Eclettica 9

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Indice INTRODUZIONE

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ARTEGGIAMENTI

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2.

AVVENTURE DA PALCOSCENICO

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3.

CHIACCHIERANDO CON…

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4.

L’ANGOLO DEGLI ESORDIENTI-EMERGENTI

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5.

LE PENNE DELLA STORIA

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6.

LIBRI VINTAGE

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7.

MILLE SFUMATURE DI ROSA CONTEMPORANEO

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8.

PIZZE&MATTONI

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9.

SCORCI DAL MONDO INCANTATO

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10.

THE CAT IS ON THE NEW YORK TIMES

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11.

THE HORROR! THE HORROR!

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12.

VOCI DAL PASSATO

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13.

IL GABINETTO DEL DOTTOR LAMBERTI

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CONTATTI

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INTRODUZIONE Ed eccoci con un nuovo numero ricco di sorprese! Eclettica si allarga e ci sono ben 4 new entry. Pino Campo si occuperà della rubrica dedicata ai romanzi storici, Voci dal passato, e ci offrirà una visione generale su questo genere. Stefania Bernardo con Le penne della storia ci presenterà autori del passato e in questo numero ha optato per Alexandre Dumas. Grazia Maria Francese nella rubrica Pizza&Mattoni recensirà dei saggi e inizierà da “Beowulf, traduzione e commento” di J.R.R Tolkien. Con Naike Ror e la sua rubrica The cat is on the New York Times si parlerà di libri ancora inediti in Italia: il primo libro recensito è Memory Man, che fa parte della serie Amor Decker. Fabiana vi parlerà di Sara Pratesi, un'autrice che dopo aver pubblicato in self è stata notata da una nota casa editrice, la Piemme. Protagonista della rubrica curata da Cristina è la Tazza Farnese, un piatto di agata sardonica che rappresenta la testa mozzata di Medusa. Doppio appuntamento con la rubrica Chiacchierando con: faremo due chiacchiere con Bianca Cataldi e Alessio Rega, fondatori di una nuova casa editrice, Les Flaneurs Edizioni, e con Linda Bertasi che da poco ha autopubblicato una nuova edizione de "Il profumo del Sud". Giuliano vi parlerà di Traditori di tutti un'avventura di Duca Lamberti, con Loredana voleremo in Transilvania dal temibile Dracula. E rimanendo sempre in tema vampiri, Francesca recensirà Implosion di M. J. Heron. Le donne e il teatro: sarà questo l'argomento trattato da Valeria nella rubrica Avventure da palcoscenico. Nella rubrica dedicata agli emergenti Lidia recensirà Il mondo dopo te di Laura Bellini; l'appuntamento con Libri vintage di Laura sarà dedicato ai romanzi storici di Rafael Sabatini.

Buona lettura a tutti voi! Giovanna Samanda Ricchiuti

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ARTEGGIAMENTI Un’allegoria alessandrina: la Tazza Farnese A cura di Cristina Malvezzi Fra le arti minori praticate già dagli antichi va annoverata la glittica, cioè la tecnica di incisione e intaglio delle pietre dure, praticata essenzialmente a scopo ornamentale e particolarmente in voga in età ellenistica e romana. Inizialmente l'incisione sulle gemme si lega ai sigilli posti sugli anelli a scopo di firma, ma diviene ben presto un modo estremamente raffinato di decorazione di oggetti vari, spesso con la tecnica della lavorazione a strati che produce l'effetto cammeo. Se è ben nota la produzione di piccoli monili e gemme di ridotte dimensioni, meno conosciuti sono i manufatti più grandi ottenuti con lo stesso tipo di tecnica.

Tazza Farnese, interno con rappresentazione allegorica

Uno di questi è la Tazza Farnese, un piatto di agata sardonica dal diametro di 20 cm realizzata in ambiente alessandrino e lavorata sia nella parte interna che all'esterno, interamente occupato da un Gorgoneion, la rappresentazione del capo mozzato di Medusa usato fin dall'età arcaica con funzione apotropaica. Più complessa è la raffigurazione sulla superficie principale, entro la quale trovano posto sette figure di difficile identificazione: sulla sinistra un vecchio che tiene una cornucopia si volge verso il centro della tazza, dove trovano posto un giovane che impugna un aratro e un coltello e una donna adagiata

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su una sfinge che tiene alcune spighe; lungo il bordo destro dell'iconografia sono collocate due fanciulle e, nella parte superiore, sospesi nel cielo, volteggiano due nudi. L'attribuzione di identità è abbastanza sicura per le figure minori ed è quasi certo che i due giovani alati rappresentino i venti e le ragazze sedute all'esterno le Horai, simbolo del ciclo delle stagioni; più difficile appare invece l'illuminazione dell'allegoria celata dietro ai tre personaggi principali. A tal proposito, va detto che l'intera arte ellenistica (ivi compresa l'arte letteraria, in particolare quella poetica) è caratterizzata da un forte simbolismo, da fittissime reti di riferimenti colti ed eruditi che si spiegano con la fruizione fortemente elitaria della cultura del III-II sec. a.C.: artisti e poeti creano per un pubblico di intellettuali, sovrani o nobili imbevuti di una cultura raffinata e molto selezionata e il valore dell'arte è direttamente proporzionale alla sua densità espressiva e alla sua capacità allusiva. La glittica è particolarmente ricettiva nei confronti di questa complessità, al punto che, spesso, essa attesta, con i suoi soggetti, iconografie di miti minori o poco conosciuti o artificiose composizioni di scopo propagandistico; in quest'ultimo senso verrà sfruttata da Augusto (si pensi alla Gemma augustea), ma, in qualche modo, la stessa Tazza Farnese, datata al II-I sec.a.C., si riconduce a questa funzione celebrativa. Il soggetto, infatti, è stato letto sia come un'allegoria mitologica sia come una traduzione della stessa in forme di encomio dinastico. Ad Adolf Furtwängler (1853-1907) si deve la prima interpretazione, secondo la quale la Tazza Farnese rappresenterebbe il ciclo di rigenerazione permesso dal Nilo, impersonato dal vecchio recante la cornucopia, simbolo di abbondanza; in tale ottica, la figura femminile al centro non sarebbe altri che Iside-Eutheneia, personificazione della piena del Nilo che assicura fertilità e il giovane con l'aratro sarebbe Horus-Trittolemo, che per primo, ammaestrato da Demetra (una figura che converge nel sincretismo religioso ellenistico nell'egizia Iside), avrebbe per primo introdotto la tecnica della coltivazione. L'interpretazione politico-dinastica risale invece a Jean Charbonneaux (1895-1969), che ha ritenuto di poter datare il manufatto intorno allea metà del

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II sec.a.C. identificando la donna e il giovane con Cleopatra I e suo figlio Tolomeo VI Filometore, in riferimento alla reggenza esercitata dalla sovrana in luogo del ragazzo, troppo giovane per diventare re alla morte del padre. Propende però per una datazione più bassa, intorno al 100 a.C., Frédéric Louis Bastet (1929-2008), che ritiene che i sovrani oggetto della raffigurazione siano invece Cleopatra III e Tolomeo Alessandro.

Tazza Farnese, esterno con Gorgoneion

La storia nobiliare del pezzo, tuttavia, non è limitata al soggetto, ma coinvolge anche la storia stessa della Tazza Farnese. Il manufatto entra nella prestigiosissima collezione di antichità di Lorenzo il Magnifico nel 1471, forse attraverso un'asta dei beni appartenuti a papa Paolo II Barbo voluta dal suo successore Sisto IV della Rovere (Barbo l'ha forse ricevuta come dono degli aragonesi nel corso delle trattative fra le potenze europee per contrastare l'espansione turca nel mediterraneo). La Tazza Farnese lascia la proprietà medicea nel 1538, perché Margherita d'Austria, vedova di Alessandro de'Medici, la porta con sé in occasione del matrimonio con Ottavio Farnese e il passaggio a questa nuova collezione spiega la nomenclatura del pezzo, acquisito poi dagli Aragonesi fino a giungere nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove è ancora ammirabile grazie alle prodezze del restauro resosi necessario dopo la rottura del manufatto ad opera di un custode maldestro.

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AVVENTURE DA PALCOSCENICO Le donne e il teatro

A cura di Valeria Vite

Per raccontare il rapporto tra donne e teatro nella storia ho consultato svariati documenti online, tra cui una preziosa ricerca di Maria Rosaria Grifone, intitolata Il teatro e il femminile e pubblicata su www.dramma.it . Il mio articolo può essere considerato un riassunto della sua imponente opera. L’inizio della storia del teatro occidentale non fu felice per le donne: prive di diritti politici e segregate nei ginecei, le donne greche non solo non potevano recitare (i ruoli femminili erano interpretati da uomini), ma non è nemmeno certo che avessero il permesso di assistere alle rappresentazioni. Un solo documento riporta una testimonianza di pubblico misto: Ateneo racconta che Alcibiade si vestiva di rosso porpora quando rivestiva il ruolo di corego, sbalordendo sia gli uomini sia le donne. Si narra inoltre che, alla rappresentazione delle Eumenidi, l’entrata in scena di esseri mostruosi avrebbe fatto morire dei bambini e abortire delle gestanti. Nelle Rane di Aristofane inoltre Eschilo accusò Euripide di aver indotto ad uccidersi bevendo la cicuta delle donne per bene, che si sentirono colpevolizzate da tragedie come Bellerofronte. Nonostante l’assenza di donne in platea, in metà dei titoli delle tragedie greche compaiono nomi femminili. Pur essendo estranee alla vita cittadina, nella letteratura le donne erano spesso protagoniste, infatti scatenavano guerre come la bella Elena, sfidavano i sovrani come l’eroica Antigone o si ribellavano ai mariti come la sventurata Medea. Nella Repubblica, Platone condanna l’interpretazione di ruoli femminili da parte di uomini, sostenendo che, coloro che recitano personaggi immorali o psicologicamente deboli come una donna che si dispera per amore, acquisiscono le loro caratteristiche nella vita reale. Tale affermazione sarà poi ripresa dai puritani nell’Inghilterra del XVII secolo. La passione e il dolore femminile era diventata nel teatro greco un modello per la passione e il dolore degli uomini: i personaggi femminili, considerati più emotivi di quelli maschili, venivano utilizzati dagli uomini per esplorare stati emotivi che, secondo la società dell’epoca, erano loro preclusi. Il teatro latino, meno legato a valori civili e religiosi rispetto al teatro greco, era un occasione di divertimento per tutti gli strati sociali, comprese le donne, che potevano assistere alle rappresentazioni. Le donne avevano la possibilità di calcare il palcoscenico nei mimi, durante i quali recitavano, cantavano e ballavano. Il mimo era uno spettacolo senza trama, in cui veniva imitata la vita quotidiana nei suoi aspetti più grotteschi a suon di musica. Ben presto la presenza femminile sul palco degenerò nell’esibizione del nudo (nudatio mimarum). Ai tempi di Cesare, Decimo Laberio e Publilio Siro fecero assurgere questo genere a dignità letteraria. Alcuni parlarono del carattere corruttore del teatro per donne: Ovidio infatti racconta che a teatro le donne si affollavano per “vedere e farsi vedere”, offrendosi alle tresche amorose, Giovenale invece nelle Satire scrisse che le fanciulle andavano in estasi per mimi e danzatori, compravano i favori sessuali dei comici e, quando i teatri sono chiusi, si improvvisavano attrici. Nel Medioevo il teatro venne bandito dalla Chiesa e, nelle rare rappresentazioni di carattere in prevalenza religioso, i ruoli femminili erano ancora interpretati da uomini. In quest’epoca sfortunata per il teatro visse la prima drammaturga donna: la badessa Rosvita (935-973 d.C.), che scrisse sei opere ispirandosi a Terenzio, i vangeli apocrifi e le agiografie. In una lettera di presentazione del suo lavoro destinata agli intellettuali di corte, Rosvita rivelò di scrivere drammi ispirandosi a Terenzio per il successo riscosso dall’autore pagano, ma trattando contenuti cristiani. Nei suoi drammi le donne rivestivano un ruolo centrale e positivo e la fragilità femminile veniva rappresentata nell’atto di vincere la forza

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maschile grazie alla fede. Si tratta di uno dei rari casi di riscatto dalla mentalità misogina medioevale. La sua opera, destinata alla lettura ad alta voce, conobbe poca fortuna nel Medioevo ma fu riscoperta nel periodo umanistico. Nel 1468 a Metz si verificò uno dei pochi episodi documentati di attrici in scena nel Medioevo e fu uno straordinario successo: un gentiluomo chiese persino in sposa la fanciulla che interpretava Santa Caterina. Tali episodi si verificarono per lo più nel tardo Medioevo. All’inizio del XVI secolo vennero riscoperti i drammi antichi e le loro eroine, spesso rivisitati in chiave moderna. All’incunabolo della tragedia fiorentina del Trissino di Sifonisba, exemplum perfetto di virtù muliebre e di perfetta protagonista tragica, si ispireranno molte figure femminili successive. Dotata di onestà, forza e determinazione, Sifonisba è una sovrana con molte qualità allora considerate maschili. E’ una donna protagonista dell’azione, considerata sia vittima sia colpevole e dotata di una psicologia complessa e nuova. Comparvero in questo periodo nuovi personaggi, che interloquiscono con le protagoniste fungendo da cassa di risonanza dei loro sentimenti: sono le nutrici, apparse per la prima volta nelle tragedie di Seneca, le balie e le mezzane. Ritorna inoltre sulla scena il coro, quasi sempre composto da figure femminili. A Firenze, tra il 1515 e il 1530, vennero rappresentati i drammi di Giovanni Ruccellai, Alessandro Pazzi de’Medici e Ludovico Martelli; le loro opere avevano attinto agli exempla medioevali e alla storia longobarda, a Virgilio e a Livio. Le nuove protagoniste femminili erano trasgressive nel tentativo di affermare la propria individualità, infatti ingannano, disobbediscono, tradiscono e talvolta uccidono. Con la Controriforma la donna venne ricondotta all’interno dello schema vergine-moglie-vedova, pertanto ritornò a rivestire ruoli più tradizionali, che spesso coincidevano con quello di vittima della violenza maschile. Con la Commedia dell’Arte le donne calcarono per la prima volta il palcoscenico, anche se in qualità di “meretrici oneste” (le attrici erano considerate donne di facili costumi. Il Concilio di Trento le condannò come ciò che rende il teatro l’instrumentum diabuli), e poterono dedicarsi alla recitazione, alla musica e al canto in pubblico. Nel Rinascimento scrissero dei drammi alcune famose cortigiane, ma solo nella Commedia dell’Arte poterono scrivere i canovacci e addirittura diventare capocomiche di professione. Mentre in Francia e Italia le donne iniziavano conquistare il palcoscenico, in Inghilterra la prima attrice recitò nel 1660. Si trattava di Margaret Hughes, che interpretò Desdemona nell’Otello. Ai tempi di Shakespeare invece le parti femminili erano affidate ai ragazzini, apprendisti quasi sempre figli d’arte, che compivano il loro tirocinio sotto la guida di attori più anziani. L’assenza di donne nelle compagnie teatrali era dettata da motivi pratici: senza attrici nella compagnia, gli attori potevano spostarsi più rapidamente e economicamente, alloggiando tutti insieme negli stanzoni delle locande. Le lady delle tragedie di Shakespeare sono personaggi a tutto tondo, senza gli stereotipi o la staticità delle maschere; la natura della donna è espressa in tutta la sua profondità e le sue contraddizioni. Nel Settecento i ruoli femminili diventarono il perno dell’azione scenica e Goldoni fu il primo grande ritrattista del femminile nel teatro italiano. Con 51 commedie con titoli al femminile e numerose fanciulle anche nelle opere che hanno per protagonisti dei personaggi maschili, Goldoni creò donne moderne: civette, schiette, furbe, generose, bugiarde, interessate, fedeli, spregiudicate, innamorate, lavoratrici, sofferenti Il suo personaggio più celebre è Mirandolina, la protagonista de La locandiera. L’Ottocento è il secolo delle grandi attrici, quasi tutte figlie d’arte: l’eclettica Anna Fiorilli Pellandi, Carlotta Marchionni che, siccome sottostava a un rigido stile di vita di moralità e perbenismo e rectando come un angelo, venne definita il “perfetto ideale della femmina italiana” e Amalia Bettini, apprezzata da Pellico, Tommaseo, Niccolini e Belli. In questo periodo era in voga la donna angelicata e Adelaide Ristori era l’emblema di tale ideale, anche perché era conosciuta in tutto il mondo come patriota italiana e sostenitrice del progresso.

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Dopo l’unità d’Italia si verificò un’ondata di rifiuto del perbenismo degli anni precedenti ed è proprio in questo periodo che diventarono famose Fanny Sadowsky e Clementina Cazzola. La Sadowsky non era figlia d’arte e diventò rivale di Adelaide Ristori lavorando in un celebre teatro di Napoli; la Cazzola invece raggiunse la fama grazie al suo sguardo magnetico e le sue amicizie con intellettuali e critici di spicco. Giacinta Pezzana era invece una famosa attrice del teatro dialettale. A cavallo trail XIX e il XX secolo il teatro era il principale mezzo mediatico e, presentando un’immagine di donna lontane da quelle canoniche attraverso la presenza di attrici acculturate, lavoratrici e indipendenti, ha contribuito all’emancipazione della donna. La più grande attrice dell’epoca era senza dubbio Eleonora Duse, che divenne celebre in tutto il mondo occidentale. L’artista conobbe personalmente e interpretò opere di Giovanni Verga e Gabriele D’Annunzio, inoltre introdusse Ibsen nei teatri italiani con la sua magistrale interpretazione di Nora in Casa di Bambola. La Duse contribuì a modificare la situazione delle giovani attrici a partire dalla mentalità e dall’educazione fondando la Libreria delle Attrici, che purtroppo fallì dopo pochi mesi. Per tutta la sua vita Eleonora Duse fu circondata da intime amicizie femminili ed ebbe una relazione omosessuale con Cordula Lina Poletti, una famosa poetessa femminista. Anche la Duse partecipò ai congressi femministi e prese parte al movimento. Nello stesso periodo Italia Vitaliani, cugina della Duse, era una delle attrici italiane più importanti. Tra le due si instaurò una rivalità sottile e silenziosa in cui vinse la Duse grazie al suo carisma (anche se per molti era preferibile Italia). Nel 1892 Italia divenne uno dei primi capocomici donne in Italia ed esercitò talmente bene le sue mansioni da essere considerata un “perfetto gentiluomo”. Pirandello venne definito da Sciascia un autore femminista: “Non si può dire che sfugga al pregiudizio della ‘donna madre’, della ‘donna istinto’ della sacertà della donna in quanto portatrice e custodia di vita. E quando esce dal mito e guarda la donna dentro la società, dentro la famiglia, vittima appunto di quel pregiudizio antico cui altri ne ha aggiunto l’infima borghesia (e quella siciliana in particolare) che Pirandello diventa, come oggi si direbbe, uno scrittore ‘femminista’ e possiamo anche dire il più femminista che la letteratura italiana annoveri”. Nel 1925 Pirandello incontrò Marta Abba che diventò la sua musa ispiratrice, infatti scrisse per lei diverse opere e le fece da guida nel campo della recitazione. Lo stile di recitazione della Abba venne definito da lei stessa “moderno”, perché era caratterizzato da molta foga e scarso controllo. Il XX secolo fu caratterizzato da drammaturghi prevalentemente maschili, anche se le donne erano ormai in scena come attrici e registe. Nel secondo Dopoguerra si assistette ad un generale risveglio culturale: le prime autrici furono Natalia Ginzburg, Alba De Cespedes e Dacia Mariani, che fondarono il Teatro della Maddalena per portare in scena le battaglie sociali delle donne. Si trattava tuttavia di tentativi sperimentali, che negli anni Ottanta dettero finalmente risultati anche a livello nazionale. Nel 1991 nasce il Teatro delle donne, che propone un teatro interamente realizzato da donne. A causa della mancanza di una tradizione teatrale femminile, la produzione teatrale delle donne continua ad essere ancora oggi piuttosto sconosciuta; si spera in un futuro miglioramento della situazione.

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CHIACCHIERANDO CON... Bianca Cataldi e Alessio Rega

A cura di Giovanna Samanda Ricchiuti

1. Sono lieta di ospitare su Eclettica Bianca Cataldi e Alessio Rega, fondatori di Les Flaneurs Edizioni! Come e quando nasce la vostra casa editrice? E come mai proprio il nome Les Flaneurs Edizioni? A: Les Flaneurs Edizioni nasce formalmente ad aprile ma l’idea di aprire una casa editrice risale a molto tempo prima. Quest’anno si sono verificate tutte le condizioni necessarie e devo ammettere che l’incontro con Bianca è stato fondamentale per la sua grande professionalità nel settore. È un piccolo sogno che si è realizzato e che spero possa dare buoni frutti. Per quanto riguarda il nome… beh, ogni volta lascio che sia Bianca a spiegarlo, anche perché molto democraticamente lo ha deciso lei.

B: Democraticamente, sì. Dunque, la figura del flâneur è

prettamente primonovecentesca e indica l’intellettuale parigino che passeggia discorrendo di letteratura e filosofia. C’è un verbo francese, flâner, che indica proprio l’atto del camminare senza meta con la testa tra le nuvole. Si tratta di un vocabolo che non ha un suo corrispettivo nell’italiano e che per questo motivo abbiamo deciso di lasciare intatto. Noi siamo i “flâneurs” moderni alla ricerca di nuove opere e nuovi talenti.

2. Qual è la linea editoriale che contraddistingue Les Flaneurs Edizioni?

A: Il nostro intento è quello di pubblicare libri di qualità, curati in ogni dettaglio. I nostri

libri potranno anche non piacere, nel senso che l’apprezzamento di un libro dipende dal gusto personale, ma sicuramente tutto ciò che la nostra casa editrice pubblicherà sarà privo di errori e formalmente corretto.

B: Vogliamo offrire all’autore qualcosa che spesso manca nella piccola editoria: l’editing

accurato. Spesso si tende a confonderlo con una mera correzione grammaticale, ma non è così: l’editing è un lavoro che viene svolto a tu per tu con l’autore e che va a limare, spostare, smuovere anche il contenuto e non solo l’aspetto formale e linguistico.

3. Punterete su un genere in particolare o vi dedicherete a testi di vario tipo? Siamo una casa editrice generalista, spaziamo dalla narrativa alla saggistica, passando per la poesia e le pubblicazioni religiose.

4.Come avviene la scelta e la pubblicazione di un testo? Cosa deve avere un testo per essere scelto pubblicato da voi? A: Un libro deve piacerci, deve avere qualcosa che ci colpisce: può essere la trama, lo stile, l’idea di fondo. Quello che è certo è che deve essere scritto bene, cosa non scontata.

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B: Soprattutto deve essere originale. Siamo una piccola casa editrice, non potremmo mai

crescere appiattendoci su ciò che il mercato ci propina quotidianamente. Certo, dovremo sempre assecondare i gusti dei lettori, ma sempre con un occhio particolare alla fantasia e all’originalità dell’autore.

5. Les Flaneurs Edizioni si dichiara contro l'editoria a pagamento. Cosa ne pensate di quelle case editrici che chiedono una somma di denaro per pubblicare? Perché un autore, a volte, è portato a pagare per vedere la sua opera pubblicata? Ogni casa editrice decide come operare e di conseguenza come presentarsi sul mercato. Non mi sento di condannare le case editrici a pagamento, ognuno è libero di lavorare come crede. Quello che invece contesto a riguardo è l’assenza di qualsiasi filtro. Viene pubblicata qualsiasi cosa, spesso non vengono fatte correzioni di alcun genere. Questo ovviamente ha ripercussioni sul mercato che viene inondato di libri molto spesso qualitativamente scadenti. Il problema degli autori che decidono di pagare è complesso. In alcuni casi si arriva alla pubblicazione a pagamento per sfinimento, nel senso che l’iter per pubblicare un libro è veramente lungo, nella maggior parte dei casi le case editrice non rispondono nemmeno. Sicuramente c’è poi una componente narcisistica. Chi scrive spesso e volentieri crede di aver scritto il miglior libro del mondo. Quasi mai è così.

6. Parliamo di un fenomeno che interessa l'Italia da vicino, ovvero la scarsa percentuale di lettori. Proprio per questo motivo, in occasione della giornata internazionale del libro il 23 aprile, è stata organizzata un'iniziativa #ioleggoperché. Pensate che sia stata utile al fine di avvicinare i non lettori? E Les Flaneurs Edizioni spera di arrivare anche a loro? A: C’è un dato abbastanza evidente: si scrive molto di più di quanto si legge. Tuttavia, esiste una fascia di lettori forti ai quali intendiamo puntare e per farlo dobbiamo cercare di offrire prodotti qualitativamente buoni. Le iniziative per avvicinare le persone alla lettura sono molteplici, ma se manca un’educazione sin dall’infanzia c’è poco da fare. Ma anche in questo caso la questione è abbastanza ampia.

B: Personalmente penso che ci concentriamo troppo sui social mentre invece bisognerebbe

lavorare molto di più nelle scuole e in particolar modo nella scuola primaria. Ho genitori insegnanti e so di cosa parlo. La fascia d’età dell’istruzione obbligatoria è quella più facilmente avvicinabile alla lettura. Io per prima ho iniziato a leggere non solo grazie a mia madre, ma soprattutto attraverso i concorsi di lettura che organizzava la nostra bibliotecaria a scuola. Frequentavo la terza elementare e leggevo sessanta libri l’anno pur di vincere il concorso. Tutto è iniziato così. La scuola è fondamentale, non dobbiamo trascurarla.

7. Secondo voi, quanto sono importanti i social network per la promozione di un libro?

A: Nell’epoca digitale, dove le distanze possono essere ridotti con un semplice clic, i social

network diventano uno strumento importante. Vanno tuttavia usati con parsimonia e in maniera appropriata senza cadere nello spam. Da utente, essere continuamente bombardato di messaggi pubblicitari lo trovo fastidioso.

B:

Sicuramente i social sono importanti ma non vanno utilizzati per la promozione.

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Paradossalmente, non parlare continuamente di un libro può spingere gli altri alla curiosità. Stando alla mia esperienza personale, posso dire che il social è utile soprattutto per mantenere il contatto con i lettori e per conoscere persone con interessi affini ai nostri. La rete deve servire per “fare rete”, appunto. Spesso e volentieri, invece, mi ritrovo a leggere di assurde beghe tra autori e davvero mi si stringe il cuore. La rete dovrebbe unire, non dividere.

8. Prima di essere direttori editoriali, siete anche due autori. Vi andrebbe di parlarci delle vostre pubblicazioni? A: L’anno scorso ho pubblicato, con Adda Editore, il mio primo romanzo dal titolo GiroDiVita. È un romanzo che definisco di formazione, generazionale, che racconta il difficile passaggio dalla giovinezza all’età adulta. Se volete saperne di più potete visitare il mio sito www.girodivita.it

B: Il mio scaffale personale conta tre romanzi: Il fiume scorre in te

(fantasy, Booksprint 2011), Waiting room (romance/storico, Butterfly 2013) e Isolde non c’è più (narrativa per ragazzi/romanzo di formazione, selfpublishing 2014, in uscita in formato cartaceo per Les Flâneurs). A breve uscirà un mio nuovo libro, La distrazione della luce, dedicato ai temi del tradimento e del perdono.

9. Quali sono gli scrittori che vi hanno ispirato?

A: Per quanto riguarda GiroDiVita gli autori che mi hanno ispirato sono sostanzialmente due:

Andrea De Carlo e Enrico Brizzi, che per me hanno avuto un ruolo importante dato che mi hanno avvicinato, nei primi anni di liceo, alla lettura.

B: Sono tantissimi! Tra tutti, mi sento di citare Chiara Palazzolo, grandissima autrice di

horror prematuramente scomparsa; Vasco Brondi, cantautore dalla penna d’oro; Alessandro Giammei, giovanissimo poeta contemporaneo; Flaubert e Thackeray per la sottigliezza e per la secchezza della loro prosa. Nessuna parola finisce in un libro per caso: questo è il più grande insegnamento che ho ricevuto da questi autori.

10. Quali sono i vostri progetti futuri? A quando la prima pubblicazione targata Les Flaneurs Edizioni? Al momento stiamo lavorando su alcuni manoscritti: due saggi che saranno pubblicati a breve e tre romanzi che usciranno in occasione del Festival Libri nel Borgo Antico a Bisceglie, a fine agosto. Poi invece ci sono i lavori che sono arrivati (già tanti) per il nostro concorso letterario. A novembre ci sarà una serata di presentazione della casa editrice e di premiazione dei vincitori delle varie sezioni. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il nostro sito (www.lesflaneursedizioni.it).

11. Vi ringrazio per essere stati qui con noi, in bocca al lupo per la vostra nuova avventura! Crepi il lupo e grazie per averci ospitati!

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CHIACCHIERANDO CON... Linda Bertasi A cura di Giovanna Samanda Ricchiuti

1. Ciao Linda, bentornata su Eclettica! Sei già stata nostra ospite, ma ti va di parlarci nuovamente di te per far conoscere Linda Bertasi a chi ancora non la conosce?

Grazie mille a voi per questa meravigliosa opportunità. Innanzitutto un saluto a tutti i lettori di Eclettica. Sono mamma di una bellissima bambina di tre anni, vivo nella provincia di Ferrara dove gestisco una piccola realtà commerciale e nel tempo libero mi dedico alla mia grande passione: la scrittura. Ho iniziato nel 2010 con un romance contemporaneo e all’attivo ho tre romanzi e uno in dirittura di arrivo. Gestisco anche un blog interamente dedicato agli emergenti LINDA BERTASI BLOG dove effettuo servizio gratuito di recensioni, segnalazioni e interviste. Sono una lettrice instancabile e appassionata di storia e letteratura inglese e russa. 2. Questa nuova intervista nasce da un evento molto importante, l'autopubblicazione della seconda edizione del tuo romanzo storico “Il profumo del Sud” che è approdato su Amazon il mese scorso. Come mai hai deciso di dedicarti al self?

Credo che il self, oggi come oggi, sia un’alternativa molto valida per un autore che abbia già all’attivo alcuni romanzi e non sia alla prima esperienza editoriale. Amazon è una piattaforma completa, attenta e veloce. Tra il self ho scoperto talenti straordinari e quindi mi sono decisa pure io. 3. Anita e Justin sono pronti a far battere di nuovo il cuore ai loro sostenitori. Cosa troveranno i lettori in questa seconda edizione?

Troveranno un romanzo curato nei minimi particolari, ancora di più che nella prima edizione, vi sono contenuti inediti che coinvolgono la nostra bella Italia, una prefazione di eccezione della straordinaria scrittrice Adele Vieri Castellano e un glossario con quasi 100 note per gli amanti degli approfondimenti. 4. Proporrai nuove edizioni anche di altri tuoi romanzi?

Certo, anche il mio paranormal-fantasy “L’erede di Tahira” tornerà in seconda edizione, mi auguro per l’autunno. E’ una storia che affonda le sue radici nell’antico Egitto e tratterà di reincarnazione, magia, fato, lotte contro il tempo e potere.

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5. Parlando delle tue precedenti pubblicazioni, quale ti ha dato più soddisfazione? E con quale hai riscontrato delle difficoltà durante la stesura?

Con nessuno ho trovato difficoltà nella stesura perché io scrivo solo sotto ispirazione, infatti i miei romanzi escono una volta all’anno, a volte anche ogni due anni. Uno dei motivi è la ricerca che effettuo per i miei testi, che può durare anche nove mesi come per “Il profumo del sud” ma anche perché scrivo solo se il romanzo bussa alla porta, non mi obbligo mai a scrivere, trovo sia controproducente. Difficile scegliere tra i miei figli, sono legata a tutti e i lettori si dividono, c’è chi ha letto tutti i miei lavori e continua a preferire il romanticismo del primo “Destino di un amore”, chi adora il paranormale e ha amato “Il rifugio – Un amore senza tempo” e chi si è innamorato di Justin Henderson e adora “Il profumo del sud”. Per la mia passione per la storia forse sceglierei “Il profumo del sud”. 6. C'è un personaggio tra tutti quelli a cui hai dato vita a cui sei particolarmente legata?

A costo di ripetermi, il solo e unico Justin Henderson, un libertino arrogante e presuntuoso, un nordista abituato a ottenere tutto ciò che vuole dalle donne, ma è anche un uomo che nasconde un animo romantico e nobile, capace di atti di onore ed eroismo. Lo sognavo di notte e non solo io. 7. Una delle tue più grandi passioni è la storia e in particolar modo ammiri il personaggio Anna Bolena. Pensi che, prima o poi, leggeremo qualcosa scritto dalla tua penna su questa regina? E quale pensi sia la miglior biografia dedicata a lei?

Anna Bolena ed io siamo un’unica entità, sono pronta a difendere con le unghie e con i denti questa donna del passato. Sono appassionata di epoca Tudor da sempre, la prima biografia che lessi su Anna fu all’età di quindici anni e non me ne separai più. Nei miei progetti più ambiziosi c’è un testo su di lei ma richiederà tantissimi anni di preparazione. La miglior biografia trovo sia quella di Carolly Erikson la consiglio vivamente. 8. Novità sulle tue prossime pubblicazioni?

Come dicevo prima c’è la riedizione de “L’erede di Tahira” e due progetti storici piuttosto complessi, uno di questi relativo alla mia città Ferrara e a un amore disperato e disgraziato. 9. Ti ringrazio per essere stata qui con noi, è sempre un piacere! In bocca al lupo!

Il piacere è sempre mio carissima Giovanna. Un saluto a te, ai tuoi lettori e a tutto lo staff di questo fantastico magazine.

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L’ANGOLO DEGLI ESORDIENTI-EMERGENTI Laura Bellini e il suo “Mondo”

A cura di Lidia Ottelli

Ciao Lettori! Per questa nuova uscita parlerò di Laura Bellini e del suo libro “Il mondo dopo te” un fantasy apocalittico romantico ed emozionante. Laura Bellini nasce a Bagno di Romagna nel 1979. Ha frequentato il Liceo Scientifico Augusto Righi di Roma e attualmente lavora come autrice presso Butterfly edizioni. Debutta con “Il Coraggio dell'Amore”, Albatros edizioni 2009. Segue “Lontano da Te”, “La Riflessione” edizioni 2010, “I Disegni Imprevedibili del Destino” La Caravella edizioni 2011, per poi iniziare una lunga collaborazione con la Butterfly Edizioni nel 2012 con “Il mondo dopo te”, nel 2013 “Il gioco dei ricordi” e nel 2014 “Quel nome portato dal vento”.

Titolo: Il mondo dopo te Autrice: Laura Bellini Prezzo e-book: 0,99 euro "L'amore segue vie imprevedibili e non c'è modo di fermarlo." Hope – il cui nome porta in sé il segreto profondo della speranza – appartiene al mondo degli dei e, giunta l’ora del grande esame, viene inviata sulla Terra, dove dovrà trascorrere parte della sua esistenza. L’avidità dell’uomo, la distruzione che egli ha portato alla sua Terra, un luogo ormai corrotto, convince gli dei che non ci sia altra alternativa che cancellare la sua esistenza e ricreare un mondo perfetto. Non è dello stesso parere Hope che intravede ancora nell’animo umano la tortuosa strada della possibilità e della speranza. La sua decisione la condurrà a dover fare i conti con l’imprevedibile destino che la porterà lontano da tutto ciò che ama e che metterà il suo cuore a dura prova. Da un lato l’anima cui è predestinata: il giovane e perfetto Aidan e, dall’altro, un semplice umano il cui destino si incrocerà con il difficile cammino di Hope verso la verità. Un romanzo metaforico sapientemente scritto: romantico, intenso e coinvolgente.

Aidan, Luca e Hope sono i tre personaggi principali di questo romanzo. Hope è una dea, nonché figlia del re, mandata dal padre sulla terra per raccogliere informazioni sugli umani. Umani che un tempo veneravano proprio loro gli dei, ma che ora sono diventati un avido popolo da combattere ed eliminare. La ragazza, però, si accorge che non è tutto come

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descritto dal padre e dagli altri dei. La terra è un luogo dove esiste ancora l’alleanza, l’amicizia e l’amore. Accanto a lei, in questo viaggio, ci sarà Luca un forte e coraggioso ragazzo innamorato di lei e Aidan, il suo promesso sposo che, nonostante Hope tradirà la fiducia del suo popolo diventando un’umana, la proteggerà e la guiderà nel suo nuovo cammino. Un romanzo ben scritto. Una storia apocalittica con risvolti amorosi, intrisa di speranza, amore, amicizia e di libertà. Un fantasy non comune, una sorta di avventura tra il bene e il male, tra l’amore e l’odio. Uno stile scorrevole, piacevole. Ho trovato questo breve romanzo originale, insolito. La narrazione semplice e gradevole, le descrizioni ottime. Un racconto steso benissimo, una scrittura fluida e ben impostata. Un romanzo che si legge con piacere, avvincente, molto coinvolgente; l'unica pecca, secondo il mio parere, è che avrei scritto un altro finale. Concludo dicendo: consiglio a tutti gli amanti del fantasy apocalittico questo libro diverso dal solito, magico e originale. Per i numerosi FANS di quest’autrice, annuncio che Laura sta scrivendo il suo nono libro, prossima uscita, sempre il collaborazione con Butterfly Edizione. Posso anticiparvi che sarà un romanzo d’amore e avventura, con ambientazione medievale.

Concludo con il nostro motto “Aiutiamo gli emergenti no all’editoria a pagamento”. Al prossimo articolo! Un affettuoso Bye-Bye dalla vostra Blogger Lidia Ottelli del Rumore dei Libri.

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LE PENNE DELLA STORIA Alexandre Dumas

A cura di Stefania Bernardo Per il primo numero della rubrica “Le penne della Storia” parliamo di Alexandre Dumas.

I titoli che si abbinano immediatamente al suo nome sono senz'altro due: I tre moschettieri e Il conte di Montecristo, pietre miliari del suo stile e del feuilleton in generale. Tuttavia ci troviamo di fronte a uno degli scrittori più prolifici che siano esistiti: in totale ha pubblicato 257 volumi, tra cui anche un ricettario. Dumas aveva un amore sconfinato per la storia, quasi una vera e propria venerazione; non a caso, il suo ciclo più famoso è ambientato in Francia nel diciassettesimo secolo, alle corti di Luigi XIII e Luigi XIV. Naturalmente stiamo parlando della trilogia dedicata a D'Artagnan, Athos, Porthos e Aramis. Come nacque l'idea dei tre moschettieri? Lo spiega lui stesso nella prefazione del primo libro: "Un anno fa, o quasi, mentre facevo nella Biblioteca reale alcune ricerche per la mia

storia su Luigi XIV, mi vennero tra le mani le memorie del signor D'Artagnan [....] Nella sua prima visita al capitano de Trèville, racconta di aver incontrato tre moschettieri Athos, Porthos e Aramis [....] da allora non ebbi più pace. L'elenco dei libri letti allo scopo di trovare notizie su questi tre uomini è lungo [...] infine trovai un manoscritto dal titolo "Memorie del conte di La Fère". Potete immaginare la gioia quando a pagina ventesima trovai il nome di Athos, alla ventisettesima il nome di Aramis e alla trentesima il nome di Porthos." Da queste parole si evince chiaramente la passione di Dumas per la ricerca e la sua curiosità verso personaggi storici minori. Charles de Batz de Castelmore d'Artagnan è realmente esistito e fu capitano dei moschettieri sotto il regno di Luigi XIV. La penna di Dumas crea un ciclo di tre volumi intorno a questi personaggi, mischiando la storia alla propria fantasia. Ciò che rende le sue opere indimenticabile è proprio il modo in cui rende verosimili alcuni accadimenti e personaggi da lui inventati. Molti sono i cicli storici dell'autore: da leggere e amare è quello dedicato alla rivoluzione francese, cinque libri che ruotano intorno alle figure di Maria Antonietta, del conte di Cagliostro e della contessa di Charny, che ci accompagnano nella tumultuosa Francia, fino a portarci all'inevitabile epilogo della rivoluzione. Ci sono poi il ciclo dei Valois ambientato nel sedicesimo secolo e quello dedicato alla repubblica Partenopea, che si svolge alla fine del diciottesimo secolo. Il suo stile è pomposo, barocco, carico di pathos, incalzante, contraddistinto da dialoghi che non lasciano tregua. Il re del romanzo d'appendice e del Feuilleton era anche un uomo dalla vita privata avventurosa quasi come le sue stesse opere . Era per un quarto di discendenza africana: suo padre infatti era figlio di una schiava africana e di un conte che fu generale della rivoluzione francese, servì sotto Napoleone e venne imprigionato da Ferdinando I di Napoli per diversi anni. Prese il nome della madre, ex-schiava Dumas, poiché finì con l'essere diseredato dal conte suo padre (Dumas nonno), che morì quando Alexandre aveva solo tre anni e mezzo. Diversi storici sostengono che furono proprio le avventure di suo padre a ispirargli il suo libro più famoso: Il Conte di Montecristo. A questo proposito, lo storico e giornalista americano Tom Reiss,

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ha pubblicato il libro The Black Count: Glory, Revolution, Betrayal, and the Real Count of Monte Cristo sulla vita del padre di Dumas, Thomas Alexandre Dumas. Alexandre era un tipo passionale, amava le donne e tendeva alla megalomania. Dopo la pubblicazione del conte di Montecristo si fece costruire una villa che soprannominò, appunto, il castello di Montecristo. Il suo stile di vita smodato lo portò a vivere ben oltre le sue possibilità, difatti finì presto in rovina e morì povero e pieno di debiti. Viaggiò molto, un po' per sfuggire ai creditori, un po' per soddisfare la sua curiosità. Visitò i Paesi Bassi, San Pietroburgo, il Caucaso. E tutti i suoi viaggi furono annotati in specifici diari. Ebbe un ruolo anche nelle vicende italiane. Affascinato dalla figura di Garibaldi, si unì alle camice rosse, sbarcando a Napoli. Lì rimase per tre anni, innamorandosi della città. Venne nominato "Direttore degli scavi e dei musei", carica che abbandonò in seguito ai malumori dei napoletani che mal tolleravano uno straniero in un compito tanto delicato. Nello stesso periodo, Garibaldi gli affidò il compito di fondare il giornale "L'indipendente". Durante il suo periodo a Napoli scrisse il diario- guida Napoli e i suoi dintorni. Come già detto, uno scrittore davvero molto prolifico che non si occupò solo di romanzi ma scrisse anche numerose biografie storiche su personaggi come i Borgia e diverse opere teatrali. Può essere considerato il re del romanzo d’appendice. I suoi romanzi venivano pubblicati a puntate su riviste e giornali, lasciando i lettori con il fiato sospeso, affascinati e desiderosi di comprare il prossimo numero per proseguire la lettura della storia. I suoi personaggi entrano nella testa del lettore, sono ben caratterizzati e lasciano un’impronta indimenticabile. I suoi romanzi, pur essendo molto lunghi, sono di facile lettura, scorrono veloci, senza apparire pesanti. Tuttavia nonostante il gran successo ottenuto sia nella sua epoca che nei secoli successivi, fino ai giorni nostri, spesso Dumas viene considerato un autore di second’ordine. Questo a causa della sua prosa imperfetta. Infatti il suo stile è ridondante, con numerosi ripetizioni, pomposo, per certi versi barocco. Tuttavia queste “sbavature” non impediscono di godere della storia e non appesantiscono la lettura. È inoltre lo scrittore che ha ispirato il più alto numero di rappresentazioni cinematografiche delle sue opere. Alexandre Dumas si avvaleva di diversi collaboratori per scrivere le proprie opere. Il più famoso è Auguste Maquet. Dopo aver stabilito insieme un programma congiunto dell’opera, Maquet si occupava di fare le ricerche storiche per conto di Dumas e di redigere una prima bozza, su cui poi Alexandre elaborava il vero e proprio romanzo. Molti detrattori dello scrittore francese hanno elaborato la teoria secondo cui, in realtà, era Maquet a scrivere i romanzi, lasciando poi il merito ad Alexandre. Questa teoria è stata confutata e nasce, con ogni probabilità, dal litigio avvenuto tra Maquet e Dumas a causa di debiti non saldati. Un altro collaboratore di Dumas fu Pier Angelo Fiorentino che ebbe un ruolo di primaria importanza nella stesura de “Il conte di Montecristo”. Prima di morire iniziò a scrivere il romanzo Il cavaliere di Sainte-Hermine, un romanzo storico ambientato nel periodo napoleonico. Nel 1870 venne colpito da una malattia vascolare che lo lasciò semi - paralizzato, si trasferì nella villa del figlio, a Dieppe, dove morì il 5 dicembre dello stesso anno. Nel 2002 i suoi resti furono trasferiti nel Pantheon di Parigi, senza tuttavia rispettare le sue ultime volontà:

rientrare nella notte dell'avvenire nello stesso luogo dal quale sono uscito dalla vita del passato, in quell'affascinante cimitero (di Villers-Cotterêts) che ha più l'aria di un'aiuola fiorita dove fare giocare i bambini che di un posto per far dormire i cadaveri.

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LIBRI VINTAGE

I Romanzi Storici di Rafael Sabatini A cura di Laura C. Benedetti

Eccomi qui per un altro appuntamento con la rubrica dei libri vintage. Questo mese non vi parlerò di un libro, bensì di un autore che apprezzo molto e di cui ho letto quasi tutte le opere; vedrete subito che rientra in pieno in quello che definisco "vintage". 140 anni fa, il 29 aprile del 1875, nacque a Jesi Rafael Sabatini; i suoi genitori erano cantanti d'opera e non erano sposati, e l'elemento di una nascita illegittima avrebbe segnato molto Rafael, comparendo in numerosi suoi lavori. Fin da bambino, a causa della vita itinerante dei genitori, che da cantanti divennero poi insegnanti, fu esposto a diverse lingue: inglese, portoghese, francese, tedesco, italiano. Scelse di scrivere in inglese perché, secondo lui, "le storie migliori erano state scritte in quella lingua"; un altro motivo può essere ricercato nella sua permanenza da bambino presso i nonni paterni in Inghilterra, dove la conversazione quotidiana e le sue numerose letture erano proprio in inglese. Per molti anni, terminate le scuole, lavorò con ottimi risultati nel campo del commercio e come traduttore, cercando allo stesso tempo di scrivere più che poteva; il successo internazionale arrivò tardi, nel 1921, con il celebre "Scaramouche", ambientato durante la Rivoluzione Francese. In seguito a ciò, gli editori iniziarono a ripubblicare tutti i suoi lavori più vecchi, romanzi storici e racconti, da cui furono tratti sia film muti sia sonori. Dopo una vita segnata dalla ricchezza e dalla prolifica produzione letteraria, ma anche da un divorzio e dalla perdita di un figlio e di un figliastro, Rafael morì il 13 febbraio 1950 e fu sepolto in Svizzera, un paese che amava e in cui si recava ogni anno per sciare. Sulla sua tomba è riportato l'incipit di "Scaramouche": «Venne alla luce con il dono della risata e la sensazione che il mondo fosse pazzo».

Ricordo molto bene la prima volta in cui sono venuta in possesso di un suo romanzo: facevo le medie, ero a spasso un pomeriggio per il centro della mia città e in una piazzetta c'era una lunga bancarella ambulante che non ho mai più rivisto (i disegni imperscrutabili del destino, quello stesso destino che ha tanta parte nelle vicende raccontate da Sabatini!). Vendeva libri e naturalmente mi sono fermata; non so come, in mezzo a tutti quei volumi uno ha attirato la mia attenzione: "Scaramouche" edito da Bompiani, con la copertina decorata dalla bandiera di Francia, da una rosa rossa e dall'elsa di una spada. Costava 1.000 lire, una cifra davvero piccola per un libro, e così l'ho comprato e sono tornata a casa con il mio tesoro e un'unica certezza: quel titolo mi ispirava, così come mi ispirava la trama scritta

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sul retro. Non sapevo come potesse essere, ma già lo amavo. L'ho letto tempo dopo e devo confessare a mio discapito che, nonostante tutto, non mi ha colpito molto: piaciuto, sì, ma senza brillare. Può darsi che fossi piccola per capirlo del tutto, e che io debba rileggerlo per apprezzarlo come ho apprezzato gli altri. Dieci anni dopo, un articolo di giornale mi ha fatto venir voglia di cercare "Il cigno nero", storia di pirati e avventure: io sono cresciuta con i moschettieri, di cui ho avuto nel corso dell'infanzia due versioni per bambini e ragazzi prima di giungere molto presto all'opera integrale di Dumas, perciò non potevo resistere al richiamo di un romanzo vecchio che apparteneva al genere del cappa e spada. L'ho trovato nella edizione di Sonzogno degli anni '30 - '40, ed è stato l'inizio della fine: nelle settimane e nei mesi seguenti, resa folle dall'entusiasmo di quella lettura, ho cercato e sono venuta in possesso di tutti i libri di Rafael Sabatini, tutti rigorosamente in edizioni vecchie perché al giorno d'oggi in Italia - lo vedrete se sfogliate i maggiori siti dove si possono acquistare libri - sono stati ristampati pochissimi titoli ("Capitano Blood", "Scaramouche", "Lo sparviero del mare"). Considerate che ci sono 39 titoli di Sabatini nel mio scaffale (e contate che alcuni sono divisi in due o più volumi), considerate anche che alcuni li ho presi in inglese perché in Italia non sono mai usciti (o comunque non ve n'era traccia), e capirete quanto io mi sia appassionata alla penna di questo autore; inoltre, dopo essermi documentata in breve su Sabatini e sulla sua scrittura, i suoi libri li ho presi "al buio", senza conoscerne altro che il titolo e due righe di descrizione in inglese che ho trovato su internet. Devo leggerne ancora quattro o cinque, ma finora non ce n'è nessuno che mi abbia deluso. Rafael Sabatini deve aver trovato la sua ispirazione in autori come Dumas, Scott, Weyman, e praticamente tutta la sua produzione rientra nel genere del romanzo o racconto Storico. Metto volutamente la S maiuscola poiché all'interno delle sue opere, a fianco dei personaggi ed eventi inventati, compaiono re e regine, rivoluzionari e condottieri, fatti e battaglie realmente esistiti, e i luoghi sono sempre descritti con dovizia di particolari, nomi, indicazioni geografiche. La sua esplorazione vaga nel tempo e nello spazio: Italia, Inghilterra, Francia, Stati Uniti, dal Rinascimento al 1600, dalla Rivoluzione Francese a quella Americana, e spesso una stessa epoca o uno stesso paese divengono lo scenario di storie diverse. Le trame sono complesse, articolate, ricche di colpi di scena, eventi, dialoghi mai banali in cui viene fuori, secondo me, una grandissima conoscenza della natura umana; i personaggi sono vividi, e anche quando sembrano un po' stereotipati non deludono (ma d'altro canto lo stereotipo, se tratteggiato con maestria, diventa anch'esso bellissimo e affascinante): tutto, ogni gesto che essi compiono, ogni parola che pronunciano, è sempre teso verso il finale, come un tessuto in cui ogni singolo filo è importante per creare il disegno generale. La storia d'amore non manca quasi mai, ma nulla è mai troppo scontato: gli eroi sono un po' guasconi, intraprendenti, insolenti, ma a volte sono anche figure tragiche e tormentate; le eroine sono spesso donne intelligenti, di spirito, virtuose e caste ma anche risolute. I personaggi secondari sono tratteggiati alla perfezione, da quelli più importanti fino a quelli di contorno; i dettagli degli ambienti, dei panorami, degli abiti, dei cibi... insomma, di tutto, sono

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scritti in tal modo che paiono dipinti. In alcuni racconti compare la figura di Cesare Borgia: è interessante notare il ruolo di protagonista spesso positivo che Sabatini gli attribuisce. Come ho detto all'inizio, l'autore dava molta importanza al fatto di essere figlio illegittimo; anche il Valentino lo era, e forse ciò ha suscitato un'attrazione verso questa figura storica. Un forte interesse ci dev'essere stato in ogni caso, qualunque siano i motivi, visto che dalla penna dello scrittore è uscito addirittura un saggio, godibile quanto un romanzo, intitolato proprio "La vita di Cesare Borgia": con argomentazioni argute, con il piglio di un avvocato difensore, Sabatini smonta una per una molte delle accuse infamanti che lungo il corso dei secoli sono state lanciate contro Cesare, sua sorella Lucrezia e il loro padre il papa Alessandro VI. Mi ha colpito molto il desiderio che emerge da questo volume, ossia il voler riequilibrare, con valide ragioni storiche, altrettanti ragionamenti fatti da altri storici in merito ai delitti, agli intrighi, alle azioni compiute in seno alla famiglia dei Borgia. Se siete lettori curiosi di scoprire nuovi libri, o se amate il genere del romanzo storico pieno di duelli, inganni, travestimenti, battaglie, romanticismo e avventure, vi esorto senza alcuna esitazione a cercare notizie su Rafael Sabatini e sulle sue opere. A parte pochissimi titoli ristampati di recente, la sua produzione è disponibile nelle edizioni Sonzogno degli anni '30 o '60: spulciate i vari siti di aste online ed annunci oppure le bancarelle dei mercatini! Se riuscite a leggere fluentemente in inglese un intero romanzo, siete a posto perché in quella lingua troverete tutti i titoli e le edizioni che volete. Se volete soltanto saperne di più e conoscete un po' l'inglese, andate all'indirizzo internet qui sotto: io l'ho utilizzato per ricavare notizie biografiche dettagliate, ma ci sono articoli, interviste, dettagli sui singoli romanzi e molto altro. http://www.rafaelsabatini.com/

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MILLE SFUMATURE DI ROSA CONTEMPORANEO «Alla scoperta di te» di Sara Pratesi

A cura di Fabiana Andreozzi

Carissime lettrici romantiche e sognatrici voglio inaugurare il mese estivo con una lettura incandescente in tutti i sensi. Anche stavolta invece di parlarvi di una Big ormai famosa darò spazio a una nuova self italiana che proprio grazie a questo libro è stata notata da una CE importante, la Piemme. La casa editrice non si è accaparrata i diritti su questo romanzo, che quindi potrete ancora acquistare su Amazon, ma dal 22 luglio è online il suo romanzo breve Scommettiamo che ti amo? Dopo tante chiacchiere, se ancora non l’avete capito il romanzo di cui vi parlerò è Alla scoperta di te di Sara Pratesi. Prima di dedicarmi a questo romanzo, che ho letteralmente adorato, spendo due parole sull’autrice che conosco personalmente. Non solo è carinissima, come potete vedere dalla foto, ma è un vulcano di idee e non sta un attimo ferma. Non solo inventa storie d’amore ma si dedica anche alla grafica e ai booktrailer. Le copertine dei suoi romanzi sono interamente lavorate da lei. Insomma un’artista a 360 gradi. Per chi fosse interessato ai suoi lavori può fare un salto alla sua pagina: https://www.facebook.com/pages/Sara-Adanay-Digital-Art/548891361908348?fref=ts

Se invece siete curiosi di conoscere le sue opere tutte di genere rosa potete fare un salto sulla sua pagina: https://www.facebook.com/pages/Sara-Pratesi/213465368933234?fref=ts

E ora veniamo al romanzo. Vi starete chiedendo perché dei tanti ho scelto questo? Beh, di tutti quelli letti che mi sono comunque piaciuti, questo mi ha dato quel qualcosa in più, tra brividi, emozioni e scorrendo le pagine fino all’ultima a tempo di record ho avuto il rimpianto che fosse finito. E vi dirò il romanzo non è per niente breve ma sarei rimasta volentieri in compagnia dei protagonisti per un altro numero infinito di pagine. Vi lascio ai dati del libro prima di spendere altre due paroline sul testo. 19


Titolo: Alla scoperta di Te Autore: Sara Pratesi Editore: Self Publishing Genere: romance, erotico Pagine: 189 Prezzo: 1,50€ ebook, versione cartacea: 9,98€ Copertina: Sara Pratesi

31 dicembre. Una maschera cela i loro volti. Un uomo e una donna che si cercano in una sala gremita di persone, si guardano, si desiderano. Non si conoscono; lui non sa chi sia lei e lei non sa chi sia lui. Non gli importa. Un desiderio annebbiante li avvolge e la trasgressione donata da quelle maschere misteriose, accende la loro fiamma come un vento sulla brace. Passione, desiderio e perdizione annebbiano le loro menti, i loro corpi avvinghiati non si domandano niente e, generosi, si donano una lussuriosa delizia. Può una sola notte divenire un’ossessione? Ethan Cole ne è la prova. Ossessionato da quella donna velata di arcano, la cerca fino allo sfinimento. Ha uno scopo solo: ritrovarla. Ma un giorno una giovane donna, Priscilla, si trasferisce vicino a casa sua a Pimlico – Londra. I piani di ritrovare la sua donna del mistero vanno sfumando via via che Priscilla si insidia nei suoi pensieri e sotto la sua pelle. E se quando ormai decide di lasciar perdere l’ossessione, trovasse colei che per tanto tempo ha cercato? Chi vincerà? La fantasia o la realtà? A volte la realtà ha più magia di quanta potrà mai averne una fantasia. L'ho divorato in una notte perché non riuscivo a staccarmi dalle pagine del cartaceo, mi sono quasi uccisa gli occhi per leggere nella penombra ma ne è valsa la pena. Mi è piaciuto moltissimo l’alternarsi dei due personaggi all’interno del romanzo che ha reso più dinamica la storia, aiutando a comprendere meglio quello che passava nella testa dell'uno o dell'altro. Priscilla ed Ethan li ho adorati entrambi ed è la prima volta nella storia che non prediligo uno dei due protagonisti all'altro. Mi sono apparsi credibili, reali e genuini quando molte volte capita che nei romanzi rosa i protagonisti delle vicende siano troppo perfetti, bellissimi, ricchissimi, insomma tutto issimo. Per carità Ethan non è certo brutto, anzi, ma lavora in pub quando non ha turni come pompiere. È vero che amo entrambi i personaggi però devo ammettere che sono rimasta letteralmente rapita, folgorata da Ethan e lo ruberei volentieri a Priscilla. Lo stile di Sara è scorrevole e fluido per questo si arriva alla fine praticamente volando. Il romanzo si incastona tra il genere romance e l’erotico. Il bello delle scene di sesso presenti nel testo è che non sono mai volgari e quindi catturano e appassionano. Ma il libro è anche divertente pieno di battute spiritose che catturano e fanno sorridere. Aleggia nelle pagine il mistero e questa spasmodica ricerca di questa donna con cui

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l’unione, ammantata da una maschera, è stata perfetta. Ma come spiega l’autrice nella sinossi del libro, il bello è quando la realtà supera di gran lunga la fantasia. Insomma se vi piacciono i romanzi rosa questo non potete farvelo assolutamente scappare :D Come sempre non voglio svelarvi di più per lasciarvi il gusto della scoperta. Vi saluto con un estratto hot del testo tanto per rendere più caliente questa estate!

Il suo corpo steso accanto al mio, mi sta mandando fuori controllo. Il suo respiro è regolare e probabilmente dorme ma io non riesco a prendere sonno. Averla così accanto è una tentazione troppo potente, come la mela è stata per Eva. Priscilla è quella mela ed io ho un bisogno viscerale di assaggiarla, di morderla. Vorrei sentire la sua essenza avvolgermi il corpo, i sensi. La sua gatta alla fine si è messa a dormire sul tappeto della mia camera e le sue fusa rimbombano nella stanza. Guardo Priscilla in penombra, illuminata solo dalla fioca luce della luna che attraversa la finestra socchiusa, per lasciar entrare una piacevole arietta estiva. Eppure è proprio bella, mi ritrovo a pensare mentre la osservo col volto appoggiato sulla mano. È stesa sul fianco e tiene le mani sotto al viso, le gambe unite, piegate verso il seno, escono da quella maglia troppo corta per coprirla a dovere. So che non dovrei farlo, ma con una mano scivolo cauto sul suo polpaccio, lo sfioro appena e mi beo del calore che la sua pelle morbida emana. È così soffice da sembrar finta. La sua pelle è candida e diafana, come una donna di altri tempi. Risalgo sulle gambe flessuose per saggiare la consistenza soda delle cosce. Ok, basta. È ufficialmente la mia mela del peccato e non posso fare la fine di Adamo ed Eva, io devo resistere. Mi butto supino allontanandomi da lei e dal suo profumo fruttato. I suoi capelli mi solleticano il gomito e tempo cinque minuti mi sento scoppiare dentro i boxer. Lei si muove all’improvviso, mugola qualcosa e con un movimento fluido mi si avvicina, praticamente mi si è appiccicata col sedere addosso. Ma vuole proprio mettermi a dura prova? «Signore, ti prego. Così è troppo» bisbiglio rivolto al cielo mentre capitolo e mi volto verso di lei avvolgendola con un braccio.

In bocca al lupo a Sara e alla sua nuova avventura! 21


PIZZE&MATTONI

«Beowulf, traduzione e commento» di J.R.R Tolkien A cura di Grazia Maria Francese Titolo: Beowulf, traduzione e commento Autore: J.R.R. Tolkien Editore: Bompiani ISBN: 978-88-452-7805-1

La traduzione di "Beowulf", un poema epico tra i più noti della tradizione anglosassone, è stata uno dei primi lavori effettuati da Tolkien, e una delle fonti originarie della sua intera produzione letteraria. Traducendo in prosa il celebre ciclo poetico, Tolkien ci pone di fronte a un giovane eroe dalla forza sovraumana che affronta mostri spaventosi, un drago che sputa fiamme e custodisce un antico tesoro, e intrighi di potere degni dei drammi shakespeariani. "Beowulf" è un gioiello rimasto a lungo inedito e presentato oggi ai lettori da Christopher, il figlio dell'autore, corredato da un ricco apparato di note e commenti e accompagnato dal "Racconto meraviglioso", in cui le vicende dell'eroe seguono la forma e lo stile di un racconto folclorico in antico inglese. In questa edizione troveremo inoltre i commenti dello stesso Tolkien grazie a una selezione accurata delle conferenze che il professore tenne sul tema a Oxford, negli anni Trenta. Ma attenzione: "Beowulf" non è soltanto una "storia di draghi" o il racconto di una caccia al tesoro: è la porta che immette in un tempo antico, sinistro e reale, un'età pagana che si apparenta ai miti di formazione delle prime leggende dell'umanità, là dove l'immaginazione crea vorticose realtà poetiche, specchio del nostro essere di sempre, ieri, oggi e forse domani. Quando insegnava a Oxford negli anni Venti e Trenta Tolkien tenne una serie di lezioni e seminari dedicati al Beowulf, antico poema epico anglosassone. Il figlio Cristopher Tolkien ha riordinato gli appunti trovati tra gli scritti del padre e li ha raccolti in un volume di oltre 500 pagine, che offre una straordinaria panoramica su una delle più remote saghe nordiche tramandate fino a noi. Oltre a ciò questo libro permette di lanciare uno sguardo alle radici del mondo poetico di Tolkien e al processo creativo che diede vita a Il signore degli Anelli, Lo Hobbit e altri suoi libri di narrativa: egli stesso riconosceva infatti che il Beowulf fu una delle principali fonti di ispirazione per la sua opera letteraria. La prima parte è una traduzione in inglese moderno con il testo italiano a fronte dell’intero poema. Mentre leggevo questo libro ho visto il film “Beowulf & Grendel” del regista islandese Sturla Gunnarsson (2005) che mi era stato consigliato da un collega autore, Diego Luci:

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uno che di Britannia se ne intende. La trama del film si stacca per alcuni aspetti da quella del poema, ma contribuisce a rendere più comprensibile questa vicenda così lontana da noi e ne restituisce in modo egregio suggestioni e atmosfera. Beowulf è l’eroe, Grendel il mostro. La storia inizia con la costruzione di una splendida dimora per Hrotgar re degli Scylding, un popolo dell’attuale Danimarca. La sala si chiama Heorot, “il Cervo”. “Alta troneggiava la sala dagli ampi frontoni ornati di corna… lì c’erano il suono dell’arpa e il canto chiaro del menestrello. C’era la voce di uno che rievocava gli antichissimi giorni ai primordi dell’umanità e narrava come l’Onnipotente avesse edificato la Terra, valle luminosa e amena che le acque circondano; di come, trionfante, avesse posto il fulgore del sole e della luna a illuminare gli abitanti delle terre, e adornato le regioni del mondo con rami e con foglie; e avesse creato la vita per ogni specie che vive e si muove.” La magnifica reggia attira l’attenzione di un ospite non invitato. Nel poema Grendel non viene mai descritto, e forse questo rende la sua figura ancora più temibile. E’ chiaro che si tratta di un Troll della mitologia nordica, e infatti nel film il suo aspetto è questo. In origine la saga faceva parte della tradizione orale. I due monaci amanuensi che la trascrissero attorno all’anno 1000 interpolarono un passo in cui si dice che Grendel, come tutti gli orchi e le razze malvagie, è un discendente di Caino. Nel film questa informazione è divulgata da un prete venuto dalla Gallia per convertire gli Scylding, cosa del tutto plausibile: travisare la tradizione pagana per riportarla a riferimenti biblici era una prassi abituale. “Non mi piace quello che ha raccontato il prete” commenta verso la fine del film uno dei compagni di Beowulf. Per quanto mi riguarda sono assolutamente d’accordo. Appena si fa buio, Grendel acquattato nell’oscurità spia cosa accade nella sala e appena vede che la nobile compagnia, al termine di una colossale bevuta, cede al sonno, entra e fa strage. All’alba il re trova i cadaveri e le orme del nemico. Nessuno è in grado di catturarlo. La notte seguente compie un’altra incursione e così di seguito, di tanto in tanto “per lo spazio di dodici inverni”. Poco a poco gli uomini smettono di frequentare la sala che alla fine resta deserta. Sono finiti l’allegria, i canti, le bevute attorno al fuoco. Il demone ha disperso tutto. In soccorso al disperato Hrotgar arriva Beowulf, campione dei Geati che abitano nel sud della Svezia. Saputo che la Bestia non può essere colpita con armi forgiate dagli uomini, Beowulf decide di affrontare Grendel a mani nude. Al termine di una scena epica riesce a legare il nemico a un pilastro della sala e a strappargli un braccio: nel film è lo stesso Grendel che se lo taglia via, perché non sopporta di essere legato. Un buon esempio di come la scenografia di un film possa migliorare e rendere più verosimile la vicenda. Tutto sembra risolto: il popolo degli Scylding si raduna in Heorot a festeggiare. Hanno fatto i conti senza l’oste, però. In questo caso si tratta di un’ostessa: la strega del mare, madre di Grendel. Beowulf deve accollarsi anche l’impresa di liberare il popolo da questa nuova minaccia. Dopo essere disceso negli abissi marini (nel film si tratta di una grotta) vince ancora una volta: la quiete torna definitivamente. L’eroe riattraversa il mare e torna nel suo paese. Con uno stacco di cinquant’anni il poema passa a raccontare la fine di Beowulf. Al termine del suo lungo regno la terra dei Geati è minacciata da un altro nemico mostruoso, questa volta un drago: chi ha letto Lo Hobbit lo riconoscerà. “Il Guardiano del Tesoro si gonfiò d’ira perché gli avevano rubato un calice ingemmato. Ora, per la gioia del serpente, andato se n’era il giorno. Non più avrebbe indugiato sul fianco della montagna: di là partì emettendo fiamme, sospinto dal fuoco…” Ah, professor Tolkien, ecco da dove salta fuori Smaug! Bisogna riconoscere però che gli Hobbit non sono menzionati. Quelli sono farina del suo sacco? Non se la prenda, è solo una

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curiosità… a forza di studiare una fonte storica, mi sembra normale che i personaggi finiscano per uscirne fuori. Succede anche a me, nel mio piccolo. La fine epica di Beowulf è troppo emozionante e ricca di colpi di scena per poterla descrivere in due parole. Solo un compagno, Wiglaf il Coraggioso, osa seguirlo nella tana del drago. Dopo la morte dell’eroe (e del drago) Wiglaf rimprovera coloro che non sono intervenuti: una ramanzina da levare la pelle. “A tutti quelli della vostra stirpe verranno a mancare i doni ricevuti, le spade, la gioia nella casa dei vostri padri; e la speranza. Privati delle terre e dei diritti dovranno andarsene via, una volta che gli uomini nobili apprenderanno della vostra azione ingloriosa. Per l’uomo di valore è più dolce la morte che una vita di vergogna!” Appunto. Non è una scusa che si trattasse di un drago: chiunque sia l’avversario, se c’è battaglia chi ne sta fuori è escluso dal mondo degli uomini. Anche tra i Longobardi (la mia gente) “arga” (vigliacco) è un insulto che si può solo lavare con il sangue. Nella sua cruda epicità, il Beowulf offre uno spaccato dei valori di tutti i popoli del nord. Alla traduzione segue un lungo commento con note che, oltre a questioni filologiche, sollevano argomenti di sicuro interesse per chi vuole conoscere più da vicino il mondo di quelli che nella visione cristiana e latina sono chiamati “barbari”. Infine ci sono i frammenti di uno scritto intitolato “Sellic Spell” (racconto meraviglioso) dove Tolkien si stacca dal testo del poema e traccia i primi segni di quell’universo narrativo oggi chiamato fantasy. Potrebbe sembrare una lettura adatta solo a specialisti, ma il professore sa essere anche arguto. Accennando al timore reverenziale che gli uomini delle marche occidentali dovevano provare di fronte a tumuli sepolcrali come quelli di Sutton Hoo, commenta: “a quei tempi, quanti scavavano in cerca di tombe e ne portavano via i tesori dedicati ai morti erano ancora chiamati ladri, non archeologi.” Ed è spassosa la trascrizione in termini moderni dell’accoglienza che Hrotgar fa all’eroe quando si presenta per offrirgli aiuto. “Mio caro Beowulf! Che piacere che tu sia giunto in questa terra, dove una volta noi avemmo l’onore di ricevere tuo padre e di prestargli soccorso nelle sue difficoltà. Può darsi che qualcuno si ricordi che egli ha ucciso Heatholaf. Il tuo popolo è stato lieto di liberarsi di lui dopo quel fatto, ed è qui che trovò riparo. Ma questo accadde, naturalmente, molto tempo fa… bene, bene, adesso accomodati e prendi qualcosa da mangiare e da bere. (Ancora non è notte). A tempo debito potrai rivolgere la mente a nuovi trionfi, se avrai ancora il desiderio di tentare…” Sottintesi e frecciatine da litigio in famiglia, insomma. Da non perdere.

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SCORCI DAL MONDO INCANTATO «Implosion» di M. J. Heron

A cura di Francesca Ghiribelli Titolo: Implosion Autore: M. J. Heron Editore: DeAgostini Pagine: 382 Prezzo: 9,90€ Non è affatto un giorno come un altro. Il destino ha premuto il tasto on. Le loro vite stanno per cambiare in modo definitivo. Quando Katherine Evans incontra Armand non sa che dietro quelle sembianze da bello e dannato si cela uno dei più potenti Generali dell'Antica Stirpe. Non può immaginare che sarà proprio lui la sua salvezza... o la sua rovina, né può conoscere il suo vero piano: crudele, spietato, oscuro come le tenebre. Un paranormal venato di fantasy in cui gli eventi si susseguono con i ritmi del thriller. Una verità agghiacciante sta per essere svelata. Nessuno è più al sicuro, i protagonisti stanno per essere soffocati dalle loro stesse esistenze. Ognuno di loro nasconde un segreto, nessuno può permettersi di fallire. Una sola certezza: quando supera se stesso, l'amore può uccidere. Se nulla è come sembra, come fai a prendere la strada giusta? Tu chi sceglieresti tra chi ti ha dato la vita e chi potrebbe togliertela? La risposta potrebbe non essere così ovvia.

‘’Tu chi sceglieresti tra chi ti ha dato la vita e chi potrebbe togliertela? La risposta potrebbe non essere così ovvia.’’ Citazione tratta dal libro che mi è rimasta nel cuore.

‘’Il giovane Kurann la strinse più forte.<<Avrei aspettato un miliardo di anni pur di trovarti, ma siccome ho una fortuna sfacciata mi sono bastati tre secoli>>. Armand le diede un bacio sui capelli. <<Ti amerò per sempre,vita mia>>. L’amava davvero, avrebbe continuato ad amarla, al di sopra di tutto. Era una promessa, la più solenne che avesse mai fatto. L’avrebbe protetta a qualunque prezzo, per tutta la vita, per sempre…e oltre.’’ E’ stato bellissimo ed emozionante ricevere questo libro direttamente con la dedica autografata dell’autrice. Una storia di creature soprannaturali finalmente all’italiana, nonostante lo pseudonimo americaneggiante della scrittrice. Un romanzo scorrevole, appassionante, travolgente: una trama che vede sempre protagonisti i nostri amici ‘succhiasangue’, ma che sorprendentemente animano la curiosa vena del lettore presentandosi con un altro curioso nome, i Kurann.

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Due protagonisti magnetici e tanti altri personaggi secondari che offriranno un meraviglioso intreccio di personalità, di avvincenti colpi di scena e affascinanti percorsi di vita vissuta. Katherine, una ragazza dolce e veramente speciale, ma altrettanto coraggiosa e testarda, che incontrerà il magnifico e tenebroso Armand sotto le vesti di un importante esperto di arte antica e contemporanea all’università di Firenze. Tra loro l’attrazione mentale e fisica sarà un filo di corrente ad alta tensione, che brucerà piano piano le tappe di un destino pervaso da trappole di ogni sorta. Dietro la vicenda centrale i risvolti del passato sul presente attrarranno il lettore in un’aspettativa libresca senza fiato. Per non parlare della chiave di lettura che nasconde il titolo del romanzo. Una ragazza umana che si accorge tardi di avere poteri veramente devastanti e soprannaturali, che non la rendono così tanto diversa dall’uomo che ama. Tanto di cappello alla esordiente scrittrice che ha saputo reinventare e rinnovare il mondo dei vampiri, scrivendo una curata e approfondita leggenda di questo popolo attraverso le straordinarie vicende di un’Antica Stirpe. Stavolta un romanzo che ci mostra i lati positivi di questo misterioso mondo di ‘non-morti’ e di quanto sia vantaggiosa e affascinante la loro immortalità. Una scrittura piacevole, suggestiva, passionale e romantica. Un paranormal Fantasy che sembra quasi intingere le sue idee in una appassionante vena thriller sfiorando i confini di una spy story. L’autrice non ci ha fatto veramente mancare nulla in questa sua creazione, so che presto ci sarà un seguito, un nuovo inizio per dare un caloroso benvenuto ad una magnifica saga, dove la storia ci mostra sempre più in buona luce il mondo dei vampiri. Sembrano diventare quasi paladini della giustizia e acerrimi giudici nei confronti delle azioni dei mortali. A volte, possiamo dire che siano davvero migliori dell’intera umanità che circonda e di cui facciamo sempre più spesso tristemente parte.

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Da qualche anno a questa parte, sempre più libri che arrivano nel nostro paese hanno l'altisonante dicitura “BEST-SELLER DEL NEWYORK TIMES”. Non so voi, ma la sottoscritta, sniffatrice compulsiva di pagine, si è simbolicamente tuffata su ogni cosa avesse quell'indicazione. Inutile raccontarvi che dopo svariate fregature, ho smesso di farmi attirare dalle fascette indicanti la classifica americana e sono tornata a leggere le recensioni, le prime pagine ecc ecc (non che abbia smesso di trovarmi a leggere delle ciofeche, ma quella è tutta un'altra storia...) Quando mi sono fermata a pensare cosa recensire per questa rubrica, mi è tornata in mente la famosa classifica americana e ho cominciato a tenere d'occhio quello che succedeva al di là dell'oceano. Prima cosa, il Times ha una sessione libri e classifiche da fare invidia ad amazon.com e oltre quella generale ha molte sottocategorie, per cui ecco spiegata la ragione per cui sforna una marea di best sellers e secondo, merito e caratteristica tutta americana, sono precisissimi a dare spiegazioni e classificazioni. Brevemente...il fatto di far parte di una classifica così ampia e in un mercato come quello americano dove la distribuzione dei catacei e degli e-books è meravigliosamente paradisiaca, i responsabili del giornale ci tengono a precisare che fare classifiche puntuali è praticamente impossibile quindi se uno è primo, e lo è per un paio di settimane, è perché ha davvero venduto quantità disumane di copie... Con queste premesse ho quindi spulciato la classifica GENERALE della prima metà di maggio e ho letto:

Titolo: Memory Man (serie Amor Decker 1) Autore: David Baldacci Genere: Thrillers/Suspance Posizione Classifica N.Y. Times (3-17 maggio): # 1 Okay lo confesso e confesso anche la mia vergogna: non avevo mai letto nulla di David Baldacci. Dopo avere visto come il suo libro restasse così saldo in classifica ed essermi informata su questo scrittore da CENTO milioni di copie, ho affrontato questo suo ultimo lavoro a cuor leggero. Ero quasi certa di trovarmi davanti al solito poliziesco o, dato il background da avvocato dello scrittore, alla solita storia ambientata nei galoppanti tribunali degli States, invece mi sono imbattuta, letteralmente, in una della storie più geniali che abbia mai letto. Protagonista della storia (che dà il nome alla serie) un certo Amos Decker. Amos non è un uomo come gli altri; a causa di uno spaventoso incidente, durante una partita di football, è costretto ad

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abbandonare le speranze di una vita da sportivo professionista e a convivere per il resto della propria vita con le conseguenze di quell'evento. Infatti, subito dopo essere uscito dalla convalescenza, comincia a subire gli effetti neurologici di quello scontro: la sua memoria visiva diventa paurosamente precisa e le sue intuizioni sugli altri estremamente acute. Qui c'è il primo incontro con il piglio geniale di Baldacci. Non siamo davanti a un supereroe o a qualcuno che ha ricevuto una magia da parte di un padre extraterrestre di un mondo parallelo, Baldacci affronta le conseguenza che caratterizzano il suo protagonista in maniera scientifica e medica. Chiaramente la faccenda è surreale, ma il fatto che lo scrittore s'impegni in tal senso, rende tutto quasi possibile anche se eccezionalmente raro. Un'altra cosa che rende terrena la faccenda è il fatto che il protagonista si senta paradossalmente emarginato. Amos non vive bene la presenza di questo “dono”, non è un uomo sicuro di sé. Vive con un senso di inadeguatezza e anche all'interno dell'ambiente di lavoro viene spesso ghettizzato dai suoi colleghi. L'immagine triste e sola viene ancora più rafforzata dal secondo evento drammatico della storia. Dopo vent'anni dall'incidente dal campo di gioco, la famiglia di Amos (moglie, figlia e cognato) vengono massacrati in casa. E adesso comincia la discesa. In genere, nei thriller che partono come questi, il protagonista superato un periodo di lutto, si rimbocca le maniche e va alla ricerca dei responsabili... in genere. Stavolta tutto ciò non accade e se prima Amos era una figura parzialmente sfortunata e reietta, con la morta della famiglia, la depressione lo affossa: perde il lavoro e perde anche la casa. Amos finisce a vivere come un senzatetto, lavoricchia raramente come investigatore privato e la sua vita perde ogni senso. Finché (ennesimo lampo di genio) un uomo confessa di essere il responsabile della mattanza. Ed ecco che comincia una storia avvincente e piena di colpi di scena. Intuizioni che smentiscono confessioni, testimoni che spariscono, eventi che hanno strane coincidenze figura nell'ombra che si muovono come veri burattinai. Nulla è più scontato e anche il minimo evento si scopre avere ragioni plurali. Per concludere, adoro le sorprese e odio gli SPOILER, quindi mi limiterò a dire che questa serie promette risvolti seriamente GENIALI e ringrazio chi mi ha dato l'opportunità di fare questa rubrica altrimenti mi sarei persa questo gioiellino. In ogni caso, quando questo libro di David Baldacci arriverà in Italia (e dicono che ci arriverà) mai come stavolta la fascetta del Best-seller del NewYorkTimes sarà meritata. Da uno a cinque senza dubbio vale 5 A cura di Naike Ror

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THE HORROR! THE HORROR! «I diari della famiglia Dracula» di Jeanne Kalogridis

A cura di Loredana Gasparri Titolo: I diari della famiglia Dracula Autore: Jeanne Kalogridis Editore: Newton Compton Narrativa Pagine: 574 Uno dei classici più avvincenti e terrificanti della letteratura dell'orrore, il "Dracula" di Bram Stoker, rivive nelle pagine di una trilogia misteriosa e sensuale che ha come, protagonista l'affascinante conte. Partendo cinquant'anni prima dell'inizio del romanzo di Stoker, "Il patto con il Vampiro" svela l'esistenza di un antico e segreto accordo che lega il primogenito di ogni generazione della famiglia Tsepesh al crudele principe Vlad, meglio conosciuto come Dracula, l'impalatore. Giunto in Transilvania dalla lontana Inghilterra, Arkady, pronipote di Vlad, oserà ribellarsi al suo tragico destino e sfidare il prozio, per il bene della famiglia. La sua appassionante battaglia contro Vlad prosegue nel libro successivo, "I figli del Vampiro", finché ne "Il signore dei Vampiri", conclusione della saga, spetterà a Abraham van Helsing cercare di porre fine all'atroce patto di sangue. Per coloro che amano l’horror, non si può prescindere dai vampiri. Sono una figura fondamentale, che ha precisi significati anche energetici. Il vampiro è il mostro per eccellenza: vive solo di notte, la luce del giorno lo uccide, lo acceca o lo brucia, a seconda delle versioni, e il suo nutrimento principale è il sangue degli esseri umani, che ricerca con fame atavica e ferocia inarrestabile. Il capostipite, il vampiro per eccellenza è il Dracula di Bram Stoker, che ha fatto nascere schiere di altri “succhiasangue” più o meno famosi ed efficaci, attraverso i secoli, fino ad arrivare a Stephen King, o Anne Rice. Nei diversi romanzi di vampiri che ho letto, soprattutto quelli attuali, il personaggio aveva una sua caratterizzazione “moderna” che sembrava allontanarlo un po’ dai suoi elementi fondamentali, ovvero quello di essere principalmente un mostro senza vita ma ancora in vita. Sto pensando ai vampiri di Anne Rice, per esempio, che assomigliano a dandy estenuati, cerebrali, tormentati da certe spinte interiori che sembrano più tipiche di un essere umano in carne e ossa, piuttosto che di una creatura vuota spinta da bisogni fondamentali. Nella trilogia della Kalogridis, si ritrova l’atmosfera originaria di suspense terrorizzata. Nelle sue descrizioni del vampiro Dracula, nel suo aspetto umano, rivive la sensazione che non tutto sia come deve, dietro quegli occhi dal colore strano e da quelle mani così bianche. Ci si ritrova catapultati davvero nel castello transilvano, come

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capitava all’ignaro e razionale Jonathan Harker, mentre ci guardiamo attorno stupiti e anche un po’ a disagio di fronte a simboli e paesaggi così diversi da quelli cui siamo abituati. Anche qui, viviamo le vicende attraverso gli occhi dei protagonisti, perché ne leggiamo i diari e proviamo le loro emozioni, i loro desideri. Il contraltare dell’inglese compassato che si recava al castello di Dracula per parlare di compravendita immobiliare è, in questa trilogia, Arkady Tsepesh, discendente e pronipote del principe Vlad, l’Impalatore. Ad attirarlo in terra avita, riluttante, è la morte del padre, con conseguenti questioni di eredità…e non tutte riguardano beni, mobili o immobili, gioielli, proprietà. Persino montagne di debiti sarebbero preferibili al tipo di eredità che si sta per posare sulle spalle di Arkady. Sentiamo già che non è in grado di sostenerne il peso, nelle sue parole estenuate e riluttanti. Dal momento in cui mette piede al Castello di Vlad, Arkady passerà da una rivelazione all’altra, nessuna di queste piacevole. Sarà testimone della trasformazione, fisica e spirituale, di Zsuzsanna, la sorella nata con la spina dorsale deforme, in una creatura sana, affascinante e letteralmente “affamata” di vita. Vedrà il suo matrimonio incrinarsi e sgretolarsi sotto i colpi dapprima leggeri e incuranti dell’arcivampiro, e poi sempre più crudeli e intensi. Sarà perseguitato da visioni e fantasmi tragici, che cercheranno di metterlo sull’avviso e di fargli lasciare quel luogo infausto, che vedrà poi la sua caduta nel Male. Intorno a lui si affolleranno altri personaggi, maschili e femminili, campioni di perversità e di coraggio. Una citazione interessante è rappresentata proprio dalla contessa più malvagia della storia, Erzesbeh Bathory, che qui occupa un posto particolare. L’azione si sposta dai Balcani all’Inghilterra vittoriana, splendente di giorno e così profondamente oscura di notte, portando il terrore di questo nuovo Male scatenato. Quando tutto sembra perduto, e il Male ormai destinato a trionfare, Arkady e suo figlio Stephan, alter ego del misterioso Abraham Van Helsing, riescono a rovesciare la storia e a liberarsi di un giogo antichissimo. Non ho fatto volutamente accenni alla trama della trilogia, che è piuttosto ricca di eventi, personaggi e colpi di scena. Lascio ai lettori il godimento di seguire i protagonisti mentre si muovono frenetici, si spostano e viaggiano come se non riuscissero a trovare pace alcuna, né in vita, né in non-vita. Quello che mi ha colpito maggiormente è stato l’intreccio di emozioni e sentimenti che l’autrice è riuscita a infondere alla storia. Il ritmo è d’azione, serrato, ma non ci si perde nulla dei palpiti e delle emozioni sentite dalle voci narranti. Con le loro parole ricche, ed energiche, riescono a farci assaporare in pieno il terrore e l’orrore provato di fronte all’abiezione e alla crudeltà di certe scene. Se avete sempre nutrito il segreto desiderio di indossare i panni di Jonathan Harker quando arriva al castello, per dire: io avrei fatto così!, allora è la trilogia per voi. Non arretrate di fronte ad alcune scene di sensualità perversa che Stoker, per rispetto ai suoi tempi rigorosi, non scrisse mai o vi accennò solamente. L’autrice fa emergere un lato più corposo e carnale dell’essere vampiro: il sangue, la sete di sangue e i suoi effetti benefici riportano in vita e fanno riprovare emozioni solo sopite.

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VOCI DAL PASSATO Visione generale del "romanzo storico" A cura di Pino Campo, autore de "Il tribuno pretoriano" La filosofia, cioè l’atto dell’accingersi a scrivere un romanzo storico, dovrebbe rappresentare la visione, e la vocazione, di ogni autore. Fin dall’alba dei tempi, si sa, la storia è sempre stata tramandata secondo il punto di vista del popolo prevaricatore o degli individui vincitori, prima oralmente e, in seguito, scritta. Di sicuro, i soprusi e le manchevolezze nei resoconti ufficiali abbondano più delle verità. Sta allo studioso andare alla ricerca della migliore fonte, tralasciando ciò che è inverosimile o illogico. Insomma, ci hanno propinato, sempre e solo, ciò che interessava loro farci sapere, le loro verità assai di parte. La Storia vera, bensì, è quella che si legge fra le righe dei libri studiati a scuola. Non sempre, infatti, quella che abbiamo appreso negli anni scolastici rispecchia la verità storica. Bisogna andare a fondo per capire dove stanno le lacune e colmarle… Questo è l’arduo compito dello storico o, nell’accezione meramente letteraria, che viene demandato al romanziere che ama scrivere di storia e, nello specifico, a chi si diletta nell’andare alla ricerca di altre verità per poi presentarle in maniera diversa dalle metodologie classiche. Nel caso del romanzo, strettamente storico e veristico quindi, non si tratta di una mera cronologia di date e avvenimenti, come avviene per la storia studiata a scuola, inculcati coattivamente e mandati a memoria, salvo poi dimenticarle, sopravvenendo nell’alunno una sorta di odio per una materia che appare pesante e inutile. La bravura del romanziere sta proprio nell’addolcire quella mastodontica torta, facendola a fette e somministrandola a piccole dosi, varie forme e modi al fine di renderla appetibile ai più, ai molti che l’hanno odiata. Qualcuno potrebbe anche obiettare che, a volte, non vengono rispettate del tutto le vicende storiche, usandole solo come pretesto per far svolgere ai protagonisti episodi e fatti totalmente di fantasia. Ma una storia ambientata nel passato che ha la pretesa di voler rievocare un avvenimento storico, seppur minuscolo, deve per forza di cose agganciarsi a vere vicende e personaggi famosi veramente esistiti cercando di farli rivivere, stimolando la fantasia del lettore e cercando di suscitare in lui delle vere e proprie emozioni. L’atto stesso dello sforzo d’immaginare le scene, i gesti e le azioni dei personaggi calati in ambienti diversi dai nostri, completati da antichi usi e costumi, permette tutto ciò. Il vantaggio, quindi, del romanziere consiste nel saper trovare tra le pieghe della Storia delle storie degne di essere raccontate. Magari con un linguaggio diverso, e moderno, per fare in modo che il racconto di fatti effettivamente successi e altri di fantasia (ma che servano a spiegare meglio il perché e il percome la Storia sia andata in un certo modo, anziché in altro) si integrino magistralmente, per fare in modo che il lettore si innamori

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delle proprie radici e del come il percorso evolutivo abbia plasmato la civiltà moderna, così come la vediamo ai giorni nostri. Come voci che gridano dal passato, i romanzi storici ci fanno rivivere le vicende dei nostri avi. Qualche autore azzarda perfino l’ipotesi secondo la quale scrive per una sorta di rivisitazione, come se quelle vicende le abbia vissute in prima persona, ma in una vita precedente. Sarà vero? Esiste la reincarnazione? Fin qui la visione generale che ci offre il romanzo storico, ma il viaggio è appena all’inizio. Nelle prossime uscite, cercheremo invece di scendere un po’ più nei particolari, parlando in primis delle motivazioni che spingono un autore a mettersi alla prova scrivendo di vicende passate e, in seguito, gli eventuali lettori a confrontarsi con questo tipo di lettura.

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Il gabinetto del Dottor Lamberti Traditori di tutti

A cura di Giuliano Latini Spotify m’è compagno in queste nottate afose e sfruttando la sua colonna sonora, m’illudo di non pensare al caldo. Sul piatto di questo giradischi virtuale finisce Mescaline 6, uno dei brani di Traditori di tutti, album pubblicato nel 2013 dal gruppo Calibro 35. Il Mac diffonde, nell’aria calda della mia camera da letto, note Funky-Jazz con venature di rock alternativo. Formatisi nel 2008, i Calibro 35 recuperano e rileggono, in chiave moderna, temi e colonne sonore presenti nei film polizieschi italiani tra gli ’60 e la fine degli anni ’70. Milano a mano armata, I ragazzi del massacro, La banda del gobbo, Milano calibro 9 e tanti altri sono i film che mi tornano in mente, ascoltando il loro sound. Soprattutto il titolo di quest’album è evocativo, mi rimanda ai primi anni d’università, quando in una libreria scopri un piccolo tesoro. Un’edizione in copertina rigida della Garzanti Vallardi intitolata La Milano Nera di Giorgio Scerbanenco, in cui sono raccolti i quattro romanzi che compongono la serie di Duca Lamberti. Duca, il protagonista, è un medico radiato dall’albo per il reato di eutanasia e saltuariamente assunto come consulente della Polizia di Stato dal Funzionario Càrrua, mentore e padre putativo di Duca. Mentre i brani di Traditori di tutti scorrono, corre veloce anche la mia memoria al romanzo a cui i brani s’ispirano. Nel 2013 Donato Carrisi vince il Premio Scerbanenco con L’ipotesi del male e i Calibro 35 s’ispirano al padre del noir italiano, ad un suo romanzo per il loro disco. Nasce come omaggio un concept-album, concimato da una storia di tradimenti assoluti che il destino incastra con ironica e beffarda maestria, fino alla macellazione finale del capro (espiatorio) che riannoda i fili dipanati da Duca senza costruire la trama della storia. Lamberti verrà coinvolto dall’avvocato Sompani, conosciuto durante la permanenza in prigione, in un’operazione di imenoplastica per ripristinare la verginità perduta d’una futura sposa. Accettato l’accordo, dopo l’autorizzazione di Càrrua, Duca vestita i panni dell’infiltrato in quest’avventura. L’operazione riesce senza problemi ma la vergine e il suo amante, sulla strada di ritorno a casa, saranno freddati con una sventagliata di mitra da killer ignoti, nascosti da un furioso temporale padano. A Duca, accompagnato dall’agente Mascaranti e Livia Ussaro, non rimarrà che seguire la scia di morti ammazzati: per sgominare un traffico di droga diretto dalla mafia e portare a galla le ragioni di tutti questi morti. Salme generate da una vendetta per un tradimento vigliacco, perpetrato a Milano tra la caduta

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della Repubblica di Salo e la Liberazione d’Italia grazie alle Forze Alleate. Traditori di tutti, più di tanti altri romanzi di Scerbanenco, mostra l’ineluttabile e frustrante certezza che il Destino, di quando in quando, gioca con le carte truccate. Questa è una storia in cui tutti perdono, tutti tradiscono e nessuno accede alla redenzione. Non ci sono buoni in Traditori di tutti, ma la dimostrazione che la distinzione manichea tra white&black hat, propagandata dal sogno americano post-bellico, stritola vite innocenti. Pur con l’ambientazione nell’Italia in pieno boom economico, Giorgio Scerbanenco riesce abilmente a mostrarci come, il nero nascosto nelle zone grigie della guerra, torni prepotentemente a chieder conto delle nostre azioni e l’impossibilità di trovare la pace nella vendetta, solo distruzione della vita propria e dell’altrui vite. Non c’è onore tra i criminali, solo un’instabile organizzazione basata su violente ritorsioni che un inconsapevole angelo vendicatore scatenerà portando a compimento la propria vendetta. Quest’avventura di Duca Laberti mi ricorda quanto gli anni ’60 siano stati, per l’Italia, un periodo storico in cui la generazione della II Guerra Mondiale chiudeva i conti con una giovinezza turbolenta, mentre gli aerei rimpicciolivano la Terra, accorciando il tempi per viaggiare da un punto all’altro del pianeta con allegra incoscienza, anche quando non ci si accorge di trasportare da un continente all’altro milioni in droga nella tasca del proprio impermeabile. Una chiusura ironica al vetriolo con cui Scerbanenco ci sbatte in faccia il provincialismo italiano che ritroviamo ancora oggi, alla base di scandali nati in contesti conviviali intorno ad un desco apparecchiato o in accordi economici di dubbia moralità. Il libro: Traditori di tutti Autore: Giorgio Scerbanenco Editore: Garzanti Prezzo: 7,50€

Sinossi: Duca Lamberti riapre il suo vecchio studio impolverato dagli anni passati in prigione dopo esser stato condannato per eutanasia. Duca è stato radiato dall’albo dei medici per questo e cerca di decidere cosa fare di stanze e strumenti che non gli serviranno più, quando suonano alla porta. Così Duca viene coinvolto in questa storia dove trovano posto: future spose che vogliono tornare illibate, amanti che pagano per restaurarne la verginità, chirurghi confessori e

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informatori della polizia, sventagliate di mitra silenziate da furiosi temporali padani, misteriose americane inconsapevoli corrieri della droga ed ex-partigiani macellai arricchiti da traffici sporchi. In un crescendo di sangue e morte, Duca dovrà districarsi, con accanto Livia Ussaro e l’aiuto del fedele Mascaranti, tra queste morti per risalire fino ad una trattoria lungo una placida ansa dell’Alzaia Naviglio Pavese da cui, un’auto finita in acqua per vendetta, ha perturbato le acque della sonnolenta provincia milanese, così da creare disguidi ed incomprensioni chiarite a suon di mitra. Pur sgominando una banda di trafficanti di droga ed armi i cui fili erano tirati dalla mafia; solo un inaspettato colpo di scena permetterà a Duca e Càrrua di risalire alle radici dell’odio, tornando ai tempi turbolenti che viveva Milano tra la caduta della Repubblica di Salo e la Liberazione.

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Se volete contattare uno di noi ecco dove potete trovarci. Di seguito una lista con tutti i link di nostri siti\blog\pagine facebook. PAGINA FACEBOOK ECLETTICA: https://www.facebook.com/Ecletticalavocedeiblogger CHIACCHIERANDO CON…, Giovanna Samanda Ricchiuti https://www.facebook.com/unlettoreungransognatore http://www.lettoreungransognatore.it/ MILLE SFUMATURE DI ROSA CONTEMPORANEO, Fabiana Andreozzi https://www.facebook.com/FabianaAndreozzieVanessaVescera http://labottegadeilibriincantati.blogspot.it/ SCORCI DAL MONDO INCANTATO/MEMORIE DI VIAGGIO, Francesca Ghiribelli https://www.facebook.com/pages/Unaltalena-­‐di-­‐emozioni-­‐Poesie-­‐e-­‐Scritti-­‐di-­‐Francesca-­‐Ghiribelli/347912155230501

http://www.francescaghiribelli.blogspot.it DALLA CARTA ALLA PELLICOLA, Daniela Mionetto https://www.facebook.com/Appuntidiunalettriceblog http://appuntidiunalettrice.blogspot.it/ LIBRI VINTAGE, Laura C. Benedetti https://www.facebook.com/pages/Laura-­‐-­‐-­‐Caterina-­‐-­‐-­‐Benedetti/397863926952672 L’ANGOLO DEGLI EMERGENTI\ESORDIENTI, Lidia Ottelli http://ilrumoredeilibri.blogspot.it/ https://www.facebook.com/ilrumoredeilibri1 AVVENTURE DA PALCOSCENICO, Valeria Vite http://centauraumanista.wordpress.com/ https://www.facebook.com/acquaelimoneblog THE HORROR, THE HORROR! Loredana Gasparri https://www.facebook.com/IlBlogDelFuroreDAverLibri http://delfurorediaverlibri.blogspot.it ARTEGGIAMENTI, Cristina Malvezzi https://www.facebook.com/AthenaeNoctua http://athenaenoctua2013.blogspot.it/ LA BACHECA DELLO SCRIBACCHINO, APPUNTI E SPUNTI, Mary Chioatto https://www.facebook.com/pages/La-­‐-­‐-­‐pagina-­‐-­‐-­‐dello-­‐-­‐-­‐Scrittore/123328021057635?fref=ts VOCI DAL PASSATO, Pino Campo https://www.facebook.com/pino.campo.3 PIZZE&MATTONI, Grazia Maria Francese www.facebook.com/Roh.saehlo?ref=bookmarks LE PENNE DELLA STORIA, Stefania Bernardo http://stefaniabernardo.blogspot.it/

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