Giovanni Esposito, Machiavelli crudeltà o modernità

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IL PENSIERO POLITICO DI MACHIAVELLI: CRUDELTA' RINASCIMENTALE O PENSIERO MODERNO E ATTUALE? di

Giovanni Esposito

Classe IV B Liceo Scientifico1

In occasione di una recente mostra agli "Uffizi" di Firenze ritorna in auge la polemica sul pensiero politico del grande Segretario fiorentino Niccolò Machiavelli. La domanda più ricorrente e se esso sia un elogio alla crudeltà dei sovrani ed alla tirannia o un brillante modo di intendere la politica capace di rivoluzionare il pensiero politico successivo fino all'età moderna. Il punto sicuramente più controverso è quello legato alla visione del principe, che viene metaforicamente descritto come un centauro e quindi metà bestia e metà uomo. Questa duplice natura fa sì che il principe possieda entrambe le qualità per combattere: le leggi e la forza. "Quel primo è propio dello uomo, quel secondo delle bestie", scrive Machiavelli nel capitolo XVIII del "De Principatibus" in riferimento a queste qualità e poi continua spiegando che non sempre bastano le buone e talvolta il principe deve ricorrere alla forza bruta e quindi gli è necessario saperle usare entrambe. Molti oppositori del machiavellismo obiettano che questo passo sia un incitamento all'uso della violenza ai governanti, senza farsi alcuno scrupolo né legge morale, sino a sentirsi addirittura autorizzati ad agire in modo violento e assolutamente antidemocratico. A confutazione di queste affermazioni basti semplicemente pensare al funzionamento di uno Stato democratico moderno: vi è, infatti, un sistema di leggi che il cittadino deve rispettare per aspirare alla giustizia e all’armonia. Se il cittadino infrange tali leggi, lo Stato ricorre alle forze dell’ordine, che prima con avvisi scritti e censure verbali e poi, se necessario, con l’uso della forza, garantiscono il rispetto delle leggi. Anche due massimi difensori dell’uguaglianza e della democrazia come Jean Jacques Rousseau e Ugo Foscolo difendono Machiavelli definendolo un paladino della repubblica, che, 1 Docente tutor prof.ssa Giuseppina Severino


attraverso le sue opere, fingendo di indirizzarle ai potenti poiché viveva sotto l’oppressione dei Medici, mostra al popolo “quanto intrisi di sangue siano gli scettri dei sovrani” (per citare Rousseau). Altri due punti focali del pensiero del Machiavelli sono sicuramente la Fortuna e il realismo politico, che - personalmente - ritengo strettamente collegati, soprattutto in relazione alla loro natura squisitamente pratica. Per Machiavelli “la fortuna è donna ed è necessario, volendo tenerla sotto, batterla e untarla” e quindi, tralasciando il paragone figlio di una società maschilista, il miglior modo di agire in politica, come nella vita, è l’essere impetuoso per dominare gli eventi, che altrimenti ci travolgerebbero; il realismo, invece, è la chiave del pragmatismo machiavelliano, focalizzato sulla considerazione dell’essere umano come fragile, limitato e incline alla corruzione. Questo modo di agire permette al principe di agire in modo efficace e non vano. Il realismo è, poi, a parer mio, anche il considerare la Fortuna qualcosa di imprevedibile, ma, da un cero punto di vista, influenzabile attraverso azioni forti e decise. I più scettici rispetto a questo pensiero ipotizzano che la Fortuna abbia una natura provvidenzialistica, finalizzata a qualcosa di più grande, e quindi indomabile; in relazione al realismo fanno inoltre notare come l’utopia, all’opposto, miri molto più in alto e possa condurre a risultati migliori. In risposta a queste considerazioni dico che, a mio parere, non credo possibile un’azione così mirata della Provvidenza, altrimenti nella storia molte catastrofi politiche, dovute anche al caso, non sarebbero accadute. In accordo con lo storico Melograni, che si rifà a Karl Popper, sostengo che i realisti, tenendo sempre in considerazione la natura umana e quella della Fortuna, siano di gran lunga migliori rispetto agli utopisti, che, come accaduto più volte nella storia, hanno portato, con le loro idee troppo astratte, all’ascesa di dittature e totalitarismi come nazionalsocialismo e comunismo con esiti tutt’altro che positivi. Ultimo punto da considerare è senza dubbio quello dell’esperienza, con il valore che le attribuisce il Segretario fiorentino: per Machiavelli essa è legata sia all’aspetti pratico, derivando da esperienze dirette, che a quello teorico, essendo in stretta relazione con “la letione delle cose antique”, quindi allo studio della storia. Non ritengo utile presentare eventuali antitesi, ma vorrei semplicemente calare tale tesi nella realtà moderna: in un Paese come il nostro, dove regnano ignoranza e inettitudine, soprattutto nella classe politica, quale miglior rimedio se non la scelta di politici esperti ed istruiti? In conclusione, non si può certo definire il pensiero politico di Machiavelli datato, crudele oppure totalitario, poiché, dopo un’ attenta riflessione, è possibile capire come, al contrario, esso sia attuale e moderno, se non in parte visionario e non ancora appreso interamente. Solo attraverso una rilettura del “Principe” e delle altre opere politiche di Machiavelli in chiave maggiormente moderna ed attuale, sarà possibile aspirare ad una classe dirigente migliore e, in ultima analisi, ad uno Stato più forte e democratico.


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