La roulotte bianca - The white trailer

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GIOVANNA - racconto


La roulotte bianca GIOVANNA – racconto

(A Francesca)

La vita è l'infanzia della nostra immortalità. Johann Wolfgang von Goethe

1 Le tinte del mondo non erano delle più allegre ma Ebenezer non ci faceva neanche caso. Aveva delle cose da fare che però non ricordava distintamente; aveva parole da dire ma, se le avesse pronunciate, non avrebbero avuto nessun senso, almeno apparente. Strade, scale, porte, case: erano tutte abbastanza familiari eppure aliene allo stesso tempo. Anche sua madre non era come se la sarebbe aspettata... e la cucina? Ma era poi veramente una cucina? Gli sembrava di scoprire gli ambienti per la prima volta e, contemporaneamente, si convinceva che erano proprio quelli giusti, nonostante a lui sembrassero sempre sbagliati. Sua madre non era felice di vederlo ma neppure dispiaciuta, sembrava solo che avesse altro da fare, altre persone cui pensare... e il babbo? E i suoi fratelli... e... e... Thud. Thud. Thud. Ebenezer conosceva quel rumore cadenzato, per anni si era chiesto cosa fosse, adesso era troppo vecchio per fingere di non riconoscerlo. Lentamente accettò il cuscino liso su cui la sua testa era appoggiata e questo si materializzò subito, di buon grado... neppure il piccolo letto fece resistenza e corse a mettersi sotto il suo vecchio corpo, proprio un attimo prima che potesse precipitare sul pavimento o peggio... continuare a sprofondare nel nulla, per sempre.


Le cose presero velocemente il proprio posto e, ancora una volta, Ebenezer Hazy riuscì a ritrovarsi nella piccola stanza della vecchia casa, piena di scricchiolii e di spifferi, proprio come il suo vecchio corpo, dove il cuore, misteriosamente, ancora riusciva a pompare la forza di sopravvivere. Thud; Thud: Thud... era il primo suono che sentiva, appena si svegliava... Ora, seduto sul letto, era lucido e, dietro il velo di tristezza troppo antica per commuoverlo, ricordò la sua mamma e tutte le persone che erano passate per suo sogno e che erano morte da tempo. Ma lui no. Lui era ancora vivo. Acciaccato e stanco ma vivo. Non poteva permettersi di morire. O, perlomeno, non poteva farlo finché Tom non sarebbe stato in grado di badare a se stesso... e, adesso, aveva solo nove anni. Gli ci voleva un po’ prima di mettersi in piedi. Le vecchie giunture tardavano un po’ a convincersi di essere ancora in grado di funzionare ma, alla fine, si arrendevano. Passò per la camera di Tom, dormiva ancora beato, non riuscì a non sorridere, ecco chi lo inteneriva, sempre: il suo ragazzo. Cercò di scendere la scala di legno facendo meno rumore possibile e raggiunse la cucina. Un robusto caffè era ciò che ci voleva per riprendere a vivere veramente. La vide mentre metteva il caffè sul fuoco. Era una roulotte, era bianca di un bianco esagerato, abbagliante, ed era proprio lì: dove non avrebbe dovuto essere.


2 Lisa era proprio una bella donna, Ebenezer ne apprezzò le forme aggraziate ma senza malizia: i fianchi erano tondi, come si addice a una brava donna di casa. Una brava madre che conserva il fascino di una bellezza semplice. Quando lei si voltò, per non metterla in imbarazzo, guardò fuori, sbirciando il suo Tom che se la godeva un mondo con i ragazzi di Lisa e di Bob. Non erano lontani dal centro. Negli anni ottanta lo stile di vita era cambiato, a causa dell’autostrada e Cityville si era bloccata nelle sue dimensioni. L’ultima casa del centro era quella di Bob, il benzinaio, che aveva la pompa e l’Emporio poi, dopo 200 metri, c’era casa sua. - Hai fatto caso a una roulotte bianca? – chiese così, tanto per chiacchierare. - Da stamattina non ho visto nessuno che non fosse di qui, anche a fare benzina: solo i soliti clienti. – disse la donna mentre preparava il conto della sua spesa. - Bah... c’è una vecchia roulotte, davanti a casa... - disse Eb – ieri non c’era. – Poi continuò come per essere rincuorato mentre la fissava con i vecchi occhi acquosi – Sai, ogni novità mi mette apprensione... – Elisabetta conosceva le paure di Ebenezer. Era una mamma! Sapeva cosa passava quel povero vecchio e quanto temesse per il piccolo Tommy. Due anni prima si era trovato tutore del ragazzo. Tutto era successo tanto velocemente da non poter nemmeno piangere la morte di sua figlia, la mamma di Tom. I genitori, infatti, erano morti in un incidente ed Eb aveva dovuto lottare perché non portassero via il bambino, lontano, tra gente estranea che non lo avrebbe potuto amare. - Vi serve dell’acqua? – chiese Ebenezer, cercando di essere cordiale con il giovane che, nonostante il sole cocente, vestiva un classico completo nero, camicia e pure una cravatta, del tutto insensata. - Oh no, grazie, signore, siamo ok! – e coinvolse, con un cenno della testa, l’altra figura, indefinibile, che si intravedeva dietro i cristalli impolverati della roulotte: quello dentro vestiva di bianco. Tommy sgambettava tutt’intorno, eccitato dalla novità. Eb era sul punto di chiedere: "Potete dirmi che cavolo ci fate davanti alla mia proprietà?" ma era tutto troppo strano, preferì pensarci sopra e non precipitare. Sullo spiazzo polveroso non c’era un solo segno di pneumatici eppure, non c’era stata né pioggia né vento. Strano, molto strano. E un altra stranezza era il fatto che Eb, nonostante non conoscesse l’uomo in nero, aveva la netta sensazione di averlo già visto. - Vieni Tom – richiamò il nipote e rientrò per preparare il pranzo ma il suo umore era nero e non aveva fame. Quando la sera, con una scusa tornò al cancelletto, la roulotte era sempre là, nel tramonto, con le luci accese; la radio trasmetteva vecchie canzoni. Fece un cenno di saluto all’uomo in nero che se ne stava seduto su un paracarro. L’altro rispose gentile, ma Eb si sentì mancare... era sempre lo stesso ma, ne era certo, alla luce del tramonto, sembrava più vecchio di oltre 20anni. Ritornò frettolosamente in casa e si chiuse la porta alle spalle, come se questa avesse il potere di lasciare il mondo fuori. Quella notte non dormì e, alla fine, all'alba sapeva a chi assomigliava quello della roulotte. Il vecchio era sudato e terrorizzato, una cosa che non gli succedeva da tanti anni. Era l’alba quando trovò il coraggio di telefonare - Passami tua moglie! – Bob bofonchiò ancora assonnato: se non si fosse trattato del vecchio Ebenezer, sarebbe certo andato su tutte le furie. - Ma cosa... – disse con voce impastata Lisa, che ancora non era in grado di connettere. Il vecchio le parlò concitato: le chiese tutto, le disse tutto, persino dove aveva nascosto i risparmi per far studiare il piccolo Tommy. Volle che lei giurasse che se ne sarebbe presa cura... se a lui fosse accaduto qualcosa. Lisa si


schernì, titubò ma poi capì che Eb non scherzava e si rassegnò a giurare. Quando la salutò e la ringraziò con tutto il cuore, aveva la voce velata di pianto. Ora toccava a quello fuori. Stava per fare una mossa talmente stupida da vergognarsene! Aveva preso il vecchio fucile dallo stipo dietro la porta. Lo rimise a posto. Si vestì accuratamente, forse per sembrare un po’ più giovane, e poi uscì nell’aurora polverosa. Nella roulotte il tipo in bianco sfaccendava sempre, mentre quello vestito in nero passeggiava sulla strada solitaria. Quando Eb se lo trovò di fronte, per poco non gli veniva un colpo: - Ma tu sei... sei Glen! Ma... - l'altro gli fece segno di parlare a bassa voce. - Si lo so, Ebenezer, è una cosa un po' complicata. - disse il tipo che ormai dimostrava circa 70 anni - io nemmeno dovevo essere qui, fratello mio. - Eb fece per abbracciarlo, commosso ancora una volta; l'altro sorrise ma lo tenne a distanza con un gesto - No, no, questo non si può... - sorrise al fratello in un impeto di nostalgia. - Siete venuti a prendermi, lo capisco Glen. Ma io non posso venire... il ragazzo, lui non ha più nessuno capisci? Ti prego... dammi qualche anno, giusto per... - Ma il fratello scosse la testa tristemente.


3 - L’ho capito, sai? – gridò Eb dalla della cucina, stavolta il fucile era a lato della finestra e il vecchio cercava di farsi valere. – Non potete prendermi se non esco di casa. Non so chi vi ha mandato, ma il vecchio Dio è dalla mia, Glen! Qui non potete passare. – Continuava a strillare più a sé stesso che alla vecchia roulotte, immobile di fronte casa. Per non spaventare il ragazzo l’aveva mandato a giocare sul retro. Era la sua passione. Godersi l’aria aperta, lo scivolo, l’altalena: tutti giochi che il nonno gli aveva costruito con le proprie mani. Osservò attentamente il cancello per essere sicuro che fosse chiuso e si affacciò sul retro per rincuorare Tom. - No... Tommy, no! – le lacrime sgorgavano sul viso rugoso senza che potesse controllarle. La corda della maledetta altalena era spezzata e il suo ragazzo era steso per terra, in una posizione scomposta. L’essere in bianco era inginocchiato a fianco al suo Tom e gli sistemava i capelli sulla fronte, con delicatezza. - No... non è possibile - disse Eb, svuotato – Era per lui... era per lui... – Glen adesso era al suo fianco, spuntato chissà da dove, lo fissava senza parlare. - Ora capisco... tutta questa messa in scena... era per lui! – la rabbia montava ma era cieca e senza colpevoli. - Porta anche me, ti prego. Che ci sto a fare, qui, adesso? Ti prego….. - Tu non capisci Eb, non è possibile, è un caso speciale... il fatto che sia venuto io, è già tanto, credimi! – - E che sei venuto a fare? Non puoi far niente: non aiuti nemmeno tuo fratello... – Ebenezer era disperato: si vergognava di essere sopravvissuto a Tommy, cominciò a pensare se il piccino avesse sofferto e per quanto tempo e... ed era tutta colpa sua! Vecchio testardo, caparbio e stupido, profondamente stupido. - Portatemi con voi, ve ne prego! Non andate via... – provò ancora ma senza speranza. Glen, imbarazzato e timoroso, guardava fisso l’altro essere, completamente bianco, di un chiarore quasi abbagliante. Egli si voltò e il suo viso era una maschera di luce, tranne gli occhi che erano blu come le stelle d’estate. Al vecchio Eb ricordarono gli occhi di Emma, la mamma di Tom. L’essere sembrava sorridere e, continuando a carezzare la fronte del bambino, fece un piccolissimo cenno affermativo. Poco dopo, nel sole del Wisconsin, un vecchio e un ragazzo arrivarono vicino a una vecchia roulotte bianca, parlottavano tra loro di chissà quali avventure. Poi ridendo e facendosi le cerimonie, salirono i due piccoli gradini e si chiusero alle spalle la piccola porta. Fine 3 luglio 2013


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