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Surf e Sup edition, digital and interactive magazine by TAMPress Edizioni
Sean Davey
Summer 2011
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Mingho Art
Verso Sud
SPECIALE
Storia del Sup
Inseguire un sogno una missione Due anni in giro per l’Australia
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Testo e Foto di Giuseppe Repetto
Editoriale
Aver diretto Surfers è stata una bella esperienza e non potevo rinunciare a riprendere in mano il Magazine, che ha fatto la storia dell'editoria italiana, dedicata ai nostri sport. Oggi, dopo tanti sacrifici, riprende la sfida, l'evoluzione tecnologica ci impone la conversione nel formato digitale, ormai la carta stampata sembra storia passata. Surfers Magazine ritorna con molte novità, in primis parla di Surf e SUP, forse i più radical storceranno il naso, ma secondo me, i due sport possono coesistere sullo stesso magazine, perché alla fine quando non c'è onda, il Sup ci da l'opportunità di vivere il mare senza allontanarsi troppo dal nostro mondo. Non sarà più un mix di sport come nella vecchia edizione, per le vele e le ali, (windsurf e kite) a breve uscirà un nuovo magazine. Per questa edizione, ho creato un nuovo staff, veri professionisti del mondo editoriale, persone che credono in questo progetto, le quali si sono fatte in quattro per realizzarlo, alle quali devo fare sia i miei complimenti sia i miei ringraziamenti, visto il grande sforzo fatto negli ultimi mesi. In particolare devo ringraziare una persona veramente speciale, l'amico Enrico Saint Pierre di Nieubourg, per il grande impegno, professionalità e creatività, senza di lui sarei ancora in alto mare. Ma adesso vediamo gli argomenti trattati: L'articolo principale come la copertina è dedicata all'avventura di un nostro amico che ha un sogno nel cassetto, quello di diventare un vero fotografo di surf, per fare questo si è trasferito per due anni e mezzo in Australia, vivendo un'avventura infinita, incontrando personaggi importanti e frequentando i migliori spot della costa Est, il risultato, lo potete ben vedere sfogliando il magazine. Scoprire un nuovo spot è un'emozione che ci rimane dentro tutta la vita, scoprirlo durante una mitica mareggiata è sicuramente una cosa rara in Italia, i nostri amici dell'Adriatic Surf Club hanno avuto l'occasione di trovare un vero gioiello liquido nel sud Italia, chissà se un giorno ci sveleranno dove si trova..... Come detto sopra, si parla anche di Sup, uno sport molto giovane che sta avendo un grande successo, la sua storia ci viene riassunta dal racconto di chi l'ha vissuta in prima persona. Il bello di questo sport, è quello di poterlo praticare in diverse condizioni, dal perenne mare piatto alle poche occasioni d'onda, ma sopratutto ci permette di scoprire paesaggi unici, in luoghi che ci invidia tutto il mondo, vedi l'evento organizzato a Venezia, o i canali di Messina. Per questo primo numero ho voluto inserire tra i vari articoli, anche il portfolio di uno dei più grandi e noti fotografi di Surf, Sean Davey il quale ha vissuto molte esperienze in giro per il mondo, guardando le sue foto la nostra mente inizia a sognare, quel sogno che faccio spesso e che vorrei condividere con tutti voi attraverso questo mio progetto, perché..... i sogni sono contagiosi. Adesso non perdiamoci in altri discorsi, gira pagina e goditi il nostro lavoro sperando che sia di tuo gradimento, sicuramente faremo di meglio per i prossimi numeri, un grazie a tutti. Giuseppe Repetto
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Paolo D’Angelo Foto Marco Delledonne
Bo al
IN COPERTINA
Tim
© TAMPress Edizioni
Sommario
Summer 2011
Editoriale - 5
Le novità del nuovo Magazine Digitale
My Tube - 8
Rider: Tim Boal / Photo: Agustin Munoz/Red Bull Photofiles / Design: ID
Punti di vista di un vecchio marpione
Sup Sicilia - 26 - 33
Messina - Sup sul lago, a cavallo di Tirreno e Ionio
Speciale Australia - 48-67
Due anni di avventure sulla costa est inseguendo un sogno
Il Sup - 74 - 85
La storia del Sup dalle origini ai giorni nostri
Sean Davey - 86 - 97
La magia e la poesia del surf dalle mani di un grande fotografo
First First st in in SURFING S SU URFING NEWS NEWS 10 12 14 24
Shopping News Tributo a Andy Irons Photo Gallery di Surfers Surfing Shop del Mese
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Surfin' Venice 2011 Mingho Art Verso Sud Flash Spot - Barbados
www.surfersvillage.com
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iviamo in un’epoca così virale che anche chi non fa “un tubo” tutto il giorno (e ce ne sono molti), col tubo più famoso del web riesce anche a fare un “mare” di quattrini. Mare, che parola meravigliosa. Ma torniamo al nostro tubo virtuale che, è ovvio, etimologicamente, nasce dal materialissimo e valvolatissimo ormai in disuso Tubo Catodico. Per alcuni è il fantastico mezzo per divulgare la propria idiozia. Per molti, fortunatamente, è un “media” da usare come strumento utile e spesso simpatico.
Per i romantici “tubare” ha una provenienza più ornitologica che ci porta alla memoria i fidanzatini di Peinè ed il più grezzo “flirtare” ma anche e sfortunatamente, a seconda delle credenze, ci ricorda spicaccicate schifezze in piazza S. Marco.
i tempi... cambiano
Anche i medici hanno le loro “tube”. Quelle di Eustachio (meglio conosciute come trombe) che sono una specie di pressurizzatori naturali che ci sono stati messi nelle orecchie.
Enrico Saint Pierre
My Tube
di Enrico Saint Pierre di Nieubourg
I tube you tube he, she, it tubes e cos’ via...
Per quas i tutti gli inglesi, anzi i londinesi, “tube” è il nomignolo famigliare che si dà alla loro famosissima e storica “underground”, ormai sempre più spesso francesizzato col termine Metrò, anche qui da noi, ma senza l’accento sulla “o”.
anni 60
anno 2011
Photo: Giuseppe Repetto
E, a fianco degli “otorino”, altri medici spesso “intubano”. Operazione non molto gradevole ma a volte utile se non proprio vitale. Anche in ginecologia barra ostetricia, spesso si parla di tube, ma qui si profilano sostantivi incomprrensibili ai più (laparoscopia, astenospermia e così via) da cui è meglio rifuggere. Personalmente il vero “tubo” è quello qui a sinistra. Non sono surfista, non ho mai provato ed ora, sfortunatamente, ho un’età poco adatta per provarci, ma grazie alla mia immaginazione riesco a sentire le sensazioni di pelle, di suono, di vista, che surfisti di tutto il mondo provano in questo splendido passaggio.
Curiosità
Un fremito indimenticabile. Nel 2008 il designer Nicholas Notara aveva progettato una tavola da surf in fibra di carbonio smontabile (e rimontabile si presuppone). L’idea non era malvagia sopratutto alla luce degli spazi sempre più piccoli che contradistinguono la nostra vita, come auto, case ecc. Oltre a ciò ci sarebbe stato pure il divertimento, riconducibile alla prima infanzia, di giocare un pò col Meccano o col Lego prima di buttarsi fra le onde. Chissà perchè non se ne parla più. Azzardo un’ipotesi: è bella, è utile, è comoda ma... galleggia?
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Ordina la tua Surfers Shirt ON LINE ! e ti sentirai
super !
Un pò come nel tunnel della vita in cui, in frazioni di secondo, si rivive a velocità supersonica tutte le nosttre esperienze.
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Shopping News
S H O P P I N G Vans x Kookbox
Vans x Kookbox Vans è lieta di presentare il nuovo progetto realizzato in collaborazione con Kookbox, il brand di tavole da surf di Joel Tudor, ricca di modelli radical, chesi ispira allo stile militare e agli anni ’60 - ’70. T-shirt Vans x Kookbox S.D. N.Y. in cotone organico customizzata con le grafiche degli scheletri Kookbox.
RIP CURL Boardshorts Mirage – Fanning Blur
RIP CURL Boardshorts, Mirage – Fanning Blur Colori: Orange, Black Taglie: 28-29-30-31-32-33-34-36-38 Il boardshort piú tecnico in commercio, indossato dal bi-campione mondiale di surf Mick Fanning che ha partecipato al suo sviluppo insieme a Rip Curl. Il design e la tecnologia di questo pantaloncino soddisfano le esigenze anche del surfer piú esigente. La sua forza consiste nell’asciugamento ultrarapido (flash dry) e in una vestibilitá senza precedenti grazie all’uso di tessuti ad alta elasticitá che si espandono fino al 180% della loro lunghezza per poi ritornare alla forma originale. L’unione di tessuti leggerissimi e tecnologia stichless (senza cuciture) lo fanno diventare il boardshort per surfare ogni tipo di onda .
RRD Super SUP Classic PRO WAVE
DC shoes SS 2011 Action Sport - Decibel
Sviluppata per lo skate, la Decibel è uno dei pezzi più tecnici della collezione estiva di DC, in quanto racchiude le caratteristiche tecniche di maggior rilievo ma conserva un ottimo rapporto qualità/prezzo. La parte superiore e la laterale è stata forata per permettere una maggior traspirazione, gli occhielli per i lacci sono in metallo per garantire una maggior resistenza. DC ha adottato in questo modello l’ultimo perfezionamento della Performance Cup Sole, una tecnica che garantisce i benefici della suola vulcanizzata senza sacrificarne il comfort. La linguetta è assicurata alla tomaia della scarpa con fasce elastiche per migliorarne l’aderenza al piede. Sono 3 le colorazioni tra cui potete scegliere la vostra Decibel che vi accompagnerà durante la stagione estiva e non vi faranno certo passare inosservati.
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Sector Climbing World Championship
RRD Super SUP Classic, PRO WAVE La SUPER 7’11” è una tavola dallo shape ultracompatto, con larghezza massima piazzata bene avanti, con lo scopo di rendere più facile il take off anche con una tavola tanto corta. L’outline corta compatta in binazione stretta
e comcon la poppa roundtail permette alla tavola di essere fluida, radicale e immediata da far girare, proprio come una tavola da surf. Questo shape è fatto per surfare dimenticandosi quasi che si ha una pagaia fra le mani!. La Super 7’11 è caratterizzata da un set up di pinne che permette di surfare con assetto trifin o Quad a seconda delle condizioni e dello stile del rider.
SECTOR CLIMBING WORLD CHAMPIONSHIP l’orologio Oversize Black Chrono, della collezione Oversize di Sector, modello che rappresenta al meglio lo strumento per le imprese impossibili. Un orologio dallo stile accattivante e allo stesso tempo urban: perfettamente in linea con i valori e le prestazioni di tutti gli atleti che si sfideranno al Climbing World Championship 2011.
Vans’ Get-N-Classic Volume 1 Vans’ Get-N-Classic, Volume 1 Vans presenta il suo primo Surf Film Da diversi anni in lavorazione, Vans’ Get-N-Classic, Volume 1 ha come obiettivo quello di mettere insieme le vite e le esperienze dei migliori surfer del mondo, tra questi: Joel Tudor, Nathan Fletcher, Pat, Tanner e Dane Gudauskas, John, Ivan e Nathan Florence, Dylan Graves, Alex Knost, Andrew Doheny, Kalani Chapman e Jason “Ratboy” Collins. Guarda il trailer su www.vanssurf. com/getnclassic
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Andy Irons
1978-2010 un personale contributo al nostro amico A.I.
Ph:Giuseppe Repetto Place: Sunset Beach
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Francisco Porcella a Jaws 14 Photo: Mike Neal
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PhotoGallery
PhotoGallery
Mar co
Onboard Camera Sup tra le onde di Castiglioncello
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Bo si
PhotoGallery
Via, via, vieni via di qui, niente piĂš ti lega a questi luoghi, neanche questi fiori azzurriÂ… via, via, neache questo tempo grigio pieno di musiche e di uomini che ti son piaciuti
Ph. Giuseppe Repetto
Polo Conte
Multedo
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Con quella faccia un po’ così quell’espressione un po’ così che abbiamo noi che abbiamo visto Genova che ben sicuri mai non siamo che quel posto dove andiamo non c’inghiotte e non torniamo più.
Ph. Giuseppe Repetto
Paolo Conte
Varazze 20
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Scompone il lip sardo
Ph. Photomaio
PhotoGallery
Filippo Orso
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Surf Shop del mese
www.centrosurf.it Non soltanto un nuovo negozio, CENTRO SURF SHOP, in VIA CECCHI a Genova è molto di più. Un meeting point degli sport più all'avanguardia come : SURF, SUP, KITE, WINDSURF, WAKEBOARD,SNOWBOARD, SKATE ecc... Un Internet point per essere sempre aggiornato su condizioni meteo in tempo reale Un Club di persone con cui andare alla ricerca degli spot migliori Un dealer dove trovare le ultime novità e le migliori offerte di stock, per tutti i prezzi... Un vastissimo assortimento di usato assolutamente garantito Uno sport shop dove trovare il meglio dei marchi di abbigliamento ed accessori al giusto prezzo
Una scuola e un punto di riferimento per chi vuole apprendere le tecniche per iniziare a praticare il Surf, Kite e Windurf. Un cetro assitenza e riparazione.
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Sup Sicilia Messina
Sup sul lago, a cavallo di Tirreno e Ionio
Testo e Foto Peppe D’Urso
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alvatore ha il volto segnato dal sole e da una vita trascorsa in mare, la pelle scura e spessa, gli occhi profondi come gli oceani in cui ha navigato. Sta affilando le fiocine, presto sarà stagione di caccia al pescespada e la sua feluca passerà più tempo in mare che in rada. Un rito che qui nello Stretto di Messina si perde nella notte dei tempi, primordiale e cruento, con le sue regole e superstizioni, e che lascia al pescespada, il Re dello Stretto, ampi margini di scampo. Per infiocinarne uno con un’asta lunga 4 metri, su un ponte lungo 20 bisogna avere destrezza e mira fuori dal comune. Quasi nessuno conosce il suo cognome, tutti lo chiamano “U miricanu”, retaggio di una gioventù spesa come marinaio a pescare nell’Atlantico. “Lì era diverso – mi confessa – si rischiava la vita giorno dopo giorno, le onde altissime e i forti venti hanno affondato parecchie imbarcazioni, qui a confronto è una pacchia.” “Turiddu” si mostra interessato a quello strano oggetto. “Ne visti di cose come queste da mio cugino in California, ma non avevano il remo”. No signor Turiddu, questo sport è abbastanza nuovo, e a Messina è quasi sconosciuto, non fosse per pochissimi appassionati. Pronti per godersi una fantastica pagaiata
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Il canale che collega il Pantano piccolo con il mare
profondità massima arriva a circa 2000 metri e non è inusuale trovare pesci abissali spiaggiati sulle rive, mostri in miniatura che hanno contribuito a creare leggende e a tormentare i marinai che hanno avuto la sfortuna di solcare queste acque nei giorni di tempesta. Noi siamo fortunati o forse previdenti e scegliamo un giorno di mare piatto e assenza di vento. Entriamo in acqua a Ganzirri, piccolo paese di pescatori che da il nome ai laghi. Case basse costruite con il sudore dei pescatori locali ornano la striscia di terra che separa il lago dal mare. Si trova qui l’antica Torre dei Saracena, costruzione risalente all’epoca medioevale che serviva a controllare ed eventualmente combattere le navi nemiche in arrivo, testimonianza dell’importanza strategica che quest’area ha sempre avuto. Anche se relativamente vicini alla città sembra di stare lontani anni luce dal traffico cittadino.
La punta Nord Est della Sicilia è un punto importantissimo per il passaggio degli uccelli migratori, sopratutto quelli che stabiliscono negli ambienti umidi il proprio domicilio. I laghi di Ganzirri costituiscono fortunatamente la Riserva naturale orientata della Laguna di Capo Peloro e noi abbiamo avuto la gradita occasione di farci una pagaiata dentro. Tutto nasce da una telefonata, come la maggior parte dei surf trip, Antonio Scotto ha una scuola di windsurf poco distante da lì, in località Pace, e mi ha contattato per fotografare il giro dei laghi con il Sup, un’escursione che può durare anche mezza giornata,a secondo di quanto vogliate perdervi nel dedalo di canali che disegna questa parte di Isola. Entriamo in mare molto presto, la luce del mattino accarezza i monti Peloritani che fanno da cornice a una costa stretta tra loro e l’abisso blu dello Stretto. La
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Sup Sicilia
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Sup Sicilia
“local always get priority”
il Canale degli Inglesi
la piazzetta di Torre Faro
con lo Stretto alle spalle entriamo nel canale
L’ambiente lacustre offre ospitalità ad aironi cinerini che ti guardano incuriositi mentre pagai nell’acqua bassa del Lago Grande. C’è chi si allena con la canoa, cercando qui rifugio dalle correnti impetuose dello Stretto. Questo lago è collegato sia al mare sia al Lago Piccolo tramite canali, navigabili ma sopratutto “pagaiabili”. Usciamo in mare per percorrere un piccolo tratto di costa, 1 km circa fino alla piazzetta di Torre Faro, altro piccolo villaggio costruito attorno alla punta Nord Est della Sicilia, proprio sotto il “Pilone”, traliccio dell’elettrodotto ormai in disuso ma che è diventato ovviamente uno dei simboli dello Stretto. Fresh Sup
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Sup Sicilia
Percorriamo il canale che si snoda fra le case, l’odore di cipolla soffritta è forte e ci fa venire un po’ di appetito. La signora Giovanna non ha esitazioni e ci invita in casa. Lei abita qui da sempre, così sua madre e la madre di sua madre. Ci parla di quando da piccola giocava fra i vicoli e di quanto sia cambiato non solo il mare ma il rapporto che ha con esso. Per questa comunità è sempre stato luogo di lavoro, temuto e rispettato, adesso la differente fruibilità, il turismo e la delocalizzazione del lavoro fanno sì che il Mare sia un luogo di svago e di divertimento.
ritorniamo in mare
Il Faro che da il nome al piccolo borgo era già presente in epoca romana
making friends
Ringraziamo per il bicchiere di robusto rosso locale e ci rimettiamo malamente in equilibrio sulle tavole. Il Pantano Piccolo è dedicato quasi esclusivamente alla molluschicoltura, le cozze in particolare sono la delizia locale, per tanto se passate da qui non fatevi scappare l’opportunità di gustare la Pepata di Cozze. Quella della signora Giovanna pare sia imbattibile. Pochissime case si affacciano sul piccolo specchio d’acqua, i rumori della strada sono lontani e la sensazione di pace è ancora più forte. Arriviamo fino al Canale degli Inglesi, un canale con lo sbocco in mare interrato che collegava il Pantano piccolo al Tirreno, siamo proprio alle spalle del Pilone e di Punta Faro. Poche decine di metri a piedi, scavalchiamo la duna di sabbia e ci tuffiamo nelle acque turchesi del Tirreno, la sabbia bianca e l’acqua bassa portano la mente a ben più tropicali paesaggi. Pagaiamo lungo la costa sulle acque ben più tranquille fin sotto il Pilone, ci siamo meritati una bella birra fresca, e seduti all’ombra aspettiamo il nostro driver che ci riporterà alla base. Sono contento di aver fatto un giro così bello in una parte inedita della Sicilia, è un’esperienza che consiglio vivamente.
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enjoy the silence
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Surfin Venice
2011
Foto: Andrea De Maria / RRD
Testi: RRD
NISSAN-RRD SURFING VENICE 2011 – IL SUCCESSO CONTINUA Il 10 luglio 2011 è stata scritta un’altra bellissima pagina della storia del SUP: circa 150 appassionati della disciplina provenienti da tutto il mondo si sono radunati a Venezia per partecipare alla seconda edizione dell’evento organizzato da RRD e NISSAN col patrocino del comune di Venezia per promuovere la Surf Colture in laguna.
La parata si è dipanata lungo lo stesso affascinante percorso della prima edizione ed ha portato i rider sui loro SUP scortati dagli storici “sandali” della Remiera Settemari lungo gli oltre 6 km, che dal Tronchetto attraverso il Canal Grande portano fino all’Arsenale (cantiere navale della Serenissima). Durante il tragitto dei 150, migliaia di persone hanno realizzato che esiste un altro modo di navigare su una tavola utilizzando una pagaia come mezzo di propulsione. Mentre i turisti scattavano foto dalle rive e dai ponti, dalle gondole e dai vaporetti, i veneziani si affacciavano incuriositi alle loro finestre per assistere allo spettacolo di questi surfisti che con la loro pagaia si disimpegnavano agilmente lungo il Canal Grande assieme alle gondole e altre imbarcazioni impegnate nei loro traffici quotidiani. Dopo l’ormai classico e meritato pranzo a buffet per tutti i partecipanti alla manifestazione, nel pomeriggio si è disputata una regata fra 40 atleti, che ha visto il forte Leonard Nika tagliare per primo la linea del traguardo di fronte a Fabrizio Gasbarro e al giovane italiano Giuseppe Giusti. Al termine di una gioiosa cerimonia di premiazione e di chiusura dell’evento, ci si è dati tutti quanti appuntamento all’anno prossimo per una terza ed ancora più ricca edizione della Surfin’Venice.
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Quest’anno l’evento è stato impreziosito dalla giornata di sabato 09 luglio presso lo stabilimento Bluemoon al Lido di Venezia, dove i maestri della RRD hanno tenuto corsi di iniziazione gratuiti al SUP, che hanno permesso a decine e decine di turisti di muovere i loro primi passi su una tavola e dare le loro prime pagaiate. L’evento è coinciso con l’inaugurazione di una scuola di SUP RRD proprio al Lido, che permetterà a tutti i Veneziani e a tutte le superstar in transito in occasione della mostra del cinema di Venezia di potersi cimentare nella specialità. Si ringraziano tutti i rider che hanno preso parte all’evento, il Comune di Venezia per il patrocinio, l’associazione culturale InVenice e la storica Remiera Settemari per il preziosissimo supporto prima, durante e dopo la manifestazione. Un ringraziamento particolare va a Eliana Argine e alla sua perseveranza, senza le quali Surfin’Venice sarebbero stati una missione impossibile. Un grande ringraziamento va anche ai main sponsor della manifestazione: NISSAN col suo progetto NSA (Nissan Sport Adventure) legato al mondo del water-boarding e RRD, azienda italiana leader nel settore dei water board sports.
NISSAN SURFIN'VENICE 2011 INTERNATIONAL REGATTA CLASSIFICA GENERALE 2 Leonard Nika 1 Fabrizio Gasbarro 4 Giuseppe Giusti 5 Pietro Fazioli 22 Paolo Marconi 17 Belar Diaz 3 Nicola Abatescianni 21 Mirco Sarti 25 Gianluca Penzo 15 Stephan Golnitz 9 Jacopo Giusti 27 Leo Lazzeri 18 Fernando Llabad 16 Nicola Zamuner
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Guillermo Pena Nicola Gianni Flavio Vendramin Relindo Centenaro Matteo Casadio Alfredo Di Fulvio Marco Bosi Roberta Mariani Davide Bonsignore Matteo Mose Sonia Duschek Christian Relling Paola Perrone Petra Offermanns
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CLASSIFICA DONNE
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Roberta Mariani Sonia Duschek Paola Perrone Petra Offermanns
Surfin Venice
2011
Mingho Art
Mingho Art, nome d'arte di Victor Caiche Intervista di Giuseppe Repetto
Ciao Mingho, una prima curiosità, che origini ha il tuo nome d'arte ? Mi chiamava così mia mamma, in Ecuador, mio paese d'origine, le mamme chiamano i propri figli “Mi Hijo” che vuole dire “mio figlio” e con una personalizzazione di mia madre nel tempo è diventato Mingho !!!
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Mingho Art Come e quando hai scoperto la tua passione per il disegno ? Ho sempre disegnato, da bambino avevo sempre una matita in mano, poi nel tempo ho iniziato a disegnare ciò che mi piaceva, sono autodidatta, quando vivevo in Ecuador, facevo diverse mostre nei locali vicino le spiagge Che tecniche utilizzi ? Tecniche miste, uso matite colorate, acquarelli, colori a olio, aerografo, digitale, collage, ma il mio preferito è l'acrilico. E con il digitale come ti trovi ? Ho iniziato a fare alcune opere in digitale, ma da qualche tempo mi sono accorto che mi stava rovinando, perché stavo perdendo la mano con gli strumenti da disegno, anche nel disegno, come in ogni cosa, bisogna allenarsi molto e farlo tutti i giorni. Quanto tempo ci metti a realizzare un'opera ? Sono molto veloce, questo è dato anche dall'idea precisa che ho in mente e che realizzo in poche ore, spesso lo faccio mischiando diverse tecniche. Perché dipingi il mondo del Surf ? Perché sono un surfista e mi piace raffigurare il mondo che amo, disegno anche altre cose, in Ecuador disegnavo anche su commissione e realizzavo opere in base alle esigenze dei committenti. Mi piace anche ritrarre i miei figli e la mia famiglia, spesso mi capita anche di realizzare loghi e grafiche per magliette.
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Mingho Art
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Mingho Art
Mingho Art
Da quanto tempo vivi in Italia ? Vivo a Genova da 13 anni, sono venuto in cerca di lavoro e per fortuna sono riuscito a trovare un lavoro che lega con la mia passione artistica.
A proposito di magliette, cosa ne pensi di questo mondo ? Il mio lavoro è stampare magliette e mi piace anche realizzare grafiche che vanno stampate, una tecnica particolare perché per realizzarle bisogna prima capire le tecniche di stampa, vedere i miei disegni in dosso alla gente mi da una grande soddisfazione.
Dall'Oceano Pacifico al Mediterraneo …. Si per fortuna quando sono arrivato in Italia ho scoperto che si surfa, anche se le onde non sono così frequenti e sopratutto le mareggiate durano poche ore e si devono inseguire le perturbazioni.
Vedo che hai una fotocamera al collo, fai anche foto ? Si, la fotografia è un'altra mia passione, spesso unisco anche alcune foto con la grafica e realizzo delle opere lavorando su alcune mie immagini.
In Ecuador ero abituato ad andare al mare e trovare onde, non dovevo aspettare le perturbazioni o cercare lo spot che lavora. In Ecuador le onde arrivano da lontano e durano diversi giorni. Che progetti hai per il futuro ? Da quando sono in Italia ho avuto l'occasione di approfondire le tecniche di disegno, vorrei avere l'occasione di studiare di più, perché sono dell'idea che non si finisce mai di imparare.
Un grazie al nostro amico Victor “Mingho” , potrete vedere le sue opere sul nostro sito web, www. surfersmagazine.it nella sezione dedicata a lui
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Australia
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ARTII PER L’AUSTRALIA NEL FEBBRAIO DUEMILANOVE, SENZA UN PROGRAMMA PRECISO DI DOVE ANDARE E DI COSA FARE, MA CON L’IDEA DI RESTARCI IL PIÙ POSSIBILE, MINIMO SEI MESI, MAGARI UN ANNO...
Tanti i motivi che mi spinsero a farlo, oltre ad essere mosso da un’irrefrenabile voglia di vivere il surf a trecentosessanta gradi, volevo vedere cosa c’era al di fuori dell’Italia, volevo vedere al di fuori dei soliti schemi. Abbandonare un sistema che vedevo vecchio, con un’economia disastrosa e dove corruzione e disoccupazione la fanno da padrone, con un sistema che ci costringe a vivere in casa con i nostri genitori fino a età avanzata, questo ci ha anche impedito di sognare. Insomma non solo partire per trovare, ma partire per lasciare, un viaggio alla riscoperta di se stessi. Poi con la scusa di dover imparare l’inglese la scelta dei posti di dove sarei potuto andare si riduceva sempre più. Decisi per l’Australia. Sono tornato nel luglio duemilaundici, sono partito che avevo ventitré anni e sono tornato che ne ho venticinque, ma che cos’ho fatto in tutto questo tempo?
Paolo D’ Angelo in un duck dive a Curanbah
CLASSIC AUSTRALIA 48 Testi e foto di Marco Delledonne
due anni di avventure sulla costa est inseguendo un sogno
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L’ harbour bridge di Sydney, uno dei ponti più famosi al mondo
Ascolto il telegiornale, le solite notizie di guerre e di corruzione, il politico che si è intascato la tangente, quello che ha ammazzato l’amico per rubargli due soldi, l’operaio padre di due figli che si ritrova senza lavoro da un giorno all’ altro, infine la notizia di un paio di attacchi di squalo nelle zone di Sydeny a distanza di pochi giorni. Mia madre si avvicina e inizia con le solite raccomandazioni.. Ormai i bagagli sono fatti (o quasi), la mia mente inizia a viaggiare…
Anguari Point mostra cos può produrre con una piccolissima mareggiata
Ma questa è televisione, bombardamento mediatico, sono sicuro che là sarà tutto diverso. Il volo è già preso, mentre l’applicazione del visto, il famigerato Working Holiday Visa, m’impiega soltanto un’oretta, tutto online, pago, ed è fatta…. si parte. Qualche giorno prima, durante il giro dei saluti, mi accorsi di essere considerato come un vero e proprio eroe, amici, parenti e parenti di amici che mi chiedevano: “Vai in Australia?
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Mark Occhilupo a Duranbah
Kellt Slater, dopo essere stato eliminato non sta certo a guardare
Che coraggio, bravo”, “Vai e non tornare, che qua è sempre peggio”, “Verrei anch’io ma...”, oppure i surfisti amici, “Stronzo”, bastardo, impiccati”, un classico modo di incoraggiarsi tra amici surfisti.. Dopo un volo lunghissimo di ben diciannove ore, arrivo finalmente a Sydney. Fa un caldo terribile, soprattutto perché ero in tipico abbigliamento invernale da pianura padana, visto, che avevo lasciato Milano nel bel mezzo di una tempesta di neve. Ad attendermi nessuno, in mano soltanto un bigliettino con scritto Cronulla. E dov’è Cronulla, si farà surf laggiù? Come ci arrivo? Dopo un breve giro in aeroporto, mi accorgo che c’è un treno che arriva dal centro città, porta anche a Cronulla, che però dista un oretta circa in direzione Sud. Arrivo a casa di Matt, la persona che mi ospiterà per qualche giorno, il mio primo amico australiano, e il caso vuole che in quel periodo condividesse la sua casa proprio con tre italiani.
Con il mio budget decisamente ridotto, e il costo della vita molto alto, realizzai in pochi giorni che avrei dovuto cercare subito lavoro, così dopo qualche giorno mi spostai più vicino alla città, precisamente a Manly, una scelta un po’ strategica, visto che a Croulla non avevo trovato granché. L’ arrivo fu traumatico, non conoscevo nessuno, non avevo lavoro, non avevo idea di dov’ero. Dopo aver trascorso qualche giorno in uno degli ostelli più squallidi che abbia mai visto, mi misi alla ricerca di un posto più tranquillo. Nel giro di un mese cambiai un paio di accomodation, ma finalmente verso aprile trovai una stanza come si deve, a North Manly, a pochi passi dall’oceano. C’erano voluti due mesi per sistemarsi. Qualche settimana prima trovai anche lavoro come barista in un cafè a quindici minuti di bicicletta da dove vivevo, Le giornate iniziarono a trascorrere sempre più veloci, e grazie alla flessibilità dei turni australiani (almeno due-tre giorni liberi alla settimana con turni di cinque-sette ore) riuscivo a surfare tutti i giorni, qualche volta anche due volte al giorno.
Byron Bay al tramonto
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Nel bel mezzo della stagione delle onde in Australia, equivalenti alla nostra primavera-estate, mi ritrovai a surfare sempre più spesso, inoltre in quel periodo, conobbi un surf photographer australiano, che in occasioni gi grandi swell, passava a prendermi in macchina, giravamo tutti gli spot delle Northen Beaches, da Manly a Palm Beach, alla ricerca dell’onda perfetta da fotografare, Il fatto di non avere la macchina mi penalizzava un pochino negli spostamenti mentre grazie a lui iniziai a farmi un’idea della potenzialità del surf in Australia. Nelle Northen Beaches, le spiagge a nord di Sydney, esistono numerosi surfspot. Manly è la prima spiaggia che s’incontra, è un lungo beach break, sempre molto affollato, North Manly è una bella destra che lavora anche fino a sei-sette piedi, mentre più a nord c’è una sinistra che infrange vicino alla rock pool.
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Australia
Il faro di Byron Bay
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Mark Occhilupo
Paolo D’ Angelo, icona del surf italiano
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Spostandoci nuovamente verso Sud, troviamo Bower, che è dalle parti di Shelly beach, un reef molto potente e pericoloso, con un fondale roccioso molto basso, lavora con grosse swell. Dopo Manly troviamo Freshwater e Curl Curl, due bellissime spiagge, la prima molto piccola, vicino a Manly e quindi sempre molto affollata, la seconda molto lunga, con una sabbia dorata ed una rock pool situata a sud, regala sia destre sia sinistre su beach break. Proseguendo verso nord troviamo Dee Why, il mio spot preferito da queste parti, composto da una spiaggia lunghissima e da un point che si forma davanti alla rock pool, produce destre molto potenti e regge mareggiate fino a otto-dieci piedi, sicuramente da non prendere. Long Reef è il proseguimento di Dee Why, dal nome si può intuire che non si tratta di un beach break, ma di una spiaggia ricca di reef sparsi qua e là, non è raro vedere il tow-in da queste parti. Narrabeen è la spiaggia successiva, beach break simbolo di tutta l’Australia, spot storico e leggendario, è uno dei più localizzati della costa est. Regala onde da brivido, onde tubanti potenti fino a
otto piedi, una specie di onda indonesiana che si forma su sabbia. Mona Vale, Whale Beach, Newport, Avalon, e altre spiagge un po’ più nascoste, fino ad arrivare a Palm Beach, la fine di questo tratto di costa meraviglioso, prima di inoltrarsi verso la Central Coast. Tra una surfata e l’altra, il tempo passava veloce, e mi ritrovai a fare i conti con il mio visto, che sfortunatamente non mi consentiva di lavorare per più di sei mesi per lo stesso datore di lavoro, per cui decisi per un cambio radicale, comprai un’automobile, un classico da queste parti, la mitica Holden Commodore Wagon, abbastanza grande per dormirci dentro e per sistemarci tutto quello che avrebbe potuto servirmi per un surftrip, e partii. Decisi che sarei andato a Byron Bay, un classico della costa est, ma senza nessun programma e nessun vincolo di durata, tutto era possibile (almeno fino a che il mio ridotto budget me lo avrebbe consentito). Il primo stop avvenne ad Avoca Beach, da James, un ragazzo australiano che avevo conosciuto in Marocco l’anno prima, e che mi ospitò gentilmente per qualche giorno. Paolo D’Angelo a Duranbah
Curiosità Il surfista australiano Shane Wilmott ha addestrato il suo topolino bianco a cavalcare le onde. Usando la coda come timone, il topolino guida la sua tavola, appropriatamente proporzionata, senza l’uso di collanti o lacci di legatura. Può saltare dalla tavoletta a suo piacimento e raggiungere la riva senza problemi.
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Sfortunatamente riuscimmo a surfare soltanto un paio di volte onde decenti. Il tragitto riprende verso nord, purtroppo non ci sono swell in arrivo, ed il viaggio è abbastanza noioso. Mi fermo in un paio di spot sperando di trovare qualche onda, ma niente. Nel giro di due settimane arrivo nelle vicinanze di Byron Bay, ma prima di arrivare lassù, attraverso una piccola cittadina di nome Lennox Head, senza sapere esattamente cosa mi aspettasse,, così prenotai qualche giorno in ostello. Dopo poco tempo mi ero già innamorato di questa piccola town, popolata soltanto da un paio di surfshop, qualche piccolo cafè, qualche ristorante e molta natura. Inizio a cercare una stanza e un lavoro, e visto le difficoltà che avevo avuto a Sydney appena arrivato, pensavo che sarebbe stata dura trovare un’occupazione immediata, invece, qualcosa mi fece capire che ero capitato nel posto giusto. Trovai subito lavoro in un ristorante italiano come cameriere e pizzaiolo, sfruttando l’ormai collaudato metodo del couchsurfing (arte di scroccare le vacanze), contattai Manuel, un ragazzo tedesco che viveva in zona e che mi avrebbe ospitato qualche giorno in attesa di trovare una sistemazione fissa.
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Leo Fioravanti
Curiosità
Australia Leo Fioravanti, fiore all’occhiello e porta bandiera del surf italiano all’estero, ha trascorso molto tempo con Kelly Slater, allenandosi duramente ottenendo, così, le prime vittorie importanti come il titolo under 14 dell’Occy Grom Comp 2011.
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Kelly Slater in azione durante il Quiclsilver Pro 2010 a Snapper Rocks
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Ma il caso volle che proprio in quei giorni si liberasse una stanza da lui, ovviamente ne approfittai al volo. Era fine settembre, le cose si stavano già risistemando, avevo trovato una stanza in una casa grandissima, con un giardino immenso, immersa nel verde, a trecento metri dall’oceano, un po’ vecchia, ma fornita di tutto il necessario per sopravvivere, ed avevo di nuovo un lavoro. Non restava che conoscere gli spot nei dintorni. La prima cosa di cui mi resi conto, è che gli spot sono molto più selvaggi rispetto a Sydney, ma che la qualità delle onde è molto meglio, con mareggiate che rompono più frequentemente. Partendo da dove abitavo, a Est Ballina, a circa trecento metri dall’oceano c’è il North Wall, famoso spot di Ballina, molto esposto, con divertenti destre e sinistre Proseguendo verso Nord, si passa ad una serie di beach breack come Shelly Beach, Flat Rock e Angels Beach, quest’ultimo spot in rare occasioni si trasforma, producendo un tubo potentissimo. A metà strada tra Ballina e Lennox Head si trova Sharp Beach un’altra lunghissima spiaggia mai troppo affollata. Finalmente si arriva a Lennox Head, riserva nazionale del surf, considerata una delle onde migliori d’Australia, lunghissima e divertente, surfabaile per un minuto e mezzo, regge onde fino a otto-dieci piedi. Il problema qui è l’ingresso in acqua. Per i primi mesi mi tenni lontano da questo spot, convinto di non esserne all’altezza. Ma dopo aver surfato tutte le spiagge più a sud, un giorno, decisi che era l’ora di provare, ma non per surfare, ma per fare due foto dall’acqua, così contattai il local di Byron Bay, Emiliano Cataldi.
In compenso in questi mesi mi divertii tantissimo con Manuel, ed iniziai ad accorgermi che anche il mio inglese stava migliorando, sopratutto grazie a Scrubs, la serie televisiva col dottor Dorain, appuntamento fisso di ogni sera, nel nostro salotto. In questo periodo misi da parte la fotografia, perchè mi accorsi che mi stavo quasi stressando senza ottenere grandi risultati, finire tardi di lavorare, alzarsi presto per cercare la luce giusta, per poi ritrovarsi sempre con un pugno di mosche in mano non era certo la strategia giusta per sfondare. Finalmente arrivò nuovamente l’autunno, e con aprile arrivarono le prime magiche swell. Per me significava mettere alla prova tutto quello che avevo imparato in più di un anno. E non rimasi deluso, mi buttai a Lennox Head seisette piedi, onde lisce, mare tranquillo, sole, delfini, presi tantissime onde, e mi ritrovai a stare in acqua per cinque ore di fila. Mai avrei pensato che ne sarei stato capace, ma non mi resi conto del tempo, onda dopo onda, i minuti passarono come fossero secondi... In quel periodo conobbi per caso anche Leonardo Fioravanti, il piccolo campione italiano, sempre in giro per il mondo. Decisi che era il momento di riprovarci, ripresi in mano la macchina fotografica e ricominciai a scattare, Lio, come lo chiamano all’estero, era un soggetto perfetto. Lo seguì un po’ a Byron e un po’ sulla Gold Coast, spingendomi fino a Bali, dove ricevetti un piccolo incarico dalla Red Bull, uno dei suoi sponsor principali, prendendomi una pausa di un mese dall’Australia. In programma avevo anche l’incontro con Winki, l’autore della Baia della Luna (un libro che narra del suo viaggio in Australia).
Lo incontrai in cima alla collina, le onde non erano male, ma lo spot era super affollato, entrammo assieme, ma non riuscii a portare a casa molti scatti decenti, e in più uscii pieno di tagli alle mani e ai piedi, rischiando però molto di più, perchè per un pelo non spaccai quasi tutta la mia attrezzatura fotografica contro i taglienti scogli che circondano lo spot. Tentando di uscire, mi ritrovai a camminare su questi taglienti reef, con onde che mi rompevano addosso. La muta lunga mi salvò il resto del corpo. Quel giorno conobbi tanti altri italiani, tutti di Byron Bay, e mi accorsi che in tutti quei mesi trascorsi in Australia, non ne avevo frequentati mai tanti, nonostante qualche amicizia passeggera che avevo fatto a Manly, ad eccezione di Alessio, un surfista italiano con un buon lavoro da ingegnere che vive in Australia da molti anni e con cui sono sempre rimasto in contatto. L’estate si stava avvicinando, le surfate iniziavano a diminuire, vento onshore, piccole swell choppose, meno tempo libero e più lavoro.
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Una giornata da ricordare a Curl Curl, north Sydney
era magico. Purtroppo già a settembre le surfate diminuirono e Lennox Head non è un posto che offra molto divertimento per la vita notturna, cosi mi spostai a vivere a Byron Bay, dove sarebbe stato più facile cercare lavoro, ma dopo qualche mese, iniziai ad annoiarmi pure lì, e non avendo trovato nessuna occupazione valida, mi spostai a Coolangatta la mecca mondiale del surf, dove decisi che avrei trascorso i miei ultimi mesi, concentrandomi sopratutto sulla fotografia.
In verità mi sarebbe piaciuto viaggiare, magari con un furgone, ma essendo sempre a corto di soldi, non potevo strafare. Mi sarebbe piaciuto vedere un sacco di posti, l’Australia è cosi grande e sperduta, e viaggiare è cosi easy, ci sono bagni, barbecue e docce ovunque, sparsi nei dintorni dei parchi nazionali e dei campeggi, basta essere un minimo organizzati. Purtroppo in Queensland piovve per un’estate intera, con enormi conseguenze da Brisbane fino a Cairns, per un’area allagata
grande quasi come la Francia. Anche le Swell furono molte poche, ad eccezione del ciclone Vania, che risvegliò Kirra, facendo ricordare a tutti di cosa è capace questo spot. Io attendevo di nuovo l’autunno, infatti con Aprile arrivarono le prime buone mareggiate, acqua limpida e vento offshore, tornai a buttarmi in acqua con regolarità, sia con la tavola che con la mia housing, e mi misi in contatto con Paolo d’ Angelo, pluricampione italiano, ma ormai australiano d’ adozione.
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Avevo incontrato Fabrizio (Winki) in Italia, qualche giorno prima di partire per l’Australia, quasi per caso, in una libreria di Fidenza, durante la presentazione del su libro, cosi sapendo che sarebbe tornato in Oz, ci tenemmo sempre in contatto, ma non ci furono occasioni per vederci, in quanto lui viveva a Perth, dall’ altra parte del continente. Purtroppo le cose non andarono proprio come previsto, piovve parecchio e le swell non furono eccezionali, ed anche i programmi che avevo fatto con Winki andarono a rotoli, in quanto non ero molto organizzato per effettuare spostamenti quotidiani in posti che non conoscevo (soltanto un vero surf photographer è in grado di capire lo stress che sta dietro un viaggio). Al mio rientro nella terra del fuoco, tutto era esattamente come l’ avevo lasciato, onde stupende e giornate con tramonti spettacolari. Però dovevo trovare un altro alloggio e forse anche un altro lavoro. Iniziai a rendermi conto che viaggiare è bello, ma bisogna saper fare molti sacrifici, avere un forte spirito di adattamento. Mi accorsi però che queste due passioni, surf photography e surf, mi stavano complicando molto le cose. Decisi di spostarmi a vivere a Lennox Head, e trovai una stanza proprio a cento metri dal point. Passai i mesi di giugno e luglio a surfare tutti i giorni, ormai mi sentivo un local. Ricordo che una volta mi trovai da solo, con Adam Melling ed una balenottera che ci girava intorno, il tramonto
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Una meravigliso panorama, dalle parti di Byron Bay
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Paolo, nato e cresciuto ad Ostia, inizia a surfare sin da bambino, grazie alla spinta dei suoi fratelli maggiori. Già durante l’adolescenza inizia a sognare l’Australia, e all’età di ventitre anni parte per inseguire il suo sogno e per allenarsi, sponsorizzato Billabong, in quegli anni si aggiudica tre titoli italiani. Col passare del tempo inizia a trascorrere più tempo in Australia che in Italia, fino a che non incontra, la bellissima Angie, in arte Angela d’Angelo. Essendo sia io sia Paolo molto impegnati con i rispettivi lavori nella ristorazione, io come barista, lui come cuoco, ci trovammo la prima volta durante una superattesa mareggiata a Duranbah, l’oceano ribolliva, e dopo aver visto che c’era Mark Occhilupo che si sparava un tubo dopo l’altro, ci buttammo su questa sinistra un po’ anomala. Io ero in posizione per scattare a Paolo, qualche metro lontano dall’inside da dove si trovava Occhilupo, ma la prima onda la prende Occy, s’intuba immediatamente, e in armonia perfetta con il suo style, mi passa a pochi centimetri dallo scafandro, mentre io continuo a scattare. Per la prima volta dopo più di due anni ero riuscito a fare la foto che desideravo da sempre, e non ad uno qualsiasi, ma a Mark Occhilupo, una leggenda del surf mondiale. Dopo quella giornata mi ritrovai molte volte con Paolo, per esplorare un po’ i surfspot della zona, da Coolangatta alle spiagge della parte nord del New South Wales Paolo è molto conosciuto in zona, il suo passato da shaper, mestiere imparato grazie al fratello maggiore (produttore delle X Surfboards), lo ha aiutato ad inserirsi in quest’ ambiente dominato dal surf. Inoltre è un modello perfetto in acqua, sicuramente il miglior surfista italiano che abbia mai incontrato. Paolo confessa: “Sin da quando sono in Australia ho fatto molti incontri, l’ ultimo con Marco Delledonne, un ragazzo pieno di entusiasmo e di vita, con la passione per l’ oceano e la fotografia. Una mattina ci mettemmo d’accordo per fare delle foto, appuntamento all’alba a Duranbah, swell solida sui cinque-sei piedi, dall’ alto vediamo Occy intubarsi, Marco è super eccitato, io lo guardavo, dentro di me pensavo, oggi si affoga. Invece intrepido, inizia a scattare e prende Occy in tubi assurdi, da quel giorno Marco si conquistò tutto il mio rispetto e la mia amicizia”
Una piccol swell dalle parti di Yamba
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L’ultima parte del mio viaggio è caratterizzata da spostamenti continui, senza una meta precisa. Un viaggio da Coolangatta a Sydney, in compagnia di Karen, una ragazza tedesca conosciuta per caso una settimana prima, che cercava un travelmate per condividere le spese del furgone che aveva già affittato. Purtroppo non incontrammo swell fino a Yamba, Ovviamente Angouire Point fu il mio primo punto di sfogo, dopo di ché surfai in uno spot da paura dalle parti di Coffs Harbour e a Crescent Head, dove ci fermammo in un bellissimo e grandissimo campeggio posizionato a pochi passi dal point, gestito dalla famiglia Coffey, una famiglia di surfisti, tutti sponsorizzati Billabong. Dopo due chiacchiere con Jason, il padre, ci mettemmo d’accordo per un possibile incontro nelle settimane successive per un eventuale photoshooting, ma per colpa di una tempesta che durò per quasi due settimane dovetti cambiare piano. Poi partii alla volta di Noosa con Alessio e la sua ragazza Sonia, per un camping molto selvaggio di qualche giorno in un National Park a ridosso dell’oceano. Giornate stupende e acqua cristallina, ma niente onde, condizioni perfette per noleggiarsi un Sup e navigare tra i delfini. Poi ancora una volta mi toccò cambiare itinerario per colpa di quel vulcano in Cile che eruttando aveva provocato varie cancellazioni di voli, e invece di spostarmi a Melbounre, ritornai a Sydney per non rischiare di perdere il mio volo di ritorno alla volta del Mediterraneo. Ormai manca soltanto una settimana prima del mio ritorno in Italia, l’oceano sembra essermi contro, piatto totale. Ma forse è meglio cosi. Mi stabilizzo nel bel mezzo della città, cercando di organizzare il ritorno, tante cose saranno cambiate, ed io dovrò cercare di riabituarmi ad una mentalità completamente diversa da quella Australiana. Non so esattamente cosa farò, non ho un lavoro e so che sarà molto difficile trovarlo, oppure come dice il mio amico Alessio: “Vai alla Coop, reparto salumi!”, ma l’unica cosa di cui sono certo è che il surf dovrà continuare a essere vivo fuori e dentro di me e che la passione della fotografia dovrà continuare...
Marco Delledonne
Molto importante è la connessione tra surfita e fotorgrafo, Emiliano Cataldi sa perfettamente cosa fare davanti alla macchian fotografica
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Verso Sud
Foto di Luca Mennella, Testo Adriatic Surf Club
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opo una settimana di alta pressione e nebbia, mi arriva una chiamata dall’amico Marco, il quale mi informa che una grossa mareggiata sta per colpire le coste meridionali, cosÏ dopo un veloce giro di chiamate decidiamo di partire, direzione sud.
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Verso Sud Arrivo previsto in mattinata in coincidenza con il picco della mareggiata. In macchina si discute delle condizioni che troveremo a destinazione e nel frattempo man mano che maciniamo kilometri la tensione sale, fino a quando finalmente non raggiungiamo la costa.
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Un leggero vento da terra accarezza una swell solida e ben stesa; ci dirigiamo a tutta velocità verso lo spot che frequentiamo solitamente, però, dopo una piccola salita su una strada che abbiamo percorso milioni di volte il nostro sguardo viene catturato da una splendida visione, in un baia dove non avevamo mai visto rompere un’onda srotola un point sinistro, perfetto, set di oltre tre metri impattano sul reef di roccia, producendo due sezioni veloci e tubanti. Mai prima di quel giorno vidi un’onda così perfetta e impegnativa in Italia. Che dire, ci aspettavamo di trovare onde, ma mai avremmo immaginato di trovare un’onda del genere. Purtroppo nella nostra penisola condizioni simili non sono molto frequenti e di conseguenza non tutti sono pronti per affrontarle, mi congratulo con Luca Laporta e Luca Briganti (gli unici ad essere entrati in acqua quel giorno) per il coraggio dimostrato. Questo piccolo paradiso si trova in un bel posto della costa sud, un paradiso che piace condividere con tutti grazie a queste foto e null’altro.
Verso Sud
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dalle origini ai giorni nostri Testo Beppe Cuscianna e Alessandra Ferrara Foto Bebbe Cusciana, salvo ove menzionato
entinaia di milioni di riferimenti alla cultura dello Stand Up Paddle, questi sono i numeri che dominano le pagine dei motori di ricerca alla parola SUP. Un risultato sorprendente se si pensa che solo qualche anno fa la parola chiave SUP non avrebbe dato che pochi riferimenti non collegati al mondo del surf, ma che oggi invece viaggia a velocità sorprendenti ed in costante espansione con una quantità innumerevole di pagine dedicate. Oggi è facile avere notizie sul SUP, le aziende, i prodotti sul mercato, gli eventi, ma forse non tutti sanno che la febbre da SUP, sport di antiche tradizioni, risale in realtà a pochi anni fa.
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Ph: Marco Ferrando Rider:Federico Piccinaglia
Ekulu sulle onde a Santa Marinella
Date approssimative sulla nascita dell’attuale paddle surf riportano al 2000 nel paradiso dei surfisti, le Hawaii. Dalle ricerche effettuate in rete pare che alcuni atleti oltre che a surfare con le loro tavole tradizionali tentassero anche di cavalcare le onde con le canoe polinesiane. Nel 2004 alle Hawaii si vocifera di una manifestazione dedicata solo ai Big Board (così venivano chiamati i sup all’epoca). Erano solo gli albori di un movimento oggi divenuto tendenza e le shaperie locali avevano il privilegio di iniziare a studiare i nuovi design avendo avanti a sé un mondo ancora inesplorato e pronto ad un’evoluzione incredibile. Lo sviluppo delle tavole ha subito in pochi anni la stessa evoluzione dei surf, dalle prime tavole pesanti e poco agili a modelli custom e personalizzati.
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dalle origini ai giorni nostri
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La scena ovviamente incuriosì tutti e infatti non smisero di osservare quell’uomo che si stava facendo delle lunghe passeggiate utilizzando proprio la pagaia e remando come un gondoliere lungo tutta la costa. La sua marcia era rapida tanto che in meno di 5 minuti aveva già percorso un bel tratto di spiaggia ma la bellezza che attirava lo sguardo era la tranquillità con la quale quell’uomo viveva il mare, il contatto che egli aveva creato con la natura e la possibilità che egli aveva di osservare un panorama nuovo, la terra vista dal mare senza la foga di non perdersi un’onda e senza la difficoltà di mantenere l’equilibrio. Il gruppo di amici iniziò a discutere di quanto sarebbe stato bello avere una tavola del genere in Puglia con le sue mille calette nascoste e con i suoi innumerevoli posti incantevoli e quanto ci si sarebbe divertiti anche sulle onde (di questa conversazione c’è un video a testimoniare le loro dichiarazioni). Mentre la discussione continuava lo stand up paddler aveva raggiunto la line up e stava surfando in maniera esemplare. Rimasero tutti sbalorditi della versatilità di questa tavola ottima per le passeggiate lungo la costa ma anche per cavalcare le onde e quindi attesero che quell’uomo misterioso uscisse dall’acqua e fu così che Giampaolo Cammarota, italiano trasferitosi a Maui anni fa, svelò la sua identità e decantò i pregi di quello che non era ancora SUP ma che si chiamava Big Board. Al loro rientro i quattro amici raccontarono quello che avevano visto e per la prima volta fece capolino in Italia una tavola da poter utilizzare con la pagaia.
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Nell’anno 2005 un gruppo di amici: Beppe Caldarulo, Nicola Abatescianni, Nicola Montenegro e Donato De Mola stava organizzando un viaggio a Maui. All’epoca in Italia non erano arrivate informazioni riguardo i big board quindi erano ignari di ciò che avrebbero scoperto durante quel viaggio. Un giorno mentre erano in spiaggia avvistarono in acqua un uomo che passeggiava in piedi su una tavola utilizzando un lungo remo.
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Ph. Giuseppe Repetto Da allora le aziende iniziarono ad investire su nuovi progetti e materiali e infatti nel febbraio 2006 Starboard lanciò la sua prima tavola oversize 12’6”x 30 con attacco del piede d’albero per la vela da windsurf, maniglia e attacco leash. Molte furono le critiche da parte dei distributori che ritenevano la tavola scomoda per il trasporto e poco utile. Ma tutto ciò non scoraggiò Svein Rasmussen, patron dell’azienda leader Starboard che non solo continuò la produzione della prima tavola ma realizzò un altro shape 12’2”x 28” in wood. Il mercato all’epoca stava subendo la piena invasione dei kite, il mondo del surf era in fermento e ruotava tutto attorno ad ali di materiali sempre più all’avanguardia e a tavole sempre più ridotte. In controtendenza l’idea dei distributori di vendere tavole ben più grosse delle tavole da windsurf, continuava a non attirare l’attenzione del pubblico.
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Vatea David a Teahupoo, Tahiti
dalle origini ai giorni nostri
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Prima gara di SUP in Italia durante l'I.S.E.
Bari Surfing Day
Era l’aprile del 2006 quando Starboard decise di investire ancora una volta realizzando un altro progetto: due shape, costruzione sportech. Nessuno immaginava quanto geniale fosse stata l’idea di mettere in produzione queste tavole, ma i numeri e i successi seguenti hanno confermato l’ottima scelta imprenditoriale dell’azienda. A maggio Starboard presentò una tavola innovativa, costruzione tufskin e dimensioni 9’8”, a giugno uscì sul mercato con il 9’0” in technora. Ad agosto fu presentata la prima collezione ufficiale di SUP, quattro modelli: 12’6”x30”, 12’2”x 28”, 9’8”x 30, e 9’x30”, ognuno di essi in 4 costruzioni differenti tufskin, sportech,, wood, technora. Progetto troppo innovativo per i tempi ancora poco maturi, tant’è che nessuno ritenne l’idea di Svein Rasmussen geniale, quindi per invogliare i distributori ad interessarsi alle tavole, venne organizzato un meeting in cui vennero invitate tutte le più grandi distribuzioni mondiali per provare le tavole. Un successo per quanto riguardò il meeting ma non tutti apprezzarono i progetti e ne capirono il potenziale.
Nel 2007 Link Distribution annunciò l’importazione delle prime due tavole da sup in Italia a tutti i negozianti del settore ma i risultati furono a dir poco disastrosi, nessuna risposta e solo tanto scetticismo. Pochi negozi in Italia ordinarono la propria tavola, solo per curiosità ma ben lontani dalla convinzione che questo prodotto avrebbe attirato un pubblico sempre maggiore. A Marzo arrivarono 5 tavole in Italia: tre 12’6” e due 12’2” e ad agosto altri due arrivi: un 9’8” e un 9’0”. E’ nel corso del 2007 che il nome passò da Big Board all’attuale SUP (acronimo di Stand Up Paddle). Siamo ancora nel 2007 quando il campionario venne fatto girare in tutta Italia, ma ancora poche risposte e poco interesse, solo un piccolo gruppo di persone non smise di credere in questo progetto: Nicola Abatescianni, Nicola Montenegro, Pasquale Gentile e Beppe Caldarulo. Nell’incredulità degli amici e dei negozianti e beffeggiati per la loro strana visione di un mondo del surf aperto a questo nuovo modo di vivere il mare, il loro entusiasmo e la voglia di crederci continua tutt’ora a coinvolgere sempre più gente.
SUP all'I.S.E.
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Chi criticava non avrebbe mai potuto immaginare quello che sarebbe accaduto di lì a poco. A fine anno 2007 sulla scena italiana surfistica si registrò ancora l’assenza totale del sup, mentre nel mondo iniziava il movimento e qualcosa iniziava a cambiare.
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dalle origini ai giorni nostri
All’inizio del 2007 Naish e Jymmy Lewis iniziarono la loro campagna di ricerca e sviluppo, fiutarono il nuovo business cercando di imporsi anche loro come pionieri dello sport. Studiando alcune forme di tavole old school, iniziò un vero e proprio studio degli shape e della distribuzione dei volumi. Anche loro intuirono che tutto questo poteva dar vita ad un nuovo sport. Nel marzo del 2008 il mercato si risvegliò, le aziende produttrici iniziarono a credere nel movimento SUP e iniziò una nuova era.
In America iniziarono ad organizzare le prime gare race, in Francia lo sport iniziò a spopolare, in Thailandia era ormai già ben consolidato. La diffusione a macchia di leopardo iniziò ad intravedersi. Nacque la pagaia per il paddle surf, un’attrezzatura appositamente creata per lo Stand Up con uno shape molto simile a quella usata nella canoa canadese con misure e lunghezze dell’albero ancora poco definite. Nel 2008 Naish presentò la sua collezione di tre tavole in tre costruzioni differenti: 10’6”, 11’6” in eva deck e 11’6” in wood. Le tavole presentavano una maniglia per il trasporto e l’attacco per la vela da wind surf mentre le pagaie ancora in continua progettazione presentavano una lunghezza eccessivamente ridotta. Nello stesso anno Jimmy Lewis presentò una collezione molto assortita, 5 modelli di tavole: allround, surf, gun, distance in colorazioni differenti. Starboard invece confermò le linee degli anni precedenti distinguendo la produzione di 5 modelli: Cruiser, Easy, Blent, Extremist in tre costruzioni differenti. L’innovazione partì ancora da questa azienda con la presentazione del primo 14’ della storia con timone, una novità nel mercato ormai sempre più fiorente, la prima tavola race della storia “The Point” divenuto punto di riferimento nello sviluppo di una nuova tendenza.
Anche Surftech iniziò a sviluppare e produrre tavole da sup. Partì in questo clima l’era della comunicazione dello stand up paddle. La pagaia divenne sempre più specifica con uno shape più avanzato, albero più alto e pale di diverse costruzioni e forme. Starboard ancora si confermò leader nel settore. Fu nell’estate 2008 che in una delle edizioni dell’ISE, grazie ad Alessandro Marciano si vide la prima gara italiana race ed un primo campione italiano Filippo Chiaretti in arte KIPO. Alla manifestazione fu presente un testimonial d’eccezione EKULU KALAMA, atleta e testimonial Starboard per il sup. Iniziarono le prime gare in Italia e a Bari si inaugurò la stagione estiva con il Bari Surfing Day che vide 15 partecipanti gareggiare per vincere una tavola messa in palio da un negozio del settore. Federico Piccinaglia a Varazze Ph: Marco Ferrando
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Il 2009 è stato l’anno della vera e propria esplosione, diverse le aziende che hanno iniziato a produrre tavole da sup. La presenza di questo sport all’interno delle manifestazioni diventa costante nonostante la curiosità mista ancora a scetticismo soprattutto per i surfisti più radicali. Sono le donne ad avere più interesse verso il sup, visto la facilità con la quale è possibile far sport senza particolari doti fisiche. Proprio in quest’anno il sup passa da semplice attrazione a sport. L’Italia surf expo organizza per il secondo anno l’unica tappa del campionato italiano sup specialità race che riesce questa volta a coinvolgere un pubblico sempre più grande tra i neofiti ma anche tra i personaggi di spicco di altre categorie che si interessano a questa nuova disciplina. Una ventina i partecipanti tra i quali Gianni Montagner, detto l’uomo delle traversate, esperto in sport da pagaia e tre personaggi ormai noti nel panorama nazionale Leonard Nika, Nicola Abatescianni e Beppe Cuscianna rispettivamente primo, secondo e terzo sul podio.
Federico Piccinaglia a Varazze Ph: Marco Ferrando
Da quel momento in poi lo sport è diventato un movimento di massa non solo sportivo ma culturale e sociale, molte sono le manifestazioni attive sul territorio nazionale e mondiale e molte le campagne di sensibilizzazione a favore del recupero sociale tramite il sup. In ogni parte del mondo ormai si organizzano eventi dedicati a questo sport, dall’Australia (il Noosa Festival), all’Inghilterra (l’evento sup a Brighton Beach), alla Francia in cui il Sup è diventato lo sport con il maggior numero di praticanti. In Italia siamo arrivati con un po’ di ritardo ma moltissime sono le iniziative organizzate lungo tutta la costa e non solo. Sappiamo di certo che un gruppo di persone ha presentato le dinamiche dello sport al CONI…I tempi sono maturi per rendere questo sport una vera realtà riconosciuta.
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Sean Davey Sean Davey ha iniziato, con una macchina
fotografica Kodak Instamatic 126. Dopo la scuola, un pomeriggio alla fine di ottobre del 1977, volle fotografare una piccola onda perfetta presso la sua casa sulla spiaggia in Australia. Non poteva immaginare che quel momento si sarebbe sviluppato in una ossessione permanente che avrebbe portato Sean a visitare molti luoghi, alla ricerca del suo mestiere di fotografo.
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Sean Davey
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mmagini perfette solo da guardare
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opra e sotto l’acqua. Il fotografo
sembra essersi fermato in una specie di terra di nessuno, per regalarci immagini, la cui cromia dell’aria e dell’acqua, si fondono magicamente.
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Testo e foto di Giuseppe Repetto
Flash Spot
Il caribe !
quante belle isole sparse per i carabi, nel 1999 ho avuto l’occasione di girale quasi tutte, quella che più mi è rimasta nel cuore è Barbados, un’isola piena di onde e di bella gente. Il clima è favorevole tutto l’anno, le onde sono di ottima consistenza e qualità, l’acqua è calda e cristallina, a dispetto delle altre isole dei dintorni si riesce a surfare lungo tutta la costa, da nord a sud, da est ad ovest, insomma una vera manna per chi è alla ricerca di una destinazione affidabile. Soup Bowls è lo spot più famoso dell’isola, anche il più affollato, la sua onda è grande e potente, molto impegnativa a causa di alcune rocce semi affioranti, oltre ai pochi locals in acqua si trovano surfisti da tutto il mondo, soprattutto nord americani. Considero la destra di Duppies una validissima alternativa, si trova nella parte nordovest dell’isola, è un’onda molto potente, con una corrente bastarda che mette a dura prova la resistenza delle vostre braccia, però nonostante questo è veramente divertente anche alle piccole dimensioni, consigliata a medio esperti, il suo nome evoca spiriti e fantasmi… !!! Nelle vicinanze ci sono altri spot molto belli come scenografia e qualità delle onde, sono tutti facilmente raggiungibili, come Maycocks, Tropicana, Sand Bank, North Point, Long Beach, giusto per citarne alcuni, ma vi sono onde surfabili lungo tutta la costa. L’isola è collinare, la gente è disponibile ed molto cordiale, è facile trovare un alloggio tramite l’ente del turismo, anche se chi va a Barbados, bene o male riesce sempre a trovare ospitalità dai locals, oltre al surf l’isola è famosa anche per la qualità dei suoi venti. Forte è l’influsso coloniale Britannico non solo nell’architettura, ma anche nell’organizzazione e nella compostezza delle persone, famosi sono i giardini botanici, ma soprattutto il famoso ed ottimo Rum. Questa secondo me è la meta ideale per chi è “costretto” a viaggiare con la propria compagna, infatti si unisce la qualità e consistenza delle condizioni per uscire in mare, alla grande varietà di posti da visitare, fare un bel giro di perlustrazione sull’isola ci fa capire in quale paradiso siamo arrivati, per affittare l’auto mi sento di consigliarvi di cercare dall’Italia, perché ho notato che, prenotando dal web si riesce a risparmiare un buon 30% sul prezzo.
Non perdetevi una gita nelle grotte di Harrison’s Cave, un trenino vi porterà nelle viscere della terra ad oltre 300 metri sotto il livello del mare a scoprire le immense cavità di roccia calcarea rosastra.
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SURFERS Magazine.it Summer 2011 Numero Zero della nuova edizione digitale di Surfers Magazine.it
CUROSITA’ Barbados è l’isola Caraibica più esposta ed immersa nell’oceano Atlantico è un’isola di sottovento, per questo ha venti caldi e frequenti che, generano onde per il surf e le giuste condizioni di vento per il Kite e Windsurf.
TAMPress Edizioni di Giuseppe Repetto UFFICI e REDAZIONE Via Ponza 6/3 16134 Genova IT Coordinatore Editoriale Giuseppe Repetto giuseppe@surfersmagazine.it Grafica e Impaginazione Enrico Saint Pierre di Nieubourg enrico@saintpierre.it Consulente Informatico Ing. Giorgio Gentile Ufficio Pubblicità adv@surfersmagazine.it Invio di materiale fotografico e testi: photo@surfersmagazine.it
La moneta locale è il Dollaro di Barbados, ma vengono accettati i Dollari Americani e le principali carte di credito, il fuso orario è -5 ore durante l’ora solare e -6 durante l’ora legale, inoltre la corrente è a 110V con prese a lamelle piatte. Fino al 1627, l’isola era disabitata, quando gli Inglesi la colonizzarono, popolandola con schiavi provenienti dall’Africa, l’isola fu scoperta nel 1536 dal portoghese Pedro Campos che le diede il nome di Barbados, rifacendosi agli alberi da ficus, che sembravano barbuti.
Hanno collaborato a questo numero in ordine di pubblicazione: Marco Delledonne, Enrico Saint Pierre di Nieubourg, Mike Neal, Marco Bosi, Photomaio, Peppe D'Urso, Andrea De Maria/RRD, Ovidio Ferrari/RRD, Mingho Art, Paolo D'Angelo, Luca Mennella, Adriatic Surf Club, Beppe Cuscianna, Alessandra Ferrara, Marco Ferrando, Sean Davey, Amleto Pane. Copyright TAMPress Edizioni di Giuseppe Repetto TAMPress Edizioni è titolare esclusiva di tutti i diritti di pubblicazione e diffusione digitale. L'utilizzo da parte di terzi di testi, fotografie e disegni, anche parziale è vietato. Tutte le immagini, i testi e i disegni pubblicati sulla seguente edizione, sono di proprietà dei rispettivi Autori.
Alessandra Martino Ph. Amleto Pane
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