Progetto di allestimento Aula A Tolentini, Venezia
La voce della luce
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Intro Il presente progetto nasce dalla tematica di allestimento in aula A presso i Tolentini a Venezia, per il corso di sistemi di elaborazione delle immagini tenuto dal Prof. Massimiliano Ciammaichella nel corso di laurea di comunicazioni visive e multimediali 2008/09. L’allestimento vuole creare uno spazio preferibilmente confidenziale, lasciando degli indizi visibili e non, con i quali il risultato dell’interazione si avrà a seconda dello spettatore, protagonista dello stesso gioco, come in una partita a scacchi. Il percorso è suddiviso in tre parti: a. dipinti retinici b. dipinti concettuali c. ready made
a. dipinti retinici Elemento comune al percorso è il pavimento a scacchiera, dove sarà la persona che fisicamente deciderà quale mossa fare. Come in una partite a due fronti, lo sguardo sulla destra mostra l’azione duchampiana, mentre la sinistra rappresenta la mossa dell’avversario, quale non è altro che il contesto culturale e le persone che più riescono a suscitare la sua curiosità.
Opere a sinistra:
Opere a destra:
A finger on her cheek, Kees Van Dongen La gioia di vivere, Henri Matisse Il silenzio, Odilon Redon
Ritratto del dottor R. Dumouchel Ragazzo e ragazza in privavera Ritratto di giocatori a scacchi
b. dipinti concettuali Nel seguire il percorso verso l’aula A, è in parte del chiostro che continua il nostro itinerario. Mentre a sinistra la visibilità è coperta da lunghi tendaggi mossi dal vento e variamente ombreggiati, sulla destra sono posti alcuni dei dipinti concettuali, nati dalla voglia di libertà e di un originale atteggiamento, non più possibile nei luoghi già conosciuti.
Opere: Sonata Dulcinea Giovane triste in treno Nudo che scende le scale Farmacia L.H.O.O.Q.
c. ready made Arrivati in Aula A, è il ready made l’ultima pedina da affrontare. Sulla sinistra il percorso è sbarrato da un vetro, oltre il quale è possibile intravedere ciò che solo nell’happening potrà rivelarsi. Proseguendo sulla destra non si può non notare lo scolabottiglie, che quasi per caso è proprio all’ingresso. Mentre nell’angolo è la macinatrice di cioccolato a far da capolino, che per la prima volta viene riprodotto fisicamente. Nella stanza sono presenti dei sensori che rilevano i movimenti dello spettatore e temporizzano l’azione, che da qui a poco accade. Siamo appena entrati in quella che potrebbe definirsi “macchina celibe”, e solo il proseguimento del percorso potrà consentire il suo svelamento.
Ma non appena si continua a seguire la nostra destra, è ruota di bicicletta che attira la nostra attenzione. A quanto pare sarebbe il primo ready made, incontro nell’indifferenza e casualità tra oggetti preposti ad usi e costumi differenti, l’uno statico per gli interni e l’altro dinamico, circolare. Il caso deve aver voluto la sua concezione, e questo potrebbe essere la combinazioni di fattori e la sintesi di un atteggiamento ben al di là della singola forma. Anche la macinatrice di cioccolato ricorda un movimento perpetuo. Anche Il dipinto Nudo che scende le scale. Addirittura anche in Ragazzo e ragazza in primavera è un cerchio che compare tra le due figure.
Ancora una volta sono i nostri passi a determinare la mossa. Mentre la stanza è all’apperenza terminata, l’ultima delle opere presentate è Lastre rotanti di vetro (ottica di precisione). Ogni rettangolo va a costituire il pattern del cerchio, il quale mosso genera una spirare profonda quanto la curiosità dello spettatore. Questa è la prima macchina costruita in senso fisico, la quale Man Ray stesso ha potuto saggiarne la sua pericolosità. Potrebbe dunque essere il superamento del ready made? “D’altronde io mi servo del ready made come fa il pittore con il colore, il mio è solo uno strumento d’espressione. “ Marcel Duchamp
E ora? Nell’inconsapevole casualità, è uno spiraglio di luce che man mano comincia ad entrare nella stanza e colpisce la macchina della spirale che ad un tratto comincia a far girare i piani. Poco a poco la finestra continua ad aprirsi, che altro non è che il ready made fresh widow. In un istante anche la ruota di bicicletta è colpita ed a un tratto sembra tornare alla sua funzione, così come la macinatrice di cioccolato. Anzi, tutta la stanza è una macchina in un movimento circolare, metafisico e perpetuo, fino alla presenza dello spettatore, che tale non può più chiamarsi. “Queste idee sono ombre, proiezioni dell’Uno nascosto nelle pieghe della sua unità...” Octavio Paz