NUMERO 1 Marzo 2019 MUST REVIEW* è un supplemento del magazine IL GIULLARE. COPIA OMAGGIO
Iscrizione al tribunale di Pistoia n°9/2009 del 14 maggio 2009. Periodicità semestrale.
Awards
LA NOTTE DEI
NUM3R1 PR1M1
SOGNA CREA VINCI
Awards
MUST REVIEW*
VEN 22 MARZO
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VEN 22 MARZO Il ricavato dell’evento sarà devoluto in favore d e l l ’ associazione Agrabah Onlus di Pistoia.
Durante la serata saranno presenti personaggi dello sport, dell’impresa, dello spettacolo, della cultura e della politica. In collaborazione con
automotive partner dell’evento
LA BELLEZZA, I SUCCESSI E LE IDEE PER UN FUTURO MIGLIORE
Must Review* compie 3 anni e premia il meglio della Toscana. Evento con l’obiettivo di aiutare le famiglie con figli affetti da autismo
“Chi sogna, chi crea, chi vince”. Ci piace raccontarlo così questo nuovo pezzo di vita di Must Review*, il magazine che abbiamo condiviso con tanti di voi dal 2016 e fondato per dare luce e spazio alla Toscana delle persone, del talento, dell’impresa, delle idee. Così, a distanza di tre anni, da quello che per la nostra redazione ha rappresentato il nuovo inizio, abbiamo deciso di fermare il tempo e valorizzare chi, insieme a noi, è stato protagonista di questo entusiasmante percorso. Così è nata l’idea di creare un momento, una serata indimenticabile, dedicata a chi ha fatto la differenza, a quelle persone che ci hanno messo la faccia, hanno rischiato, messo in discussione la propria vita, hanno scelto la via più difficile, ma in qualche modo ce l’hanno fatta. Imprenditori, professionisti, sportivi, ma anche operatori del sociale, politici, sognatori, giovani e meno giovani: la notte di Must Review*, la notte di chi sogna, chi crea, chi vince. “Le eccellenze per Agrabah” - Must Review* Awards, questo il “titolo” della serata evento che vuole mettere in luce anche chi si impegna ogni giorno per aiutare chi soffre o chi non può avere una vita come tutti gli altri. Abbiamo scelto l’associazione Agrabah di Pistoia, perché abbiamo conosciuto la loro realtà e siamo entrati in un mondo pieno d’amore, quello che questo gruppo di genitori, dal 2002, hanno creato per i loro figli affetti da autismo e per tanti altri ragazzi che in questi anni vengono seguiti dal centro nelle due sedi di Santomato e Gello. Aiutare Agrabah significa dare una speranza a queste famiglie e un futuro a ragazzi che, una volta scomparsi i genitori, resterebbero soli al mondo e invece qui, in questi spazi, avrebbero una nuova famiglia, calore, affetto e amore. Affiancare quindi questa associazione nel loro sogno del “dopo di noi” significa donare amore.
Hotel Belvedere viale Fedeli, 10 Montecatini Terme 5
QUATTROCAR Esperienza e professionalità al servizio del cliente
Quattrocar Srl Via Galileo Ferraris, 47 51100, Pistoia (PT)
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Quattrocar, concessionaria service partner di Audi, dal 2006 è il punto di riferimento per il marchio a Pistoia e in tutta la provincia. Si distingue come un luogo dove non si comprano solo auto, ma in cui il valore umano del rapporto tra il team di lavoro e il cliente è la chiave principale della missione dell’azienda. Infatti la consulenza personalizzata dei venditori si basa sulla relazione e sulla soddisfazione de cliente che potrà trovare sempre la soluzione giusta, qualsiasi sia la sua esigenza.
Quattrocar è una concessionaria giovane e dinamica, molto attenta anche alle attività del territorio e alla società che la circonda. È sponsor della società del Pistoia Basket 2000 che milita in serie A1 e spesso offre ai clienti la possibilità di partecipare ad eventi in cui si vivono vere e proprie esperienze Audi. All’interno del salone di Pistoia, in via Galileo Ferraris in zona Sant’ Agostino, è possibile visionare tutte le nuovissime proposte Audi., tra le quali vari modelli di Audi A1 Sportback, Audi Q3, Audi Q8 e molte altre novità. Il team di Quattrocar è formato solo da professionisti certificati: Luca Papini (Direttore), Stefano Granci (Audi Manager), Denis Galante (Responsabile Service) e i venditori: Raffaele De Nicola, Alberto Briguori, Matteo Pacini, Stefano Granci, Vittorio Vecchi.
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PHOTO: Carlo Meoni Lo splendido scatto del Padule di Fucecchio, simbolo della Toscana.
MUST REVIEW* è un Supplemento de Il Giullare Magazine Iscrizione al tribunale di Pistoia - n°9/2009 del 14 maggio 2009. Iscrizione al ROC (Registro Operatori di Comunicazione) n° 25030. Settima uscita. Rivista semestrale. Numero 7 Marzo - Aprile - Maggio 2019 Data prima pubblicazione Giugno 2016. Pubblicazione a stampa: ISSN2532-5884 Sede Legale: Via Franchetti, 11 51100 Pistoia. Telefono: 347.6233807 PEC: ilgiullaresrl@pec.it www.mustcommunication.it
Edito da IL GIULLARE EDITORE SRL Sede Legale: Via Franchetti, 11 51100 Pistoia Telefono 347.6233807 info@mustreview.it redazione@mustreview.it www.mustreview.it EDITORE - IL GIULLARE EDITORE SRL Maurizio Carrara DIRETTORE RESPONSABILE Andrea Spadoni REDAZIONE Sara Scalini Virginia Volpi Laura Maccioni Carlo Alberto Pazienza
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COLLABORATORI Gabriele Michi Cristina Panigada FOTOGRAFIA Antonio Tortorella Eugenio Qose Giusy Versace
(eventoÊHugoÊBoss,ÊbanconeÊrealizzatoÊconÊghiaccio)
AMBASCIATA DI QUISTELLO WRITER Gianni Mercatali FOTOGRAFIE DI Lido Vannucchi. TEAM CREATIVO Paralleloweb srl Isabella Rodrigues Pettinari Marco Briganti DIRETTORE MARKETING Riccardo Berti Si ringrazia Bk1 Eventi e Hotel Belvedere di Montecatini Terme per l’evento Must Review* Awards.
www.bk1.it
MUST REVIEW* è anche web e social. Puoi leggere il magazine online all’indirizzo www.mustreview.it e puoi consultare le notizie, la guida delle città, della bellezza e del lusso, e avere tantissime opportunità in Toscana, con la nostra APP MUST*. Facebook: MUST REVIEW Instagram: mustreview must_communication Twitter: @mustreview CONCESSIONARIA PUBBLICITARIA BRAND di Riccardo Berti ADVERTISING marketing@mustreview.it STAMPA Cartografica Toscana via Mammianese Nord - Pescia
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MAURIZIO CARRARA IL MIO PRIMO ANNO IN PARLAMENTO
“Un orgoglio rappresentare tutti i cittadini del nostro territorio” È passato un anno da quel 4 Marzo 2018, il giorno delle elezioni politiche che avrebbe dato via alla XVIII legislatura. Quella notte l’abbiamo passata davanti ai computer e alle televisioni: per il collegio uninominale ogni voto era decisivo. Il mio territorio, quello della Provincia di Pistoia insieme a Altopascio e Montecarlo, ha deciso di darmi fiducia ed io da quel giorno rendo conto ad ognuno di loro. 54552 cittadini hanno barrato, sulla scheda elettorale, il mio nome con una X. Son numeri che quando li vedi ti fanno girare la testa: fino ad ora non mi ero mai confrontato con una prova del genere. Per la prima volta mi sono candidato, mi sono messo in gioco lanciandomi in questa sfida, una sfida che non avrei mai pensato di affrontare se non avessi avuto accanto persone che hanno creduto in me prima di tutti, investendomi di una responsabilità così grande. Con la campagna elettorale sento di aver raccolto non solo voti nell’urna, ma anche tanto entusiasmo e consenso per il programma con il quale il centrodestra unito si è presentato alle elezioni. Ho fatto miei, in particolar modo, i temi economici, come quello della FLAT TAX, la cosiddetta tassa piatta che prevedeva l’idea di un’imposta con aliquota unica, e del lavoro. “PASSIONE PER IL CONCRETO”, lo slogan con cui mi sono presentato, significa semplicemente passare dalle parole ai fatti e questo è un concetto che prende forma con l’abbassamento delle tasse, la facilitazione all’accesso al mondo del lavoro e la semplificazione della burocrazia in favore dei cittadini. Abbiamo vinto le elezioni con il centrodestra, ma ci siamo trovati all’opposizione con Forza Italia, la speranza era quella che venissero fatti salvi i punti principali e le linee guida del programma di centrodestra senza per questo dover scendere a compromessi inaccettabili. Ci sono stati momenti difficili e scelte delicate, ma abbiamo sempre profuso il massimo impegno per restare fedeli ai nostri principi identitari e per osservare il programma con il quale ci siamo presentati a gli italiani e sul quale abbiamo ottenuto il voto e la fiducia dei cittadini. Quello per noi è l’unico contratto da osservare. Continueremo a farlo con forza e
ON. MAURIZIO CARRARA
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Maurizio Carrara è un imprenditore toscano, nato a Firenze e residente a Pistoia. E’ proprietario, insieme ai fratelli Massimo e Marco di Cartiere Carrara, leader europeo nel settore tissue. L’azienda fu fondata dal padre Mario, grande impreditore che ha ricevuto l’onoreficenza di Cavaliere del Lavoro, ricevuta nel 2018 anche dal fratello maggiore Massimo. Nel marzo 2018 è stato eletto alla Camera dei Deputati nel collegio uninominale 6 (Pistoia) ed è stato nominato responsabile del settore industria alla Camera, per Forza Italia. E’ editore di Must Review.
determinazioni perché la coerenza, nella vita come in politica, è l’unico modo per ottenere risultati ed essere credibili. Oggi, a distanza di un anno dalla mia elezione, sento ancora sulla pelle l’emozione e l’orgoglio di portare con me in Parlamento tutto il mio territorio e tutti i cittadini. Ringrazio tutti voi per la fiducia che mi state trasmettendo e che è carburante per la mia attività politica.
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WRITER: Virginia Volpi
LA VITA DI
GIANNI MERCATALI DIVENTA UN LIBRO
Successi, segreti, racconti di un mito senza tempo e di un’Italia che è cambiata senza cambiare lui Gianni Mercatali è un mito. Senza tempo, senza età. E Umberto Cecchi, storico giornalista toscano, ex direttore de La Nazione e suo amico stretto, per i 70 anni di Gianni ha deciso di fargli un regalo: un libro su di lui. Si chiama “My way. Vita, aneddoti e ricordi di Gianni Mercatali” e in centosessantacinque pagine si ripercorrono attraverso affascinanti foto in bianco e nero, ma non solo, momenti della sua vita. Gli incontri con gli attori, i registi, le soubrette, i cantanti, gli industriali, gli stilisti si intrecciano con i suoi locali, le auto d’epoca, la Mille Miglia, il Cantagiro, le serate di gala, gli eventi da lui creati.
Ritratto di Andrea Moretti 16
Uno dei ricordi più belli legati alla tua infanzia La prima volta che, tenuto per mano da mia madre, ho visto passare da Porta Romana le oltre 400 auto da corsa che percorrevano la Mille Miglia nel maggio del 1953.
“Se Firenze col made in Italy è oggi oggetto del desiderio (anche troppo) in tutto il mondo, e se New York, Londra e Parigi vanno pazze per noi, una parte del merito va difatti ascritta senz’altro ai forsennati impegni quarantennali di questo impenitente giovanotto arbiter di eleganze ormai assai rare”.
A settant’anni Gianni ha ancora la medesima voglia di vivere di quando, da ragazzo, animava le serate, inventandosi un locale dietro l’altro per trascorrere il tempo e godersi a pieno la vita. Significative le sue parole sul retro del libro: “Ho cercato di vivere una vita ordinaria ma, fortunatamente, non ci sono riuscito”.
Uno dei più brutti Quando mi hanno ricoverato in ospedale per una grave malattia e sono venuti i volontari della Misericordia di Firenze, che allora erano vestiti con delle tuniche nere con la corona intorno del rosario come fossero dei becchini. Nel 1954 i volontari della Misericordia non erano come oggi che indossano divise tecniche: sopra gli abiti normali mettevano questo saio nero tipo frati. Quando tenevano il cappuccio indosso significava che la persona che portavano via era morta.
Dove e quando sei nato? La cicogna, trovando turbolenza sull’Appennino, è tornata indietro e mi ha scaricato in un giardino di via Giovanni Prati, sulla collina di Porta Romana a sud di Firenze, un sabato mattina del 17 gennaio 1948, intorno alle 11.30. Diversamente, sarei nato in Romagna, a Modigliana, paese della mia famiglia paterna.
Il lavoro che sognavi da bambino Dopo essermi emozionato al passaggio delle 400 auto da corsa, è stato quello di fare il pilota di auto. Da adolescente sarà quello di fare il regista cinematografico: a 14 anni scrivo e realizzo il mio primo film “Alla ricerca della felicità” in Super 8, che era la dimensione della pellicola amatoriale del tempo.
Il giornalista e scrittore Riccardo Catola su Gianni Mercatali
Sei figlio unico? Ho una sorella di 12 anni più grande di me: Maria Giovanna.
I tuoi genitori cosa facevano? Mio padre era ispettore delle Poste, mia madre casalinga.
La tua formazione scolastica? Ho fatto il Ginnasio, ma dopo aver avuto 5 in condotta, non ho potuto continuare quella scuola, dopodiché mi sono diplomato alle Magistrali. Ho fatto poi l’Università, lettere,
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corso sperimentale di teoria e tecnica delle comunicazioni di massa, indirizzo storia. Ho dedicato la mia tesi di laurea a mio padre perché ho fatto una ricerca scientifica sulla resistenza dei militari italiani nei campi di concentramento nazisti dopo l’8 settembre 1943. E, nella mia tesi, ho definito questa scelta di 750mila soldati italiani come una resistenza passiva. Dopo la mia tesi, pubblicata, questo tipo di resistenza è entrato negli anni ‘80 nei libri di testo. Come ti ritrovi nel circuito della mondanità? Fare la “bella vita” penso sia un’aspirazione di molti, ma è un termine che poi vuol dire tutto e niente. E’ tutto relativo: magari per uno la bella vita è quella che fa Flavio Briatore, mentre per un altro potrebbe essere quella di San Francesco. Fare la bella vita per me è la possibilità di essere liberi. Ed io sono riuscito ad integrare interessi, passioni, studio e professione insieme. In più, vivendo a Firenze e avendo rapporti con il management di Pitti Immagine, sono potuto entrare nel mondo della moda ed iniziare a creare eventi. Parliamo dei primi progetti. Nel 1964, con due amici più adulti di me, trasformiamo una cantina in un locale, a Firenze. Si chiamava “Rendez-vous” dove tutti i pomeriggi, in particolare il sabato, si ballava. Al tempo non si usciva di sera come oggi, ma di pomeriggio, momento in cui avvenivano anche gli incontri amorosi. La tipica scusa del “vado a studiare da un’amica” calzava a pennello: al locale, che poi era un sottosuolo, nel guardaroba non c’erano soprabiti, ma libri di scuola. C’erano poi un bar, una pista da ballo, un jukebox, tavolini e luci soffuse. Ebbe un successo clamoroso grazie al social network più potente: il passaparola. All’inizio del ’66 con questi due amici decidiamo di aprire un altro locale, “La Siesta”, molto più grande, sempre nel cuore di Firenze. In quel periodo si tenne “La settimana inglese” per festeggiare il gemellaggio fra Firenze ed Edimburgo con * eventi importanti in città. Per l’occasione non solo misi a disposizione il locale, ma andai a Roma ad incontrare l’avvocato Crocetta, proprietario del Piper, che mandò per la prima volta a Firenze Patty Pravo. Venne a cantare a “La Siesta” e tutti andarono in delirio. Anno tremendo per Firenze quello… Il 4 novembre 1966 arriva l’alluvione e tutti questi locali scompaiono nel fango insieme a buona parte delle bellezze della città. Per fortuna tutti i giovani volontari, appena finito alla Biblioteca Nazionale venivano al locale per aiutarci a ripulire. Nel Natale del ’66 si riaprì . In modo molto semplice, ci si sedeva sulle casse della frutta. Ma c’era la musica e
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A casa di Sirio Maccioni a Montecatini nell’agosto 2003, con pochi amici, per festeggiare i 60 anni di Robert De Niro. A fianco con Sirio per la presentazione di Le Cirque 2000
ricominciò la voglia di vivere. Come cambia la tua vita da quel momento in poi? Inizio a gestire locali fino al 1976 di diverse caratteristiche, tra cui un teatro-cabaret da cui sono passati tutti, da Paolo Villaggio a Enrico Montesano, a Cochi e Renato. L’ultimo, il “Gala Club”, è stato in società con Gino Paoli. Nel 1970 ho fatto l’aiuto regista in un film il cui soggetto era tratto da un racconto di Vasco Pratolini, si intitolava “Diario di un italiano”. E’ stato il primo e unico film che ha visto Mara Venier protagonista E dove appare il suo unico nudo integrale castigato, da cui abbiamo tutti scoperto che non era bionda. Con la chiusura dell’ultimo locale, chiudi anche questo importante capitolo della tua vita. Dopo 12 anni di night life, ho voglia di cambiare e decido che la mia attività potrebbe essere quella di comunicatore, popolarmente definito, spesso a sproposito, P.R. Ironicamente dicevano significasse pranzi e rinfreschi”. Scelsi di definirle R.P. intendendo relazioni pubbliche ma anche “ricerca e programmazione”. Cercai di dare dignità ad un lavoro che era apparentemente frivolo poiché in questa attività, come un iceberg, vedi solo la punta, ma non tutto quello che c’è dietro. Il cinema è la stessa cosa: il regista va a Venezia tra cene, serate di gala. Ma prima nasce il soggetto, poi il copione, quindi il progetto per trovare il produttore, il distributore, gli attori, la troupe. Ci sono poi le riprese. E non siamo ancora a nulla perché il film nasce con il montaggio e l’edizione. In sintesi hai tutto questo lavoro che magari ti porta via un anno di tempo per un momento di gloria che dura una sera. Ed ecco che le cene, le feste, le inaugurazioni, sono tutte cose che uno fa, ma sono il risultato di un lavoro studiato in modo preciso e strategico a tavolino. Qual è l’aspetto più difficile del tuo lavoro? Prevedere gli imprevisti. Il peggiore a cui hai dovuto far fronte Quando organizzai il “Concerto per 21 pianoforti” a Firenze, in via Tornabuoni, bloccando tutta la viabilità della strada. Era il 2 luglio 1987. Allora
una improvvisazione canora al Grand Hotel La Pace di Montecatini con Silvia Annichiarico di “Quelli della notte” ed Eleonora Vallone nel 1987
non esistevano le previsioni del tempo come oggi ma io, attraverso un mio amico che aveva una compagnia d’aerei a Zurigo, vengo a sapere che dalle 14h alle 15h di quel giorno sarebbe arrivata una grandinata su Firenze. E il concerto iniziava alle 18h. Scatta l’allarme e in quattro ore i 21 pianoforti vengono incelofanati completamente. Dopo mezz’ora di temporale, viene fuori il sole. Ho salvato il concerto. Il personaggio che ti ha più colpito Più che un personaggio, un suo atteggiamento. Quando organizzai il compleanno per i 60 anni di Robert De Niro: eravamo 16 amici a Montecatini a casa di Sirio Maccioni, proprietario del “Le Cirque" di New York. Feci una sorpresa a Robert De Niro portando Andrea Bocelli a cantare. Alla fine della serata De Niro chiese a tutti noi di sederci. Ci inquadrò ad uno ad uno con la sua cinepresa pregandoci di dire esattamente il nostro nome e cognome perché rivedendo il film voleva ricordarsi di noi. Un grande come lui che dimostra questa educazione e sensibilità. Quello che non vorresti rivedere Dovrei pensarci un attimo… sicuramente qualcuno c’è. L’aspetto più bello del tuo lavoro Avere la possibilità in ogni occasione di esprimermi e di soddisfare quelle che sono le mie caratteristiche. La curiosità e il piacere di raccontare.
Cosa fai nel tempo libero? Quando ho tempo libero? (ride, ndr) Il nonno. Segno zodiacale Capricorno (sul lavoro), ascendente pesci (in amore). Tre pregi Leale, fedele nei sentimenti, ironico. Tre difetti Disordinato, irascibile, pigro. Piatto preferito Crostini con fegatini di pollo. Vino favorito Lambrusco. Il libro sul comodino “Il piccolo principe” di Saint-Exupéry. Film preferito “Il nome della rosa”.
“Hermes”. Colore portafortuna Blu. Il posto che vorresti visitare Cuba. Se ti guardassi indietro come definiresti ad oggi la tua vita? Corta. Devo fare ancora tante cose. Ti senti realizzato? Devo ancora girare il film che non ho fatto. Come ti vedi tra 10 anni? Se la salute mi assiste mi vedo con ancora più entusiasmo di adesso perché avrò meno tempo davanti a me per realizzare quello che in questi anni mi porrò come obiettivo da concretizzare. Il tuo must. L’ Amicizia. Con la A maiuscola.
Profumo prediletto
L’aspetto più brutto Devo sacrificare molto tempo ai miei affetti e alla mia famiglia. Come si fa a diventare un mito e a rimanerlo nel tempo? Intanto non dipende dall’individuo, ma dalle persone che lo costruiscono. Non c’è responsabilità nel diventarlo, ma nasce nell’esserlo. Non c’è cosa peggiore che deludere coloro che ti “hanno eletto”. Questa responsabilità la sento particolarmente nei riguardi dei giovani: verso coloro che mitizzandomi si aspettano il massimo. E io non posso deluderli. Tra l’altro, nella mia azienda non voglio stagisti, ma i pochi che ho avuto li ho sempre retribuiti. Oltre a Firenze, hai un rapporto speciale con la Versilia. L’estate che son nato ero già a Lido di Camaiore in una casa in via del Fortino. Andavamo al bagno Paradiso. Fino ai 5 anni i miei giochi con i bambini erano sul Fosso dell’Abate, luogo suggestivo fatto di scogli, spiaggia, fiume che sfocia nel mare. Dopo la mia malattia, in cui ho vissuto un periodo privo di conoscenza, i medici consigliarono il mare. Mio padre prese una casa a Forte dei Marmi e così ho iniziato, nell’estate del ’54, ad andare al Forte, al bagno Silvio che quest’anno compie 100 anni, sempre in mano alla stessa famiglia che oggi è alla quinta generazione. Per 66 anni ininterrotti stesso bagno, stessa tenda, stessa cabina, la 32.
Un ritratto di Gianni Mercatali del maestro Ferdinando Cioffi (cover del libro My Way);
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PIETRO LUCCHESI UN GEOMETRA NEL CONSIGLIO NAZIONALE
Pietro Lucchesi, 60 anni, dal 2014 presidente del collegio dei Geometri di Lucca, da un mese ha dovuto lasciare la carica provinciale, perché è stato eletto nel consiglio nazionale dei geometri. Rappresenterà, quindi, la nostra regione e anche il suo territorio, nell’organo principale della categoria professionale. La sua candidatura a una delle cariche principali dei geometri italiani, è stata un’avventura che si è conclusa con un grande successo, in particolare perché Lucchesi è stato il geometra più votato d’Italia. “In realtà l’elezione nel consiglio nazionale è l’inizio di quelli che sono i miei obiettivi - afferma Pietro Lucchesi -. Sono molto contento e l’insediamento a Roma, lo scorso 13 marzo, mi ha regalato forti emozioni. Essere parte del governo centrale della categoria di cui faccio parte da molti anni, mi rende orgoglioso”. Un bel traguardo nella vita e nella carriera professionale… “Essere eletti al consiglio nazionale della categoria professionale di cui fai parte, al termine di una bella ed entusiasmante campagna elettorale, è prestigioso. Mi impegnerò a portare avanti i valori che ho espresso quando mi sono candidato, lavorando soprattutto per valorizzare la figura del geometra e proiettarla nel futuro. Poi, nella vita, i traguardi importanti sono anche altri e, spesso, sono legati all’equilibrio della persona, alla sfera dei sentimenti, della famiglia. Puoi raggiungere tutto nel lavoro, ma senza l’amore è come se non avessi fatto niente”. Come è iniziato il tuo percorso al collegio dei geometri a Lucca? “Mi sono iscritto all’albo dei geometri nel 1980, dopo alcuni anni, insieme a un architetto e a un ingegnere, abbiamo aperto lo studio associato “Il Trilite” a Lucca che ancora oggi è attivo. Mi sono occupato di urbanistica ed edilizia, ma anche di contrattualistica e negli ultimi anni abbiamo lavorato anche con una visione nuova della professione. Sono entrato nel consiglio del Collegio dei Geometri nel 2006 e nel 2014 sono diventato presidente. Quest’anno ero stato rieletto, ma dopo l’elezione nel consiglio nazionale ho lasciato la carica oggi ricoperta dal collega Danilo Evangelisti”.
Nel 2014 era diventato Presidente del collegio di Lucca. Il 13 marzo scorso si è insediato al CNG dopo le elezioni.
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Quali sono le prospettive oggi della professione del geometra? “È una professione profondamente cambiata, come è cambiata la società. Dobbiamo comunicare di più e meglio e far arrivare il messaggio al cittadino, che è il nostro cliente, quali sono tutte le nostre operatività. Oggi è importante pensare alla professione del geometra non più come una professione circoscritta, ma aprirsi alla multidisciplinarietà, collaborare e interagire con altri colleghi e con le altre professioni facendo valere le nostre peculiarità”. A un giovane appena iscritto all’albo dei geometri cosa consiglieresti? “Di uscire dall’ufficio e avere una visione della professione e della vita a 360°. È necessario, prima di tutto, studiare per acquisire importanti competenze e successivamente affrontare il lavoro con una forte apertura mentale per riuscire a cogliere più opportunità. Una grande soddisfazione, forse tra passaggi più importanti della mia vita, è stata appunto, quando, da Presidente del Collegio dei geometri, ho consegnato il timbro a mio figlio Federico che diventava ufficialmente anche lui un geometra. Anche a lui dico sempre di osare sempre ed essere sicuro dei propri mezzi”.
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SOGNA
FONDAZIONE TURATI ONLUS, la riabilitazione d’Eccellenza
A pagina 32-33 il centro di riabilitazione di Gavinana, a pagina 34-35 una splendida vista del panorama dal centro sociosanitario di Gavinana. Pagina 36, gli spazi del centro di Gavinana, pagina 37 le due sedi della Fondazione Turati a Vieste e Zagarolo.
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Una realtĂ di grande interesse socio-sanitario che ha il centro principale sulla Montagna Pistoiese, a Gavinana e si sviluppa anche fuori dalla Toscana a Vieste e Zagarolo con alte specializzazioni. A Pistoia, oltre al centro di riabilitazione e terapia fisica, anche il poliambulatorio Koinos e il centro Kineia per giovani e sportivi. 25
Ben radicata nel tessuto della Montagna pistoiese, all’interno della quale spicca quale realtà di grande interesse dal punto di vista socio-sanitario e non solo, la Fondazione Turati di Gavinana riassume in sé un po’ tutte le caratteristiche degli altri centri della Onlus, anch’essi perfettamente integrati nei territori che li ospitano. Cuore e motore di tutte le attività realizzate nelle strutture «sorelle» è la riabilitazione, per la quale la Fondazione vanta un’esperienza consolidata e un’offerta completa. «A Gavinana sono attivi servizi di fisioterapia e riabilitazione motoria finalizzati al recupero e al trattamento di pazienti con patologie sia neurologiche sia ortopediche» spiega Rosario Imbriaco, direttore sanitario del Centro di riabilitazione della struttura, il quale precisa: «Tali prestazioni sono rivolte, oltre che ai nostri ospiti, anche a
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pazienti provenienti dagli ospedali di Pistoia e Pescia. Ma negli ultimi anni, a riprova dell’ottimo lavoro svolto dal nostro team di fisioterapisti e logopediste, è cresciuto anche il numero dei pazienti provenienti da altri nosocomi dell’Asl Toscana Centro e dunque da Firenze, Empoli e Prato». Nel Centro di riabilitazione sono infatti disponibili 48 posti letto, utili a garantire la presa in carico del paziente appena dimesso dal ricovero ospedaliero e a poterlo seguire per tutto il percorso riabilitativo intensivo a regime internato. Altra testimonianza del livello di eccellenza della struttura è il fatto che questa «ospita regolarmente stagisti di importanti università americane – ricorda Imbriaco - nonché studenti tirocinanti del corso di laurea in Fisioterapia dell’università di Firenze».
Oltre che con formula intensiva ed estensiva, nella struttura i servizi sono erogati anche come prestazioni ambulatoriali, in convenzione con il Servizio sanitario nazionale o in forma privata. «Ciò permette di garantire la continuità assistenziale non solo nella fase acuta della patologia – sottolinea Imbriaco - ma anche in quella subacuta». Proprio l’ambito ambulatoriale è particolarmente sviluppato anche nel reparto di riabilitazione presente nel Centro socio-sanitario di Vieste, dove l’offerta segue in generale quella della sede di Gavinana. A Zagarolo vi è invece una specializzazione particolare per l’età evolutiva.
per quanto riguarda i servizi ambulatoriali e domiciliari. Nelle sue immediate vicinanze, visto il successo di tale attività, è stata avviata collateralmente un’offerta privata, concretizzatasi nel poliambulatorio Koinos e nel centro di riabilitazione Kineia. «In questo caso l’attività si rivolge a una tipologia diversa di utenza – afferma Maurizio De Scalzi, direttore generale della Fondazione - maggiormente interessata a trattamenti che non rientrano nei Lea (livelli essenziali di assistenza), ma che risultano importantissimi ad esempio per i giovani e gli sportivi. Come per altri progetti della Onlus, anche in questo caso l’intenzione è di estendere in futuro tale iniziativa anche alle altre sedi».
Da ricordare, inoltre, il Centro di riabilitazione e terapia fisica di Pistoia, punto di riferimento importante in città
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Per comprendere la filosofia che anima le diverse sedi della Fondazione Turati, è utile innanzitutto vederle: strutture articolate e architettonicamente complesse, gradevoli all’occhio, circondate da spazi verdi e paesaggi suggestivi. Perché l’assistenza delle persone fragili non è soltanto una questione di terapie.
L’ASSISTENZA DELLE PERSONE
NON È SOLO UNA QUESTIONE DI TERAPIE
I centri della Fondazione Turati Onlus sono costruiti in posizioni panoramiche e circondati dal verde. All’interno, oltre agli aspetti strettamente terapeutici, c’è attenzione alla pulizia degli ambienti e alla qualità del cibo. L’idea è di elevare al massimo il livello di qualità e benessere”.
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«Le strutture sono pensate per offrire a ospiti e pazienti grandi ambienti fruibili, sia interni sia esterni – spiega Maurizio De Scalzi, direttore generale della Onlus – perciò i nostri tre centri socio-sanitari di Zagarolo, Vieste e Gavinana, sulla Montagna pistoiese, sono costruiti in posizioni panoramiche e circondati dal verde. Al loro interno, accanto agli aspetti strettamente terapeutici, sono continuamente presi in considerazione fattori come la pulizia degli ambienti o la qualità del cibo: per chi soggiorna a lungo da noi l’alimentazione è importante e, proprio per questo motivo, in ogni sede è presente una dietista. L’idea è elevare il più possibile i livelli di qualità e benessere nelle strutture». La stessa filosofia di fondo ha ispirato la realizzazione di tutti i centri, dall’ultimo nato a Zagarolo, costruito secondo criteri moderni, a quello di Gavinana, inaugurato 40 anni fa. «Quest’ultimo, ad esempio, offre assistenza a 360 gradi per i soggetti anziani e fragili -
prosegue De Scalzi - riassumendo l’arco delle patologie non acute trattate dalla Onlus. Vi sono previsti livelli di intensità assistenziale crescente, dalla RSA per autosufficienti e dalla Bia, una sperimentazione della Regione Toscana che copre la parte ‘buia‘ compresa tra autosufficienza e non autosufficienza, fino alla non autosufficienza vera e propria». Ci sono anche moduli specialistici per gli stati vegetativi e i disturbi cognitivo comportamentali, e un reparto di cure intermedie, altra sperimentazione regionale pensata per le persone che hanno superato la fase acuta della malattia ma che non sono ancora in grado di tornare a casa. Vi è inoltre una residenza per disabili e l’ampio settore della riabilitazione. In ogni sede, inoltre, «la gestione della quotidianità è affidata a équipe – precisa De Scalzi - dove medici, operatori, educatori e animatori si impegnano per far sì che la vita nelle residenze non sia passiva o solo
dedicata alle terapie, ma comprenda anche socializzazione e intrattenimento». A questo scopo sono molte le collaborazioni con le associazioni di volontariato e i progetti attivati nei centri, dalla clownterapia a Vieste agli eventi culturali realizzati a Zagarolo e Gavinana. Proprio da Gavinana è partita inoltre un’ulteriore iniziativa: la struttura della Turati ha infatti aderito nel 2018 al marchio Qualità & Benessere, una sorta di certificazione basata su indicatori come ad esempio il cibo e l’empatia del personale. «Presto avvieremo tale percorso anche per le altre sedi - afferma De Scalzi, che aggiunge: «Oltre a ciò, ci preme restare al passo con i tempi e con i progressi medici: per questo abbiamo creato un comitato scientifico composto da primari e docenti universitari. Un’ulteriore testimonianza, questa, dell’attenzione che poniamo nella formazione e nell’aggiornamento continuo».
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Con l’idea di dare vita a una realtà che fino a quel momento non c’era, ispirati dalla voglia di raccogliere una sfida e anche un po’ dalla magia delle favole amate dai loro figli, un gruppo pionieristico di genitori pistoiesi fondò nel 2002 un’associazione finalizzata alla creazione di un centro specializzato nel trattamento del disturbo autistico. Una struttura che, nei loro intenti, avrebbe dovuto essere integrata nei servizi socio-sanitari cittadini, nonché adatta alla presa in carico globale dei ragazzi e delle loro famiglie. Oggi, grazie a un lungo percorso fatto di collaborazioni scientifiche e istituzionali, tale associazione – che è stata chiamata Agrabah, come la città fantastica della fiaba di Aladino - è legata a una delle più importanti strutture di riferimento della provincia per il trattamento dell’autismo nella sua complessità e nella sua costante evoluzione.
AGRABAH, LO SPAZIO DOVE LE PERSONE HANNO LA PRECEDENZA
La mission della Onlus consiste nel fornire agli utenti e alle famiglie servizi tali da contribuire al bisogno fondamentale di essere riconosciuti come individui, prima che come ammalati o come familiari di persone ammalate. A tal fine, l’organizzazione e l’approccio terapeutico adottati sono di carattere ecologico-olistico, dunque fondati sulla globalità del soggetto, del suo tessuto familiare e sociale, della sua quotidianità. Ogni spazio, tempo e attività non sono ritenuti perciò dimensioni astratte, bensì realtà di esistenza e di presa in carico globale. Sul piano organizzativo, Agrabah (Associazione genitori per l’autismo) Onlus offre attualmente due strutture convenzionate con il sistema sanitario nazionale. La prima si trova a Santomato (Pistoia), è dedicata all’età evolutiva e risponde alla necessità di un intervento precoce, a carattere ambulatoriale e diurno, che permetta agli utenti di iniziare il prima possibile percorsi mirati allo sviluppo di abilità e competenze sociali, pragmaticocomunicative, cognitive, didattiche, motorie e relative alle autonomie di base.
Con due centri, Santomato e la Casa di Gello, è una delle più importanti strutture della provincia di Pistoia specializzata nel trattamento del disturbo autistico.
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La seconda è la Casa di Gello, una farm community rivolta alla maggiore età, dove si praticano laboratori creativi e attività quali musicoterapia, cucina o ceramica. La struttura punta a offrire agli adulti un servizio ad hoc basato su un intervento abilitativo e riabilitativo personalizzato, articolato in interventi di gruppo: l’obiettivo è fornire agli utenti tutte quelle abilità e competenze necessarie per un percorso di crescita e di vita il più possibile autonomo, basato sulla centralità della loro qualità della vita. Si tratta di una risposta concreta alla necessità di un «durante noi» per consentire un «dopo di noi», la quale dal 2017 ha portato alla nascita di una Comunità alloggio protetta che è attualmente ancora in fase sperimentale.
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“Essere autistici non significa non essere umani, ma essere diversi. Quello che è normale per altre persone non è normale per me e quello che ritengo normale non lo è per gli altri. In un certo senso sono mal “equipaggiato” per sopravvivere in questo mondo, come un extraterrestre che si sia perso senza un manuale per sapere come orientarsi. Ma la mia personalità è rimasta intatta. La mia individualità non è danneggiata. Ritrovo un grande valore e significato nella vita e non ho desiderio di essere guarito da me stesso. Concedetemi la dignità di ritrovare me stesso nei modi che desidero; riconoscete che siamo diversi l’uno dall’altro, che il mio modo di essere non è soltanto una versione guasta del vostro. Interrogatevi sulle vostre convinzioni, definite le vostre posizioni. Lavorate con me per costruire ponti tra noi.” (Jim Sinclair, ragazzo autistico ad alto funzionamento, 1998)
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a cura di Vinicio Lazzerini
QUAIZ S.r.l.
SEMPRE PIÙ CONSULENTI A FIANCO DELLE AZIENDE
condividere, modificare, inviare un documento che prima era solo un foglio di carta. Cambia il modo di fare archivio, si va verso un mondo di soluzioni integrate. Quindi non siete più semplici venditori ma offrite un servizio specifico… Riceviamo giornalmente richieste per analizzare i sistemi di stampa ed IT all’interno delle aziende, alle quali proponiamo soluzioni complete in grado di migliorare le loro attività sia dal punto di vista funzionale che temporale. Consulenze e servizi completi, partendo dalle proposte di noleggio operativo con le quali le aziende delegano la gestione tecnica alla Quaiz togliendosi ogni preoccupazione legata al mantenimento del proprio parco IT. Insomma consulenti e non venditori. Con persone ed aziende che hanno desiderio di crescere.
Nella foto da sinistra a destra: Alessio Bellini Quaiz, Sergio Biagiotti Quaiz, Vinicio Lazzerini Quaiz, Luca Motta Epson Italia, Fulvio Lotti Quaiz, Adrian Clark Epson Europe, Fabrizio Quattrocchi Epson Italia, Stefano Pini Quaiz.
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torica impresa, nata nel 1986 come centro assistenza, Quaiz nel tempo si è evoluta diventando un concessionario di vendita dei prodotti Epson, aprendosi così, ad un mercato innovativo ed efficiente per l’ufficio, sinonimo di futuro: la stampa con “tecnologia a freddo”, la risposta giusta alle diverse e preoccupanti criticità ambientali. I vantaggi sono tanti e non solo tecnologici, orientati verso un miglioramento del nostro stile di vita.
Credi di aver visto tutto? Coming soon...
Quali sono i benefici delle nuove stampanti con tecnologia a freddo? Le stampanti Epson che Quaiz propone hanno moltissimi vantaggi: prima di tutto sono ecosostenibili. La loro tecnologia senza calore durante il processo di stampa, ha un consumo intorno a 25/35 watt, riducendo l’impiego di energia di oltre il 95%. con un impatto ambientale minimo. Diversamente dai dispositivi di stampa laser non sprigionano sostanze tossiche durante la stampa. Le Epson non producono polveri sottili, formaldeide, anidride carbonica ed ozono… Insomma regalano un po’ di aria sana e pulita negli uffici e nell’ambiente. Proporre Epson significa dare un servi-
zio migliore alle aziende? Dal 2014 la Quaiz ha scelto Epson quale unico brand in possesso di questa tecnologia per utilizzo professionale che pone l’ambiente come parte integrante della propria strategia aziendale. Stiamo informando i nostri clienti sui vantaggi ecologici ed economici a cui la tecnologia Epson conduce. Epson è un marchio che produce anche altri dispositivi estremamente futuristici… Certamente! Ci viene chiesto spesso integrazioni alle funzioni IT nei propri uffici o ambienti di produzione. Proponiamo prodotti ad alta tecnologia quali: scanner ad alta velocità, videoproiettori interattivi, videoproiettori laser ad alta luminosità, plotter fotografici, tecnici e di produzione quali tessili e sublimatici. Quaiz ed Epson credono in questo futuro. E il futuro tecnologico applicato alle aziende? L’archiviazione documentale è solo un altro esempio. Nelle aziende si archiviano moltissimi documenti, la digitalizzazione e le funzionalità legate ai flussi documentali permettono di velocizzare la ricerca,
Q uaiz S.r.l. Via San Paolo, 5H 50018 Scandicci (FI) Tel. 055.720561 marketing@quaiz.it www.altrostampare.com
CREA
WRITER: Andrea Spadoni
ZOWORKING
DOVE LE IDEE DIVENTANO FUTURO
A Sesto Fiorentino, fermata ferroviaria Zambra, è stato realizzato il business center piÚ grande del mondo: 90 mila metri quadrati tra uffici, sale riunioni e conferenze con altissima tecnologia, zona benessere e relax.
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Quindi e-commerce, logistica, packaging. “Copriamo a 360 gradi tutti i bisogni dei nostri partner, li mettiamo in condizione di vendere il proprio prodotto online, gestendo la vendita, l’imballaggio e la logistica”. La crescita dell’azienda e le nuove prospettive hanno portato l’azienda nella nuova sede di Zambra, dove ha preso vita anche ZoWorking, l’ultimo tassello di questo mondo in continua evoluzione, in cui le idee prendono forma e si trasformano in aziende. “Abbiamo inaugurato a giugno 2018 - prosegue Emiliano Caselli - puntando sull’idea di realizzare uno spazio con un nuovo modo di lavorare, integrato, piacevole, all’avanguardia, dotato delle migliori tecnologie. Qui si può venire per giocare a Call of Duty con gli amici, per lavorare sfruttando le tecnologie che mettiamo a disposizione, oppure per condividere con noi idee di business e concretizzarle in impresa reale”.
“Se lo puoi sognare, lo puoi fare” questo diceva Walt Disney ed è questa la sensazione immediata appena entri all’interno del mondo ZoWorking, così ampio, articolato e pieno di opportunità, che non finisci mai di scoprirlo. Per spazi è il coworking più grande del mondo, per operatività e connessioni possibili, è molto di più.
Nelle foto Daniele ed Emiliano Caselli insieme a Luigi D’Amico e gli spazi di Zoworking.
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All’interno di ZoWorking gli spazi sono ampissimi come infinite appaiono le possibilità, tutto con colori vivaci e giovani, a testimoniare dalla visione verso il futuro di chi ha creato tutto. Si va dalla open space, a uffici più riservati a sale per eventi di formazione, a meeting room. La sfida è quella dello smartworking: una nuova modalità lavorativa che punta alla condivisione e alla collaborazione produttiva, all’efficienza e alla crescita personale e dei gruppi di lavoro, che consente a professionisti ed aziende di avere maggiore flessibilità, poter lavorare in qualsiasi luogo ed in qualsiasi momento, condividendo rapidamente progetti e idee. ZoWorking nel pieno del suo regime conta 300 persone al lavoro contemporaneamente. 90 mila metri quadrati (di cui 30 mila all’aperto), 60 postazioni di lavoro, 30 uffici indipendenti, 7 sale riunioni, 2 sale conferenze, 5 aule per la formazione più altre zone funzionali come un ristorante con bar, un’area relax e un’area benessere firmata ProRaso. Tutto ad alta tecnologia, tutto ad alta velocità.
Tutto si muove con un’elevata tecnologia che non intende arrestarsi: “Tutta la struttura è dotata di intelligenza artificiale: vi è il riconoscimento facciale che si utilizza per l’accesso, per pagare, per prenotare il pranzo. Nel prossimo futuro prevediamo l’utilizzo anche di alcuni robot /
camerieri che possano ottimizzare il tempo delle pause pranzo, dei coffee break, con la possibilità di prenotare dalla scrivania il menù del pranzo, consumazioni di ogni tipo, decidere l’orario, il tempo di attesa. E, una volta ordinato, arriverà il nostro robot “Lumo” con tutto ciò che desideravate”. Un mondo dove tutto è possibile e palpabile a pochi passi da Firenze, ideale anche per manifestazioni e grandi eventi. In tutto questo, ruolo fondamentale è quello di Luigi D’Amico, una delle anime di zoworking e professionista nell’organizzazione di eventi, nello staff anche dell’ Osservatorio Permanente Giovani Editori di Andrea Ceccherini. “ZoWorking ha ancora molte possibilità di sviluppo proprio nei grandi eventi potendo disporre di spazi ampissimi. A novembre, con Confindustria Firenze, abbiamo realizzato “parliamoci.net": evento dedicato al B2B, all’alta formazione, all’innovazione. Occasione dove fare affari, scambiare esperienze, coltivare contatti e trovare ispirazione. Oggi fare rete, creare occasioni di contatto e di scambio, è la fonte del business ed è una delle nostre prerogative qua a ZoWorking dove ci sono competenze, tecnologia, strutture. Con una buona idea in tasca, un giovane può vedere cambiare la propria vita”.
Sembra, insomma, la Silcon Valley, ma siamo a Zambra, nemmeno un quartiere del comune di Sesto Fiorentino, più conosciuto come una fermata della linea ferroviaria che collega Viareggio a Firenze, a 12 minuti dal capoluogo. “ZoWorking sta, appunto, a significare Zambra Working e allo stesso tempo è anche uno zoo di giovani imprenditori, creativi, sognatori, studenti. Tante anime che si connettono per crescere, per veder crescere i propri progetti. O semplicemente per condividere idee, cogliere opportunità” . Emiliano Caselli, ceo di ZoWoriking e PlastPackPackaging, tiene a precisare anche l’importanza della riqualificazione di un’area geografica considerata depressa: “È uno dei concetti cardine che ci ha spinto a creare questo progetto: riqualificare creando un nuovo ambiente di lavoro attraverso il recupero e non la creazione di rifiuti da smaltire, unito alla volontà di donare una nuova immagine a un’area ormai in disuso”. La storia di ZoWorking inizia da lontano, precisamente dal 1998 quando Claudio Caselli, padre di Emiliano e Daniele, fonda la Plast Pack che si occupa essenzialmente di imballaggio per Giotto - Fila. In pratica realizza astucci per pennarelli, matite e per tutti gli altri prodotti del brand. Con l’ingresso in azienda dei figli, nel 2011, si amplia il parco clienti per il confezionamento per conto terzi e contestualmente nasce l’idea di soddisfare un’esigenza crescente del mercato: la logistica. “Molti clienti dovevano migliorare il trasferimento delle materie prime - afferma Emiliano Caselli - e avendo introdotto in azienda la mia software house l’evoluzione è stata naturale”. Plast Pack Packaging però non si ferma, è in continuo fermento e qualche anno dopo, intercetta l’esplosione del commercio online.
ZoWorking Via Renato Bruschi, 128 50019 Sesto Fiorentino www.zoworking.com
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LA NUOVA
Sia i vostri dipendenti, sia il pubblico che segue Italia 7 da tantissimi anni, quindi, ha la garanzia della vostra grande esperienza nel settore. “Il nostro modello di lavoro, prevede un responsabile per ogni realtà. Qua a Firenze è fondamentale il lavoro di Fabrizio Manfredini che ogni giorno porta avanti il nostro progetto, poi insieme abbiamo trasmesso a tutto il gruppo il nostro modo di concepire la tv che deve essere seria, ma anche divertente perché in televisione ci si lavora se si ha passione e se ci piace quello che si fa. Poi l’attenzione di stare sempre sul territorio, con le persone, raccontare la realtà dei fatti e produrre notiziari 365 giorni all’anno. È una mole di lavoro molto elevata, ma il segreto per fare una buona tv a livello locale è sentirsela propria e far passare dal monitor questa sensazione anche a chi guarda i nostro programmi. Deve essere familiare, vicina alla quotidianità”.
ITALIA 7 Gli studi in via Sestese, programmi originali e più informazione
“Vogliamo crescere e fare una tv vicina al territorio e alle persone. Nonostante i problemi pregressi, al nostro arrivo abbiamo trovato il personale fatto da grandi professionisti con umanità e passione per il proprio lavoro”
Dallo scorso 31 luglio 2018 Italia 7, la storica emittente televisiva toscana con sede a Firenze, ha nuovi editori: Marco e Giovanni Sciscione, imprenditori del settore di Terracina, già titolari dell’importante gruppo laziale Gold Tv e di altri canali locali, tra i quali in Toscana, Canale 10. L’acquisto della proprietà si è formalizzato nel corso dell’asta, a seguito del fallimento della società che aveva fondato la rete nel 1977. Una vera e importante novità per il pianeta televisivo della Toscana che vede in prima linea una delle società di spicco a livello nazionale, operare sul territorio. A fare da tramite per questo investimento, sono stati il regista televisivo Fabrizio Manfredini, oggi direttore generale della rete, e l’ex portiere della Fiorentina Giovanni Galli.
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C’era da salvare la tv dei fiorentini e non solo, di tutta la Toscana. La rete tra le più vivaci e attente al territorio, la televisione che da sempre fa più ascolti. “Era un periodo in cui stavamo ragionando sull’opzione di acquisto di un’altra emittente - racconta Giovanni Sciscione - quando Fabrizio Manfredini e Giovanni Galli ci hanno proposto di partecipare a quest’asta. Così abbiamo analizzato i numeri, il tipo di investimento e abbiamo presentato una proposta al curatore fallimentare con cui abbiamo trovato subito un accordo. Il nostro primo pensiero, fin da subito, è stato per il personale: 13 posti di lavoro tra giornalisti, operatori e impiegati amministrativi”.
Con il vostro avvicendamento alla proprietà siete riusciti a salvaguardarli. “Abbiamo trovato un gruppo di lavoro fatto da professionisti e persone di grande valore. Gente che, nonostante i problemi, ha sempre lavorato, garantendo una tv di qualità per la Toscana. Noi abbiamo dato loro la possibilità, anche per le persone di età avanzata, di rimettersi a tavolino e firmare un contratto a tempo indeterminato per continuare a fare il lavoro al quale avevano dedicato una vita intera e che aveva fatto grande Italia 7. Rimanere e rinnovare, guardare al futuro con fiducia, vederlo più roseo e tranquillo. Questo è ciò che abbiamo voluto trasmettere a tutti. E la risposta è stata entusiasmante: voglia, determinazione, felicità e grande amore per questa emittente che è sempre stata la loro vita. Sono soddisfazioni”.
Un cambiamento importante è anche la nuova sede degli studi che dallo storico appartamento di Viale Duse vicino all’Artemio Franchi, si spostano in via Sestese all’ EiTowers, dove ha sede anche Mediaset. Una novità e un passo verso la crescita. “Ci presentiamo meglio, dando l’idea di un progetto televisivo in espansione. In questo modo si diventa più rappresentativi, ci si fortifica. Vendiamo tempo e immagine, per questo dobbiamo curare anche la nostra e sicuramente ci sarà un ritorno di ogni tipo, anche commerciale. Crediamo molto in questo modello di tv”.
Società fondata nel 1978, oggi ha 34 emittenti di proprietà Il gruppo Sciscione è stato fondato nel 1978 da Gianfranco Sciscione. Oggi sono i figli Marco e Giovanni a occuparsi attivamente dell’azienda. Le emittenti di loro proprietà (34 tra nazionali e locali) suddivise nelle seguenti regioni: Molise, Lazio, Toscana, Marche, Val d’Aosta, Piemonte. Le reti di punta sono Gold Tv e Lazio Tv.
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RESPONSABILE DI RETE IL REGISTA
FABRIZIO MANFREDINI
“Nuova sede, spazio ai giovani e alle idee fresche, con la filosofia di scardinare con l’allegria le vecchie abitudini delle tv locali” La sinergia con Mediaset, Il successo di Domenica Bestiale, Di Chiara da terzino a conduttore televisivo, il ritorno in Tv di Francesco Flachi, la professionalità di Gaetano Gennai e un gruppo di giornalisti e tecnici di ottimo livello
sul serio. Crendo quindi scompiglio nelle abitudini dei telespettatori”. “Siamo contenti perché, dopo 5/6 mesi dal nostro arrivo, i risultati sono ottimi anche se all’inizio non posso negare che abbiamo ricevuto delle critiche. Un esempio lampante di quella che è la nostra filosofia di tv è “Domenica bestiale”, a oggi il programma più riuscito e con una struttura che se la può battere anche con i programmi nazionali: quasi 5 ore di diretta con collegamenti esterni e un’empatia diversa dall’abitudinario. Abbiamo parlato di tantissimi temi tra i la riapertura delle case chiuse, gli anziani, ma anche di tutti gli sport minori: Pallavolo, basket, rugby, nuoto sincronizzato, ma anche braccio di ferra e in studio abbiamo avuto la campionessa italiana. Abbiamo cercato anche di provocare per far parlare di noi con l’irruzione goliardica al Franchi durante una partita a porte chiuse. Ottimo è stato il lavoro di Gaetano Gennai un vero professionista che ci ha permesso di proporre collegamenti di grande qualità”.
Il regista fiorentino Fabrizio Manfredini è il responsabile generale di Italia 7. Ha iniziato il suo percorso professionale a Mediaset, collaborando con i programmi di Cesare Lanza e Giorgio Chessari. Ha realizzato anche tre film di cui uno dal titolo “La Suite” con protagonisti tutti ex concorrenti di reality show. Dal 2010 lavora nel gruppo televisivo della famiglia Sciscione dirigendo, a Firenze, anche Canale 10. “Ho il ruolo di responsabile generale di Italia 7, ma mantengo quella che è la mia prima attitudine professionale, cioè quella del regista, con una visione artistica di questo meraviglioso lavoro. Oltre a essere la figura organizzativa, da amico della famiglia Sciscione, sono gli occhi della proprietà e, per questo, la responsabilità è doppia”. “Essere a capo del progetto di Italia 7 è molto entusiasmante e, per me, è come un punto di arrivo. È una rete televisiva con una storia importante e un pubblico molto ampio nelle regione che copre. Noi stiamo cercando di proporre una televisione che scardina le regole canoniche delle tv locali, di solito molto abitudinarie, curando meglio i dettagli e con un po’ di fantasia, allegria e prendendosi un po’ meno
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“Una bella soddisfazione è stata anche quella di aver dato nuova linfa ai dipendenti facendo capire loro che si può fare una buona televisione anche osando e uscendo dalla zona comfort. Altri successi sono rappresentati dalle scommesse vinte: una su tutte quella di Alberto Di Chiara, da ex campione di calcio a conduttore televisivo e oggi anche il politico a Firenze. Averlo come opinionista sportivo era quasi scontato per la carriera che ha avuto, ma costruire insieme a lui un programma di successo come Seven mi ha regalato belle emozioni. Lo stesso vale per Francesco Flachi, che abbiamo voluto farlo diventare un protagonista nei nostri programmi e ha dismotrato, oltre che una grande competenza di calcio, anche di amare molto la città di Firenze e conoscere le sue tradizioni, la sua storia e la gente”. “Oggi lavoriamo anche nella nuova sede di via Sestese che ci offre una possibilità di lavoro con grandi prospettive e a fianco a un colosso come Mediaset. Da noi c’è la possibilità di sperimentare nuove idee, dare spazio ai giovani e quindi a modo nostro svecchiare il sistema. Io e Giovanni Sciscione siamo molto orgogliosi di poter rappresentare oggi una rete così prestigiosa come Italia 7”.
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ALBERTO LAPENNA
RACCONTA LA SUA ATTIVITÀ NEL CONSIGLIO DEL CORECOM
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Svolgiamo un ruolo fondamentale per aiutare le persone e le aziende a risolvere le diatribe con le compagnie telefoniche. Sono sempre tanti i rischi di cadere in una truffa. Un orgoglio lavorare con un presidente come Brogi, persona imparziale, seria e competente. La politica? Costituzionalmente posso ancora avere idee e valori e dico che il centrodestra, se unito, vincerà
” Alberto Lapenna, dopo una lunga carriera politica, un anno e mezzo fa, è stato nominato nel consiglio di amministrazione del Corecom (Comitato regionale per le comunicazioni). Il Corecom, disciplinato dalla Regione Toscana, è un organo estremamente importante di garanzia e controllo sul sistema delle telecomunicazioni. Nei confronti dell’ Agcome, i Corecom, rappresentano organi funzionali, mentre costituiscono organi indipendenti di garanzia e consulenza per le giunte e i consigli regionali. Il Corecom svolge funzioni di governo e controllo del sistema delle comunicazioni: favorisce i tentativi di accordo nelle controversie tra i gestori dei servizi di telecomunicazioni e gli utenti, vigila sul rispetto delle norme in materia di tutela dei minori, pubblicità e televendite nel settore radiotelevisivo locale, verifica il rispetto della parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali, controlla la corretta pubblicazione e diffusione dei sondaggi e tutela il diritto di rettifica di notizia errate, incomplete o fuorvianti diffuse dalle tv locali, regola la partecipazione di associazioni ed organizzazioni alle trasmissioni televisive di RAI3 Toscana, svolge attività consultiva e di studio in materia di comunicazione, promuove l'educazione ai media, svolge funzioni di controllo e garanzia degli equilibri tra concessionari pubblici e privati del settore radiotelevisivo, anche per ciò che attiene gli impianti di ripetizione delle frequenze, gestisce specifiche banche dati sui media locali, elabora la graduatoria delle emittenti televisive locali che possono accedere a contributi economici erogati dallo Stato. “Il Corecom è nomina da parte del Consiglio Regionale. Ne fanno parte giornalisti, avvocati, commercialisti. Uno degli impegni più importanti di questa epoca è la risoluzione delle diatribe tra utenti e compagnie telefoniche”.
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Alberto Lapenna si sofferma su questo tema: “Sono sempre più frequenti questo genere di truffe, ci sono centinaia di udienze al mese. È importantissima l’attività del Corecom che offre assistenza legale gratuita”. “In questo periodo elettorale, molto importante è anche la nostra attività sulla par condicio televisiva. Facciamo un controllo a 360 gradi e verifichiamo gli spazi dei partiti politici. Soprattutto dobbiamo stare attenti che i sindaci in carica e allo stesso tempo candidati, non utilizzino le notizie amministrative per propaganda elettorale”. Il Corecom, poi, svolge anche attività di educazione alla comunicazione. “In questa epoca in cui tutti comunichiamo con uno smartphone ci vuole molta attenzione. Abbiamo promosso eventi e iniziative nelle scuole, coinvolgendo i presidi e le università, sull’utilizzo dei social network, il cyberbullismo”. “Sono molto contento, da giornalista, di aver ricevuto questo incarico sottolinea Alberto Lapenna - si lavora molto bene con il presidente Enzo Brogi, persona imparziale, molto seria, competente e anche con gli altri consiglieri: Cheti Cafissi (vicepresidente), Elettra Pinzani e Massimo Sandrelli, prendendo le decisioni sempre in modo unanime”. Intervistare Alberto Lapenna e non parlare di politica sembra una novità un po’ insolita. Quindi, prima di finire l’intervista, gli chiediamo quali sono le sue previsioni per le prossime elezioni, visto che in questo periodo ci sono tornate molto importanti. “Non svolgo attività politica, ma costituzionalmente posso ancora avere idee libere e valori. Penso che, come dimostrato anche in molte altri territori d’Italia, se il Centro destra si presenterà unito alle elezioni, conquisterà molte amministrazioni, una di queste è Montecatini e lo stesso vale per le regionali del 2020”.
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WRITER: Laura Maccioni PH: Eugenio Qose
IRENE CIONI LA VELINA TOSCANA
CHE OGGI SOGNA IL CINEMA
“Striscia la Notizia è stata la mia famiglia quando mi sentivo sola a Milano e una grande scuola. Oggi lavoro nella moda e sono insegnante di Yoga con il quale ho imparato a dar valore anche alla bellezza interiore”.
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casa, sopratutto quando viene dalla campagna e ti ritrovi nel caotico vivere della città. Poi pian piano mi sono ambientata. Striscia la Notizia è diventata la mia nuova famiglia, ho trovato un posto dove sentirmi parte di qualcosa più grande di me. Mi hanno insegnato molto e devo ad ogni singola persona gran parte della donna che sono. Quattro anni sono tanti e l’esperienza che mi ha regalato questo programma è indescrivibile”.
La Velina è, nell’immaginario comune, il prototipo di donna perfetta, di successo e di grande apparenza. Pensi sia solo uno stereotipo? Cos’è per te la bellezza?
Come è stato ritrovarsi protagonista nel mondo della tv in uno dei programmi più conosciuti e seguiti a livello nazionale?
Irene Cioni, assieme alla bruna Ludovica Frasca, è stata una delle veline più longeve di Striscia la Notizia, il tg satirico di Antonio Ricci. Diplomata in ragioneria, ha deciso di studiare “Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo” all’università di Firenze. «Il mio sogno nel cassetto è diventare un’attrice, ma non mi sono negata altre vie per arrivare alla carriera che ho sempre desiderato. La moda è sempre stata parte della mia vita, ma non ho mai incentrato tutto su di essa.» Irene ha partecipato nel 2011 a Miss Italia e nel 2013 alla trasmissione Ridi col tubo di Italia7, in cui doveva raccontare delle barzellette. «Dopo il provino di Striscia la Notizia la mia vita è cambiata radicalmente anche se posso dire di essere riuscita a concretizzare tutte le mie aspirazioni: la Velina non è mai stato il mio obiettivo definitivo, ma stata un’occasione molto importante arrivata lungo il mio percorso e sono grata a me stessa di averla colta e soprattutto di averla vissuta in pieno».
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“Sicuramente una sorpresa. Ho fatto il provino e nel giro di tre quattro giorni ero diventata la nuova velina. Non potevo crederci e sopratutto non mi ero fatta una precisa idea in testa su quello che sarei andata a fare dopo il casting. Probabilmente non ci avevo fatto molto affidamento, ma è andata bene e tutto da lì ha preso una piega diversa. Non è stato semplice perché ti viene improvvisamente cucito addosso un ruolo. Sei di punto in bianco un’icona, un volto della televisione italiana. Cominci a essere riconosciuta e può far piacere, ma può essere anche difficile da gestire sopratutto nella vita di tutti i giorni. Io non ho mai cercato di costruire un personaggio che non fosse in linea con la mia visione di vita. Sono rimasta me stessa: semplice e genuina, come sono sempre stata da ragazza”. La tua è la storia di una ragazza di successo, una giovane donna ‘di campagna’, originaria di Fucecchio, che diventa una piccola stella della TV. Sembra una favola, anche se per Irene all’inizio non è stato così semplice ambientarsi. Trasferirsi da Fucecchio a Milano quanto ha influito sulla tua vita? “Per un periodo ho vissuto in albergo ed ero assalita dalla malinconia. L’euforia di un posto nuovo, di grande livello è pari alla solitudine che puoi riscontrare in un nuovo inizio, dove lo stile di vita delle persone che ti circondano è anni luce distante da quello in cui sei cresciuto. Non avevo amici, la sera tornavo a casa e spesso mi ritiravo nelle mie stanze, senza condividere la mia giornata con qualcuno. Quando ti senti sola inizia a mancarti
«Non posso certo negare che l’apparenza non sia importante. La cura della propria persona è fondamentale, ma non solo per una Velina, per chiunque. In ogni ambito lavorativo la prima impressione è quella che conta e nel mio ruolo la bellezza aveva una sua valenza, ma è una cosa che in molte situazioni si rivela secondaria. Oltre le gambe c’è di più, non è una frase fatta, è la verità. Puoi essere una bella ragazza, alta, con un bel sorriso ed i capelli fluenti, ma poi devi riuscire a gestire tutto il resto. Devi essere capace di affrontare le varie situazioni, di carattere e di grande carisma. Oggi giorno non esiste più la “donna-oca”. Le ragazze che si cimentano nel mondo della moda sono comunque tutte studentesse o lavoratrici, persino di successo. Ci sono numerosi pregiudizi ed è giusto che ci siano, è parte della vita, ma sono solo idee che le persone si fanno guardando da fuori. E poi chi lo dice che una ragazza intelligente e laureata non possa sfilare sulle passerelle o diventare una Velina? Negli ultimi anno, tra l’altro, ho capito di dover dar voce e valore anche alla bellezza interiore. Si può curare in eterno il nostro aspetto, ma se non lo si tutela dall’interno non riusciremo mai a trovare il giusto equilibrio. Lo yoga è diventato il perno della mia vita e sono diventata insegnante. Al momento sto tenendo delle lezioni qua a Milano e mi sto attivando per organizzare manifestazioni legate ad esso. È la cura dell’anima il primo passo verso la cura di se stessi». Pensi di aver raggiunto tutti gli obiettivi che ti eri prefissata nella vita o hai ancora qualche sogno nel cassetto da spolverare? «Assolutamente no, chi si ferma è perduto e io non voglio fermarmi. Sono rimasta a vivere a Milano e per adesso voglio costruire la mia vita qua. Al momento lavoro anche nella moda, ma il mio sogno più grande è rimasto lo stesso: fare l’attrice. Sto studiando e spero di poter riuscire un giorno a concretizzarlo. Striscia la Notizia è stata una grande scuola, ma non la mia unica aspirazione. Il futuro? E’ ancora tutto da vedere».
“Adoro le camicie, ti rendono elegante in ogni momento della giornata. Felice di essere la testimonial di Valentina’s, eccellenza Toscana” Sono molto felice di essere la testimonial del marchio Valentina’s. Ho sempre conosciuto le loro camicie, le indosso regolarmente e poi mi fa piacere perché è un’azienda toscana come me e mi fa piacere valorizzare le eccellenze del nostro territorio. La Toscana è una regione molto conosciuta e amata in tutto il mondo anche per lo stile, per la moda di cui siamo maestri. La nuova collezione Valentina’s è stupenda, le loro fantasie mi piacciono tanto. Dalle righe, al colorato oppure anche il classico modello che si distingue per una vestibilità unica. Io adoro le camicie, secondo me è un must have. È un capo che puoi indossare di giorno, di sera, in ogni occasione e ti rende elegante in ogni momento della tua vita.
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GINO NATALI PROFESSIONE MANAGER Gino Natali è uno dei più grandi manager di basket italiani e anche ex giocatore professionista. I passaggi più importanti della sua storia iniziano sempre da Montecatini.
Natali gioca nel Montecatini e mostra tutto il suo talento. La prima occasione arriva ancora grazie al maestro Benvenuti. Chiamato ad allenare il Livorno in serie B. “Alla Libertas Livorno ho giocato negli juniores e debuttai in prima squadra in serie B. Diventai il miglior realizzatore del campionato con 299 punti. Furono anni molto belli, entusiasmanti dove sono diventato un giocatore”.
La prima volta da poco più che bambino, nei campi di pallacanestro delle scuole. “Con gli altri miei amici giocavamo sempre a calcio. In mezzo alla strada o sotto il mercato coperto. Così passavamo le nostre giornate. Poi un giorno, un signore, il figlio del macellaio Vannelli di Montecatini, mi chiese di andare con lui a praticare bakset. In quegli anni, nella squadra della città fondata da Raoul Bellandi, c’erano giocatori molto forti: Giuntoli, Rattazzi, Masini. Io iniziai a divertirmi con altri ragazzi al campo delle scuole “Pascoli” fino a quando, un giorno, l’allenatore “Cacco” Benvenuti, un grande maestro, mi chiese se avessi potuto andare ad allenarmi con il Montecatini. La mia prima risposta fu che non avevo le scarpe. Però poi, da quel giorno, tutto cambiò: iniziai ad vivere il basket con passione, impegno e grandi ambizioni”.
Quindi la serie A: la Snadeiro Udine e Genova. “Ho vissuto il grande basket, stagioni molto belle in un’epoca in cui la pallacanestro aveva un vero valore in Italia. La mia vita stava cambiando ed ero felice, mi stupii quando mi consegnarono la divisa ufficiale con la cravatta. Anche Genova, poi, è stato un passaggio importante della mia carriera, anzi fondamentale. Nel frattempo avevo conosciuto Tina la donna che è diventata mia moglie, me ne innamorai a prima vista. Quegli anni stretti rapporti con Marcello Lippi che giocava nella Sampdoria, ancora oggi un ottimo amico. Ma, soprattuto, ci fu la svolta della mia vita grazie a Vito Panati e un po’ alla mia incoscienza”.
In realtà iniziò la carriera di uno dei più grandi talenti della storia del basket di Montecatini: Natali, in poco tempo, non raggiunge solo la prima squadra, ma divenne uno dei leader dei rossoblù. “All’inizio non fu facile, ci volle molto sacrificio, anche perché a casa, mio padre disse: se ti piace, va bene andare a giocare, ma devi anche lavorare. Così passavo le mie giornate in palestra ad allenarmi per raggiungere il sogno di diventare, un giorno, un giocatore professionista e anche a lavorare negli hotel di Montecatini come cameriere. Ricordo che quando servivo i clienti pensavo sempre che avrei voluto essere come loro e non un cameriere. Avevo voglia di uscire dalla provincia”
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“Oggi l’orgoglio è la famiglia e osservo con soddisfazione la crescita di mio figlio Nicola: giocatore in serie A1 a Varese, laureato, padre e con il sogno di diventare manager come me..”
Dalla serie A alla serie D, tutto d’un fiato. “Sì, Vito Panati, con altri amici veniva a vedere le mie partite a Genova. Un giorno mi disse che aveva preso la squadra di basket del Montecatini e aveva un grande progetto in cui intendeva coinvolgermi, sia come giocatore, sia come dirigente. Mi chiese, insomma, di seguirlo. Accettai e lasciai il più grande palcoscenico della pallacanestro italiana, per tornare tra i dilettanti. Ma la mia vita prese la strada che forse avevo sempre sognato: quella del manager”. A Montecatini, Gino Natali, gioca e fa il dirigente. La squadra sale dalla serie D alla serie A. È un’ascesa entusiasmante, storica. Il Montecatini basket raggiunge i massimi livelli e Natali dopo qualche anno si toglie la canotta per vestire a tempo pieno i nuovi abiti del manager. Si fa conoscere e apprezzare nell’ambiente, fino a compiere una delle cessioni più clamorose della storia della pallacanestro quando Andrea Niccolai, da Montecatini passa a Roma. “Mi piaceva fare quel lavoro, curavo tutti i particolari. Imparavo lavorando, sul campo”.
Così arriva la chiamata a Roma da Corbelli. “Grande esperienza, abbiamo raggiunto ottimi risultati, ma soprattutto ero riuscito a riportare la gente al palazzetto. Sette anni che mi hanno fatto crescere molto prima di passare a Milano”. Appunto, l’Olimpia Milano, la squadra più blasonata d’Italia, in cui Natali resta sei stagioni. “Ho conosciuto tutto l’ambiente milanese dello sport, ma anche della tv, del calcio. Con Adriano Galliani, all’epoca amministratore delegato del Milan, abbiamo lavorato a stretto contatto per la costruzione della società coinvolgendo per primi Giorgio Armani e poi siamo rimasti in ottimi rapporti”. Poi qualche altro impegno nel basket ancora a Roma e quindi una nuova esperienza professionale nel settore della gestione degli eventi, prima con la società Best Union e oggi come consulente in collaborazione con il genero Francesco Colonnese alla Ticket Master. Ma gli occhi, sia da ex giocatore, sia da manager e soprattutto quelli del padre, sono puntati sul figlio Nicola: “È un ragazzo che mi ha stupito. A livello sportivo ha dimostrato di essere un grande atleta e un ottimo professionista, raggiungendo la massima serie oggi con il Varese e giocando su ottimi standard di livello. Nel frattempo non ha mai smesso di pensare al futuro, studiando e laureandosi in Scienze giuridiche, economiche e manageriali dello sport con il sogno di fare il manager come me di una società sportiva. In più si è sposato e mi ha dato il secondo nipote, Giovanni. Ha grandi ambizioni un po’ come le avevo io, comprendendo che oggi, oltre alle capacità sul lavoro, ci vuole preparazione e conoscenza delle nuove tecnologie”. La famiglia al primo posto. “Dopo una lunga carriera è la famiglia che ti regala le più grandi soddisfazioni. Mia figlia Monica, sposata con l’ex calciatore dell’Inter Francesco Colonnese, il nipote Lorenzo e la nuova famiglia di Nicola. Se mi guardo intorno sono molto felice”.
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WRITER: Carlo Alberto Pazienza
GUIDO MEINI LA MIA VITA DA CAPITANO A 40 anni, dopo tante stagioni tra i professionisti di basket è tornato a vestire la maglia rossoblù del Montecatini, dove era cresciuto. Oggi la sua vita è piena di impegni anche fuori dal parquet: da tre anni fa anche il broker assicurativo e nel lavoro lo spirito è quello che mette nello sport. Guido non ce la fa a smettere di giocare. Si sente ancora un ragazzino sul parquet e con quella palla a spicchi che lo ha accompagnato in tutta la sua vita. Nelle vittorie (tante) e nelle sconfitte (molto meno). L’anagrafe però inizia a suonare il campanello del time out che, se non significa, fermarsi, almeno fa riflettere su cosa ci sarà dopo.
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Meini si è rimesso in gioco e anche dopo aver dedicato una vita intera al basket, con 14 anni trascorsi tra Serie A e A2, le categorie più alte del campionato italiano, da qualche anno ha pensato al suo futuro in un settore decisamente non convenzionale: il brokeraggio assicurativo.
Cresciuto nel Montecatini Basket di fine anni ‘90 inizio 2000 è divenuto girovago della pallacanestro italiana con esperienze a Pavia, Veroli, Venezia e Pistoia. Quest’anno, nel 2019, festeggia i suoi “primi 40 anni”, ma sua voglia di parquet non si è ancora esaurita: nel 2016 infatti è tornato a casa, chiamato per diventare simbolo dell’ennesimo progetto di rinascita della società termale.
sempre in ballo. In questo senso lo sport mi ha aiutato molto: è molto importante infatti avere una mentalità vincolata al raggiungimento di determinati obiettivi. C’è competizione e bisogna sgomitare ogni giorno. Anzi, forse nello sport è più evidente il fattore meritocratico. Nel mondo del lavoro, infatti, non hai sempre la possibilità di dimostrare il tuo valore. Nello sport, invece, se hai talento prima o poi emergi”.
Da tre stagioni è infatti il capitano del Montecatiniterme Basketball, squadra che disputa il campionato di Serie B.
Mentalità e carisma: doti caratteriali che Guido si porta anche sul parquet quando veste, da capitano, la canotta del Montecatini:
“Dopo 14 anni sono tornato nel posto in cui sono cresciuto - racconta Meini - sono venuto qui per giocare, ma anche per aiutare i giovani e la società a crescere. La dirigenza fa un lavoro encomiabile e non è facile mandare avanti una squadra a livello semiprofessionistico in una città come Montecatini, abituata ad altri palcoscenici ma che deve fare i conti con una situazione economica non più florida come una volta”.
“Il titolo di capitano viene riconosciuto dal gruppo: nella mia carriera ho trovato leader che non erano capitani e capitani che non erano leader. La leadership o ce l’hai o non ce l’hai, una fascia al braccio non fa di te un condottiero. Io ho lavorato tanto, ho messo sempre grande impegno e mi sono applicato al massimo. Questo mi ha permesso di raggiungere certi risultati e di essere apprezzato dai tifosi come dai compagni”.
Alla passione immutata per la pallacanestro Guido in questi anni ha aggiunto l’applicazione e la determinazione di affermarsi in una nuova e stimolante professione: “Da circa tre anni lavoro come broker alla Foedus, compagnia di brokeraggio e consulenza assicurativa di Lucca. La cosa è nata per mio interesse, è un ambito che mi incuriosiva e che volevo approfondire nell’ottica di progetti che avevo in testa e che sono
La vita professionale al momento lo soddisfa molto, per cui Guido guarda avanti con fiducia: “L’interesse che avevo prima di cominciare è rimasto invariato, anzi, per certi versi è pure aumentato. Obiettivi? Voglio alzare l’asticella e cercare di crescere ulteriormente; le opportunità ci sono, ma bisogna cercarsele. Sul lato sportivo non nego di avere un sogno nel cassetto ancora da realizzare, almeno fin quando il fisico me lo consentirà: aiutare la squadra a fare un salto di qualità, magari, chissà, tornando tra i professionisti”.
“Ho tanti tanti progetti da portare a compimento per me e per la mia famiglia. Nel mondo del lavoro la determinazione e l’impegno valgono come nello sport. Il mio sogno nel cassetto? Giocare ancora nei professionisti con il Montecatini, chissà…”
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ST. RICH BIKE WEAR,
L’ABBIGLIAMENTO PER CICLISTI CHE ROMPE LE REGOLE
Costruire
un’azienda
partendo senza
da
zero,
finanziamenti
Sono serviti determinazione, idee e quello spirito di avventura che contraddistingue ogni imprenditore di successo all’inizio del suo percorso.
da parte delle banche e senza nessun tipo di aiuto. È questo, in
“Dopo anni di lavoro anche nel settore del ciclismo, ho deciso di ricominciare creando un marchio tutto mio. Sapevo che poteva essere una sfida sulla carta quasi impossibile, ma noi che amiamo questo sport, quando le strade diventano più difficili da percorrere, ci piacciono di più”.
estrema sintesi, il sogno realizzato da Cristian Pucci, iniziato quando ancora non aveva 30 anni, precisamente sei
Così St. Rich Bike Wear è diventato la sua ragione di vita. “Serve impegnarsi di più quando si realizzano idee. Per iniziare, ho aperto un’azienda nell’ Est Europa e ci occupiamo di tutto il percorso di realizzazione del capo, dal taglio del tessuto fino al confezionamento. Una volta arrivato nella sede italiana a Pescia, procediamo con il controllo, l’imbustamento, l’etichettatura e le spedizioni in tutto il mondo”.
anni fa. Un sogno che si chiama St. Rich Bike Wear, brand italiano
nel
settore
dell’abbigliamento sportivo, in particolare votato al ciclismo, che oggi
ha
conquistato
il
mercato
La
svolta
quando
mondiale. è
arrivata
Cristian
ha
avuto la necessità di ricominciare da capo.
In sei anni l’idea di Cristian Pucci è un’azienda mondiale
Cosa significa St. Rich Bike Wear? “Il significato è tutto nel marchio: il logo, formato da due montagne stilizzate, rispecchiano l’emblema del ciclismo per eccellenza, ciò che ogni ciclista cerca di affrontare con sfida: la salita. La stessa che ho affrontato io sei anni fa”.
Dalle idee alla realtà: un prodotto che rompe le regole dell’abbigliamento sportivo e che in breve tempo viene richiesto in tutto il mondo. “Le vendite sono partite bene e anche l’azienda è cresciuta velocemente in questi anni. Una nostra caratteristica è quella di rinnovarsi continuamente, tenere al minimo i costi aziendali per poter proporre un capo d’abbigliamento di alta qualità, ma a basso costo. Il più basso in assoluto”. Quali sono i vostri progetti futuri? “Siamo come i ciclisti, non ci poniamo limiti. Arrivati in cima alla salita, sappiamo che dopo ce n’è subito un’altra”. Cristian Pucci, 34 anni, è il titolare del marchio St. Rich Bike Wear ha una lunga esperienza nel campo del marketing e della pubblicità. Ancora studente, si è classificato terzo al Giffoni Film Festival con la sua idea di pubblicità progresso sulla sicurezza stradale. Ha lavorato come direttore immagine di team professionistici di ciclismo e ha collaborato con Parmigiano Reggiano, Guru e Juventus. Nel 2013 ha fondato il suo primo brand.
Come sei riuscito a intercettare un bisogno del mercato al quale ti rapporti? “Ho subito intrapreso una strada alternativa a tutto ciò che era più diffuso fino a quel momento: un modo diverso di concepire il ciclismo, attraverso grafiche accattivanti e un marketing originale e concepito da grande maison di moda. Siamo riusciti a smaltire le regole che il mercato ci imponeva e le abbiamo riscritte”. Quali sono i punti di forza dei vostri prodotti? “St. Rich Bike Wear è anticonformista e provocante. Creiamo modelli ricercati e performanti con maniacale attenzione ai dettagli e alla qualità. Il ciclista che indossa i nostri capi è una persona forte che si piace e sa di piacere. È edonista, attento ai particolari, libero e di successo”.
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VINCI
WRITER: Gabriele Michi PH: Giusy Versace
CAPEX
uno stile di vita indelebile I quartieri periferici di PISTOIA, le cattive compagnie, il talento innato per il disegno e i viaggi in tutto il mondo. La storia di un artista che rende il tatuaggio un’opera inimitabile.
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Uno stile di vita ed una scelta coraggiosa la tua, presa in un periodo dove il tatuaggio non era certo ben visto.
In una cornice unica, tra arredamento vittoriano e pareti ornate da disegni d’ogni tipo, l’occhio e la mente perdono la cognizione del tempo. Lo stile, si sa, non è per tutti e Capex ne è conferma. Chiunque sia appassionato di tatuaggi, non solo in Toscana, ma anche nel resto d’Italia e del mondo, conosce le sue opere e le peculiarità che lo contraddistinguono. Un artista fatto da solo, “self made” come egli stesso ha tatuato sulle dita: niente maestri, niente insegnamenti, niente scuola. Eccezion fatta per la “vecchia scuola”, quella del vivere situazioni in prima persona, di girare il mondo e fare esperienze. Classe 1973, lui il mondo continua a girarlo, per passione ma anche per lavoro: Europa, Russia, Stati Uniti, Centro America, Africa, Sud Est Asiatico. Un percorso che - da ventisette anni – lo sta portando ad istoriare pelli e a conoscere tradizioni lontane anni luce da quelle nostrane. Con alle spalle esperienze come la subacquea, il paracadutismo, la militanza da ultras, gli sport da combattimento (è stato professionista di Thai Boxe) e dopo varie peripezie e avvenimenti – belli e brutti, nel corso della sua vita - è oggi titolare del rinomato studio di tatuaggi Great Seal Tattoo Lodge, in pieno centro a Montecatini Terme. Felicemente sposato, nonché padre di due bambini, quella che ci troviamo di fronte è una persona sicuramente piacevole e dalla quale è lecito attendersi nozioni ed aneddoti legati alla sua esperienza ultradecennale nel mondo del tatuaggio e nella vita. All’interno del suo studio ho messo piede tre anni fa, chiedendo lumi sulla possibilità di coprire un vecchio tatuaggio, un errore di gioventù pagato caro sulla mia pelle e rimediato dalla mano di quello che reputo un grande artista. Da quel giorno, all’interno del Great Seal Tattoo Lodge, sono entrato più volte. Oggi la mia visita ha un sapore particolare: Capex, voglio raccontarvelo.
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“All’epoca - si parla della fine degli anni 80 - ero un ragazzo di provincia. Abitavo in un quartiere pistoiese tutt’altro che snob: scazzottate e cattive compagnie erano all’ordine del giorno. Ero ribelle in tutto e per tutto ed era ipotizzabile che il mondo del tatuaggio potesse incontrarmi. Di questa antichissima pratica, che solo dopo anni ho capito fosse arte, dalle mie parti non si sapeva niente. Nonostante ciò decisi di farmi tatuare, sedicenne, dall’unico ragazzo che in zona li eseguiva con strumenti manuali e non elettrici. Un anno dopo, un amico mi chiese di tatuarlo: con una molletta da bucato di mia madre, fatto tesoro dell’esperienza vissuta in occasione di quel mio primo tatuaggio, legandoci tre aghi e con china da geometri impressi, per la prima volta, una mia opera su pelle. Da quel momento, complice la dote innata per il disegno, la richiesta è stata costante e mi ha permesso di crescere, prima con l’ausilio di quelle che erano le prime macchinette artigianali con motorino elettrico, successivamente grazie ad esemplari professionali acquistati da Inghilterra e America. Da lì mi poi mi sono convinto che la strada da seguire fosse quella della professionalità, traguardo esclusivamente concretizzabile con una più accurata concentrazione sul disegno e sulla pittura, assecondata dall’apertura di uno studio, dalla possibilità di lavorare in convention internazionali, studi europei, americani ed orientali. Una strada molto lunga che mi sta dando tante soddisfazioni.”. “Oggi tatuo con la stessa energia ed euforia di quando ho iniziato. Anche se il mondo del tatuaggio è estremamente cambiato, in meglio ed in peggio, questa forma d’arte mi gratifica molto ed uno dei principali motivi d’orgoglio è che sono in tanti, anche dall’estero, a varcare la soglia del mio studio, il Great Seal Tattoo Lodge. Un ambiente che da tempo gestisco ed in cui da anni lavorano anche Jack e Jaisy, artisti giovani con un’ottima prospettiva ed etica. A loro va il merito di aver saputo mettere in pratica ciò che gli ho insegnato e che sto continuando a fare”. Negli eventi più blasonati sei sempre presente. Come ci sei arrivato? “Stiamo parlando di situazioni maturate in modo naturale, non ho programmato niente. Ho avuto modo di essere selezionato in occasione di grandi eventi, penso al “Mondial du Tatouage” di Parigi la cui anima è Tin Tin, storico tatuatore di fama mondiale o all’ “Ink’ n’ Iron” di Long Beach, in California. Tutto ciò dopo aver speso anni a mettermi in gioco a testa bassa e a cercare con serietà ed impegno un mio stile, che poi è stato apprezzato anche fuori confine. So che questi impegni mi portano spesso lontano dallo studio ma credo che si possa aspettare
per un appuntamento, anziché affidarsi in fretta a persone improvvisate, senza aver visto un loro lavoro. Considerazione, questa, sulla quale molti dovrebbero riflettere. Capita spesso che giovani entrino nel mio studio per rimediare tatuaggi realizzati da altri con superficialità, non comprendendo l’importanza che ha un’opera indelebile. Spesso si pensa che esista un buon compromesso economico in questo contesto ed è per questo motivo che in molti, senza alcuna cultura del tatuaggio, si lasciano influenzare per poi correre ai ripari successivamente. Il cliente qui trova qualità, buona musica ed un’atmosfera piacevole, senza superstar. Chi si tatua qui si regala un pezzo di storia sulla pelle e ricorderà sempre l’esperienza vissuta in quel momento e il clima che ha respirato”. Atmosfera che ha richiamato al Great Seal Tattoo Lodge artisti conosciuti in tutto il mondo… “Negli anni ho coltivato rapporti internazionali con tanti artisti. Se molti sono venuti qui non è solo una questione di lavoro, ma c’è molto di più: hanno trovato un ambiente valido e questo mi è stato rimarcato più volte. Un punto a nostro favore, oltre alla qualità professionale – e mi riferisco a tutta l’equipe dello studio – credo sia l’approccio, il feeling che si crea con le persone. Uno scambio di visite che garantisce ai miei affezionati clienti la possibilità di farsi tatuare da molti esponenti di livello mondiale, tra cui posso citare Bill Loika e Marcus Kuhn, tra i tanti, e se il pubblico ci seguirà sui social potrà restare aggiornato sui prossimi, che saranno, lo garantisco, interessantissimi”. A livello stilistico il tuo nome viene sempre più spesso accostato al tatuaggio tradizionale americano ed allo stile giapponese. “In molti anni di esperienza ho eseguito tatuaggi in tutti gli stili e ad una richiesta diversa da quelli da te citati non ho mai detto di no. Spesso mi sono cimentato, con buoni risultati, in tatuaggi realistici ed ornamentali. Al tradizionale classico, però, preferisco proporre una mia versione rivisitata nei particolari. Diciamo che, pur apprezzando le tavole lanciate a suo tempo da Sailor Jerry (pin up, ancore e velieri) preferisco regalare un tocco personale al disegno. Poi c’è il “giapponese”, uno stile che adoro e che mi ha regalato il consenso di molti clienti. Ritengo di avere comunque una visione ampia, nei miei book si può trovare di tutto. A volte mi è capitato di lavorare su idee discutibili o su tatuaggi che non rispecchiavano il mio stile. A causa di questo mi sono talvolta trovato a sconsigliare il cliente per motivi puramente tecnici, mettendolo in guardia su quelle che sono le conseguenze legate al tempo o sull’incongruenza di ciò che il tatuaggio dovrebbe esprimere. In questo caso mi prendo la responsabilità di proporre le stesse idee seguendo un altro percorso e, lo dico con un pizzico di orgoglio, ad oggi ho riscontrato molti consensi riguardo ai miei consigli”.
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una sua decisiva evoluzione, adesso non c’è soltanto il macho che si tatua, ma anche la ragazzina, l’avvocato ed il banchiere. Da qui si evince quanto il tatuaggio sia stato sdoganato ma allo stesso tempo quanto qualcosa che fino a venti anni fa era bandito e reputato da bassifondi , sia oggi entrato a far parte della vita di tutti i giorni basti pensare ai fotomodelli o ai calciatori pieni di disegni sulle braccia - e non sempre in un modo positivo.
Capex mentre realizza il tattoo al nostro direttore Andrea Spadoni. L’idea è dello stesso artista che ha realizzato un disegno della storica Olivetti Lettera 22 di Indro Montanelli, simbolo del giornalismo italiano.
Il capitolo più bello nell’album dei ricordi. “Ce ne sono diversi, forse quello più particolare risale a due anni fa, quando sono stato invitato da un capo villaggio in Borneo. Mi ha chiesto di tatuarlo in terra, all’interno di una longhouse, la loro tradizionale abitazione in legno. Era di etnia iban, appartenente ad una delle tribù storicamente tatuate con vecchi motivi tribali tradizionali, che sono stati tramandati fino alla fine degli anni settanta. Una volta compreso che avevo l’attrezzatura a disposizione, mi ha chiesto un tatuaggio legato ad un motivo a lui molto caro, rendendomi orgoglioso di questo. Un’esperienza che porto davvero nel cuore, anche se di cose belle legate ai miei viaggi potrei comunque raccontarne molte”.
PH: Antonio Tortorella
Quale sarà il tatuaggio che resisterà alle mode? “Non credo alle mode nel tatuaggio, parlerei magari di trend. Sono convinto che lo stile in voga cento anni fa, cinquant’anni fa e che viene tatuato ancora oggi sia destinato a rimanere immortale: il tatuaggio tradizionale. Linee e sfumature decise, pochi dettagli. Caratteristiche che lo mantengono nel tempo, considerazioni confermate da quello che ho potuto vedere con i miei occhi. Ho visto marinai in varie parti del mondo che si sono tatuati cinquant’anni fa e che – seppur con pelle non più paragonabile a quella di una volta – mostrano disegni ancora ben definiti. Oggi, sfido i possessori di tatuaggi water colour o comunque leziosi e “artistici” immediatamente dopo l’esecuzione, a poter sperare in un risultato analogo tra vent’anni, non tra cinquanta. Che ruolo ha avuto la tv nel mondo dei tatuaggi? “La tv ha inciso tantissimo ed in modo negativo, a mio modo di vedere. Il tatuaggio dovrebbe rimanere qualcosa di privato, underground, o comunque se proprio si fa divulgazione di massa, dovrebbe essere “raccontato” in modo vero, tecnico e a livello socioculturale e storico. Invece nelle trasmissioni vedo soap opera in versione street, romanzi dove si punta la telecamera sulle motivazioni legate ad una scelta che dovrebbe essere ponderata e personale, in modo invece molto plateale e commerciale. Le serie tv hanno fatto male a questa espressione artistica, dove la vera essenza appartiene ai vecchi studi e a quelle convinzioni che ho avuto la fortuna di rendere mie. Il tatuatore non deve essere un venditore di tatuaggi, ma molto di più. Per questo il Great Seal Tattoo Lodge è aperto anche a chi vuole approfondire questo argomento bevendo semplicemente un caffè. La tendenza oggi ha avuto
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Saluto Capex non prima di aver discusso di quelli che saranno i miei prossimi tatuaggi. Gli lascio trapelare quello che mi piacerebbe avere su tutto il mio braccio sinistro: un’iconografia a tema marinaresco, dal veliero ad altri disegni di un mondo che mi ha sempre affascinato e che lui ha avuto il merito di farmi ulteriormente apprezzare. Tutto ciò attraverso i suoi libri, i tanti disegni, ma soprattutto tramite i suoi racconti di viaggi esotici. Storie che sanno di antico, dal sapore romantico ed intramontabile. Sì, perché il tatuaggio è sognare un marchio sulla propria pelle, non solo di ciò che si ha ma anche di ciò che si vorrebbe. Lui, durante la mia esposizione, capisce, sorride e – tutto ad un tratto - vedo i suoi occhi brillare. Perché alla fine, è vero, essere un tatuatore non significa soltanto lavorare sulla pelle di un cliente, ma interpretare le idee delle persone e renderle uniche.
Great Seal Tattoo Lodge Viale Antonio Balducci, 17 51016 Montecatini Terme
Capex Tattooer Great Seal Tattoo Lodge
338 1668385 0572 773544
_capex_ greatseal_tattoolodge
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WRITER: Virginia Volpi
L’ARTE DELLA
Gli storici dichiarano che abbia origini romane, e i lucchesi fin dal Medioevo si promisero di non insegnare i segreti di quest’arte a nessun forestiero. E anche se affonda le sue radici in contesti umili, oggi ha un valore inestimabile. Si tratta dell’antichissima tradizione della tessitura a mano, e a Lucca c’è un laboratorio che mantiene in vita questa usanza ormai rara.
TESSITURA A MANO L’antica tradizione medievale rivive nel laboratorio di Genni Tommasi
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Proprio nel cuore della città, un tempo crocevia della millenaria “Via della seta”, l’atelier Tommasi Loomworks crea tessuti unici, realizzati su antichi telai del ‘700. Genni Tommasi è una musicista lucchese, arpista jazz e compositrice, ma con la grande passione per i tessuti. Nel tempo libero cuce o ricama, ed ha talento. Nel frattempo una sua amica, Lucia Nesi, nota per essere tra i fondatori del coordinamento nazionale dei tessitori a mano, continua a tramandare le sue conoscenze ereditate da una delle ultime grandi attività tessili lucchesi del ‘900, il Laboratorio di tessitura rustica Maria Niemack. E così, appresi i primi segreti del mestiere da Lucia, ha immesso la sua sensibilità artistica e musicale nella tessitura creando tra l’arpa e il telaio a mano una connessione stretta fatta di continui rimandi armonici e decorativi. Creando un luogo magico dove la parola chiave è contrasti: tra una tradizione artigianale e il design, tra una manualità antichissima e una creatività estremamente contemporanea. Dove spesso gli schemi dei telai da seguire si scrivono sul pentagramma, proprio come la musica. “Il lavoro a telaio, come tutti i lavori manuali creativi - spiega Genni Tommasi - ci tiene connessi con il nostro mondo interiore, e questa connessione mi regala un appagamento e un benessere a cui non saprei rinunciare. La ripetitività e la calma della gestualità di questo mestiere, contribuiscono ad approfondire questo legame isolando la mente dai pensieri coscienti, proprio come una sorta di meditazione”. Ed è qui che si riscoprono e si ricreano antichi motivi tessili: il quadrettino lucchese, la rosa di Barga, a mandorla, a rosa e spine, a stelle e rose, a croce di cavalieri, e ovviamente, il famoso filaticcio lucchese medievale. Quest’ultimo, nato come tessuto di riciclo della lavorazione della seta nel XIV e XV secolo, oggi è un fiore all’occhiello della produzione lucchese e toscana. Talmente pregiato che “Una mattina ci squilla il telefono, chiamata da New York: degli architetti di un grosso studio cercavano il filaticcio per dei divani e non lo trovavano da nessuna parte. Gliel’abbiamo fatto noi”. spiega Luciano Pardi, figlio e socio di Genni Tommasi. Anche lui con la musica che scorre nelle vene (è produttore musicale) si è appassionato ed ha appreso tutti i segreti, e trucchi, del mestiere: “Facciamo borse, scialle, sciarpe, pantaloni, vestiti per l’abbigliamento, ma anche tessuti da arredamento personalizzate, il tutto esclusivamente realizzato a mano, su telai tradizionali del modello lucchese”. E il risultato sono energia ed intensità, dove i filati naturali di seta, lino, canapa, alpaca e cotone si fondono con filati contemporanei (lurex e fili metallici), esplodendo in una moltitudine di forme, simboli e colori che si ritrovano nelle collezioni proposte da Tommasi Loomworks.
Come la serie “Biancotone”, in cui il cotone puro viene esaltato nel suo colore naturale mantenendo comunque intatta tutta l’energia della fibra; oppure la serie “Nativo”, ispirata ai paesaggi del mare, rievoca i toni della sabbia e del legno bagnati. O ancora la collezione “Bazar”, un omaggio alla vecchia (ma sempre attuale) arte del riciclo: le tessitrici di una volta chiamavano “pezzotti” i tappeti che tessevano utilizzando vecchi pezzi di stoffa ritagliati in strisce e utilizzati poi nella trama. “La bellezza e l’armonia sono il nutrimento della mia vita - conclude Genni - e il mio lavoro mi permette di portare avanti quotidianamente la ricerca di questa bellezza. Saper cogliere l’essenza dei singoli materiali e l’armonia che li unisce”. L’atelier realizza tessuti per abbigliamento e arredamento disponibili su ordinazione e mirati alla personalizzazione e all’esclusività.
Tommasi Loomworks Via S. Andrea, 28, Lucca.
0583.490391 333.6434010 info@tommasiloomworks.com www.tommasiloomworks.com
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QUANDO IL PASSAPAROLA DIVENTA SOCIAL L’idea di tre giovani toscani Due fiorentini e un pistoiese, nemmeno 90 anni se sommiamo l’età anagrafica, sono stati capaci di creare e progettare una nuova web app che si appresta a cambiare le dinamiche della condivisione sui social network. In realtà è come aver coniato il linguaggio del passaparola tecnologico, a portata di smartphone, in cui si mischia quella che da sempre è considerata la pubblicità più efficace, veloce e immediata. Si chiama TATAP (app.tatap.it), è già disponibile sul web e utilizzabile sia con il computer sia con tutti i dispositivi Android, e iOS in modo molto semplice. L’idea di Vittorio Rossi, portata a compimento insieme a Tommaso Dami e Luca Parri, nasce per dare una risposta concreta a una domanda iniziale: “Come possiamo creare un vero passaparola social che sia facile da usare e senza inganni? Inoltre, volevamo permettere a ristoranti, alberghi, negozi e altre attività, di bypassare i costi gravosi di campagne a pagamento su Facebook e Google, oltre a quelli della pubblicità televisiva, della carta stampata e degli influencer.
Volevamo creare un flusso di informazioni che permettesse alle attività commerciali di promuoversi grazie ai loro clienti”. TATAP funziona in modo semplice: per l’utente basta iscriversi, selezionare l’attività o il luogo nel quale si trova, (ristorante, hotel, negozio etc), condividere su Facebook le emozioni che ha vissuto come comunemente già accade. In automatico TATAP genererà il coupon con il regalo a lui destinato come premio per la sua condivisione. Per le aziende basta attivare un abbonamento e mettere a disposizioni degli utenti un regalo. Il ristorante può offrire uno sconto alla cassa oppure un calice di vino. L’hotel un welcome drink, l’upgrade della camera, un’esperienza in SPA. Il negozio un prodotto omaggio oppure uno sconto alla cassa. Non solo, l’azienda è in grado in tempo reale di conoscere il numero di condivisioni ricevute e i loro contenuti. In questo modo, gli amici che hanno visto la condivisione potranno essere incuriositi e attratti da quel luogo. Un vero passaparola, fatto di post, fotografie di momenti reali e brevi commenti. Come quando l’amico del cuore ti diceva: “prova questo ottimo ristornate, io ci sono stato e ho apprezzato i suoi piatti. Adesso, il passaparola è condividere online. Con TATAP hai anche un regalo. Dopo un periodo di test, TATAP, oggi è totalmente attiva e conta già un numero importante di aziende abbonate con utenti che ne utilizzano la sua semplice e utile funzionalità. “Ogni giorno - concludono i tre creatori - grazie alle foto scattate e alle condivisioni fatte con TATAP dai clienti, le aziende iscritte stanno aumentando la propria reputazione online”.
QUESTO È IL PASSAPAROLA SOCIAL Nella foto:Luca Parri, Vittorio Rossi, Tommaso Dami (photo: egonipse)
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WRITER: Virginia Volpi
VINIS
startup innovativa per il turismo enologico
“
Prenotare una degustazione in cantina era troppo complesso Il nostro progetto risolve tutto questo
” A fianco, Lorenzo Radica, Manuel De Luca e i collaboratori Leonardo Albertini e Giuseppe Magnanimo forografati alla Domus Comeliana e, in alto, l’azienda Podere La Chiesa, la prima a entrare nel circuito Vinis.
Il vino in Toscana compare per la prima volta nel VII secolo a.C., quando i greci iniziarono a piantare la vitis vinifera e gli etruschi, dopo averne compreso le inebrianti proprietà, se ne innamorarono. Da allora non è cambiato molto: la passione per il vino dei popoli toscani non è mai svanita e anzi, ad oggi rappresenta uno dei principali fulcri della cultura di questa terra. Anche se in realtà il turismo del vino in Italia è un fenomeno abbastanza recente (nel 1993 le cantine aperte al pubblico erano solo una ventina), presto i produttori si sono resi conto delle grandi opportunità economiche dell’ enoturismo, diffondendo la moda dell’escursionismo enologico. E se da una parte c’è un mercato che, soltanto in un anno, in Toscana, registra in media 13 milioni di presenze strettamente legate all’ enoturismo, dall’altra sembra presentare ancora difficoltà di fronte all’enoturista che deve impiegare tempo nella ricerca di cantine ed esperienze di un territorio, deve spendere tempo nella prenotazione, non ha garanzie di qualità e, infine, non trova tutte le informazioni complete sulle aziende e i loro servizi. E non bisogna tralasciare che per gli italiani il turismo del vino significa gite brevi, spesso entro i 100 chilometri, e che in Toscana, si concentrano nelle località e nelle denominazioni più note. Ma ecco che dalla grande passione dei vini, unita all’amicizia di quattro ragazzi, nasce un’idea vincente: sviluppare e migliorare un settore importantissimo per la nostra regione. Una sorta di “Booking” delle cantine toscane creato da Lorenzo Radica e Manuel De Luca, con la collaborazione di Leonardo Albertini e Giuseppe Magnanimo. “L’idea di Vinis nasce l’anno scorso a Pisa - spiega Lorenzo Radica, fondatore della start-up Vinis - quando ci siamo resi conto che prenotare una degustazione in cantina era un’esperienza piuttosto complessa. Cercare su internet le aziende, scegliere quale visitare, contattare tramite telefono o email (solo durante l’orario di apertura al pubblico) per sapere la disponibilità. Infine, aspettare la conferma”.
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L’obiettivo di Vinis non è altro che diventare il portale di riferimento dell’enoturismo in Toscana, un sito internet dove poter trovare tutte le aziende vinicole e le loro esperienze, con cenni sulle bellezze circostanti da visitare. Questo perché non si può degustare a pieno un vino se non si conosce chi lo produce: ogni azienda possiede una sua filosofia, una sua mentalità, specifici processi produttivi e, ovviamente, una propria e unica storia. “Non tutte le aziende che vogliono promuovere il loro brand, i propri eventi ed i propri prodotti - continua Manuel De Luca, l’altro fondatore di Vinis - hanno la stessa visibilità sul web e spesso le informazioni relative sono incomplete sia sulle esperienze che sulle date e gli orari disponibili. Vinis risolve tutto questo: mostra all’istante, in un unico e semplice portale, tutte le esperienze enoturistiche disponibili nella zona che preferiamo, fornendo tutte le informazioni ed il supporto necessario per una prenotazione rapida e sicura”. Progetto più che attuale se si considera che l’Italia è anche stata scelta dalle Nazioni Unite come capitale dell’enoturismo 2021, quando ospiterà la “Global conference on wine tourism”. Decisione che conferma l’Italia tra i paesi leader nel mondo non solo per la produzione di vino, che con le sue diversità tocca ogni angolo del paese, ma anche per la capacità di legare le sue eccellenze enogastronomiche alla cultura, alla storia e alla bellezza dei paesaggi. E’ il caso di dire che Leonardo Da Vinci aveva proprio ragione: “Et però credo che molta felicità sia agli homini che nascono dove si trovano i vini buoni”. Il progetto Vinis è stato il vincitore di un bando regionale, approvato e finanziato dalla regione Toscana che ad oggi conta già più di venticinque aziende all’interno del suo circuito tra le zone di Pisa, Lucca, Livorno e Massa.
Vinis 333.7443498 74
www.vinis.it info@vinis.it
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UN GIOIELLO SUI COLLI DI MONTECATINI
VILLA PATRIZIA Ideale per i momenti che resteranno sempre nei tuoi ricordi
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Villa Patrizia
0572 67186
Via del Crinale, 8 51016 Montecatini Alto (PT)
Email: info@bk1.it www.ristorantevillapatrizia.it
Un luogo, incantato. Un gioiello sui colli a pochi minuti da Montecatini Terme. Villa Patrizia racchiude in sé un’antica tradizione di professionalità e passione nell’arte dell’ ospitalità, nata oltre un secolo fa. Eleganza, gusto, ma anche sperimentazione e alta qualità, garantiscono un’esperienza davvero unica. Immersa nelle verdi colline nel cuore della Toscana, Villa Patrizia è veramente un luogo incantato che regala momenti indimenticabili e panorami mozzafiato. Oltre a questo l’attenzione al dettaglio e alla soddisfazione del cliente, si confermano anche quando ti siedi a tavola al ristorante. Materie di prima qualità e accuratamente selezionate, cucina innovativa con salde radici alla tradizione toscana. Tutto accompagnato da una selezione di vini del territorio.
Ideale per eventi, matrimoni da fiaba e per cerimonie esclusive che dovranno restare per sempre nella memoria degli ospiti. Il catering BK1 garantisce qualità e un servizio impeccabile per ogni occasione speciale.
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THE PLACE
Via Don Minzoni, 21 51016 Montecatini Terme
3484031111
Qualità, creatività e tradizione italiana
Il ristorante The Place, è il posto ideale per una cena speciale, per un incontro a due, ma anche per festeggiare anniversari, compleanni, ricorrenze, matrimoni, battesimi, cene di laurea, aziendali. Il locale è dotato di 140 posti, per soddisfare ogni esigenza con un giardino climatizzato d’inverno e all’aperto in zona pedonale in estate e con una pagoda da 22 posti, perfetta per cene personalizzate e privée.
Il ristorante The Place di Montecatini è un locale che abbina l’eleganza e la modernità di una location molto esclusiva, alla qualità dei piatti del menù. La filosofia è quella della cucina del nostro territorio: qualità, creatività e tradizione italiana. Lo chef Walter Lonoce, vanta esperienze molto importanti in locali stellati all’estero, nella brigata di cucina di Giorgio Locatelli. Le portate si basano su materie prime di prima qualità e molti prodotti, tra i quali la pasta, il pane e i dessert, “fatti in casa”. L’attenzione alla stagionalità è una delle prerogative della cucina e, per questo, anche il menù ne subisce le variazioni. Particolare anche la pizza gourmet fatta con prodotti freschi e con una preparazione che unisce fragranza e leggerezza. Ampia e di grande prestigio anche la cantina dei vini e degli champagne.
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RISTORANTE CASA PUCCINI Torna la cucina di grande qualità nel centro storico di Lucca
Da quasi un anno, nel cuore di Lucca, grazie all’investimento degli imprenditori Paolo Moncini, Mario Maraviglia e Franco Lenzi, è rinato lo storico ristorante Casa Puccini. Location storica ed elegante, che ti accoglie come in un salotto di casa, ma che mischia elementi di modernità ben curati e dettagliati per creare un clima con il giusto equilibrio tra intimità ed empatia. La filosofia della cucina è: “La qualità prima di tutto”. La proprietà, infatti, per offrire un servizio di elevata qualità, si è affidata allo chef Luca Sicchi, conosciuto a Lucca, già al Bernino e con esperienze internazionali. Lo stesso vale per Mirko Michellotti, responsabile di sala e sommelier professionista, negli ultimi anni nel team del gruppo IHC al resort Bagni di Pisa, e per molti anni a dirigere la sala nei migliori ristoranti a Londra e New York. "Il nostro obiettivo è riportare a Lucca una cucina da Ristorante (con la R maiuscola), dato che qua a Lucca spuntano osterie ogni giorno. Vogliamo offrire un servizio curato e professionale - afferma lo chef Luca Sicchi - con una preparazione delle portate attenta e originale. Riportare alla luce un servizio curato professionale e una preparazione attenta e originale. Nella mia cucina sono importanti la scelta degli ingredienti e la cura nel prepararli. Tutti esce dal nostro lavoro: prepariamo dal pane, ai grissini, i dolci, i cioccolatini, tutto quello che viene servito. Il cliente - prosegue Sicchi - deve avvertire forte il binomio sala -cucina”. Luca Sicchi ha lavorato per molti anni a fianco del grande chef Giorgio Locatelli. “Mi diceva: sei italiano? Allora alla stazione della pasta. Solo l'italiano ha il gusto e la competenza di preparare le paste”.
Ristorante Casa Puccini - Nelle foto oltre ai piatti e ad alcuni particolari del locale, lo chef Luca Sicchi e il responsabile di sala e sommelier Mirko Michelotti -
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Corte San Lorenzo, 1 55100 Lucca
0583 570096
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WRITER: Cristina Panigada PH: Maurizio Ciampolini
FEDOR BISTRÓ UN ANGOLO DI RUSSIA A FIRENZE Il caviale, certo. E l’insalata russa Olivier, blini o aladi con la panna acida, il burro, l’uovo, ma anche con gorgonzola e noci, o fegatini, o ricotta e agrumi, per creare un tocco di simpatica fusion tra cucine lontane che si incontrano senza scontrarsi, perché oltretutto a Firenze lo spirito russo aleggia ormai da un bel po’ di tempo, se è vero che i primi arrivarono addirittura nel 1439 per il Concilio, allora un evento religioso di risonanza addirittura mondiale. E se è vero che i Demidoff come i Bouturlin ci hanno fatto fortuna, ma hanno anche speso e donato tantissimo del loro tempo soprattutto denaro all’arte, alla cultura, ai grandi monumenti della città. Se è vero che Pëtr Il’ič Čajkovskij fu un cliente affezionato, di questa città in cui soggiornò ben otto volte e dove compose La Pulzella d’Orleans, La Dama di Picche e la stesura finale del Capriccio Italiano. Se è vero che la Chiesa Ortodossa Russa dalle imponenti cupole e dalle suggestive pitture art nouveau è tra le più grandi al mondo fuori dalla Russia, e sicuramente fu la prima in Itali. Se è vero infine che per due volte a Firenze soggiornò un certo Fëdor Michajlovič Dostoevskij, la prima nel 1862 con l’amico critico letterario Strachov, alla Pensione Svizzera di via Tornabuoni (e i due avranno poi ricordato le allegre serate scandite dalle bottiglie di Chianti), la seconda con la moglie Anna. Quando mise mano al suo romanzo “L’Idiota”. In via Guicciardini, nel 1868. In una casa d’angolo. E proprio una “casa d’angolo”, ma con l’affaccio su uno dei più bei panorami urbani del mondo intero, quello di piazza della Signoria, è il luogo che nel nome di Fëdor celebra quella simpatica, particolare fusion tra cucine, tra la riva d’Arno e i grandi fiumi della Russia. Protagonisti, sapori che hanno il gusto di un incontro comunque non casuale ma ricercato e costruito per esaltare il più possibile gli affascinanti sapori “old style” che ci giungono dalla Vecchia Russia. Si chiama Fëdor Bistro, e il richiamo a Dostoevskij non è affatto casuale, tanto che una sua celebre autocaricatura a tratto forte di china campeggia sul menu del locale condotto da Angela Gagnidze, elegante e raffinata signora georgiana. Un bistrò italo-russo capace di accontentare tante esigenze, dalla colazione del mattino con brioches, pane e tramezzini insieme a cappuccini e caffè, fino al possibile take-away di specialità russe magari accostate a sapori italiani, e alla cena che, alla maniera dell’antica aristocrazia russa, avrà come grandi protagonisti il caviale e lo champagne.
serata frizzante, gin tonic Cortese! La tonica italiana, senza coloranti e conservanti, con estratto di china naturale. Ti conquisterà con il suo gusto unico. Solo nei migliori locali.
L’amico dei mixologist Una linea da mixare per il barman e momenti di puro piacere per il consumatore gourmet che ama il bere miscelato premium.
FEDOR BISTRÓ Piazza della Signoria 50122 Firenze
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www.fedorbistroflorence.it
Botanica frizzante per veri intenditori
Bevande Futuriste Premium Mixology
WRITER: Gianni Mercatali PH: Lido Vannucchi
AMBASCIATA DI QUISTELLO IL TEMPIO DELLA CUCINA DI ROMANO TAMANI
Al margine del borgo di Quistello – cinquemila anime quasi nel cuore della Bassa, a un tiro di fucile da Mantova ma in fondo anche da Modena e da Brescello, il paese di Don Camillo e Peppone – c’è un piccolo slargo lungo la via Martiri di Belfiore. E nella targa si legge “Piazzetta degli Ambasciatori”. Oscar alla carriera, si direbbe, per Romano e Carlo Tamani che nell’ormai non più vicino 1978 fondarono, e tutt’oggi conducono da assoluti protagonisti, l’Ambasciata a Quistello.
“ È come tuffarsi in un passato che vorresti sempre vivo e presente, perché nella pienezza barocca di oggetti, richiami, stoffe, ceramiche, libri, lampadari, mobili e tappeti, si respira aria di casa ”
Come dire, un tempio della cucina, ma anche dell’accoglienza. Entrare all’Ambasciata è come tuffarsi in un passato che vorresti sempre vivo e presente, perché nella pienezza barocca di oggetti, di richiami, di stoffe, di ceramiche, di libri, di lampadari, di mobili, di tappeti. E in questa pienezza si respira aria di casa, di famiglia, di focolare, di stirpe. Particolare non secondario, l’Ambasciata ha la cucina a vista, divisa dalla sala da una grande vetrata. Da sempre, dalla sua nascita: un altro gesto da pioniere di Romano Tamani, quasi una sfida a tenere il lavoro suo e della sua brigata sotto gli occhi di tutti, perché in quello che fa non c’è nulla da nascondere. La sua cucina è sfarzosa, sontuosa, superba, storica, ma allo stesso tempo semplice, benché possa sembrare perfino un ossimoro, una contraddizione in termini. È concettualmente semplice, senza bisogno di fronzoli e orpelli, di inutili architetture, o di elaborazioni. Il suo stile è determinato dalla materia prima, il territorio, la storia. Nei piatti, accanto a una radice di semplicità dettata dai focolari delle case dei contadini, c’è la ricchezza rinascimentale e barocca della Corte dei Gonzaga. Accanto ad una terrina di fegato d’oca, pane veneziano, mostarda di mele campanine e prugne o uova di faraona in salsa di zucchine e Parmigiano Reggiano di Quistello, ecco i grandi classici: il tortello di zucca, le tagliatelle gialle con Germano Reale, la beccaccia in arrosto morbido con funghi pioppini e patate arrosto, la sontuosa, imperdibile faraona del Vicariato di Quistello con uva, arancia, mostarda, melograno e menta. Per finire con lo zabaione che si dice inventato proprio da un cuoco dei Gonzaga, insieme ai dolci di cultura del Vicariato di Quistello. Piatti accompagnati da una carta dei vini in continuo aggiornamento e in crescita. Un autorevole ritratto di Romano Tamani
I tortelli di zucca con crema di zucca e Parmigiano Reggiano di Quistello
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Lo zabaglione caldo al Moscato e Marsala
La faraona del Vicariato di Quistello con uva, arancia, mostarda, melograno e menta
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WRITER: Luciano e Ricciardo Artusi
IL MERCATO CENTRALE
DI FIRENZE SIMBOLO DELLA RINASCITA DELLA CITTÀ
145 anni di storia iniziati con la grande ristrutturazione terminata nel 1874, quando il capoluogo toscano si apprestava a diventare la capitale d’Italia.
Nel 1800 il mercato a Firenze si faceva in centro, per strada. Era il luogo degli ortaggi, del pesce, delle beccherie. Era il luogo dove si compravano gli alimenti per il nutrimento che aveva sede dove adesso si estende Piazza della Repubblica. Il cosiddetto mercato delle vettovaglie, nel progetto della riorganizzazione urbanistica di Firenze, divenuta provvisoriamente, nel 1865, la seconda Capitale d’Italia, venne rimosso. L’idea era quella di una città moderna che doveva portare lustro all’intera nazione. In quell’ottica innovativa, purtroppo, si cancellò l’impianto urbanistico medievale che per secoli la città aveva gelosamente conservato entro la cerchia delle proprie mura trecentesche. Nacquero così tre differenti zone di altrettanti mercati: quello di San Lorenzo, detto comunemente Centrale, quello di Sant’Ambrogio chiamato degli Ortaggi e l’altro più periferico, in San Frediano, che però non venne mai costruito. Strutture realizzate dal 1870 al 1874 dall’architetto Giuseppe Mengoni di Milano quale massimo esperto dell’impiego dei nuovi materiali, quello che aveva progettato poco prima a Milano, la Galleria Vittorio Emanuele II. La trasformazione edilizia aveva il compito di far risorgere Firenze “a vita nuova” per renderla simile alle grandi capitali europee di quel tempo. La nostra classe dirigente guardava, allora, con ammirazione proprio a Parigi, ritenuta simbolo di progresso e modernità. Il risultato di questa operazione urbanistica, con l’abbattimento delle trecentesche mura e dell’antico centro storico è oggi evidente a tutti. Nell’Ottocento non si concepiva appieno il “culto dell’antico” e il concetto del “restauro conservativo”, per cui, a quel tempo, si preferiva distruggere per costruire di nuovo. Tutto andò giù: il buono e il cattivo, le catapecchie e le costruzioni fatiscenti, come le chiese ed i palazzi magnatizi, per far luogo a fabbriche anonime di stile umbertino per niente affini con storia e cultura dell’antica città. In tale contesto di euforica ricostruzione, si realizzò il Mercato di San Lorenzo, individuato nell’area del Gonfalone del Lion d’oro
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del Quartiere di San Giovanni, atto alla fornitura del servizio primario dell’approvvigionamento. L’area su cui si volle costruire il Mercato Centrale, era occupata da malsane costruzioni di antica data, che furono abbattute per ottenere un’ampia superficie edificabile, destinata a ospitare il nuovo mercato coperto, da costruire con i materiali più innovativi dell’epoca. La costruzione del Mercato Centrale ebbe inizio nel 1870 e terminò l’11 maggio 1874 con l’inaugurazione dell’Esposizione Internazionale di Orticoltura avvenuta alla presenza del re Vittorio Emanuele in persona, ricevuto dal sindaco Ubaldino Peruzzi, dal presidente del consiglio De Cambray Digny e dal marchese Niccolò Ridolfi presidente della Società di Orticoltura di Firenze, nonché dall’architetto Giuseppe Mengoni. Il risultato del nuovo edificio commerciale fu notevole: luminosissimo, spazioso, moderno, si alzava da un’ampia base quadrata in pietra costituita da una loggia a tre navate di 10 arcate per ogni lato, con altezza massima di quasi trenta metri. I moderni servizi per i venditori, le ghiacciaie poste al piano interrato e la distribuzione delle botteghe con scale accessibili e rampe carrabili, rendevano la struttura molto efficiente. La luce proveniente dagli alti finestroni sui quali poggiava la tettoia, conferiva all’interno l’effetto di un mercato all’aperto. La disposizione dei negozi fu divisa in aree di pertinenza: macellai, pollaioli, pizzicagnoli, fornai e pesciaioli, mentre per gli ortolani il loro mercato ortofrutticolo non era all’interno, bensì all’aperto, posto nello slargo antistante, denominato Piazza del Mercato Centrale. La costruzione era grande, così ampia da girare tutta, che l’architetto decise di dare un nome alle strade dove si suddividevano i banchi, anche perché i fiorentini erano abituati a comprare il cibo per strada. Vennero scelti i nomi dei paesi circostanti a Firenze, le zone di periferia, come se abbracciassero il centro di Firenze, precisamente la via di Firenze, quella più grande e centrale. Al Mercato Centrale di San Lorenzo, ancora oggi, il vero spettacolo è costituito dalle persone: gli avventori e i venditori con la loro vena di arguzia e buonumore che decantano ad alta voce i pregi della loro mercanzia e sovente indirizzano giudizi più o meno galanti alle giovani e avvenenti signore. che spesso rispondono prontamente per le rime. L’atmosfera che si respira è una vera e propria sinfonia di suoni, rumori, grida, piacevolmente armonizzati e della quale si è partecipi in prima persona, avvolti tra colori e profumi diversi man mano che la sosta avviene dinanzi ai vari, candidi, banchi di marmo. A distanza di quasi un secolo e mezzo, non si è persa la tradizionale funzionalità del Mercato Centrale al cui interno è sempre presente un vasto assortimento di prodotti di qualità che difficilmente si ritrova in tutto il mondo, attraverso i quali la scelta di cosa mettere giornalmente sulla propria tavola è notevolmente ricca e variegata.
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CENTO BOTTEGHE GARANZIA DI QUALITÀ Una varietà di prodotti tra i migliori al mondo
L’imponente struttura del Mercato Centrale copre approssimativamente 5000 metri quadrati. Ancora oggi è un luogo di incontri dove il fattore umano conta quanto la qualità della merce venduta alle botteghe del piano terra. La spesa quotidiana è l’occasione per regalare ai clienti ricette e consigli provenienti dalla tradizione culturale che si tramanda da secoli, di generazione in generazione, attraverso gli esperti operatori del mercato. Uno spazio della memoria dove si incontrano l’essere metropolitano e il saper fare rurale, dove i sapori e le storie individuali si contaminano alla ricerca di una genuinità che non è solo l’altissima qualità dei prodotti, ma anche espressione di una storia collettiva che non accenna a sfumare, pur rimanendo in una modernità di mezzi e metodi. Un luogo che, pur mantenendo la sua viva identità, si trasforma, abbracciando le richieste dei suoi clienti, cercando un punto di incontro tra le modernità delle abitudini delle persone e la routine dei venditori. Una nuova realtà che vede lo storico Mercato Centrale lanciato in situazioni e collaborazioni esterne, che ne rilanciano e sottolineano la sua storicità che appartiene alla vita quotidiana fiorentina da secoli. Un mercato che non si adagia alle naturali richieste dell’ambiente, ma lo abbraccia, creando una cooperazione che appoggia sul mercato, ma si protrae verso i cittadini creando quelle piccole comodità che sono ormai un’abitudine per tutti. Oggi lo storico Mercato Centrale che si sviluppa al piano terra della struttura progettata dall’architetto Mengoni e inaugurata nel 1874, conta quasi 100 botteghe che propongono prodotti di elevatissima qualità e tradizione come non si trovano in nessun altro mercato al mondo, gestite dai migliori artigiani del cibo in circolazione. Nello specifico ci sono: 7 pescherie, 14 macellerie, 5 pollerie, 4 tripperie, 27 ortofrutta, 15 attività di ristorazione, 20 alimentari vari, 3 forni, 1 erboristeria, 1 fiorista, 1 vineria.
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Come hai scelto di diventare nutrizionista? “Talvolta mi soffermo a pensare alla professione che ho scelto, voluto, desiderato e mi rendo conto che essere nutrizionista, almeno per come lo intendo io, non è sempre un lavoro semplice. Non si tratta solo di educare le persone a mangiare in modo sano, ma di capire le dinamiche che spesso sono correlate al cibo, ascoltare, trovare soluzioni, supportare”.
EMMA BALSIMELLI Nutrizionista per amore Emma
Balsimelli
è
laureata
in
Biotecnologie ad indirizzo Medico Diagnostico
all’ Università degli
Studi di Firenze. Successivamente
Quali sono le caratteristiche che si devono avere per svolgere al meglio la tua professione? “Nel mio lavoro penso sia importante mettere a disposizione degli altri tutte le conoscenze scientifiche, ma credo sia altrettanto importante credere fortemente nella potenzialità delle persone, nella loro forza di volontà, nella loro capacità di ottenere il successo in un percorso nutrizionale, perché se è vero che camminare da soli può essere difficile, se qualcuno ti prende per mano allora diventa tutto può divenire più semplice.Sono sempre più convinta che il successo di un percorso nutrizionale non dipende dal controllo, dalla limitazione, dalla privazione, ma dalla voglia di gustare il cibo, di gustare il proprio corpo, di gustare la propria vita, qualunque essa sia”. Quando una persona si rivolge al nutrizionista, sia affida totalmente. Qual è il rapporto ideale che si viene a creare con il paziente? “Operare a stretto contatto col malessere che deriva dal non stare bene con il proprio corpo, sia per patologie cibo-correlate ben precise, sia per un malessere che sembra non trovare una causa precisa pur essendo molto reale e doloroso per chi la prova, mi ha indotto, nel tempo, a interessarmi in modo sempre più approfondito ai disturbi del comportamento alimentare, sia nei bambini, sia negli adolescenti. Poterli ascoltare con dolcezza e una spruzzata di amore molte volte fornisce gli ingredienti per poter entrare in contatto con il loro mondo e costruire un rapporto basato sulla fiducia”.
Qual è il valore aggiunto che il tuo lavoro ha dato alla tua vita? “Il continuo e piacevole desiderio di studiare e arricchire la mia conoscenza nell’immenso mondo del cibo e del disagio ad esso correlato, mi ha reso più sensibile e più attenta. In particolare il rispetto per la componente umana e psicologica del paziente trova nel soggetto con disturbo alimentare la sua massima manifestazione: grande partecipazione, presenza, disponibilità e fortissimo desiderio di aiutarlo a uscire da un disagio così forte. Conoscenza, pazienza, coerenza, organizzazione, motivazione sono le parole chiave del mio operato che suggerisco a chi sceglie di mettere nelle mie mani il suo disagio e il suo desiderio di ritrovare un equilibrio perduto o dimenticato. Empatia, disponibilità, ascolto attivo, apertura mentale e grande desiderio di essere e sentirmi efficace, gli strumenti che utilizzo con ogni singola persona” Si percepisce un forte attaccamento alla tua professione che, per te, non sembra solo un lavoro. “Amo profondamente il mio lavoro. Amo la relazione con la gente, ascoltare, entrare nella storia delle persone, contribuire alla serenità altrui, partecipare alla soluzione del disagio e della sofferenza con lo stesso entusiasmo e la stessa determinazione di chi affronta mille difficoltà per curare ferite profonde e malattie endemiche ai margini del mondo e per questo definito da molti “missionario. Bhè vedere il lavoro di nutrizionista come una missione forse è un po’ pretenzioso, però vi ho dato un po’ il senso di quello che significa per me, di come mi sento quando mi trovo davanti le persone che vengono da me: un po’ sorella, un po’ amica, un po’ mamma, un po’ figlia. Credo che per la buona riuscita di tutti i lavori che si facciano, sia fondamentale metterci la passione e io cerco di mettercela sempre più giorno dopo giorno”.
ha conseguito, a pieni voti con lode, la Laurea Magistrale in Scienze della Nutrizione Umana. Ha partecipato all’attività ambulatoriale all’Agenzia della Nutrizione e Sport all’ Ospedale di Careggi a Firenze, all’ambulatorio di Gastroenterologia Pediatrica, USL 3, Pistoia, e, come attività di ricerca, al Centro Trombosi Università degli Studi di Firenze. È membro del Comitato Scientifico Regionale dell’ Associazione Italiana Celiachia Toscana (AIC) oltre a offrire attività di consulenza per la gestione della dieta senza glutine.
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La “dieta” in quanto tale non è il fine, ma il mezzo per raggiungere il benessere, senza grosse rinunce e per tutta la vita. E non da Aprile a Giugno!
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LIFE STYLE EVENTI
Era il 1 luglio del 1907 quando ai Bagni di Montecatini, lungo il centralissimo corso Roma non ancora asfaltato, inaugurava il Kursaal, che di lì a poco diventò tempio della lirica, dell’ operetta, della mondanità e simbolo del costume di un’ epoca liberty. Da quegli avvincenti avvenimenti che vedevano la cittadina di Montecatini svilupparsi verso il periodo di maggiore fama internazionale, di tempo, di storie, di avvicinamenti, ne sono passati e, spesso, la speranza di vedere un giorno la maestosa costruzione tornare il centro dell’eleganza e del lusso, sembrava ormai lasciare spazio alla rassegnazione. Invece, oggi, nel 2019, quando le nuove generazioni superano i confini con un “tap” sullo schermo di uno smartphone e si allontanano dalle province, il Kursaal ha fatto il processo inverso e a 112 anni dalla sua inaugurazione, si è riaccesa di bellezza come nei suoi giorni migliori. Ormai da qualche mese (e con grande successo) ha aperto le porte l’ambizioso progetto “Twiga - The Club”, il primo importante tassello del più strutturato progetto Kursaal, che si è subito presentato come un locale curato in ogni dettaglio, con l’obiettivo di rilanciare una delle strutture più belle e ricche di storia di Montecatini Terme e diventare una delle location più esclusive della Toscana. Lo stesso accadeva nella prima metà del secolo scorso, quando il
RINASCE IL
KURSAAL
Kursaal, più volte rivisitato e ristrutturato, era divenuto il ritrovo di politici, intellettuali, artisti famosi che frequentavano le terme e passavano le serate in questo luogo definito “magico” che nei vari decenni ha ospitato un grande teatro, il caffè, salone concerti, negozi, il Casinò e la mitica discoteca. La sensazione oggi è che le lancette dell’orologio siano tornate indietro, grazie a questo importante progetto di un gruppo di imprenditori e professionisti locali che hanno deciso di puntare su uno dei simboli di Montecatini Terme, valorizzandone l’immagine, con l’obiettivo di intercettare clientela luxury da tutta Italia. Una grande occasione anche di rilancio della città nella nicchia del turismo premiere class. “Kursaal - The Club” nasce come lounge bar nei saloni dove un tempo sorgeva l’ex casinò e mette già in bella mostra una partnership di alto livello con il club “Twiga” (brand interazionale) per le serate da discoteca fino ad aprile. Il nuovo Kursaal, nella stagione estiva si amplierà anche come elegante ristorante e shisha bar con il completamento dei lavori che comprenderanno anche l’ampia terrazza panoramica del complesso. Il progetto vede partnership di prestigio come Birindelli Auto, Bmw Moto Sport Cappellini, Gioiellerie Fabiani, Champagne Dom Perignon, Veuve Cliquot, Gh Mumm, Cantine Settecento 33, Vodka Beluga, Tequila Patron, Royal Bliss Tonic Water.
KURSAAL - THE CLUB TWIGA MONTECATINI Corso Roma, 22 - 51016 Montecatini Terme Kursaal The Club twigaclubmontecatini
A MONTECATINI
LOUNGE BAR E DISCO CHE PUNTA AL LUSSO FINO AD APRILE È “TWIGA - THE CLUB” L’obiettivo degli imprenditori che hanno puntato sul rilancio della storica struttura è creare uno dei locali più esclusivi della Toscana.
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IL GRANDE SUCCESSO DI
FASHION IN FLAIR QUEST’ANNO RADDOPPIA E APPRODA A FICO
FASHION IN FLAIR FOR FICO sabato 27 e domenica 28 aprile 2019 Fico Eataly World Via Paolo Canali, 8 – Bologna Sabato 27 Aprile dalle ore 10.00 alle ore 24.00 Domenica 28 Aprile dalle ore 10.00 alle ore 23.00 Ingresso gratuito
FASHION IN FLAIR VIII Edizione 11, 12, 13 ottobre 2019 Villa Bottini, Lucca Ingresso gratuito
IL TALENTO DI
MIRIAM BARBIERI
Sedute Vintage: quando il “riciclo” diventa arte Fashion in Flair, la mostra-mercato che da sempre promuove il Made in Italy nel settore dell’Alto Artigianato e della Moda, riparte nel 2019, con una doppia edizione in una location tutta da scoprire. Dopo il grande successo dell’edizione 2018 a Lucca, quest’anno l’attesa kermesse propone due appuntamenti importanti per sostenere e favorire la conoscenza delle eccellenze dell’artigianato italiano. Due appuntamenti dunque, un’edizione speciale a Bologna, nel mese di Aprile, all’interno dei modernissimi spazi di Fico Eataly World, ed una seconda tappa a Lucca, ad Ottobre, nella prestigiosa cornice di Villa Bottini, dove la manifestazione è ormai ‘di casa’. Sarà la città di Bologna, con il suo “parco dedicato al cibo” più grande al mondo, ad accogliere la prima tappa del 2019, nelle giornate di sabato 27 e domenica 28 Aprile.
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Promossa dall'Associazione Culturale "Eccellenti Maestrie", con la collaborazione dello Studio GAA che ha curato gli aspetti progettuali, patrocinata da Comune di Lucca e Confcommercio Lucca e Massa Carrara, Fashion in Flair for Fico riconferma e rafforza, come proprio obiettivo, la volontà di valorizzare l’alto artigianato e la moda, selezionando prodotti unici, originali e raffinati e promuovendo la cultura del made in Italy. Fashion in Flair for Fico approda, con i suoi 95 selezionati artigiani, all’interno di un spazio solitamente dedicato a tutta la meraviglia della biodiversità italiana nel settore food, per offrire al pubblico un ‘viaggio nel viaggio’. Un palcoscenico d’eccezione, una vetrina speciale che metterà in mostra l'eccellenza delle produzioni Made in Italy nei settori dell’abbigliamento e degli accessori moda, dei gioielli, del beauty care e dei complementi d’arredo.
Quelle del riciclo creativo, recupero e riuso sono diventate delle vere e proprie arti, perché si sa, con un po’ di fantasia e manualità si può ridare una nuova vita ad un oggetto che sembrava ormai inutile. Come quella sedia a casa della nonna che non potete più vedere e che preferireste lanciare nel caminetto. E questo forse perché non avete mai visto che cosa fa Miriam Barbieri, artigiana specializzata nella creazione di sedute vintage: talento che Must Review ha riconosciuto come miglior artigiano in fiera dell’ultima edizione di “Fashion in flair” a Lucca. Miriam crea sedute uniche funky ed ecocompatibili, lavorando unicamente con sedie vintage di recupero e rendendole moderne e contemporanee in modo del tutto non convenzionale, facendosi ispirare da tutto ciò che la circonda. Padre italiano e madre americana, Miriam fin da piccola gira il mondo e frequenta scuole internazionali, facendo bagaglio di idee ed esperienze di altre culture. Dopo aver studiato Interior design alla New York Institute of art and design, desidera da subito realizzare il suo sogno: ridare un nuovo volto e nuova vita alle sedie vecchie e dismesse. Così, giocando sull’utilizzo di colorati e raffinati tessuti non solo made in Italy, ma anche provenienti dalla Francia, dall’Inghilterra, dal Belgio, inizia a dare forma alle sue opere d’arte.
Ci sono differenze di gusto per il vintage tra americani e italiani? “Direi differenze sostanziali! Sono due culture profondamente diverse: noi abbiamo una storia datata, preziosa, che ci fa apprezzare l’antico in modo diverso rispetto a loro. Basti dire che per gli americani un oggetto degli anni ‘70 o ‘80 è considerato antico! Ma c’è anche da dire che sono più avanti rispetto a noi per quanto riguarda il recupero del vintage e il riciclo: non avendo radici storiche solide come le nostre, sono più portati a sperimentare in ogni campo”. Come nasce la tua passione? “C’è da dire che ho sempre avuto una spiccata manualità, e da sempre costruisco o recupero oggetti. La passione per le sedute e la tappezzeria mi è nata durante un corso di restauro di mobili antichi a Genova. Un giorno una lezione su una sedia che abbiamo interamente smontato e rimontato, ha cambiato per sempre il mio modo di vedere questo oggetto”. Cosa consiglieresti ai giovani che vorrebbero entrare in questo mondo? “Non mollare: è molto difficile trovare delle persone che abbiano voglia e tempo di condividere la propria arte, in poche parole che ti insegni e ti spalleggi. Non è una società facile per portare avanti questo genere di cose, ma è possibile”. Il tuo must. “Imparare sempre qualcosa di nuovo e non fermarsi mai”.
SEDUTE VINTAGE: Via S. Martino, 57, 56125 Pisa - 327 000 6300 97
TRIONFO NEL GUSTO NELLA BELLEZZA DELLE TERME
Un trionfo di gusto e sapori alle Terme Tettuccio di Montecatini per 3 giorni dedicati a percorsi enogastronomici e prodotti del territorio. Il 29,30,31 Marzo, lo storico Salone Portoghesi farà da cornice a “Tasting Montecatini”, l’iniziativa realizzata da Confcommercio Pistoia e Prato e Fipe Federazione Italiana Pubblici Esercizi - in collaborazione con il Comune di Montecatini Terme, con il patrocinio della Regione Toscana e il contributo della Camera di Commercio di Pistoia, che accende i riflettori sulla cucina e sulla tradizione enogastronomica locale e che vuole diventare un appuntamento fisso ogni anno. Nato dall’idea di un gruppo di ristoratori della Valdinievole, l’evento si svolgerà all’interno di uno dei luoghi simbolo della città di Montecatini Terme: il caratteristico Salone Portoghesi, immerso nel secolare parco del Tettuccio, ospiterà irresistibili percorsi di degustazione pensati per far vivere ai partecipanti un’esperienza unica fra la ricercatezza dei piatti e la varierà dei vini proposti. Tasting Montecatini si presenterà ai suoi visitatori attraverso una scelta di percorsi di degustazione che permetteranno ai partecipanti di assaporare l’abbinamento fra i piatti proposti dagli 11 stand di ristorazione presenti, e i vini appositamente scelti dai sommelier Ais Toscana per esaltare al meglio il connubio. Per chi avrà voglia di scoprire i sapori del territorio, il piano superiore del Salone Portoghesi ospiterà il “Mercato della Terra” con il meglio dei prodotti locali. Il taglio del nastro dell’edizione “zero” è fissato per le 19.30 di venerdì 29 Marzo, quando prenderà il via un esclusivo evento inaugurale alla presenza di ospiti del settore food, autorità, stampa e istituzioni. Dalle 18.00 di Sabato 30 e dalle 12.00 di Domenica 31 – fino a mezzanotte – porte aperte per “Tasting Montecatini” dove gli amanti del buon cibo e dei vini di qualità potranno intrattenersi con degustazioni, cooking show, talk, ospiti e musica dal vivo.
Per informazioni contattare la segreteria organizzativa: tel. 0572/904266.
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Fornitore ufficiale: Zona Sponsor: Generali - Agenzia Generale di Montecatini Terme, Via Lucchese 16; Acqua S.Felice; Podere Sapaio; Podere Poggio Bonelli, Ruffino, Slitti, Amici del Club Toscano; Interpack; Volauto Concessionaria per Lucca, Montecatini Terme e Pistoia. Partner: Ais Delegazione di Pistoia, Istituto Alberghiero Montecatini Terme Collaborazioni: Mercato della Terra, Champagne per Tutti, Terme Tettuccio. Patrocinato dal Comune di Montecatini Terme
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Pistoiassicura ASSICURAZIONI E FINANZA PERSONALE
Agenzia Allianz Pistoia - Pistoiassicura S.a.s. Via Marini (Zona Stadio) - 51100 Pistoia Tel. 0573 22655 - Fax 0573 22672 - pistoiassicurasas@pec.it Sub-Agenzie: Lamporecchio - Fucecchio