio di capelli neri d’infima qualità, anche i baffi erano neri e sicuramente tinti. Infine, il tipo, cercava di nascondere un’altra, fin troppo evidente in‐ congruenza: era effeminato. Un gay attempato che cerca‐ va di nascondere la sua tendenza. Aveva stampato sul viso un sorriso stereotipato, di mestiere, e faceva del suo me‐ glio per attirare la loro attenzione sul foglietto che dove‐ va essersi preparato da solo. “Speriamo che il vostro soggiorno sia piacevole e ci scusiamo per l’inconveniente. Sono Pier, sono il cameriere e il factotum, e purtroppo non posso parlare.” Infatti Pier, continuava a gesticolare gaio, per attirare la loro attenzione sulla sua bocca e sul suo mutismo. «Quindi, siamo le prime ospiti per la Conferenza; che sarebbe domani, giusto?» la Sovrano, sempre un po’ diffi‐ dente iniziò subito a interrogare l’impiegato, che le rispo‐ se asserendo con la testa e giustificandosi con le mani. «E 17
i proprietari hanno avuto un incidente… ma d’auto?» La risposta, un po’impacciata, fu un’asserzione. «Un inciden‐ te grave?» Stavolta Pier sgranò gli occhi dietro le spesse lenti e, sempre con la mimica, fece capire che non ne sa‐ peva di più. Si chinò sul bancone per stilare una frase su un foglio: “Non vi preoccupate per i bagagli, provvedo subito.” «Ma no, dai.» Intervenne Polly Horse, pratica. «Funzio‐ na l’ascensore? Ci aiuti solo a caricare i Trolley che poi ci pensiamo noi… va bene così!» Sorrise, mentre Geimy le lanciava un’occhiataccia. Pier, entusiasta, si precipitò ver‐ so le valige posate nell’atrio e, con andatura insicura, se le trascinò verso il piccolo ascensore a vetri. Donne e valige insieme ci entravano a malapena ma, alla fine riuscirono a partire… dopotutto dovevano percorrere un solo piano. Visto che erano sole nell’Hotel, fecero un po’ il comodo loro: visitarono le reciproche stanze; criticarono i tendag‐ gi e le passamanerie; controllarono i bagni, che risultaro‐ no puliti e confortevoli, e poi si godettero il panorama dai piccoli balconcini romantici e pieni di fiori, proprio come il giardino, splendidamente curato, che affacciava sul mare. «Ehi, ragazze,» sbottò Emma, mentre il clima euforico le portava a lasciarsi andare sempre di più e a sentirsi del‐ le adolescenti in gita scolastica, «questa non possiamo proprio perdonargliela, che ne dite?» esibiva un sorriso malizioso e avido stampato sul volto, in mano un bigliet‐ to con un messaggio di cortesia: “Benvenuti, il Frigo Bar è a vostra disposizione. With Compliments, la Direzione.” Lo stesso foglietto era distri‐ 18
buito in tutte le camere e le donne se la spassarono per un’oretta, organizzando una specie di Party di “Benvenu‐ to”, nella camera di Polly. «Peccato non poter invitare qualche amico,» disse Emma dopo la seconda Vodka e Lime, poi aggiunse am‐ miccante, «purtroppo non credo che possiamo contare su Pier… come “uomo di fatica”!» e rise. «Già!» Aggiunse Geimy, senza pensare «Proprio come ai vecchi tempi…» la battuta non fece ridere e ci fu un atti‐ mo di gelo, ma nessuna commentò. *** Da Folkestone, Yours dovette spostarsi a Dover, all’East Kent Hospital, un’edificio nuovissimo e assai efficiente. La polizia locale aveva ottenuto di inserire nella struttura un piccolo ufficio, con tanto di Foresteria. All’occorrenza, poteva essere adoperata come cella provvisoria ma non era mai stata usata. Il detective aveva fretta: fretta di capire cosa nascondes‐ se il misterioso cadavere; fretta di risolvere almeno le formalità di rito, e impellenza di tornare a Londra per scoprire se, la sua donna, avesse lasciato notizie. L’ambulanza aveva deposto il corpo sfigurato in una sa‐ letta riservata, del laboratorio di Patologia. Per fortuna, un chirurgo aveva anche l’incarico di Coroner ed era an‐ cora in Ospedale, ma di procedere all’autopsia subito non se ne parlava. Confermò solo ciò che un occhio esperto, come quello di Yours, aveva già catturato: l’uomo era 19
morto da poco; era stato sfigurato malamente, anche i polpastrelli erano stati mutilati… ora il corpo giaceva nudo e grigio sul carrello d’acciaio, indossava solo la #fede d’oro e, stranamente, la portava all’indice; le dita del cadavere erano gonfie e rigide, e Yours, completa‐ mente bloccato! Allora il medico eseguì un’azione che la‐ sciò scosso lo stesso poliziotto. Compresa l’impellenza dell’ispettore di ottenere un indizio, e impaziente di tor‐ narsene ai suoi impegni: prese una grossa tronchese e, producendo uno scatto secco, tagliò l’indice del morto, li‐ berò l’anello e lo consegnò nelle mani del detective. «Non si scandalizzi, ero medico militare… Siamo perso‐ ne pratiche, no?» Infatti, dopo un attimo di sgomento, l’i‐ spettore si impadronì avido del reperto, per studiarlo. Come sperava, c’era una scritta incisa: St. #Brun – #B4 – I on MM
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CAPITOLO QUINTO
L'ultima cena La sala da pranzo era molto carina, piena di colore ma fine e ben arredata; non era grande, come tutto il resto dell’Hotel, una decina di tavoli, su di ognuno non manca‐ va un vasetto di fiori freschi; i coperti erano impeccabili ma solo sul tavolo, loro riservato, c’erano sottopiatti in ceramica e un secchiello, già pieno di ghiaccio, per ospi‐ tare il vino. La cena era “al Buffet”: le donne, tutte di famiglia bor‐ ghese, erano perfettamente in grado di apprezzare l’espo‐ sizione di raffinate pietanze e la scelta del nutrito menù, corposo ma a base di ingredienti leggeri, perfettamente adatti ad un pasto serale. Le tre amiche erano sole, a parte la presenza discreta e spassosa del caro Pier: con la sua andatura indecifrabile e il figurino da “checca”, faceva di tutto per rendersi utile e non far mancare niente alle ospiti. Essere sole nel locale, dapprima creò un certo disap‐ punto nelle signore ma quando venne stappata la secon‐ da bottiglia di uno champagne delizioso, perfettamente abbinato ai pasti da Pier, non poterono che apprezzare la fortuna di avere un ristorante tutto per loro. Essere libere di non sottostare troppo all’etichetta, dapprima era sem‐ brato sconveniente: adesso era una gioia, e loro se la go‐ 21
derono, lasciandosi andare e dimenticando persino il ca‐ meriere che, discretamente, come fosse una missione, fa‐ ceva di tutto per farle sentire a proprio agio. Finirono tardi, verso le 23, tra risate e schiamazzi, con le scarpe in mano, si decisero a lasciare la sala. Il Buffet era stato onorato, tutto era stato assaggiato. Chissà da quando, al centro del grosso tavolo, un elemento strideva col resto dell’esposizione dei piatti di portata, che giace‐ vano intorno, tutti scomposti e assaltati. Era un calice, un largo calice di vetro… probabilmente antico e di fattura italiana; era pieno per metà di un vino rosso e denso, sembrava sangue. Appoggiato su di un lato del bicchiere, un pezzo di pane semplice che, a furia di assorbire il li‐ quido, vi si cominciava a spappolare dentro… Ma nessuna delle tre ci fece particolarmente attenzione: probabil‐ mente, in quel caso, l’impeccabile Pier aveva “toppato”. Mentre si avviavano, fermamente decise a servirsi del‐ l’ascensore (avevano tutte e tre le gambe molli e la testa che girava un po’), si trovarono davanti Pier, sorridente e compito, che con un gesto teatrale le indirizzava verso la Sala delle Conferenze; la porta adesso era aperta e la luce che ne proveniva era abbagliante. “Perché no?” pensò Polly… poi ad alta voce: « Ehi, ragazze, non siete curiose? Andiamo! Andiamo a sbirciare in anteprima, dai… c’è anche il detto no? Come faceva, Geimy? “la curiosità… la curiosità…» e intanto im‐ boccavano insieme l’ingresso della sala, andando incontro alla luce accecante di mille faretti… «La curiosità uccise il gatto… faceva così!» una voce stri‐ dula e alterata terminò il pensiero confuso di Polly Horse. 22
“Ma chi aveva parlato? Era stato Pier… Pier?… ma non era muto, Pier?” Ormai era troppo tardi per provare a pensare. La porta si chiuse, le luci si spensero e loro ten‐ tarono di gridare… ma caddero, intontite e assonnate: caddero lungo una breve scala. Le loro grida divennero lamenti e poi, silenzio. *** Erano passate le due di notte, stava entrando in casa quando il cellulare squillò, era lei! «Yours!» disse, per abitudine, poi «Amore mio… quanto mi sei mancata: stavo impazzendo! Adesso mi dici cosa ho fatto stavolta… ok? E non permetterti di riagganciare…» «Perdonami, tesoro mio… Tu? Tu non hai fatto niente, assolutamente… tu sei il mio unico amore.» la voce di lei era concitata, come avesse fretta. «Dove sei? Dimmi dove… vengo subito da te!» Yours la interruppe ma lei non lo ascoltò… «Sono fuori, gioia, mi spiace… è successo tutto all’im‐ provviso… è un affare, amore, un affare a cui stavo dietro da tempo: ora si avvera, è un’occasione che non posso perdere. Cerca di capire…» «Capire…» la incalzò l’ispettore « Capire cosa? Ho biso‐ gno di te… anche se; beh, veramente adesso ho un caso, un rompicapo fuori città ma io… io lascio perdere tutto, per te lascio tutto… vadano in malora loro e i loro crimi‐ nali del cazzo! Io, io voglio…» «Lo vedi?» disse Eva, più pacata, con maggiore tenerez‐ 23
za. «È una fortuna, hai da fare pure tu. Pazientiamo qual‐ che giorno, ti prego, se va in porto il mio affare mi siste‐ mo per sempre, vedrai. Ti amo tanto… il mio detective!» poi aggiunse, quasi ridendo, «E vedrai, ho anche una sor‐ presa per te; vedrai, niente più sotterfugi, saprai tutto del‐ la tua Eva… così la smetti di scervellarti, amore mio… ri‐ cordalo sempre: Tu sei l’unico amore mio… sempre… qualsiasi cosa accada!» Ora la voce di Eva sembrava velata di tristezza. «Ma cosa vuoi che accada? non dire sciocchezze…» disse lui quasi rabbioso. «Fai bene il tuo lavoro mio dolce detective… ci vedre‐ mo presto… lo giuro!» Eva posò e Yours si ritrovò solo nella stanza. Mise la mano in tasca, automaticamente, e tirò fuori la bustina trasparente con dentro la Fede del morto.
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CAPITOLO SESTO
La consulente «Oh, oh… detective Yours» la vecchia signora sorrise e girò le spalle alla porta, si avviò verso il soggiorno e, ri‐ volgendosi ai gatti, «Qualcosa mi dice che il “governo” ha deciso di versarci un po’ di Salmone del Volga… e per me, un sorso di Vodka speciale!» Lara era una che prendeva la vita con filosofia; la persona ideale dopo una notte inson‐ ne. «Non hai una buona cera, Yours… sarà la tua fidanzata a tenerti sulle spine? L’incertezza d’amore, è uno degli in‐ gredienti per conservare una grande passione.» Lui era preparato, sapeva che Lara Kovalski riusciva sempre a mettere il dito sulla piaga. Voleva attribuire tut‐ to il “malessere” al caso del cadavere senza volto, ma il vero chiodo fisso era Eva. L’anziana psicologa era anche appassionata di misteri e, a tempo perso, si era laureata in matematica e scienze. Così, qualche volta, faceva consulenze per Scotland Yard; ma ormai il suo vero lavoro era scrivere. Yours era uno dei pochi “clienti” ammessi nel suo salotto. Ospiti fissi erano gli amati gatti; per fortuna, il soggiorno della don‐ na era adatto alle esigenze dei mici… una delle pareti era fatta di vetri. Nella parte bassa c’erano molte aperture che davano sul grande giardino. 25
Il poliziotto accettò il caffè. Non erano ancora le nove ma la giornata della Kovalski era già avviata. L’uomo espose quello che sapeva e poi richiamò la sua attenzione sull’anello… per lui quella “fede” era un segnale, non a caso era infilata al dito indice. Yours temeva di trovarsi di fronte un Serial Killer; sapere che degli innocenti poteva‐ no venire uccisi senza un motivo apparente, lo mandava fuori di testa. Dopo il caffè, Lara divenne più attenta e venne subito al sodo. Fece al detective una serie di domande; volle ve‐ dere le prime foto del corpo e così le scaricarono diretta‐ mente sul suo PC. Contrariamente al salotto, lo studio era asettico e tranquillo, tenuto con ordine maniacale. Men‐ tre lei esaminava la fede al microscopio, Yours chiamò il patologo dell’East Kent: per fortuna era a buon punto. Mise il telefono in viva voce: “…un colpo d’arma da fuoco, sparato alla nuca. Il decesso risale a non più di 3 giorni fa. Il sangue si è coagulato rapidamente nel corpo, probabil‐ mente per congelamento. La pallottola era ancora all’in‐ terno del cranio, quasi certamente una pistola. Il calibro è raro: 25 mm!” Yours e Lara non si perdevano una parola, intanto la donna faceva volare le dita sul PC: la caccia era aperta e lei aveva accettato di essere della partita! “Ah… una cosa: niente pesci né animali strani, le mutila‐ zioni del viso e dei polpastrelli sono state praticate con un bisturi. Un lavoro non preciso ma efficace; direi che l’as‐ sassino non è un chirurgo… e neppure un macellaio … ehm!”
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*** Le donne si ripresero lentamente. Erano doloranti e in‐ tontite; la caduta per le scale aveva avuto le sue conse‐ guenze… Geimy Sovrano doveva pure essersi rotta un mignolo; quando si toccò il dito che le doleva, era gonfio e caldo al tatto. Tutte si erano procurate dei lividi abba‐ stanza vistosi. L’ambiente era freddo e puzzava di umi‐ do; poi si accese un neon,da qualche parte. Si resero con‐ to di trovarsi nel deposito dell’Hotel. L’edificio era nato per quello scopo, quindi, nel seminterrato, c’erano solo pilastri, per lasciar spazio al deposito. Di fronte alle scale, su una parete, spiccava la porta di una cella frigo. La gravità della situazione divenne chiara rapidamente: non sapevano da quanto fossero lì sotto, avevano freddo, si sentivano male ed erano completamente nude. Tutte erano legate come cani, tramite un paio di manette modi‐ ficate e agganciate a una catena lunga, fissata a ganci sui pilastri. La porta della cantina si aprì e qualcuno scese per le scale. Dopo un attimo di smarrimento le tre riconobbero la figura appena arrivata… ecco chi era l’improbabile Pier! Ecco spiegato lo strano modo di incedere e il finto muti‐ smo. Come un fantasma, la figura femminile si muoveva lentamente, sembrava interessata esclusivamente alle ca‐ tene che le tenevano prigioniere. «Ascolta, vecchia troia,» la Soprano dimenticò persino il dolore e, schiumante di rabbia, aggiunse «la mia fami‐ 27
glia non perdona: ti faranno a pezzi per questa pagliaccia‐ ta!» L’altra alzò lo sguardo e abbozzò un sorriso amaro: «La tua famiglia… non ti rivedrà mai più viva, miss So‐ vrano!» Polly Horse fu la prima a rendersi conto che per loro era finita sul serio… e vomitò, mentre si accasciava sul pa‐ vimento. *** Era mattina presto, quando Yours arrivò nel vecchio magazzeno in disuso. Stavolta il cadavere era in perfetto stato; era stata una bella donna, sembrava dormisse se non fosse stato per il piccolo foro nella nuca. Sul pavi‐ mento polveroso il suo “abbigliamento” sexy, strideva vi‐ stosamente; sembrava una bambola in “burlesque”. Il cellulare squillo, era Lara: “La fede, ispettore, la scrit‐ ta… non è una data ma un indirizzo…” «Lo so,» disse Yours, senza forze «cerco di tornare pre‐ sto a Londra…» “No, se puoi, aspettami lì, credo sia meglio.” disse Lara, avvilita.
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CAPITOLO SETTIMO
L'indirizzo nascosto L’ispettore Yours preferì liberarsi dagli agenti della po‐ lizia locale. Nonostante piovigginasse, si era fatto lasciare a pochi passi dalla stazione di Priory. La dottoressa Ko‐ valski sarebbe arrivata col treno delle 15, mancavano una ventina di minuti. Aveva una camera prenotata con vista sul mare: chi arriva da Londra non disdegna mai di lan‐ ciare uno sguardo al continente. Gli isolani sono fatti così. Yours ordinò un caffè e sedette nella veranda di un Bar. I suoi pensieri erano divisi tra il suo amore che, per il momento, lo teneva sulle spine e l’indagine sui delitti in‐ comprensibili del maledetto killer: ne era certo, l’assassi‐ no era lo stesso. Entrambe le vittime erano state uccise con un colpo alla nuca. Un’esecuzione precisa con una strana pistola: piccola, rara ma ugualmente implacabile. Poi arrivò Lara, per fortuna con una valigia piccola, da donna “pratica”. La pioggia sottile rendeva confortevole il posto, così, tornarono a sedersi allo stesso Bar, e Yours ri‐ prese a pensare, ma stavolta ad alta voce. La signora ordi‐ nò un “Aperitif” al Pernod. «Non credo ci siano dubbi, si tratta della stessa mano, ma le vittime non potrebbero essere più eterogenee; an‐ che il trattamento loro riservato è strano, discordante.» raccontò Yours, per informare Lara delle sue deduzioni. 29
«La donna trovata stanotte, era vestita con abiti da burle‐ sque, coloratissimi, e truccata pesantemente, come gli at‐ tori… ma a che scopo? Non è stata riscontrata nessuna traccia biologica; qualcuno le ha infilato calze e indu‐ menti, quand’era già morta.» «Si sa chi è la vittima?» Chiese Lara, mentre seguiva at‐ tentamente le elucubrazioni del detective. «Credo lo sapremo presto; il viso era intatto, anche le impronte. Doveva essere una donna ricca, il suo corpo era molto curato.» «Quindi, una signora bene; ne avranno denunciato la scomparsa?» «Probabilmente sì, stanno controllando tramite Inter‐ net» fece lui « Invece l’altra vittima doveva essere un uomo di fatica, robusto. Ah, dimenticavo, era uno che al‐ zava il gomito, è risultato dalle analisi.» «Diverso pure» disse lei «il “modus operandi” del killer, no? Mi hai detto che era mutilato; il viso sfigurato.» «Proprio così!» confermò l’ispettore. «Sai, mio caro, ho riflettuto molto sull’accaduto, per questo ho deciso di venire. » finì la sua bibita, soddisfatta mentre le guance le si colorivano «Però devo vedere i luoghi; potrebbe essere sfuggito qualcosa, invece sono convinta che, l’assassino, lasci deliberatamente dei “se‐ gnali”!» «In che senso?» chiese Yours. «Ma come, non lo vedi? Quante cose che non quadra‐ no; simbolismi dappertutto, indizi che sembrano occulta‐ ti e invece: sono evidenti.» «Ah, a proposito, cosa avevi scoperto della scritta nell’a‐ 30
nello, come sapevi che era un indirizzo?» *** Tranne che per le manette, le ragazze erano libere di alzarsi e potevano spostarsi di un metro o poco più. Cer‐ care di strattonare era peggio: Polly Horse ci aveva prova‐ to ed era stato necessario l’intervento di Pamela, per siste‐ marle: il sangue non circolava più nelle mani. Pur aven‐ dola vicino, Polly era terrorizzata e non tentò niente con‐ tro di lei; poche ore prima aveva visto con quanta fred‐ dezza aveva giustiziato la Sovrano. Senza pietà. «Su, signorina Sovrano, alzati in piedi!» Le aveva ordi‐ nato standole davanti, il viso disteso non mostrava alcun segno di tensione: fredda e distaccata, com’era stata un tempo; ancora bella! «Fottiti, stronza,» ribatté Geimy che l’aveva sempre odiata «Farai la fine che ti meriti, tornerai in galera e sta‐ volta non uscirai più!» Pamela teneva in mano una bacchetta; la fissò, e poi sorrise freddamente. «Ti ringrazio, Sovrano, mi rendi le cose più facili.» Si spostò verso il muro e prese una boc‐ chetta dell’antincendio. «Per prima cosa facciamo pulizia,» disse, indirizzandole addosso il getto sotto pressione «visto che ti sei cagata ad‐ dosso e hai un odore nauseabondo.» La Sovrano si avvilì e finì per arrendersi: piangendo e strillando, obbedì e si alzò. «Bene, adesso voltati!» la Bridge continuava a non mo‐ 31
strare animosità ma solo il desiderio di essere obbedita. Le altre amiche restarono per terra, terrorizzate. Tutta la scena aveva un che di incredibile, di grottesco. «Chìnati!» gridò l’insegnante e la colpì sulle natiche con forza. La Sovrano gridò, accovacciandosi sulle ginocchia per il dolore. «Chìnati, ho detto!», la ragazza eseguì e Pa‐ mela la colpì ancora, forte, facendo sibilare la canna nel silenzio del garage. La fustigò poche volte, controllando i segni sul culo chiaro. Geimy era addolorata, mortificata e piangeva di rabbia. Poi, Polly ed Emma videro la scena che fece perder loro ogni speranza: Pamela Bridge, estrasse un piccolo oggetto dalla tasca del Jeans e, con freddezza, esplose un colpo nella nuca di Geimy. La ra‐ gazza stramazzò per terra senza vita. Dopo, senza esitare, la donna liberò il cadavere ancora caldo e, meticolosa‐ mente lo vestì, con lingerie coloratissima, da puttana. In‐ fine alzò il corpo con un carrello e lo caricò, come un pacco, su un furgone.
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LE DEDUZIONI DI LARA KOVALSKI
Primo gioco: la scritta nella vera La scienziata guardò Yours con aria furbetta: «Non era tutto così misterioso come credi… sai? bastava riflet‐ tere, era scritto tutto lì, anzi, l’assassino ci aveva detto anche troppo… se solo ci fermassimo a riflettere, a volte… La fede si porta all’anulare, gius to?» Yours annuì, gasato dalla piega che aveva preso la conversazione «Infilata nell’indice di un morto cosa vuol dire se non “Ehi… attenti, sono un indizio!” E dentro? Una scritta freschissim a sull’oro, vecchio di anni… quind i? Quindi, un indizio preciso; persino di un qualcosa che, voi uo‐ mini, non scoprir este mai!» «Cosa?» scattò Yours, veramente sorpreso da quell’affermazio‐ ne… «Quello è l’anello nuzial e di un matrimonio senz’am or e! La fede era usata, lisa, ma dentro non c’era mai stato scritto nien‐ te… solo due che si sposano senza amore, non incidono nemmeno la data sull’anello. Infine, la scritta misteriosa, con l’errore fin‐ to, e lapalissiano. St. Brun… il nostro uomo richiama l’att enzio‐ ne su un gioco di parol e: St. Brun non è l’err at a trascriz ione di Saint Bruin ma vuol indicare Bruin Street, scritto male… infatti invece di Bruin, l’incisore ha scritto: Brun… ha sbagliato? O no, 33
no che non ha sbagliato, siamo noi a osservare le cose in manie‐ ra superficiale… Brun è la chiave per capire il resto: “Cercate nella strada Bruin” ci dice l’assassino “e, con questo finto error e, vi dirò anche il numero civ ico… che è il 36!» «Ma è… è esatto! E’ proprio così: il cadavere della donna è stato trovato in una vecchia officina, al 36 di Saint Bruin Street!» Yours era più arrabbiato che sorpreso, la successione, spiegata dalla scrittric e, sembrava quasi lampante. «Vedi, amico mio… #Brun è stat o un matemat ico: era fissato con i numeri Primi, ha scoperto una #Costante, chiamata #B-4, che riguarda i num eri #Primi_Quadrupli… uno dei tanti miste‐ ri di queste sequenze algebriche. Ora devi sapere che, i Primi Quadrupli sono notevolment e rari, se ne contano solamente 7 se‐ quenze nei primi 2000. La prima su 2000 (come ind ica chiaramente la scritta: I su MM) è: 5, 7, 11, 13. Addizionando questi semplici numeri viene fuori il 36! E oltre ad averci fornito l’indirizzo esatto. l’assassi‐ no ci informa anche di un’altra cosa: “Attenti, sono una persona colta!”» Il detective la guardava a bocc a apert a, poi disse: «Corriamo sul luogo del delitto, non c’è tempo da perdere… c’è qualcosa che devi vedere!»
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CAPITOLO OTTAVO
Le ragazze del "Trio" - Come puoi essere arrivata a tanto… – disse Polly Hor‐ se con un fil di voce. Lo sfinimento l’aveva annullata, quasi non provava paura. Quella rovina era giunta senza preavviso. “È vero” aveva pensato, sola e terrorizzata, legata come un cane, gelata dalla notte. “Abbiamo fatto una porcata. Ma uccide‐ re, a sangue freddo, per un maledetto atto di bullismo.” Con la febbre, nel delirio, Polly malediceva tutti e trema‐ va. La sua amicizia con la Sovrano, una scelta obbligata! Lei non era come loro: vanesia, prepotente. Non era un’oca esibizionista e non viveva esclusivamente per sen‐ tirsi al centro della “scena”, ma era troppo intelligente per restarne fuori, tra le più “piccole”, le sfigate. Il “Trio”: le chiamavano così; e, per loro, quell’ultimo anno doveva essere un trionfo. Giovani, disinibite, apprezzate persino dalla maggio‐ ranza degli insegnanti: Polly era il genio, Emma era scal‐ tra e Geimy: Geimy Sovrano aveva una famiglia alle spal‐ le a cui era meglio non dire di no. Invece andò tutto storto! Infrangendo ogni regola, Geimy, alla fine di giugno del penultimo anno, era riuscita a strappare un bacio “alla francese” al professor Hiden, l’affascinante insegnante di 35
filosofia. Tutte gli sbavavano dietro, e tanto era bastato alla Sovrano per attaccare e poi, passare l’estate con la ferma convinzione di essere innamorata. Era tornata ver‐ gine; ascoltava la Callas; aveva gli occhi al collirio e le far‐ falle le avevano nidificato in pancia. Poi, a settembre, era arrivata Pamela Bridge: era bella, era già donna ed era tragicamente fidanzata con Hiden. Aveva ottenuto la cattedra di letteratura e si stabilì a casa del suo “innamorato”, in attesa di un imminente matri‐ monio. Se Pamela non fosse capitata nella loro classe probabil‐ mente non sarebbe mai successo nulla ma il destino si ac‐ canì! Polly era sensibile, lo sentiva nell’aria: l’atmosfera diventava elettrica, in aula. Mentre Pamela accudiva, beata, alle sue incombenze di insegnante innamorata, la Sovrano schiumava di rabbia. Tra le due ci fu qualche scaramuccia che la donna seppe spegnere con pacatezza, lasciando dietro sé una Geimy intossicata dall’odio. Dopo Natale, all’incontro con i geni‐ tori, i Sovrano, certi delle indiscusse virtù della figlia, nemmeno si presentarono. Allora la Bridge, coscienziosa, li fece chiamare, visto che, per lei, la strana ostilità di Geimy non aveva spiega‐ zioni. La ragazza non rendeva: probabilmente stava attra‐ versando un momento difficile… Se solo avesse saputo che era proprio lei la causa di tutto! Era troppo: la Sovrano decise che “il Trio” doveva agi‐ re: bisognava dare una lezione a quella stronza. La santa‐ rella perfettina che aveva osato, prima rubarle l’amore e poi mortificarla così. Emma e Polly non erano d’accordo 36
ma per l’altra quella faccenda era diventata un chiodo fis‐ so. “Le faremo solo uno scherzo ma uno scherzo pesante, questo sì!” e rideva pregustando la vendetta. Geimy teneva per le palle Ted Colber, da 3 anni era il factotum della scuola. Ted non brillava, ma era un bel‐ l’uomo di 35 anni; Geimy ci scopava spesso perchè lui era sempre disponibile e i ragazzini troppo stupidi. Una vol‐ ta, dopo una festa, si era tirata dietro anche Emma Grey e da quello che le raccontavano avevano inscenato parecchi giochetti “strani”. Così, un venerdì, alla fine delle lezioni, Emma e Polly attirarono la giovane professoressa nel capanno in fondo al giardino, ma appena lei fu dentro, con l’aiuto di Gei‐ my, la legarono e la imbavagliarono. Pamela non credeva a quello che le stava accadendo… pensava che le tre fosse‐ ro impazzite. La lasciarono li, da sola fino a tardi. Le ragazze tornarono dopo mezzanotte, e c’era anche Colber, che però si era incappucciato. «Sei un idiota!» disse Sovrano, «Vedrai che alla fine del‐ la giostra questa stronza dovrà solo leccarci il culo.» E die‐ de inizio alle danze, strappando la camicetta della mae‐ stra per denudarla. Ancora legata, la tenne per il collo e la fece abbassare in una posa oscena, intanto, Emma Gray liberò il pene del giardiniere e con la bocca lo fece eccita‐ re. L’atmosfera si fece incandescente; Ted sembrava un toro pronto a montare la giovenca. L’insegnante non po‐ teva strillare ma si dibatteva come un’ossessa; Geimy la schiaffeggiò prendendoci gusto, poi le legò i piedi per 37
non farla più scalciare. Quando, finalmente, Ted la pene‐ trò con forza, gli occhi di Pamela sembravano voler usci‐ re dalle orbite. Ted la infilò solo per pochi minuti e ven‐ ne in lei senza ritegno. Quando le uscì dal corpo, aveva il membro sporco di sangue. Ci fu un attimo di gelo: “lei” era ancora vergine. Ma questo particolare rinvigorì l’odio della Sovrano e la certezza di aver colpito duramente la “futura sposina”. Pamela venne violentata più volte; poi passarono alle foto. La donna fu costretta a bere; la vestirono con bian‐ cheria sexy e la immortalarono in pose oscene. Il sabato mattina, la Bridge fu abbandonata nella casu‐ pola. Tom, intanto, se la svignava, mentre le tre ragazze, terrorizzate e in lacrime, sporgevano denuncia contro la maestra.
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CAPITOLO NONO
Il segreto dell'uovo sodo «Peccato!» disse Yours; chiamando, aveva scoperto che il cadavere era stato già rimosso. «Si fermi!» strillò Lara all’autista, poi, a Yours: «Dagli l’indirizzo dell’obitorio, presto.» Il detective eseguì sbigot‐ tito, ma le chiese come mai avesse cambiato idea. «Ascol‐ ta, amico mio: io mi fido di te. Not be born yesterday: se tu mi dici che hai notato “delle cose” sulla vittima, corria‐ mo, prima che facciano a pezzi quella povera donna…» L’assistente del Coroner, una ragazza bassa e robusta, aveva appena rimosso la lingerie pregiata trovata sulla morta. Non c’era nessuno nei paraggi e aveva fatto prima possibile ad infilare tutto in una busta. La “merce” era nuova, e se fosse stata dimenticata, c’erano molte proba‐ bilità di farla sua. Adesso, con latte detergente e cotone, si apprestava a cancellare i segni di quel grottesco make up. «Ferma così!» La voce imperiosa di Yours fece trasalire la ragazza, che rimase con la mano a mezz’aria. Si presen‐ tarono. Lara iniziò a studiare il cadavere, soffermandosi natu‐ ralmente sul viso. Come l’altra era una bella donna, sicu‐ ramente borghese. Il trucco che le copriva il viso come 39
una maschera era assurdo, eppure sembrava adatto a va‐ lorizzarne certe peculiarità nei lineamenti. «E’ un #coniglio, giusto?» disse la Kovalski, e l’ispettore assentì, «Però l’estetica non c’entra niente, vedi com’è grossolana la fattura? Di certo un altro simbolo, un altro #indizio per “noi”, forse.» La scienziata si guardò intorno. «C’è altro? Cosa indossava?» L’assistente del Coroner tremò e vide naufragare i suoi progetti, ma Yours intervenne: «Una cosa molto… fuori tema, diciamo: un #uovo_sodo probabilmente. » Poi si rivolse alla ragazza «Lo hanno portato qui, signorina?» «Oh, sì, detective,» rispose lei zelante «ho dovuto fatica‐ re per levarglielo di mano senza romperlo.» Rendendosi utile, pregava di “farla franca”! E porse l’uovo, che aveva coscienziosamente riposto in una bustina. Lara Kovalski lo osservò attentamente e poi sedette su una panca. Intanto il Corner, che Yours conosceva già, fece il suo ingresso. Il medico sembrava contento di tro‐ vare un po’ di movimento invece della triste routine di una sala autoptica. «Ascoltate,» disse Lara, rompendo le “effusioni” « non c’è un minuto da perdere: dobbiamo aprire l’uovo! Cre‐ do di aver capito dove si nasconde il prossimo indizio!» «Ma, veramente, non so se… e poi, le impronte? Ci vor‐ rebbe il Procuratore…» «Siete sicuri che sia sodo?» chiese il dottore, rivelandosi risolutivo, come al solito e, senza aspettare risposta, segnò col bisturi la scorza, poi, soffiandoci dentro, liberò com‐ pletamente l’albume, integro ma… marchiato. 40
Si guardarono l’un l’altro esterrefatti, e Lara si trattene‐ va dal gongolare solo per rispetto alla salma: «Lo sapevo!» disse trionfante. Sul bianco dell’ #uovo comparve una #scritta, incerta e grossolana ma leggibile: Sea Garden House.
***
«Come ho fatto, dici?» la fulminò con lo sguardo «E tu? E voi: come avete fatto a rovinarmi? Con un gioco; uno “scherzetto”: come diceva la tua amica puttana. Adesso te lo spiego io, come ho fatto, signorina Horse, e poi ti man‐ do a “giocare” con le tue amiche: il “Trio” lo farete al ci‐ mitero! Per prima cosa sono stata violentata, più volte, davanti a voi, “Trio di Troie”; poi tu stessa mi hai fotogra‐ fato, facendo credere che, non solo fossi lesbica ma che avevo approfittato di voi minorenni. Mi sono beccata una bronchite, perchè mi avete abbandonata nuda, senza nemmeno un poco d’acqua, a cercare un sistema per uc‐ cidermi.» Pamela sedette per terra di fronte a Polly, il suo volto spietato era solcato di lacrime. «Finalmente, mi hanno trovata, ma non per salvarmi, o no, per ammanet‐ tarmi. Storpiata e mezza nuda, e, di nuovo fotografata: stavolta per la gioia dei reporter! Tre mesi in galera; la carriera rovinata, e mentre Leo Hiden si batteva per me, facendo leva sul padre, magi‐ strato, io mi “guardavo il pancino”, perchè dentro c’era ri‐ 41
masto il seme di quel porco, di Colber! Ero incinta, capi‐ sci puttana? La mia rovina era appena iniziata. Uscii dal carcere e, naturalmente, lasciai Hiden, che ne fu sconvolto. E sai cosa fece la tua amichetta Geimy? Lo sai, vero? Se lo scopò, fino al diploma, per “confortarlo”, e per continuare a fottere me. Che ne dici, Polly?» La donna si morse le labbra, era tutto vero, infatti per questo lei si allontanò dalle altre. «Allora costrinsi Colber a sposarmi perché col DNA lo avrei incastrato, volevo uno straccio di padre per il mio bambino e una mano per sistemare questa proprietà; non avevo più un lavoro né un futuro. Ma il piccolo nac‐ que morto e tutto cambiò; fu allora che giurai che mi sa‐ rei vendicata di voi tre. Due sono già all’inferno, ma tu potresti anche cavartela Polly, che cosa rispondi?» La donna si rianimò: «Ti prego, farò tutto quello che vuoi, ti prego!» «Allora devi seguire esattamente le mie istruzioni. Devi fare la tua parte senza errori… un tentennamento e ti fac‐ cio saltare le cervella. Ci stai?» «Ti prego sì, sì; per pietà!» *** «Non c’è un minuto da perdere, ispettore mio, vedi, quest’assassina, perché ormai sono convinta che si tratti di una donna, sembra morire dalla voglia di farsi scopri‐ re… però, non ti offendere, ma credo sappia che le indagi‐ ni non sono condotte solo da un semplice poliziotto. Si comporta come se indirizzasse i suoi indizi, i suoi mes‐ 42
saggi di morte proprio a te e (devo ammettere con un bri‐ vido) anche a me, o, comunque, a qualcuno che ha una cultura umanistica, del tutto aliena dalla normale menta‐ lità strutturale di un poliziotto.» «Guarda Lara, ti stimo troppo per prendermela… ma non capisco cosa vuoi dire, insomma stai insinuando che sono un ignorante?» La donna rise, e continuò: «Assolutamente no… anche se per alcuni poliziotti po‐ trebbe essere; io voglio dire un’altra cosa: un assassino se‐ riale, per prima cosa, non vuole essere beccato, neppure in certi casi patologici, quando si tratta di un mitomane o di un eccezionale psicopatico. Se si tradisce lo fa per ec‐ cesso di sicurezza, non so se mi spiego; ma qui ci trovia‐ mo di fronte a qualcuno che lascia dei veri e propri mes‐ saggi: una persona lucida, colta, che sa precisamente dove vuole arrivare. Dovremo stare molto attenti Yours, po‐ trebbe trattarsi di una terribile trappola… metti caso l’as‐ sassina voglia vendicarsi anche di noi.» «Sinceramente Lara, per un vecchio segugio, come me, questa possibilità non viene mai scartata…» «Uhm, non so! C’è qualcosa di molto strano nella fac‐ cenda.» la Kovalski continuava a lambiccarsi il cervello. «Insomma… se il killer ha tanta voglia di inviare messaggi, perchè le sue tracce sono indirizzate a una persona di cul‐ tura? Non sono tracce per te… o comunque per un poli‐ ziotto. Dovrai ammettere che, uno di voi, ci sarebbe arrivato, probabilmente, ma come… e quando? Rivolgendosi ad un 43
esperto e magari aspettando qualche mese per ottenere una interpretazione attendibile… No, vecchio mio, questa maledetta ce l’ha proprio con noi. Attento ispettore… cer‐ ca di ricordare con chi hai parlato di me!» Le parole di Lara lasciarono il detective sconcertato; ri‐ muginò parecchio su quello che gli aveva detto. Intanto, con le auto, sfrecciavano verso una piccola Pensione di Folkestone.
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LE DEDUZIONI DI LARA KOVALSKI
Secondo gioco: la fi‐ siognomica e l'uovo sodo «Comunque, adesso potresti dirmi come…» Yours era legger‐ mente seccato ma la dottoressa era troppo sveglia per permetter‐ gli di serbarle il minimo rancore. «Un attimo ancora…» disse mentre continuava a smanettare sull’iPhone dell’ispettore, stava consultando internet: «Ecco, ora potrò darti risposte precise. Il volto dipinto non era la follia perversa di un trucco da de‐ pravati, bensì, come hai notato tu stesso, un’alterazione voluta di tratti somatici riconoscibili nel viso… “l’artista” ha esaltato le caratteristiche del volto che ricordavano vagamente il musetto di un coniglio. Vedi, in passato, molti studiosi hanno cercato di approfondire una “scienza” del tutto inaffidabile ma che ha avuto, nel corso della storia molti seguaci: la Fisiognomica… probabilmente, ne hai sentito parlare se hai letto qualcosa di Cesare Lombroso, un medico e criminologo italiano.» Yours fece cenno di sì, seguiva i ragionamenti della sua amica ma intanto una parte della sua mente elaborava mille congettu‐ 45
re e si perdeva in mille ipotesi. Non era uomo da lasciarsi pren‐ dere da emozioni irrazionali ma quella sera un presentimento doloroso e inafferrabile gli attanagliava l’anima come una morsa. Gli sembrava di sentire un alito, gelido e cattivo, pres‐ sargli sulla noce del collo. «Ma osservando quella donna e il suo viso stranamente truc‐ cato, mi sono ricordata di un altro italiano, scienziato, natura‐ lista e alchimista: Giambattista Della Porta. Il Della Porta visse a Napoli, nella seconda metà del ‘500, ed era un assertore convinto della fisiognomica; la considerava espressione di un certo carattere della persona che prende spun‐ to dalla sua somiglianza con determinati animali… ricordo an‐ cora i disegni sconcertanti raffigurati nei suoi trattati. Ma lo scienziato era anche un esperto di crittologia e di codici segreti, insomma lavorava per il cont rospionaggio dell’epoca…» «E inviava messaggi segreti nelle uova sode? Ma com’è possi‐ bile? Come faceva a ric hiudere l’uovo?» «E chi ti ha mai detto che le apriva, le uova?» Lara sorrise, era una divulgatrice e amava condividere ciò che scopriva con la sua arguzia. Nel profondo della sua mente, nonostante tutto, la scienziata cominciava ad apprezzare la sottile sequenza con cui, l’assassi‐ na, imbastiva quella teoria di indizi… Lara ne era sempre più convinta: quella persona la conosceva e quella macabra storia la stava scrivend o proprio perchè lei la “leggesse”. A cosa avrebbe portato quella caccia? Quale destino li atten‐ deva? Non poteva nascondere a se stessa una certa paura: la killer era furba e spietata, e se lei era una vittima nel suo mirino, non aveva molta fiducia di uscirne viva. Si riscosse dai cupi pensieri 46
e di nuovo si rivolse al suo amico. «Versando 30 grammi di Allume in mezzo litro di Aceto si ottiene un inchiostro speciale, estremamente volatile: questo co‐ lorante, in circa 24 ore, attraversa la buccia dell’uovo, che è po‐ rosa, e deposita il mess agg io scritto sull’alb ume. Semplice e ingegnoso, non trovi? Ah, l’Alchimia, che scienza interessant e…» Sulla collina vicina, nel tramonto, si stagliava una villa ele‐ gante, un cartello stradale laccato, recitava in bella grafia: Sea Garden, 800 mt.
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CAPITOLO DECIMO
L'ultimo inganno La Pensione era al buio e silenziosa. Nel parcheggio tre auto, chiuse. I poliziotti avanzarono cauti verso l’ingres‐ so, mentre un gruppetto aggirava la palazzina, per con‐ trollare il retro. Il primo gendarme a salire i pochi gradini del patio, fece un salto all’indietro, sconvolto: sulla destra, gettato per terra come spazzatura, il corpo nudo di una donna giaceva senza vita. Si fecero ancora più guardinghi. Yours andò avanti ma chiese a Lara di restare in macchina con una guardia. La dottoressa ricusò il suo invito e volle seguire il picco‐ lo drappello, mentre si dirigeva verso l’unico barlume, al‐ l’interno della villa. La luce di un solo neon non illuminava granché ma permetteva di vedere l’interno del garage: la vittima era in ginocchio, completamente nuda, le mani legate dietro la schiena e un cappuccio di stoffa sulla testa; alle sue spalle s’intuiva un’altra figura, e si faceva scudo col corpo di Polly. La mano, puntata sulla nuca, stringeva di certo una pistola. «Fermi o sparo!» gridò una voce femminile, era tesa. Anche l’assassina indossava un cappuccio: i volti erano ir‐ 48
riconoscibili. Il gruppetto sulle scale si bloccò, Lara sus‐ surrò al detective: «Riconosci questa voce, Yours?» L’altro scosse la testa: «Assolutamente… mai sentita pri‐ ma, perchè?» la donna sembrava perplessa. «State zitti, non fate un solo passo, o lei muore!» Dovet‐ tero obbedire. Un bisbiglio tra vittima e carnefice, forse una minaccia. «Ti conviene arrenderti» cominciò Yours con freddezza «l’albergo è circondato, sappiamo chi…» La donna premette l’arma sul collo della Horse: «Taci, capito? Non c’è tempo. Lara, venga avanti, lei da sola.» L’anziana per poco non svenne a sentirsi chiamare ma riuscì a scendere gli scalini. Ancora bisbiglii, poi la donna continuò a voce alta: «Va bene, ferma! Complimenti, è stata brava, chi mi ha parlato di lei mi aveva avvertito. Ora avrà capito tutto, potrà spiegare come sono andate le cose.» Lara ascoltava terrorizzata e confusa; eppure sì, aveva dei sospetti e adesso sembravano concretizzarsi, ma tutta quella scena le suona va strana, come fosse una recita. «Lei lo capisce, Lara, non era possibile andare avanti così. Perchè illudersi? Sa come sono diventata “importan‐ te”, una donna a prova di indagini?» Yours sudava freddo, tutta quella storia gli stava distruggendo la mente; doveva pensare eppure, qualcosa dentro di lui, cercava violente‐ mente di non capire. «Mi sono fatta amici importanti, mia cara. Questa pensione era il luogo ideale ed io non avevo più niente da perdere, lei mi capisce. Non c’è futu‐ 49
ro; solo una breve meravigliosa pausa in “Paradiso”. Ci pensi lei; di lei mi fido. Addio, Lara Kovalski!» L’assassina si alzò in piedi, Lara era fin troppo esposta ed elaborava mille congetture; sudava e tremava, terro‐ rizzata. La donna in jeans si allontanò di tre, quattro passi, e prese accuratamente la mira, sembrava pronta a giustizia‐ re la vittima. Era ben in vista, ma Yours non ebbe il coraggio di spa‐ rare, il dito sul grilletto si sarebbe contratto e, probabil‐ mente, ucciso un innocente. Il poliziotto alle sue spalle, invece, perse il controllo: una raffica rumorosa falciò il petto della donna incappucciata che stramazzò al suolo senza un gemito. *** Un’ambulanza si allontanava con Polly Horse a bordo: provata, spossata ma viva. Invece, il corpo di Pamela Bridge era ancora nel garage; era morta sul colpo e, forse, aveva ottenuto ciò che vole‐ va. Yours guardava il mare buio, seduto a una panca di rat‐ tan, nella veranda dell’Hotel. Lara lo aveva difeso dalle domande dei primi cronisti, poi gli sedette vicino. «Non ha sofferto, l’ha detto anche il dottore.» Disse pia‐ no, controllando la reazione del detective. «Devi farti co‐ raggio. Lei ti ha amato molto; credo che il tempo passato con te sia stato il periodo più felice, nella vita di “Eva 50
Pool”! Ma il suo destino, come Pamela Bridge, era segna‐ to. Ha fatto parlare Polly al posto suo perché tu non ne ri‐ conoscessi la voce.» «La sua pistola era scarica…» disse Yours con un filo di voce. «Lo so, amico mio… ma nessuno poteva immaginarlo.» La dottoressa si fece coraggio e gli prese la mano. Yours si irrigidì ma poi gliela strinse e, voltando la testa dall’altra parte, cominciò a piangere silenziosamente. «Le hanno rovinato la vita! Nonostante tutto, io non rie‐ sco a condannarla. E’ stata una vendetta tragica, dove lei ha sofferto per prima. Vivere accanto a quel Colber, la su prima vittima. Tensioni, minacce, rancore… lei: una men‐ te così brillante. Ora lo devi accettare, Yours, Eva Pool era solo un fantasma: nessuno deve sapere! Sono sicura: è stata questa la sua ultima volontà; quando ha costretto Polly a parlare al posto suo… parlava a me, ma il suo mes‐ saggio era per te. Non devi mollare, lei non avrebbe volu‐ to.»
Pamela Bridge , aveva già redatto un testamento, la‐ sciando la Sea Garden ad un Ente benefico che aiutava le giovani madri vittime di stupro. Grazie ai suoi “amici” potenti e con una serie di cavilli la proprietà rimase salda, nonostante gli attacchi legali delle famiglie delle sue vit‐ time. Polly Horse fu dimessa dall’ospedale ma non si riprese mai completamente dai sensi di colpa e dal trauma subi‐ to. 51
L’ispettore Yours, dopo un lungo periodo di aspettati‐ va, tornò al suo lavoro di sempre. A volte, si reca ancora dalla sua vecchia amica Lara e le chiede anche qualche aiuto sulle indagini in corso, ma tra di loro non hanno parlato mai più di una donna chiamata Eva Pool.
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