Antonio Savino, Niccolò Machiavelli, fondatore di una nuova epoca

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NICCOLO’ MACHIAVELLI: FONDATORE DI UNA NUOVA EPOCA Capace di edificare sulle macerie del Medioevo

di

Antonio Savino Classe IVB Liceo Scientifico a.s. 2016-2017 Docente tutor: prof.ssa Giuseppina Severino

“Ci è un piccolo libro del Machiavelli, tradotto in tutte le lingue, il Principe, che ha gittato nell’ombra le altre sue opere. L’autore è stato giudicato da questo libro, e questo libro è stato giudicato non nel suo valore logico e scientifico, ma nel suo valore morale. […] Molte difese sonosi fatte di questo libro ingegnosissime, attribuendosi all’autore questa o quella intenzione più o meno lodevole. Così ne è uscita una discussione limitata e un Machiavelli rimpiccinito” - Francesco De Sanctis


Niccolò Machiavelli è senza dubbio un importantissimo autore rinascimentale. Egli scrisse principalmente di politica, in quanto ebbe esperienza diretta di questa materia impegnandosi per tutta la vita nelle vicende politiche della sua città: Firenze. Non sono da sottovalutare, tuttavia, i suoi studi sulla storiografia e le sue opere teatrali che, riallacciandosi alla tradizione delle commedie dei latini Plauto e Terenzio, riformulano il teatro e danno le basi per quella “commedia italiana” che sarà poi ripresa in epoca illuminista da Carlo Goldoni. Non mi soffermerò, tuttavia, sulle opere considerate “minori”, per celebrare, invece, quel breve “opuscolo” che ha cambiato il modo di concepire la politica. Il “De Principatibus”, più comunemente conosciuto con il nome di “Principe”, è uno di quei testi che non possono assolutamente mancare sulle scrivanie di principi, regnanti e ministri che vogliano approfondire la politica non come materia puramente intellettuale, ma vederla proiettata nella realtà, indagando, utilizzando gli stessi termini di Machiavelli, la “realtà effettuale della cosa”. In questo senso, il “Principe” funge da manuale che ha il fine di addestrare i sovrani affinché possano svolgere correttamente la propria professione. Non a caso, come Machiavelli spiega nel primo capitolo, il tema della sua opera sono i principati: di quanti tipi sono, come si conquistano e come si mantengono. Partendo da questi tre semplici concetti egli si propone di spiegare i meccanismi nascosti usati dalla politica del suo tempo. La sua idea di principe, che affiora leggendo i ventisei brevi capitoli dell’opera, non è quella di un sovrano giusto e imparziale che operi secondo virtù, ma, al contrario, Machiavelli svela la necessità di usare i mezzi più funzionali nel perseguimento dell’obiettivo, che per il principe corrisponde al tener saldo il proprio potere. Ed ecco che il principe, per mantenere il suo regno e non avendo altre possibilità, deve indebolire le famiglie potenti, mettendole le une contro le altre; deve rafforzare il popolo dotandolo di armi, affinché formi un esercito alle sue dirette dipendenze.

Il delitto politico viene descritto come legittimo mezzo di conquista; le caratteristiche e le virtù che fino al Medioevo rappresentavano il modello di comportamento ideale del sovrano, ora non hanno validità in campo politico; il principe deve preferire essere temuto piuttosto che amato e non è necessario che possegga tutte le buone qualità, ma bisogna che finga di averle, perché il popolo guarderà il fine e non si curerà di come il sovrano sia realmente; deve, inoltre, simulare e dissimulare, essere centauro, quindi metà uomo e metà bestia, e di queste scegliere la “golpe” (furbizia) e il “lione” (forza), cosicché sia capace di governare non solo con le leggi, ma anche attraverso metodi “meschini” rappresentati dalle due bestie. Bisogna però ricordare che Machiavelli pone un limite alle scelleratezze del principe; infatti egli dice: “bisogna restare nel bene, potendo, e saper intrare nel male, necessitato”. Assistiamo, nell’esternare questi pochi concetti che riassumono grossolanamente il contenuto di alcuni capitoli, alla demolizione di un’intera epoca: il Medioevo. La politica diventa indipendente dalla morale e dalla religione, a sua volta declassata ad “instrumentum regni”. La vita degli uomini non è più regolata dalla Provvidenza, ma, al contrario, il loro stesso futuro si sposta nelle loro mani, perché capaci di governare la fortuna (qui intesa come casualità degli eventi) attraverso la virtù, che non rappresenta più il comportamento corretto da adottare, ma diventa sinonimo di industria e ingegno. Ma Machiavelli, come dice il famoso critico De-Sanctis: “aveva in una mano la spada e nell’altra la zappa; egli non distruggeva solo, ma edificava”. Sulle basi poste da Machiavelli si svilupperà quella civiltà rinascimentale che, distaccandosi dalla religione, favorì il nascere di una nuova mentalità che porterà alla rivoluzione scientifica del secolo successivo. Machiavelli ne è stato precursore anche nel metodo, utilizzando per primo quel metodo induttivo-deduttivo che, prendendo spunto dall’esperienza, porterà ad una conoscenza scientifica attraverso la formulazione di leggi universali. Infatti, come afferma il cri-


tico Luigi Russo, in Machiavelli la parola esperienza si avvia ad assumere il significato speculativo moderno e diventa sinonimo di conoscenza che si fa riflessione universalizzatrice sulle cose; col Machiavelli si precorre già il secolo di Cartesio e di Galileo. Varie sono state le interpretazioni dell’opera: il machiavellismo teorizza un’interpretazione utilitaristica degli scritti del Segretario fiorentino, in cui si nota una condotta politica eccessivamente astuta e subdola; è da questa visione che si è tratta poi la celebre frase “il fine giustifica i mezzi” che dovrebbe – forzatamente - rappresentare una sintesi efficace del pensiero dell’autore. In altri casi si può parlare, invece, di anti-machiavellismo, un’altra interpretazione trasversale dell’opera che vede nel “Principe” non un manuale per i regnanti, bensì uno per il popolo, in modo che possa difendersi dalla prepotenza dei tiranni. Questa visione, tipicamente illuministica, può essere sintetizzata nelle parole di Rousseau: “Fingendo di dare lezioni al re, ha dato grandi lezioni ai popoli. Il principe di Machiavelli è il libro dei repubblicani”. Si tratta di una visione rinforzata nell’Antimachiavel, opera scritta dal futuro regnante Federico II di Prussia, che si proponeva di controbattere tutte le affermazioni del Machiavelli. Una frase in particolare colpisce: “sarebbe stato meglio, in un libro che si proponeva di dogmatizzare il crimine e la tirannia, non parlare di ciò che avrebbe dovuto distruggerli”. Come si è visto, numerosi autori e pensatori presero parti spesso radicali nel giudicare l’operato di Machiavelli. Volendo però restare su ciò che è certo, ossia sulla verità effettuale, bisogna ammettere che - qualsiasi interpretazione si voglia dare alla sua opera - questo autore, spesso sottovalutato, meriterebbe di essere apprezzato come "rivoluzionario" e precursore dei tempi.


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