Eclettica 10

Page 1




Indice INTRODUZIONE

i

1.

ARTEGGIAMENTI

1

2.

AVVENTURE DA PALCOSCENICO

4

3.

DALLA CARTA ALLA PELLICOLA

7

4.

DISCOVER THE COVER

9

5.

L’ANGOLO DEGLI ESORDIENTI-EMERGENTI

10

6.

LA BACHECA DELLO SCRIBACCHINO

13

7.

LA LIBRERIA DI L.CASSIE

15

8.

LIBRI VINTAGE

17

9.

PIZZE&MATTONI

19

10.

SCORCI DAL MONDO INCANTATO

22

11.

THE CAT IS ON THE NEW YORK TIMES

23

12.

IL GABINETTO DEL DOTTOR LAMBERTI

25

13.

VOCI DAL PASSATO

27

CONTATTI

28


INTRODUZIONE Ed eccoci con un nuovo numero ricco di sorprese! Diamo il benvenuto alle new entry Paola Catozza e L. Cassei, che si occuperanno rispettivamente di commentare le cover dei libri e di recensire libri di narrativa! Paola per il suo debutto ha scelto “Sogni sull’acqua” di Lisa Kleypas; L. Cassie, invece, ha scelto “Ho nascosto la mia voce” di Sanie Parinoush. Francesca Ghiribelli nella sua rubrica ci parla di Paranormalmente. Sicuramente avrete visto il divertentissimo film “Se solo fosse vero” ma, secondo Daniela Mionetto, il libro non è all'altezza della trasposizione cinematografica. Laura Caterina Benedetti ha scelto per la sua rubrica “Il capitano Smith”, un romanzo scritto nel 1800 e che ha dato ispirazione al cartone Disney. Irene Pastorelli con la sua duologia sarà la protagonista dell'angolo dedicato agli autori emergenti/esordienti curato da Lidia Ottelli. Chi non ha mai attraversato la cosiddetta fase del blocco dello scrittore? Mary Chioatto ci dà consigli proprio su come superarlo e da dove poter trarre ispirazione. Valeria Vite ci porta a teatro parlandoci della Medea. Cristina Malvezzi ha scelto per Arteggiamenti di parlare della figura del lanciatore rappresentata nelle statue. Naike Ror è stata attratta dalla posizione in classifica del Times del quarto volume della serie Millenium e ha deciso di parlarne in collaborazione con Giuliano Latini: doppia recensione in questo numero! Pino Campo si chiede cosa spinga un autore a scegliere il romanzo storico; Grazia Maria Francese ci parlerà di “CASTRA – Campi e fortezze dell'esercito romano”.

Buona lettura e Felice Natale a tutti voi!

Giovanna Samanda Ricchiuti i


ARTEGGIAMENTI Lanci ad alta tensione

A cura di Cristina Malvezzi

1


2


3


AVVENTURE DA PALCOSCENICO Medea di Euripide

A cura di Valeria Vite Per scrivere della Medea (431 a.C.) di Euripide, avrei voluto iniziare condividendo il link del video della Medea del regista Giancarlo Sepe, con la magistrale interpretazione di Mariangela Melato. Purtroppo su Youtube sono disponibili tre delle quattro sequenze relative allo spettacolo, oppure il solo file audio. Il filmato è andato in onda su Rai 5 in occasione della morte dell’attrice protagonista e, nonostante gli spettacoli teatrali perdano gran parte del loro fascino in televisione, è stato estremamente interessante. E’ inoltre disponibile il link dell’omonimo film di Pasolini (https://www.youtube.com/ watch?v=DxcIex1WbIk), di cui non parleremo di in questa occasione in quanto Avventure da palcoscenico si occupa di teatro, non di cinema. Buone notizie invece per chi desidera leggere il testo di Euripide: sono disponibili online sia il testo greco con traduzione (http://www.skuolasprint.it/ opere-greche/tragediegreche/medea-euripide.html), sia la pregiata versione di Ettore Romagnoli (http://www.guidasicilia.it/ita/main/news/speciali/medea_di_euripide.pdf ) che, sebbene sia di difficoltosa e poco scorrevole lettura, evoca la poesia della lingua greca. Di Euripide si conoscono novantadue drammi, di cui almeno una ventina sono stati considerati non autentici dai filologi antichi; sono sopravvissute sino ai nostri giorni diciotto tragedie. Euripide, figlio di Mnesarco, nacque a Salamina intorno al 480 a.C. e, siccome ricevette un’educazione di alto livello, possiamo sospettare che sia di famiglia benestante nonostante i comici insinuassero che fosse figlio di una semplice verduraia. Sappiamo poco della sua vita, infatti è sopravvissuta soltanto una biografia dell’erudito Satiro del 200 a.C., trasmessa da un papiro. Euripide incarnava il perfetto prototipo dell’intellettuale appartato che non si dedica alla politica, ma preferisce la lettura (possedeva una biblioteca, un fatto inedito per l’epoca), la poesia e l’attività di pensatore. Per questa sua caratteristica fu considerato un misantropo e si diffusero racconti vari al riguardo, come quello secondo cui avrebbe fatto attrezzare una grotta nella natia Salamina per ritirarsi a studiare lontano da ogni contatto umano. Fu amico di Alcibiade e Crizia. Euripide iniziò la sua carriera di tragediografo nel 455 a.C., ma negli agoni teatrali ottenne scarso successo perché il carattere rivoluzionario della sua arte non era fato per rispondere ai gusti tradizionalisti della massa degli spettatori. Intorno al 408 a.C. Euripide si trasferì in Macedonia presso la corte del re Archelao, dove morì nel 406 a.C. Medea è una principessa barbara, figlia di Eete, re della Colchide (Mar Nero) e di Idia, e di Ecate, dea dell’Oltretomba e delle notti di luna piena, inoltre è nipote di Elio e della maga Circe; il suo nome significa “astuzia, scaltrezza”, infatti la donna è una maga dotata di straordinari poteri magici e di un’acuta intelligenza. La nostra storia inizia molto tempo prima dei fatti narrati nella tragedia di Euripide: Giasone è uno degli argonauti partito dalla Tessaglia alla ricerca per volere di suo zio Pelia del vello d’oro, simbolo di potere e ricchezza. Affrontate diverse avventure, gli argonauti giungono in Colchide dove è custodito il prezioso tesoro ma il sovrano locale, Eeta, è disposto a consegnarlo solo se Giasone supererà una difficilissima prova: l’eroe dovrà aggiogare due

4


buoi che spirano fiamme, arare un campo seminando denti di drago e uccidere i guerrieri nati dalle singolari sementi (Boiardo riprenderà tale singolare prova di valore nell’Orlando innamorato qualche millennio più tardi). Fortunatamente per Giasone, la principessa Medea si innamora a prima vista di lui e decide di aiutarlo anche a costo di tradire il proprio padre, così gli dona dei filtri magici che lo rendono invincibile. Eeta tuttavia non vuole cedere il vello d’oro a Giasone, così Medea decide di intervenire addormentando il drago che lo custodisce per impossessarsene. Accecata dall’amore, Medea decide di abbandonare la famiglia e fuggire in Grecia con Giasone per sposarlo. Per i due sposi le disavventure non sono finite, infatti sono costretti ad uccidere Apsirto, fratello di Medea, inviato da Eeta per inseguirli; i due spargono le membra dell’ucciso lungo

la strada così il padre, costretto a rallentare per raccoglierle, non riesce ad inseguirli. Per tentare di riconquistare il trono della Tessaglia, Medea convince inoltre le figlie di Pelia a fare a pezzi il padre e bollirlo in un calderone magico per ringiovanirlo (per convincere la fanciulle a compiere l’atroce gesto, esegue prima la procedura su un caprone, ringiovanendolo mediante le proprie arti magiche), così facendo però Acasto, figlio del defunto tiranno, si convince a cacciare Giasone e Medea, che fuggono a Corinto in esilio. Medea e Giasone hanno due figli e vivono serenamene a Corinto sino a quando, dieci anni dopo, l’eroe non decide di ripudiare la moglie e sposare la figlia di Creonte, re di Corinto. La tragedia inizia proprio con le parole della nutrice che descrivono la disperazione di Medea: la donna, abbandonata dal marito, si ritrova infatti sola e priva di protezione. Medea, travolta dalla disperazione, manifesta il proprio rancore al punto che i membri della corte temono che possa meditare vendetta; re Creonte, per tutelare la figlia, decide di esiliarla. Per avere il tempo di organizzare la vendetta, Medea scongiura il sovrano di concederle di trattenersi un giorno a Corinto per organizzare la partenza; essendo molto abile a mentire, Medea ottiene senza difficoltà il permesso. Giasone la rimprovera per non aver accettato di buon grado le nuove nozze e di aver costretto il re ad esiliarla; sostiene inoltre di aver sposato la principessa di Corinto per garantire dei vantaggi a Medea e ai suoi figli. Medea incontra Egeo, che ha appena interpellato un oracolo perché non riesce ad avere figli. Medea gli racconta il tradimento del marito e gli promette asilo ad Atene, inoltre gli confida di volere uccidere i propri figli e la sposa di Giasone. Medea rivela a Egeo di poter generare per lui dei figli, questi le offre la propria ospitalità. Medea finge di essersi pentita e chiede a Giasone di poter domandare alla sua sposa di ospitare a Corinto i propri figli, offrendogli in regalo un peplo e una corona d’oro cesellato;

5


l’eroe non sa che i doni sono stregati. Giasone accetta, così Medea ordina ai propri figli di consegnare i doni alla principessa. Il pedagogo ritorna da Medea con i figli dopo che questi hanno consegnato i doni; successivamente giunge un nunzio, che consiglia a Medea di fuggire perché Creonte e la figlia sono morti avvelenati. Medea esulta e decide di uccidere i propri figli affinché non muoiano per mano nemica. Accorre Giasone per proteggere i propri figli, ma scopre che Medea li ha uccisi. Medea rivela di averli assassinati per farlo soffrire e decide di portare via con sé le spoglie per seppellirli presso il tempio di Era Acrea affinché i corpi non vengano profanati. Medea fugge su un carro alato e rivela che troverà rifugio presso Egeo. Medea è un grande personaggio, che domina il dramma per l’intero corso del suo svolgimento, manifestando un’ampia gamma di stati d’animo: la donna prova infatti rabbia per il suo destino, ordisce razionalmente il proprio piano, analizza con introspezione la propria sofferenza dialogando con il coro, discute con lo sposo, mente per realizzare i propri progetti, medita gli omicidi, e infine assapora la propria vendetta dall’alto di un carro alato, selvaggia e libera come quando Giasone l’aveva conosciuta nella lontana terra dei Colchi. E’ caratteristico della poetica di Euripide creare personaggi in bilico tra razionalità e ragione, diviso tra pulsioni opposte. Medea è infatti una e molteplice allo stesso tempo, ha una complessa e contraddittoria identità che si sottrae a un giudizio morale, nonostante sia un’eroina negativa. L’opera vive soprattutto della sua protagonista, una parte che da sempre, nella storia del teatro, richiede un’interprete di grande levatura. Nella tragedia si distingue una critica al modello tradizionale della famiglia. Giasone, anche se viene di fatto presentato come un omuncolo opportunista, ragiona in termini di ordine famigliare, affermando che sia più importante dare figli legittimi alla città rispetto al suo primo matrimonio; è inoltre convinto che Medea dovesse essere soddisfatta di essere stata sottratta alla barbarie della Colchide per vivere nell’evoluta terra ellenica. In questo caso Giasone rappresenta il cittadino medio Ateniese che agisce rettamente da un punto di vista giuridico, in quanto le leggi ateniesi escludevano dalla cittadinanza i figli di un coniuge straniero ed era dovere degli Ateniesi dare figli legittimi alla città. Medea invece proviene da una società barbara, in cui sono in vigore leggi differenti. Tra i due coniugi sorge un conflitto tra culture e mentalità diverse, tra una barbara e un greco, tra la cultura patriarcale e la passionalità femminile, tra le leggi cittadine e quelle della natura passionale di Medea. La crudele maga Medea, con la sua passionale psicologia barbara così lontana dalla razionalità ateniese, era presente in altre due tragedie di Euripide: le Pleiadi e l’Egeo. La tragedia termina con una strage e non si verifica alcun intervento, umano o divino, che ristabilisca l’equilibro e riveli il senso della storia. Nel corso della vicenda ciascun personaggio ha perduto qualcosa e in particolare hanno perso la vita gli innocenti: i figlioletti di Medea e la giovane principessa di Corinto. Medea trionfa dopo aver portato a termine la propria vendetta e tramonta ogni auspicio di riappacificazione tra le parti.

6


DALLA CARTA ALLA PELLICOLA Se solo fosse vero

A cura di Daniela Mionetto Lo sento dire spesso: “Entri in libreria, e non sei tu a scegliere il libro, ma è il libro che sceglie te.” Credo che in parte sia vero e lo è in particolare per questo libro. Stavo spulciando distrattamente tra gli scaffali di Libraccio, quando mi sono ritrovata in mano questo romanzo, che si intitolava come un film visto molto tempo fa. Quest’ultimo mi era piaciuto molto e ho deciso immediatamente di leggere l’opera di Marc Levy, per poter fare un confronto.

LIBRO: Se solo fosse vero (una storia d’amore) AUTORE: Marc Levy EDITORE: Corbaccio PAGINE: 240 Arthur ha avuto una giornata faticosa, si è appena trasferito in un nuovo appartamento. Finalmente si concede un bagno con un bel sottofondo musicale. Qualcuno però sta battendo il tempo con le dita! Una giovane donna che sostiene di essere uno spirito, il cui corpo giace in coma in ospedale in seguito a un incidente. Arthur naturalmente non le crede e accetta di accompagnarla in ospedale, dove lei vuole mostrargli il proprio corpo, solo per potersene liberare. Con il passare delle settimane i due diventano amici e il sentimento che li unisce si trasforma in amore. Poi un giorno imedici decidono di staccare le macchine che tengono in vita Lauren e ad Arthur non resta che trovare una soluzione, in una corsa contro il tempo. Marc Levy, architetto/scrittore francese, decide di scrivere “Se solo fosse vero” per il figlio Louis in modo che lui possa leggerlo una volta cresciuto. La sorella però lo convinse a presentare il manoscritto a un editore. Fu pubblicato nel 2000, in poco tempo si ritrovò in cima alle classifiche di bestseller, venne tradotto in 27 lingue e Spielberg comprò i diritti cinematografici. Ora io mi domando: bestseller… ma perché? L’unica cosa positiva di tutto questo è la vendita dei diritti cinematografici, che hanno portato alla creazione di quel divertente film con la Witherspoon e Mark Ruffalo (di cui vi parlerò dopo). Ma il romanzo è una vera noia, ho faticato a terminarlo. La scrittura di Levy è semplice e scorrevole, per nulla impegnativa e per questo la lettura procede anche abbastanza velocemente. Questo è l’unico lato positivo che riesco a trovare e vale solo per l’inizio del libro, perché già a metà si comincia ad arrancare e non perché lo stile cambi o peggiori, ma solo per la lentezza con cui avviene tutto: niente veri colpi di scena, niente pathos, solo una storia piatta raccontata noiosamente. Mi ha ricordato i film francesi. Non so se capita anche a voi, ma quelli che ho visto li ho trovati un po’ lenti. I primi che mi vengono in mente sono “Quasi amici” e “Cena tra amici”. Film molto belli, divertenti e coinvolgenti, ma nel momento clou, nella climax della storia, tutto sembra rallentare, diventare lento e noioso. È proprio quello che accade nel romanzo “Se solo fosse vero”. Nel momento esatto in cui si cambiano le carte in tavola e dovrebbe accadere veramente qualcosa, il momento in cui le cose si fanno interessanti insomma, l’autore tira il freno a mano e tutto si blocca. Pagine e pagine che non raccontano niente, perché niente succede tra i protagonisti e intorno a loro.

7


Se durante la lettura, qualcosa della vita e del carattere di Arthur si scopre qui e la, della povera Lauren non ci è dato saper quasi nulla. Non ci sono grandi discorsi a cuore aperto o intime confidenze tra i due, ma nemmeno semplici chiacchiere per conoscersi un po’ più affondo. Per questo non riesco a capire come possa nascere una storia d’amore tra questi due personaggi, che non si conoscono. Sembra tutto basato sul niente. In questo romanzo si poteva prendere la palla al balzo e, con la scusa di raccontare una storia d’amore, approfittarne per parlare di una argomento serio e importante come l’eutanasia. Purtroppo Levy non centra proprio il bersaglio. Oltre all’inesistenza della fatidica storia d’amore, il tema dell’eutanasia viene solo sfiorato e mai approfondito, impedendo così qualsiasi riflessione a riguardo.

FILM: Se solo fosse vero REGISTA: Mark Waters ATTORI: Reese Witherspoon, Mark Ruffalo, Donal Logue, Dina Waters, Jon Heder, Ben Shenkman DURATA: 95 minuti Nel 2005 Peter Tolan e Leslie Dixon, sceneggiatori del film, prendono in mano il romanzo di Levy, tolgono qualcosa, e ci aggiungono tutto quello che gli manca: brio, simpatia, leggerezza, freschezza e un po’ di magia. Il risultato finale? Una commedia romantica brillante e divertente, che nasconde dietro toni apparentemente leggeri, argomenti importanti come l’amore e la morte. Una pellicola che, per fortuna, si ispira solo al libro, ma potrebbe vivere tranquillamente di vita propria, perché della storia originale viene presa solo l’idea di base e tutto il resto, secondo il mio modesto parere, viene semplicemente migliorato. Brava, simpatica e solare Reese Witherspoon, qui ancora in un ruolo comico e un po’ da fidanzatina d’America, ma che negli ultimi anni ha dimostrato di essere un’attrice molto versatile. Un’altra grande interpretazione, di un altro attore che ha compiuto una bella evoluzione nella sua carriera, è quella di Mark Ruffalo. Tutti voi saprete che Ruffalo, prima di diventare il convincente Hulk degli Avengers, si è sempre destreggiato egregiamente tra commedie romantiche e film più seri e ruoli più drammatici. Il film gira intorno alla storia d’amore tra i due protagonisti. Sebbene lei sia un fantasma, tutto sembra svolgersi come tra due persone normali in carne ed ossa: si incontrano, si conoscono sempre di più e sempre più affondo, e alla fine si innamorano. Il tutto condito da un po’ di magia e dalla spinta del destino, come in ogni commedia romantica che si rispetti. L’aggiunta dell’amico psicologo di David, molto sopra le righe; la sorella di Elizabeth, un po’ esaurita nel fare la mamma; e del libraio appassionato di soprannaturale e di spiriti conferiscono al film quelle parti divertenti, che alleggeriscono un po’ le situazioni. Perché gli americani sono bravi in questo: attraverso le battute e le risate ti fanno arrivare dei messaggi profondi su cui riflettere (I Simpson insegnano). Piccola nota per la colonna sonora, molto dolce e romantica, quasi passa inosservata sovrastata dalle immagini, ma è una piccola chicca che vale la pena ascoltare. In più, in alcune scene in particolare, la fotografia aiuta a calarsi nella magia. Ci sono diversi cambiamenti di trama rispetto al romanzo, ma secondo me erano necessari per vivacizzare la storia e renderla più interessante. Sicuramente, in questo caso, è riuscito meglio il film rispetto al libro.

8


DISCOVER THE COVER Sogni sull'acqua di Lisa Kleypas A cura di Paola Catozza Girare per le librerie permette sempre agli appassionati lettori di scoprire romanzi ed autori di cui prima non si sapeva l’esistenza. In riferimento a “Sogni sull’acqua”, parto proprio dal fatto che non conoscevo questa autrice, Lisa Kleypas, e che non ho letto alcun suo libro. Tuttavia, devo ammettere che questa copertina, intravista per puro caso nella libreria di un centro commerciale, non mi è passata inosservata. I colori sono chiari e regalano un senso di libertà, favorito anche dalla presenza della ragazza che viene colta in quello che sembra l'atto di librarsi e lasciarsi andare. Il riflesso del cielo e delle nuvole viene rappresentato nell’acqua, ma in modo quasi irreale se si guardano con attenzione i dettagli. C’è da dire anche che i colori delle scritte si intonano abbastanza con il resto, ma si nota come sia la loro disposizione che il font non siano stati scelti accuratamente. Ciò nonostante, però, nella sua totalità, la copertina sembra richiamare il titolo del romanzo ed il contenuto, grazie, forse, anche alla presenza della figura femminile: aspetto non da sottovalutare in un periodo in cui le copertine dei libri non sembrano fare altro che fuorviare il lettore.

9


L’ANGOLO DEGLI ESORDIENTI-EMERGENTI Irene Pastorelli e i suoi piccoli istanti A cura di Lidia Ottelli Ciao Lettori! Le vacanze sono ormai finite e noi partiamo alla grande. Per questa nuova uscita parlerò non solo di un’autrice bravissima, ma anche di una autrice che stimo molto. Irene Pastorelli. Irene pubblica nel 2015, con molti consensi, la duologia “In the name of Love” di cui parlerò oggi. Una storia d’amore affascinante, coinvolgente emozionante.

Irene Pastorelli, classe’ 86 , nasce in Puglia dove tutt’ora risiede. Dopo il suo esordio letterario avvenuto nel 2013 con il romanzo“Dove comincia tutto”, ha proseguito nella sua carriera pubblicando la duologia “In the name of Love” composta da “Il nostro piccolo istante” pubblicato il 19 maggio 2015 e “Il nostro piccolo per sempre” pubblicato il 18 settembre 2015. Titolo: Il nostro piccolo istante (In the name of Love Vol. 1) Autrice: Irene Pastorelli Genere: Romance Prezzo Kindle: 0,99€ Amazon C’era un volta una ragazza che dell’amore non sapeva nulla e un ragazzo, che della vita, sapeva sin troppo. Quando Lorena incontra per la prima volta Emanuele, vive da sempre una sola vera passione: il disegno. Matricola all’Accademia di belle arti, non conosce nulla all’infuori del suo angolo di paradiso fatto di tele immacolate e colori di ogni genere, quasi sapesse fare solo quello da sempre. Ma tutte le sue certezze crollano al primo sguardo luminoso di lui. Immediatamente si accorge di essere attratta da un ragazzo che non ha mai visto prima e che sembra essere incappato nel giardino di casa sua per sbaglio. Cosa succede quando due persone totalmente estranee hanno un’affinità così forte? Ben presto, però, i due si troveranno a dover aiutare Giacomo, il fratello di Lorena. E a quel punto chi potrà salvarli da loro stessi?

Il nostro piccolo istante è il primo volume della duologia “In the name of Love” . Questo è il terzo libro che leggo dell'autrice e anche questa volta mi ha spiazzato. Più "cresce" più i suoi scritti migliorano e diventano unici. Ho visto nascere questo progetto giorno dopo giorno. Ho sofferto, ho riso, ho incitato, ho pianto, tutto con una intensità da pelle d'oca. La protagonista Lorena, è unica. Intelligente, frizzante, fresca, giovane e con dei trascorsi sentimentali poco gratificanti. Lui, Emanuele, bello, misterioso, più vecchio di qualche anno, con un passato nascosto e con difficoltà a esternare i propri sentimenti. Uno sguardo, un sorriso inaspettato farà capitolare i due sconosciuti in un'attrazione sconvolgente, pura, libera ed emozionante. Due anime diverse tra loro con tanto in comune da togliere il fiato. Un amore

10


sfuggente, complicato che ti penetra nelle ossa, nel sangue tanto da farti rabbrividire da tante emozioni. Due mondi diversi che camminano sullo stesso binario di un sentimento forte, unico. Quattro ore. Quattro sole ore ci ho messo a leggere questo libro. La storia può sembrare prevedibile e scontata, ma non è affatto così! Cosa posso dire, prezzo basso, lettura ottima, scorrevole, emozionante e tantissimo altro. Una storia d’amore impossibile, una passione travolgente che lascia senza fiato. Un tormentato passato che spazia tra il volere amare e il tirarsi indietro. Un amore profondo a volte asfissiante per l’intensità della sofferenza che si sfocia in un finale carico di suspense e un dolce anzi dolcissimo sentimento. Scritto molto bene, scorrevole. Uno stile che mi piace, come ho detto precedentemente, ho già avuto modo di leggere altro dell'autrice e trovo il suo modo di scrivere impeccabile e unico. Una lettura consigliata a tutti, soprattutto a chi ama i buoni sentimenti complicati e a chi vuole rimanere con fiato sospeso fino alla fine. Titolo: Il nostro piccolo per sempre (In the name of Love Vol. 2) Autore: Irene Pastorelli Genere: Contemporary Romace Prezzo Kindle: 1,24€ Amazon La scelta di Emanuele, lascerà Lorena senza nessuna spiegazione. Le resteranno poche certezze, e il disegno non sarà più una di quelle. Ogni giorno che passa, acquisterà sempre più consapevolezza che Emanuele non tornerà. Ma mentre sta voltando pagina farà ricomparsa colui che credeva di aver rilegato nel passato. Lorena combatterà una battaglia tra ciò che vorrebbe e la sofferenza passata. Per lei sarà complicato stargli lontano, almeno quanto lo sarà stare con lui. Ma cosa succederà quando arriverà di nuovo il momento di una scelta? Riuscirà Lorena a lasciarsi alle spalle il passato e dare una nuova possibilità a Emanuele?

Ho aspettato per mesi questo secondo capitolo e finalmente ho avuto l'onore di leggerlo in anteprima settimane fa. L'autrice ha la capacità di farti vivere dentro il suo libro, con una narrazione scorrevole, semplice, diretta e fresca. Pagina dopo pagina ti coinvolge, ti emoziona, ti rapisce, ti sconvolge. La nostra Lorena, soffre, soffre in silenzio. La mancanza di Emanuele è forte, devastante e lei non riesce a dimenticarlo. Una sofferenza che la blocca, che non la fa respirare, che la porta a chiudersi nel suo guscio di debolezza. Quando, dopo mesi, la consapevolezza che Emanuele non tornerà, Lore, cerca di voltare pagina, cerca di vivere, di disegnare, di uscire, di riprendere quella vita che la stava logorando. Ma un'aspettata scioccante "sorpresa", la fa ricadere in dubbi e incertezze. Una festa, uno sguardo, gli occhi di quel amore che tanto fa soffrire e tanto fa amare, incrociano per l'ennesima volta i suoi. Emanuele è tornato e le sue certezze crollano sotto quegli occhi che ancora ama e che, nonostante le tante difficoltà, la paura, amerà per sempre. Emozionante. La prima cosa che mi viene in mente pensando a questo bellissimo libro. Questo romanzo ci porta in un mondo fatto di mille emozioni. Dopo poche righe sei travolta dall'intensità della storia, che si avvolge inaspettatamente in qualcosa di davvero emozionante e mai scontato. Una storia travolgente. Un secondo capito emozionante, coinvolgente. Un legame che non ti fa

11


respirare, che ti imprigiona in brividi che vanno al di là di ogni differenza, di ogni paura. Capitoli che mettono a nudo la fragilità dei protagonisti, che ti strappano il cuore, facendolo esplodere di emozione. Un amore che fa fuoco e fiamme, che lascia il segno. Ho amato questa serie perché è vera, è attuale, è vita! Ho pianto, ho riso, mi sono arrabbiata, ho sentito ogni singola emozione attraversarmi il corpo come una scossa di assestamento. Un libro che è capace di farti sognare, di farti credere in un sentimento che pochi sanno dimostrare come quello dell'amore. Sarò ripetitiva, ma io amo i romanzi scorrevoli, che partono subito di botto e che fluidamente ti accompagnano alla fine. Questo libro è tutto questo e anche di più. Una storia profonda, a volte malinconica che rende questo libro interessante, scritto perfettamente, coinvolgente, a tratti triste con un risvolto agrodolce. Mi ha entusiasmato il modo in cui l'autrice ha raccontato la storia con delicatezza e mai con volgarità. Amo Lorena, amo Emanuele e amo questa serie! Per i numerosi FANS di quest’autrice, annuncio che Irene, ci stupirà ancora con altri romanzi. Non posso anticipare altro. Tenetela d’occhio! Concludo con il nostro motto: “Aiutiamo gli emergenti, no all’editoria a pagamento”. Al prossimo articolo! Un affettuoso Bye-Bye dalla vostra Blogger Lidia Ottelli del Rumore dei Libri.

12


Scordi d'ispirazione A cura di Mary Chioatto

di “La pagina dello Scrittore” Inceppata. Mi sentivo inceppata. Le dita che arrancavano a lungo tra i tasti della tastiera, senza trovare alcuna parola in cui sciogliersi. Inceppata, appunto. Il classico, famigerato ed inevitabile blocco dello scrittore. Quindi che fare? Sono convinta che vi siano mille modi di vivere tutto questo, la scrittura, ed altrettanti modi per sciogliere quei nodi che portiamo avvinghiati all'anima. Altrettanti modi per uscire da queste stesse pareti che ci siamo costruiti dentro, in cui abbiamo barricato il cuore. Non posso trovare il vostro filo d'Arianna per ricondurvi alla luce, per sottrarvi al labirinto in cui vi siete arenati. Ma posso rendervi il mio, di filo, affinché possiate trovare stimolo nel recuperare il vostro. Per ripartire lì, esattamente dove ci eravamo inceppati. Perché il punto è proprio questo, siamo fatti di pareti, dentro. E noi come scrittori abbiamo il compito di andare al di là di esse, al di là delle cose, al di là degli sguardi per scorgere l'anima al di là degli occhi. Al di là di noi stessi. E se non riusciamo a portare l'anima al di fuori del corpo, nella nostra ispirazione, portiamo allora il corpo al di fuori dei suoi spazi quotidiani. Un viaggio, a me non è servito altro. Vedere posti che mai avremmo potuto immaginare se non fossimo usciti dalle nostre pareti. Sciogliere i propri passi sul selciato scuro di qualche borgo medievale, che si spande in un dedalo di viuzze che offrono scorci incantati e storie che aspettano solo di accendersi sotto i nostri occhi. E portare poi il proprio viaggio a ridosso delle gradinate in pietra di un'antica abbazia in cui diventa pressoché impossibile non immaginare nugoli di donne assiepate tra loro, ai margini dell'altare. Unite, ma separate da partiture diverse, che si fondono in un unico canto che si spande fin sulla sommità delle volte a sesto acuto, prima di diffonderne un riverbero ancora più dolce. Come può, tutto questo, non farvi premere la pelle sensibile dei polpastrelli sulle vostre penne, per spingerle in una danza ancora più sublime? E se non potete concedervi un viaggio così, fuggite come potete dalla vostra prigione. Fuggite in altre parole, abbandonatevi tra quelle dei libri, tra le pagine di coloro che hanno già reso immortale il proprio nome. "Non c'è nessun vascello che, come un libro possa portarci in paesi lontani, né corsiere che superi al galoppo le pagine di una poesia. È questo un viaggio anche per il più povero, che non paga nulla, tanto semplice è la carrozza che trasporta l'anima umana.”, scriveva Emily Dickinson.

13


Per cui leggete, leggete, leggete. Lasciatevi scivolare in più mondi possibili, fino a ritrovare il vostro. Cercate tra nugoli di frasi stipate tra le pagine, quelle parole che potrebbero continuare la loro propria esistenza nel vostro cuore, prima di scivolare nuovamente in tratti più o meno decisi nei vostri scritti. Ci sono giorni poi, in cui mi sento solo colori, senza troppe parole. A volte mi riduco in scatti monocromatici dalle infinite sfumature. E allora finisco per lasciarmi scivolare in quei siti che sono pure collezioni di scatti, come Pinterest, senza troppe parole ad ingombrare gli occhi. Raccolgo colori, raccolgo possibili emozioni. Immaginando quale scena possa accogliere quelle visioni paesaggistiche, o quale personaggio possa tratteggiare quella stessa espressione vista in foto nel proprio volto. Viaggi, libri e Pinterest. E musica, quella non mi abbandona mai. Di quelle che non invadono i timpani con troppe parole, ma accompagnano quelle che portiamo nel cuore con dolcezza. Al momento ecco le mie chiavi per sbloccare quei lucchetti che si chiudono nell'anima. Ma voi avrete le vostre, di chiavi, preziose quanto le mie perché sapranno spalancare quel varco incantato in apparenza socchiuso. Cercate ispirazione ovunque. Nella caducità delle foglie in autunno come nell'espressione eterea di vita nuova che trema negli occhi di un bambino. "Scrivere è accendere dettagli, è accendere storie altrimenti impercettibili agli occhi", dico sempre. E non smetterò mai di dirlo. Un ultimo pugno di parole, davvero l’ultimo. La foto che si fa spazio tra le parole è stata scattata da me personalmente, in uno dei viaggi che mi hanno sciolto le dita. A Montepulciano, in Toscana. Per iniziare l’ispirazione fin da subito vi lascio un ritaglio ed un link diretto ad uno dei miei album su Pinterest ( https://www.pinterest.com/ marychioatto/alone-in-mywonderland/ ), dove lascio scorrere le parole sulle foto che più mi hanno catturato il cuore. Spero possa accadervi altrettanto.

14


LA LIBRERIA DI L. CASSIE «Ho nascosto la mia voce» di Sanie Parinoush

A cura di L. Cassie TITOLO: Ho nascosto la mia voce AUTORE: Saniee Parinoush GENERE: Narrativa PAGINE: 238 EDITORE: Garzanti Iran. Shahab adora guardare la luna, che se ne sta nel cielo, silenziosa. Come lui. Perché Shahab ha quattro anni, ma non ha ancora fatto sentire la sua voce. Non c'è niente in lui che non vada. Ha solo deciso che non è il momento di iniziare a parlare. Quando gli altri lo prendono in giro per questa sua stranezza, lui si chiude nel suo mondo con i suoi amici immaginari, Babi e Asi. Per tutti è un bambino difficile, problematico, forse meno sveglio rispetto ai suoi coetanei. Questo è quello che pensa anche suo padre Naser che non ha il tempo né la voglia di comprendere il figlio e i suoi silenzi. Per lui esiste solo suo fratello maggiore, che lo rende orgoglioso, ed è il primo in ogni cosa. Mentre Shahab combina sempre qualcosa di sbagliato. C'è un'unica persona pronta ad ascoltare le sue parole non dette, a capire che ha solamente bisogno di tempo per cominciare a parlare: sua madre Mariam. Perché anche lei sa cosa vuol dire sentirsi diversi, in una realtà in cui una donna laureata deve rinunciare alla sua carriera per occuparsi della famiglia. Perché lei sa che il silenzio del bambino in realtà è un'arma contro l'indifferenza di Naser. È una richiesta di attenzioni e di affetto. Tutto quello che l'uomo non gli ha mai dato. Grazie a lei Shahab scopre giorno dopo giorno che a volte la strada che porta al cuore delle persone è lunga e piena di ostacoli. Ma quando l'obiettivo è davvero importante si trova sempre un modo di far sentire la propria voce e rompere il silenzio. Dopo lo straordinario successo di Quello che mi spetta, torna Parinoush Saniee, l'autrice che ha raccontato le donne iraniane e la loro lotta contro il fanatismo Ho nascosto la mia voce è un nuovo caso editoriale in pubblicazione in tutto il mondo, ma censurato in Iran. Le parole non dette di un bambino diventano un grido contro l'insensibilità e l'indifferenza. Perché spesso ci si dimentica del valore di un gesto, di una carezza, di un abbraccio. Spesso non si riconosce quanto sia meraviglioso

15


quel fiore diverso da tutti gli altri, e per questo ancora più speciale.

LA MIA OPINIONE: Nel leggere questo romanzo l’emozione ha toccato le stelle. Mi ha tenuto sveglia fino a tardi, non permettendomi di staccare i miei occhi lacrimanti da quelle pagine. Mi ha colpito nel profondo, fatto riflettere e comprendere tante cose della vita. Della vita di tutti, ma soprattutto della mia. Mi ha fatto capire, con maggiore intensità, la grande importanza di un bacio o di una carezza da parte di un padre (o di una madre), gesti che spesso si danno per scontati o superflui. Shabab è un bambino come tanti, ma con una caratteristica che lo distingue da tutti gli altri: non parla. Lui si limita ad ascoltare e assimila tutto ciò che sente. Sin da piccolo viene etichettato come “tonto”. Lo reputano ritardato e lui, volente o nolente, finisce per crederci. Del resto persino suo padre pensa che abbia qualche problema , e se lo dice lui che lo ha messo al mondo, dev’essere sicuramente così, no? Ma realmente, Shahab, non ha nulla che non va. Non è tonto, né tanto meno ritardato. E' solo un bambino impaurito ed incompreso; si sente estremamente solo. Suo padre non gli dimostra il suo affetto, non lo bacia, non gli fa una carezza e non riserva per lui mai nessun complimento. Quando cresce, Shahab, con lo stupore di tutti, si rivela un ragazzino molto intelligente. E il risentimento nei confronti del padre, sembra non poter svanire mai e i traumi subiti in tenera età, in qualche modo, condizionano la sua vita sociale. Del resto è proprio quando si è piccoli che si forma il carattere. Non siamo altro che il frutto di ciò che eravamo da piccoli e, una volta cresciuti, ci trattiamo come ci trattavano gli altri. Per concludere vi lascio un breve estratto, nella speranza di convincervi a comprare questo libro che, a mio avviso, merita di essere letto: “Come sempre gironzolavo nel cortile della scuola guardando i bambini giocare. Mi sarebbe piaciuto molto giocare con loro ma c’era qualcosa dentro di me che mi bloccava. Sentivo di essere diverso.”

16


LIBRI VINTAGE «Il capitano Smith e la principessa Pocahontas» di John Davis

A cura di Laura C. Benedetti INFO Editore: Marsilio, collana "Letteratura Universale. Frecce" Prezzo: € 12 1995, 160 p., brossura

In questi giorni d'autunno vi do il bentornato nella rubrica dedicata ai libri vintage! Come mi succede la maggior parte delle volte, ho scoperto questo libro per puro caso e non come risultato di ricerche mirate; appena il titolo mi è capitato sott'occhio mi ha subito riportato alla mente l'omonimo film della Disney, il cartone animato "Pocahontas" che a me piace molto, perciò ho preso il volumetto in prestito senza neppur aprirlo. L'edizione di Marsilio contiene una ricchissima introduzione piena di dettagli storici, sociali e letterari, e include il testo in lingua originale. Qui io mi limiterò a parlare del romanzo in sé visto nei suoi aspetti di trama, personaggi, stile e descrizioni. All'inizio del 1600 il capitano John Smith, un avventuriero coraggioso e intraprendente, giunse sulle coste della Virginia con una piccola flotta e un gruppo di coloni; dopo una prima esplorazione dell'entroterra Smith cadde nelle mani degli indigeni e fu tenuto prigioniero. La figlia di uno dei capi s'innamorò di lui e, dopo un gesto eroico quale proteggere Smith con il proprio corpo dal bastone del carnefice, riuscì a convincere il padre ad entrare in alleanza con i nuovi arrivati. La storia prosegue tra trattati di pace e tradimenti fino a quando John Smith, consapevole di non volersi legare in matrimonio, escogita un modo ingegnoso per uscire di scena. Pocahontas è disperata, ma tra i coloni c'è il giovane John Rolfe: questi, attratto dalla bellezza della fanciulla, tenterà la sorte e alla fine scoprirà se il suo sentimento può vincere o no il dolore che Pocahontas prova per l'abbandono di Smith... Nella lettura io ero già influenzata dalla visione del cartone animato: scene come il sacrificio di Pocahontas, le sue scorribande nella foresta vergine insieme all'innamorato, i contrasti tra gli inglesi e gli indigeni mi hanno strappato più volte delle esclamazioni. In sostanza, mi è piaciuto molto

17


leggere un testo scritto nel 1800 e trovare qui il classico "libro da cui è stato tratto il film", tanto più che, se il cartone potevo averlo visto anni fa solo come puro intrattenimento per bambini, il libro ha portato alla luce risvolti culturali ampi e importanti. La trama, dunque, è semplice ma allo stesso tempo avvincente: si vuole andare avanti per vedere se Smith riuscirà a cavarsela, se gli indigeni causeranno danni alla nuova colonia e, soprattutto, come finirà la relazione amorosa tra il mercenario bianco e la principessa indiana. I personaggi principali sono: John Smith, Pocahontas e John Rolfe, simboli rispettivamente dell'eroismo in battaglia e al servizio del paese, della civiltà locale che abitava quelle terre sconosciute e infine della sana ed onesta borghesia inglese. Ancora una volta la mia immaginazione non ha potuto fare a meno di rifarsi al disegno animato della Disney, poiché anche i nomi erano i medesimi: nel libro manca un vero e proprio "cattivo", ma alcune azioni scorrette da una parte e dell'altra (coloni e indiani) formano le scene negative a cui i protagonisti devono porre rimedio con l'astuzia o la forza. Lo stile, perlomeno nella traduzione, è fluido e scorrevole: mantiene un non so che di antiquato e per me questo aspetto è più che positivo, ma allo stesso tempo la lettura risulta perfettamente chiara. Legate allo stile sono le descrizioni: sia quando viene presentata una persona, sia quando l'autore ci pone davanti a un paesaggio, le parole sono utilizzate con maestria. La virilità di John Smith, la verginale sensualità di Pocahontas, la luce della luna sull'acqua e la silenziosa maestosità delle pinete e dei boschi... tutto trabocca dalle pagine e sembra di sentire quel silenzio, vedere i raggi di quella luna o scorgere i bianchi denti tra le labbra rosse di una donna. In conclusione questo libro, che riprende il mito di fondazione della nazione americana, può essere letto sia in chiave "culturale", ossia compiendo ricerche sulla colonizzazione, sui discendenti dei protagonisti, sulle lotte tra inglesi e popolazioni tribali, sia come romanzo a sé per chi cerca una storia ben scritta in cui non mancano amore e avventura. INCIPIT Fu nelle alte foreste della Virginia, sull'uscio della mia capanna di tronchi, che, contemplando la luna e ascoltando la melodia del tordo, concepii il progetto di scrivere questa storia. Se sia riuscito nell'impresa non so; l'anima mia però mi dice che nel perseguirla la fantasia fu sempre fervida, e che il cuore non solo mi dettava le scene, ma immaginavo di vedere gli oggetti che la penna descriveva.

18


PIZZE&MATTONI

«CASTRA – Campi e fortezze dell'esercito romano» di Giuseppe Cascarino A cura di Grazia Maria Francese Titolo: CASTRA – Campi e fortezze dell'esercito romano Autore: Giuseppe Cascarino Editore: Il cerchio ISBN: 88-8474-249-8

In questo imponente lavoro sulla tecnica e sull’ingegneria militare dei Romani, vengono trattati per la prima volta in modo monografico tutti gli aspetti dell’elemento che più di ogni altro ha costituito il segreto dell’invincibilità dell’esercito romano: il campo militare. Strumento primario di conquista e simbolo della proverbiale razionalità del genio romano, il castrum si trasformò spesso nel giro di pochi anni da semplice accampamento mobile nel nucleo fondante di molte delle più importanti città italiane ed europee, le cui tracce sono visibili ancora oggi. Con il consueto conforto delle fonti letterarie, storiche e iconografiche, e delle evidenze archeologiche, vengono analizzate nel dettaglio le tecniche di costruzione, l’organizzazione interna, le caratteristiche tecniche dei vari tipi di campi e di fortificazioni, dalle origini fino al periodo del tardo impero quando, con il consolidamento dei confini, i campi si trasformarono in fortezze stabili. Il testo è puntualmente accompagnato da oltre 200 tra disegni originali, schemi, tabelle e fotografie, ed è corredato dalla prima traduzione in italiano, con testo a fronte, del De Munitionibus Castrorum.

“Lasciammo i nostri cavalli e avanzammo cautamente a piedi lungo un’altura rivestita di erba alta; quando arrivammo sulla cresta percorremmo gli ultimi metri strisciando sul ventre, fino a sbirciare nella valle dove sorgeva il campo. Quella fu la prima volta che vidi un esercito romano nella Gallia libera, e mi sentii assalito dal gelo. Sotto di me c’era la personificazione dell’orribile visione di un ordine rigido, di linee rette e angoli perfetti…”

Che cosa vede Ainvar, protagonista del romanzo “Il potere dei druidi” di Morgan Llywelyn? Per scoprirlo sono andata a rileggermi il saggio del professor Giuseppe Cascarino dedicato all’elemento segreto che rendeva invincibile l’esercito romano: “castra”, parola vagamente minacciosa che però è solo il plurale del latino “castrum”, accampamento fortificato. Bisogna dire che Morgan Llywelyn conosce bene i druidi, ma non altrettanto i romani. Mai si sarebbero accampati in un posto così! Una valle dominata da un costone, da cui il primo arrivato può osservare ciò che avviene nel campo? Il comandante che avesse fatto una cosa del genere sarebbe durato ben poco. Il posto giusto è quello che descrive Giulio Cesare: “un colle con i fianchi che degradano uniformemente”, in modo da costringere i nemici ad attaccare in salita e da allungare la gittata delle armi da lancio dei difensori. E non deve avere nei paraggi ostacoli naturali come boschi o alture. Ovviamente qualche volta ci si può trovare costretti ad accamparsi in luoghi sfavorevoli: Igino, autore del 2° secolo, li definisce in modo pittoresco “luoghi della noverca” cioè della matrigna. Ma quello che vede il nostro druido è un campo permanente, e quindi il

19


luogo sarebbe stato scelto con cura. Per quanto riguarda l’impatto psicologico, la Llywelyn invece ha perfettamente ragione. La squadratura dell’accampamento dava immediatamente l’impressione che gli invasori fossero padroni di qualche potente magia. L’arte di suddividere il terreno secondo linee rette, i romani l’avevano ereditata dagli etruschi. Si trattava di tecniche avanzate per quell’epoca. Le misurazioni erano fatte da specialisti chiamati metatores, che precedevano l’esercito accompagnati da un drappello di aiutanti. Lo strumento usato per calcolare la squadratura, chiamato groma, era un aggeggio fatto di braccia rotanti e fili a piombo e non era usato soltanto a scopi militari. Gli agrimensori romani, chiamati appunto gromatici, suddividevano il terreno da assegnare ai coloni effettuando la cosiddetta centuriatio, le cui tracce sono ancora visibili in molte regioni di quello che fu il loro impero. Una volta effettuate le misurazioni, il campo sorgeva con prodigiosa rapidità. Lo storico Giuseppe Flavio, nel 1° secolo, ne offre una vivida descrizione. “L’interno lo dividono in varie file di tende mentre all’esterno il recinto è munito di torri a intervalli regolari: in questi intervalli collocano le catapulte, le baliste e le macchine da lancio, tutte pronte a tirare. Nel recinto si aprono quattro porte, una per ciascun lato, comode per l’ingresso degli animali e spaziose per le sortite degli uomini in caso di necessità. L’accampamento è intersecato da strade che si incrociano ad angolo retto e nel mezzo pongono le tende degli ufficiali, con al centro quella del comandante che è simile a un tempio. All’improvviso appare come una città con la sua piazza, le botteghe degli artigiani e i seggi destinati agli ufficiali dei vari gradi qualora debbano giudicare in occasione di qualche lite. Il recinto e tutto ciò che vi è racchiuso viene costruito in pochissimo tempo, tanti e così esperti sono quelli che vi lavorano…” La comparsa improvvisa di questi enormi accampamenti, capaci di ospitare decine di migliaia di uomini e messi in piedi in poche ore, è una brutta sorpresa per gli abitanti dei territori che Roma vuole di conquistare. Per il legionario, invece, è rassicurante trovare l’accampamento che lo aspetta alla fine di una lunga giornata di marcia. Lo schema è familiare. Sa esattamente in che fila e in che punto deve piantare la sua tenda: è un po’ come tornare a casa. Il professor Cascarino ci accompagna all’interno di un accampamento e ce ne mostra tutti i particolari. Le tende sono di peli di capretto cucite insieme, il che le rende quasi impermeabili ne fa anche una discreta barriera contro il freddo. La tenda comune, chiamata papilio (farfalla) per la forma che assume quando viene stesa in terra per essere piegata, sembra un po’ quella che oggi chiamiamo tenda canadese ma è quadrata con un lato di 10 piedi (circa 3 metri): le pareti laterali, alte circa la metà rispetto al centro, sono verticali. L’altezza massima lungo la linea centrale è 180 cm per cui i romani, che in genere non sono molto alti, possono entrarci stando in piedi. I giacigli, per un numero massimo di 6 uomini, sono disposti lungo le pareti. Le tende dei centurioni sono più alte e spaziose mentre i tribuni e personaggi di rango elevato occupano i tabernacula, specie di padiglioni. La tenda del console è il primo punto scelto dai metatores, ed è quello che offre la vista migliore sulla zona circostante. Il tracciato del campo si sviluppa a partire da esso secondo uno schema che, pur cambiando

20


nelle diverse fasi storiche, rimane sostanzialmente lo stesso. Al centro si trova il praetorium, lo spazio riservato al comandante dove si svolgono i consigli di guerra. Vi si trovano anche gli altari per i sacrifici e il tribunal, cioè il palco dove il comandante dopo avere osservato gli auspici rivolge un discorso alla truppa. Questa viene radunata nel forum, una grande piazza dove si trovano in genere anche le botteghe. Poco distante c’è il valetudinarium, l’ospedale da campo, e il veterinarium cioè la clinica per gli animali: cosa indispensabile data la presenza di migliaia di cavalli da guerra e una gran quantità di bestie da soma. Infine il questorium è l’area dove si custodiscono i rifornimenti e il bottino, dove vengono ospitati ambasciatori nemici ed ostaggi. Strade larghe abbastanza da non ostacolare il passaggio delle truppe s’intersecano ad angolo retto per tutta l’area del campo. Questo tracciato costituisce l’origine di una gran parte delle nostre città, che sono nate da accampamenti romani diventati permanenti. Un ampio spazio libero, chiamato intervallum, separa l’accampamento dalla recinzione. Ha due funzioni: quella di evitare che le tende possano essere raggiunte da frecce o altre armi da lancio, e quella di permettere all’esercito di spostarsi agevolmente lungo il perimetro del campo. Il recinto è costituito da due elementi di base: un fosso e una palizzata. Il fosso generalmente ha una sezione a V e sul fondo si trova un ulteriore fossetto chiamato “spezzacaviglie”. Vene scavato secondo un ordine preciso da una gran quantità di uomini a ciascuno dei quali si assegna un tratto di lunghezza definita. Rigorosamente vietato deporre la spada mentre si scava: c’è la pena di morte per questo. Come per chi, una volta ultimata la recinzione, la varca senza essere autorizzato a farlo. La palizzata può essere di tipologie diverse. I campi permanenti ne hanno una di pali ben squadrati, mentre nei campi di marcia possono essere impiegati i “valli”: pali di legno duro lunghi circa un metro con le due estremità appuntite, piantati obliquamente nel terrapieno fatto con la terra di scavo. In casi estremi si possono assemblare i valli, tre alla volta, per formare i tribuli da posare semplicemente sul terreno. Già questo costituisce un ostacolo all’avvicinamento della cavalleria nemica. Quanti uomini può ospitare il campo? La dimensione considerata normale da Igino è quella di 45.000 unità: ma sono previsti anche accampamenti più grandi. Quel furbacchione di Giulio Cesare usa nella sua tattica variare il rapporto tra quantità di uomini e dimensioni del campo. A volte ne fa costruire uno molto più piccolo di quello che servirebbe, per dare l’impressione di avere meno uomini: a volte uno più grande per far credere di averne di più. E quindi è indispensabile che nessun osservatore possa sbirciare dentro. In quel periodo era possibile: i droni non esistevano ancora.

21


SCORCI DAL MONDO INCANTATO «Paranormalmente» di Kiersten White

A cura di Francesca Ghiribelli Titolo: Paranormalmente Autore: Kiersten White Editore: Giunti Pagine: 416 Prezzo: 9,90€ Evie sogna una vita normale, ma quando a sedici anni si ha il dono di vedere i mostri e si è un'agente del Centro Internazionale del Contenimento del Paranormale anche la ricerca della normalità può essere un'avventura. Se poi ci si mette una sirena come amica del cuore, una fata dei boschi maschio come ex e una cotta per un aitante mutaforma, la missione diventa quasi impossibile... Ma fra mille avventure e qualche momento di romanticismo, dopo aver sconfitto un'oscura profezia delle fate, aver salvato il mondo del paranormale e aver fatto i conti con la sua vera identità, Evie, accoccolata sotto una coperta con Land, il suo mutaforma, sentirà le loro anime fondersi e l'amore trionferà su tutto, nel mondo normale, e anche in quello un po' più strano

Un romanzo che apre una trilogia davvero famosa e sbarazzina. Evie è una sedicenne fuori dal comune che vive al Centro Internazionale del Contenimento e che riesce a vedere le persone per quello che realmente sono, essendo l’unica capace a riconoscere qualsiasi essere paranormale, liberando così la terra da creature mostruose. Lei è un'agente in missione che con il suo prezioso e chic Teaser rosa, che ha soprannominato Tasey, riesce a immobilizzare ogni tipo di mostro affibbiandole un braccialetto elettronico, il quale ha la speciale capacità di immobilizzare ogni paranormale. E’ una storia veramente unica nel suo stile e la vena davvero ironica e simpatica dell’autrice smorza la comune atmosfera di un mondo popolato da creature pericolose. Evie, invece è da sempre cresciuta al Centro e in un certo modo è affezionata a quella vita, circondata da Rachel che le ha fatto quasi da madre e dalla sua migliore amica Lish, una sirena. Una trama liscia che non prevede grandi colpi di scena, ma che ti delizia in modo scorrevole dall’inizio alla fine. Non si può chiamare neanche una vera storia d’amore, anche se l’incontro di Evie con Preston darà al libro un’atmosfera romantica e in un certo senso una significativa evoluzione alla storia. Ci sarà anche la figura di Reth, una fata maschio dall’indole perfida e cattiva, che riesce a far crollare il mito della bontà di queste piccole creature dall’animo buono e altruista. Diciamo che questa storia sentimentale a tre fra una ragazza che si crede umana, una fata maschio crudele e un mutaforma rimane unica, vista la sua particolare singolarità. Comunque sono curiosa di leggere il seguito, Caccia alle Fate, per scoprire dove la fantasia dell’autrice riuscirà ancora a stupirci; infatti già nel primo libro si capisce benissimo che Evie non è una persona umana come crede di essere, ma una creatura del Vuoto. Mi auguro di capire meglio nel seguito la sua vera origine. Una lettura da consigliare, soprattutto in estate sotto l’ombrellone per rilassare la mente e far ridere il cuore e l’anima del lettore.

22


Per la seconda puntata di Naike Ror legge per voi, spulciando la classifica del Times, mi è stato impossibile non notare che a farla da padrone per settimane è stata la tanto discussa uscita del volume 4 della serie MILLENNIUM del passatoormaiamigliorvita Stieg Larsson. A questo punto, venuta a sapere che Giuliano Latini, anche lui collaboratore di Eclettica, era intenzionato a parlarvi di questo lavoro, abbiamo deciso di fare una doppia recensione. Vorrei specificare che, in quanto lettrice di stranieri, immaginate che l'abbia letto in inglese, ma non vi mentirò: Millenium 4 , ovvero Quello che non uccide, come i volumi passati, l'ho letto in italiano, ma, a rigor di logica, oltre che dirvi cosa penso su questo lavoro, vi dirò come è stata approcciata questa uscita postuma e attesissima in ambito internazionale. Ricapitolando, l'edizione in classifica New York times è la seguente ...

Titolo: The girl in the spider's web (Serie Millennium volume 4) Autore: David Lagercrantz Genere: Thrillers/Suspance Posizione Classifica N.Y. Times (13-27 settembre): # 1 Prima di approcciarmi al libro ho dato uno sguardo ai pareri e alle recensioni su vari blog d'oltreoceano e, a essere sincera, non ho capito molto dei loro giudizi. La quasi totalità era assolutamente altalenante e solo dopo avere letto il libro posso capire precisamente cosa intendevano. Leggere o non leggere un libro postumo, leggere o non leggere una della migliori operazioni commerciali degli ultimi vent'anni, leggere o non leggere di nuovo di Lisbeth e di Millennium? Bè alla fine l'ho letto quindi non posso che autodefinirmi LA UNA LETTRICE MEDIA che, alle operazioni commerciali, ci casca con tutte le scarpe (un mattoncino della villa di Erica James l'ho pagato io con le mie copie di 50 sfumature, Grey compreso). Parlando del libro, senza spoilerare, purtroppo, da amante della figura di Lisbeth (che alcuni definiscono alla stregua del mitico Hannibal Lecter di Thomas Harris) non posso che dire di essere stata troppo felice nel ritrovarla, anche se l'introduzione che Lee Child, sullo stesso Times,

23


paragona a uno spogliarello, per la sottoscritta ha ricordato una campagna simpatia-portami-via che non mi è piaciuta. I personaggi, a mio avviso, sono troppo autocelebrativi, si parla di loro come se stessimo parlando di miti della storia, di qualcosa di così ovvio che sembrano dogmi, ma nella realtà libresca, Lisbeth è una sociopatica, Mickeal un uomo troppo pieno di sè e questo, invece di renderli delle persone fuori dagli schemi, li rende paradossalmente ovvi. Nei primi libri di Larsson ci siamo affezionati a loro proprio perchè diversi, sporchi, duri, mentre adesso sembrano semplici, lucidi e per l'appunto giusti. Non saprei, forse le mie aspettative erano troppo alte, o forse li conosco troppo bene, il punto è che per chi ha amato la trilogia, criticarli sembra irrispettoso (e da qui la mia comprensione delle rewies americane) La storia, poi, inizia con una miriade di nuovi personaggi e, seppur l'autore sia bravissimo nelle descrizioni, in alcuni punti mi sono fermata per rileggere i riferimenti nei capitoli precedenti (sarà per via dei nomi nordeuropei, facili da leggere come un codice fiscale). Lo stesso devo dire sul setting della storia cioè il Web; termini troppo tecnici e, anche se necessari, una descrizione dei procedimenti non sarebbe stata sbagliata soprattutto all'inizio. Una volta tolti questi sassolini dalla scarpa, non posso dire di essermi pentita di avere letto questo lavoro. Se superiamo lo scoglio scetticismo (e ignoriamo le faccende eredità ed editing) ci troviamo davanti a un gran bel thriller con la giusta dose di suspance, con la descrizione meravigliosa, e per nulla fioriecuori, di due genitori alle prese con un figlio così geniale ma così lontano, ci sentiamo deboli davanti alle loro debolezze e alle loro manie e soprattutto siamo immersi nel fantastico mondo di una fantastica protagonista cioè, la sopracitata, Lisbeth (non è un caso se nella versione U.s.a. del paperback si riferiscono al libro con un A LISBETH SALANDER NOVELLe mi domando come mai non lo abbiano fatto in quella italiana.) Una critica feroce, però, non la risparmierò all'edizione italiana; non posso che non infervorarmi sulla qualità prezzo/traduzione/editing... 14 euro di ebook e come minimo mi aspetto un uso della punteggiatura migliore del mio (che per la cronaca viaggia sullo scadente). Ai posteri, anyway, l'ardua web-sentenza... A cura di Naike Ror

24


Il gabinetto del Dottor Lamberti Quello che non ti uccide A cura di Giuliano Latini Devo essere sincero, dopo la fine di «La regina dei castelli di carta» ero triste. A Lisbeth Salander: ormai libera dalle intromissioni dello stato, dai complotti della sezione, dalle manipolazioni del dottor Teleborian e dall'ingombrante e mefitica figura paterna; pensavo con la nostalgia d'un commilitone con cui si condivisero avventure irruente in un età acerba, mentre la maturità ci divise, portandoci su strade diverse. Ho seguito con interesse le notizie riportate dai media italiani sulla vicende giudiziarie che contrapposero, dopo la morte di Stieg Larsson, la sua compagna di vita e i suoi eredi naturali (il padre ed il fratello) per l'eredita economica e spirituale. Battaglia durante la quale, mimando le avventure di Blomkvist e Salander, l'oggetto principale del contendere è l'ipotetica bozza di un quarto libro dove continua la saga progettata da Larsson in 10 libri, prima che un attacco cardiaco gli rubasse la possibilità di assaporare il successo. Le battaglie legali richiedono anni, noi italiani siamo ben assuefatti a questo stato di cose. Così non mi sorprese la notizia di una IV storia della saga, dopo la trasposizione delle prime tre in altrettanti film, compreso un re-boot a stelle&strisce di scarso successo. Prenotata con un paio di mesi d'anticipo l'edizione elettronica, eccola apparire una sera sul mio kindle. Purtroppo è un martedì; sono costretto a lasciar decantare «Quello che non ti uccide» fino al week-end successivo, divorandolo poi voracemente. Gradevole, ben strutturato, con: una Lisbeth più Terminator rispetto «la ragazza che giocava col fuoco», Blomkvist stanco e saggio per l'età, Millennium sull'orlo del precipizio e una caccia aperta allo scoop per salvare la baracca. Nella narrazione la vera new-entry è Camilla. Dopo la morte di Zalachenko ad opera del vecchio reclutatore, l'unico familiare rimasto a Lisbeth era la fantomatica sorella Camilla, con cui la madre confonde Lisbeth in una delle sue ultime visite, prima della morte in «Uomini che odiano le donne». In «Quello che non ti uccide» la conosciamo, insieme alle sue peculiarità. Camilla è la sorella gemella di Lisbeth, ma non potrebbero essere più differenti anche nascendo da madri diverse. Camilla è il doppelgänger di Lisbeth. Quanto Lisbeth è di aspetto banale ed ordinario tanto Camilla risplende d'una bellezza tale da non lasciare traccia nella memoria, quasi fosse un'archetipo. Tanto Camilla è subdola e manipolatrice, quanto Lisbeth è diretta ed inflessibile. Tanto Lisbeth mal sopporta soprusi e violenze, quanto Camilla è sadica e votata al male. Il baratro che divide le due sorelle è così profondo da arrivare a Lucifero, mentre l'odio che le divora ossessionandole potrà trovare pace solo con la morte di entrambe. Come nella migliore tradizione dei fumetti: il protagonista e la sua nemesi non smetteranno di lottare fino alla morte. Più la narrazione avanza, più conosciamo Camilla, più questo ci mostra aspetti sconosciuti di Lisbeth. La nascita della sua ossessione per computer ed informazioni nascoste, il suo nick in rete, il suo

25


disprezzo per istituzioni e gerarchie, scolastiche e non. Wasp non si fermerà finché: la Spider Society non sarà distrutta e il suo capo Thanos con la sua amante Morte non saranno messi in condizione di non nuocere. Su questa ribalta di teatro shakespeariano la storia e l'odio delle due sorelle Zalachenko sono comprimari al vero fulcro e protagonista della storia: un bambino autistico dalla sorprendente propensione per numeri ed enigmi matematici, figlio di un genio informatico. Lisbeth e Camilla si batteranno. La prima per salvare il figlio del suo amico e distruggere l'abietto commercio mondiale di informazioni e segreti industriali che un gruppo deviato dei servizi americani fa' da quando il capitalismo selvaggio ha preso il posto dell'etica. La seconda per proteggere un forte socio e committente del suo amato Thanos, insabbiando la verità sotto un grosso cumulo di cadaveri. Di tutto questo Mikael Blomkvist sarà un testimone. Avrà lo scoop, salvando Millennium con la sua Wikileaks. Sarà aiutato da un collerico texano: infastidito da una scorribanda di Wasp nei suoi sistemi ed estremamente irritato da quanto i suoi capi hanno fatto sotto il suo naso. Malefatte svelategli da Lisbeth, così da trasformare un nemico nel suo miglior alleato. «Quello che non ti uccide» mi è sembrato fedele ai suoi predecessori, sia nell'evoluzione dei personaggi che nel proseguo filologico delle trame lasciate aperte al termine de «La regina dei castelli di carta». È palese nel testo l'impronta di una mano diversa che ha “riempito i vuoti” e “ricucito gli strappi” sul canovaccio che la prematura morte di Stieg Larsson ha lasciato. Sono perturbazioni nella trama generale che scompaiono, osservando appieno il disegno fatto dalla narrazione. Concludo con la segreta speranza che sia breve il tempo necessario per sapere se Camilla, accomiatandosi da Lisbeth, manterrà la promessa fatta: «...questa mano l'hai vinta, ma non è finita qui!» e quando Wasp incontrerà, per la battaglia finale, la Spider Society.

Il libro: Quello che non uccide Autore: David Lagercrantz Anno di Pubblicazione: 27 agosto 2015 Editore: Marsilio Prezzo: 13,99€/18,70€

Un genio informatico tradito e paranoico, un’intelligenza artificiale scomparsa, un bambino in pericolo. Questi gli ingredienti che David Lagercrantz eredita da Stieg Larsson insieme agli eroi che ben conosciamo: Lisbeth Salander e Mikael Blomkvist. Eredità coltivata per far continuare la saga di Millennium ed arricchita dall’arrivo di Camilla, nemesi e sorella di Lisbeth, di cui scopriremo l’infanzia e la radice del loro odio. Scorre veloce la narrazione della IV avventura di Millennium, tra: colpi di scena, servizi segreti deviati, Information Technology avanzata, ex dei corpi speciali e System Administrator texani dell’NSA. In questo Maelstrom, Millennium corre il rischio di passare dalle inchieste sul malaffare politico o economico agli articoli su gossip, fashion e moda e Mikael Blomkvist cerca uno scoop per salvare la rivista e lasciarsi alle spalle l’immagine da dinosauro che “premurosi” colleghi gli hanno dipinto addosso.

26


VOCI DAL PASSATO

Che cosa spinge un autore a cimentarsi nel romanzo storico?

Che cosa ha spinto me a narrare la storia? A cura di Pino Campo, autore de "Il tribuno pretoriano" Mi ero sempre chiesto quali fossero i motivi che spingono gli autori – e ora anche quelli che hanno spinto me, a farlo in prima persona – a scrivere di storia e, per di più, attraverso la narrativa e lo strumento del romanzo storico. Le risposte – direi che sia meglio parlare al plurale – sono molteplici; in primis metterei la necessità di raccontare qualcosa di realmente accaduto in epoca antica, ma usando un linguaggio accessibile ai più, sfruttando la possibilità di poter spaziare con la fantasia fra realtà storica e fatti da inventare, perché facciano da collante fra i vari eventi. Per raggiungere lo scopo però, bisogna aggiungere altri ingredienti che servano a rendere verosimile le vicende da narrare. Fra questi, uno dei compiti più impegnativi, è l’invenzione dei personaggi di fantasia e la descrizione di quelli reali, la loro caratterizzazione e che siano confacenti all’economia del romanzo. Altri, non meno importanti, sono l’esposizione dei luoghi e degli ambienti in cui si svolgono le scene e la giusta cronologia degli avvenimenti storici all’interno del quale quei personaggi prenderanno vita, si muoveranno e lasceranno la propria impronta, per rendere più che credibili l’intreccio e la trama. In definitiva ci sono due tipi di soddisfazione nello scrivere un romanzo di ambientazione storica. La prima consiste nel disegnare la storia in nuovi modi, colorando gli avvenimenti con l’aggiunta di particolari, intrecci e tratteggiandone gli ambienti. La seconda sta nel riuscire a trasportare il lettore in un epoca remota, qualunque epoca, prospettandogli uno straordinario viaggio con la fantasia, che ricorderà a lungo. Nulla di più appagante dunque di veder le pagine piene di lettere che si adattano ai gusti e ai capricci dell’autore, animarsi a ogni parola aggiunta, e che allo sfogliare rispondono rivelando un segreto a ogni capoverso o, al massimo a ogni capitolo, rispondendo a qualsiasi domanda che il lettore si è posto qualche rigo prima. Nulla di più bello se non l’aver rispolverato un pezzo della nostra storia in cui si parla delle gesta di coloro che sono vissuti prima di noi, che non hanno lesinato il sacrificio della vita,per costruire il mondo così come noi lo conosciamo. Imparando la storia per primo, l’autore cerca di trasmetterne l’essenza al lettore tramite il romanzo perché il narrare presuppone un lungo e profondo lavoro di studio e ricerca delle fonti cui appoggiarsi, cui far da riferimento durante tutta la stesura, e un continuo consulto di appunti e di cartine. Il fine, ma non l’unico e nemmeno l’ultimo, è quello di condurre per mano il lettore nelle pieghe della storia, in quel dato frammento storico particolare, con l’unica intenzione di fargli rivivere le situazioni, il modo di pensare degliindividuideltempoelavitastessa,propridiqueldatofrangente.Saperconciliaretuttiquestielementi rappresenta la difficoltà maggiore per un autore di romanzi legati alla Storia. Riuscire a mantenere la stabilità fra tutti gli ingredienti. Il rischio è l’esporsi alle critiche di chi leggerà, se non avrà saputo dosare gli approfondimenti e la precisione dei dettagli. La domanda a questo punto nasce spontanea: ma se bisogna raccontare la Storia, conviene farlo in modo preciso o alleggerire il racconto al massimo? Sia un eccesso che l’altro daranno fastidio al lettore? La risposta, chiaramente, non è delle più facili, ma proviamo a darne qualcuna. Il mio pensiero, leggendo i miei romanzi preferiti, è che bisogna evitare qualunque descrizione superflua, anche dello stato d’animo dei protagonisti e lasciare che il lettore si faccia una propria personale idea e che faccia volare la propria fantasia. Bisogna insomma lasciare al lettore una propria autonomia (sapendo già che sarà sistematicamente smentito nel corso della lettura da colpi di scena imprevedibili) immedesimandosi sia nei personaggi che con lo stesso scrittore… 27


Se volete contattare uno di noi ecco dove potete trovarci. Di seguito una lista con tutti i link di nostri siti\blog\pagine facebook. PAGINA FACEBOOK ECLETTICA: https://www.facebook.com/Ecletticalavocedeiblogger CHIACCHIERANDO CON…, Giovanna Samanda Ricchiuti https://www.facebook.com/unlettoreungransognatore http://www.lettoreungransognatore.it/ MILLE SFUMATURE DI ROSA CONTEMPORANEO, Fabiana Andreozzi https://www.facebook.com/FabianaAndreozzieVanessaVescera http://labottegadeilibriincantati.blogspot.it/ SCORCI DAL MONDO INCANTATO/MEMORIE DI VIAGGIO, Francesca Ghiribelli https://www.facebook.com/pages/Unaltalena-di-emozioni-Poesie-e-Scritti-diFrancesca-Ghiribelli/347912155230501 www.francescaghiribelli.blogspot.it DALLA CARTA ALLA PELLICOLA, Daniela Mionetto https://www.facebook.com/Appuntidiunalettriceblog http://appuntidiunalettrice.blogspot.it/ LIBRI VINTAGE, Laura C. Benedetti https://www.facebook.com/pages/Laura---Caterina--Benedetti/397863926952672 L’ANGOLO DEGLI EMERGENTI\ESORDIENTI, Lidia Ottelli http://ilrumoredeilibri.blogspot.it/ https://www.facebook.com/ilrumoredeilibri1 AVVENTURE DA PALCOSCENICO, Valeria Vite http://centauraumanista.wordpress.com/ https://www.facebook.com/acquaelimoneblog THE HORROR, THE HORROR! Loredana Gasparri https://www.facebook.com/IlBlogDelFuroreDAverLibri http://delfurorediaverlibri.blogspot.it ARTEGGIAMENTI, Cristina Malvezzi https://www.facebook.com/AthenaeNoctua http://athenaenoctua2013.blogspot.it/ LA BACHECA DELLO SCRIBACCHINO, APPUNTI E SPUNTI, Mary Chioatto https://www.facebook.com/pages/La---pagina---dello---Scrittore/123328021057635?fref=ts

VOCI DAL PASSATO, Pino Campo https://www.facebook.com/pino.campo.3 PIZZE&MATTONI, Grazia Maria Francese www.facebook.com/Roh.saehlo?ref=bookmarks

28


LE PENNE DELLA STORIA, Stefania Bernardo http://stefaniabernardo.blogspot.it/ DISCOVER THE COVER, Paola Catozza http://bookswhatelse-it.blogspot.it/ http://paolcatoz.wix.com/catozzapaola https://www.facebook.com/paolacatozzadigitalart https://www.facebook.com/pages/Books-what-else-/712410285521729?fref=ts LA LIBRERIA DI L. CASSIE, L. Cassie http://lcassie.blogspot.it/ https://www.facebook.com/L-Cassie-Autrice-432760796905397/ https://www.facebook.com/groups/436544756504896/?fref=ts

Eclettica-La voce dei blogger non rappresenta una testata giornalistica, in quanto viene aggiornata senza nessuna periodicità. Pertanto, non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della Legge n. 62 del 7.03.2001. Tutti gli articoli riportati sono di proprietà di Eclettica e dei rispettivi autori. È vietato copiare parti o articoli interi senza citare Eclettica e chi ha scritto l’articolo. È vietato, inoltre, l’utilizzo per fini commerciali. Alcune immagini sono prese da internet; pertanto, se qualcuno reclama il loro copyright, saranno eliminate da Eclettica.

29


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.