Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Analisi dei risultati dell’indagine “Who RU? Rigeneratore Urbano Cercasi”
Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione Analisi dei risultati dell’indagine “Who RU? Rigeneratore Urbano Cercasi”
Gaia Biccheri Elisa Canfora Ilaria Cottu Giulia Crotti Caterina Debidda Giorgia Di Cintio Federica Ferlante Sarah Ndjo Fernandes Giulia Garbarini Marika Moscatelli Alessandra Purita Laura Sinagra Brisca
La comunità del master
Nota editoriale In questa pubblicazione si è scelto di adottare lo schwa per il singolare (ə) e lo schwa lunga per il plurale (з), escluso il caso in cui ci si riferisca alle autrici del presente contributo. Attraverso l’uso di questi suoni vocalici neutri, vogliamo favorire un linguaggio inclusivo, che dia piena libertà di espressione anche alle persone che non si identificano in uno dei due generi binari. Ciò non vuol dire procedere verso un genere neutro, ma accogliere anche nel linguaggio la diversità, in maniera non escludente e/o gerarchizzata e/o sessista. Riteniamo che questo possa essere un importante passo da compiere, in linea con il dibattito contemporaneo, verso un rinnovato valore dato alla lingua. Autorevoli studi in ambito sociolinguistico mettono infatti in evidenza la capacità del linguaggio di dare forma al pensiero, e di conseguenza al nostro modo di agire. Questa scelta vuole essere lo specchio di un’innovazione sociale necessaria, dunque non solo linguistica, che possa riflettersi in un modo di vivere insieme in città più eque ed inclusive.
Indice
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10
47
Dove opera RU?
49
Dimensione territoriale
Dal Master U-Rise al libro “Who RU”: comprendere e costruire le competenze del Rigeneratore urbano di Adriano Cancellieri e Lucio Rubini
52
Luoghi e ambiti territoriali in cui opera RU
Introduzione
55
Perché essere RU?
58
Come ti sei avvicinatə alla rigenerazione urbana?
64
In che modo la pandemia sta impattando sul tuo lavoro nella rigenerazione urbana?
Capitolo 1
13
Capitolo 5
Come nasce la ricerca?
L’importanza del contesto
Capitolo 6
Vocazione, passione o necessità?
Capitolo 2
17
Design e metodologia della ricerca
18
Design, governance e diffusione dell’indagine
21
Analisi ed elaborazione dati
Capitolo 7
67
Come? In che modo?
68
Una cassetta degli attrezzi condivisa e sperimentale
Capitolo 3
70
Le competenze di RU: verso una definizione transdisciplinare
Alla scoperta di un profilo non ancora riconosciuto
77
L’ecosistema della rigenerazione urbana: storie ibride e condivise
23
Chi è RU?
24
Caratteristiche socio-demografiche
28
RU ha molte facce/identità Capitolo 4
33
Cosa fa RU?
37
RU collabora, media, facilita per abilitare
41
RU rigenera beni comuni, opera per favorire sviluppo locale
43
RU ridisegna città delle prossimità: riusa e rigenera lo spazio
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RU va oltre: opera tra arte, cultura ed ecologia
Ambiti e approcci rigenerativi
Tools e Skills del “mestiere”
Capitolo 8
81
Rigenerare il futuro
89
Riferimenti
90
Bibliografia
94
Sitografia
95
Ringraziamenti
Dal Master U-Rise al libro “Who RU”: comprendere e costruire le competenze del Rigeneratore urbano di Adriano Cancellieri e Lucio Rubini
È un piacere introdurre questo progetto che abbiamo visto nascere e poi crescere dentro il percorso didattico del Master U-Rise “Rigenerazione Urbana e Innovazione Sociale” dell’Università Iuav di Venezia che coordiniamo da ormai sei anni. Il Master U-Rise propone di costruire una comunità riflessiva e interdisciplinare di architetti, urbanisti, sociologi, antropologi, esperti di comunicazione (solo per citare i profili più numerosi) per affermare un nuovo modo di vedere e di fare città: generativo, abilitante e che parta dal coinvolgimento e dall’attivazione dei cittadini e delle loro potenzialità. Il progetto “Who RU?” è nato proprio all’interno di un modulo didattico sperimentale del Master dal titolo “L’ecosistema delle competenze”. Il modulo aveva l’obiettivo di dare voce ai professionisti della rigenerazione urbana per ricostruire i loro percorsi professionali, le competenze richieste e messe in gioco, le loro vocazioni, le loro biografie. Da questa scintilla ha preso forma gradualmente e in modo sorprendente il lavoro che presentiamo. Le studentesse (in quell’anno erano 19 femmine e un maschio) hanno infatti accolto con interesse questo nostro stimolo e hanno deciso di rilanciarlo sino a dar vita ad un percorso di ricerca collaborativa volta proprio a riflettere sulla nascente figura del rigeneratore urbano. E lo hanno fatto nel momento più difficile di quest’ultimo periodo, cioè nei mesi della prima fase della pandemia, quando la didattica del Master (e di tutto il resto) si è prima bloccata e poi spostata interamente on-line. Riuscendo, così, a trasformare i limiti improvvisamente imposti dall’emergenza pandemica in occasione per rafforzare un gruppo e per lanciarsi in un percorso di approfondimento e apprendimento multidisciplinare, collaborativo e incrementale. Per un Master che spinge sempre ad essere proattivi e collaborativi è stato davvero un gran risultato. Negli anni abbiamo, infatti, sempre
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Prefazione
cercato di costruire classi altamente riflessive e che lavorassero in modo cooperativo e appassionato e quindi abbiamo accolto e supportato con piacere quest’iniziativa. Se coraggioso è stato lo slancio iniziale, ancor più sorprendente e significativa è stata la tenacia nel portare avanti il progetto che da intuizione è diventato ricerca, poi una tesi di master collettiva e una serie di presentazioni pubbliche e infine questo libro. Seguire questo lavoro ci ha quindi appassionato, osservando e supportando non tanto e non solo il lavoro di ricerca, ma quanto la costruzione di un gruppo di lavoro robusto, competente, motivato a portare a termine un percorso di formazione. Un lavoro che è servito, tra le altre cose, a chiamare a raccolta – tramite una ricerca – delle persone che alle diverse latitudini di questo Paese si riconoscono nella dimensione valoriale della professione del rigeneratore urbano tramite innovazione sociale. Due parole ancora sull’oggetto del libro: in un campo quello della rigenerazione urbana e innovazione sociale dove si moltiplicano le narrazioni e sono più carenti le riflessioni, le autrici del libro hanno scelto di interrogare i protagonisti di questi processi e di esplorare nodi, sfide e percorsi quotidiani del “rigeneratore urbano”. Lo hanno fatto oscillando tra l’analisi del chi è e cosa fa il rigeneratore urbano, a quella del chi dovrebbe essere e cosa dovrebbe fare. Da un lato questo lavoro aiuta la comprensione di questa nuova poliedrica figura che si sta affermando, dall’altro ci invita a dare maggior riconoscimento e a promuovere percorsi di rigenerazione urbana che sappiano mettere al centro profili di questo tipo. Profili altamente riflessivi ma orientati costantemente al fare pratico e innovativo; profili che vedono un forte protagonismo giovanile e femminile; profili spesso con esperienze internazionali e allo stesso tempo con la volontà di valorizzare le proprie competenze in Italia e, in particolare, nei propri territori di affezione; profili appassionati e predisposti al lavoro collaborativo, all’ascolto e alla costruzione di relazioni.
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Introduzione
Il XXI secolo pone sfide socio-economiche, ecologiche e urbane a cui trovare risposta. Mentre la popolazione mondiale continua ad addensarsi negli insediamenti urbani, l’emergenza pandemica ha palesato l’esigenza di invertire la rotta e dare soluzioni alle molteplici e interconnesse crisi che stanno investendo ogni ambito della vita urbana e rurale, a scala locale e globale. Se da un lato ha acuito processi di segregazione urbana e l’inasprirsi delle diseguaglianze – conseguenza della iniqua distribuzione socio-spaziale di accesso a beni, servizi e risorse – dall’altro ha prodotto un balzo in avanti verso relazioni sempre più intermediate aprendo alle potenzialità offerte dall’innovazione digitale e al contempo evidenziandone le criticità. Si può dire che l'emergenza pandemica abbia reso ancora più impellente offrire modalità eque e giuste di ri-abitare le città in forme capaci di dar voce a chi si trova in condizioni di marginalità ed esclusione. Dal punto di vista socio-culturale, le politiche urbane talvolta contribuiscono ad una discriminazione territoriale nei confronti dei soggetti vulnerabili, spesso confinati in zone periferiche e ad alta densità abitativa, in contesti escludenti e ghettizzanti. Limitando l’accessibilità a beni e servizi, nonché la possibilità di partecipare alla vita della città, vengono incrementate le disparità esistenti, privando gli individui dei loro diritti di cittadinanza. Tutto ciò impone di riflettere su come ridisegnare, in maniera collaborativa, città adattive, capaci di contrastare la crisi e di generare un impatto sociale ed ecologico positivo, tanto nei contesti urbani quanto in quelli rurali. Con questa consapevolezza prende avvio “Who RU? Rigeneratore urbano cercasi”, i cui risultati sono l’oggetto del presente report esito di un lavoro di ricerca sperimentale condotto dal gruppo classe della V edizione del Master U-Rise in Rigenerazione Urbana e Innovazione Sociale dell’Università Iuav di Venezia. L’obiettivo è quello di comprendere le caratteristiche e l’operato di una figura emergente, capace di immaginare e co-disegnare città del futuro eque, inclusive, sostenibili e resilienti attraverso il coinvolgimento attivo della cittadinanza. Ciò avviene mediante la sperimentazione condivisa di nuove forme di abitare urbano che promuovono il benessere
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Introduzione
collettivo, grazie ad un uso responsabile delle risorse, a vantaggio delle generazioni presenti e future, umane e non umane. Rispondere alla domanda “Who RU?”, un gioco di parole che dall’abbreviazione della domanda “Who are you?”, ovvero “Chi sei tu?”, intende chiedere “Chi è RU*?”, ha rappresentato il primo passo per metterci in gioco rispetto alle grandi sfide attuali e future. Ad oggi sentiamo il bisogno di contribuire alla costruzione di un immaginario condiviso, utile alla legittimazione della professione di RU, senza darne una definizione statica e lasciando spazio alle sperimentazioni e alle specificità delle esperienze. L’intento è quello di stimolare il dibattito pubblico attorno al profilo di RU, come una figura che, cooperando con altre, è in grado di accogliere la complessità e le interconnessioni dei cambiamenti in atto nei contesti urbani – e non solo – e di produrre un impatto positivo nei territori in cui opera. In questa prospettiva, la presente pubblicazione prende il titolo di “Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione” poiché tenta di delineare, da punti di vista differenti, il profilo di RU e le azioni che compie nei diversi contesti a partire dall’interpretazione dei dati raccolti attraverso l’indagine quali-quantitativa e la loro declinazione nelle 5W (iniziali di Who, What, Where, When, Why). Questo metodo, mutuato dallo stile giornalistico anglosassone, permette di orientare la lettura dei contenuti, consentendo di spaziare da un argomento all’altro in base allo specifico interesse per le tematiche trattate, strutturate come segue. Il primo capitolo si apre con la narrazione del percorso intrapreso dalla classe 2020 del Master U-Rise, tracciando le motivazioni che dapprima hanno condotto il gruppo alla scelta di iscriversi al Corso di Alta Formazione e, successivamente, di intraprendere una ricerca (condotta interamente da remoto) allo scopo di analizzare le caratteristiche di questa figura ibrida. Il secondo capitolo descrive il design adottato per definire l’architettura della ricerca e la metodologia che si è scelto di adoperare per la raccolta e la conseguente elaborazione dei dati. Il terzo capitolo avvia la descrizione effettiva delle 5W. Esso mira a rispondere alla domanda “Who/Chi” offrendo una panoramica sulle caratteristiche socio-demografiche del campione intercettato e la loro contestualizzazione rispetto alle dinamiche nazionali attuali, relative agli squilibri territoriali e occupazionali. Inoltre, l’attenzione si focalizza *
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RU è l’acronimo che indica Rigeneratrice/tore Urbana/o
Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
sul profilo formativo, l’occupazione e i ruoli ricoperti nel settore della rigenerazione urbana con l’intento di restituire la poliedricità della figura di RU. A seguire, nel quarto capitolo, si tenta di rispondere alla domanda “What/Che cosa”, partendo dalla definizione di rigenerazione urbana per risalire alle azioni e agli ambiti d’intervento maggiormente rappresentativi dell’operato di RU. Il quinto capitolo indaga la dimensione spaziale, rispondendo alla domanda “Where/Dove”, nella quale RU si relaziona, promuovendo la prossimità e la scala di quartiere come unità minima per produrre impatti sociali ed ecologici duraturi e sostenibili perché costruiti con le comunità. Gli ultimi capitoli entrano nel merito delle motivazioni, in termini di mission e vision, che inducono diversi soggetti a riconoscersi RU (professionalmente e non), ripercorrendo le modalità con cui entrano in contatto con soggetti e territori. In particolare, il sesto capitolo esplora la domanda “Why/Perché” attraverso l’interpretazione delle risposte qualitative offerte allo scopo di tratteggiare i percorsi, evidenziare le urgenze e le volontà interconnesse con l’impegno civico, politico e professionale di coloro che operano nel campo della rigenerazione urbana. Il settimo ed ultimo capitolo, in cui si affronta la domanda “How/ Come”, porta alla luce le potenzialità dei diversi strumenti utilizzati e le competenze soft e hard che RU mette in campo. Quest’ultime vengono messe in relazione con la concreta capacità del profilo di costituire team multidisciplinari e declinare percorsi flessibili di ricerca-azione per gestire, in chiave collaborativa ed inclusiva, processi complessi di rigenerazione urbana in sinergia tra settore pubblico e privato. Le considerazioni finali si pongono come delle riflessioni aperte, degli spunti e interrogativi circa il ruolo di questa nuova figura professionale nella costruzione delle città del futuro. Senza la pretesa di rispondere alle sfide della nostra epoca ma con l’ambizione di contribuire al dibattito, il libro “Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione” offre una prospettiva da cui procedere per ragionare sulle molteplici potenzialità e criticità sia del profilo sia dell’interpretazione che si ha della disciplina, aprendo a nuove piste di ricerca.
Capitolo 1
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Introduzione
Come nasce la ricerca?
Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Background La ricerca “Who RU? Rigeneratore Urbano Cercasi” affonda le proprie radici nei percorsi personali, civici e politici, ma soprattutto formativi e professionali di ciascuna studentessa iscritta alla V edizione del Master U-Rise dell’Università Iuav di Venezia che dal 2015 si occupa di Rigenerazione Urbana e Innovazione Sociale. Una classe, composta da 19 femmine e 1 maschio, ha scelto in epoca pre-covid di perseguire i propri interessi e assecondare la propria vocazione individuale e professionale, intuendo che rigenerazione urbana e innovazione sociale fossero già argomenti necessari e imprescindibili per immaginare, disegnare e progettare il futuro di luoghi, spazi e contesti territoriali.
Transdisciplinarietà La classe U-Rise 2020, composta da allievз afferenti a percorsi formativi molto diversi tra loro (Architettura, Urbanistica, Giurisprudenza, Scienze politiche, Geografia, Antropologia, Marketing territoriale, Comunicazione visiva, Scienze dell’Educazione), ha scelto di specializzarsi con l’ambizione di acquisire metodi e competenze utili a co-progettare e innescare processi di rigenerazione urbana. L’approccio transdisciplinare, che ha caratterizzato fin dall’inizio il percorso di Master, ha portato a chiederci come essere noi stesse professioniste del settore.
(2018), così “come le piante navigano intorno al mondo, come portano la vita su isole sterili, come sono state in grado di crescere in luoghi inaccessibili e inospitali, come riescono a viaggiare attraverso il tempo”, l’evoluzione di “Who RU?” si è basata su un processo incrementale, di continua trasformazione, reindirizzamento e mutuo apprendimento.
Obiettivo della ricerca ed ecosistema di riferimento Abbiamo osservato che i processi di rigenerazione urbana vedono in azione profili professionali diversi, che si muovono in contesti urbani sempre più complessi e incerti, e mettono in campo competenze atte ad innescare processi trasformativi dalla valenza ambientale, socioeconomica e culturale. Tuttavia, quale impatto può avere una figura professionale il cui ruolo in tali processi non è ancora codificato? “Who RU? Rigeneratore Urbano Cercasi” nasce dunque, dalla volontà di definire, senza irrigidire, l’operato di una vasta platea di soggetti, le cui prospettive sono quelle di essere riconosciuti formalmente in un ruolo professionale in cui già si identificano. L’indagine, condotta tra novembre e dicembre 2020 dalla classe, ha coinvolto 500 operatrici e operatori di settore, analizzandone percorsi formativi, profili professionali, territori e ambiti di intervento. La panoramica emersa fornisce una chiave di lettura dell’ecosistema della rigenerazione urbana, attraverso un racconto corale di persone a cui “Who RU?” ha voluto dare voce, per contribuire al dibattito nazionale verso il riconoscimento professionale di questa figura.
“Comunità di apprendimento” plurale, sinergica, antifragile Il nostro percorso formativo è stato dapprima interrotto e poi stravolto, nelle forme e modalità, dalla crisi sanitaria. La pandemia ha condizionato non solo l’andamento dei nostri studi, ma ci ha letteralmente sospese e spinte verso una resilienza inaspettata, che ci ha portato a sperimentare forme e modalità di collaborazione sinergica propedeutiche alla didattica e, successivamente, al percorso collettivo di ricerca, alimentando il desiderio di collaborare, di apprendere, di fare comunità e di migliorarsi. In tale contesto, anche se solo attraverso un ambiente digitale, di per sé asettico, abbiamo ritrovato nuovo vigore e nuove prospettive di ragionamento e visione collettiva. Il gruppo di colleghe di studio si è evoluto in una vera e propria comunità di apprendimento che ha continuato ad alimentare quello scambio costante di idee, opinioni e punti di vista. Citando Stefano Mancuso
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Come nasce la ricerca?
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Capitolo 2
Design e metodologia della ricerca
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Design, governance e diffusione dell’indagine
La presente pubblicazione è l’esito di un incessante labor limae, di un costante confronto e scambio di riflessioni tra studentesse e classe docente. In quanto lavoro collettivo, “Who RU? Rigeneratore urbano cercasi” ha richiesto un’organizzazione e una gestione attraverso l’utilizzo di un metodo condiviso, al fine di lavorare e collaborare a distanza in maniera sinergica. Il modello di governance interna, quindi, è stato co-ideato da tutte le componenti della classe attraverso l’attribuzione di ruoli e responsabilità, individuali e collettive. Lo strumento di indagine scelto per rispondere alla vision del gruppo classe è stato il questionario poiché ritenuto il più adatto per raggiungere un pubblico ampio e variegato, che non compren-desse esclusivamente professionisti, ma che includesse anche i cosiddetti city makers vicini al tema per passione e/o per impegno civico. Per poter ricostruire la varietà delle riflessioni attorno alla rigenerazione urbana, ma anche permettere di coglierne le sfumature, è stato scelto un approccio metodologico quali-quantitativo attraverso l’utilizzo di un questionario semi-strutturato, costituito da domande a risposta chiusa e aperta. A questo proposito, si è optato per una modalità di indagine del pubblico in digitale, per favorire l’accesso e la diffusione attraverso le piattaforme social e mediante il coinvolgimento di due media partners di settore, cheFare e Italia Che Cambia, i quali hanno progressivamente accompagnato l’evoluzione della ricerca. Come già esplicitato (Cap. 1), la domanda di ricerca prevedeva un focus su quella parte di popolazione che fa della rigenerazione urbana la propria professione, rappresentanti perciò di un sottoinsieme del vasto e vario ecosistema nazionale. Per cogliere ciò è stato strutturato un sistema di indagine “ad imbuto”, organizzando il questionario in quattro somministrazioni (Fig. 2). Questa scelta è stata fatta sia per non rischiare di rendere troppo lunga e pesante la compilazione, sia per riuscire a rispondere alla duplice domanda di ricerca. Infatti, articolando la somministrazione in quattro fasi progressive, è stato possibile rivolgersi ad un pubblico via via più ristretto (professionistз) senza perdere un orizzonte più ampio (ecosistema).
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Design e metodologia della ricerca
1: Organigramma classe U-Rise 2020 1
2
3
Metodologia
Comunicazione
Networking
Gruppo di lavoro 1
Gruppo di lavoro 2
Gruppo di lavoro 3
Plenaria
2: La struttura “ad imbuto” dello strumento di indagine z Somministrazione 1 – City Makers z Somministrazione 2 z Somministrazione 3 z Somministrazione 4 – Professionisti
La partecipazione alle varie somministrazioni è stata libera e aperta, ma per garantire la riduzione naturale del campione sono state inserite, al termine dei primi due questionari, delle “domande filtro” con lo scopo di agganciare il target professionale, permettendo così nella successiva fase di analisi di poter estrapolare le risposte del pubblico specifico, garantendo comunque a tutta la platea la possibilità di rispondere. Nell’ottica di accrescere l’ingaggio, ogni somministrazione è stata costruita con una domanda iniziale iconografica, cosiddetta ice-breaker, allo scopo di “rompere il ghiaccio” e rendere più interattivo lo svolgimento di ciascun questionario. Si elencano di seguito: I somministrazione – RU e la rigenerazione urbana Si rivolge ad un pubblico quanto più ampio possibile, abbracciando i molteplici percorsi e profili di chi concretamente pratica la rigenerazione urbana con una prospettiva di innovazione sociale. Indaga i caratteri socio-demografici del campione: genere, età, profili professionali.
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
II somministrazione – Da dove viene RU? Approfondisce le possibili correlazioni tra territori, formazione, ambiti di intervento e approccio con cui si interpreta e pratica la rigenerazione urbana in tutta la penisola, cercando di far emergere le continuità o le discrasie rispetto alle occupazioni attuali. III somministrazione – Quali sono le competenze di RU? Rileva le competenze e abilità di cui RU dispone per gestire processi di rigenerazione urbana e innovazione sociale, esplicitando le capacità da coltivare per essere RU. IV somministrazione – Il mancato riconoscimento di RU Esplora gli aspetti professionalizzanti di RU e le sue prospettive future. Le domande indagano in maniera approfondita la frequenza con cui si sono svolti lavori retribuiti, in quali ambiti territoriali, per quali committenti e in quale forma.
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Design e metodologia della ricerca
Analisi ed elaborazione dati
La ricerca ha permesso di raccogliere le voci di 499 rispondenti. È doveroso qui specificare che la popolazione raggiunta non può essere considerata ai fini di inferenze statistiche, non essendo stato adottato un metodo campionario. Ciononostante, rappresenta un ricco bacino di dati e informazioni, abbastanza ampio per avanzare riflessioni in merito. Innanzitutto, bisogna tenere conto che la struttura in più fasi dell’indagine ha richiesto al pubblico intercettato una partecipazione costante nel tempo. Questo aspetto, in aggiunta alla struttura “ad imbuto” dei questionari, ha contribuito alla riduzione progressiva del campione. L’inserimento di “domande filtro” ha permesso di isolare, nella fase di interpretazione dei dati, coloro che si riconoscono nel profilo professionale di RU. Difatti, vi è stata una flessione del numero di partecipanti tra la prima e l’ultima somministrazione: più precisamente, 81 persone hanno risposto alla totalità delle somministrazioni, 36 persone si sono fermate alla terza somministrazione, 83 persone alla seconda e 299 alla prima. Dato che ogni somministrazione ha avuto un numero diverso di rispondenti, nell’elaborazione dei dati si è scelto di considerare come totale di riferimento il campione che avesse risposto in maniera continuativa alle varie somministrazioni, rispetto a ciascun specifico aspetto indagato. A tal proposito, le sostanziali variazioni del campione (come si vedrà tra parentesi nelle didascalie dei grafici di riferimento) sono dovute ai diversi incroci di sottocampioni ed elaborazioni dati che hanno permesso di approfondire l’oggetto d’indagine focalizzando l’attenzione su particolari argomenti, che verranno via via esplicitati nei seguenti capitoli. Inoltre, data la propensione degli individui a compilare basandosi sulla propria soggettività, i dati hanno richiesto un processo di normalizzazione. Attraverso la trasformazione in punti zeta e la loro distribuzione normale standardizzata è stato così possibile operare un confronto in modo che emergessero le variazioni dal valore medio attribuito alle differenti opzioni di risposta.
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Capitolo 3
Chi è RU? Alla scoperta di un profilo non ancora riconosciuto
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Caratteristiche socio-demografiche
3: Genere (n. 490) Femminile B
Maschile B
Who cares B
61,8%
Per rispondere alla domanda-guida “Chi è RU?” sono stati analizzati, dal punto di vista socio-demografico, i profili di chi ha preso parte alla ricerca “Who RU? Rigeneratore Urbano Cercasi”.
34,1%
4: Genere e macroaree (n. 179) Nord B
Questione di genere e protagonismo giovanile Guardando ai dati (Fig. 3), sembra chiara la prevalenza del genere femminile, che raggiunge il 61,8% del totale del campione, mentre solo il 34,1% si riconosce nel genere maschile. Inoltre, la scelta dell’opzione “who cares”, seppur al momento con una percentuale bassa di rispondenti (4,1%), dimostra segnali di attenzione verso le tematiche di genere. Per capire se e come il genere possa influire sulla distribuzione territoriale si è scelto di incrociare il suddetto dato con quello riguardante la provenienza geografica. I risultati (Fig. 4) non contraddicono il dato emerso in precedenza. Infatti, guardando alle tre macroaree geografiche del nostro Paese, nel campo della rigenerazione urbana sembra confermarsi una netta prevalenza di donne in tutti i territori. Analizzando i dati pervenuti inoltre (Fig. 5), risulta che RU − oltre a identificarsi prevalentemente nell’opzione di risposta “femminile” − sia tendenzialmente giovane. Infatti, più della metà del campione, il 68,4%, ha un’età inferiore a 40 anni (Fig. 5). Da ciò sorgono spontanei alcuni interrogativi: la rigenerazione urbana interessa solo ai/alle giovani? Oppure è un ambito che riguarda l’intera collettività ed è trainato principalmente da giovani che vi trovano spazi di protagonismo? È interessante comprendere se vi sia una distribuzione più o meno omogenea sul territorio di RU legata all’età (Fig. 6). Anche in questo caso, il dato iniziale si conferma una volta suddiviso nelle tre macroaree. La fascia di età under 40, infatti, è distribuita in maniera omogenea in tutto il Paese. Dunque, dai risultati emersi si riscontra che alla figura di RU possa corrispondere prevalentemente il profilo di una donna giovaneadulta che opera in tutte le regioni della Penisola. Giovani agenti del
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Chi è RU?
4,1%
Centro B
Sud e isole B
Femminile y 36,9%
11,7%
12,9%
22,9%
3,9%
7,8%
3,4%
0,5%
Maschile y Who cares y
5: Età del campione totale (n. 490)
5,3%
25,9%
23,1%
14,1%
11,6%
4,5%
4,1%
5,5%
5,9%
<24
25-29
30-34
35-39
40-44
45-49
50-54
55-59
>60
6: Età e macroaree (n. 179) 5%
25%
30%
14%
10%
4%
4%
5%
3%
< 24
25-29
30-34
35-39
40-44
45-49
50-54
55-59
>60
Nord y Centro y Sud e isole y
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
cambiamento, innovatorз sociali, professionistз ibridз che ambiscono a coniugare la responsabilità verso la società in cui vivono e verso il proprio territorio con la sostenibilità ambientale ed economica, integrando la politica e le azioni pubbliche attraverso pratiche e processi innovativi (Barbera, Parisi, 2019) come illustrato anche da Minervini (2015):
7: Qual è la città in cui sei natə? (n. 197) Estero: 4,1% 54,8%
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Chi è RU?
Estero: 4,8% 64,5%
13,2%
«Questo è un tempo propizio non per piangersi ma per provare. Osare. Sperimentare. Chiamiamola innovazione sostenibile e solidale. Significa mettersi a fare cose nuove con una certa visione di futuro in testa. [...] Ognuno si cerca la sua sfida eppure questa è una dimensione della sfida che riguarda tutti, un’intera generazione. Non si sfida solo se stessi, si sta sfidando il mondo a ripensarsi. A ricostruirsi su altre basi che non siano solo quelle del denaro e del profitto [...]».
Distribuzione territoriale Per una panoramica il più possibile completa del profilo di RU, dal punto di vista socio-demografico, si è ritenuto utile indagarne la provenienza. Analizzando il luogo di nascita di RU (Fig. 7), la percentuale di coloro che sono natз al Nord è prevalente rispetto alle/ai natз a Centro o al Sud e Isole, quella che prevale sul totale della platea di analisi, infatti rappresenta il 54,8%. Allo stesso tempo, coloro che dichiarano di risiedere in una regione del Nord Italia sono pari al 64,5% (Fig. 8). Questo dato così netto rispetto alle altre aree geografiche può in realtà essere il risultato di molte variabili. Come chiarito in precedenza, il campione intercettato dalla ricerca non ha valenza statistica, pur essendo in ogni caso variegato e trasversale. Appare, perciò, plausibile che “Who RU? Rigeneratore Urbano Cercasi” abbia coinvolto semplicemente più partecipanti natз o residenti nel Settentrione. Di converso, appare infatti poco credibile affermare che al Centro o nel Meridione non vi siano esperienze di rigenerazione urbana, o comunque contesti in cui sia possibile trovare RU all’opera; è preferibile sottolineare che vi sia uno sbilanciamento al Nord – specie in alcuni contesti territoriali – di queste pratiche. A tal riguardo, si è ritenuto utile incrociare i due dati precedenti – da dove proviene RU e dove abita – per capire se si sia trasferito o meno rispetto al luogo di origine e, ove possibile, tracciare una tendenza degli spostamenti di RU.
8: Qual è la regione in cui vivi? (n. 186)
14,5% 27,9%
16,1%
È possibile notare due tendenze: la metà del campione vive e lavora nella città o nella regione del Nord in cui è natз, un quarto continua a vivere in regioni del Sud o del Centro Italia, mentre il restante 25% ha effettuato trasferimenti, tendenzialmente verso il Settentrione. È utile evidenziare come la tendenza a spostarsi dalla regione di origine verso il Nord Italia, per ragioni di studio prima e per ragioni lavorative e professionali poi, è sicuramente un dato che pervade molti settori, non solo la rigenerazione urbana. Per quanto ci siano esempi che dimostrino il contrario, ossia esperienze di trasferimento da Nord a Sud, esse coinvolgono solo una nicchia del campione e possono essere definite sporadiche o legate a particolari circostanze di vita. I dati sui flussi migratori, analizzati da Bonifazi, dimostrano che la propensione ai trasferimenti, sulla rotta da Sud a Nord, ha una tendenza alla diminuzione pur continuando a persistere. Tuttavia, il ruolo di subalternità del Mezzogiorno, nell’interscambio migratorio nazionale – nonostante esistano delle policies, su diversi livelli, che cerchino di contrastare tale andamento – è rimasto inalterato, a causa del persistente differenziale economico che continua a determinare saldi negativi con il resto del Paese e perdite concentrate soprattutto nella prima parte dell’età lavorativa (Bonifazi, 2015).
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
RU ha molte facce/identità
Formazione [mi sono avvicinato alla rigenerazione urbana] Tramite gli studi e i miei interessi e passioni portati avanti in parallelo all’università. Durante il percorso di studi in design del prodotto e degli degli interni presso il Politecnico di Milano ho sempre cercato di deviare i miei progetti, studi, ricerche e tesi sulle tematiche di rigenerazione urbana e innovazione sociale declinandole in base all’ambito di progettazione che avrei dovuto affrontare. Purtroppo non é sempre facile frequentare l’università e cercare di integrare i propri interessi professionali con i corsi e portare avanti altre ricerche e altri discorsi che non hanno a che fare con le tematiche trattate direttamente dal proprio corso di studi. Architetto / urbanista (25-29 anni)
seminari e approfondimenti personali attraverso libri e riviste. Il dato interessante è che, spesso, chi ha preso parte alla ricerca afferma di aver frequentato più di un corso, a dimostrazione che chi è attivo in questo settore cerca di consolidare, diversificare e ampliare il più possibile le proprie competenze. Allo stesso tempo, questo dato potrebbe essere letto come un primo segnale della necessità di percorsi il più possibile sfaccettati, in grado di rispondere alle varie istanze provenienti dai luoghi e dalle comunità con cui si opera. Si potrebbe dire che RU senta l’urgenza di acquisire il più possibile strumenti teorici e pratici per affrontare le sfide globali e ritenga dunque necessario approfondire i propri studi. Inoltre, il fatto di possedere un così alto livello di formazione, unitamente alla scelta di proseguire con studi dedicati, potrebbe indicare che RU non sia solo un city user motivato da impegno civico, ma sia una figura sempre più in via di professionalizzazione, alla ricerca di strumenti specifici, oltre che di legittimazione.
Al fine di identificare chi sia RU, per rispondere alla domanda-guida del presente capitolo, risulta cruciale indagare la sua formazione (Fig. 9). Si rileva un campione altamente qualificato: la quasi totalità di coloro che hanno partecipato al questionario dichiara di possedere un titolo di laurea o una qualifica di Alta Formazione (dottorato, master, specializzazioni), con una percentuale in entrambi i casi di circa il 50% sul totale. Rispetto l’ambito, prevale la formazione scientifica (Architettura, Urbanistica, Ingegneria, Design, etc.), seguita con minor incidenza da quella umanistica (Sociologia, Comunicazione, Antropologia, Scienze della Formazione, Filosofia, Geografia, Lingue, etc.). Circa la metà di coloro che hanno risposto dichiara di aver frequentato dei corsi specifici per essere RU, dipingendo un quadro variegato rispetto all’offerta formativa in questo settore: in prevalenza si parla di master e percorsi di laurea, ma anche di corsi online,
Profilo professionale ricoperto
9: Formazione – ambiti disciplinari (n. 91)
10: Ti occupi come professionista di rigenerazione urbana? (n. 196)
Scientifico B
Economico B 70,6%
3,5% 5,9% A Giuridico / politico
28
Chi è RU?
Artistico B 16,5%
Spero che portando avanti il nostro progetto, potremo crearci il lavoro che amiamo, quello del rigeneratore urbano. Nel frattempo guardiamo in questa direzione e iniziamo a disegnare il percorso giusto, ognuno con le proprie mansioni e le proprie vite. Architetta / urbanista (25-29 anni)
Osservando il profilo professionale ricoperto, emerge con chiarezza che la metà del campione si dichiara professionista della rigenerazione urbana (Fig. 10); all’interno di questo segmento continua ad essere prevalente la componente femminile (62,2%) e giovanile (Fig. 11-12), con particolare riferimento alla fascia d’età compresa tra i 30-34 anni (34,4%).
Sì B
3,5%
No B 50,5%
49,5%
A Umanistico
29
Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
11: Genere (n. 97) Femminile B
Maschile B 62,8%
Who cares B 35,6%
2,2%
12: Età (n. 97)
1,1%
14,4%
34,4%
17,8%
10%
6,7%
5,6%
5,6%
4,4%
<24
25-29
30-34
35-39
40-44
45-49
50-54
55-59
>60
13: Profili professionali ricoperti come RU (n. 97) Artista: 9/97 Fundraiser: 13/97 Accademicə: 16/97 Europrogettista: 9/97 Project manager: 49/97 Funzionariə P.A.: 12/97 Community Manager: 30/97 Architettə / Urbanista: 52/97 Operatore / operatrice sociale: 12/97 Policy designer/maker: 17/97 Ricercatore / Ricercatrice: 31/97 Valutatore / valutatrice d'impatto: 17/97 Organizzatore / organizzatrice d'eventi: 49/97 Espertə in marketing strategico: 4/97 Designer della comunicazione / audience development: 24/97 Altro: 5/97 14: Numero di profili professionali ricoperti come RU (n. 97) 1 profilo B 16,7%
30
2 B
3 B 13,5%
Chi è RU?
4 B 28,1%
5 B 12,5%
6 B 12,5%
7 8 10 B BB 3,1% 8,3% 3,1% 2,1%
Chi si dichiara professionista (Fig. 13), inoltre, si riconosce prevalentemente nelle figure di “architettə/urbanista”, “project manager” e di “organizzatrice/organizzatore di eventi”. La dispersione delle restanti percentuali conferma il poliedrico ritratto professionale di RU. L’elevato numero di rispondenti che indica di afferire alla categoria dei profili tecnici, parrebbe suggerire un approccio settoriale e poco organico. Ma la sfida attuale, nelle parole di Ilda Curti (2017), risiede nella necessità di pianificare e rigenerare la morfologia di una città rigida abitata da una società liquida. Per fare ciò occorrono “nuovi paradigmi concettuali”, un profondo ripensamento non solo della “cassetta degli attrezzi”, ma anche di saperi tecnici e delle competenze disciplinari coinvolti al fine di mobilitare una pluralità di attori sociali, culturali ed economici per “reinterpretare culturalmente lo sviluppo dei territori”. Lo scambio di competenze, quindi, si rende indispensabile per la gestione di processi rigenerativi virtuosi; lo scarso riconoscimento di interdisciplinarietà e transdisciplinarietà che emerge da questa analisi parrebbe rappresentare un ostacolo da superare. L’aspetto più interessante è rintracciabile nel numero di profili professionali ricoperti da ogni rispondente in Fig. 14, più che dal ruolo: è infatti minima la percentuale di coloro che si dichiarano professionistз e che hanno ricoperto un unico profilo negli ultimi due anni, a conferma non solo del carattere polimorfo del mestiere, ma anche delle molteplici attività che concorrono alla rigenerazione urbana. Ricoprire così tanti ruoli simultaneamente (almeno tre, come evidenziato nel grafico) induce ad interrogarsi riguardo la sostenibilità di questo mestiere: l’attenzione è rivolta alla cross-disciplinarietà delle figure che operano in questo ambito (Curti, 2018) che rischia di trasformare ogni profilo dall’essere multiforme all’ “essere multitasking come imperativo categorico di una nuova metafisica della precarietà consapevole” (Messineo, 2019). In conclusione, si osserva come coloro che si dichiarano professionistз riflettono il carattere atipico di questo profilo professionale. Attraverso le loro lenti, la rigenerazione urbana appare come un campo sfidante attraverso il quale moltiplicare i talenti, le attitudini, le abilità, per professionistз che devono essere in grado di ricoprire molteplici ruoli, con differenti competenze, in ottica transcalare. Questa analisi restituisce il profilo qualitativo delle forze in campo, delle giovani e dei giovani professionistз che si trovano oggi a dover scovare soluzioni a quesiti per i quali, a volte, sembrerebbe troppo tardi per dare risposta. Nelle risposte qualitative dell’indagine, c’è chi scrive che “è l’unica
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
strada da percorrere”, chi parla di “futuro migliore” riferendosi alla scelta fatta: fluttuano da una job description all’altra, senza potersi pienamente riconoscere né nell’una né nell’altra.
Capitolo 4
Cosa fa RU? Ambiti e approcci rigenerativi
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Chi è RU?
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Il rigenerare è un movimento libero dal basso che si esprime secondo regole proprie che interagiscono con le istituzioni. Un’arte disubbidiente. Attivista, Fundraiser, Organizzatore di eventi (45-49 anni)
Considerata la apparente poliedricità del profilo di RU – che lə vede assumere ruoli professionali oppure civici, politici ed informali – e le molteplici interpretazioni attribuite alle dimensioni indagate, si procede all’analisi del senso comune attribuito dal campione al termine rigenerazione urbana. Si registra che, ancora oggi, tale concetto risulta un contenitore di teorie e pratiche molto diverse e talvolta contraddittorie ed opposte tra loro (Ostanel, 2017). Infatti, spesso si parla di rigenerazione urbana riferendosi a processi di mera infrastrutturazione fisica delle città che, seppur elaborati con un approccio olistico e multidisciplinare, si focalizzano esclusivamente sull’accrescimento del valore degli asset immobiliari per attrarre residenti appartenenti a fasce di reddito medio-alto (Vicari Haddock, Moulaert, 2009). Tali processi di beautification, disneyfication o gentrification, sotto la spinta di interessi economici glocali, comportano l’aumento delle disuguaglianze e il progressivo dislocamento, forzato e massivo, delle fasce di popolazione con meno capitale sociale, culturale ed economico (Semi, 2015). Allo stesso tempo, all’interno di questi confini interpretativi incerti, si trovano pratiche di riappropriazione collettiva di spazi in stato di abbandono. Si tratta di progetti di innovazione civica e sociale atti a garantire equo accesso e diritti di cittadinanza, forme alternative di welfare co-create anche grazie ad azioni di cura e co-gestione di beni comuni da parte di soggetti più o meno organizzati. Iniziative queste, riconducibili al community led design, che promuovono l’inclusione sociale come elemento fondante dell’azione. L’intento di tali progetti è quello di instaurare processi capaci di amplificare e moltiplicare diritti, opportunità e benefici per comunità e territori poiché endogeni e non calati dall’alto. Un ventaglio di teorie e pratiche, innescate e favorite dall’assenza di un’interpretazione condivisa, che procedono per prove, sperimentazioni ed errori grazie ai quali si è approdati in una fase più matura e consapevole (Ostanel, 2017). I dati raccolti sembrano confermare che la rigenerazione urbana venga intesa dal campione come un ambito d’azione trasversale, capace di connettere la dimensione sociale con quella fisica e finalizzato a dare risposta, con modalità e tecniche inclusive e innovative, alle complesse sfide globali. Alla logica di sviluppo basato sul profitto
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Cosa fa RU?
economico e ad una pianificazione urbana e territoriale basata sulla tecnica dello zoning – che hanno condotto al disegno di città frammentate ed escludenti, luoghi della mercificazione e dell’incontro con comunità simili – si è contrapposta l’idea di un agire rigenerativo, il quale contribuisce in modo inedito ai processi di riterritorializzazione (Magnaghi, Paba, 1995). Si tenta quindi di esplicitare, attraverso l’analisi delle domande “che cos’è la rigenerazione urbana?” e “in quali macro ambiti hai operato come RU negli ultimi due anni?”, gli ambiti principali in cui RU opera e quali approcci ed orientamenti adotta per intercettare bisogni, curare reti multiscalari e interfacciarsi con soggetti esterni al suo team. Il grafico riportato in Fig. 15 mostra che dodici delle tredici dimensioni indagate hanno raggiunto un valore medio-alto. Il campione è coeso nel valutare positivamente molte dimensioni, quasi ad affermare che si tratta di un campo multi e interdisciplinare. Si conferma quindi che il termine rigenerazione urbana è un concetto, ma anche un fenomeno, da disambiguare costantemente, poliformico e polisemico, multidimensionale e complesso poiché pluralmente inteso. Quanto detto viene avvalorato anche dai dati della domanda circa i macro ambiti d’intervento di coloro che si dichiarano esplicitamente RU (Fig. 16), la quale evidenzia la transdisciplinarità che attraversa il “riuso
15: Cos’è la rigenerazione urbana? (n. 483) Attivare le comunità Favorire lo sviluppo locale Riabitare gli spazi abbandonati di un territorio Attenzione ai temi della sostenibilità Curare e cogestire i beni comuni Un nuovo modello di sviluppo urbano Creare nuovi spazi pubblici Attivare progetti locali di miglioramento ambientale Creare nuovi servizi di welfare di prossimità Riqualificare gli edifici dismessi Migliorare la qualità del verde urbano Attaccamento al proprio territorio Una passione o un’attività per il tempo libero
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
16: In quali macro ambiti hai operato come RU negli ultimi due anni? (n. 184)
RU collabora, media, facilita per abilitare
Accoglienza e integrazione: 53/184 Ambiente: 59/184 Beni comuni: 88/184 Commercio: 9/184 Cultura e arte: 88/184 Educazione e formazione: 54/184 Formazione professionale: 18/184 Mobilità: 37/184 Prevenzione e contrasto alla criminalità: 9/184
Mi piacerebbe coordinare una squadra multidisciplinare operativa, in grado di portare collettività, famiglie, quartieri, scuole ad immaginare e trasformare i propri spazi comuni autonomamente. Mi piacerebbe anche potenziare la mia dimensione “nomade”, andare in giro a supportare, ad attivare e a facilitare. Facilitatore / coordinatore di eventi (45-49 anni)
Riuso e Recupero di spazi: 110/184 Salute e welfare: 17/184 Smart City e innovazione hi-tech: 13/184 Sport e benessere: 4/184 Turismo: 31/184
e recupero di spazi abbandonati”, “l’arte e cultura” e i “beni comuni” passando per “l’ambiente”, “l’educazione e la formazione”, “l’accoglienza e integrazione” sino a giungere a settori e servizi tra loro anche molto diversi ma interconnessi come “mobilità” e “salute”, “turismo” e “commercio”, “sport e benessere” e non ultima la “prevenzione e il contrasto alla criminalità”. Si può quindi affermare che, chi ha contribuito all’indagine considera RU come una figura che opera scardinando il tradizionale assetto a silos del welfare mescolando approcci e metodi partecipativi ed inclusivi – anche ibridi e digitali – a favore di forme innovative di servizi locali. Combinando le varie dimensioni e opzioni di risposta – con l’intento di guardare di riflesso l’operato di RU – si palesa che si tratta di una professione relazionale che contempla e connette pratiche di inclusione e accessibilità, benessere e welfare di prossimità, interpretandoli in chiave intersezionale ed ecologica. RU si dichiara come colui/colei che intende attivare le comunità allo scopo di “favorire lo sviluppo locale” e di “ri-abitare gli spazi abbandonati di un territorio” in ottica di sostenibilità e innovazione socio-culturale e digitale.
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Cosa fa RU?
Scendendo nel dettaglio dell’interpretazione delle dimensioni che meglio descrivono ciò che il campione intende per rigenerazione urbana (Fig. 17), ci si sofferma sull’opzione maggiormente indicata “attivare le comunità” la quale ottiene in media 4,67 su 5. In particolare, osservando la distribuzione dei valori, si nota che il 75,4% del campione ha indicato il massimo punteggio attribuibile. Il termine attivare rimanda ad un soggetto attivatore, un agente del cambiamento (Andorlini, 2016) che opera per e con le comunità plurali, porose ed inclusive. È proprio nell’attivazione o rafforzamento del capitale sociale presente in un territorio che l’azione di RU sembra trovare fondamento e significato. La mediazione tra diversi stakeholders, parte del processo in ottica di governance partecipativa, comporta la gestione e mediazione di interessi, talvolta anche conflittuali che però possono essere volano di innovazione. Le volontà ed esigenze della pubblica amministrazione, degli enti territoriali di vari livelli, della filantropia, del terzo settore sino ad arrivare a quelli del Real Estate impongono una certa flessibilità e capacità di sintesi e ascolto, per arrivare alla progettazione di soluzioni condivise che soddisfino realmente le esigenze delle comunità territoriali, vero fulcro dei processi. Ciononostante mediare tra interessi forti e interessi deboli talvolta significa de facto sostenere i primi. Porsi sempre in un’ottica di mediazione può rendere più difficile produrre cambiamenti e innescare trasformazioni reali profonde ed egualitarie, ancor più oggi dove limiti ed inique condizioni di accesso a beni e servizi si sono inasprite sotto la spinta della crisi pandemica. In tal senso qui di seguito riportiamo una tra le risposte che maggiormente evidenzia le attuali criticità, facendo particolare riferimento all’accessibilità del digitale:
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
La pandemia ha rallentato i processi di community development in cui lavoro ma sta sviluppando soluzioni alternative legate al mondo online, purtroppo accessibili principalmente ad un pubblico medio borghese e quasi per nulla accessibili ad un pubblico facente parte della ‘’classe operaia”. Cittadina attiva, Community manager, Europrogettista, Designer della comunicazione, Organizzatrice di eventi, Operatrice sociale (25-29 anni)
e la capacità di RU di accogliere l’incertezza e l’imprevedibilità delle dinamiche territoriali, urbane e sociali – in questa sede dovute all’interruzione drastica e repentina delle relazioni tra comunità e spazio pubblico causata dalla pandemia – sfruttandole per elaborare processi flessibili in grado di essere reindirizzati in base ai cambiamenti sopraggiunti, in ottica di antifragilità (Blečić, Cecchini, 2016).
Questa interpretazione porta a riflettere sul ruolo cerniera di RU, in costante tensione tra ambiti disciplinari, responsabilità ed interessi in gioco. Coloro che si riconoscono nella figura di RU si dichiarano facilitatori e facilitatrici di processi vocati alla dimensione collettiva e locale di cui i più durevoli e sostenibili sorgono “dal basso” (Bosi, Zamponi, 2019). Si concretizza l’idea che sono gli individui e le comunità, gruppi formali o informali, i veri conoscitori dei luoghi e portatori di bisogni rispetto ai quali RU diventa “enzima” di processi socio-culturali, politici ed ecologici rigeneranti. Si richiama qui alla cittadinanza attiva e all’impegno civico ed ecologico di moltз cittadinз che si adoperano, per co-progettare e co-gestire insieme agli enti locali, beni e servizi socio-territoriali. Il quadro restituito dall’analisi dei dati suggerisce che RU si ritiene abile nello stimolare e facilitare l’emersione e la co-costruzione di procedure auto-determinate, interviene operando come agente facilitante e modera contribuendo alla condivisione di idee e metodi (anche visuali) propri della ricerca sociale ed antropologica, per elaborare soluzioni alle sfide attuali e future. In altri termini, si adopera per far germinare e coltivare l’immaginazione civica di futuri percorribili. La base del lavoro di RU sembra essere quindi la dimensione sociale che si genera nel corso di pratiche comunitarie. Resta da domandarsi chi siano queste comunità e quali strumenti e competenze mettano a disposizione proattivamente all’interno dei processi. Il termine comunità è di per sé scivoloso in quanto rischia di riferirsi a gruppi sociali chiusi ed escludenti piuttosto che aperti ed inclusivi. In questo contributo si fa riferimento a quelle che Ezio Manzini (2021) indica come comunità di progetto, ovvero “comunità leggere, aperte e costruite intenzionalmente attorno ad un progetto”. Coloro che si definiscono RU riconoscono di interagire con contesti e comunità spesso già attivi, abili e sostenibili che attuano strategie per essere comunità resilienti e antifragili (Blečić, Cecchini, 2016) o, al contrario si fanno portavoce e veicolo di istanze, bisogni e desiderata di comunità più marginali o statiche. Gli stessi dati qualitativi fanno emergere l’impegno
Collaboro con una radio comunitaria (nata da un progetto di reinserimento lavorativo di persone che arrivano dall’area dello svantaggio) che con il suo agire svolge in qualche modo una funzione di rigenerazione urbana. L’interazione con la popolazione, e per la popolazione, ha cambiato forma ma non ha mai cessato di esistere. Essere strumento per permettere a più voci di essere ascoltate è un passo fondamentale per un percorso di rigenerazione urbana. Mi sono occupata (e tento di continuare a farlo) di Turismo Responsabile, e raccontare un territorio in tutte le sue sfumature è molto difficile se non lo si può toccare. Ma questo non implica immobilizzazione, anzi. C’è spazio all’inventiva, al soffermarsi sulle piccole Storie. Cittadina attiva, Attivista, Ricercatrice (25-29 anni)
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Cosa fa RU?
Emerge che, per il campione, la professionalità di RU consiste in un costante lavoro di intermediazione, un lavoro che si compie nella interdipendenza tra la dimensione sociale-fisica-digitale. L’ibridazione tra le dimensioni avviene attraverso metodi di design thinking e open innovation in cui la figura di RU pare essere capace di ridefinire spazi pubblici e spazi privati ad uso pubblico grazie ad approcci adattivi ed incrementali. Se si osserva in Fig. 15 la dimensione legata all’“attaccamento al proprio territorio” ottiene 3,51 su 5 e ancor di più raggiunge “attivare progetti locali di miglioramento ambientale” che si attesta su di una media di voti di 4,52 su 5. Per questo sembra che il lavoro di RU sia basato sul valore del luogo – che si sostanzia attraverso un approccio community e place-based – utile a riaffermare il diritto alla città e la “riappropriazione dei tempi e degli spazi del vivere urbano, che richiede una nuova configurazione delle relazioni sociali, politiche ed economiche a partire da un drastico cambiamento dell’arena politica” (Lefebvre, 2014). In tal senso, il lavoro che il campione dichiara di esercitare sembra aver bisogno di politiche urbane che creino condizioni favorevoli a concretizzare l’agibilità di tali inneschi e porre maggiore attenzione, come sostiene Amartya Sen, alla capacitazione e all’autodeterminazione delle comunità. Questo è cruciale, sia in termini di sostenibilità e durabilità dei processi di rigenerazione urbana, sia in termini di reale empowerment
Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
che mira a mitigare le crescenti disuguaglianze e a valorizzare le diversità, dando ad ognunə la possibilità di mettere in atto le proprie potenzialità, abilità ed aspirazioni in un percorso di crescita personale, professionale ed economica (Sen, 1988).
RU rigenera beni comuni, opera per favorire sviluppo locale
Le risposte sembrano voler dichiarare che vi è necessità di politiche e programmi urbani che facilitino la creazione di Città piattaforme abilitanti in grado di introdurre, nelle procedure amministrative, percorsi partecipativi di ampio respiro, durevoli perché realmente capaci di incidere nei processi decisionali, non esaurendosi in occasioni di mera consultazione imposta dalla normativa. In quest’ottica l’operato di RU risulta connesso al paradigma (giuridico, economico ed eco-politico) dei beni comuni e degli usi civici. Osservando il grafico di Fig. 15 l’ambito di intervento denominato “curare e co-gestire i beni comuni” ottiene una votazione media di 4,29 su 5, in particolare il 61,7% delle persone ha attribuito il massimo punteggio. Al contempo, se si osservano i dati riportati in Fig. 16, è possibile notare come 88 su 184 rispondenti dichiarino di aver operato nell’ambito dei beni comuni in qualità di RU professionista. Risulta quindi utile interrogarsi brevemente in merito a tale concetto che ad oggi non trova ancora una definizione giuridico economica unanime e condivisa. Già a partire dal 2007, la Commissione Rodotà – nella proposta di riforma del titolo I del libro III del Codice Civile – li definiva “quelle cose che esprimono utilità funzionali allo sviluppo della persona e all’esercizio dei diritti fondamentali” anche nell’interesse delle generazioni future (Albanese, Michelazzo, 2020). In una simile prospettiva Nicola Capone ritiene che si tratti di “beni più-che-pubblici, più-che-privati, ascrivibili ad una terza categoria giuridica pensata quale funzione che dalla Costituzione è posta al servizio del libero sviluppo della persona umana nel suo complesso socio-ecologico” (Capone, 2020). Più recentemente si è parlato di beni comuni intenzionali, ovvero quei “beni comuni prodotti per scelta e che emergono da una attività di progetto”, d’altronde “non c’è bene comune senza una comunità che se ne prende cura” (Manzini, 2021). In quest’ottica si rivela interessante notare che in Fig. 15 la dimensione un “nuovo modello di sviluppo urbano” ottiene un punteggio di 4,23 su 5 e si attesti come una delle caratteristiche fondanti di ciò che si intende per rigenerazione urbana. In questa
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Cosa fa RU?
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
luce interessa richiamare l’attenzione all’approccio tipico della cosiddetta amministrazione condivisa (Labsus – laboratorio per la sussidiarietà orizzontale, 2021) e del Metodo Favoloso (Scuola Open Source, 2019), a cui gli innovativi strumenti amministrativi, chiamati “patti di collaborazione” e “dichiarazione di usi civici”, fanno capo in applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale, sancito dell’art. 118 ultimo comma della Costituzione della Repubblica Italiana. In oltre 200 città italiane si applica tale approccio amministrativo e le risposte paiono confermare che diversз RU operano nell’alveo dei beni comuni occupandosi di facilitare il dialogo e la collaborazione tra amministrazioni locali e cittadinз. L’obiettivo è stabilire insieme regole e destinazioni d’uso attraverso un articolato piano di cura, co-gestione e rigenerazione il quale definisce metodi innovativi di governance e co-responsabilità. Tutto ciò al fine di assicurare l’accesso ai soggetti non coinvolti dal patto e, quindi, di rendere l’azione di un gruppo privato inclusiva, funzionale all’interesse generale e complementare ai servizi di base offerti dal welfare istituzionale. A questo si legano i dati (Fig. 15) che indicano RU come unə professionista che si occupa anche di “creare nuovi servizi di welfare di prossimità” (categoria votata con 4,08 su 5). Si potrebbe quindi intendere che i “beni comuni” (Fig. 16) possano anche essere un ambito nel quale produrre relazioni cooperative e non competitive, economie non estrattive, processi decisionali orizzontali e istituzioni più democratiche, generando esperienze di mutualismo e condivisione di capitale cognitivo, relazionale e anche di mezzi di produzione. Coloro che si riconoscono RU si dichiarano intenzionatз a promuovere e agevolare lo “sviluppo locale”, quasi a voler orientare in una specifica e contestuale scala il proprio operato. Favorire tali processi, dimensione che ottiene 4,45 su 5, pare voler evidenziare la volontà che ha RU di volersi affermare come colui e colei che, attraverso progettualità articolate e complesse, intende generare impatti positivi di carattere socio-economico.
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Cosa fa RU?
RU ridisegna città delle prossimità: riusa e rigenera lo spazio
[...] Non è più possibile aspettare, la costruzione del domani inizia da oggi e come docente di storia dell’architettura ho sentito particolarmente l’urgenza di ridare voce a tutti quegli spazi che non ne hanno più. Con due colleghi stiamo tirando su un progetto di startup, per ora tutto online ma che un giorno speriamo sia un luogo attivo e utile alla comunità. Project manager, Ricercatrice (30-34 anni)
La progettazione delle trasformazioni fisiche, ossia quella che si concentrano sulla dimensione hardware della città, resta certamente cruciale nell’operato di RU ma, come sembrano suggerire anche le risposte al questionario, ha valore nella misura in cui si riconosce che solo attraverso l’abilitazione del software i processi generano un reale impatto sociale, un cambiamento positivo, equo e durevole. Nonostante la predominanza di formazioni tecnico-scientifiche infatti, alla domanda “cos’è la rigenerazione urbana?” la valutazione delle opzioni di risposta di natura prettamente architettonica ha raggiunto valori medio-bassi rispetto al totale (Fig. 15), quasi a voler confermare il cambiamento in atto nell’elaborazione di interventi e processi che contemplino e integrino tangibile e intangibile. Considerato che ogni attività umana deve interagire con l’ambiente circostante e dalla sua forma e caratterizzazione ne dipende la qualità dell’esperienza, il campione non riconosce nel “riqualificare edifici dismessi” o nel “migliorare la qualità del verde urbano”, rispettivamente valutate 3,99 e 3,8 su 5, gli unici motori che guidano il senso delle pratiche. Quando si tratta di rigenerare non si intende solo riqualificare lo spazio. Questa affermazione diviene ancor più vera se, per definire l’operato di RU, a queste opzioni si affianca “riabitare gli spazi abbandonati di un territorio” che acquista maggiore rilievo conquistando una media di 4,4 su 5. Osservando attentamente la distribuzione percentuale dei voti si coglie la predominanza di votazioni elevate che si attestano su valori medio altirimarcando così l’importanza che tale aspetto ha nel settore (Fig. 15). Il termine riabitare sottintende la presenza umana, non solo come beneficiaria dell’azione ma come soggetto proattivo nel processo, capace di insediarsi nei vuoti urbani e contribuire a generare nuovi
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
RU va oltre: opera tra arte, cultura ed ecologia
usi e funzioni, temporanei o definitivi, in città sempre più complesse e anonime (Capone, 2020b). Tale discrasia emerge ancor di più quando si passa alla richiesta più specifica di quale macro-ambito il campione si è occupato professionalmente di rigenerazione urbana. Ben 110 persone su 184 che si identificano RU professionistз dichiarano di aver operato negli ultimi due anni nell'ambito del “riuso e recupero di spazi” (Fig. 16). Questo dato sembra confermare che tale campo d’azione è quello maggiormente fertile di opportunità e crescita professionale. Nell’ecosistema della rigenerazione sono tante le pratiche che prendono vita partendo da un luogo fisico e i dati raccolti sembrano confermare questa tendenza. Simbolo di degrado, abbandono, incuria, vuoto di responsabilità o di normativa, in cui comunità si infiltrano ed espandono ad intermittenza. Lo spazio fisico perciò conta, come conta il progetto, il processo, il contesto e le comunità che vi insistono. Elena Ostanel parla di spazi innesco come spazi puntuali o policentrici da cui prendono avvio diverse pratiche generatrici d’impatto grazie a soggetti con differenti livelli di istituzionalizzazione (Ostanel, 2017). È chiaro quindi che il discorso sulla rigenerazione urbana e sull’operato di RU non è esauribile nella esplicitazione della dicotomia spazio-persone. Che i macro-ambiti che hanno a che vedere con il plasmare lo spazio a favore delle attività umane, all’interno di vuoti urbani o sulle infrastrutture lineari e spaziali della città, sono sicuramente necessari e indispensabili, ma non arrivano al nodo cruciale di quello che RU dichiara di voler rappresentare: l’infrastrutturazione sociale. “Mobilità”, “turismo”, “commercio”, “salute e welfare” (Fig. 16) – i quali possono essere letti anche sotto la lente della necessità di infrastrutturare lo spazio per renderlo luogo a servizio della comunità – non hanno raggiunto alte percentuali di valutazione proprio per la loro declinazione tradizionale da cui RU sembra sfuggire. Questo non toglie però il fatto che l’operato di RU intersechi tutti questi settori in modo tangente a favore di pratiche innovative che rivoluzionano le modalità di innesco, la loro vision e la governance instaurata. Coloro che si riconoscono RU professionistз dichiarano di attivarsi ed operare con l’obiettivo di recuperare lo spazio quale strumento per fare comunità, contribuire ai processi di riappropriazione di vuoti urbani in ottica di sostenibilità economica ma anche sociale e soprattutto ambientale. Sembra affermarsi l’idea che RU tenta di interpretare e districarsi nella complessità con un rinnovato sguardo che lo vede distanziarsi dalla figura del tecnico tradizionale facendosi portavoce di una certa idea di città e comunità (Cellamare, 2019).
Quando si tratta di comprendere l’agire di RU giocano un ruolo fondamentale anche dimensioni più intangibili, che riempiono di senso “spazi e quartieri in stato di bisogno” (Ostanel, 2017). Negli ultimi anni il panorama di pratiche è fortemente caratterizzato dalla dimensione culturale, pensata come elemento trasformativo piuttosto che puro intrattenimento unidirezionale (AA.VV., 2016). Tra i macroambiti maggiormente indicati “cultura e arte” (Fig.16) è stata selezionata da 88 rispondenti su 184, cioè il campione dei e delle professionistз. Sembra quasi sottintendere che siano leve formidabili, linguaggi visuali e performativi di una stessa grammatica utile a orientare decisioni attraverso fantasia, immaginazione e creatività e di dar nuova vita a contenuti socio-culturali capaci di rigenerare beni e co-creare servizi in modo inedito. La rigenerazione urbana a base culturale rompe i confini disciplinari e va oltre schemi di competenza tradizionali, ponendosi all’intersezione tra sfera culturale, sociale, ambientale, tra trasformazione materiale e immateriale. Lo testimonia la mappatura dei centri culturali – avviata nel 2019 dall’agenzia per la trasformazione culturale cheFare – che li definisce “un’infrastruttura culturale e sociale nevralgica per l’Italia” (Niessen, 2020). Presidi fondamentali che restituiscono spazi di cittadinanza, altrimenti in disuso o in abbandono, partendo dalla loro trasformazione fisica e ancor più nella loro risignificazione sociale e culturale. Come sostiene Giacomo Giossi (2014) “non si tratta più di liberare spazi, ma di riempirli dell’apporto culturale e sociale della cittadinanza: solo attraverso una profonda presa di coscienza si può così definire realmente uno spazio come pubblico”. Nelle pratiche quotidiane, disseminate in contesti molto
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Cosa fa RU?
Mi sono avvicinata alla rigenerazione urbana praticando l’arte relazionale nel corso di Nuove tecnologie dell’arte. Ho testato la rigenerazione urbana sia in piccoli paesi come Sant’Agata de Goti o San Potito Sannitico, sia in vari quartieri di Napoli come i quartieri spagnoli o Montesanto. Cittadina attiva, Organizzatrice di eventi, Artista (30-34 anni)
Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
diversi tra loro, RU dichiara l’importanza di relazionare spazi, cultura e cittadinanza al fine di generare una prosperità diffusa ed inclusiva. Interessante unire al ragionamento il macro-ambito “ambiente” (Fig.16), selezionato da 59 RU professionistз su 184, che è possibile interpretare come veicolo aperto e flessibile che alimenta e moltiplica la cultura – intesa come sistema multilivello che agisce sulla quotidianità, sulle pratiche e le relazioni – volano di “immaginazione, visione di futuro, capacità di costruire nuovi spazi pubblici” (Tantillo, 2021). Il campione sembra riconoscere nella valorizzazione del capitale naturale un fattore utile ad uno sviluppo “rigenerativo” di borghi e città – intesi come sistemi complessi interconnessi a grande scala con il patrimonio ambientale in cui si insediano – attento alle peculiarità del luogo in chiave innovativa ed in grado di alimentare il senso di identità degli individui (Nava, Mangano, 2019). La dimensione citata può perciò essere interpretata come elemento funzionale all’elaborazione dello spazio, a favore della costituzione, condivisa e sostenibile, di infrastrutture sociali e culturali capillari su tutto il territorio. Utile dispositivo di comprensione critica e al contempo metodo di scoperta, esplorazione e motore della trasformazione creativa della città, un veicolo straordinario di rigenerazione. La cura del verde, la sensibilizzazione ambientale, i laboratori didattici o teatrali, le residenze artistiche o i festival di cui RU parla e racconta nelle domande aperte del questionario descrivono esperienze eterogenee, molto spesso nate da esigenze radicate nelle comunità, dai loro bisogni e dal desiderio di uno sviluppo sostenibile ed equo del territorio.
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Cosa fa RU?
Capitolo 5
Dove opera RU? L’importanza del contesto
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
La prospettiva territoriale è una delle lenti con cui è possibile osservare i dati emersi dalla ricerca: un focus sulla geografia della rigenerazione urbana e dell’innovazione sociale, attraverso una lettura che approfondisca il binomio Nord-Sud, passando per il Centro. Tra le pagine della Costituzione si trovano due temi cardine su cui si ritiene necessario innescare nuove riflessioni: la centralità delle persone e la dimensione territoriale delle disuguaglianze. Infatti, non si può prescindere dal contestualizzare le persone e i bisogni nei luoghi, tenendo in considerazione le diversità territoriali. In particolare, all’articolo 3 emergono le radici del principio di partecipazione, laddove prende forma il diritto di tutti i cittadini a partecipare in modo sostanziale allo sviluppo sociale e civile del Paese (Carrosio, Faccini, 2018). Mettere al centro i bisogni delle persone e delle comunità significa tracciare una geografia della partecipazione, in cui si rendono visibili le maggiori o minori possibilità di prendere parte – come singoli o come comunità – alla dimensione sociale dei luoghi e territori, intesi dal micro al macro, dal proprio quartiere al sistema Paese (Cersosimo, Nisticò, 2013). Oggi, complice anche la pandemia, questa geografia della partecipazione ha modificato il proprio tracciato delineando nuove disuguaglianze e un nuovo divario dei diritti, legati a doppio filo al contesto in cui si vive, basti pensare – solo per fare qualche esempio – al rider che percorre le vie di Milano, al migrante che coltiva le campagne di Foggia o allo studente delle aree interne senza connessione internet per la DAD. Il multiforme profilo di RU non può prescindere dal guardare ai territori e ai luoghi senza incentrare la propria azione mosso da questi principi, avendo la consapevolezza che i luoghi delle disuguaglianze sono presenti sia al Nord che al Sud, in montagna come in pianura, sulla costa e nell’entroterra, sia nelle aree rurali che in quelle urbane.
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Cosa fa RU?
Dimensione territoriale
“Who RU? Rigeneratore Urbano Cercasi” si è rivelato uno strumento utile per osservare le pratiche di rigenerazione urbana tra le regioni italiane. Infatti, RU afferma di avere interessi e passioni in differenti contesti della nostra Penisola, in cui prendono forma e si dispiegano peculiari esperienze di rigenerazione urbana, azioni di policy e comunità. In prima battuta è emerso che il Nord Italia è la macroarea in cui più della metà del campione ha operato come RU negli ultimi due anni, seguito dal Sud e le Isole e infine dal Centro. Ritenendo questo dato significativo, si è deciso di svolgere un’analisi più specifica, al fine di indagare la dimensione territoriale della rigenerazione urbana della ricerca. È stato possibile mettere a confronto le regioni in cui opera RU con la popolazione residente (Fig.18). Si è voluto in questo modo meglio comprendere il rapporto tra gli interventi di rigenerazione urbana e la presenza di comunità più o meno estese. Il rapporto relativo a coloro che dichiarano di aver operato come RU in “Lombardia”, “Piemonte”, “Emilia-Romagna”, “Veneto”, “Toscana”, “Friuli Venezia Giulia”, “TrentinoAlto Adige”, “Umbria” e “Basilicata”, supera considerevolmente la percentuale di popolazione residente in queste regioni. Al contrario, una tendenza negativa emerge in regioni come “Campania”, “Puglia”, “Sicilia”, “Lazio”, “Calabria”, “Sardegna” e “Liguria” in cui, in riferimento alla popolazione residente sono pochз coloro che affermano di aver operato in questi territori. Il divario più ampio si registra sicuramente nel “Lazio”, mentre “Lombardia”, “Piemonte” ed “Emilia-Romagna” sembrano essere regioni in cui si opera maggiormente nell’ambito della rigenerazione urbana in relazione alla popolazione residente. È importante sottolineare come ciascuna regione attui proprie politiche e regolamentazioni in termini di governo e di abilitazione dei processi di rigenerazione urbana e innovazione sociale; probabilmente, ciò sta alla base di una diversa diffusione nelle varie aree del Paese. Nonostante, come indicato dal grafico (Fig. 17), emerga un rapporto negativo tra la popolazione residente e i/le RU che dichiarano di operare in Puglia e la popolazione residente nella regione, questo
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
17: Confronto delle regioni in cui ha operato RU su popolazione residente (n. 185) Lombardia
16,5%
Piemonte
9,2% 8,1% 7,9% 6,2%
Toscana
5,8%
Campania 2%
5%
4,2%
Sicilia
Umbria Basilicata
50
6,7%
4,6%
1,8%
3,3%
Lazio
9,6%
5,8%
Puglia Trentino Alto Adige
10,4%
7,3%
Veneto
FVG
12,1%
7,2%
Emilia Romagna
18,8%
rappresenta un interessante esempio per quanto riguarda la realizzazione di politiche pubbliche per il sostegno ai giovani e per la promozione di attività culturali e turistico-ricettive fortemente legate alla sostenibilità ambientale e all’integrazione sociale. Molti dei bandi promossi dalla regione Puglia pongono l’attenzione e incentivano la rigenerazione urbana a base culturale e l’innovazione sociale, tanto da mettere a disposizione, a titolo esemplificativo, 20 milioni di euro tramite l’avviso pubblico “Pugliasociale IN – Imprese sociali”. Si tratta di fondi stanziati durante il Programma Operativo Regionale POR Puglia FESR-FSE 2014-2020 che si è posto come obiettivo quello di intervenire ed incidere sullo sviluppo sociale, lavorativo, imprenditoriale, culturale, tecnologico, scientifico, ambientale e infrastrutturale, ponendo particolare attenzione all’inclusione sociale di tutti i cittadini e le cittadine della regione.
8,3% 9,7%
2,5% 1,5% 2,1% 0,9%
Abruzzo
1,7% 2,2%
Calabria
1,7% 3,2%
Marche
1,7% 2,5%
Liguria
1,3% 2,6%
Sardegna
1,3% 2,7%
Molise
0,4% 0,5%
Valle d'Aosta
0,4% 0,2%
Cosa fa RU?
Dove hai operato come RU Popolazione residente
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Luoghi e ambiti territoriali in cui opera RU
Da una scala territoriale ampia, come quella regionale, è stato compiuto un ulteriore passo nell’analisi delle risposte, concentrandosi su un ambito più ristretto. Infatti, è in un contesto più circoscritto – “quartiere”, “centri culturali”, “aree verdi” etc. – che si ha un contatto più diretto con le pratiche di rigenerazione, a cui si guarda con una prospettiva alternativa: di prossimità. Come si può notare dal grafico (Fig. 18) l’ambito territoriale dove il campione afferma di aver visto RU all’opera è il “quartiere”, seguito da “immobili/aree dismesse” e da “centri culturali/sociali”. Le opzioni di risposta che hanno raggiunto percentuali maggiori si riferiscono a spazi specifici, più delle volte puntuali come “immobili/aree dismesse” e/o “centri culturali/sociali”, i quali tendono a rievocare in coloro che hanno partecipato alla ricerca esperienze vissute e relazioni identitarie con i propri contesti di riferimento che vanno oltre al concetto di scala. Nonostante le alte percentuali raggiunte da opzioni di risposta che individuano spazi ben definiti, la dimensione del “quartiere” è il luogo principale in cui RU si propone di innescare processi e attivare comunità. Tuttavia, se si considera la complessità insita nelle nostre città oggi in termini urbani, ecologici, sociali e culturali, il quartiere diventa il luogo dove è ancora possibile rintracciare una dimensione simbolica dello spazio, frutto delle attività quotidiane degli abitanti,
18: Suddivisione del sottocampione per ambiti territoriali (n. 184) Aree verdi: 59/184 Borghi: 47/184 Centri culturali / sociali: 71/184 Città medio piccole: 48/184 Immobili / Aree dismesse: 78/184 Metropoli: 57/184 Piazze / strade: 65/184 Quartieri: 84/184
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Cosa fa RU?
del loro senso di attaccamento e dei processi di reciproco riconoscimento in termini di inclusione e/o esclusione sociale. Come definito da Ludovico Quaroni e avvalorato da Paola Di Biagi (2004): «Il quartiere è per Quaroni un ambiente di vita per l’uomo, per il vicinato, per la comunità; è un ambiente in grado di rispondere alle necessità fondamentali dell’uomo (abitazioni, spazi e servizi) e di offrirgli la possibilità di scegliere tra vita collettiva e vita individuale, tra solitudine e compagnia, tra spazio aperto e spazio chiuso, tra chiasso e silenzio».
Cosa si intende, perciò, per spazio? In accordo alle risposte del questionario, lo spazio può essere definito come punto di partenza e, allo stesso tempo, di arrivo dei processi relazionali che si innescano al suo interno; non un mero contenitore ma una componente attiva dei processi di rigenerazione urbana e innovazione sociale. Lo spazio è un prodotto della continua interazione fra la dimensione ecologica dello spazio naturale e la dimensione politica ed economica dell’agire umano. In questa prospettiva, lo spazio non è più considerato come un supporto passivo su cui si proiettano gli ordinamenti giuridici (Capone, 2020a). Si parla sovente di best practices, ossia di tutte quelle progettualità che hanno saputo tenere insieme il tangibile con l’intangibile, lo spazio con le relazioni, il software con l’hardware. Spazi ibridi che accolgono comunità, altrettanto ibride, che si incontrano senza necessariamente dover socializzare o sentirsi comunità. Spazi che si offrono come piattaforme, innesco di relazioni macro e micro, in cui RU trova la sua dimensione operativa con l’obiettivo di contribuire a dare risposta a urgenze collettive (Andorlini, 2016). Le pratiche di rigenerazione urbana, nonostante la loro diversità in termini di ambiti di intervento, soggetti coinvolti, contesti e politiche hanno sancito il legame tra individuo e territorio circostante attraverso un nuovo modello di abitare legato alla prossimità. Se le città oggi sembrano aperte al rinnovamento di politiche e prassi tradizionali, ci si chiede quale sia la scala più appropriata per produrre impatti sostenibili e duraturi. A tal riguardo, non sono da sottovalutare le grandi sfide a cui le città e le pratiche della rigenerazione urbana sono chiamate a rispondere. La pandemia da Covid-19 ha senz’altro contribuito, accelerato e probabilmente trasformato quello che era un dibattito già in evoluzione da diversi anni: ripensare la forma urbana
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
partendo dalle funzioni e dalle relazioni quotidiane (Celata, 2020). Si è venuta a delineare l’idea di una prossimità aperta e dinamica, la quale si è tradotta a Parigi nella proposta della ville de quart d’heure, ossia la “città dei 15 minuti” come nuovo modello urbano resiliente e adattivo. Questa nuova concezione di città richiede un cambiamento bidirezionale: ovvero rivedere i servizi di prossimità, come servizi collaborativi capaci di produrre comunità, dando quindi concretezza all’idea della città dei beni comuni; il secondo cambiamento vuole considerare la città come un ecosistema urbano composto da una molteplicità di ecosistemi locali di prossimità connessi tra loro, le cosiddette “unità ecologiche minime”, il cui metabolismo in termini di flussi di acqua, energia, cibo e altri materiali tenda all’autosufficienza (Manzini, 2021). Una nuova prospettiva che va ad incidere nel rapporto che gli abitanti hanno con gli spazi della città, promuovendo la rivitalizzazione di quartieri e delle vie “sotto casa”. Tuttavia, appare chiaro che il concetto di prossimità non è riconducibile alle dimensioni spaziali di un agglomerato urbano. Rifondare uno spazio a partire dalla sua storia e dalle persone che lo abitano diventa urgente, se si considera che la relazione Uomo/Ambiente è tanto intrecciata e indissolubile quanto di difficile interpretazione (Colombini, 2018).
Capitolo 6
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Cosa fa RU?
Perché essere RU? Vocazione, passione o necessità?
Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Voler fare concretamente qualcosa per cambiare il mondo caotico nel quale ci troviamo. Sfruttare la creatività della mia giovinezza. Impiegare saggiamente il tempo libero, divertendomi e facendo del bene al contempo. Artista (under 24)
Cosa spinge RU a scegliere questo percorso individuale e ad avvicinarsi a questo mestiere? La presenza di domande aperte all’interno del questionario ha permesso di valorizzare i pensieri e le opinioni del campione attraverso le loro stesse voci. Quanto emerge dalle risposte è che chi si avvicina a questo mondo lo fa perché sorrettə da uno scopo forte, che funge da piattaforma di senso su cui poggia il suo operato. Da questo punto di vista non si può comprendere appieno la figura di RU senza tener conto della sua “capacità di aspirare”. Quest’ultima, descritta da Appadurai (2010) come una vera e propria “competenza di futuro”, chiama in causa il dare forma e significato al valore sociale del proprio lavoro, attraverso azioni puntuali che, nelle espressioni utilizzate dal campione, contribuiscono a costruire un diverso presente e a gettare ponti verso futuri alternativi. Le professioni aspirazionali sono dunque impossibilitate ad operare in quello che Sennet ne “L’uomo artigiano” (Sennet, 2008) definisce vuoto sociale ed emotivo, rintracciando nell’identikit di questo mestiere una specifica condizione umana: “quella di mettere un impegno personale nelle cose che si fanno”. Nasce dall’incontro di abilità tecnica, passione, sentimento e immaginazione, e procura al lavoro una ricompensa legata all’intensità emotiva del “fare bene”, tra l’ancoraggio alla realtà tangibile, l’orgoglio per il lavoro svolto, l’attenzione e la cura per i gesti “ben fatti”. L’analisi delle keywords emersa dalle risposte ricevute alla domanda “come ti sei avvicinatə alla rigenerazione urbana?” è riassunta nella seguente word cloud (Fig. 19) e restituisce un panorama di professionisti il cui fine ultimo trascende l’aspetto puramente remunerativo. Vocazione, passione, necessità ed interesse sono le parole più citate, ma come afferma Carlo Cellamare nel suo libro Città FAI-DA-TE (2019):
politico e personale, e possono essere o non essere tutte compresenti».
A seguire si proverà a restituire in maniera più dettagliata un quadro che riassuma la ricchezza di motivazioni, aspirazioni e desideri che accomunano queste figure pur nella diversità dei loro profili.
19: Word cloud, elaborazione personale sulla base delle risposte ricevute alla domanda: come ti sei avvicinatə alla rigenerazione urbana? (n. 97)
vocazione
interdisciplinareità creatività è l'unica strada da percorrere entusiasmo diffusione buone pratiche attivismo passione per l'ambiente insoddisfazione inclinazione personale sviluppo locale mettermi al servizio spontaneamente riappropriazione voglia di attivare progetti partecipativi futuro migliore impegno civico essere utile incidere positivamente ascolto del territorio valore sociale del lavoro
passione interesse necessità
«[...] È importante conoscere queste esperienze nella loro specificità per coglierne il senso e significati profondi. In questa varietà di situazioni anche le motivazioni possono essere molto differenziate, e possono costituire dimensioni profonde caratterizzanti le esperienze. Sono motivazione a diversi livelli, principalmente “di necessità”, di carattere
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Perché essere RU?
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Come ti sei avvicinatə alla rigenerazione urbana?
«Questi rigeneratori con le loro storie di cimento e di impresa ci fanno capire che prendersi cura dei luoghi significa prendersi cura (in primo luogo) di se stessi e del proprio destino [...] Al centro del cambiamento c’è una nuova generazione a cui sono state chiuse un’infinità di porte, che con leggerezza e ironia, con un vitalismo fuori dal comune, si sta mettendo in gioco: è cooperativa e collaborativa per cultura, crede nella partecipazione e nella possibilità di allargare il numero degli attori intorno al tavolo, crede nella ibridazione dei campi».
Riappropriarsi dei luoghi Affrontando le tematiche del vivere quotidiano del mio quartiere Cittadino attivo, Architetto/urbanista (30-34 anni).
Le risposte raccontano con un punto di vista personale esperienze legate al riuso di spazi abbandonati o in stato di forte degrado. Rigenerare uno spazio a partire dalla sua storia e dalle persone che lo abitano diventa urgente se si pensa che le nostre città sono “sempre più spesso luoghi dello spaesamento, della spersonalizzazione e dell’anomia, luoghi da cui si è espulsi pur facendone ancora parte, in cui si sta senza risiedere, in cui si nasce senza essere indigeni” (Capone, 2020b). La rigenerazione urbana accoglie una domanda di luoghi bisognosi di cura e risignificazione, ma allo stesso tempo diventa strumento per abilitare le comunità che si riuniscono intorno ad un luogo, creando una tensione continua tra spazio fisico e comunità. Ed è proprio qui che si può collocare la volontà di RU: nell’aiutare le persone a riconoscersi come parte di una comunità, pensandosi come abitanti di luoghi in cui investire tempo ed energie per l’interesse collettivo.
Il senso della cura Volevo essere utile col mio lavoro e incidere positivamente sulla vita delle persone, mettermi al servizio. Community manager, Europrogettista, Architetta / urbanista, Policy designer / maker (45-49 anni)
“Who RU?” è un vero e proprio compendio di storie che testimoniano la cura e la dedizione di chi si mette a servizio della comunità e si impegna quotidianamente per produrre e alimentare il benessere collettivo. Come afferma Elena Granata (2017):
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Perché essere RU?
È interessante sottolineare che in questa prospettiva la cura della collettività passa necessariamente dalla cura di sé. Vi sarebbe dunque una dimensione personale che lega profondamente l’operato di RU al suo contesto, nonché alla sua esperienza di vita. L’azione di RU sembra nascere anche dalla sensibilità del singolo che decide di agire sul contesto al fine di rispondere ai propri bisogni percepiti, alla ricerca di una via possibile per un futuro migliore, sia esso professionale o di vita. RU sembra quindi affrontare un processo di empowerment, che porta a raggiungere la consapevolezza di poter essere un agente di cambiamento, non solo per se’ ma anche per gli altri. Si può quindi dire che l’operato di RU sia arricchito dalla sua forte volontà di mettere in gioco se stessə, le sue credenze, le sue competenze e il suo bagaglio di esperienze. In questo senso, il concetto di cura appare ampliarsi dalla cura di sé alla cura degli altri, fino ad accogliere non solo la cura dello spazio da co-abitare, ma soprattutto la cura della relazione finalizzata a consolidare le infrastrutture comunitarie. E quale miglior modo di fare comunità se non quello di prendersi cura dei beni comuni? Così ci si riconosce in un luogo non tanto per la sua delimitazione fisica, ma soprattutto per la narrazione condivisa che si costruisce intorno ad esso (Ostanel, 2017). Per questo la dimensione dello spazio pubblico rappresenta un capitale da mobilitare in chiave collettiva, un patrimonio comune che si trasforma in una piattaforma, quasi una vera e propria “tecnologia abilitante” (Nava, 2015) una rete, fatta di relazioni, nonché l’innesco per la sensibilizzazione degli abitanti alla vita comunitaria e alla cittadinanza attiva.
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Una mission collettiva
La ricerca delle vocazioni tiene in considerazione anche le inclinazioni personali e naturali di queste figure, che denotano una certa predisposizione, sia mentale che pragmatica, a rompere gli schemi routinari e strutturati, tipici dei percorsi professionali tradizionali. Quella di RU sembra essere una professione ad alta intensità motivazionale, che si alimenta grazie alla possibilità di poter seguire un certo ideale e di adottare un sistema di valori che lə faccia sentire in sintonia con il proprio operato. Qualunque siano i percorsi e le strade intraprese, si tratta di figure che imprimono al loro senso civico e alle loro visioni la forza della concretezza, trasformandoli in progetti di vita e di lavoro in grado di realizzare e promuovere scenari alternativi di sviluppo (Messineo, 2019). Soggetti accomunati dal desiderio di rigenerare e innovare l’esistente (Barbera, Parisi, 2019) ed essere attivatori di processi partecipativi e inclusivi atti a risignificare spazi, luoghi e beni (materiali o immateriali), per restituirli alle comunità. L’operato di RU, dunque, più che essere legato alla dimensione del benessere individuale, può essere identificato come espressione di una mission indissolubilmente legata alla dimensione collettiva, che connota una professione non solo ad alta intensità motivazionale ma anche a elevata densità relazionale.
la transizione ad un’economia post-industriale, arte, cultura e creatività ebbero un ruolo determinante nel dare risposta al declino fisico ed economico delle città prodotto dalla deindustrializzazione, al punto che la nozione di città creativa, postulata per la prima volta da Charles Landry e Franco Bianchini (1995), venne enfatizzata come strumento risolutivo ai problemi dello sviluppo urbano. In tale contesto, la presenza della classe creativa favorisce, secondo il suo teorizzatore Richard Florida (2003), un circolo virtuoso portando con sé innovazione, investimenti e crescita economica. Tuttavia, negli anni, sono emersi limiti e contraddizioni delle classi e delle città creative, costruite sui bisogni e le esigenze di un pubblico privilegiato, producendo forti disuguaglianze e la marginalizzazione di gruppi di lavoratori precari e fasce di popolazione a basso reddito (Pratt, 2011). Allo stato attuale, per superare questi meccanismi di forte polarizzazione socio-economica e favorire una prosperità inclusiva, si cerca di orientare i processi di city making verso modelli alternativi, in cui arte, cultura e creatività non siano considerati assets economici, ma strumenti di rigenerazione urbana sostenibili, utilizzati per riconvertire spazi fisici in nuove forme di assets comunitari, che permettano a tutti i cittadini di partecipare economicamente, socialmente e culturalmente alla vita delle loro città (Cottino, Zandonai, 2012). Quindi, per RU ogni progetto di rigenerazione dovrebbe rappresentare un terreno di pratica per stimolare l’immaginazione civica e ingaggiare gli abitanti in una conversazione creativa, aiutandoli a recuperare il sentimento di appartenenza ad un territorio e ad esprimere il loro potenziale collettivo come comunità.
Stimolare l’immaginazione civica
Un atto politico
La rigenerazione urbana ha costituito, ad un certo punto del mio percorso, il naturale bacino di atterraggio per lo sviluppo e la fattibilità di idee progettuali ed inclinazioni personali. È bello sentirsi parte di un nuovo settore disciplinare in crescita a cui poter dedicare interesse, entusiasmo e creatività. Cittadina attiva, Community manager, Policy designer / maker, Project manager, Amministratrice, Ricercatrice (30-34 anni)
Penso di esserci nata, forse senza saperlo. Per me la vita è politica, è cambiamento, è creare il bello o ricrearlo dove questo è venuto a mancare, migliorare, portare l’umanità dove c’è il degrado. Fa parte della mia vita in ogni campo, e l’architettura per me è un atto politico. Cittadina attiva, Architetta / urbanista, Organizzatrice di eventi, (30-34 anni)
Spesso fare “rigenerazione” è una vocazione :). Architetta, Fundraiser, Project manager, Policy designer / maker, Organizzatrice d’eventi, Designer della comunicazione / audience development (30-34 anni)
Rigenerare luoghi connettendo idee e persone è anche, e soprattutto, un lavoro che ha a che fare con la creatività. Negli anni che segnarono
Come è emerso dalla ricerca, chi si avvicina a questo mondo lo fa perché trova senso e gratificazione innanzitutto nell’impegno civico, alimentando il senso del vivere civile che, nel pensiero di
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Perché essere RU?
Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Hannah Arendt (2019) si fonda “sul vivere con gli altri per costruire il mondo in comune”. Secondo la storica e filosofa uno dei fenomeni che segnano la contemporaneità è proprio la “perdita di un mondo comune condiviso” e la progressiva erosione della sfera pubblica. Nella concezione arendtiana espressa nella “Vita activa” (Arendt, 2019), curare la dimensione spaziale della sfera pubblica è una delle condizioni fondamentali per l’esercizio di una effettiva ed efficace “agency” politica. La sua rivitalizzazione, attraverso la creazione di spazi dove i cittadini possano interagire e siano in grado di incidere su questioni di interesse collettivo, può far rifiorire la pratica della cittadinanza attiva. RU, nella veste di attivista o di professionista, si pone quale agente promotore di processi e pratiche comunitarie di continua ri-funzionalizzazione e ri-significazione di spazi che hanno perso il loro originario uso e che necessitano di evolvere la loro identità da spazio a luogo. In questa prospettiva, diventano luoghi vivi e pieni di senso quegli “spazi-piattaforma” che rivivono grazie alle contaminazioni tra pubblico, privato e civile, dando vita a conversazioni e a nuove azioni collaborative, in cui la dimensione comunitaria è protagonista di processi innovativi e di nuove forme di produzione del valore (Venturi, Zamagni, 2017). Prendersi cura dei luoghi non è solo essere parte ma è prendere parte a un progetto, a un’idea, a una comunità e pertanto lo si può considerare come un “atto politico”, come sostengono Fabrizio Barca, Paola Casavola e Sabrina Lucatelli (2014):
«spettatori passivi di una politica poco attenta a contrastare la piaga delle diffuse disuguaglianze a protagonisti attivi di una politica collaborativa che mettendo al centro i beni comuni garantisca il diritto alla felicità e a quello di vivere in comunità solidali e corresponsabili, accessibili e vivibili, inclusive e attrattive»
Riappropriarsi degli spazi, attraverso la loro risignificazione e la messa in comune di mezzi di produzione ed espressione culturale, è quindi il campo di lotta e di empowerment delle comunità su cui sembra basarsi il lavoro di RU, che dichiara di voler operare per il benessere collettivo e il miglioramento delle condizioni di vita e per restituire alla comunità quel “diritto alla città” perduto (Lefebvre, 2014).
«Per costruire i luoghi intendo un preciso atto politico: decidere in modo consapevole e fortemente partecipato i confini territoriali entro i quali, dalle Alpi a Lampedusa, possono maturare alleanze fra cittadini – lavoratori, consumatori, insegnanti, studenti, imprenditori, amministratori, professionisti – per disegnare e intraprendere strategie di emancipazione e sviluppo. Alleanze fra città. Alleanze all’interno di aree fragili. Alleanze fra aree fragili e luoghi in fermento. Alleanze all’interno di quartieri delle città. Alleanze fra montagna e pianura»
Nel momento in cui la partecipazione si traduce in volontà di “concorrere alle scelte da cui dipendono le [proprie] condizioni di vita”, Giuseppe Milano (2019) parla di cittadinз che passano dall’essere:
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
In che modo la pandemia sta impattando sul tuo lavoro nella rigenerazione urbana?
Un atto di necessità Allo stesso modo, la pandemia ci ha costretti a “cambiare gli occhiali”: dal lavoro fisico, nei luoghi e nelle relazioni, al lavoro digitale. Il campo di azione si stringe così al lavoro di pianificazione, strategia, formazione e comunicazione. I luoghi si svuotano. Vengono allo stesso tempo riempite le piattaforme e i canali digitali che ci costringono ad adottare e sperimentare nuovi strumenti e pratiche per il dialogo, l’ascolto e la coprogettazione con gli stakeholders dei processi di rigenerazione urbana. La rigenerazione urbana assume una dimensione meno localizzata e si accorciano le distanze. Cittadina attiva, Attivista, Community manager, Architetta / urbanista, Policy designer / maker, Project manager (25-29 anni)
sfidante, che si fa portavoce di nuovi bisogni verso i quali diventa necessario agire per trovare nuove soluzioni. La rigenerazione urbana si pone, dunque, come un processo in continuo divenire, ma al contempo profondamente radicato nel presente e proiettato al futuro: attraverso sperimentazione, innovazione e ricerca di soluzioni temporanee e creative mira ad adattarsi alle esigenze contestuali e contemporanee di territori e comunità, legandosi in senso stretto alle peculiarità del periodo storico, geografico e del contesto socio-culturale nel quale agisce, per trasformarlo dandogli nuove destinazioni d’uso e funzioni. Isabella Inti (2019) parla infatti di: «Edifici, aree urbane e spazi aperti soggetti a cicli di alto e basso utilizzo o abbandono, nel corso dei quali vi sono dei momenti di transizione, di incertezza e di immobilismo. Crisi economiche, instabilità del mercato finanziario, deindustrializzazione, cambiamenti politici, portano spesso al collasso delle vecchie destinazioni d’uso e quando ancora non vi sono nuovi programmi e progetti di riuso, allora si verifica un “gap temporale” […] È in questo tempo di mezzo, tra vecchia e nuova destinazione d’uso, che è possibile sperimentare attività e progetti temporanei (usi ad interim), che possono offrire nuovi scenari di rigenerazione urbana»
I motivi e le vocazioni che spingono le persone a occuparsi di rigenerazione urbana sembrano essere i più disparati. Per quanto riguarda il campione, il fil rouge che lega i diversi profili è il sentimento di necessità che contraddistingue l’operato di RU: fare rigenerazione viene inteso come un atto di urgenza, che la pandemia in parte ha incrementato, accelerando processi preesistenti (positivi e negativi), e ponendo diverse sfide al futuro. Come viene evidenziato da alcunз rispondenti, nell’attuale condizione di emergenza sanitaria, di recessione globale e aumento delle disuguaglianze, “la pandemia ha incrementato l’awareness sulla necessità di rigenerare e investire in miglioramento nella qualità urbana e dell’abitare”. Lo spaesamento che ne è conseguito è stato complesso e profondo, ma allo stesso tempo ha fatto emergere anche la volontà di accogliere i nuovi interrogativi metodologici come fonte di sviluppo e innovazione: “le risposte che stiamo mettendo in campo per affrontare la pandemia vanno proprio nella direzione di dare forza al legame sociale anche in una condizione di distanziamento”. Dalle risposte sembra emergere proprio il valore nascosto del periodo di crisi: se da un lato viene riportata la percezione di minaccia al lavoro faticosamente costruito da RU, dall’altro se ne intravede il potenziale
Come afferma l’autrice, l’unica costante di cui tener conto nella pianificazione è il continuo cambiamento delle variabili socioeconomiche e ambientali, che richiedono una flessibilità tale da poter accogliere l’incertezza che caratterizza la contingenza degli eventi. Da questo punto di vista, la pandemia ha certamente cambiato la visione urbana, nonché l’importanza che si dà allo spazio pubblico. Se i mesi di distanziamento fisico e sociale hanno svuotato i luoghi “reali” andando a riempire quelli digitali, hanno anche fatto emergere nuove necessità di connessione e interazione che richiedono diverse modalità di attuazione. Come riportato da Fabio Bozzato (2020), la politologa Stefania Urbinati sottolinea che la ricerca di una risposta ai recenti cambiamenti pone innanzitutto alcuni interrogativi:
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Perché essere RU?
«E se l’esaltazione della vita sociale che abbiamo conosciuto fino a ieri non fosse che un grande meccanismo di gregarietà? [...] Forse dovremmo ridefinire quel “sociale”.
Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
In realtà, i rapporti sociali non si interrompono e non si sono interrotti. [...] le distanze sociali non si sono mai accorciate, né prima né dopo la pandemia. E intendo tutte le distanze, di classe, di ceto e di genere. Chi vive nei condomini di periferia e chi in una palazzina del centro non erano vicini socialmente neanche ieri. Il virus ce l’ha solo svelato: avevamo più relazioni fisiche, ma in un contesto dove le relazioni sociali non c’erano proprio»
Capitolo 7
Come? In che modo? Tools e Skills del “mestiere”
La complessità di questa nuova situazione diventa anche occasione per intraprendere una riflessione collettiva sul lavoro di RU nelle città di oggi e di domani. Forse, come sostiene unə partecipante al questionario “dobbiamo approfittare per riflettere sul dilemma della società aperta: la neghiamo per curarci ma la dobbiamo invocare per riprenderci e per generare i nuovi anticorpi culturali e, più in generale, di relazione sociale”. Come lavorare allora per tenere insieme necessità così opposte? Porsi questo interrogativo appare essere una delle esigenze imposte dall’attuale emergenza pandemica. Se il sentimento che accomuna RU è quello di agire secondo necessità, il contesto attuale sembra suggerire che RU impari a declinare il proprio intervento adattandolo, riscoprendosi mediatore e connettore tra le istanze.
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Perché essere RU?
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Una cassetta degli attrezzi condivisa e sperimentale
Dato il variegato profilo di RU, sia formativo che professionale, è interessante scoprire di cosa si compone la cassetta degli attrezzi di una figura così sfaccettata. La lettura delle risposte fornite restituisce un quadro diversificato degli strumenti adottati e, allo stesso modo, enfatizza il valore delle componenti immateriali impiegate, a prescindere dalla formazione di RU, sia essa stessa più tecnica o umanistica. “Interviste”, “facilitazione” ed “empatia” sono le voci che infatti raccolgono il numero maggiore di risposte (Fig.20). È interessante rilevare che, al di là di ogni preconcetto, il campione con formazione scientifica indica addirittura l’empatia come lo strumento principale adottato da RU, sottolineando in questo modo l’importanza dell’aspetto relazionale, sebbene la sua formazione sia riconducibile ad una dimensione più “fisica”. Coloro che si riconoscono professionistз della rigenerazione urbana (si veda cap. 3.2, in particolare Fig. 9-14) sottolineano la necessità dell’ascolto, dell’analisi, dell’osservazione e della mediazione, affermando l’importanza degli
strumenti appartenenti alla sfera delle competenze soft (si veda paragrafo successivo) come cardinali nei processi di rigenerazione urbana via innovazione sociale. Riguardo gli strumenti analogici o digitali, nel complesso, le risposte fornite sono molto vicine tra loro. Questo dato suggerisce che, ancor più nel periodo storico che stiamo attraversando, la dimensione del contatto calda, ossia il più possibile disintermediata rispetto all’utilizzo di mezzi o processi di interfaccia, sia ancora centrale nella vita e nei processi rigenerativi. Inoltre si potrebbe pensare che le “piattaforme digitali” – che tuttavia tra tutte le opzioni ottengono una numero di risposte leggermente minore non siano state ancora adeguatamente esplorate come mezzo per la facilitazione. Tali supporti non vanno ad ogni modo banalizzati, ossia utilizzati in maniera puramente strumentale, ma andrebbero studiati per il valore aggiunto che possono apportare all’esperienza interattiva, che dovrebbe coniugare contenuti informativi ed emozionali (Surace, 2019), facilitando dunque gli utenti nell’espressione dei propri bisogni nonché volontà, in un processo di empowerment tecnologico.
20: Gli strumenti della rigenerazione urbana (n. 111) Agenda: 53/111 Attrezzi da lavoro: 59/111 Computer: 70/111 Empatia: 95/111 Facilitazione: 89/111 Giochi: 52/111 Interviste: 89/111 Libri: 53/111 Macchina fotografica: 71/111 Piattaforme digitali: 49/111 Plastici: 22/111 Post-it e pennarelli: 62/111
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Perché essere RU?
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Le competenze di RU: verso una definizione transdisciplinare
Tab. 1: Gradienti di colore delle competenze di RU da 1 a 0,81 da 0,8 a 0,61 da 0,6 a 0,41 da 0,4 a 0,21 da 0,2 a 0 da 0 a -0,2
Immagino un RU un po’ “Batman”, pronto ad intervenire prima, durante e dopo un impatto, per supportare con le sue skills le scelte del decisore politico, che siano realmente efficaci e sostenibili. Cittadino attivo, Community manager, Accademico (24-29 anni)
da -0,21 a -0,4 da -0,41 a -0,6 da -0,61 a -0,8 da -0,81 a -1
Alla luce di quanto emerge dall’analisi degli strumenti di RU e dei profili professionali ricoperti, si è focalizzata l’attenzione su quali siano le competenze necessarie per esercitare l’attività di RU. A tal fine, sono state indagate le possibili relazioni che intercorrono tra l’abilità, la piacevolezza, l’impatto sociale positivo generato e la percezione del valore economico per ognuna delle skills prese in esame. Citando un articolo di Ilda Curti (2016) di qualche anno fa: «La fatica nel declinare le competenze e gli skills del rigeneratore urbano è direttamente proporzionale all’ambiguità del termine che, nel dibattito pubblico italiano, lo usa indifferentemente per descrivere progetti di riqualificazione, trasformazioni urbanistiche, interventi hardware sulla morfologia fisica della città.»
Così come il termine RU (e quindi rigenerazione urbana) necessita di continua disambiguazione (si veda cap. 4), la definizione di skill non è da meno: il termine inglese è indifferentemente utilizzato per esprimere abilità, talento, tecnica, competenza, bravura ed altro ancora. In linea con il profilo di RU (cap. 3), anche in relazione alle sue attività (cap. 4), per l’analisi ex post delle competenze è sembrato utile interpretare il termine skill nel senso dell’abilità, del saper fare, attraverso una classificazione basata sul loro grado di trasferibilità, sia in senso trasversale che verticale (AA.VV., 2011)*. * Hard skills: abilità tecniche, specifiche della professione, generalmente osservabili, misurabili, allenate e strettamente connesse con la conoscenza, distinguendole in generiche e specifiche, a seconda del grado di trasferibilità. Soft skills: abilità non specifiche della professione, generalmente intangibili, difficilmente misurabili, strettamente connesse con le attitudini e perfettamente trasferibili.
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Perché essere RU?
Tab. 2: Heatmap delle competenze (n. 103) Lavorare in maniera collaborativa
Abile
Piacevole
Impatto
0,96
0,84
0,53 0,43
Interagire con la diversità
0,32
0,43
Coinvolgere e abilitare le persone e le loro potenzialità
0,29
0,70
0,43
Comunicare un progetto
0,19
0,31
0,40
Dialogare con istituzioni pubbliche e/o private
0,07
-0,43
0,39
Adattarsi a differenti contesti
0,76
0,50
0,30
Gestire e organizzare la complessità
0,27
0,25
0,27
Innovare, sperimentare attraverso soluzioni creative
0,35
0,72
0,24
Facilitare i processi
-0,08
0,22
0,24
Valutare gli impatti
-0,72
-0,34
0,16
Ideare e redigere progetti
0,39
0,52
0,13
Orientarsi pragmaticamente al fare
0,25
0,37
0,11
Gestire le relazioni in modo strategico
-0,17
-0,09
0,07
Raccogliere fondi per rendere un’azione realizzabile
-1,09
-1,06
-0,05
Analizzare e fare sintesi
0,61
0,30
-0,09
Gestire l’incertezza e il cambiamento
-0,13
-0,23
-0,14
Raccogliere ed elaborare dati
0,03
-0,35
-0,18
Parlare in pubblico
0,07
-0,21
-0,18
Gestire aspetti contabili, burocratici e amministrativi
-0,78
-1,42
-0,35
Progettare spazi fisici
-0,12
0,18
-0,42
Decision making/leadership
-0,08
-0,16
-0,46
Generare cambiamento attraverso il conflitto
-0,67
-0,52
-0,75
Definire prototipi
-0,71
-0,53
-1,07
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Le ventitre skills prese in esame fanno riferimento ad ambiti formativi diversi nonostante siano tutte ascrivibili al settore della rigenerazione urbana. Inoltre, accanto a competenze legate a percorsi universitari e di formazione formale, compaiono abilità legate all’apprendimento informale, ovvero maturate sul campo o frutto di predisposizioni personali. La prima analisi è stata svolta rispetto al campione complessivo, cercando di operare una lettura trasversale delle skills, nelle tre dimensioni sopra enunciate di abilità, piacevolezza e impatto. Per visualizzare meglio i differenti valori attribuiti dal campione a ciascuna di esse, è stata utilizzata una heatmap, o mappa di calore, a cui ad ogni colore è associato un range di valori di distanza, positiva o negativa, dalla media normalizzata come riportato in legenda (Tab. 1). Alla luce dei dati emersi rispetto alle abilità più sviluppate, la necessità di RU appare quella di coltivare e acquisire competenze volte ad interfacciarsi con tutti i soggetti coinvolti nei processi. Capacità tese a dar voce alle marginalità e a mitigare le disuguaglianze sociospaziali “con e per le comunità” (urbaMonde, 2014), considerandole il punto di partenza e arrivo di ogni processo di rigenerazione ad impatto positivo. Dialogare in contesti multiscalari e sintetizzare, per rendere il proprio operato accessibile. Al contrario, le abilità legate a specifiche competenze tecnico-scientifiche non sono segnalate come tra le più sviluppate. Per quanto riguarda lo specifico aspetto della piacevolezza nell’esercizio delle competenze, intesa come facilità e predisposizione vocazionale, si evidenzia il tema dell’innovazione e della creatività come propulsione verso un rinnovamento di politiche e pratiche. D’altro canto, le competenze meno piacevoli, sono quelle legate all’aspetto economico di raccolta e gestione dei fondi. Questo dato sembra suggerire una diffusa insoddisfazione, riconducibile più in generale al Terzo Settore, rispetto alla logica del “bandificio” (Fiaschi, 2018), che non permette una stabilità e sostenibilità dei processi. Infine, per la buona riuscita di processi di rigenerazione urbana, tornano le competenze legate a team ampi e flessibili che, a seconda della progettualità, necessitano di diverse figure professionali coinvolte, capaci di adottare linguaggi e registri differenti a seconda dei contesti. Un’attenzione particolare viene posta ad “interagire con le diversità” a cui viene attribuito un alto impatto e che può essere letta come attenzione verso le marginalità, le ingiustizie sociali ed urbane, di quello che solitamente la nostra società evita di vedere al fine di
approfondire, connettere e dare interpretazioni nuove e soluzioni incisive. La lettura incrociata di abilità, piacevolezza e impatto positivo generato, fornisce inoltre numerosi spunti di riflessione circa la formazione oggi dedicata a RU e la sua efficacia, oltre a restituire una descrizione qualitativa delle sue attività. Nel seguente grafico (Fig. 21) è esplicitata dunque la relazione tra impatto, piacevolezza e abilità selezionando le competenze più impattanti per il campione che dichiara di aver frequentato dei corsi specifici. La scelta di prendere in esame tale sottocampione è dettata dal fatto che questi soggetti hanno tentato più di altri di diversificare le proprie competenze, risultando per certi aspetti i più adatti a rappresentare le sfaccettature del tema. L’elaborazione delle risposte, in linea con quanto già illustrato nei capitoli precedenti, sembra rivelare che RU si muove in un mondo composto in gran parte da soft skills che implicano la dimensione sociale: una realtà fatta di relazioni, attorno cui si costruiscono le attività della rigenerazione urbana. Si nota inoltre che esse sono aspecifiche rispetto alla formazione, quindi confermano una realtà interdisciplinare. “Lavorare in maniera collaborativa” e “adattarsi a differenti contesti”, sono quelle in cui il sottocampione si sente più abile ma che, tuttavia, sono assimilabili ad attitudini personali. I percorsi per diventare RU, invece, potrebbero integrare ed implementare le restanti, mettendo in campo una
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Perché essere RU?
21: Rapporto tra abilità, piacevolezza, impatto – corsi specifici (n. 51) Abilità 1
Lavorare in maniera collaborativa Coinvolgere e abilitare le persone e le loro potenzialità
0,75 0,50 0,25
Adattarsi ai differenti contesti
0
Comunicare un progetto
-0,25
Interagire con la diversità Impatto
Piacevolezza
Facilitare i processi Dialogare con istituzioni pubbliche e/o private
Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
formazione il più possibile trasversale con un alto contenuto di soft skills, da mettere in relazione ad altrettanti strumenti e metodi. Allo stesso modo, RU che si dichiara professionista della rigenerazione urbana, indica le soft skills come le competenze necessarie per sviluppare processi in grado di generare valore sociale, riconoscendo nell’intangibile il vero driver di sviluppo (Fig. 22). Eppure, le soft skills non sembrano avere sufficiente appeal sul mercato. Questo potrebbe essere ricondotto anche all’assenza di uno standard univoco e condiviso in grado di valutare l’impatto sociale generato attraverso la messa in campo di queste competenze. La complessità di tale valutazione è direttamente legata alla natura multidimensionale dell’impatto sociale, che rappresenta il cambiamento non economico generato attraverso una serie di risorse, input e processi adoperati in attività che modificano le condizioni di vita/lavoro/relazione delle persone, portando al benessere collettivo (Emerson et al. 2000; Epstein, Yuthas 2014). La difficoltà di tradurre in una metrica finanziaria i risultati prodotti in termini di cambiamento, avvalendosi di sistemi adeguati di valutazione, basati su parametri e indicatori in grado di leggere e misurare il valore generato, rende difficile, non solo attestarlo, ma anche di fatto ripagare i costi che lo hanno generato, inclusi i costi del lavoro.
L’importanza delle soft skills viene confermata da due degli ambiti in cui RU dichiara di avere più esperienza: “coinvolgimento attivo degli abitanti” e “analisi degli abitanti e delle risorse territoriali”. Tuttavia il settore in cui il campione dichiara di essere maggiormente esperto risulta “progettazione e costruzione di spazi”. Questo dato appare in contrasto con l’analisi delle competenze di RU, in accordo alla quale “progettare spazi fisici” è associata addirittura a valori negativi dal punto di vista dell’impatto, ritenuta dunque non utile ai fini della rigenerazione urbana anche dal sottocampione con formazione scientifica. Sembra necessario pertanto chiedersi se la “progettazione e costruzione di spazi fisici” sia un ambito in cui RU si ritiene esperto per altre ragioni di esperienza professionale o se invece per eseguire interventi di rigenerazione urbana non si possa prescindere anche dalle trasformazioni fisiche. Proseguendo con l’analisi si rileva che “marginalità”, “sostenibilità economica e organizzativa”, “raccogliere fondi per rendere un’azione realizzabile” e “gestire aspetti burocratici e amministrativi”, vengono indicati come ambiti in cui non si ha esperienza, o come competenze nelle quali non ci si ritiene abili. Questo dato, oltre che aprire a dubbi circa la sostenibilità delle azioni condotte, interroga in merito alla
22: Comparazione tra hard skills e soft skills rispetto alle quattro domande di ricerca sulle competenze (campione che si dichiara professionista della rigenerazione urbana, n. 54)
23: Esperienza nei vari ambiti del settore (n. 111)
Quanto ritieni di essere abile nell'esercizio delle seguenti competenze? y
Marginalità y
-0,51
Sostenibilità economica e organizzativa y
-0,24
Comunicazione / audience development y
-0,08
Quanto trovi piacevole esercitare le seguenti competenze? y
Per generare un impatto sociale positivo nei territori e per/con le comunità, quanto ritieni utili le seguenti competenze? y Secondo te, quanto valore economico il mercato attribuisce alle seguenti competenze? y
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Perché essere RU?
2,69
Hard Skills y Soft Skills y
-0,28 2,72
H.S. y S.S. y
-0,20
0,95
H.S. y S.S. y
H.S. y S.S. y
-0,03
-1,81 0,37
Produzione culturale y
0,08
Coinvolgimento attivo degli abitanti y
0,22
Analisi degli abitanti / delle risorse territoriali y
0,23
Progettazione e costruzione di spazi y
0,28
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
necessità di formare con maggior cura delle figure specializzate in questi ambiti (Fig. 23). Il delinearsi del toolkit e delle competenze che RU dichiara di possedere, se messi in relazione ai percorsi formativi oggi disponibili e agli ambiti applicativi, suggerisce quanto riportato di seguito: Una cassetta degli attrezzi condivisa e trasversale: toolkit interdisciplinare e definizione di strumenti e profili in ottica circolare. Necessità di ibridare i percorsi, valorizzandone tuttavia le specificità, in grado di rispondere alla richiesta dei territori e dei soggetti coinvolti. Tanti strumenti per tantə RU, accomunati da elementi per condividerli come l’utilizzo di un linguaggio comune; tantə RU per tanti strumenti da condividere. Rigenerazione urbana come sistema complesso e multidimensionale, che necessita di una pluralità di strumenti di diversa natura: interrogare i territori, partendo dalle attrici e dagli attori, curando le relazioni, dunque, per azioni che possano essere durevoli ed inclusive. Dimensione laboratoriale: learning by doing, lavoro sul campo e ricerca azione, percorso ricorsivo tra sapere e saper fare, tra prove ed errori.
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Perché essere RU?
L’ecosistema della rigenerazione urbana: storie ibride e condivise
Nella necessità di riciclare il mio ruolo professionale ho trovato la prerogativa della rigenerazione come un terreno fertile da associare pertinentemente nella ricerca della costruzione di un futuro migliore. Cittadino attivo, Organizzatore di eventi, Project manager, Ricercatore, Agente di prossimità (45-49 anni)
Grazie alle risposte ricevute nel questionario, abbiamo potuto prendere nota di esperienze che possono essere sintetizzate con due parole chiave: multidisciplinarietà e ricerca-azione. Si ha a che fare con storie di team multidisciplinari in cui tuttз lз componentз hanno avuto la possibilità di contaminarsi a vicenda a favore delle attività svolte. Spesso queste cooperazioni virtuose hanno condotto alla produzione di strumenti e metodologie interattive utili all’obiettivo comune. Delle vere e proprie esperienze di “ricerca-azione collettiva” (Dynamoscopio, 2021), per la progettazione di strumenti sperimentali condivisi, aperti alle contaminazioni e all’ibridazione, non solo degli ideatori, ma anche dei fruitori che diventano co-designer dello strumento. Le risposte rivelano, inoltre, il ricorso a competenze quali orizzontalità, flessibilità e capacità di ascolto, da intendersi non solo verso gli abitanti, ma anche verso gli altri membri del team. L’ascolto sarà tanto più valido, quanto più verranno scardinati i propri preconcetti, a favore di un nuovo orizzonte condiviso (Sclavi, 2006). Solo attraverso questa dimensione collaborativa, si potrà testare e sperimentare la validità degli strumenti progettuali in un percorso condiviso ed efficace. A fronte di tali considerazioni, emerge che la settorializzazione dei percorsi formativi, non costituisce alcuna forma di ostacolo rispetto a queste esperienze di libera contaminazione. Anzi, sembrerebbe che i soggetti che operano nella rigenerazione, tanto più sono formati, tanto più cercano di mettersi in gioco per acquisire, non solo nuovi saperi, ma soprattutto nuove esperienze in accordo al learning by doing e long life learning. Si riconferma dunque la necessità di percorsi che non neghino un background fatto di competenze dure, ma lo mettano a sistema con nuove competenze morbide, prevedendo esperienze
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
laboratoriali e/o sul campo. Si propone quindi una lettura in cui hard e soft skills, conoscenza e sperimentazione possano ibridarsi “dando vita a sintesi impreviste” (Cicerchia, 2019). RU, con il suo profilo ibrido, mostra “il coraggio, la capacità e anche la tenacia di nuotare controcorrente” (Sclavi, 2006), in un sistema professionale che, a fronte sia delle esperienze personali delle autrici sia di quanto emerso dal questionario e da alcuni relatori incontrati al master, sembra esaltare prevalentemente le competenze tecniche ed iper-specializzate. Ne sono dimostrazione emblematica le Pubbliche Amministrazioni (PA) che ancora oggi privilegiano l’assunzione (ove avviene) di figure professionali formate prevalentemente in ambito scientifico. L’identikit auspicabile di RU, quale figura in grado di gestire processi complessi, avere competenze trasversali e soprattutto in possesso di un bagaglio di skills multidisciplinari (Curti, 2018), si scontra con la predominanza di team di lavoro (nella PA e non solo) caratterizzati da un’unica e prevalente figura professionale, quella dell’architettə/urbanista. L’indagine stessa, come ci ha dimostrato il campione auto-dichiaratosi professionista retribuitə presso o per conto della PA negli ultimi due anni (che si è identificatə nelle figure professionali come quelle sopracitate), ha confermato che in Italia vi sia sempre troppo spesso un focus sul cosa rigenerare più che sul chi e come. Oggi ancor più che in passato andrebbe attuata una vera e propria ibridazione tra la città costruita e la città rigenerata. La PA che predilige ancora un profilo scientifico, orientato ad interventi fisici, quale attuatore e ideatore di processi rigenerativi dovrebbe rendersi conto che non è più sufficiente. È invece necessario, sempre di più se si vuole lavorare con e per la rigenerazione urbana, intrecciare sia team multidisciplinari di professionisti, sia il governo pubblico delle trasformazioni urbane attraverso forme emergenti di innovazione sociale che reclamano saperi non esclusivamente iper-tecnici. Si auspica altresì un ripensamento delle relazioni tra istituzioni e società, tra saperi scientifici, umanistici e delle scienze sociali: abilitando, co-progettando e cocreando soluzioni ai problemi complessi e collettivi, oltrepassando un’imposizione dall’alto di modelli di intervento squisitamente tecnici. Le politiche pubbliche di rigenerazione urbana dovrebbero orientarsi verso una logica di empowerment e di aggiornamento tecnico-culturale della PA, per permettere a chi opera in urbanistica di contaminarsi e collaborare con figure professionali in possesso di altre competenze
sul lato della valutazione economico-sociale delle trasformazioni, delle capacità promozionali dei processi di rigenerazione urbana, delle competenze nel gestire complesse fasi partecipative che coinvolgono tutti gli attori del processo. Si tratta di attrezzare nuovi settori, nuove direzioni, nuovi team con profili tecnici della PA che non si limitino più a controllare la conformità delle trasformazioni a valle dei Piani, ma che siano capaci di gestire processi in grado di dare nuova conformazione giuridica alle trasformazioni possibili, operando una negoziazione fra tutti gli interessi coinvolti, pubblici e privati. A fronte dei processi rigenerativi in atto nel contesto italiano e avallando la necessità di riconoscere una figura professionale come quella di RU, la PA potrebbe orientare il proprio ammodernamento, ancora in questi mesi promosso dal “Governo Draghi”, prevedendo la possibilità di formare delle équipe multidisciplinari strategiche rispetto ai problemi da affrontare. Aprire nuovi sguardi all’interno della macchina amministrativa e in prospettiva, dare forma a nuove figure professionali. Questa è la sfida che dovrebbe accettare la PA, così da essere pronta a rispondere e a intervenire per la proficua gestione di processi di rigenerazione urbana centrati sugli aspetti sociali, sui rapporti umani di comunità e sull’innovazione sociale, e non da modelli di sviluppo basati esclusivamente su business model e logiche al massimo ribasso che non tengano conto della complessità e qualità degli interventi sul medio-lungo periodo. RU si confronta con una realtà sempre più complessa e accelerata, ricca di soggetti e interessi differenti, che richiedono l’adozione di strumenti diversificati, da implementare attraverso la propria attività. In questa realtà “polifonica” (Sclavi, 2006), si auspica l’attivazione di reti di collaborazione, sia con le comunità che con il proprio team di lavoro, diversificato tanto quanto il sistema con cui ci si confronta. C’è bisogno quindi di adottare una prospettiva e un linguaggio condiviso e interdisciplinare, in cui ognuno mantenga le sue specificità, ma possa sperimentare sinergicamente strumenti innovativi per innescare processi di rigenerazione urbana ed ecologica durevoli e di impatto positivo.
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Perché essere RU?
“Nella Politica, Aristotele scrisse una città è composta da diversi tipi di uomini; le persone simili non possono dar vita a una città” (Sennet, 2018)
Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Capitolo 8
Rigenerare il futuro
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione
Gli esiti delle elaborazioni e considerazioni presentate nei capitoli precedenti sembrano confermare che RU e più in generale la rigenerazione urbana via innovazione sociale costituiscono rispettivamente una figura e un fenomeno multiformi e complessi, difficili da analizzare quanto da restituire. L’indagine è nata per scoprire e valorizzare i tratti e le sfumature che compongono una figura poliedrica e ancora in divenire piuttosto che definire in modo statico un ritratto univoco ed inalterabile di RU. I dati raccolti confermano quanto sia difficile inquadrare RU in un racconto esaustivo, e questo risulta ancora più vero quando si tratta di dover non solo delineare, ma programmare le progettualità rigenerative, incrociando la dimensione spontanea e autorganizzata con una più istituzionale e strutturata. Indagini come questa speriamo possano contribuire al riconoscimento del valore generato dall’operato di RU, promuovendo modelli di pianificazione aperta in grado di integrare e ottimizzare le sue competenze e le sue attività. Assunto dunque che RU non è univocamente definibile, possiamo tuttavia elaborare delle riflessioni alla luce dei dati emersi. RU possono essere tuttз, anche cittadinз o attivistз, poiché di per sé la rigenerazione urbana è un atto politico. Riteniamo che chi si attiva in ottica rigenerativa in un certo senso scelga di posizionarsi, di porsi come agente trasformativo della vita urbana facendosi protagonista di processi di autodeterminazione volti al benessere collettivo prima ancora che individuale. Ciò che sembra accomunare i/le RU è la passione, la vocazione, l’impegno civico e la responsabilità politica, tuttavia alcunз RU decidono di rendere questi valori un vero e proprio mestiere. Per quanto sia sottile il confine tra attivismo e professione, bisogna riconoscere l’esistenza di questo lavoro, che andrebbe accreditato anche formalmente, in quanto RU è una figura dotata di una specifica formazione e combinazione di competenze. Non solo: si potrebbe dire che RU professionista, consapevolmente, si fa essə stessə strumento e volano di rigenerazione urbana, abilitando le comunità a prendersi cura dei luoghi, rispondendo alle sfide ecologiche, socioeconomiche, nonché culturali. Un processo dunque che va al di là delle proprie istanze personali, in favore di un benessere collettivo che non coincide necessariamente con il proprio e che è proiettato al futuro, in un’ottica di medio-lungo periodo. RU opera in differenti contesti e dimensioni socio-spaziali, cercando di intervenire per mitigare le molteplici diseguaglianze territoriali. Le opportunità di sperimentare e di accrescere il proprio bagaglio
formativo sul campo, come ci dimostra il campione stesso, spesso si ricercano lontano dal luogo di nascita, al quale però si cerca di fare ritorno per incidere positivamente sul proprio territorio (cap. 3). Se è vero che il contesto di nascita incide sulla possibilità di mettere in campo azioni concrete di rigenerazione urbana, quanto questo incide nell’avvicinamento alla professione e alle pratiche? Come ridurre le disuguaglianze territoriali e accrescere le opportunità affinché vi sia una diffusione capillare in tutto il Paese delle pratiche di rigenerazione urbana? RU è in prima linea nel fronteggiare queste sfide, cercando di diffondere il più possibile il suo operato, sebbene sia ancora necessario un sistema che renda le sue azioni strutturali. Come agente del cambiamento, enzima, collettore di istanze, favorisce e concerta le trasformazioni socio-spaziali, ponendo attenzione all’integrazione multiculturale e all’inclusione (cap 4). Collabora in un contesto ibrido, sia fisico che digitale, interpretando le nuove sfide della partecipazione come opportunità. A fronte di ciò, come è possibile interpretare la prossimità in cui opera RU? Quali caratteri deve avere? Come tenere insieme allora spazio fisico, spazio sociale e spazio digitale? Se accolte, le sfide dell’innovazione tecnologica, anche grazie all’accelerazione dettata dalla pandemia, potrebbero offrire un orizzonte nuovo di possibilità di partecipazione, con la clausola di prevedere un’adeguata infrastrutturazione che ne garantisca accessibilità e abilitazione. I dati mostrano anche che si tratta di un lavoro a predominanza femminile che si dispiega in attività, e quindi profili professionali, molto diversi tra loro. Ciò che emerge nitidamente è che RU ricopre spesso più ruoli contemporaneamente (cap. 3), lasciando intuire una insostenibilità economica della figura professionale di RU dettata da una precaria e intermittente condizione retributiva. Tale situazione risulta ancora più critica se si pensa anche alla sostenibilità cognitiva delle attività di queste persone che devono assolvere a molteplici mansioni, da conciliare anche con la propria vita privata. Se RU si confessa animatə da una così forte passione, una vocazione come espresso nelle risposte aperte del questionario (cap. 6), si evince ancor di più la difficoltà di dividere in modo netto il tempo di lavoro con i tempi di vita. RU dunque sembra essere ciò che si intende per workaholic (Oates, 1971), ovvero colui e colei che mettendo in secondo piano se stessə e la sua sfera privata non riesce più a scindere tra lavoro e valori personali. Emerge quindi la frustrazione di svolgere
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delle attività a cui non viene riconosciuto un adeguato valore economico. I/le partecipanti al questionario infatti, all’analisi delle skills hard e soft, segnalano forti discrepanze tra valore di mercato di una competenza e la capacità della stessa di generare un impatto sociale positivo (cap. 7). Crediamo sia utile e urgente chiedersi se e come legare il valore economico di una certa attività e competenza di RU al valore e all’impatto sociale ed ecologico positivo generato. In quale misura e con quali metriche? In questa luce, quali le condizioni che contribuiscono alla sostenibilità economica delle pratiche di rigenerazione urbana? Continuando ad interrogarci sul valore economico, e non solo, attribuito all’operato di RU, emerge dall’indagine un’altra criticità legata al riconoscimento delle sue molteplici competenze. L’elaborazione dei dati, seppur non rappresentativa della totalità dell’ecosistema, suggerisce che RU è un soggetto altamente formato in materie scientifiche e tecniche, mentre le altre discipline risultano scarsamente rappresentate e poco ricercate nel mercato del lavoro sempre più settoriale. Ciononostante sono qualitativamente riconosciute molto valide abilità e strumenti tipicamente relazionali (cap. 7). L’elaborazione delle risposte ottenute ha rivelato che sono le competenze “morbide” quelle in cui RU si ritiene maggiormente abile, al netto della sua formazione primaria, poiché sono state maturate da un lato in percorsi di studi specialistici, dall’altro in un processo continuo di long life learning e learning by doing. Il possesso di queste capacità trasversali e transdisciplinari, di notevole efficacia nella mediazione di interessi differenti in contesti eterogenei, porta dunque a chiedersi come prevedere un mercato del lavoro in grado di riconoscere e valorizzare queste competenze sia hard che soft. Fa inoltre pensare a percorsi formativi che sappiano rimodularsi in modo incrementale, integrando forme di apprendimento capaci di sviluppare e legittimare ambo le competenze. La multidisciplinarietà non si rileva solo tra le competenze di RU: è il tratto fondamentale del suo team di lavoro. RU opera in costante relazione, collabora e coopera poiché nessun processo rigenerativo può essere condotto da singoli individui, in quanto necessita di un approccio olistico e multidisciplinare. La complessità delle sfide con le quali si confronta richiede infatti capacità di ascolto attivo, analisi, mediazione ed empatia che solo un équipe adeguatamente composta può garantire. Come allora rendere strutturale nei processi rigenerativi il ricorso a questi team professionali, equamente bilanciati e con un approccio adattivo nei confronti della complessità dei contesti in cui si opera?
RU emerge come una figura fluida capace di connettere e tessere relazioni con e tra attori pubblici e privati operando con strategie, metodi e azioni multidimensionali e multiscalari. La sua formazione ed esperienza, maturata in anni di confronto e accrescimento personale e professionale, hanno permesso di operare con un approccio olistico per e con attori di diversa natura nell’ottica di facilitare i processi e mediare gli interessi (cap. 4 e 7). Possiamo dire quindi che RU opera nell’intersezione tra dimensione immateriale e materiale, sembra essere capace di scardinare la dicotomia tra hardware e software pensando a nuovi metodi e strumenti di pianificazione ecologica e integrata. Attraverso un approccio volto al riuso e recupero di spazi abbandonati, RU si pone con attenzione e sensibilità particolare alle marginalità, operando attraverso forme di urbanismo tattico e soluzioni creative basate sulla natura. È in grado di innescare interventi sperimentali, temporanei e incrementali, capaci di convertire luoghi dalle identità sospese, “in un’ottica intersezionale e non patriarcale di città” come sostiene Leslie Kern (2021). Le pratiche di riuso, ambito cardine della rigenerazione urbana, possono anche essere intese come un processo di perpetua ri-funzionalizzazione e ri-significazione di spazi che, avendo perso la loro destinazione d’uso primigenia, necessitano di evolvere la loro identità condivisa per rispondere a bisogni di servizi, beni e risorse cogenti per le comunità locali. Sulla base di questa presa di coscienza, è altresì indispensabile ripensare alla riconversione ecologica di spazi, beni e servizi, capaci di assolvere e incorporare nuove funzioni (cap. 4). RU quindi si approccia in maniera incrementale ai processi, basando le proprie pratiche su azioni e procedendo per prove ed errori, più che su compiti e mansioni prestabiliti. È una figura che comporta una continua strutturazione e destrutturazione di ruoli e saperi, che con difficoltà si concilia con le logiche settoriali basate sull’apprendimento a silos iperspecialistico. Questo assetto risulta portato all’estremo se si osserva la struttura organizzativa tipica degli enti locali e della PA. Non si sono ancora affermate procedure di carattere nazionale o sovralocale né prassi territoriali capaci di accogliere la portata innovativa e creativa dei processi e delle pratiche rigenerative se non in pochi casi, dove la tensione dettata dal principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale è stata compresa e attuata. Dunque, la ricerca vuole anche aprire una sfida con le istituzioni. Una sfida aperta che le orienti verso modalità di lavoro svincolate da logiche verticistiche a favore di un approccio
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sempre più interservizio che superi l’immobilismo e l’incomunicabilità frutto di formalismi estremi e gestioni settoriali. Incentivare dunque l’adozione di nuovi assetti ed architetture istituzionali orientate alla collaborazione sussidiaria ed abilitare le comunità prossime affinché si inneschino forme ibride e pratiche innovative di partecipazione attiva, di concertazione e co-gestione di processi generativi di innovazione sociale e di pratiche redistributive. Resta ancora da indagare ed esplorare la forma giuridica e professionale di RU, come forse dovrebbe essere chiarito il concetto di rigenerazione urbana (sia a scala europea che nazionale) e condiviso maggiormente. Risulta infatti, ancora oggi, difficile il confronto pubblico all’esterno della nicchia di coloro che si occupano di rigenerazione urbana e innovazione sociale a causa della mancanza di un vocabolario e di un lessico condiviso. L’attuale dibattito parlamentare in merito alla rigenerazione urbana sembra essere molto distante dalla nostra definizione. Si registra che spesso i fondi di investimento privati non sempre ne colgono il valore. La definizione che scaturisce dall’indagine non appare altrettanto condivisa da ambiti istituzionali e formali, maggiormente concentrati sul valore di mercato e il profitto di breve termine piuttosto che sul valore dell’impatto sociale positivo generato sul medio-lungo periodo. Come riuscire allora a trovare una cornice di senso collettiva e realmente condivisa che riesca a fare sintesi lasciando spazio alle forme sperimentali ed innovative e al contempo sia universalmente riconosciuta? Quali possibili strade percorrere affinché queste figure non vengano assorbite da progettualità poco lungimiranti, prive di visione processuale e a basso costo, basate su schemi di precarizzazione e modelli lavorativi estrattivi di valore? Domande che scaturiscono dal rilevamento di una discrasia tra ciò che emerge dai dati della ricerca, la narrativa che emerge dai programmi delle politiche urbane nazionali (come il PINQuA – Programma Innovativo per la Qualità dell’Abitare promosso dal MIT, il PNRR e il disegno di Legge Senato 1131) e dal mercato del lavoro stesso. Contesti legislativi e lavorativi che non sembrano essere abbastanza ricettivi nei confronti di queste nuove professionalità o alla materia più in generale, ma piuttosto cercano ancora figure ben definite, per ambito e ruolo, dai curriculum chiusi, orientate ad operare sull’hardware quanto parte tangibile e apparentemente spendibile della rigenerazione. Ancora oggi pare evidente che vi sia difficoltà nel garantire un ecosistema abilitante che favorisca la collaborazione
tra pubblico e privato, che contempli e legittimi l’esistenza di innovatori urbani capaci di incidere sulle trasformazioni fisiche in modo inclusivo adottando un approccio collaborativo e transdisciplinare tra hard e soft skills. Resta infine un interrogativo aperto con quale prospettiva interpretativa intendere collettivamente tale ambito di professione e attivismo, all’interno del quale RU è in grado di sfruttare il valore moltiplicativo e auto-generativo della conoscenza, per produrre mutamenti culturali e socio-spaziali profondi, in una dimensione collaborativa di cooper-azione. Forse è proprio alle esperienze, iniziative, progettualità e pratiche disseminate come pulviscoli in tutta EU e nell’intero territorio nazionale che si deve guardare per orientare programmi e politiche strategiche e leggi quadro di rigenerazione urbana. Pensiamo serva orientare tali azioni normative mirando al coinvolgimento attivo all’inclusione intersezionale e alle specificità territoriali lasciando maggiore spazio, in ottica di sussidiarietà verticale e orizzontale, a modelli di governance quanto più possibile ibridi, prossimi, partecipativi e inclusivi.
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Sitografia
“Who RU? Rigeneratore Urbano Cercasi” è stato sin dall’inizio un lavoro collettivo, un percorso condiviso, perché tanti sono stati gli inneschi che hanno alimentato la nostra curiosità e hanno dato propulsione alla ricerca. Rivolgiamo un sentito ringraziamento alla classe della V edizione del Master U-Rise in Rigenerazione Urbana e Innovazione Sociale di Iuav di Venezia, che è stata terreno fertile di confronto e scambio di idee e di esperienze. Infatti, oltre alle autrici della presente pubblicazione, hanno co-ideato, co-progettato e co-condotto la ricerca anche Giorgia Cuccaro, Angela Dibenedetto, Alex Didino, Sara Ebreo, Alessia Elefante, Andrea Mazza, Giulia Paron ed Eglé Vitkuté. Porgiamo un grazie ricolmo di stima a tutte le docenti e tutti i docenti che si sono susseguiti durante il corso delle lezioni, in modo particolare a Lorenzo Liguoro e a Lucio Rubini, i quali ci hanno sostenute nella ricerca e non ci hanno mai fatto mancare consigli preziosi, e a Ezio Micelli e Elena Ostanel, poiché la loro competenza è stata spesso sorgente di nuove riflessioni e domande. Il nostro più sincero e sentito ringraziamento va ad Adriano Cancellieri. Il suo competente supporto al nostro lavoro, prima di ricerca, e poi di analisi, è stato tanto costante quanto fondamentale per la stesura di questa pubblicazione. Ha saputo risolvere con pazienza i nostri interrogativi quando i dubbi superavano le certezze e, sin dalla prima ora, è stato una fonte inesauribile di nuove prospettive di ricerca e stimolanti riflessioni. Il nostro percorso di ricerca è stato sostenuto da cheFare e Italia Che Cambia, a cui siamo grate poiché – come media partners – ci hanno permesso di diffondere la ricerca e le riflessioni che via via ne sono scaturite. Infine, non di certo per importanza, un grazie particolare è per tuttз coloro che hanno partecipato alla nostra indagine, senza le/i quali “Who RU? Rigeneratore Urbano Cercasi” non sarebbe giunta sin qui.
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Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione. Analisi dei risultati dell’indagine “Who RU? Rigeneratore Urbano Cercasi” ISBN 979-12-210-0731-2 © 2022 delle autrici: Gaia Biccheri Elisa Canfora Ilaria Cottu Giulia Crotti Caterina Debidda Giorgia Di Cintio Federica Ferlante Sarah Ndjo Fernandes Giulia Garbarini Marika Moscatelli Alessandra Purita Laura Sinagra Brisca Progetto grafico e impaginazione Cinzia D'Emidio Finito di stampare Aprile 2022
I saggi di testo in questo libro sono concessi in licenza con una licenza Creative Commons Attribution-NonCommercialNoDerivativeWorks. L'utente è libero di condividere, copiare, distribuire e trasmettere l'opera alle seguenti condizioni: • Attribuzione: è necessario attribuire l'opera nel modo specificato dall'autore o dal licenziante (ma non in alcun modo tale da suggerire che essi approvino l'utente o il suo utilizzo dell'opera). • Non commerciale: non è possibile utilizzare quest'opera per scopi commerciali. • Nessun lavoro derivato: non puoi alterare, trasformare o sviluppare questo lavoro. Con la consapevolezza che: • Rinuncia: è possibile rinunciare a qualsiasi delle condizioni di cui sopra se si ottiene l'autorizzazione dal titolare del copyright. • Altri diritti: nessuno dei seguenti diritti è in alcun modo pregiudicato dalla licenza: • I tuoi diritti di fair dealing o fair use; • I diritti morali dell'autore; • Diritti che altre persone possono avere sull'opera stessa o sul modo in cui l'opera viene utilizzata, come i diritti alla pubblicità o alla privacy. Per qualsiasi riutilizzo o distribuzione, è necessario chiarire ad altri i termini di licenza di quest'opera. Il modo migliore per farlo è con un collegamento alla pagina web menzionata di seguito. Il testo completo della licenza può essere trovato su http://creativecommons.org/ licenses/by-nc-nd/3.0/nl/deed.en_GB
La comunità del master
Who RU? Rigeneratore Urbano Cercasi è una ricerca sperimentale condotta dal gruppo classe della V edizione del Master U-Rise in Rigenerazione Urbana e Innovazione Sociale dell’Università Iuav di Venezia. L’indagine nasce con la volontà di comprendere e delineare, senza darne una definizione statica, l’operato di una vasta platea di soggetti che si riconoscono nella figura emergente di RU (RU è l’acronimo che indica Rigeneratrice/tore Urbana/o), capace di immaginare e co-disegnare città del futuro eque, inclusive, abilitanti, sostenibili e resilienti attraverso il coinvolgimento attivo della cittadinanza. La panoramica emersa fornisce una chiave di lettura dell’ecosistema della rigenerazione urbana, attraverso un racconto corale di persone a cui “Who RU?” ha voluto dare voce per contribuire al dibattito nazionale verso il riconoscimento professionale di questa figura. Senza la pretesa di rispondere alle sfide della nostra epoca, ma con l’ambizione di contribuire alla riflessione, il libro “Who RU? Quale profilo per quale rigenerazione” offre una prospettiva da cui procedere per ragionare sulle molteplici potenzialità e criticità sia del profilo sia dell’interpretazione che si ha della disciplina, aprendo a nuove piste di ricerca.