Officinae Dicembre 2009

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Trimestrale internazionale di attualitĂ , storia e cultura esoterica Anno XXI - Dicembre 2009 - numero 4


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2 L eclissi dei cavalieri Anna Giacomini

42 L universo inquietante di Bosch

Massimo Centini

4 Il Kali Yuga e il sepolcro del materialismo

50 Aceptar bisogna della Morte il guanto

Luigi Pruneti

Douglas Swannie, Mario Toscano

10 Il futuro europeo delle associazioni

56 E farai in modo che niuna strega viva

16 Storia vera, oltre la storia condivisa

60 Uno spaccato storico

22 Del carattere filosofico della Massoneria

64 L approccio massonico...

Sergio Ciannella

Aldo A. Mola

Renato Ariano

Maria Riolo Cutaja

Maurizio Galafate Orlandi

Alessandro Arrighi

26 Tra Madre -Vergine o Dea

68 Ars audiendi

30 Il passaggio sacro a Giano

70 La vita è una canzone

34 La porta alchemica

72 In Biblioteca

36 Ermete Trismegisto nel Duomo di Siena

79 Fregi di Loggia

Silvia Braschi

Barbara Fabbroni

Michela Torcellan

Anna Maria Cadel

Anna Giacomini

Raffaele Mazzei

Recensioni Voltaire Poesia


L eclissi dei cavalieri Anna Giacomini

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eniamo da secoli di civiltà durante i quali il cristianesimo e l umanesimo hanno offerto direttamente ed indirettamente stimoli e valori su cui la società ha tessuto le maglie di un complesso sistema di norme. In cima alla scala dei valori sulla quale misuriamo le nostre azioni e le nostre scelte, poniamo oggi in modo non discutibile i diritti dell uomo. Ma dare un occhiata alla storia dei rapporti interpersonali può aiutarci a comprendere meglio il senso di queste regole, non sempre corrispondenti a leggi scritte, quanto piuttosto ad usi invalsi nel costume. Poiché i Codici ci hanno trasmesso le regole del lecito e le caratteristiche del reato, in essi l uomo può trovare il frutto di un pensiero morale antico rielaborato attraverso il corso della storia.

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Vive però accanto a questi testi basilari della nostra civiltà tutta una serie di usanze e di abitudini, anch esse fondate su antichissimi concetti morali, che, se violarle non rappresenta certo un reato, vengono intese come un vero e proprio codice non scritto. Esse sono l espressione dei valori che la Tradizione ci ha trasmesso e pur appartenendo all umanità in senso lato, sono stati il punto di forza della Massoneria dal suo nascere. Nella civiltà occidentale questo sistema deontologico di remotissima origine è stato oggetto, fin dall inizio dell età moderna, dello studio di alcuni uomini di pensiero, che oggi rappresentano i referenti storici per chi si spinga in una dolente analisi della nostra società. Da essi apprendiamo come nella più lontana antichità alcune categorie particolari si distinguessero

per la pratica di virtù non comuni. Un trattato del 1583 di Francesco Sansovino [Della origine de cavalieri, Vinegia 1583, p.3] descrive in modo esaustivo la configurazione morale dei primi cavalieri e queste sono le sue parole: ...furono fatti del popolo molti millenarii, cioè molte schiere di mille huomini per una e di ciascun millenario fu eletto uno huomo, il più affabile, il più savio. Il più leale, il più forte et di più nobile animo, di più virtù et di migliori costumi che tutti gli altri della sua schiera. Appresso questo fecero cercare di tutte le bestie qual fusse la più bella, la più corrente....et elessero il cavallo. Lo donarono a questo huomo, il quale fra mille scelto per il migliore fu chiamato Cavaliero, quasi che avessero congiunto il migliore animale col più nobile huomo... Et furono eletti tutti quelli che erano forti, con


molta virtù, leali et pietosi, acciocché fussero scudo di difesa alle genti semplici contra l altrui forza. Secondo lo scrittore tutto ciò risalirebbe agli inizi della storia di Roma quanto il mitico Romolo dette la prima impronta al giovane stato. Certo le cose non andarono in modo tanto schematico, ma il testo ci dimostra come si attribuisse già ai più antichi legislatori il desiderio di dare spazio alla virtù ed alla nobiltà dei comportamenti facendone addirittura una discriminante per la scelta dei capi. Solo all uomo più saggio e più virtuoso, più forte e più generoso poteva essere riconosciuta la dignità del capo. Va da sé che la virtù, in questo modo di concepire la struttura della società, veniva a rappresentare un modello necessario a chi volesse emergere. Altrove Sansovino afferma: Però al Cavaliero si conviene essere animoso et prode huomo, acciocché possa perseguire i malvagi. Senza paura di pericolo alcuno che gli possa avenire. Dunque vengono ricercati il coraggio e la capacità di affrontare il pericolo per sé ed a beneficio degli altri. Questi concetti percorsero trasversalmente i tempi e da valori

attribuiti ad una storia aurea avvolta nella leggenda, divennero virtù ricercate con tenacia dal medioevo in poi nelle società cristiana ed islamica, fino ad approdare, come abbiamo visto, al cinquecento, il periodo dei trattati che teorizzavano la perfezione dell uomo e ne elencavano i requisiti. Ma non si fermarono lì, proseguirono ad evolversi fino all età contemporanea. Poi, adesso, l eclissi del cavaliere nell ambito del Kali-Yuga, di cui parla il Gran Maestro. Il mondo contemporaneo offre allo sguardo dell osservatore curioso un ribaltamento di valori. Il potente non è colui che offre l esempio della virtù, è invece colui a cui tutto è permesso, a legibus solutus, privo di vergogna. Il coraggio non si applica più alla difesa delle categorie deboli o degli ideali, è divenuto faccia tosta , arbitrio. Cosa resta di tutto il nostro passato oggi? Valgono ancora le stesse regole? Forse nella mente di chi non gestisce il potere queste rimangono come una base da accettare senza neppure discutere, ma per chi invece il potere lo usa perché ne ha fatto l obiettivo del proprio vivere, sembra che tutto il trascorso sia diventato come

un vecchio cappotto usurato, ormai buono solo per le tarme. Sempre più viene da pensare che l alta scuola valoriale, proposta dalla Massoneria per il perfezionamento dell uomo, potrebbe aiutare molto a riportare le cose al loro posto. L impegno massonico è sempre più attuale e può essere sempre più incisivo, se ne vengono conosciute le opere. Per seguire dunque una vocazione di trasparenza e di diffusione dei principi della Libera Muratoria, Officinae esce nelle librerie specializzate con questo numero di dicembre 2009. Si tratta di un impegno preso da tempo ed oggi il direttore editoriale, il Gran Maestro Luigi Pruneti, dà il via all operazione, che non è solo diretta alla visibilità del nostro lavoro, quanto piuttosto alla conoscenza del nostro approccio alle scienze umane. Dal prossimo numero (marzo 2010) verrà pubblicato l elenco delle librerie dove sarà possibile acquistare Officinae. a Un buon Solstizio d inverno e l augurio di un ottimo 2010 dal vostro direttore. P.2-3: Eos, collez. priv.

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el Dicembre del 1999 fummo impotenti vittime del tormentone mediatico del secolo: l avvento del terzo millennio. Per oltre un mese siamo stati bersagliati dalle celebrazioni delle magnifiche sorti e progressive della nuova era. I magazines di divulgazione scientifica si affannavano a beatificare i futuri traguardi della ricerca: robotica, nanotecnologie, ingegneria genetica, fusione fredda, combustibili puliti avrebbero riportato l Eden sulla terra. Anche i conflitti con lunghe liste di vittime sarebbero divenuti un ricordo, forse imbarazzante, del passato. Le armi del futuro, come le granate a palle di gomma, i cannoni a infrasuoni, le schiume immobilizzanti avrebbero, difatti, trasformato la guerra in una conta di prigionieri; gli ordigni convenzionali, quelli che fanno morti, sarebbero rimasti chiusi negli arsenali a fare da deterrente. Gli orizzonti del Terzo millennio, infine, sarebbero stati più tolleranti e democratici, giacché, affermava il futurologo Peter Schwartz, i mezzi di comunicazione avrebbero impedito la censura su abusi e nefandezze di ogni genere. Passò meno di un anno e venne l 11 Settembre a spazzar via brutalmente il teatrino delle illusioni. Quel giorno scoprimmo esterrefatti che era in corso una terza guerra mondiale e il futuro diventò all improvviso incerto, mentre al mattino, nei bar, fra un cappuccino e una brioche, le discussioni sulle armi batteriologiche, su Al Qaida e Osama Bin Laden presero il sopravvento sulle vicende del campionato. L ansia del pianeta iniziò da allora a salire

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ed è esplosa quando dalla cornucopia della globalizzazione è uscita una crisi economica senza precedenti. Oggi, quando in Italia il rapporto deficit/pil è al 5,8% e la cassa integrazione è aumentata del 292% (Marzo 2009), un forte vento di millenarismo alita ovunque e antiche e nuove profezie ottengono sempre più credito. La fine del Lungo Computo, uno dei tre calendari Maya che prevede la fine dell attuale ciclo temporale per il 21 Dicembre del 2012, trionfa sulla rete e molti si affannano a cercare conferme di un apocalisse prossima ventura negli scritti messianici di ogni epoca e cultura. Nessuno è dimenticato. Si va dai papiri egizi del regno di Ramsete II a Malachia, dai libri profetici vetero e neo testamentari all avvento del Budda Maitreya, dall Avodah Zarah del Talmud al Ragno Nero; per non parlare poi della Monaca di Dresda, di Basilio Cotterell, di Immannuel Velikowsky, di San Padre Pio e delle rivelazioni della Madonna di Fatima. A dire il vero l uomo è ormai abituato a paventare la fine del mondo; ogni età ha temuto un apocalisse. La si percepì al tramonto dell Evo antico quando Agostino, fra le scorrerie dei Vandali, visse lo sfacelo dell Impero, la si colse allo scadere dell anno 1000, la si sentì prepotente due secoli più tardi, sulle ali della predicazione gioachimita e fra i timori per l eresia e le orde di Batu Khan. Altre ansie vi furono nel secolo di ferro con le guerre di religione e nell Ottocento, l età delle chiese millenariste di Wiliam Miller, Charles Taze Russell, Velson Barbour. Anche il Novecento ha avuto i suoi vati, inquadrati nel fenomeno del New Age e del Next Age banditori delle irneriche profezie acquariane, mentre ora altre più fosche ne stanno spuntando nel cono d ombra del fatidico 21 Dicembre 2012. Ritengo estremamente improbabile che quel giorno un malvagio asteroide colpisca la terra o che un improvviso spostamento dell asse terreste scateni il pandemonio, uno sconvolgimento planetario è tuttavia già in atto, originato dai mutamenti socio - politici ed economici che ha generato l età della globalizzazione. Quasi tutti oggi imputano la crisi attuale al crollo dei valori, io stesso qualche tempo fa scrivevo: La contemporaneità è stata l omicida prima e poi il necroforo [di una dimensione umana della società], trasformandoci in consumatori, attori - marionette posti su quel grande palcoscenico chiamato mercato. I valori si sono di conseguenza smarriti. Sono


rimasti sì di fronte a tutti ma con la stessa concretezza di un apparato scenico. Anche l aspirazione alla felicità è stata mercificata dall aspettativa di possedere qualcosa di più, che ha creato un pneumatico vuoto interiore. Il cosiddetto benessere, quando è limitato ad una maggiore possibilità di consumi comporta quello che è sotto i nostri occhi: il branco che sostituisce il bisogno di appartenenza, l esaltazione del futile, l indifferenza, il darwinismo sociale, il sistema mondo governato dalla cupidigia, il crollo dell eticità, la fragilità emotiva, l entropia della partecipazione e la tendenza all egotismo . Ma quale sarebbe stata l origine prima di questo crollo dei valori? Diversi anni fa l interesse filosofico prevalente si spostò dall epistemologia all etica e fra gli esponenti di punta del nuovo corso emerse la figura di Alasdair MacIntyre particolarmente critico nei confronti dell Illuminismo e del pensiero liberale. Per il filosofo scozzese il pensiero dei Lumi attribuisce un valore unitario e universale alla ragione, di conseguenza sussiste una conoscenza certa del creato e siffatto scibile tende ad estendersi in modo omogeneo, attraverso l addizione di sempre nuovi saperi. La fiducia nella ragione comportò la rinuncia ad un qualsivoglia rapporto fra etica e metafisica (etsi Deus non daretur) giacché si rifiutava il concetto che l uomo possieda un essenza che definisce il suo fine . Logica conseguenza di tale impostazione fu l abbandono della tradizione classica, ad iniziare dalla dottrina delle virtù di Aristotele e dall etica tomistica. Il punto di arrivo del percorso illuminista fu l approdo al dissolvente metodo genealogico nietzchiano (Genealogia della morale) che s incentra sulla negazione di un idea di verità assoluta, da qui prima il relativismo quindi lo smarrimento etico. La critica di MacIntyre, seppur condotta su un piano diverso, non si discosta molto da quella di Guénon che coglie nell Umanesimo e nel Rinascimento l inizio di un processo degenerativo, simboleggiato dalla rivolte des Kshatriyas . Siffatta involuzione in senso antitradizionale si acuisce con l Illuminismo per giungere fino Nietzche ou sous les aspects d un savant chétif, c est la déification du Surhomme (J-M. Allemand). Pertanto l età contemporanea è il momento più buio del Kali-Yuga, è il periodo del dominio delle forze psichiche che stanno conducendo la nostra società verso l infraumano: Nous soyons entrés vraiment dans la phase finale du KaliYuga, dans la période la plus sombre de cet age

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sombre dans cet état de dissolution dont il n est plus possibile de sortir que par un cataclysme car ce n est plus un simple redressement qui est nécessaire, mais une rénovation totale (R. Guénon, La crise du mond moderne). Io non credo che le tenebre attuali abbiano origine dall Illuminismo e tanto meno dal Rinascimento. Secondo me, l endemica rivolte des Kshatriyas si è conclamata in un momento molto più vicino a noi, quello del bipolarismo. Specie nella fase della guerra fredda, molti pensatori teorizzarono un liberalismo assoluto. Da John Rawls a Robert Nozik furono diversi coloro che auspicarono una totale indipendenza individuale, di fronte alla quale lo stato doveva garantire un atteggiamento di neutralità, non ponendo né limiti, né freni. Scriveva Ralf Dahrendorf: L elemento morale del liberalismo è la convinzione che è l individuo che conta, [...] la difesa della sua incolumità, lo sviluppo delle sue possibilità, le sue chances di vita [...] Parimenti il singolo con le sue motivazioni e i suoi interessi [è] la forza trainante dello sviluppo della società . La fede nel radical-liberalismo trionfò quando lo sfacelo dei paesi comunisti portò al crollo del bipolarismo. Sulle macerie del muro di Berlino il capitalismo celebrò se stesso e, incensando l economia globale, accolse nel mercato un miliardo di nuovi consumatori e i capitali fino a quel momento congelati nelle riserve degli stati d oltre cortina. Fu allora che il Washington Consensus diventò la bibbia della politica economica e che il W.T.O. impose ai propri membri, fra i quali nel 2001 entrò la Cina, l abrogazione di ostacoli al flusso globale. Il pianeta insomma diventò una sorta di colossale leviatano economico, nelle cui vene circolavano velocemente e liberamente prodotti e merce, crediti e debiti. In quel flusso però si annidava il virus della tecnofinanza che ha portato alla febbre di oggi. Bisogna pur dire che tuttavia, come l iperpiressia è utile per diagnosticare uno stato patologico, così la crisi attuale ha denunciato l insorgenza di una gravissima patologia: il Kali-Yuga dei valori e delle idee che viviamo e vivremo fino a quando non vi sarà un nuovo avatara dello spirito. La fonte di tutto ciò non è stato il Rinascimento o l Illuminismo giacché questi non sono stati passaggi nodali di un evoluzione senza soluzione di continuità; il vissuto della cultura occidente è stato, infatti, un ruscellare di fiumi diversi, è avvenuto però che dal secondo dopoguerra in poi, tutti i rivi si sono


prosciugati lasciando scorrere solo il tecnopensiero materialista corollario dell eudemonismo etico. L uomo non può vivere incanalando la propria esistenza sul mero piano del contingente, ha bisogno di rapportarsi ad orizzonti più alti seppur difficilmente definibili. È da lì che egli trae la forza dell attesa e della speranza, è da lì che enuclea la forza di quei valori che offrono concretezza normativa ai rapporti fra il sé ed altro da sé. Nel corso del Novecento i sistemi politici, che identificavano lo sviluppo della scienza con i propri sogni di potenza, hanno coltivato e incoraggiato gli orizzonti di pensiero ai quali prima accennavo. Questi sono diventati dominanti e, istituzionalizzandosi, hanno di fatto bandito come inutile sospetta o addirittura pericolosa qualunque speculazione nella dimensione dello spirito. La ghettizzazione dell animico da parte delle forze psichiche è stato potenziato dall evidente asservimento di gran parte dell intellighenzia all uno o all altro blocco ideologicopolitico-economico. Ne è fuoriuscito un deserto spirituale dove i valori si sono via via seccati, il mercato è diventato l unico motore dell universo e l uomo si è trasformato in un consumatore che, a seconda i casi, va catturato, blandito, minacciato, rassicurato. Questo consumatore costretto a vivere in una dimensione che tende all infraumano è una vittima del Kali-Yuga dell anima, simboleggiato dalle sette torri del diavolo di cui trattò René Guénon nel 1935, recensendo Adventures en Arabie di Seabrook e l anno dopo scrivendo a Vasile Lovinescu. Le torri, centri della contro-iniziazione , la cui collocazione coincide con i luoghi della terra più a rischio da un punto di vista geopolitico, emanano alle soglie del Terzo Millennio la loro luce oscura, come l occhio di Sauron dalla sommità di Barad-dur. Quando l uomo riuscirà a riconquistare la dimensione dello spirito, le nebbie del Kali-Yuga evaporeranno e il simbolo delle sette torri non sarà più maestro d inquietudine e di smarrimento. Gli anni venturi, dunque, potranno trascinarsi nell oscurità sempre più fitta delle tenebre o essere l alba luminosa di un nuovo giorno, tutto dipenderà dall uomo e dalla sua volontà di uscire dal sepolcro del materialismo.

Gran Maestro

P.4: Marte, cratere Victoria; p.5: La dea Kali e lo skyline di Manhattan; p.6: Maschera funebre dal corredo di Tutankamen; p.7: Maschera Maya; p.8: Buddha thailandese, scultura lignea dorata; p.9: Acquarius, incisione, XIX sec.

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Il futuro europeo delle associazioni Sergio Ciannella

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o sviluppo della Massoneria è legato all assetto normativo del diritto di associazione che, per risultare effettivo, non può ridursi ad un riconoscimento formale, ma deve fissarne i contenuti e indicare gli strumenti perché possa essere esercitato efficacemente. La compatibilità delle leggi è infatti la condizione prima per operare serenamente e laboriosamente in Loggia e trasferire nel sociale il frutto di questo impegno, che si concreta nell assimilazione e propagazione di principi benefici per la società. La Massoneria è una sorta di palestra dove si esercitano mente e spirito, dove i liberi muratori si formano come "atleti" del libero pensiero, messaggeri di principi etici. Richiede perciò condizioni favorevoli che solo una libertà codificata e un assoluta indipendenza dai poteri di qualsiasi genere possono garantire. La legge può essere contraria, indifferente o favorevole alle associazioni e quindi alla Massoneria, che per la sua tradizione, il suo prestigio, la sua riservatezza, la sua estensione a livello mondiale, rappresenta una realtà che non può sfuggire all attenzione dei pubblici poteri. Secondo il grado di libertà e democrazia raggiunto lo Stato assume perciò un diverso atteggiamento verso questa Istituzione. Nei primi due casi, quando cioè vi è aperta ostilità verso la Massoneria o, come attualmente in Italia, sospettosa indifferenza, si dà via libera a ben individuati fenomeni di antimassonismo che si manifestano in divieti, azioni persecutorie, pregiudizi, discriminazioni, irrisione. Nel caso invece di atteggiamento favorevole o di semplice tolleranza, come nei Paesi europei che non hanno subito dittature nel corso del XX Secolo, si afferma una crescita dello spirito laico della Nazione e i principi di libertà, uguaglianza e fratellanza, diventano fondamento della società civile, come nel caso degli Stati Uniti d America nati sotto gli auspici della Massoneria che influenzò con le sue idee la Carta Costituzionale e lo

spirito della nuova Nazione. L Italia non si è ancora liberata delle ostilità verso la Massoneria, maturate in due diversi ambienti, entrambi influenti sulla società, quello cattolico e quello marxista. Il primo si radica nel periodo risorgimentale, nella memoria non cancellata del risentimento della Chiesa verso i patrioti massoni che furono nemici dello Stato Pontificio, il secondo si forma sulla base della inconciliabilità tra l idea politica di lotta di classe ed il principio di tolleranza propugnato dai liberi muratori. Ciò spiega perché, malgrado il superamento del ventennio fascista e dei divieti posti da quella dittatura, una volta approdata ad un sistema democratico l Italia conservi tutt oggi un sostanziale sfavore verso le associazioni in generale e la Massoneria in particolare. Il riconoscimento formale della libertà di associazione, sancito dall art. 18 della Costituzione repubblicana in vigore il 1° gennaio 1948, è una enunciazione di principio cui doveva far seguito una normativa che garantisse concretamente l esercizio di questo diritto fondamentale, attraverso la statuizione di facoltà, prerogative, garanzie e modalità. Fino ad oggi il legislatore non ha affrontato la problematica in maniera positiva, ma con l unico intervento occasionato dalla vicenda della Loggia P2 e sfociato nella legge 17/1982, si è limitato a definire il concetto di segretezza, indicando i casi nei quali vige il divieto di associazione. Il Governo che sollecitò l approvazione di questa legge, in un clima politico condizionato dallo scandalo della P2, infatti non si preoccupò di altro che di definire ciò che non è lecito, ma si guardò bene dal dare contenuto ad un diritto che oltre ad essere garantito dalla Costituzione, dovrebbe essere bene protetto dallo Stato, in quanto interesse della collettività. L attuale carenza normativa comporta non poche difficoltà all attività massonica ed al suo regolare svolgimento, sia sul piano strettamente giuridico che su quello sociale. In mancanza di un formale riconosci-

mento della organizzazione massonica e degli atti che la medesima pone in essere, il rapporto con l ordinamento giuridico risulta particolarmente complicato. Inquadrata con altre importanti formazioni, come i partiti e i sindacati, nell ambito marginale delle associazioni non riconosciute di cui agli articoli 36, 37 e 38 del Codice Civile, l Istituzione, che fonda invece la sua esistenza su statuti e regolamenti a carattere iniziatico, poco compatibili con le scarne regole di un codice emanato nel corso della dittatura fascista, che non intendeva certo favorire l associazionismo, stenta ad adeguarsi alle leggi dello Stato e spesso è costretta a creare una interfaccia con l ordinamento statuale, per gestire più agevolmente i rapporti giuridici. È il caso della Gran Loggia d Italia degli A.L.A.M. Palazzo Vitelleschi, che per conservare integro il suo carattere iniziatico, si è dotata di una struttura conforme alle leggi dello Stato, denominata Centro Sociologico Italiano, in grado di facilitare l attività sociale ed assumere senza forzature la titolarità di diritti e doveri. L assenza di regole produce danni anche al nome e all immagine della Massoneria che, privata di adeguata tutela, vede messo a repentaglio il patrimonio storico, tradizionale ed iniziatico che ha amministrato negli ultimi tre secoli a beneficio della società, formando cittadini liberi, probi e filantropi. L attuale ordinamento in pratica permette la spregiudicata ed incontrollabile proliferazione di gruppi che, privi di storia e qualificazione, talora legati al malaffare, si appropriano indebitamente della denominazione Massoneria , inventando sigle che si confondono con quelle delle Obbedienze storiche come Gran Loggia d Italia , Piazza del Gesù , Grande Oriente d Italia , per sfruttare l indubbio prestigio legato a tali nomi ed agire al riparo da qualsiasi controllo. Anche se l opinione pubblica comincia a rendersi conto delle mistificazioni e distingue questo fenomeno associativo come Massoneria deviata , il prestigio

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dell Istituzione ne resta in tutti i casi vulnerato. La Massoneria italiana, riconosciuta dai mass-media come Massoneria ufficiale deplora ogni forma degenerativa che tradisce la nobile tradizione muratòria e individua in una corretta definizione legislativa dei contenuti del diritto di associazione la formula che possa garantire dignità e rispetto alle Obbedienze che praticano la vera Massoneria. Questa è la posizione che da tempo ha sostenuto la Gran Loggia d Italia degli A.L.A.M. Palazzo Vitelleschi, che attraverso studi e ipotesi di riforma del settore associativo (v. proposta di legge n.3300 del 1997), ha cercato di sollecitare l attenzione dei pubblici poteri, ma senza alcun risultato, mancando un concreto interesse della parte poli-

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tica all attuazione dell art. 18 della Costituzione. La consapevolezza di questo disinteresse, che non lascia sperare in una soluzione legislativa a breve termine, ha spinto l attuale Sovrano Gran Commendatore Gran Maestro della Gran Loggia d Italia, Prof. Luigi Pruneti, a ricercare sbocchi alternativi, che portano alla Comunità Europea. Così, nel corso del 2009, Pruneti viene chiamato a far parte, nella sua qualità di Gran Maestro, del Bureau des conseillers de politique européenne che riunisce le organizzazioni non confessionali, tra le quali le Massonerie liberali di Italia, Francia, Belgio, Spagna, Portogallo, Grecia. Nel primo incontro del 29 giugno 2009, il Commissario Barroso, presidente del Bureau, dichia-

ra l intenzione di mantenere un dialogo costante con le associazioni non confessionali e fa appello ad esse perché favoriscano, nello spirito del Trattato di Lisbona , lo sviluppo di un pensiero umanista, essenziale per la costruzione di un Europa non solo politica, ma anche etica. Presente alla riunione anche il Presidente del Parlamento Europeo il quale conferma la volontà dell Europa di dialogare con le associazioni non confessionali sostenitrici di valori, che hanno contribuito allo sviluppo di una Europa moderna e di lavorare insieme alla difesa della dignità umana. In quella circostanza il Commissario Barroso viene informato dal Gran Maestro Pruneti del vuoto normativo che impedisce in Italia la piena estrin-


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secazione della libertà di associazione e si impegna a rilanciare il progetto europeo che riguarda questa materia. L interesse dell Unione Europea al fenomeno dell associazionismo risale al 1984, quando il Parlamento Europeo approva per la prima volta una risoluzione sulla missione, amministrazione e regolamentazione delle associazioni nella Comunità Europea. Segue nel 1987 un parere dello stesso Parlamento Europeo. con invito alla Commissione a presentare una proposta di regolamento sullo statuto di associazione europea ad uso delle associazioni, il cui campo di attività si estende a più di uno Stato membro e delle associazioni nazionali che vogliono agire in comune a livello europeo. Nel 1991 la Commissione pubblica una ipotesi di

regolamento, modificato in seguito sulla base della legge francese (1901) e belga (1921) sulle associazioni. L accordo di Nizza del 2000 che avrebbe dovuto affrontare la questione, si occupa solo di società e cooperative, non delle associazioni. Se ne riparla invece nel 2004, nel progetto di Costituzione, che all art. I - 47 afferma il principio di democrazia partecipativa dichiarando: "Le Istituzioni dell Unione danno con strumenti appropriati ai cittadini dell Unione e alle associazioni rappresentative la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti gli ambiti di azione dell Unione. Le Istituzioni della Unione intrattengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative della società civile".

Nel 2005 la Commissione Europea predispone uno statuto di associazione europea, in seguito ritirato per il mancato accordo su alcuni aspetti fondamentali, tra i quali la definizione stessa di associazione. Il Parlamento Europeo nel 2006 impegna la Commissione a non ritirare la sua proposta relativa a una società mutualistica europea e ad un associazione europea. In un parere del 14 febbraio 2006 il Consiglio Economico e Sociale d Europa conferma che "lo statuto di associazione europea è uno strumento essenziale per l affermazione del diritto di associazione, quale libertà fondamentale consacrata nella Carta dei diritti fondamentali dell Unione ed espressione della cittadinanza europea". Il Trattato di Lisbona in corso di ratifica (manca solo la

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Diritto firma della Repubblica Ceca), che sostituisce il Trattato sulla Costituzione europea non adottata, all art. 8 B enuncia:" le Istituzioni danno con mezzi appropriati ai cittadini e alle associazioni rappresentative la possibilità di far conoscere e scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti gli ambiti in cui opera l Unione. Le istituzioni intrattengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile. Allo scopo di assicurare coerenza e trasparenza delle azioni della Unione, la Commissione Europea procede a larghe consultazioni delle parti interessate". A fronte della ferma volontà di dialogo delle Istituzioni europee, resta da definire quali siano le associazioni rappresentative e cosa si intenda per dialogo regolare. L elaborazione di uno statuto di associazione europea transnazionale dovrebbe essere uno dei "mezzi appropriati" rispondenti alla previsione dell art. 8 B del Trattato di Lisbona . Nel febbraio 2008, infine, in vista della presidenza francese dell Unione Europea, che fa della partecipazione dei cittadini una delle sue priorità, il Bureau del Consiglio Economico e Sociale d Europa affida alla sua Delegazione per l'U.E. l elaborazione di una comunicazione dal titolo Per uno statuto dell associazione europea . Dopo quattro mesi di lavoro, il 26 giugno 2008 viene pubblicata un ampia relazione-parere sull argomento, che traccia le linee guida per la istituzione di un modello europeo di associazione, che possa essere adottato da tutti i cittadini dei Paesi membri. Questo fondamentale documento, che nella prospettiva di valorizzazione del fenomeno associativo promessa dal Commissario Barroso, dovrebbe costituire la base di discussione delle iniziative che potranno essere adottate in materia, merita una speciale attenzione. Per comprendere il rilievo attribuito alle associazioni, basta leggere i principi ai quali si ispira il documento. Si afferma infatti che il diritto di associazione è un diritto fondamentale dei cittadini e nello stesso tempo un fermento attivo

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in seno allo spazio pubblico europeo. Le associazioni hanno quindi ogni ragione di pretendere uno statuto europeo. Le associazioni sono inoltre considerate attori-chiave nel favorire la cittadinanza attiva e la democrazia partecipativa. Il loro ruolo, nell'alimentare e animare la vita democratica europea, la cultura europea e il modello sociale europeo è largamente riconosciuto, così come risulta dal Trattato di Lisbona , che all art. 8 B ribadisce la necessità di dialogo civile e di partecipazione associativa. Ed è per questo che il Consiglio Economico e Sociale d Europa auspica con questo rapporto che la Commissione presenti un nuovo progetto di statuto delle associazioni europee transnazionali. Quanto alla realtà associativa sulla quale indaga il rapporto, l Unione Europea è vista come il paradiso della vita associativa e terra d asilo per le associazioni. Malgrado le differenze tra gli Stati membri, l U.E. registra infatti un grande dinamismo della vita associativa, che contribuisce alla mobilitazione di associazioni e organizzazioni a vocazione sociale. Tali organismi sono divenuti interlocutori dei poteri pubblici e nella maggior parte dei Paesi membri sono promotori di progetti, nonché partners dell Autorità pubblica. L indagine riferisce anche di uno studio della Sorbona sulla forte diversificazione del movimento associativo. A fronte delle punte massime che si registrano in Francia, che conta circa un milione di associazioni o in Finlandia dove vi è un rapporto con la popolazione di uno a cinquanta, la Lettonia e la Romania presentano meno di un associazione ogni mille abitanti. Si definiscono inoltre i diversi modelli: quello renano caratterizzato dall aggregazione professionale, quello anglo-sassone ispirato prevalentemente a scopi filantropici, quello scandinavo d'impronta lobbistica, infine quello mediterraneo , emergente, che riguarda i Paesi come Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, che avendo vissuto periodi di dittatura, sono in forte ritardo rispetto agli altri, a causa delle battute

di arresto in ordine allo sviluppo ed incoraggiamento della libertà di associazione. Ciò anche per quanto riguarda l arretratezza delle legislazioni in materia, che in alcuni Paesi, come la Spagna, si è conformata alle istanze liberali moderne con una legge del 2002, mentre in Italia resta inattuata per le ragioni indicate sopra. Lo statuto dell associazione europea di cui tratta il documento del Consiglio Economico e Sociale d Europa è una formula che consente di ottenere una rilevanza europea che si riverbera inevitabilmente, in maniera positiva, sulla posizione dell associazione nel Paese di appartenenza. I vantaggi che ne derivano sono di varia natura e rendono particolarmente appetibile questa scelta, specie da parte di quelle associazioni, come la Massoneria, che hanno vocazione universalista. Anzitutto va considerata la semplificazione amministrativa nelle attività associative, favorita dal riconoscimento europeo in tutti i Paesi membri. Nello stesso tempo il godimento degli stessi diritti accordati dalle varie legislazioni nazionali. Sul piano morale, una presa di coscienza della dimensione europea attraverso scambi culturali in qualsiasi ambito comunitario. Infine, l accesso di un associazione allo statuto europeo rappresenta un riconoscimento di forte significazione sul piano simbolico e fornirebbe un supporto concreto all approfondimento del dialogo con la società civile organizzata. La relazione contiene chiare indicazioni sui possibili sviluppi operativi dell iter che dovrebbe portare all approvazione dello statuto. Il percorso che conduce alla elaborazione e poi all adozione di una nuova proposta di statuto dovrà essere contenuta nel programma della Commissione, che di recente è stata rinnovata con la conferma della presidenza Barroso. Dovrà seguire uno studio d impatto e l adozione definitiva da parte del Consiglio e del Parlamento Europeo, secondo la procedura di codecisione prevista dal Trattato di Lisbona . Fermo restando il principio di sus-


Diritto sidiarietà, per il quale la normativa europea non si sovrappone alla legislazione nazionale, ma si limita ad integrarla offrendo una nuova opportunità alle associazioni ed un rilievo sovranazionale, i criteri richiesti per l adozione dello statuto europeo, nel documento rivestono un valore puramente indicativo, in quanto spetterà alla Commissione la loro precisa determinazione. Le proposte sono le seguenti: - Presenza di almeno cinque membri di cui almeno due appartenenti a diversi Pesi membri; - Indipendenza dell associazione dalla Pubblica Amministrazione; - Operatività che non riguardi interessi particolari e che non siano attinenti al diritto del lavoro; - Assenza di scopo di lucro; - Rispondenza a norme di qualità come trasparenza, legalità, democrazia, responsabilità. L ammissione allo statuto di associazione europea dovrebbe avvenire su domanda rivolta ad un agenzia posta sotto il controllo della Commissione e del Parlamento Europeo. L'aspetto di particolare interesse che introduce lo studio del Consiglio Economico e Sociale, è la possibilità accordata alle associazioni, di sottoporsi ad una selezione denominata labellissation, che rappresenta la condizione per partecipare al dialogo civile europeo su tematiche trasversali e su questioni sociali di natura globale. Il label, che corrisponde ad una sorta di certificazione di qualità, sarebbe lo strumento regolatore della rappresentatività dell associazione e verrebbe gestito da un apposito organo della Commissione e del Parlamento Europeo. Il documento rimette ai futuri Presidenti e alla prossima Commissione di adoperarsi perché siano messi in cantiere questo statuto dell'associazione europea e questa labellissation, che daranno all Europa un ruolo e una posizione vicina alle associazioni, nell aspirazione ad un vivere insieme più armonioso . L attuale assetto dei vertici europei lascia sperare nello sviluppo

di quest azione che, nelle dichiarazioni sia del Commissario che del Presidente del Parlamento Europeo rappresentano di già un preciso impegno. Resta da valutare la compatibilità del progetto con la posizione dell associazione massonica e, in particolare della Massoneria italiana che soffre della carenza di norme adatte alle proprie esigenze e alla tutela del suo prestigio. Quanto alla plurisoggettività, ovvero alla compresenza nella stessa associazione di almeno due associati di diversi Paesi dell Unione, l esistenza all Estero di Delegazioni e Logge italiane e la stessa colleganza con Obbedienze europee, dovrebbe rendere agevole il superamento di questa condizione. Parimenti scontata è la sussistenza nella Massoneria ufficiale di quelle norme di qualità richieste dallo studio europeo. Sulla trasparenza, Obbedienze come la Gran Loggia d Italia hanno già fatto grandi passi avanti. Senza rinunciare alla segretezza che attiene esclusivamente agli aspetti esoterici dell attività muratòria, l intensa attività congressuale, gli interventi presso le Istituzioni, i contatti ufficiali con ambienti esterni alla Istituzione e, non ultima, la pubblicazione dei dati nel Rapporto Italia 2008 a cura dell Eurispes, presentano alla società italiana ed europea una Obbedienza assolutamente trasparente e idonea a colloquiare con i vertici comunitari. Il XXI Secolo, tempo di crisi e di decadenza, chiama a raccolta le forze morali e spirituali, affinché contribuiscano al recupero di valori ed al progresso della società che seguirà all attuale oscuramento. Il nuovo ruolo della Massoneria dovrà essere ritagliato nel dialogo con le Istituzioni, ai massimi livelli, per ritrovare l'Umanesimo perduto. Ed è in questa prospettiva che si auspica e si attende un riconoscimento europeo in grado di superare gli ostacoli che le legislazioni nazionali frappongono alla libertà di associarsi e di dichiararsi liberi muratori.

P.10 -15: Aurora boreale, collez.privata.

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ontinua il gioco dei quattro cantoni. Chi per decenni ha epurato a piacere la memoria pubblica ora s indigna perché ne viene messo in discussione il preteso monopolio del verbo. Poiché lo sognava perpetuo, revisiona il revisionismo e ribadisce la propria verità assoluta. L imminenza del 150° della proclamazione del regno d Italia, declassata a unità nazionale , (che invero tardò sino all incorporazione di Fiume nel 1924 e durò meno di vent anni) sta scatenando umori antiunitari a lungo repressi. È il caso di apologeti del fondamentalismo clericale identico in tutte le confessioni religiose, come deplorava Giuseppe Garibaldi perseguitato da tutti i generi di preti , inclusi alcuni fratelli , che nelle Officine portarono la mentalità appresa tra i ceri delle sacristie nelle quali eran stati formati. Mentre il fervore italocentocinquantesco (povero di proposte convincenti e perciò giustamente messo a dieta dal Ministro dei Beni Culturali) langue

estatico senza frutti, i fondamentalisti di un papa-re che esiste solo nella loro fantasia rétro, rialzano i pallidi vessilli dell assolutismo ante e antirisorgimentale, ante e antiunitario, ante e antirazionale, ante e anti ogni forma di dialogo e di confronto tra persone reciprocamente rispettose. Poiché abyssus abyssum invocat, sull opposto versante ideologico scendono in campo a pretoni squadrati i custodi della memoria a senso unico per denunciare la verità negata . Con garbata ironia Sergio Romano ha giustamente osservato che la tenacia con cui alcuni storici difendono la loro verità mi è sempre sembrata una forma di dogmatismo . È esatto; ma vi è altro da dire. La verità storiografica corrente in Italia non è costruita non solo con quanto viene affermato, ma soprattutto dal modo in cui essa viene narrata e, ancor più, da ciò che viene omesso. Tra le pagine bianche della storia italiana la Massoneria continua a occupare la piazza d onore. Quotidiani e settimanali che si

sono occupati di Massoneria solo in termini scandalistici e sistematicamente ignorano i convegni e i saggi di storia della Libera Muratoria, per settimane si sono fatti in quattro per sponsorizzare il romanzo di Dan Brown: tanti annunci, nessun vero dibattito, l ennesimo modo per sgravarsi la cattiva coscienza da parte di chi per decenni ne ha fatto il capro espiatorio dei mali del mondo e ha solitamente titolato a piena pagina avventure e disavventure di circoli e gruppuscoli sedicenti massonici come fossero la Massoneria universale. La letteratura antimassonica in Europa e, di riflesso, in Italia ha superato da secoli le vette della più sfrenata fantasia. Perciò nessun romanziere delle due sponde dell Atlantico ha molto da aggiungere a Lefranc, Barruel, Taxil, Preziosi... né agli atti della Commissione parlamentare d inchiesta che dopo due anni di sedute, interrogatori, perquisizioni e dibattiti serrati descrisse la Loggia Propaganda Massonica n.2 come quale filtro di una doppia piramide comu-

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nicante suo tramite. La massonografia tarda a sollevarsi dal greve volume XXV degli Annali della storia d Italia (Einaudi), che non propose molto di nuovo rispetto a quanto da tempo acquisito e si premurò anzi di alzare steccati per separare la massonologia costruita sui documenti da quella falsa, ma politicamente corretta. Uscito dal cofanetto come l aspide dal cesto, il libro mescolò tra mito e realtà propinando ancora una volta la fiaba della genesi rivolu-

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zionaria e giacobina della Massoneria italiana cara ai seguaci di Augustin Barruel, ora in stola ora in grembiulino. Non consta che gli autori di alcuni saggi portanti di quell opera abbiano poi preso serenamente atto che il Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico e Accettato per l Italia venne fondato a Parigi (non a Milano: la geografia non è un opinione), nel quadro della creazione dell investitura di Eugenio Beauharnais a viceré d Italia, non già (come

si disse e viene ripetuto) con un progetto giacobino, rivoluzionario, antibonapartistico. Va anzi aggiunto che la costituzione della Dieta Massonica o Grande Oriente d Italia da parte del Supremo Consiglio di Francia rispose all intento di incardinare a Milano la Massoneria nazionale lasciando libero campo ad altre iniziative nel Mezzogiorno, ove di lì a poco Giuseppe Bonaparte, re di Napoli, istituì un Grande Oriente la cui Gran Maestranza poi passò al concognato Gioacchino Murat insieme con la corona. Lì va cercato il senso profondo dell adesione del Grande Oriente d Italia fondato e capitanato dal conte Teodoro Lechi alla nuova struttura varata a Milano il 21 giugno 1805. Il nuovo Grande Oriente d Italia di Eugenio Beauharnais rispondeva alla necessità di alzare un unica insegna massonica per l intero Paese, senza però una precisa indicazione di confini, sia perché questi erano e sarebbero rimasti indeterminati, a geometria e variabile e con molteplici cambi di dinastie, sia perché le Logge di varie regioni geograficamente italiane già erano e sarebbero state alla diretta obbedienza del Grande Oriente di Francia. *** La Gran Loggia d Italia ha ripetutamente


richiamato l attenzione su tali tematiche, con convegni e pubblicazioni quali Libertà e modernizzazione e nell opera a più mani per il bicentenario del Supremo Consiglio, comprendente la prima corretta trascrizione dell atto di fondazione del Supremo Consiglio scozzesista per l Italia. Nei cinque anni dalla sua pubblicazione quella messa a punto su storia e geografia non è stata né confutata né posta in discussione. Però è stata ignorata, perché scomoda. Fingere di non sapere conduce però al nanismo storiografico. A tale deriva vanno contrapposte alcune considerazioni elementari. Anzitutto va ricordato che la storia della Massoneria italiana dalle origini al 1908 non appartiene a questa o a quella organizzazione: è la storia di tutti. Se qualcuno ha documenti nuovi da proporre, otterrà il plauso universale. Va però respinta la pretesa di fare del passato una sorta di stuoino sempre più stretto e sempre più rosso (ma sempre più stinto) per asserire continuità che tali non sono. Tali criteri ricordano l apologetica di altri tempi, quando il fascismo impose la camicia nera a tutte le figure significative del passato prossimo e remoto, tutte ridotte ad antesignane del duce : da Mazzini a Foscolo e Alfieri via via risalendo sino a Dante e ancora e ancora. Codesta pretesa di usare

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la memoria quale piedistallo di un incerto presente elude i problemi storiografici che da anni in questa sede vengono affrontati e che si riassumono nella domanda di sempre: la storiografia sulla Massoneria è meramente descrittiva o concorre a individuare ciò che a pieno titolo può essere ascritto alla Massoneria e ciò che ne costituì (e costituisce) contraffazione? Un paio di esempi per essere chiari. Chi si occupa di storia del Cristianesimo parte dal presupposto che questo abbia una sua fondazione e che nessuno possa professarsi

cristiano senza riferimento a quelle fondamenta. Un cristiano non adotta quale proprio libro il Corano, né, viceversa, un islamico fa proprio l Antico o il Nuovo Testamento. Il dialogo interreligioso è certo una bella prospettiva, ma presuppone un minimo di chiarezza e di distinzioni elementari, diversamente non è confronto, bensì babele. Del pari chi decida di giocare a scopa con le carte da poker o chi pensi di giocare a bocce tirando a uno spettatore anziché al pallino sarebbe considerato quanto meno

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Storia José Miguel Delgado alla presidenza del cehme

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enticinque anni dopo averlo fondato e condotto sino al XII Simposio Internazionale di Almeria, José Antonio Ferrer Benimeli ha lasciato la presidenza effettiva del CEHME (Centro de Estudios Históricos de la Masonería Española) ed è stato sostituito da José Miguel Delgado Idarreta, suo stretto collaboratore sin dalla tesi di laurea. Docente all Università della Rioja, Delgado ha all attivo molti saggi di storia spagnola moderna e contemporanea. In collaborazione con José Luis Ollero Vallés nel 2009 ha pubblicato il volume El liberalismo en la época de Sagasta nel quale molti studiosi (Emilio la Parra, Carlos Dardé, Celso Almiunia, Ferrer Benimeli ...) mettono a confronto Gladstone, Giolitti e lo stesso Mateo Práxedes Sagasta, che fu tra i grandi riformatori della Spagna tra Otto e Novecento, con Nicolás Salmerón (18371908), il presidente della Prima Repubblica che si dimise per non firmare una condanna a morte, come documenta María Carmen Amate Martínez nel catalogo della eccellente mostra dedicatagli in Almería (ed. Istituto di Studi Almeriensi). Vicepresidente del CEHME è stato eletto Eduardo Enriquez del Arbol, di Granada, specialista di Massoneria in Andalusia e del mondo sefardita. Nel corso del XII Simposio su Massoneria: repressione ed esilio è stato presentato il volume degli Indices de Actas dei precedenti XI Simposi: 892 fittissime pagine di indici dei nomi, dei luoghi e per materia, un vero portolano per ripercorrere venticinque anni di studi e cogliere nuove piste di ricerca. Nell introduzione il suo curatore, Ferrer Benimeli illustra gli obiettivi, i criteri e le fonti dell opera che suggella un quarto di secolo di collaborazione tra il CEHME (tra i cui soci d onore vi è il prof. Luigi Pruneti) e gli altri centri di ricerca attivi in Europa e in America Latina, dal Messico all Argentina, da Costa Rica alla Cuba di Eduardo Torres Cuevas, dal CESM italiano all IDERM di Parigi e altri. Indispensabile per ogni ricercatore e studioso, l opera va richiesta al CEHME, Università di Saragozza o al nuovo presidente (prof. Delgado Idarreta, Barrera 14, 2600, Logrono). A.A.M.

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bizzarro. Lo stesso dovrebbe valere per chi pensi di occuparsi di Massoneria accogliendo come massonico lo sterminato mondo di quanti si sono proclamati massoni perché nessuno glielo ha potuto impedire o ignorando la separazione tra la Libera Muratoria e l azione di chi magari si allacciò il grembiulino ignorando del tutto identità, contenuti, storia dell Ordine. La casistica è amplissima. Oltralpe qualcuno (uno storico stanco) asserisce che la Massoneria è un contenitore senza statuti né distinzioni, che l iniziazione è una favola per bambini e che ciascuno è libero di inventarsi la Massoneria che vuole. In tal modo la Libera Muratoria diviene esposta a tutto e aperta a nulla. Una vescica. A tendenze storiografiche tendenti al ribasso va risposto che non v è alcun bisogno di storia condivisa , di abbracci in una notte della massonografia nella quale tutte le Logge sono... nere, cioè vuote. Vi è bisogno con urgenza di storia vera. Prossimamente documenteremo che intorno al 1875 un nucleo significativo di futuri alti dignitari (Grandi Maestri inclusi) di una organizzazione massonica fondò (e/o militò in) un

circolo politico cospirativo coperto, con obiettivi politici sovversivi. Quel circolo non era affatto Massoneria, anche se venne presentato come tale o come sua variante: esso non era che una maschera per progetti e imprese proprie del settarismo politico, estraneo all Ordine. Altrove separazione e differenze sono ormai acquisite. Nel XII Simposio della Massoneria, ancora una volta orchestrato da José Antonio Ferrer Benimeli, sono state presentate decine di relazioni su gruppi e gruppetti, persone e correnti che passarono (per un giorno, un mese, forse mai..) in una Loggia pensando di trovarvi strumenti e alimento per le proprie mire politiche: La loro - è chiaro sotto il profilo del metodo e del merito - non era Massoneria: era politica: e non ci si deve stupire se quelle persone e quelle correnti siano state combattute anche ad modum belli e siano state perseguitate da chi le perseguitò non tanto perché erano di massoni ma perché politicamente pericolose o comunque avverse. *** Lo stesso criterio vale, dovrebbe valere, per i casi nostrani. L Italia reca sulle spalle la


complessa e per molti aspetti ancora oscura vicenda dell unificazione nazionale: un parto con troppi padri putativi ma nessuna certificazione di origine controllata e garantita, come sempre più mette a nudo la disputa in corso sui modi per rievocarne il 150°. Per motivi comprensibili il Grande Oriente dell età di Lemmi, Nathan e Ferrari assunse Risorgimento, Unificazione e Terza Italia a legittimazione della propria genesi, del dovere presente (formula cara a Nathan) e dell identità. In tal modo l universale venne nazionalizzato, un percorso plurisecolare e soprastatuale fu piegato alle sorti di un progetto politico circoscritto nel tempo e nello spazio, nelle forme e nel linguaggio. Accadde quanto poi rilevò Jean Baylot in La voie substituée e osservò Rosario F. Esposito (troppo rapidamente dimenticato o quanto meno avvolto da silenzio compatto) a proposito della Gran Maestranza di Adriano Lemmi: grandi passi sed extra viam. Eppure i documenti dicono quale sia stata l intenzione vera dei sette Fratelli che l 8 ottobre 1859 formarono in Torino la Loggia Ausonia e intrapresero la lunga impervia strada per rialzare in Italia le colonne dei templi. Livio Zambeccari, primo Maestro Venerabile dell Officina, scrisse di propria mano le Costituzioni di Anderson e si pose in cerca degli Statuti Generali della Società dei Liberi Muratori del Rito Scozzese Antico ed Accettato pubblicati in Napoli nel marzo 1821 e detti del 1820 da quanti svagatamente non rilevarono che furono stampati il 23 dell XI mese dell anno di Vera Luce 1820. Pur avendo mani libere (nell autunno 1859 il regno di Sardegna era in una sorta di limbo: lontanissimo dall immaginare le fortune imminenti, non più francodipendente quale era stato nel biennio precedente, né filobritannico qual poi fu descritto) i padri (o Fratelli) fondatori del nascente Grande Oriente Italiano (poi d Italia) non inventarono affatto una massoneria ex novo, con norme e rituali coniati lì per lì (come poi fece lo sfortunato Ludovico Frapolli). Si posero in cerca, nella tetragona convinzione che in principio era l Ordine. Erano militari, politici, funzionari pubblici, negozianti, con tanto di trascorsi di cospiratori e battaglie. In Loggia però non si raccolsero per fare un partito di più, ma per rimanere al di sopra delle cronache di una stagione convulsa che rischiava di travolgere nella quotidianità, di confondere l Umanità, la

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Storia con alcuni uomini e accadimenti circoscritti. L anno seguente i pochissimi massoni attivi (sorprende che sinora non ne sia stato tentato il computo almeno approssimativo?) assecondarono il cammino che rapidamente condusse alla proclamazione del Regno d Italia: un traguardo non improvvisato proprio perché a sua volta mirò a ritrovare l Ordine al di là del caos di Stati crollanti dopo secoli di esistenza non sempre ingloriosa (era il caso del Granducato di Toscana, mediceo prima asburgico poi, mentre i Borbone erano a Napoli e a Parma da oltre un secolo). Su quelle vicende occorre dunque tornare, non per

intenti celebrativi di breve respiro ma proprio per donare alla storiografia la piena conoscenza (che sempre precede la coscienza) del ruolo effettivamente svolto dai massoni nel 1860-1861, una stagione da riscoprire alla luce di vicende emblematiche, quali per esempio la resa di Gaeta e quanto ne seguì: doveva essere l ora della pacificazione all insegna della ritrovata unità degli italiani. Se non accadde non lo si poté né lo si può addebitare ai massoni. P.16: Luce, (foto M.Badolato), collez. priv; p.17-21: Cartoline fin de siécle, collez. priv.

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iù di una volta mi sono chiesto quale fosse la reale funzione del linguaggio simbolico e, soprattutto, mediante quali processi psichici potesse essere fonte di insegnamento, in quanto ritenevo riduttivo pensare che si esaurisse in una mera spiegazionetraduzione del simbolo-oggetto, tipo: il grembiule rappresenta il lavoro oppure i guanti bianchi sono simbolo di purezza . Le domande erano in sé semplici, ma le risposte che di volta in volta mi davo, anche se ineccepibili nel loro contenuto, non riuscivano a farmi comprendere quale fosse il processo di formazione del simbolo, il ruolo che esso ricopre all interno del linguaggio in generale e di quello di un gruppo in particolare e, soprattutto, in quale maniera potesse aiutarci ad elevare il nostro spirito. Fu così che decisi di ricorrere alla scienza che studia i fenomeni linguistici in generale e la rappresentazione simbolica in particolare: la Semiotica. Il termine semiotica , inteso come disciplina autonoma, venne introdotto per la prima volta da Charles Sanders Peirce (1839-1914) che lo utilizzò per definire la scienza che avrebbe dovuto studiare i segni e la conoscenza simbolica collegata alla gnoseologia.

Successivamente, il filosofo del linguaggio Charles Morris (1901-1979), suddivise la semiotica in tre parti: -la Sintattica, che studia i rapporti di forma dei segni tra loro; -la Semantica, che studia la funzione dei segni dal punto di vista del rapporto che essi hanno con tutto ciò a cui possono essere applicati e cioè i rapporti dei segni con ciò che essi designano; -la Pragmatica, che studia i rapporti tra i segni e coloro che li utilizzano. Segno è qualunque elemento atto a suscitare nella mente un idea diversa da quella offerta dal suo immediato aspetto esteriore ma capace di evocarla, così come può evocare entità astratte e di difficile espressione in ogni tempo e luogo. Gli Antichi Romani, ad esempio, consideravano il saluto con la mano destra come segno di fiducia e di lealtà, essi offrivano la mano che avrebbe dovuto brandire la spada in caso di pericolo rimanendo in tal modo indifesi. Il saluto, offrendo la mano destra, era ed è tuttora un simbolo. L interpretazione del Segno avviene all interno di un contesto sociale e culturale in funzione dei processi cognitivi ed emozionali del soggetto che, essendone parte, con essi interagisce. Nello stesso periodo il linguista Ferdinand de Saussure (1857-1913)

per definire la stessa scienza utilizzò il termine semiologia che, sinonimo di semiotica , egli fondava sul presupposto che il segno unisce un concetto ad una immagine e ne individuò due elementi fondamentali: il significato ed il significante . Il significato consiste in una presenza psichica che è insita nell uomo ed esiste indipendentemente da fattori sensoriali, essa è pensiero, emozioni e sentimenti. Il significante , invece, è la forma esteriore che il segno assume permettendoci di distinguerli l uno dall altro e può essere costituito da parole, icone e simboli. L unione di questi due elementi venne ritenuta dal de Saussure una unione convenzionale in quanto scaturisce da un accordo sociale soggetto a mutamenti sia diacronici che sincronici. Diacronici perchè la vita sociale è in continua evoluzione ed il suo progredire implica conseguentemente che il significante si modifichi nel tempo e si accordi con il significato quale riflesso della realtà storica del momento. Sincronici perchè gli elementi costitutivi del linguaggio, prescindendo dal fattore tempo, si diversificano reciprocamente l uno dall altro secondo regole sistematiche. Il Segno segue passo dopo passo questa evoluzione e, ad ogni mutamento, cerca di

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rappresentare la nuova realtà. Il simbolo è il significante e la sua percezione, nella veste esteriore di oggetto, immagine o manifestazione dell animo umano, avviene a livello sensoriale ed è resa possibile dalle stimolazioni ambientali che si verificano nella continuità spazio-temporale in quanto prodotto culturale in evoluzione. Questo processo percettivo avverrà in frammenti che successivamente si ricomporranno e, nel momento in cui saranno entrati a far parte della sfera intima dell osservatore, verranno percepiti come stimoli, fonti di insegnamento e di conoscenza. Il Peirce stesso, non a caso, aveva parlato di conoscenza simbolica finalizzata alla gnoseologia. La tesi della frammentazione dell informazione è suffragata anche dall etimo remoto di simbolo che, all origine, venne utilizzato per esprimere il concetto di accostamento o di mettere insieme tutti i vari elementi che avrebbero successivamente costituito uno specifico tipo di insegnamento. Il linguaggio massonico utilizza la rappresentazione simbolica come mezzo di comunicazione e di insegnamento, è così che oggetti, parole e comportamenti diventano simboli in quanto manifestazioni esteriori di quel significato che risiede nella nostra psiche e che ci aiuterà a conoscere ciò che è già in noi stessi.

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Apprendere questo tipo di linguaggio è possibile se introdotti all interno di un Gruppo, nel nostro caso dell Istituzione massonica che, adottando una medesima forma di espressione, lo investe di significati particolari atti ad esprimere i propri ambiti concettuali. Una volta appreso questo modo di esprimerci comprenderemo che esso viene utilizzato per organizzare selettivamente i dati dell esperienza perchè il simbolo si forma dentro la storia in quanto prodotto ideologico di un contesto storicoambientale. Il segno-simbolo, è l espressione di questo linguaggio e può contenere più significati , esattamente quanti sono coloro che lo osservano, e solo se gli uni comunicheranno con gli altri, in totale fraterno accordo, avremo la possibilità di perfezionarlo e di arricchirlo contribuendo, così facendo, alla scoperta di nuove realtà conoscitive fonti di vita per l Istituzione massonica. Lungo i sentieri simbolici che attraverseremo la nostra attitudine psichica ne elaborerà una personalissima interpretazione, sempre e soltanto soggettiva, il cui risultato sarà reale, come pure lo saranno quelli di tutte le altre interpretazioni possibili, perchè il significato è espressione del nostro stato di coscienza formatosi mediante l uso di strutture simboliche che, trascendendo la

realtà fenomenica, diventano la guida del cammino iniziatico. La definizione di simbolo fatta da Plutarco ne mette in evidenza l universalità in una sintesi così essenziale che va oltre gli studi della semiotica ed appare in tutta evidenza frutto della sua sensibilità: - Il simbolo offre all occhio consapevole la reminiscenza dell idea posta a suo fondamento", perchè "un idea è un Essere incorporeo che non sussiste, ma che dà aspetto e forma alla sostanza informe ed è la causa della sua comparsa . Per concludere, una considerazione di Henry Thiriet che, pubblicata nel 1927 in Esquisse d une doctrine positive de la Francmaconnerie, ci offre una ulteriore testimonianza di quanto sia importante la semiotica o semiologia nello studio del linguaggio massonico. Non riesco a spiegarmi, se non per una infermità dello spirito, che si possa negare il valore e la necessità del simbolismo nel nostro Ordine. Coloro che si ostinano in questa attitudine non si avvedono che negano, nello stesso tempo, il carattere filosofico della Massoneria e che così essi la decapitano della loro virtù essenziale .

P.20 -25: Oggetti ed abiti massonici, collez. G.L.D.I, Roma.


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immaginario collettivo è intessuto in quella trama da cui si dipanano significati significanti che fanno corollario alla nostra storia di vita, attraverso quella partecipazione che rinvia al là ed allora di un tempo che fu. La trama rappresenta la matrice della nostra appartenenza. Disegna i contorni dei cortili su cui si è giocata e si gioca la partita della vita. Apre quella porta che disvela un mondo passato, che ancora palpita all interno di ognuno di noi, ricordandoci che l anima dei nostri Avi appartiene all esistenza e noi apparteniamo all esistere. Esistere ed esistenza si fanno compagne di viaggio nel mondo della vita tra ciò che è stato, ciò che è, e, ciò che sarà. Sono la faccia del Giano Bifronte che accompagna il percorso dell esistenza mondana ricordandoci che tutto è in rapporto ambivalente, ma l uno completa l altro creando l unicità dell insieme. Nel territorio tramato dell esistenza e dell esistere si rintracciano storie, miti, vissuti, esperienze, che ancora oggi rappresentano quel magma di significati, che se ascoltati, trasmutano il nostro sentire, facendoci acquisire la consapevolezza dell essere qui. Ogni storia diviene archetipo esistenziale, seminandosi nella nostra anima al fine di far germogliare quelle spighe che si aprono alla vita e ci ricordano il luogo da cui proveniamo. Ed i filosofi, gli iniziati, i Maestri, gli artisti, i letterati, i poeti, da sempre cantano le virtù, la bellezza e la forza di coloro che hanno attraversato, con la loro straordinaria presenza, il nostro mondo. Ma ancor più ci dicono che il Tutto è costituito dal positivo e dal negativo, dai

principi opposti che si traducono nel carattere potente della realtà psicologica e spirituale dell essere e dell esserci, che condurranno alla trascendenza. Un aspetto significativo di questa eredità, sia culturale che spirituale, si rintraccia all interno dei miti. Essi hanno attraversato i secoli, tramandando gesta eroiche e figure singolari. Si sono incastonati nella nostra memoria, divenendo quella cesellatura manifatturiera che orchestra la nostra possibilità di avere una visione particolare dell essere nel mondo e dei suoi abitanti. Il mito abita la nostra conoscenza arcaica e dona alla nostra esistenza la possibilità di rivivere esperienze che racchiudono significati tramati nelle nostre anime. L Anima dei luoghi, di hilleriana memoria, mi aiuta a dire che non solo i luoghi trasudano di linguaggi ulteriori, bensì anche l anima dei nostri antenati ci implode dentro, alimentando in ognuno di noi il bisogno di sentirsi in relazione a quella percezione emozionale che giunge

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Se nascosta in qualche sacca o ruga di questo slabbrato circondario esista una Pentesilea riconoscibile e ricordabile da chi c'è stato, oppure se Pentesilea è solo periferia di se stessa e ha il suo centro in ogni luogo, hai rinunciato a capirlo. La domanda che adesso comincia a rodere nella tua testa è più angosciosa: fuori da Pentesilea esiste un fuori? O per quanto ti allontani dalla città non fai che passare da un limbo all'altro e non arrivi a uscirne? (I. Calvino)

da lontano ma ancora palpita in noi. In ambito iniziatico la dimensione vissuta è quella spirituale, quindi psicologica. L iniziato persegue una trasformazione e ricostruzione della propria individualità più profonda, attraverso la costante partecipazione rituale del patrimonio simbolico (che agisce il mito dell esserci), strumento di percezione e metodo di riflessione interiore. Procedendo nel nostro argomentare, vorrei che volassimo trasportati dalle ali dei ricordi e pensassimo al mito del femminile partendo da quello delle Amazzoni per toccare, poi, gli arcipelaghi della nostra quotidianità. Le Amazzoni, archetipo di un effige e di un principio femminile rinviano ad un modello originale divenuto simbolico e rappresentano, per l immaginario collettivo, quella fertile fucina di analogie riconducenti a leggende antiche rintracciabili, attualmente, anche nel nostro mondo. Le Amazzoni non furono semplicemente donne guerriere, bensì femmine dedite ai culti dell Era dell Argento, che per continuare a vivere insieme, secondo le antiche leggi come libere, sensuali ed inviolate Vergini, nel senso etimologico, senza essere sottomesse dall uomo, usavano le armi. Esse sono l espressione viva e concreta del Giano Bifronte dove si racchiude l inizio di tutte le cose (la possibilità di dar vita alla vita stessa con l atto della procreazione, all interno di quel ventre da cui l anima mundi prende avvio nutrendosi della vita che si forma) da cui emergono Saggezza e Conoscenza. Dee guerriere, donne temerarie, energia che guida il popolo, Luna e Sole, giorno e notte, possibilità di mutamento e trasformazione. Questo è il sapore del ricordo mnemonico

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Psicologia che ancora sostanzia il mito di queste icone femminili. Tant è che molte sono le leggende che parlano di loro, ricordandoci che oltre ad essere impavide guerriere, erano solite amputarsi il seno destro al fine di impugnare con maggior sicurezza l arco. Chi le volle spietate massacratrici di uomini, chi le cantò come valorose e nobili guerriere, altri ancora ne negarono addirittura l esistenza, ma come spesso accade la realtà nella sua cruda semplicità supera l immaginazione. Il mito delle donne Amazzoni rinvia alle nostre origini più antiche, costituendo quel tratto significativo della nostra identità culturale. L Ipse (identità) oggi implode significativamente nella nostra società con figure femminili che si pongono come guerriere temerarie nella terra di scontro del mondo della vita lavorativa, sociale, culturale, intima. Le Amazzoni, ancora oggi, sono sopravvissute a riprova della vitalità del mito classico, ricordandoci che la vita è pur sempre la metaforizzazione e la simbolizzazione di esperienze che si intrecciano nelle arcane atmosfere di un passato che fu e che diviene attualizzazione rivisitata di un presente che si vive (dalle operaie vittime della repressione antisindacale dell 8 marzo alle staffette partigiane, fino alle donne che oggi dirigono Aziende o Stati o semplicemente sono madrilavoratrici-guerriere). Da Omero ad Erodoto, da Aristofane a Diodoro Siculo, da Pompeo Trogo fino a Virgilio per giungere al buon Italo Calvino, la letteratura ci narra di queste donne che tornano con tutta la loro carica nella nostra società divenendo personaggio temibile e temuto per la sua grande capacità di combattere strenuamente anche in situazioni al limite. Ma la figura femminile nel suo essere nel mondo ci conduce a osservare come ella abbia abitato e vestito abiti che la portarono sempre ad essere un anello di congiunzione di una grande e significativa catena d unione e d amore, nonché di quel battito che per primo muove e s-muove la vita. È l idea del primo movens da cui tutto parte per poi farne ritorno. Un pò come homo viator in quel viaggio mondano in

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cui tessere i fili della propria appartenenza che si apre all appartenere all Altro da Sé. Pensiamo ai miti di amore in cui il maschile ed il femminile si intrecciano in un nodo resistente ai pericoli della vita. Esempio ne è il mito di Psiche, di Eva, di Giunone, di Iside per giungere al mito di Maria e Maria di Magdala. Tutte donnesimboli del principio femminile, che si

plasma nell esperienza di vita, offrendo al mondo della vita materiale, iniziatica, spirituale, culturale, la possibilità di essere reinterpretata e ri-vissuta o semplicemente osservata come strada da poter, un giorno, forse, percorrere. Tuttavia, rianalizzando, con occhi diversi, tali miti e leggende, nonché le tracce lasciate nel corso della storia da queste misteriose ed al tempo stesso affascinanti figure femminili facenti parti di catene iniziatiche che parrebbero risalire alla notte dei tempi, si potrebbe forse meglio intendere ciò che l Era dell Argento avrebbe potuto essere. Si pensi ancora ai riti tenuti a Cipro in onore di Afrodite-Arianna, ove Arianna viene da ariane, ovvero la massimamente pura o la massimamente vergine, in quanto agnes, epiteto spesso riferito ad Afrodite ed alle sue seguaci. Ricordo per esempio Saffo, che significa appunto pura, Vergine nel senso antico. E il discorso qui non termina ma può articolarsi ancora tra tutte quelle figure femminili che si incastonano come gemme preziose lungo il dipanarsi della vita. Un ultimo sguardo volgiamolo però alle Vergini custodi dei più svariati oracoli, come per esempio le Sacerdotesse di Dodona o alla Pizia Delfica, ove il nome di Delfi derivava dalla parola delfis, che in Greco significa oltre che delfino, utero ed era utilizzata anche per designare

i genitali femminili. Questo potrebbe suggerire che tale luogo, sacro alla Dea, poteva essere considerato simbolicamente proprio come un magico e potente grembo della Madre Terra...1. E le Sibille, praticanti dell arte della mantica, cantate nel Fedro di Platone, il quale ci dice "...Ecco davvero quanto è degno di essere addotto a testimonianza, cioè che fra gli antichi la mania (follia) non fu ritenuta cosa vergognosa né oggetto di biasimo neppure da coloro che stabilivano i nomi: altrimenti, infatti, non avrebbero connesso questo stesso nome alla più bella delle arti, con cui si discerne il futuro, e non l avrebbero chiamata manikè (arte folle). Ma poiché ritenevano che la follia fosse una cosa bella, quando nasce per una sorte divina, stabilirono questo nome. Gli uomini di oggi invece, con ignoranza del bello, hanno inserito una -t- e l hanno chiamata mantiké (arte divinatoria)"2. Quanto datoci dalla mitologia, risalente all epoca classica, testimonia il persistente richiamo a concezioni primordiali preesistenti, che raffigurano l essere femminile identificandolo, fin dalla preistoria, in una delle categorie epifaniche del sacro3. Ecco che da questa epifanica categoria il discorso si trasforma permettendoci di attraversare il territorio esoterico-spiritualeiniziatico all interno del quale l immagine femminile cambia la collocazione a lei attribuita nel corso dei secoli. Tuttavia, permane in ognuno di noi la consapevolezza che la vita umana ha origine da un corpo di donna. Si plasma in un ventre femminile. È accudita dalla madre che nutre e ristora il piccolo. Da questa natura femminile sgorga la vita e l esistenza in tutte le sue più poliedriche manifestazioni e come nei cicli della vegetazione, dopo la morte, tutto ritorna, per poi rinascere. Per questo, attualmente vediamo sul nostro palcoscenico figure femminili che rappresentano l idea dell imago di una donna che ha in Sé le caratteristiche di tutte quelle figure di cui la nostra cultura è pervasa. Guerriere e madri accudenti. Pronte ad amputarsi un seno per essere forti e agili


nelle battaglie del quotidiano. Ecco che si stratifica nell Anima mundi del femminile quel sapere legato alla ciclicità dell ordine naturale che si è intessuto nel tempo, sapere che è scrigno gnostico di cui sacerdotessa da sempre è la donna nelle sue molteplici espressioni di vita. Testimoni ne sono, oggi, tutte le donne che cavalcano l esperienza mondana presentandosi all Altro come portatrici di quelle caratteristiche che si rifanno alle eroine del passato e che, attualmente, si impongono come trasformazione attualizzante una nuova dimensione sia esistenziale che esoterica. Da autoritaria Amazzone a Dea Vestale, a Dea Madre, per trasformarsi in Dio Padre fino al punto in cui oggi, nel XXI secolo, il principio maschile lascia aperta una porta significativa al ritorno della donna Amazzone. Ci si potrebbe chiedere a questo punto quale fosse il ruolo del maschile all interno di una simile società lunare di dominazione femminile, nonostante come già detto, la divinità ispirante fosse sempre e necessariamente androgina, così come lo è la Luna quando è piena, in quanto riflette il principio solare. Il maschile, che sia esso nella forma di uomo, Dio o animale, facente parte della dimensione sacra dell Era dell Argento, assume le forme del Paredro, figlio, fratello e amante della Dea. Da qui prende avvio quell Età del Bronzo e del Ferro che fa capovolgere Giano dando potere all uomo, al maschile. Di riflesso sorge l idea del maschio-eroe e tutta la tessitura delle prove di coraggio. L antropologia cerca di spiegare i significati di questo mutamento, ma pur sempre si avverte una fessurizzazione che attualmente sta divenendo una nuova apertura al mondo ed al significato del femminile. La donna sembra riacquisire un posto visibile e trasformativo sia come madre che come donna di potere, sia come amante che come espressione di avvio al cambiamento dei costumi che vedeva l uomo l artefice del mondo sociale ed economico. Per alcuni studiosi questo cambiamento è cosa già sperimentata in quel tempo in cui da una società a struttura matriarcale si è giunti ad una caratteristica patriarcale. Tant è che il tutto fa parte di quell evoluzione, in cui è caratteristica dell Uno. Ed allora, da Dea e guerriera ad ascoltatrice silenziosa, donna in ombra, ci troviamo, attualmente, di fronte ad un femminile che risuona nell anima del mondo e degli uomini, portando in sé

il vento del cambiamento. Ritengo che questi cicli evolutivi, vicendevolmente interscambiabili nel corso dei secoli, ci rinviano ancora una volta a considerare che siamo di fronte alla coincidenza degli opposti, in quanto le due vie esistenziali, anche se divergenti, coincidono nell ideale dell Uno.

Non esistono il maschile ed il femminile, l uno diviso dall altro, bensì esistono spazi, luoghi, tempi, esperienze in cui c è condivisione dell uno nell altro. L uno esiste solo se entra in contatto ed in relazione con l altro. L uno è cortile aperto alla germogliazione dell altro. Tutto questo ci conduce a quella terra di perfezione che ci è stata insegnata dai grandi Maestri Gnostici. E nella perfezione esiste la non divisione, di cui il Giano Bifronte è testimone attraverso la sua forma bifrontale, in cui l una è partecipe e partecipante dell altra. L armonizzazione di questa ambivalenza condurrà ogni uomo alla scoperta ed alla comprensione della propria androginia, come atto riunificante. C.G.Jung ben ci dice che ogni uomo porta in sé l immagine eterna (l archetipo) della donna, non l immagine di una determinata donna, ma l immagine del femminile. Questa immagine, fondamentalmente inconscia, è un fattore ereditario di origine primordiale, impresso nel sistema organico dell uomo. Un archeo-imago, sintesi di tutte le esperienze ancestrali del femminile, un deposito, in un certo modo, di tutte le impressioni suscitate dalla donna [...]. Questo vale anche per la donna, anch essa ha

Psicologia un archeo-imago innata dell uomo4. Vorrei condividere ancora un ultimo pensiero su un mito che, dal mio punto di vista, rappresenta l unione del senso esistenziale femminile, con un mondano che ha gran bisogno di nutrimento. Mi riferisco al mito di Eros e Psiche in cui la lanterna di Psiche, disobbediente al veto, fa balenare la sua luce improvvisa che condurrà a vedere il percorso come inevitabile processo di trasformazione per giungere alla meta desiderata. Grazie alle fatiche di Psiche (l Anima) che si snodano in parallelo con la malattia di Eros (l Amore) si giunge ad una forma più consapevole ed unica di maschile e femminile, che conducono alla realizzazione di una totalità psichica. Ecco che, la trasformazione dell Io nella consapevolezza del Sé, deve necessariamente passare attraverso il Noi dell essere insieme, Io-Tu, un principio di natura androgenetica. È l uovo cosmico primordiale da cui tutto ha avvio. E se oggi il femminile esplode con tutta la sua forza dirompente, mi viene da pensare che la causa sia il bisogno di nutrimento trasformativi, che, per potersi fare cibo da ingerire e digerire, deve necessariamente riattraversare i sentieri della matriarcalità. A conclusione con Tommaso nel Vangelo apocrifo vorrei ricordare che quando farete dei due sessi uno e farete l interno come l esterno e l alto come il basso; e se farete il maschio e la femmina in uno, perché il maschio non sia più maschio e la femmina non sia più femmina, entrerete nel regno dei cieli . La dualità sarà superata e l Oriente con il suo Grande Architetto aprirà le porte della conoscenza e coscienza trascendentale. _________________ NOTE: 1 L. Bearnè, Le Vergini Arcaiche. Ovvero di come le antiche donne custodissero la libertà, l ebbrezza e la gioia, Terra di Mezzo, 2006 2 Platone, Fedro 3 C. S. Bibbo, La donna nelle religioni monoteiste occidentali: Ebraismo e cristianesimo, in AAVV, La donna, il sacro, l iniziazione, 1° Forum Internazionale 4-5- giugno, Firenze, 1994, Editai, 1995 4 Così C. G. Jung spiega la dualità anima e animus, componenti della psiche dell uomo (archetipo femminile), e nella donna (archetipo maschile).

A. Schwarz, Valenza iniziatica dell immagine femminile, in AAVV, Il mito ed il nuovo millennio, Bergamo, 2006

P.26: Bride, collez. priv; p.27: Amazzone; p.28: Fuso; p.29: Donna floreale, acrilico, collez. priv.

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a porta rappresenta un simbolo molto ricco perché suggerisce sempre l idea di un passaggio: tra due mondi, tra due stati, tra due dimensioni. Che si tratti della soglia che conduce dal noto all ignoto, dal manifestato al non manifestato, si ponga tra la luce e le tenebre, o come un varco del tempo, la porta si apre sempre sul mistero. In ogni civiltà, soprattutto quando si tratta di edifici di culto, essa conduce alla dimensione sacra o a quella iniziatica e può essere immaginata come una soglia celeste attraversata dal sole nel suo cammino, ma anche dalle anime umane e dagli esseri divini. In questo caso si hanno due porte solstiziali, quella degli uomini collocata nel Solstizio d estate e quella degli dèi nel Solstizio d inverno. Attraverso la prima le anime scendono nel mondo per incarnarsi, attraverso la seconda le anime trapassate si pongono fuori dal cosmo. Di fondamentale importanza sono pertanto le divinità guardiane della soglia, talvolta immaginate come mostri metà umani e metà animali le cui effigi erano scolpite sulle porte delle città. Queste aperture nelle mura di cinta servivano a dividere fisicamente due mondi; da una parte il caos estraneo e minaccioso, dall altra il luogo chiuso e sicuro oppure il luogo consacrato in cui è avvenuta la manifestazione della divinità. Da qui la sacralizzazione delle porte e i numerosi riti celebrati presso una soglia. In Grecia la porta è luogo di Hermes, dio dei cambiamenti di stato, dei confini e dei crocicchi, protettore delle entrate delle città, delle case e anche delle tombe in quanto accessi nell oltretomba. Il mistero della soglia viene avvertito anche a livello psichico e si ritiene che i sogni si affaccino dalle porte. Penelope nell Odissea dice a Ulisse che ancora non ha riconosciuto: "Due sono le porte dei sogni inconsistenti: una ha battenti di corno, l altra d avorio: quelli che vengon fuori dal candido avorio, avvolgon d inganni la mente, parole portando; quelli invece che escono fuori dal lucido corno verità li incorona, se un mortale li vede" (Od.XIX,562-67, traduzione R. Calzecchi Onesti). La metafora è ripresa nell Eneide di Virgilio dove si afferma :"Due sono le porte del Sonno, delle quali l una si dice di corno, di dove le vere ombre possono uscire agevolmente; splendente l altra e di candido avorio, ma

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In copertina i Mani ne esprimono al cielo ingannevoli sogni" (Aen.VI, 893-96, traduzione L.Canali). Forse per influsso della dottrina pitagorica, l eroe e la Sibilla sono accompagnati alla porta d avorio, quelle delle ingannevoli visioni. La presenza della porta nella letteratura conta dal mondo classico ai giorni nostri un numero sterminato di esempi che non è possibile elencare. Rimanendo in ambito religioso non si può fare a meno di accennare al più importante dei "guardiani della soglia": Giano, dio latino del mutamento, dell inizio, custode delle chiavi e quindi signore delle porte. Rappresentato bifronte, con due facce rivolte alle due diverse dimensioni, aveva le caratteristiche del dio onnisciente, perché colui che vede ovunque sa tutto. I due volti di Giano guardano in direzioni opposte e sono perciò associati sia a due diverse collocazioni spaziali che a due diverse situazioni temporali. Il tempio romano del dio era infatti costituito da un lungo corridoio con due porte a simboleggiare l entrare e l uscire, quindi la nascita e la morte, l inizio e la fine, ma anche passato e futuro, interno ed esterno. Giano rappresenta così il preciso istante del passaggio in cui passato e futuro coesistono nell effimero presente, quell attimo fuggente che dipana e segna lo scorrere del tempo. Delle due dimensioni, temporali, spaziali o filosofiche che sianoil dio tiene entrambe le chiavi. Da notare inoltre che il nome stesso Janus allude al concetto di passaggio essendo simile al verbo latino ire (andare) e al sanscrito yana

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(porta). Si tratta quindi di una figura di mediazione tra elementi antitetici, che governa ogni passaggio e confine dello spazio e del tempo. Con la fine del paganesimo Giano non scompare. Anzi, la sua figura sembra arricchirsi di ulteriori significati spirituali, suggeriti anche dalla frase evangelica: "Io sono la porta, se qualcuno entra attraverso di me sarà salvato" (Giov.10,9). Ecco così le due chiavi di Giano, l una d oro e l altra d argento, trasfor-

marsi in quelle della porta del Paradiso (Janua Coeli) e dell inferno (Janua Inferni) o in alternativa in quelle del Paradiso terrestre e del Paradiso celeste, tanto che il Papato assume presto l emblema delle due chiavi incrociate, che per secoli vengono accostate al potere temporale e a quello spirituale. Giano è presente anche nel concetto nella ciclicità del tempo, nel ricordo delle porte solstiziali governate da Janus janitor (custode delle porte), cristianizzato

nei suggestivi giochi di luce presenti in molte chiese proprio nei Solstizi, quando la levata o il tramonto del sole colpiscono con raggi dorati punti o figure importanti. Ma soprattutto il dio bifronte resta nei due San Giovanni, il Battista e l Evangelista, le cui ricorrenze sono state fissate dal calendario liturgico proprio in corrispondenza dei due Solstizi. E interessante constatare come molte chiese dedicate all uno o all altro San Giovanni siano state erette sulle rovine di un tempio di Giano. Nell arte medievale l importanza della porta è enorme. L architettura romanica la colloca come l accesso alla via spirituale, come inizio del viaggio del fedele verso Dio. I portali sono quindi incorniciati da figure, di santi, di profeti, ma non solo. Vi si srotolano allegorie e attività umane, cicli dei mesi e dei segni zodiacali, offrendo una sintesi di quello che si troverà all interno, dove è narrata per immagini tutta la storia della salvezza e molto spesso l intera storia dell umanità. La porta, talvolta sormontata dalla figura di Cristo, quasi a visualizzare la frase del Vangelo, è luogo di passaggio e anche di arrivo, rappresentando la possibilità offerta a tutti di accedere a una realtà superiore. Il significato escatologico della porta sottolinea ulteriormente l importanza del simbolo e il ritorno del Cristo è paragonato all arrivo di un inaspettato viaggiatore che bussa alla porta. Anche l Apocalisse offre l immagine di Dio che apre le porte del Cielo e il Cristo dice: "Ecco, sono alla porta e chiedo di entrare". Ma non è solo il portale a costituire un accesso alla parola di Dio. Anche la cupola o il rosone costituiscono


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una porta, rotonda, assiale e molto diversa dalla porta quadrata o arcuata degli ingressi. Quella che sta in alto è infatti la porta del cielo o porta del sole, attraverso la quale si effettua l uscita dal cosmo, è la porta stretta che dà accesso al Regno di Dio. L apertura verticale sul soffitto di una chiesa, di un tempio, di una capanna o di una tenda rappresenta allora una via spirituale per le anime elette, ancora porta, ma anche scala e ponte e ruota. E degno di riflessione il fatto che negli ultimi decenni la scienza più avanzata abbia ipotizzato l esistenza dei tunnel spaziali e temporali (wormholes) discutendone la plausibilità e la praticabilità e suddividendone le tipologie. In questo modo gli eterni simboli sembrano acquistare ulteriori significati, oltre a quelli antichi, e proiettarsi verso un futuro quasi da fantascienza. ________________ Bibliografia: J.Chevalier/A.Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Milano, 2002. V.Gasperoni Panella, M.G. Cittadini Fulvi, Dal mondo antico al cristianesimo: sulle tracce di Giano, Perugia 2008. R.Guénon, Simboli della scienza sacra, Milano, 1975.

P.30: Bomarzo; p.31: Salerno; p.32: Carrara; p.33: Giano (tutte le foto: P.Del Freo, la scultura è stata realizzata da Laura De Santi).

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n Italia Giano ha avuto molto successo, tanto da essere ricordato nei nomi di parecchi centri urbani, secondo etimologie spesso arbitrarie e confuse che gli specialisti del settore non riconoscono. Se il colle romano Gianicolo costituisce un eviden te riferimento su cui ancora si discute, l Umbria sembra essere una delle regioni preferite dal nume bifronte. Ne vantano un esplicito riferimento molte località. Pissignano presso le fonti del Clitumno deriverebbe da Piscina Jani riferendosi a una fonte sacra alla divinità, Marsciano si riferirebbe a un doppio culto Mars (Marte) e Janus, Paciano si ricollegherebbe a un ipotetico Pagus Jani, Torgiano si ispirerebbe a una torre di Giano cioè a una torre medievale eretta su un luogo sacro al dio, infine Passignano sul lago Trasimeno si collegherebbe a un Passum Jani, varco obbligatorio della viabilità etrusca e romana. Non molto lontano, nelle Marche, Fabriano, dove esiste un fiume Giano, si ispirerebbe sia a Faber che a Janus, cioè ai Collegia Fabrorum protetti dal dio. Da ricordare anche Ricigliano in provincia di Salerno il cui nome sarebbe derivato da Recinctum Jani. Tra le poche località riconosciute dagli studiosi vi è invece Giano dell Umbria, sul quale pare non esistano dubbi. Per di più Giano Vetusto in provincia di Caserta, oltre a ottenere l approvazione dei linguisti, conserva l im-

magine del dio bifronte sullo stemma municipale. Ma non è il solo. Anche Subbiano in Toscana, derivato da un immaginario sub Janum condita e Tiggiano all estremità della Puglia si fregiano di gonfaloni con l effigie di Giano, mentre Selvazzano Dentro, vicinissimo a Padova, derivato da un ipotetica Sylva Jani (bosco sacro), possiede uno stemma con ara fiammeggiante e la scritta Janus . Interessante è il caso di S.Giovanni Rotondo in Puglia, derivato dal villaggio di Bisanum (dalle due facce) appartenente a un monastero dedicato a S. Giovanni Battista, edificato a sua volta su un tempio di Giano. Rifondato nel 1095 il villaggio prese il nome del santo e conservò il ricordo di una rotonda sacra al dio. Il centro più importante di tutti è comunque Genova, il cui nome latino Janua (letteralmente: porta) ha suscitato svariate ipotesi, alcune delle quali molto fantasiose. È comunque evidente che si tratta di una città in qualche modo bifronte che guarda al mare da un lato e si inerpica sui monti dall altro. I riferimenti al dio rinvenuti nel capoluogo ligure sono molteplici, ma la questione del nome rimane ancora aperta e dibattuta. Soprattutto rimane il fascino di Giano che, più di ogni altra divinità latina, sembra avere avuto in Italia una straordinaria fortuna.

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Simbolismo

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ei giardini pubblici di Piazza Vittorio Emanuele II a Roma, presso la chiesa di Sant Eusebio, esiste una porta insolitamente raffigurata che da tre secoli lascia costernati tutti coloro che vi si accostano, nel tentativo di decifrarne le misteriose iscrizioni. Essa fu fatta scolpire dal marchese Massimiliano di Palombara, in modo che tutti coloro che avessero cuore puro e nobiltà di scopi potessero accedere al mistero della Grande Opera, segreto gelosamente custodito dai maestri di alchimia e di ermetismo. Il nobile costruttore era venuto a conoscenza dell arcano ad opera

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del valente alchimista Francesco Giuseppe Borri, il quale un giorno aveva operato nei laboratori del marchese l occulta trasmutazione del piombo in oro. Il Borri era nato nel 1627 a Milano da padre medico e aveva frequentato il seminario dei Gesuiti a Roma, da dove però, a causa della sua notevole irrequietezza, fu espulso nel 1649. Il giovane, dotato di mente brillante, proseguì gli studi di chimica e medicina, alternandoli ai successi mondani fino a che, cinque anni dopo, abbandonò ogni frivolezza per dedicarsi anima e corpo allo studio della teologia e dell ermetismo. Questo gli valse nel 1661 la condanna dell Inquisizione, la conseguente fuga all estero e infine la cattura con ritorno

a Roma dove nel 1675 fu obbligato ad abiurare. Incarcerato in Castel Sant Angelo, dopo varie e sfortunate vicende, morì il 13 giugno di vent anni dopo. Nel 1665 il Borri incontrò a Roma la regina Cristina di Svezia ed ebbe modo di frequentare il Palazzo Riario alla Lungara dove la sovrana si era fatta allestire dei laboratori alchemici. Qui conobbe Athanasius Kircher e il poeta ermetico Francesco Maria Santinelli ai quali fornì prove della propria maestria. Poco lontano, in una villa situata presso l attuale piazza Vittorio Emanuele II, viveva il marchese Massimiliano Palombara che accolse il Borri ricercato dall Inquisizione. L alchimista domandò al marchese di poter effet-


tuare nel suo laboratorio la trasmutazione, riuscendovi grazie a un erba di nome moli che cresceva nel giardino della villa, conosciuta anche nell antichità, tanto che la si nomina nell Odissea. In seguito il Borri donò al marchese una serie di documenti nei quali in maniera occultamente cifrata , chi fosse dotato di purezza di cuore avrebbe potuto accedere al segreto della Grande Opera che assomma interessi materiali e aspetti spirituali. Nel 1680 Massimiliano Palombara fece porre diverse iscrizioni alchemiche nel proprio laboratorio, comprese quelle scolpite nella Porta dei Cieli ora addossata al muro dei giardini pubblici. La porta in pietra si compone di un frontone sorretto da un architrave e due stipiti. Il frontone è decorato da un doppio cerchio al cui interno si trova incisa la frase: Tre sono le meraviglie: Dio e uomo, Madre e Vergine, Trino e Uno . All interno si trova una specie di stella di Davide che dal punto di vista alchemico rappresenta l unione degli elementi Fuoco (triangolo con il vertice in alto) e Acqua (triangolo con il vertice in basso). All interno, in un cerchio sormontato da una croce latina, simbolo della terra, si legge: Il centro (è) nel triangolo del centro . Ancora più all interno dell emblema della terra è visibile il simbolo del Sole (un cerchio con un punto al centro) che raffigura anche l oro alchemico. Sull architrave si può leggere in lingua ebraica e in alfabeto caldeo-semita una frase che tradotta significa: Spirito (o soffio) di Dio . Più in basso, delimitato dalla simbologia alchemica degli spiriti planetari di Saturno (piombo) e Giove (stagno) posti alle due estremità, si trova scritto: Il drago custodisce l ingresso dell orto magico delle Esperidi e, senza Ercole, Giasone non avrebbe gustato le delizie della Colchide . Sullo stipite di sinistra, al di sotto del simbolo di Saturno, è scritto. Quando nella tua casa i neri corvi partoriranno bianche colombe, sarai chiamato sapiente . Segue il simbolo di Marte (ferro) dove troviamo: Chi sa bruciare l acqua e lavare il fuoco fa cielo della terra e del cielo terra preziosa . Ancora più in basso, sotto il simbolo di Mercurio, si legge: Quando l azoto e il fuoco imbiancano Latona, Diana viene senza veste . Nello stipite di destra, in relazione a Giove, abbiamo invece: Il diametro della sfera, il tau del cerchio, la croce del globo non sono vantaggio ai ciechi . Più giù, sotto il simbolo di Venere (rame), troviamo: Se farai volare la terra sopra il tuo capo con le sue penne le acque dei torrenti convertirai in pietre .

Simbolismo

Ancora sotto troviamo il simbolo capovolto di Mercurio (l antimonio) con scritto Nostro figlio morto vive; re, dal fuoco ritorna e gode di occulta unione . Sul gradino, ai lati del simbolo del Vetriolo è scritto: È opera occulta del vero saggio aprire la terra perché generi la salvezza del popolo , mentre sulla soglia si può leggere Se non siedi vai . Il Vetriolo [Vitriolum] ha una particolare rilevanza nel simbolismo alchemico, usato spesso da Paracelo, Basilio Valentino e Nicolas Flamel, perché si riferisce alla frase: Visita l interno della terra, rettificando troverai la pietra nascosta, unica medicina . Ciò sta a significare che il discepolo dell arte per portare a termine la Grande Opera dovrà attendere con pazienza e perseveranza di giungere alla conoscenza. È presumibile che la Porta dei Cieli riportasse ulteriori iscrizioni, ma essa custodisce solo una parte delle simbologie dell alchimia ermetica; il resto doveva essere inciso sulle pareti del laboratorio del marchese Palombara. Alcune allusioni sono abbastanza chiare, come l accenno ai corvi e alle colombe, dove è possibile riscontrare il passaggio che va dalla Nigredo, opera al nero, all Albedo, opera al bianco, nelle quali l alchimia giunge a comprendere che non è soltanto il piombo a dover essere trasmutato in oro. Anche il riferimento a Giasone non è del tutto casuale. Secondo la Teogonia di Esiodo infatti l eroe partì verso la Colchide per conquistare il Vello d Oro con una spedizione dei maggiori campioni dell Ellade, tra cui Ercole e i Dioscuri, chiamati Argonauti dal nome della loro nave Argo . Il nome Argonauta può essere accostato all antico francese argot, da cui art got, cioè arte gotica . Ma l argot è

anche la lingua degli uccelli , conosciuta solo dagli alchimisti e compresa dagli animali. Le immagini e le frasi incise nella pietra del manufatto potrebbero presentare l inizio di un cammino che condurrebbe un aspirante alchimista a ritrovare la pietra nascosta di cui parlavano gli antichi Maestri d Ermetismo, forse accennando alla Pietra Filosofale. Chissà per quanto tempo ancora la Porta di Roma racchiuderà nella sua pietra un mistero che forse davvero solo chi ha cuore puro e nobiltà di scopi potrà riuscire a comprendere. p.34: Porta alchemica, Roma (foto P.Del Freo); p.35: La porta vista nei giardini pubblici; p.35 in basso: Incisione, XVIII sec.

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Iconologia

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l pavimento marmoreo Nella splendida cattedrale dedicata dalla pietas dei senesi a Santa Maria Assunta, è conservato con cura qualcosa di straordinario. Si tratta di un pavimento marmoreo decorato a commesso, ricco fino all esuberanza di scene tratte dall antico testamento e dalla tradizione. La sua costruzione durò per un numero notevole di secoli (ben quattro), ma la parte che qui ci interessa esaminare è quella che si dipana dall esterno all ingresso della navata centrale. Davanti alla porta principale si trova la scena più complessa di tutto il repertorio, ossia la raffigurazione di Ermete Trismegisto, il mago neoplatonico, che consegna le lettere e le arti agli Egizi, anticamente considerati come portatori della prima civiltà. Successivamente sia nella navata destra che in quella sinistra si rincorrono le 10 Sibille con i cartigli delle loro profezie. Non è difficile osservare come, sia Ermete che le Sibille, non appartengano propriamente al repertorio cristiano quanto piuttosto a quello pagano neoplatonico e dunque ci si potrebbe chiedere il perché della loro presenza in una chiesa consacrata alla Madonna. Qui bisogna risalire ad alcuni fatti di cui parla la storia in modo sia diretto che indiretto. Il primo documento importante che tratta delle figure sul pavimento in oggetto è un annotazione contenuta negli Archivi del Duomo datata 13 marzo 1406 che registra il pagamento fatto a favore di Marchese d Adamo "e compagni maestri di pietra da Como per rota anno fatto murare nello spazzo contra a la sagrestia"1. Probabilmente Marchese era figlio di Maestro Adamo di provenienza lombarda, già attivo a Siena negli anni precedenti. Ma per quanto riguarda le fonti delle iconografie bisogna partire da un pò più lontano. Il Corpus Hermeticum Come è noto, alla metà del Quattrocento raggiunsero la corte dei Medici a Firenze alcuni eruditissimi bizantini che per la caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi si rifugiarono nella città toscana con i loro tesori. Li offrirono a Cosimo, soprattutto gli proposero l acquisto di un opera che essi ritenevano anteriore a Platone, anzi sua fonte e che venne chiamata Corpus Hermeticum, contenente scritti di filosofia e di teologia in lingua greca. Cosimo dette l incarico a Marsilio Ficino di farne prestamente la traduzione e così il mondo degli

umanisti venne a conoscenza di un affascinante sistema in cui ogni scienza era spiegata e che sembrava addirittura potersi considerare come la preconizzazione del Cristianesimo. Vi erano certamente nozioni impraticabili per un cristiano ortodosso, ma tutto era così intriso di misticismo che appariva invece come la radice più remota della dottrina di Cristo. Ed in questa direzione andava lo studio di Ficino. Si era negli anni tra il 1458 e il 1464. In realtà il Corpus Hermeticum era un complesso di scritti greci non anteriori a Platone, ma del I secolo d.C., che si potevano ben collocare alle origini dello gnosticismo, filosofia apparsa nel bacino del Mediterraneo nei primissimi anni dell era cristiana, spesso addirittura confusa dagli antichi con il cristianesimo. In ogni caso la riscoperta di tanto sapere favoriva la diffusione del concetto di divinizzazione dell uomo,

che animato da scintilla divina, se dedito allo studio, una volta raggiunta la sapienza, poteva tornare al suo Creatore ed indiarsi. Se però il Corpus Hermeticum non era noto prima di quegli anni, la dottrina sulla quale esso si basava, ossia lo gnosticismo, era ben conosciuta ed era stata l origine di molte delle eresie che nel corso del Medioevo avevano minato la Chiesa di Roma. Il Catarismo occidentale, per esempio, ne era intriso, ma prima ancora di questo il Manicheismo da cui avevano attinto le proprie convinzioni i Bogomili. Erano loro che dall est d Europa avevano esportato la pericolosa religione presso i Tessitori della Linguadoca, divenuti Boni Homines albigesi. Insomma lo gnosticismo per vie dritte e traverse si era infiltrato presso gruppi sociali ricchi ed evoluti, che non accettavano i dogmi ed i commerci della Curia romana, mentre rivendicavano la

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purezza di costumi ed una laboriosa vita di preghiera e di indipendenza economica da un clero intransigente. Tutto sembrò finire in un bagno di sangue con la crociata contro gli Albigesi, le eresie furono estirpate e quando rifiorivano qua e là, puntualmente si accendevano i roghi domenicani. Così erano finiti i Catari, i Patarini ed anche i Templari con la persecuzione di Filippo il Bello nel 1312-14. Va detto che questa lotta non si concluse con una sola crociata, ma durò molti anni nel corso dei quali gli eretici, sfuggendo alle persecuzioni, si nascondevano in terre amiche i cui abitanti erano pronti ad accoglierli. Si era nel

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XIII secolo e tutta la penisola centrosettentrionale si poteva dire interessata al fenomeno. Giunti dunque nel 1460 alla scoperta degli scritti greci attribuiti ad Ermete Trismegisto, personaggio mitico, ma affascinante come tutto ciò che proveniva dall Oriente, l attenzione dei liberi pensatori ebbe un potente risveglio e produsse a Firenze uno straordinario focolaio neoplatonico alla corte dei Medici con l Accademia di Careggi. La Siena della fede Tra Siena e Firenze dai tempi più antichi era stata sempre guerra. Montaperti nel 1260 aveva definitivamente sacrato con

fiumi di sangue odii insuperabili, e a quel sangue era stato dedicato il desiderio di vendetta di tanti cittadini da ambo le parti. Ma la storia va avanti e la necessità di un accordo alla fine del 1400 si era fatta impellente per Siena che voleva salvaguardare in qualche modo la sua indipendenza. Dunque o schiava o alleata. I senesi, dopo vari tentativi abortiti, scelsero la via dell alleanza e decisero di inviare a Firenze qualcuno che riuscisse a trovare una composizione agli annosi contrasti, adatto a dialogare con gli illuminati Medici. Tra i loro concittadini vi era un nobile che aveva combattuto contro i Turchi come cavaliere


gerosolimitano, poi carico di onore e di sapienza era tornato in patria ed ora si distingueva tra i maggiorenti. Si chiamava Alberto Aringhieri. Pinturicchio lo ritrasse in abiti cavallereschi e in quelli da guerriero nella cappella di San Giovanni all interno del Duomo. Era saggio perché si presume non avesse solo combattuto ma anche studiato qualcosa di diverso nel mondo al confine con l oriente ed era ricco tanto da poter contribuire in solido con le proprie sostanze alla costruzione della cattedrale. A lui venne

Iconologia affidato il compito di stabilire la pace tra Siena e Firenze. Nel 1483 in qualità di oratore riuscì a siglare un accordo venticinquennale di "perpetua amicizia" (secondo la testimonianza di Malavolti) tra le due indomabili città. Siena gli affidò l incarico di Operaio del duomo ossia di sovrintendente ai lavori con amplissimi poteri, una sorta di ministero per l importanza della carica (l incarico durò dal 1481 al 1498). Ed è a lui che dobbiamo il progetto del pavimento della chiesa con Ermete Trismegisto e le Sibille.

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Il fatto che all ingresso abbia voluto la figura del Mago in atto di ammaestrare indica che tutto il repertorio delle immagini, che parte da quel punto, dovrebbe essere frutto della la dottrina ermetica, quindi esaminato attraverso una lente gnostica che metta in evidenza ciò che le immagini cripticamente nascondono. Ermetismo Negli scritti ermetici2 infatti più volte è ripetuto l invito a leggere in chiave iniziatica il contenuto dei messaggi incisi sulla pietra e provenienti dall antichità. Il segreto e l immagine devono nascondere ciò che solo l iniziato può comprendere perché l indiarsi è destino di pochi eletti ed il volgo deve essere tenuto lontano da un sapere che non potrà mai capire. SATOR Una traccia sorprendente di questa dottrina si annida tra le pietre del Duomo di Siena. Sulla fiancata sinistra, all esterno, un concio di pietra levigata, quasi certamente di spoglio, porta un messaggio arcano che attraversò i secoli senza che il suo significato fosse a tutti palese, pur trovandosi in un luogo dove la lettura è possibile a tutti. Si tratta del quadrato magico del SATOR inciso in caratteri semionciali che rimandano al XII sec. Come è noto il quadrato è un palindromo acrostico la cui lettura, se ci basiamo sulla suddivisone in tre frasi proposta dalla versione del San Giovanni a Campiglia Marittima, si scioglie in: SATOR AREPO = Io seminatore creo

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TENET OPERA = Egli governa le opere ROTAS = Tu ruoti Così letto è una sorta di credo gnostico in cui Dio Creatore parla in prima persona persona e declina la formula dell universo indicando in Egli un Demiurgo che governa la materia e nel Tu l uomo a cui il messaggio è diretto. Per i ritrovamenti archeologici il palindromo risulta in uso già prima dell eruzione del Vesuvio (79 d.C.) che seppellì Pompei e quindi appare come contemporaneo al primo gnosticismo ed al primo cristianesimo. La sua area di provenienza potrebbe essere Alessandria o luogo limitrofo per l uso del greco e del latino abbinati, ed Alessandria era anche il crocevia intellettuale dove le culture più sofisticate trovavano terreno fecondo. Insomma il nostro quadrato, coniato da una mente geniale, rappresenta la stringata formula dello gnosticismo, quella con cui poteva essere trasmessa una dottrina assai complessa in una specie di frase magica atta a destare stupore e soprattutto a rinviare le menti ad una matrice divina. Il Corpus ermetico è ricco di passi dove il linguaggio ed i concetti del SATOR sono ampiamente trattati. Ne cito uno per tutti ma si ribadisce che tutta l opera è permeata di questa teologia: Quando la mente creatrice di tutte le cose, che noi chiamiamo Dio, ebbe creato il secondo degli Esseri (il Demiurgo): il dio sensibile e visibile - affermando che questo secondo dio è sensibile, non intendo riferirmi alla sua facoltà sensitiva ma

desidero sottolineare che esso viene percepito dai nostri sensi - quando dunque Dio ebbe creato questo Essere, il primo sorto da lui, ripeto, ma il secondo dopo di lui, egli creò l uomo. Essendo formato di essenza eterna e di materia mortale, l uomo può corrispondere alla sua duplice funzione: contemplare le opere di Dio e conoscere attraverso le sue opere, nonché coltivare le scienze e le arti 3. Il testo risponde appieno al cartiglio contenuto nella tarsia pavimentarla che raffigura Ermete. Dunque possiamo dire che già dagli inizi del XII secolo lo gnosticismo era presente nel Duomo di Siena, forse portato dai Templari che lo conoscevano bene attraverso la mediazione araba assorbita in Terrasanta. Nel XV secolo i Templari erano ormai estinti, confluiti in parte nei Cavalieri del Santo Sepolcro detti Gerosolimitani, ma le loro tracce a Siena erano ancora ben visibili nella magione di San Pietro e forse anche nel SATOR del Duomo. Torniamo ora all intrigante figura di Alberto Aringhieri. Bisogna ricordare come Aringhieri, cavaliere dell ordine gerosolimitano di Rodi che poi si trasformò in ordine di Malta, doveva essere al corrente dell eresia gnostica che aveva condotto al rogo i Templari di cui il suo ordine aveva ereditato i beni e forse anche qualche segreta dottrina. L apertura immediata verso lo gnosticismo neoplatonico, dopo il suo viaggio a Firenze, fa pensare che, nelle giornate fiorentine, egli abbia frequentato maestri portatori di una


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Lettura di alcune tarsie pavimentarie

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scienza simile a quella del Tempio e del SATOR e che se ne sia sentito subito l erede. Desiderò, forse, che quella verità ben compressa nel SATOR meritasse un ulteriore rappresentazione iconografica. Tutto però doveva essere celato in allusioni colte e nei simboli, impossibile era dimostrare un esplicita aderenza all eresia, pena nuove persecuzioni. Anche perché il sapere che conduce a Dio doveva essere preservato dalle contaminazioni della divulgazione, essendo sapienza per soli eletti. Tanto forte doveva essere questo sentimento che nel 1505-1506, anno in cui il suo mandato di Operaio era già scaduto, pagò di tasca propria al Pinturicchio l esecuzione di un cartone che è uno squisito programma gnostico: la tarsia del Monte della Saggezza nella navata centrale. Il compimento della sua opera di trasmissione delle dottrine neoplatoniche era forse così importante da indurlo ad una simile azione che andava a coronare tutto il suo lavoro. Si legò nell impresa ad un grande artista, Antonio Federigi o Federici, di nobile quanto ignota origine che espresse la sua poliedrica arte nelle tarsie tra le più affascinanti: quelle delle misteriose Sibille. Se leggiamo dunque le immagini del pavimento eseguito nella sfera dell Aringhieri in un ottica neoplatonica i risultati sono davvero sorprendenti. P.36-40 : Vedute e particolari del Duomo di Siena

lettura: il Sagrato Prima di calpestare la tarsia programmatica, ossia quella che raffigura Ermete il tre volte grande, sul sagrato ci si imbatte in una scena che merita qualche considerazione. Anche se la forma attuale è un rifacimento recente, la sua iconografia è fedele a quella originale conservata nel Museo dell Opera del Duomo. I due documenti che ne parlano lo comprovano4. La tarsia è eseguita con la più antica delle tecniche usate dagli artisti del pavimento ed è quella a trapano. Vi sono delineate due figure umane diverse tra di loro, affiancanti un tempietto ionico. Una delle due è quella di un giovane che guarda il tempietto con postura interrogativa, sembra chiedersi cosa questo voglia significare, mentre l altra è di un vecchio con turbante orientale che si inchina reverente perché sa. Cosa ignora il giovane? Cosa riconosce il vecchio? Forse un antica tradizione, un sapere che i giovani non conoscono più perché il tempo umano e le persecuzioni lo hanno fatto dimenticare. Direi che se il tempio è il suo sintetico simbolo si potrebbe trattare di una scienza relativa al tempio stesso e dunque probabilmente la scienza dell Ordine templare che aveva come sigillo proprio l immagine del tempio. Questa lettura potrebbe provare un allusione allo gnosticismo orientale, appreso dai Templari in Siria presso i colti Sufi e trasmesso poi nell Europa cristiana avvolto dal segreto di pratiche occulte. II lettura: Ermete Trismegisto Non si sa con esattezza chi sia l autore di questa tarsia, è probabile un Giovanni di maestro Stefano, quindi un figlio di artista. I colori della scena sono: nero bianco rosso e giallo. Sono i colori di tutto il repertorio pavimentale del Duomo e ricordano senza forzature i colori dell alchimia nelle sue fasi, ossia: nero-nigredo, bianco-albedo, rosso-rubedo, giallo-oro della pietra filosofale. Il mago neoplatonico consegna le lettere e leggi agli uomini sia orientali che occidentali, viene definito contemporaneo di Mosè, perciò di quel momento del tempo umano in cui da Dio scendeva agli uomini per rivelazione diretta il Decalogo,

che (non serve ricordarlo) è anch esso un insieme di leggi. Dunque si vuole dire che non solo Dio ha trasmesso direttamente le sue leggi ma anche il Tre volte Grandissimo ha direttamente consegnato agli uomini tramite i suoi scritti il sapere fondamentale che può condurre a Dio. Una scritta lapidea riferisce la sintesi di un passo dell Asclepio probabilmente attraverso la versione di Lattanzio. Vi si parla del Dio fatto dal Creatore in forma visibile ed amato da Lui come Figlio e detto Parola Santa (Sanctum Verbum=Logos). Concetto molto lontano da quello cattolico della Trinità, ma sorprendentemente rispondente alla dottrina del SATOR ed agli scritti del Corpus. Se tale messaggio iconografico apre il discorso di tutto il pavimento seguente, sembra possibile che sia quello che dobbiamo accettare come fondamentale chiave di lettura. Ci trasmette: - che il contenuto delle opere del Corpus è la verità e la legge - che partendo dalla sua sapienza ci si può inoltrare nella Cattedrale - che la Biblia Pauperum scritta per immagini nella chiesa è destinata agli eletti uomini di fede, resi sapienti e divini dall illuminazione gnostica. Questo assai probabilmente era il pensiero di Alberto Aringhieri e del suo colto indotto di artisti e maestri costruttori, impegnati nell opera di un Duomo destinato a durare fino all Apocalisse. [Studi fondamentali sul tema sono stati eseguiti da: Frances A.Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Roma Bari 1995 e Mario Bussagli, Arte e Magia a Siena, Bologna 1991] ____________________ NOTE 1 Archivio detto Bastardello, n2 del 1405, a 65, sta

in R.H.Hobard Cust, I Maestri del Pavimento del Duomo di Siena, 1369-1562, Siena 2000 2 sia nell Asclepio che nel Pimandro è più volte ribadito 3 Ermete Trismegisto, Primo libro sublime, la dottrina universale dei tre esseri, Foggia 1994, p.54 4 S.Tizio, Historiarum senensium, Mns. vol.IV ad ann. 1448, Biblioteca Pubblica di Siena A.Landi, Descrizione del Pavimento, citato interamente da Padre Guglielmo della Valle, Lettere senesi, vol.III, pp.124-157, Roma 1787

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ercare di ricostruire la vicenda umana e artistica di Hieronymus Bosch è un compito tutt altro che facile; infatti si corre il rischio di scivolare tra parametri interpretativi stereotipati, che hanno fatto dell artista olandese una personalità contorta, ambiguamente calata nel dedalo della lussuria, del peccato, del demoniaco. Questa serie di attribuzioni retoriche ha trovato nella scarsità delle note biografiche su Bosch un humus particolarmente fertile in cui diffondersi e creare prospettive del tutto prive di oggettivi rapporti con la realtà. Di Jeroen von Aken - questo fu il vero nome del pittore (anche se risulta caratterizzato con sottili varianti in relazione alle fonti) in effetti sappiamo ben poco. Conosciamo la sua data di nascita con la tolleranza di quasi un decennio (1450-1460), quella di morte (1516), il suo matrimonio con una giovane benestante, il suo attivo rapporto con la Confraternita di Nostra Signora, una presunta unione occulta con la Setta del Libero Spirito e una serie di committenze giunte dalla nobiltà e dalla borghesia di cui Bosch, localmente, fu comunque uno dei membri più influenti. Ritenuto insignis pictor dai suoi contemporanei, Hieronymus viaggiò pochissimo e condusse in realtà una vita abbastanza ritirata, tutta chiusa nell amministrazione dei beni della moglie e nella fattiva collaborazione con la Confraternita, che oltre ad un impegno catechistico dottrinale svolse anche un oggettivo ruolo sociale. Le sue opere sono caratterizzate da una notevole variabilità tematica, soprattutto risultano -in particolare una parte- contrassegnate dalla presenza di elementi che sembrerebbero rimandare all universo della magia, dell occultismo, del satanico e dell esoterico. Eppure, ad osservare molte delle opere di Bosch (sono venticinque quelle attribuitegli), ci si rende conto di trovarsi al cospetto di un uomo tormentato, che sembrerebbe aver infranto il diaframma dell inibizione, per dare all inconscio il modo di penetrare nella dimensione quotidiana collettiva, trascinando i nostri incubi più temuti nel perimetro dell immediato. Inoltre, nessuna delle opere di Bosch è datata; va poi ancora aggiunto che molte volte alcune tavole sembrerebbero parti di complessi più ampi -quasi sempre trittici- smembrati nel passato e pertanto non più ricostruibili, vista la carenza di fonti di vario genere. Questo particolarissimo artista, che fu inventore nobilissimo, maraviglioso di cose fantastiche

e bizzarre (L.Guicciardini, 1567), non può essere solo ritenuto un surrealista ante litteram, ma deve essere soprattutto visto come un uomo consapevole della caducità delle nostre pseudo-certezze, della labilità dei nostri riferimenti. Comunque, Hieronymus non fu un pittore demoniaco, un adepto di Satana sempre pronto a ricercare nelle suggestioni del sabba una risposta alle sue domande terrene; fu invece uno spirito profondamente calato nella realtà del suo tempo. Un tempo travolto dalla lotta contro l eresia e la stregoneria, dalle epidemie, da una parte del clero attratta dal languore del potere terreno: insomma una situazione trapuntata dai segni di un Medioevo che, nelle Fiandre di quel periodo, non era ancora del tutto estinto. Studiando la struttura poetica di Bosch, ci si imbatte in una situazione abbastanza contraddittoria: da un lato abbiamo un rapporto oggettivo con una committenza di livello, aristocratica (Filippo II il Bello, Margherita d Austria, corte spagnola, cardinale Grimani di Venezia, borghesia locale) e appartenente a quella categoria contro la quale il pittore olandese non risparmiò accuse indirette. Dall altro, troviamo delle opere in cui sembrerebbe prevalere una sorta di presa di posizione sociale , affiancata alle accuse rivolte al clero corrotto e abbandonato ai più debordanti piaceri terreni: il

tutto a tratti viene avvolto da una sorta di terrorismo iconografico, tanto da diventare l ossatura portante della poetica elaborata. I suoi temi principali, l eresia, la stregoneria, l esoterismo, la critica sociale e la ricerca della purezza del cristianesimo primitivo, che si sono avvalsi di strumenti dialettici insoliti (basti pensare all inusuale creazione di ibridazioni collocabili oltre il limite del consentito), capaci di elaborare nuovi ed inattesi spazi semantici, fanno di Hieronymus un artista unico, straordinario. Un lucido anatomopatologo dei più reconditi antri della psiche umana. Pur non essendo assenti in Bosch l influenza della migliore miniatura olandese e in certi casi il riferimento al grande Jan van Eyck, nella sua personalità domina un totale impegno votato a tradurre le suggestioni in una sorta di programma pittorico, in cui ogni presenza, ogni sensazione ed ogni terrore atavico, riescono comunque a visualizzarsi sul pentagramma dell allegoria. E allora il mostro si fa disegno, così da infrangere i limiti spaziotemporali, fino a penetrare nella nostra dimensione antropocentrica, per trascinarci ancora nel gorgo dell incubo. Qui, gli uomini finiscono per somigliarsi e la Bestia torna a riemergere dalle paludi di un annuncio apocalittico, che appare ormai prossimo a realizzarsi. Non fu certamente uno sterile

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pittore di maniera; le opere infatti ci rivelano una personalità contorta ma possente, ci parlano di un uomo che non si limitò a vivere tra gli agi della sua condizione, ma si impegnò nel capire il nostro essere, proponendo un itinerario introspettivo scandito sul piano iconografico con una vivacità e una profondità tale da riportare visivamente i più complessi dedali dell inconscio. Tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo, in un periodo che non conosciamo con precisione,

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Bosch probabilmente soggiornò in Italia. Il suo viaggio si svolse forse secondo tappe culturali che erano d obbligo per gli artisti, interessati a soffermarsi in alcuni dei punti focali dell inesauribile cantiere artistico della penisola. Le innovazioni rinascimentali avevano fatto di alcune città autentici luoghi di riferimento per filosofi e pittori, che li elessero a siti privilegiati dove l arte e la speculazione intellettuale raggiunsero alti livelli nella cultura umanistica del periodo.

Su questo humus, attraverso direttrici diverse, si andarono lentamente diffondendo interpretazioni esoteriche e antidogmatiche, che finirono per allargare le prospettive interpretative della filosofia cristiana, creando un territorio fertilissimo sul quale presero forma riletture molteplici, destinate a dare vigore anche alla Riforma. Un artista come Bosch, certamente non digiuno di conoscenze ermetiche, attratto dall esoterismo e forse dall occultismo, spaventato dalle crociate


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contro streghe ed eretici condotte dalla religione e dal mondo laico, trovò nell Italia rinascimentale un paese culturalmente più aperto e meno arretrato della sua provincia . Recentemente, nell oratorio di San Bernardo, all interno del complesso abbaziale di San Bernardo di Chiaravalle, alle porte di Milano, è stato rinvenuto parte di un affresco di scuola fiamminga ( Cristo davanti a Pilato ) che alcuni critici hanno attribuito a Bosch: su questa attribuzione la maggior parte degli

esperti non è però d accordo. Intorno al 1490, Bosch lavorò in più occasioni nella cattedrale di S. Giovanni a s-Hertogenbosch, quella stessa chiesa che una decina di anni prima Allaert de Hameel aveva ampliato, aumentando quindi anche il prestigio della Confraternita di Nostra Signora, una tra le confraternite più importanti e Bosch ne fece parte almeno dal 1486 (da quando il nome di suo nonno è rilevabile nei registri della Confraternita) alla fine dei suoi giorni terreni

(9 agosto 1516). L impegno di questo gruppo laico, oltre che concentrarsi intorno all esempio morale e curare la trascrizione dei manoscritti più antichi conservati nell archivio della cattedrale di San Giovanni, fu diretto anche a diffondere la lotta contro l eresia, pur senza dimenticare una costante polemica contro la corruzione del clero. Questa posizione in qualche modo contraddittoria, ora clericale ora direttamente opposta (caso peraltro evidente anche nelle opere di Bosch),

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era costata alla Confraternita un accusa di eresia, dalla quale sarebbe poi stata prosciolta nel 1418 durante il Concilio di Costanza. Lo stesso Bosch fu sensibile alle necessità dei propri concittadini più bisognosi: in varie occasioni ebbe modo di aiutare concretamente i poveri. Dagli atti notarili relativi alla gestione del suo patrimonio, sappiamo che il 23 febbraio 1488 Hieronymus e la moglie si impegnarono a versare un rendita vitalizia ad una coppia, prelevando i fondi da una casa ereditata in parte da Aleyt a sHertogenbosch, in Scildersstraetke (Vicolo dei pittori). In un altro atto del 7 luglio 1492, i coniugi Bosch concedevano gratuitamente l uso di un loro campo di segale ad una famiglia povera: sempliciter propter Deum et in puram elemosinam. Decisamente diverso fu il presunto rapporto occulto tra Bosch e gli adepti del Libero Spirito: una setta misteriosa, dedita forse a rituali a sfondo sessuale, le cui vicende hanno lasciato spazio a molteplici versioni e illazioni spesso fantasiose. Benché non esistano prove certe del legame tra Bosch e questo misterioso gruppo, alcuni studiosi hanno sottolineato la solidità di questa unione, individuando in essa uno dei motivi principali che condussero il pittore olandese verso alcune scelte simboliche, destinate a raggiungere l apoteosi nel Trittico delle Delizie (1503-1504, Madrid Prado). A sostenere il presunto legame con la setta, fu in particolare Wilhelm Fraenger, che nel suo saggio Il regno millenario di Hieronymus Bosch (Chicago 1951), considerò il Trittico delle Delizie una sorta di manifesto simbolico

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del gruppo eretico. In realtà, le tesi del Fraenger sono in parte confutabili, poiché molte delle interpretazioni proposte possono essere applicate anche a contesti più ampi di quello limitatamente ascritto agli adepti del Libero Spirito (i cui membri erano anche detti Homines Intelligentiae, oppure Adamiti per la nudità che caratterizzava le loro cerimonie). Di questa setta in realtà si conosce poco: si suppone che ambisse ritrovare la primitiva innocenza attraverso una fitta rete di pratiche, basate in prevalenza sulla promiscuità e sul sesso, rispecchianti una libertà totale, riconducibile all atavica anarchia adamitica. Gli adepti avrebbero così rincorso, con l ausilio di un itinerario rituale misterioso, l amore spirituale e sensuale espresso metaforicamente nella figura ermafrodita ottenuta dall unione tra Adamo ed Eva. È possibile che la credenza nella restaurazione universale del Libero Spirito sia sprofondata nel gorgo dell incomprensione, fino ad essere oggetto di accese accuse e di imprecise evoluzioni spesso del tutto prive di effettivi rapporti con la realtà. A noi oggi rimangono fonti frammentarie e soprattutto quell inquietante trittico Giardino delle Delizie, dominato da una nudità in cui l eterno scontro tra il bene e il male non è affatto risolto, anzi si riaffaccia con profonda lucidità nella spirale di simboli senza fine. Ma il regno annunciato aveva già avuto inizio prima che Bosch entrasse a far parte della setta del Libero Spirito; lo confermò Aegidius Cantor, un laico che con Fratello Willem van Hildernissen dirigeva gli Homines Intelligentiae di Bruxelles.

Quel regno forse fu dipinto da Hieronymus quasi un secolo dopo le eretiche visioni di Cantor: sono (Cantor, n.d.a.) il Redentore dell umanità, e attraverso me gli uomini vedranno il Cristo, come attraverso il Cristo vedono il Padre . A questo punto i casi sono due: o Bosch dipinse il Trittico secondo le effettive direttive di qualcuno che conosceva i presupposti teorici della setta e la loro sublimazione nel magma del simbolo (un Gran Maestro?), oppure lo stesso pittore ebbe in seno agli Adamiti una posizione di rilievo. Al di là delle presunte relazioni tra Bosch e il Libero Spirito, bisogna senza alcun dubbio osservare che nel Giardino delle Delizie il pittore raggiunse un autonomia poetica insuperabile. In quest opera l artista espresse forse il suo massimo livello culturale prima di quello tecnico, connettendo limpidamente poesia, filosofia ed esotismo in uno sviluppo di impenetrabile fascino. Ermetismo alchemico, satanismo, dottrine religiose ortodosse e riletture esoteriche, pare si scaglino costantemente contro la nostra razionalità, lasciandoci avvolti dai più profondi dubbi. Il tono dolce della fiaba si sposa alla violenza dell invettiva e dell evocazione del mistero religioso. L aspetto mitico dell umanesimo qui appare rivitalizzato da tutta una serie di riferimenti simbolici, che in pratica sembrano assegnare al Trittico una particolare ruolo evocativo, figlio di quel neopaganesimo rinascimentale, a cui spesso si fa riferimento per certe espressioni artistiche del XV-XVI secolo. Come abbiamo già proposto, l opera potrebbe essere una metafora dell iniziazione degli adepti del Libero Spirito, realizzata secondo i dettami del gran maestro e sfruttata anche come ausilio propedeutico per i membri della setta. Va però anche aggiunto che la nudità e il rimando all eros primigenio sembrerebbero fuori sintonia con la morale cristiana, pertanto il trittico potrebbe anche risultare una composizione realizzata con l intenzione di criticare i piaceri terreni, o addirittura un allegorica accusa alle pratiche trasgressive dei gruppi eretici. L ambiguità quindi permane e il mistero non si dissolve cercando un itinerario simbolico portante, poiché nel trittico tante, troppe storie si combinano, si confondono, si sommano, dando vita ad una genia adamitica che dall Eden giunge all inferno nella sua improbabile ricerca di una perfezione incapace di staccarsi dalle adulazioni di delizie pur sempre solo terrene. Una descrizione capillare dell opera, che tenga presente le istanze dell iconologia,


richiederebbe una trattazione molto ampia che sarebbe comunque incompleta: soffermiamoci quindi solo su alcuni aspetti rilevanti. Sulle facciate esterne delle pale laterali del Trittico, è raffigurata La creazione del mondo accompagnata dalla scritta: Ipse dixit ef facta sunt; Ipse mandavit et creata sunt (riferita a Salmi 33, 9). La composizione propone il pianeta ancora avvolto dall atmosfera primigenia velata di nebbia, secondo un interpretazione che si allinea a quella biblica (Genesi 2, 4-6): Perché il Signore Dio non aveva ancora fatto piovere sulla terra, né vi era uomo che la lavorasse, ma una fonte saliva dalla terra, e ne irrigava tutta la superficie . Il Trittico aperto raffigura il Paradiso terrestre (tavola di sinistra), il Giardino delle Delizie (tavola centrale) e l Inferno (tavola di destra). Dal Paradiso prendono forma i modelli iconografici che permetteranno negli altri scomparti la formazione di ibridazioni sconvolgenti. Mentre nello scomparto di destra ci pare di osservare un bestiario medievale, abilmente cucito intorno ai due nuclei portanti, la creazione di Adamo ed Eva e la fontana della vita, nel Giardino delle Delizie il discorso pittorico assume tomi elevatissimi, che sfuggono ad una calibrata ricomposizione esegetica che intenda attenersi a modelli filologici aderenti solo alla

storia dell arte. Il meraviglioso macrocosmo delle delizie bosciane, a ben guardare è un falso paradiso, è un mondo simile a quello rintracciabile nelle cronache dei primi viaggiatori medievali: pellegrini alla ricerca di improbabili mondi dorati. Nella realizzazione del giardino di Hieronymus, ebbe, ad esempio, un ruolo certo non secondario il Voyage de Jan de Mandeville: un opera eterogenea, che si formò su fonti diverse e fu redatta intorno al 1356 da Jehan de Bourgogne. Specie umane, animali e vegetali si compenetrano nel tentativo di creare una simbiosi tra il principio di salvezza cristiana e la ricerca dell equilibrio esoterico che trova relazioni nel simbolismo di numerose religioni antiche. Sembrerebbe quasi che Bosch abbia voluto rappresentare i nostri lati peggiori con un linguaggio di facile comprensione, accessibile, pur nel parossismo che governa il percorso pittorico. È il tema della lussuria mediata da numerosi inganni iconografici a dominare la tavola centrale, caratterizzata da un irrefrenabile cavalcata di potenziali peccatori si concede ogni tipo di trasgressione. Una trasgressione che risulta collocata tra molteplici presagi di lussuria, in cui l erotismo più sfrenato pare avanzare istanze di sacralità. Ogni piccola porzione della tavola propone un rimando il cui

Bosch significato dilata la portata semantica del Giardino delle Delizie: dalla ricorrente donna nera ( Io sono bruna ma graziosa, tra le figlie di Gerusalemme, come le tende di Kedar, come le cortine di Salomone , Cantico dei Cantici 1,5), al pesce (simbolo esoterico cristiano di salvezza); dall uovo e dalla caverna: luoghi di rinascita dopo la purificazione, alle ampolle cosmiche in cui avviene l apoteosi dell incontro delle energie fisiche; dalle ibridazioni positive alla totale esemplificazione del simbolo vegetale depositario del segreto per accedere ad uno dei tanti livelli criptici dell opera; dall essenza dell androgino alle elevazioni degli uccelli a protagonisti nell itinerario simbolico perseguito. Su tutto e tutti prevale l acqua della rinascita, che alla fine del tempo garantirà la nuova creazione del regno millenario ( A colui che ha sete darò acqua da bere dalla sorgente dell acqua viva , Apocalisse 21,6). Grappoli di uomini e di donne, cortei, animali esotici e fantastici, improbabili unioni antropozoo-fitiformi e strutture sconosciute di forme suggestiva quanto impossibile, montate sul meccanismo di un inconscio qui elevato a sceneggiatura, creano le mille vicende di questa sacra rappresentazione profana, che dà corpo alla nostalgia del paradiso primor-

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diale, evocando una perfezione formale scevra di inquinamenti terreni. Per qualcuno Bosch attinse i temi della sua opera da una fantasia allucinata, che se pure sorse per rispondere a precise necessità rappresentative della setta del Libero Spirito, secondo un programma iconografico in parte definito, non riuscì di certo a sottrarsi a quella grande urgenza di vedere oltre il visibile. L ermafrodismo iniziale, domina la composizione, mentre un tempo senza più né alfa né omega conduce uomini e animali in una giostra di piacere, che lascia trasparire i segni di una trasgressione destinata a non passare inosservata. E così Eva si fa Lilith, la sirena diviene la tormentata Melusina, il corteo degli uomini una cavalcata di vizi, il brulicante universo di genti alla ricerca del sogno adamitico si trasforma nel popolo del tempo mitico che riemerge dal mito trasformando l acqua in veleno. Per zavorrare l elevazione totale del Giardino delle Delizie, Bosch concluse la composizione con la più scenografica tra le raffigurazioni dell Inferno, che nella tavola di destra apre decisamente un nuovo capitolo, ripristinando il concetto di peccato e assegnandogli il suo consueto ruolo. In questo Inferno bosciano ritroviamo le più sorprendenti mutazioni e le ibridazioni, che si collegano all universo mostruoso tipico del pittore olandese. È uno spazio terribile, in cui i vizi capitali sono abilmente mascherati nella voluttà dell impaginazione, velando la loro eco peccaminosa in una complicata alternanza di presagi e di violenza. I simbolismi

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negativi si sommano a quelli ermetici, creando un programma figurativo in cui l angoscia prevale e la caducità dei beni terreni si rivela in tutta la sua effettiva dimensione. Mostri pattinatori , cavalieri divorati dai basilischi, suore con strane cuffie riconducibili a quelle delle sacerdotesse di Baal, parti anatomiche ed oggetti di dimensioni innaturali, una schiera incalcolabile di genti e ibridi travolti dall inarrestabile ricerca dell impossibile, formano una sorta di anfiteatro in cui di fatto sono tre i punti focali della prospettiva infernale. Troviamo Satana, posto su un trono ai margini di un pozzo senza fondo, che divora i dannati e li espelle in un ampolla senza via d uscita; un misterioso uomo-albero, le cui radici poggiano su due vascelli e che offre diversi significati: l archetipo dell albero della vita si fonde ai miti esotici dei vegetali umani , fino alle interpretazioni medievali sorte intorno alla mandragola e ai suoi poteri molteplici; il terzo punto è costituito dalla presenza di numerosi strumenti musicali, sui quali i dannati trovano ulteriori e originalissimi tormenti. Il legame musica-peccato è di tradizione veterotestamentaria ( Il tuo fasto è disceso nello sceòl, come la musica delle tue

arpe , Isaia 14, 11) e ha offerto molte interpretazioni, alcune problematiche, tendenti in passato a porre i musicisti, come gli attori, nel gorgo del male e della trasgressione. Nel dipinto di Bosch gli strumenti sono macchine infernali di sofferenza, che privi delle loro principali funzioni rituali o creative, sono ridotti a violente strutture scaraventate nel gorgo delle anime dolenti. Indubbiamente, il rapporto della magia con la musica ha radici che affondano nelle tradizioni rituali delle religioni. Conoscere la musica non è altro che sapere l ordine di tutte le cose e quale sia il divino disegno , si legge nel Corpus Hermeticum attribuito ad Ermete Trismegisto. La musica è una matematica misteriosa i cui elementi partecipano all infinito , sottolineava Debussy, continuando così ad evidenziare le funzioni magicoesoteriche riconosciute comunque alla materia musicale. Per Pitagora l universo si lasciava leggere come una partitura musicale; in questo modo il grande pensatore poneva la musica all interno di una realtà simbolica che ancora oggi domina numerose espressioni in cui le note sono parte di un linguaggio altro , più vicino al mito. Secondo gli esoteristi, il canto magico deve essere diretto


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verso i quattro punti cardinali. Le sue virtù magiche derivano non soltanto dalle immagini o dalle idee contenute nelle parole, ma anche dalle sonorità imitative, dalle ripetizioni, dal ritmo ossessivo: il martellamento dei tam-tam è insieme un linguaggio e un incantesimo. Nei trattati magici, da Cornelio Agrippa di Nettensheim a Marsilio Ficino, fino a Robert Fludd, la musica svolge sempre un ruolo importante, in quanto considerata strumento fondamentale per condizionare gli stati d animo e rendere l ascoltatore particolarmente sensibile alle influenze extrasensoriali. Totus mundus est animal unum ratione musica saltans , affermava Marsilio Ficino, paragonando l universo ad un danzatore, e ponendo in evidenza quella prospettiva esoterica tendente a considerare la musica non solo metafora dell universo matematico, ma potenza cosmica attrice nell armonia tra micro e macrocosmo. Per il Della Porta se le altre virtù (...) portano l utile, e l onesto, ed il necessario; la musica oltre le tre accennate dona cinque altre prerogative, cioè gioia alla mente, sollievo al core, diletto all orecchie, utile ed onesto trattenimento di mondo, e per fine, un pensiero di gloria (1696). Athanasius Kircher pensava che la musica avesse soprattutto una funzione terapeutica, applicabile con ottimi risultati, in particolare su quanti soffrivano di disturbi che oggi definiremo neurologici: la musica, insomma, è una straordinaria medicina, adatta a scacciare tutte le malattie, sia historiae sacre che profane abbondantemente ci tramandano di melanconici, furiosi, indemoniati, avvelenati

curati da essa (1643). Cornelio Agrippa evidenziava, nell ottica tendente ad armonizzare la dimensione umana a quella cosmica e astrologica, il ruolo esoterico della musica, l armonia musicale non è orbata dei doni siderali, poiché è una potentissima imitatrice di tutte le cose. Seguendo opportunamente i corpi celesti, provoca il celeste influsso, agendo sulle passioni, gli atteggiamenti, i gesti, i movimenti, le azioni e i costumi e disponendo l anima secondo le sue proprietà, gioia o tristezza, audacia o tranquillità e simili . Se la musica - come sosteneva Mahler- esprime quello che le parole non possono dire , può essere linguaggio parallelo, magico-esoterico forse. Un linguaggio che sotto lo strato del suono, conserva tutta una serie di altri messaggi decifrabili solo da quanti sanno stare in ascolto delle voci poste al di fuori della ristretta gamma dell udibile? Ritornando all Inferno musicale di Bosch, costatiamo che in questa raffigurazione, il pittore partì da un impostazione tipica dell Aldilà, aggiungendovi poi tutta una serie di brillanti e geniali innovazioni figurative colme di simbolismo. Come il diabolico macchinario costituito da una coppia di orecchie, trafitte da una freccia e attraversate da una lunga lama di coltello. Forse un richiamo al detto evangelico: Chi ha orecchie per udire, oda ? Come abbiamo già sottolineato, quanto ci pare particolarmente importante è la constatazione che il pittore, nella realizzazione della tavola di destra, si volse ancora una volta indietro, per osservare il presagio del castigo, così come la sua ortodossia religiosa da sempre suggeriva.

L ipotesi di un mondo senza regole, governato dalla cultura del libero arbitrio e privo del fardello del peccato, in effetti risultava per Bosch improponibile. Il paese di utopia degli Homines Intelligentiae a Hieronymus, quasi certamente, non interessò mai; forse i conflitti eretici lo coinvolsero su altri piani, senza però condizionarlo nei suoi rapporti con il Cristianesimo. Tuttavia, la sua vicenda intellettuale non passò indenne attraverso l atmosfera colma di interrogativi sulla religione caratterizzante la cultura del suo tempo. Il teocentrismo medievale andava allora spostando il proprio asse di rotazione, sulla sua orbita si erano ormai profondamente inseriti nuclei eretici, congreghe, terroristi della fede che con le loro proposte di innovazione sfaldarono la solidità di numerosi dogmatismi cattolici. Tutto questo meccanismo di ricostruzione, di maggiore definizione del rapporto tra uomo e divino, ebbe in Bosch riverberi diversi; l eco dei primi vagiti riformisti già attraversò la sua vita e sottilmente si insinuò nella sua pittura. L eventuale parentesi del Libro Spirito, per Hieronymus fu, al limite, una semplice fuga momentanea, forse una personalissima indagine oltre il livello ufficiale del sacro, in cui le sue visioni ebbero il modo di schiudersi all interno di una dottrina esotericamente lanciata verso il raggiungimento di un improbabile purezza. P.42: Estrazione della Pietra della Follia (1480, Meester snijt die keye ras, Myne name is lubbert das), Hieronymus Bosch, Museo del Prado, Madrid.; p43-49 : Il Giardino delle Delizie (o Il Millennio ), olio su tavola (1503/1504), Hieronymus Bosch (c. 1450 1516), Museo del Prado, Madrid.

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ono Io la Morte e porto corona Io Son di tutti signora e padrona E così sono crudele, così forte sono e dura Che non mi fermeranno le tue mura. (Angelo Branduardi: Ballo in Fa Diesis Minore) Il testo di questa suggestiva canzone di Branduardi è stato ispirato all autore dalla didascalia, molto simile, posta a lato degli affreschi della Danza Macabra nella chiesa di San Vigilio a Pinzolo (Trento). Ma che cos erano le danze macabre? Dove e quando si sono sviluppate? Quanto hanno rappresentato il rapporto dell uomo medioevale e rinascimentale con la morte? Background storico Le danze macabre nacquero in un momento molto drammatico nella storia d Europa, tra la fine del XIV e l inizio del XV secolo: si era in piena Guerra dei Cent anni (13371453), si erano susseguite spaventose carestie (devastanti fino al 1348), la Chiesa veniva continuamente sfidata dai movimenti religiosi popolari (beghini, guglielmiti, apostolici, dolciniani, francescani spirituali, fraticelli, sacconi, fratelli del libero spirito, turlupini,

umiliati, poveri lombardi, ecc.1) e, soprattutto negli anni 1347-1352, la Grande Peste (la Morte Nera) aveva mietuto un tale numero di vittime da ridurre la popolazione europea di un terzo. I morti erano così tanti che spesso non potevano essere sepolti in terra consacrata, ma solo scaricati in fosse comuni. La concreta possibilità di una fine rapida e dolorosa sviluppò negli uomini due sentimenti opposti: da una parte il desiderio religioso di pentimento ed espiazione (che fece scaturire il fenomeno dei flagellanti2, condannato come eretico e represso dalla Chiesa Cattolica), dall altra la folle bramosia di cantare, ballare e festeggiare, quasi intuendo che ogni giorno poteva essere l ultimo. Dalla fusione di questi due opposti sentimenti nacquero le danze macabre, che, in origine, erano una forma di spettacoli (diffusi in Germania e Inghilterra) tenuti nei cimiteri, nelle chiese o presso le corti dei regnanti: il più antico di cui si abbia il testo è la spagnola "La Danza General de la Muerte", risalente al 13603, sebbene alcuni autori4 tendono a far derivare questi spettacoli ad un genere letterario, popolare nel XIII secolo, denominato Vado Mori (Vado a morire), una serie di brevi monologhi di vari personaggi, delle

più disparate classi sociali, destinati a morire (anche se, va fatto notare, in queste rappresentazioni la morte non compare mai, e non viene mai data risposta ai monologhi dei morenti). In seguito, con il migliorare delle tecniche pittoriche, iniziarono a comparire le prime rappresentazioni della danza macabra, o di altri soggetti macabri, sulle pareti (solitamente esterne) di chiese e cimiteri, sotto forma di affreschi, o come altri generi artistici (stampe, quadri ecc.). Soggetti degli affreschi Gli affreschi medioevali a soggetto macabro tendevano a seguire tre tematiche ricorrenti (citate in ordine temporale progressivo): * L incontro dei tre vivi e dei tre morti. Questa era originariamente una narrazione a sfondo allegorico e moraleggiante (già popolare nel XII secolo), poi evoluta in forma iconografica, la cui descrizione ci viene riassunta da un testo del 1250 ca.5: C erano una volta tre signori in viaggio [in altre versioni durante una caccia]. Tre morti si drizzarono all improvviso nelle loro tombe al loro passaggio, e dissero loro: <<Come io fui, tu sei, e come io sono, tu sarai. Ricchezza, onore e potere sono privi di valore al momento del vostro trapasso>>. Il primo

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signore proseguì il suo viaggio poiché accettava l idea di morire un giorno, il secondo restò pietrificato e si rifiutò di avanzare ulteriormente, il terzo girò su se stesso e fuggì, spaventato . * Il Trionfo della morte. Derivato dalla forma letteraria trecentesca dei trionfi, un esempio di questo tipo di iconografia si trova nell affresco dell Oratorio dei Disciplini a Clusone (Bergamo)6: la Morte è in piedi su un trono a forma di sepolcro, dove giacciono i cadaveri del papa e dell imperatore, ed è affiancata da due scheletri servitori, armati di arco e di archibugio. Ai piedi del sepolcro, vi sono numerosi personaggi, come vescovi, principi, re, dogi, che inutilmente offrono le loro ricchezze per poter sfuggire all inevitabile destino. In altri esempi pittorici, la Morte miete le sue vittime a cavallo, come nel famoso dipinto di Pieter Brueghel il Vecchio, Il Trionfo della Morte, esposto nel Museo del Prado a Madrid, o come nell affresco di Pinzolo. *La Danza macabra [propriamente detta]. Nel contesto di questa appare, per la prima volta, proprio il termine macabro , dal francese macabre, la cui etimologia è alquanto incerta: si è ipotizzato che risalga al siriaco maqabrey (becchino)7, oppure all ebraico meqaber (becchino) oppure all arabo maqâbir (cimitero)8, anche se la versione generalmente più accettata è che sia stato ispirato dal culto degli eroi biblici Maccabei, la cui venerazione nel Medioevo era paragonabile a quella dei morti.

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La Danza Macabra La terza tematica degli affreschi è dunque la danza macabra, intesa come una lunga processione di personaggi, delle più varie estrazioni sociali, dall intera gerarchia ecclesiastica (papa, cardinali, vescovi, abati, canonici, suore, preti) ai rappresentanti del mondo laico (imperatori, re, duchi, conti, nobildonne, cavalieri, soldati, dottori, giudici, avvocati, mercanti, usurai, ladri, predoni, contadini, e bambini), che vengono trascinati, loro malgrado, a ballare (sembra una farandola9, una danza a catena tipica della Provenza) ciascuno accoppiato ad uno scheletro, o ad un morto emaciato o putrefatto, sovente munito di uno strumento musicale. Questi scheletri o morti sono i doppi dei vivi, che vengono da loro invitati a ballare con un atteggiamento spesso sarcastico, aggressivo o addirittura feroce: l intera rappresentazione, secondo autorevoli studiosi, come Franco Cardini10 e Chiara Frugoni11, non è facilmente collocabile in una dottrina cattolica ufficiale, più incline ad una raffigurazione contemplativa dei morti e della morte come monito alla penitenza e all umiltà oppure a mo di esortazione a pregare per i defunti (ora pro nobis), intesi come anime del Purgatorio (la dottrina del quale era stata definita solamente nel XIII secolo, durante il II Concilio di Lione del 1274). Le danze macabre potrebbero quindi essere un ricordo di antichi riti precristiani, come la Festa celtica di Samhain, un momento dell anno dove vivi

e defunti s incontravano, oppure di figure arcaiche, come il bretone Ankou, una rappresentazione della morte sotto forma di scheletro con la falce, o, infine, un richiamo alle leggende nordiche teutoniche12 come la cavalcata dei morti, nota come wutende Heer (la caccia selvaggia), che richiama la cavalcata delle Valchirie. Diffusione della Danza Macabra in Europa A conferma di ciò, la diffusione geografica della danza macabra fu elevata soprattutto nell area abitata dagli antichi celti, vale a dire l Europa Centro-settentrionale, come Germania (nota come Totentanz), Svizzera, Austria, Francia (Danse Macabre), Inghilterra (Dance of Death), Italia settentrionale (soprattutto nella fascia alpina, in province di Bergamo, Brescia e Trento), con pochi isolati esempi all infuori di queste zone (Estonia, Croazia, Slovenia, Danimarca). Si calcola che siano stati dipinti circa 300 affreschi di danze macabre, anche se oggigiorno ben pochi si sono salvati dall incuria del tempo. Storicamente il primo affresco, corredato di dialoghi tra i vivi e i morti, fu quello del 1424 dipinto nel Cimitero degli Innocenti (smantellato nel 1786) a Parigi: lo possiamo ancora ammirare grazie all editore Guyot Marchant, che ne pubblicò una riproduzione in un libro del 1485. Tra gli esempi in uno stato di conservazione abbastanza buono possiamo citare in Svizzera la danza macabra dipinta sui riquadri triangolari in legno del ponte du Moulin a Lucerna e quella sulle vetrate colorate della Cappella Matter nel Duomo di Berna, in Germania l affresco della Marienkirke a Berlino, e quelli a Füssen e a Metnitz Karner, in Italia il ciclo pittorico di Simone de Baschenis a Pinzolo (Trento) e il grande affresco con il Trionfo della Morte e la Danza Macabra di Giacomo Borlone de Buschis a Clusone (Bergamo), in Danimarca la Danza Macabra di Nørre Alslev, in Estonia quella di Tallinn (che riprende parzialmente la famosa Danza Macabra di Lubecca, purtroppo distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale), in Francia gli affreschi a Kermaria an Isquit in Bretagna (questi ultimi ispirarono il musicista Camille Saint Saens nella composizione della sua Danse Macabre13), in Slovenia nella Chiesa


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della Santa Trinità a Hrastovlje (Cristoglie), in Croazia nella Chiesa di Santa Maria a Beram (Vermo), e in Scozia la Danza Macabra incisa sulle volte in pietra della famosa Rosslyn Chapel. Ma le Danze Macabre hanno ispirato anche altre forme artistiche, come le xilografie di Hans Holbein il Giovane del 1538 con commento di Jean de Vauzèlles14, le terrecotte di Zizenhausen15 del 1805 (che permettono di ammirare le figure che facevano parte della Danza Macabra del Convento Domenicano di Basilea, dipinta nel 1440 ca., ma distrutta nel 1805), o le 72 acquetinte a colori (The English Dance of Death16,17) dell acquerellista satirico inglese Thomas Rowlandson del 1816. Interpretazione delle Danze Macabre attraverso uno degli esempi più significativi in Europa: Pinzolo Dopo quest introduzione storica generale, proviamo a guardare con attenzione alcuni esempi italiani di Danze Macabre (con particolare riferimento a quella di Pinzolo). Come diversi studiosi hanno messo in evi-

denza, dare un interpretazione univoca alle diverse manifestazioni del macabro è impresa difficile, e fino ad oggi non completata. Ecco perché occorre entrare nello specifico di alcune opere e cercare di calare nel luogo e nel tempo specifici e contingenti i significati che questo genere così particolare veicolava. Dicevamo prima che la maggior parte delle Danze Macabre trova naturale ambientazione nelle antiche chiese cimiteriali. Nessuno scenario meglio di un camposanto potrebbe rendere efficace e suggestivo il tema dell ineluttabilità della morte. Inoltre la chiesa di Pinzolo dedicata a San Vigilio (primo vescovo di Trento ucciso nel 400 nel tentativo di sradicare le ultime vestigia pagane in Val Rendena), aveva un particolare legame con le compagnie penitenziali della Val Rendena: esiste infatti più di una prova che, pur non essendo la sede ufficiale della Compagnia dei Battuti, fosse sede delle loro violente e crude cerimonie di flagellazione alla presenza dei fedeli. L immagine del Christus patiens che campeggia sulla parete meridionale della

chiesa stessa con due flagelli -emblemi identificativi della compagnia- che pendono dai bracci della croce è un altro chiaro collegamento18. Anche la Danza Macabra di Clusone è affrescata sulla facciata della chiesa dei Disciplinati, che hanno certamente commissionato l opera ed, infatti, un loro rappresentante compare nella processione della Danza Macabra. Dato che, almeno per questi due esempi italiani (Pinzolo e Clusone) i Battuti hanno avuto un ruolo centrale, non mancando questi né dei mezzi economici né dell influsso culturale necessari per la realizzazione, crediamo sia il caso fare un cenno più approfondito a tale confraternita: comprendere bene questa particolare esperienza religiosa ci aiuterà senz altro ad interpretare meglio le due Danze Macabre. Partendo dagli Statuti (che contengono indicazioni di carattere organizzativo, morale e religioso) e dai Laudari (a contenuto devozionale), si può evincere tutto il carattere penitenziale di quest ordine laico, che riflette il profondo senso di colpa

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e conseguente necessità di espiazione della società medioevale, che si sente in debito con il Cristo, morto per redimere i peccati del mondo, e così caro alla devozione popolare proprio perché in Lui identificava la propria vita di sofferenza e di miseria. Solo rivivendo personalmente le sofferenze della Passione, l uomo medievale si sente di estinguere il debito di salvezza. E la chiesa cattolica indica di fatto due vie di sfogo e di espiazione: l adesione ad un ordine monastico (che implicava l allontanamento dal mondo) oppure l ingresso in un Ordo poenitentium, portatori quest ultimi di nuove proposte spirituali: ossia la possibilità di realizzare i precetti cristiani pur mantenendo lo stato laicale. Essi si riunivano in confraternite che, senza la coabitazione come i monaci, si davano una regola di vita comune e condivisa che fondesse insieme gli aspetti penitenziali (flagellazione pubblica per i Battuti o Disciplinati), con quelli delle abituali attività quotidiane. Inoltre particolare attenzione era riservata anche alla cura dei morti ed alle cerimonie funebri. Proprio in questo contesto vengono fuori due differenti elementi apparentemente in contraddizione (che ritroveremo sic et simpliciter come motivi portanti nelle Danza Macabra di Pinzolo): Motivo 1: Da una parte, la concezione cristiana della morte, vista come passaggio nell aldilà, quindi consolante e portatrice di speranza, visione in cui poca importanza è data alla componente fisica, materiale dell uomo mentre unica preoccupazione è l anima e la sua vita

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eterna nell aldilà con Dio quindi che giudica, salva o punisce gli uomini a seconda dei propri peccati. Da qui l ansia tipica dell uomo medioevale per il proprio destino; Motivo 2: Dall altra parte, il sentimento di attenzione per la morte fisica, la cura per i morti, il concetto della morte come forza naturale distruttiva ed autonoma rispetto alla volontà di Dio, morte livellatrice che colpisce sia i giusti che i peccatori; morte funesta che tutti miete senza fornire alcuna giustificazione salvifica; l inquietante ed arcaica concezione di origine germanica della presenza dei morti tra i vivi. Quindi, da una parte troviamo elementi di continuità con il passato, con il Medioevo, con il patetismo , con il dolore, la passione, dall altra si cominciano ad intravedere le caratteristiche distintive dell età moderna, come l attenzione ai bisogni materiali dell uomo, lo sviluppo della borghesia e della laicità, la centralità dell individuo e della sua vita terrena nell economia dell esistenza tutta, fino ad allora fortemente pervasa di religione. Ma cerchiamo questi due divergenti motivi storico-culturali nelle immagini della danza macabra di Pinzolo, dove ci sembrano più evidenti e significativi. Volendo leggere l affresco da sinistra verso destra, la prima cosa che colpisce è la presenza di tre scheletri. A questi fa seguito tutta la sfilata successiva, formata da corpi scarnificati che suonano la cornamusa mentre uno di essi è seduto su uno scranno con la corona in testa nella chiara rappresentazione della morte sovrana.

Essa nella didascalia sottostante dice in volgare "Io sont la morte che porto corona \ sonte signora di ogni persona" (motivo 2). Segue un immagine molto particolare, che potrebbe essere vista come blasfema se non considerassimo appunto il concetto di cui sopra al motivo 2 (morte indipendente dalla Divinità). Anche Gesù Cristo è colpito dalle indifferenti frecce della morte, e dice: O peccator pensa de costei/la me a morto mi che son signor de lei . Ecco quindi che, definito in immagini dal pittore itinerante Baschenis il concetto di morte livellatrice, si apre la danza vera e propria con tutta l enfilade di personaggi accompagnati ognuno da uno scheletro. Questi nell ordine strettamente gerarchico della società medioevale sono il pontefice, il cardinale, il vescovo, il sacerdote, il monaco: tutte le autorità religiose sono trattate alla stregua degli altri. Dice la didascalia del Papa: Osumo pontifice de la cristiana fede/Cristo è morto come se vede/Aben che tu abbia de sanpiero el manto/aceptar bisogna de la morte il guanto , segue quella del Cardinale ...poi chel nostro primo parente adam è morto/si che ate cardinale non te fazo torto . In queste parole ritroviamo una pungente ironia segnalata anche dall espressione sadicamente divertita degli scheletri circa la fine del ricco clero, che proprio in quel tempo era oggetto di dileggio per l eccessivo attaccamento ai beni materiali ed al potere temporale, fortemente in contrasto con le pietose condizioni di vita del comune popolino, falcidiato dalla fame e dalle malattie. C è forse, almeno a noi così pare, una certa


nota anticlericale e di satira sociale, non tanto nelle immagini quanto nelle didascalie che le accompagnano, tono canzonatorio più attutito nei successivi personaggi. Ma continuiamo nella presentazione dei partecipanti a questo particolarissimo ballo. Tocca ora all ordine laico: l imperatore, il re, la regina, il duca, il medico, il guerriero, l avaro, il giovane, il mendicante, la monaca, la gentildonna, la vecchia, il fanciullo. Ci sono tutti, ma a ben guardare manca qualcuno: i lavoratori, i mercanti, i contadini, la futura borghesia moderna (forse si è voluto proteggere dal dileggio e dal memento mori la committenza dell opera?) Ed a questo punto della danza, il Baschenis introduce un elemento tipicamente italico, legato ad una variante particolare della rappresentazione del macabro: il Trionfo della morte. La particolarità sta proprio nel mescolare due generi affini ma separati quali la Danza Macabra (di origine germanica) e il Trionfo della Morte (di origine italica). Forse per dare maggiore suggestione alla Morte, il pittore la raffigura a cavallo di un destriero bianco alato e fieramente al galoppo, con in spalla la voluminosa faretra e l arco ben teso, nell atto di scagliare copiose mortifere frecce. Ma gli intrecci tra generi e motivi continuano nell ultima scena dell affresco in cui ritorna preponderante quello che testé chiamavamo motivo 1 ossia il tema dell escatologia cristiana, qui rappresentata dall Arcangelo Michele (con tanto di bilancia livellatrice e di spada), dal diavolo (con il libro dei peccati capitali) e da un diafano angioletto che porta verso l alto un anima nuda al cospetto di Dio per il Giudizio Finale. Ecco quindi il messaggio escatologico: sì, una morte che colpisce tutti indistintamente, ma con una vita ultraterrena coerente con le opere compiute nell aldiquà. Volendo approfondire, pur non essendo questa la sede, potremmo individuare un terzo motivo tipico delle Danze Macabre, presente anche in quella di Pinzolo: la credenza popolare nei doppi , che affonda le radici in leggende arcaiche mai completamente cancellate dalla cultura di matrice cristiana. I doppi sono spiriti che sopravvivono all uomo dopo la morte corporale. Si tratta di un motivo radicato nel folklore germanico, in cui i doppi sono esseri ven-

dicativi e dotati di spirito aggressivo nei confronti dei vivi, a danno dei quali organizzano selvagge cacce notturne per catturarli e trascinarli con sé nel mondo delle tenebre . 19 L iniziato e la morte Come si pone l iniziato di fronte ad un evento così totalizzante, definitivo come la morte e la paura del nulla che essa evoca? Se per Platone la vita del saggio è una lunga preparazione alla morte, la quale non è altro che un trapasso ad un altra vita puramente spirituale, se Dante afferma che il vivere è un correre alla morte, noi riteniamo, ancor più, con Heidegger l essere-per-la-morte: per uscire dal corto circuito annichilente e distruttivo dell angoscia della morte, questa deve essere considerata come elemento che dà la consapevolezza che il nostro orizzonte di vita è limitato, quindi offre una direzione, un senso autentico alla nostra vita ed alle nostre scelte. Infatti si può parlare di esistenza autentica solo nel caso in cui ci sia progettualità e libertà assoluta nelle scelte; ma se quest ultime sono inquadrate in un orizzonte di vita infinito, non hanno senso, non sono progettuali fino in fondo. In una prospettiva di vita eterna, le scelte perdono significato perché sono reversibili. La morte quindi non è più nemica dell uomo, ma è una misura dell esserci. Ecco l importanza di conoscerla, per capire la vita appunto. L iniziazione stessa, in generale, può essere considerata come ars moriendi, ossia la morte da una precedente buia vita profana per rinascere poi alla luce come iniziato, proprio come un seme che marcisce nella terra per dar vita alla pianta (ciò è alla base dell iniziazione agli antichi misteri eleusini). E, per dirla col Guénon, questa morte rituale è persino più reale della morte fisica (che non incontriamo mai perché quando ci siamo noi non c è lei e viceversa). Nella società contemporanea, in cui molto spesso si chiacchiera senza parlare, in cui l obiettivo è la curiosità e non la vera conoscenza (che ben altro impegno intellettuale richiede), la morte è stata rimossa: non più io muoio , ma si muore , quasi come se la morte non toccasse personalmente ciascuno, perdendo così del suo significato.20 L opinione comune esorcizza l idea della morte, l iniziato l affronta, la fa propria, ne fa un

Totentanz continuum coerente ed organico con la propria vita. ________________ Note: 1 Per approfondimenti vedere: D.Swannie, Il Basso Medioevo. In Dizionario del Pensiero Cristiano Alternativo, www.eresie.it/it/id008_3_BassoMedioevo.htm 2 D.Swannie, Op. Cit., www.eresie.it/it/id339.htm 3 C.Herbermann & G.Williamson, Dance of the Death. In The Catholic Encyclopedia, Vol. 4, Robert Appleton Company. 4 NN, Dance of Death. www.deardeath.com/dance_of_death.htm. 5 Baudouin de Condé, Dit des Trois Vifs et des Trois Morts. Citato in Les Danses Macabres du XVéme siècle. www.clg-vilar-herblay.ac-versailles.fr/IMG/pdf/Seance06_Danses_macabres_docs_elev01.pdf 6 G.Scandella, I temi della morte nell affresco dell Oratorio dei Disciplini di Clusone. In Immagini della Danza Macabra nella cultura occidentale dal Medioevo al Novecento, pag. 57. Atti della mostra tenuta dal 26 giugno al 13 settembre 1998 a Pinzolo-Cusiano-Cles, Nodo Libri. 7 S.Bastasi, Arte e medioevo - I percorsi di Thanatos. www.thanatos.it/cultura/percorsi/percorsi_arte_medio-evo_testo.htm 8 F.Santucci, Non havire pagura a questo ballo venire. In www.letteraturaal-femminile.it/. 9 Ipotizzato da Pollefeys, Dance of Death. In www.lamortdanslart.com/. 10 F.Cardini, Nota sulla tradizione della Danza Macabra. In Immagini della Danza Macabra nella cultura occidentale dal Medioevo al Novecento, Op cit. pag. 21. 11 C.Frugoni, Il tema dell Incontro dei tre vivi e dei tre morti nella tradizione medioevale italiana. Atti dell Accademia nazionale dei Lincei - Memorie - Scienze morali, ser. VIII, vol. XIII. 12 M.Collins, The Dance of Death in Book Illustrations. Ellis Library, University of Missouri. 13 NN, Rosacrux - Danza Macabra. www.geocities.com/rosacrux/danza_macabra.html 14 K.Ward, The Danse Macabre. www.tabularasa.info/DarkAges/DanseMacabre.html. 15 V.Sozzi, La Danza Macabra di Basilea e le terrecotte di Zizenhausen. In Immagini della Danza Macabra nella cultura occidentale dal Medioevo al Novecento, Op cit. pag. 41. 16 L.Pedrone, La danse macabre en Europe occidentale. www.sprev.org/spip.php?article144 17 The English Dance of Death di Thomas Rowlandson. In Immagini della Danza Macabra nella cultura occidentale dal Medioevo al Novecento, Op cit. pag. 93 18 F.Cichi, L.De Venuto, Il movimento dei Battuti e le Danze Macabre della Val Rendena. Manfrini Editori, Calliano (Trento). 19 F.Cichi, L. De Venuto, Op. Cit. 20 D.Fusaro, Martin Heidegger. www.filosofico.net/heid105.htm

P.50-55: Danze macabre (vd. testo articolo, foto di D.Swannie e M.Toscano).

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ei giorni di sabato 11 e domenica 12 luglio, a Triora, in provincia d Imperia, si è tenuto il convegno, organizzato dalla Gran Loggia d Italia Obbedienza di Piazza del Gesù Palazzo Vitelleschi, con il titolo E farai in modo che niuna strega viva (Esodo, 22, 17) sottotitolo Lo spettro del nemico occulto nell immaginario collettivo e la persecuzione di minoranze, diversi e culture non allineate. Triora è un borgo medioevale della provincia d Imperia conosciuto proprio per essere il paese delle streghe , in quanto teatro alla fine del Cinquecento di uno dei più famosi processi stregoneschi. La rievocazione storica di questo processo, (tenutosi nel 1588) ha costituito lo spunto ed il filo conduttore per

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due giorni d approfondimenti storicofilosofici all insegna delle minoranze e della diversità. L organizzazione del Convegno è stata curata dalla Delegazione della Liguria con la stretta collaborazione dell Ispettorato provinciale d Imperia. Presidente del Convegno è stato il prof. Luigi Pruneti, Sovrano Gran Commendatore Gran Maestro della Gran Loggia d Italia. Ecco le premesse del convegno, espresse nel discorso iniziale del Delegato Regionale della Liguria Camillo Novelli: La strega rappresenta l archetipo di nemico occulto nell immaginario collettivo, simbolo di persecuzioni nei confronti di minoranze e di diversi che hanno costellato tutte le epoche, compresa la contemporanea. Ancora oggi la caccia alle streghe non è finita. Le minoranze


culturali (tra le quali possiamo annoverare anche la Massoneria) costituiscono ancora, nell opinione corrente della nostra società, una presenza considerata pericolosa, a cui guardare con sospetto." L elenco dei relatori era molto qualificato e formato quasi esclusivamente da profani, appartenenti al mondo universitario. Il convegno è stato seguito da un folto pubblico proveniente da ogni parte d Italia. Nel primo giorno il Gran Maestro ha tenuto il discorso d apertura illustrando le radici storiche della stregoneria partendo da brani dell Antico Testamento che condannavano chi eserciti la divinazione o il sortilegio , passando a testi del mondo classico come l Asino d oro di Lucius Apuleius ed arrivando al Medio Evo quando alcuni Pontefici emanarono Bolle riguardanti il pericolo della stregoneria. Sorgeva la stagione della caccia alle streghe, sebbene la classe colta non credesse alla stregoneria, condannata come superstizione popolare. Anche nel Granducato toscano sorsero alcuni casi. Alla fine del XVI secolo la paura delle streghe era tale che l arcivescovo Villini ordinò una inchiesta, su tutto il territorio toscano, che si risolse con un nulla di fatto. Si trattava solo di millanteria d alcune povere donne, che cercavano, in una maniera o nell altra, di sbarcare il lunario o di casi di clamorosi abbagli che colpivano donne anziane indementite. Una prima analisi del problema della stregoneria fu opera di Jules Michelet, nel 1863, che lo avrebbe individuato come un fenomeno di superstizione a carico di coloro che esercitavano una sorta di medicina popolare. Altre interpretazioni vi furono in seguito e la stregoneria entrò poi tra gli argomenti dell Antropologia Culturale. Ma, in realtà, la caccia alle streghe non è finita. Il nemico occulto è stato visto sotto altre forme anche in tempi più recenti. Paura, crisi e ignoranza, spesso e volentieri manovrate per motivi politici, hanno spinto ad individuare, di volta in volta, nuovi capri espiatori. I massoni hanno organizzato questo convegno per trasmettere la loro speranza in una società che non abbia più paure ed in cui nessuno venga condan-

nato o ghettizzato, ma in cui tutti gli uomini, di qualunque estrazione sociale, di qualunque formazione culturale, di qualunque aspetto, siano sempre e comunque rispettati, accettati ed amati, come fratelli. Di seguito il prof. Paolo Aldo Rossi, Ordinario di Storia della Scienza e della Tecnica dell Università di Genova, assieme alla dottoressa Rossella Masper, ha svolto un introduzione storica al convegno. Nella sua relazione ha ricordato di essere stato tra gli organizzatori del primo convegno sulle Streghe a Triora, circa venti anni prima, ed ha approfondito le origini storiche della persecuzione della stregoneria, in Liguria e in Italia citando numerose fonti storiche tra

cui i Diari di Marin Sanudo (1466-1536) e molte altre riferentisi al processo di Triora del 1588. La dottoressa Masper ha in seguito svolto una dettagliata relazione sulle caratteristiche d altri processi alle streghe celebratisi nello stesso periodo di quello di Triora, in altri paesi dell estremo ponente ligure. Il giorno dopo il politologo prof Giorgio Galli ha ricordato che la persecuzione delle streghe non fu solo una persecuzione reli-

Incontri giosa, ma le streghe furono i bersagli ideali per canalizzare non solo paure e superstizioni popolari, ma anche la richiesta di riscattare il ruolo della donna nella società. La ribellione delle streghe s inserisce così nella storia della trasformazione culturale e istituzionale della società. Lo studioso interpreta il fenomeno delle streghe come un movimento collettivo ribelle, a forte componente femminile, senza reprimere il quale non sarebbe stato possibile fondare lo stato moderno. Questo in quanto la storia umana si baserebbe su di un meccanismo di risposta alle ribellioni che può essere di tipo repressivo, come i processi alle streghe, ma può assumere, in un secondo tempo, anche un valore positivo, con il salto istituzionale verso la democrazia, come recupero di eguaglianza primitiva. Paradossalmente, dice Galli, la democrazia moderna nasce come risposta positiva alle persecuzioni delle streghe. La professoressa Ida Li Vigni, dell Università di Genova, ha espresso la sua opinione sul fatto che "la strega è la figlia della disperazione, anzi dell angoscia priva di speranza. Non c è strega senza vox populi. La strega fa paura perché rappresenta la rottura degli equilibri sociali e familiari. Ma, paradossalmente, la strega esiste non solo perché qualcuno la reputa tale, ma anche perché è lei che si riconosce come strega, in quanto ciò le conferisce una identità, e lei, come tutte le donne, ne è priva." I medici, assieme ai famigliari, figurano tra gli accusatori più spietati. Le altre donne si distinguono nello zelo accusatore. Sbagliano dunque le femministe a vedervi un embrione di solidarietà femminile contro l oppressione del maschio. A quell epoca non ve n era traccia. Il prof. Federico Pastore, dell Università di Genova, ha parlato delle radici storiche del processo inquisitorio. Il relatore si è soffermato sull analisi dell organizzazione del processo inquisitorio che si basava su alcuni testi, come le Bolle papali ed il libro Malleus maleficarum. Questo testo, in particolare, ottenne un successo planetario sia per la chiarezza, sia per il prestigio degli autori e

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Invocazione della Madre dei Serpenti Diana! Diana! Diana! Regina delle streghe! E della notte oscura, E di tutta la natura! Delle stelle e della luna E di tutta la fortuna!

Lo scongiuro del limone Al punto di mezzanotte Un limone ho raccolto, L ho raccolto nel giardino, Ho raccolto un limone, Un arancio, un mandarino. Cogliendo queste cose, Cogliendole, ho detto, Tu, o Regina del sole, Della luna e delle stelle, Ti chiamo in mio aiuto, E con quanta forza ho, a te scongiuro, Che una grazia tu mi voglia fare. Tre cose ho raccolto nel giardino, Un limone, un arancio, E un mandarino; una Di queste cose per la mia fortuna. Voglio tenere due Di questi oggetti in mano, E quello che dovrà servirmi Per la buona fortuna, Regina delle stelle, Fallo rimanere in mia mano!

(C.G.Leland, Aradia, or the Gospel of the Witches, Londra 1899, trad. L. Menegoni)

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divenne rapidamente il breviario degli inquisitori. I manuali erano consultati, come d altra parte i nostri codici, solo per la procedura. I giudici ecclesiastici, se si analizzano molti processi, agivano in generale in buona fede, senza farsi condizionare dai sospetti e dal clima d intolleranza dilagante. Non sempre così i tribunali laici. Nell analizzare il fenomeno della stregoneria, partendo soprattutto dalle fonti, ci troviamo di fronte a due posizioni che non riguardano però l esistenza del fenomeno, quasi da tutti accettata, ma le manifestazioni straordinarie dei suoi adepti. Erano quasi tutti convinti dell esistenza delle streghe ma non dei loro effettivi poteri. La dott.sa. Emanuela Miconi, dell Università di Genova ha affrontato un tema inconsueto: "Gli zingari: portatori d alterità. La percezione dell altro e del diverso". La studiosa ha individuato un filo rosso che collega la storia degli zingari a quella delle streghe. Anche gli zingari vanno a costituire un capro espiatorio di lunga durata ed anche loro hanno subito il loro Olocausto, durante il nazismo, con lo sterminio di cinquecentomila zingari nei campi nazisti. Tutt oggi gli zingari vengono erroneamente identificati dal punto di vista razziale e non come popolo o cultura. La dottoressa Miconi ritiene che sostanzialmente l Europa, e la cultura occidentale in genere, abbiano prodotto una sorta di visione schizofrenica dello zingaro; da un lato emblema d insanabili devianze da un presunto ordine etico e morale e pertanto demone da perseguire, dall altro metafora di un Eden perduto d istinto, sensualità e libertà precluso ormai all uomo contemporaneo. Certamente gli echi delle antiche persecuzioni sembrano ormai lontani e oggi eserciti d operatori del sociale si affannano a solidarizzare anche con l Altro. E lecito chiedersi quanto in realtà esista una reale volontà di accogliere l Altro da Sé senza costringerlo ad una forzata assimilazione e integrazione a ciò che invece è simile a noi . I prof. Adolfo Francia, Docente di Medicina Legale presso l Università dell Insubria (Varese) ha trattato il tema: Il capro espiatorio: la discriminazione delle minoranze culturali . Il relatore, affrontando il fenomeno della costruzione dello stereotipo della strega, ha affermato che ancora al giorno d oggi esistono capri espiatori, come le streghe in passato, che, pur non venendo bruciati vengono emarginati dalla società. Sono i gruppi che costruiscono i capri espiatori con dinamiche psicologiche che rappresen-

tano il luogo di convergenza dell affettività distruttiva del gruppo. Per esemplificare il suo assunto il prof Francia ha analizzato un racconto del 1880 di Guy de Maupassant, dal titolo Boule de suif. La novella narra la storia di un gruppo di 10 persone (una prostituta ed un gruppo di borghesi) in fuga da Rouen, invasa dai prussiani, su una carrozza diretta alla volta di Dieppe, ed analizza le dinamiche psicologiche e le funzioni del diverso all interno di un gruppo; il diverso è necessario all economia del gruppo che lo strumentalizza e poi lo esclude. E la stessa dinamica presente all interno di una canzone di Fabrizio De André "Bocca di rosa". Una volta i capri espiatori si bruciavano, oggi non più, ma le dinamiche sono le stesse. Ito Ruscigni, Dirigente del Casinò di Sanremo, curatore da ventisei anni della rassegna culturale del Casinò di Sanremo "Martedì Letterari", ha tenuto una relazione sul tema "Le religioni matriarcali pagane e le nuove religioni". Il relatore si pone il problema di come sia stato possibile che la donna, considerata nell antichità come oggetto di sacralità e portata all estrema conseguenza d elevazione sacerdotale sia poi diventata una strega da bruciare. Riferendosi agli studi di Bachofen il relatore ha sostenuto che anche nel diritto romano il diritto matriarcale anticipava quello patriarcale e che questa sua caratteristica i Romani l avevano derivata dagli Etruschi, popolo proveniente dal Medio Oriente in cui questa concezione matriarcale era nata. Il predominio del matriarcato era poi anche evidente nell antica Grecia. In questa concezione il principio originario è quello della madre terra che tutto genera e dispone del potere. La madre genera tutto e l uomo ha solo una piccola funzione legata al seme. L uomo combatte ma la donna comanda. Il culto di Demetra rappresenta il simbolo della terra generatrice e potente. Nella cultura patriarcale, che viene dopo, questa concezione viene ribaltata. Demetra è sostituita da Afrodite, la prostituta sacra. Nella concezione antica vi era la sacralità della natura che invece nel Cristianesimo diventerà demoniaca. Antesignano di questo ribaltamento fu S. Agostino che disse che il peccato originale era trasmesso attraverso il sesso, per cui tutta l opera dell uomo diventa peccato, che sarà riscattato solo dal sacrificio del Cristo. Il prof. Valerio Meattini, Ordinario di Filosofia teoretica presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell Università degli Studi di Bari ha affrontato il tema: "Il volgo chiamò


notte quel sol che non conobbe. Il rischio dell eccellenza. Riflessioni sul Platone iniziatico". La frase del titolo è attribuita a Michelangelo e serve a teorizzare l odio implacabile verso un eccellenza che mette in evidenza le carenze della massa. Il relatore ha voluto mettere in rilievo che esiste una ragione non solo psicologica o competitiva nei confronti dell eccellenza ma che anzi questo meccanismo è inevitabile e funzionale a determinati equilibri. Ha portato quindi tre esempi d eccellenza e di relative forme di persecuzione. Quello di Socrate che combattendo il conformismo del pensiero genera la reazione violenta dei suoi seguaci. Poi l esempio di Platone che aspirava a congiungere la saggezza dei filosofi con l autorità dei re e che sosteneva che il sapere che l anima genera non può essere schematizzato per cui esiste un indicibile che non può essere scritto. Infine porta l esempio di Galileo ed il suo accusatore, il cardinale Bellarmino, che lo contrasta affermando che poteva anche aver ragione sull eliocentrismo ma che non aveva prove per sostenerlo se non tra i sapienti ma non tra i semplici. Un ipotesi non dimostrata non è scienza. In definitiva sappiamo che aveva ragione Galileo, ma il metodo scientifico dava ragione a Bellarmino. Da questi tre esempi il relatore ha tratto la conclusione che la vita dell uomo è dominata dal conflitto e l antagonismo tra elementi dinamici innovativi con elementi stabilizzatori e conservatori. Quindi l uomo, di fronte al dualismo dell esistenza, è sempre in mezzo tra l indispensabilità del dinamismo e la necessità della stabilizzazione. Luigi Pruneti, Sovrano Gran Commendatore Gran Maestro della Gran Loggia d Italia ha concluso i lavori facendo una rapida sintesi delle relazioni ascoltate e, traendo le conclusioni del convegno, ha iniziato con il ringraziamento a tutti i relatori che, nei due giorni del convegno, con le loro brillanti relazioni hanno stregato tutti i partecipanti. Ha ricordato come ci siano state anche nel XX secolo altre cacce alle streghe (persecuzioni, stermini di massa) ed il nuovo secolo ne minacci di nuove, a causa dello spostamento dell ago economico da Occidente a Oriente, a causa dell identificazione del potere politico con il potere

economico. Ha ricordato che la Massoneria è l ultima congrega di streghe. La vox populi sulla Massoneria è antica e consolidata dalla scomunica di Clemente XII, in seguito Barruel creò il mito del complotto massonico internazionale. Il mito nero massonico si conformò sempre di più con un altra enciclica, Humanus genus 1884 di Leone XIII, poi seguiranno altre scomuniche sino al IV convegno della Internazionale per colpire il Fratello Coen, che era a capo del partito

comunista francese. Il Gran Maestro ha ricordato, poi, una delle ultime persecuzioni, in Italia, quella del 1992 dell inchiesta Cordova, miserevole avventura della magistratura italiana per cui, come per ogni altra minoranza, la Massoneria non aveva la possibilità di esprimere la propria voce, non le era possibile pagare pagine di comunicazione sui giornali, era impossibile appendere i manifesti massonici nei comuni. Tutto questo è stata una vera e propria persecuzione, volta a colpire l immaginario collettivo. La massoneria è stato un capro espiatorio necessario alla società, in un momento in

Incontri cui una componente essenziale della politica italiana era rappresentata dalla teoria del complotto. Questa complottomania nasce dalla sottovalutazione della complessità della storia e dalla necessità di dare una risposta rassicurante alla popolazione. Nei mille misteri della politica italiana la Massoneria è diventata un contenitore in cui ficcare tutto. Anche dopo l inchiesta Cordova, benché fallita, l immagine della Massoneria non è stata disossidata. La Massoneria rimane campo di caccia da parte della società per dare una giustificazione ed una ragione alle proprie paure e dubbi. Ciò nonostante, ha affermato il Gran Maestro, noi continueremo sempre nella nostra ricerca di valori e crescita interiore. Il motivo fondamentale di questa persecuzione è legato in realtà ad una sua intrinseca necessità. Il metodo massonico porta a far proprio il metodo socratico educando l adepto a chiedersi sempre: ma le cose stanno proprio così o diversamente? Questo culto del dubbio in massoneria viene sempre coltivato. Così ha concluso il gran Maestro: Forse proprio per questo noi Massoni siamo un poco streghe e un poco stregoni e di questo ce ne vantiamo... Ricchi e ricercati anche gli eventi di contorno al convegno culturale. Nella prima giornata di sabato è stata organizzata, per tutti i partecipanti, una visita guidata al museo etnografico locale sulle Streghe, è stato poi tenuto un concerto vocale di musica medioevale diretto da Deborah Roberts, direttrice artistica del Brighton Early Music Festival. Infine, alla sera del sabato, è stata organizzata una cena stregonesca cucinata da uno chef d eccezione: Paolo Parisi, allevatore toscano noto per i prodotti biologici e per le sue particolarissime uova al retrogusto di mandorla. Il convegno ha rappresentato un felice momento di riflessione sulle difficoltà che una associazione come la Massoneria incontra nella realtà italiana, così come avviene per tutte le altre minoranze culturali.

P.56: Streghe, stampa XVII sec; p.57: Un vicolo di Triora; p.58: Signora dei serpenti, 1600 AC ca, cultura minoica; p.59: Civetta.

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Sicilia

Uno spaccato storico La Massoneria a Naro dal 1861 al 1909 Maria Riolo Cutaja

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uando nel 1861 l unità dell Italia monarchica fu stabilita, anche la Massoneria si ricostituì dopo una fase di sbandamento a causa del pullulare di varie società segrete nella prima metà dell 800, tra cui la Carboneria, che aveva assunto riti ed emblemi massonici. La Massoneria si ricostituì ed ebbe pure il suo Gran Maestro dell Ordine Massonico eletto dai deputati delle varie Logge italiane, giunti espressamente a Torino, capitale del Regno, per farne la nomina. Questa cadde sul siciliano Filippo Cordova. Anche Naro (Agrigento), a quel tempo, ebbe le sue Logge massoniche, i cui documenti più antichi, risalgono al 1867 e al 1868. Quello datato dal 1867 si riferisce alla Loggia riconosciuta col nome distintivo di Era d Italia all Oriente di Naro e il cui Maestro Venerabile fu Ignazio Specchi Gaetani Marchese di Sortino Primo Senatore del Regno. Il piedilista era il seguente: Maestro Venerabile : Ignazio Specchi Gaetani Primo Sorvegliante : Alfonso Vinci Secondo Sorvegliante : Giuseppe De Francisci Oratore : Melchiorre Torricelli Tesoriere : Francesco Palmeri Segretario : Diego Vassallo Bernardo Lucchesi Francesco De Francisci Il piedilista dell altra Loggia, il cui nome distintivo fu Luce dell Avvenire all Oriente di Naro con sede provvisoria a Palermo finché Roma non sarà capitale d Italia datato 1868 era il seguente: Maestro Venerabile : Baldassare Gaetani Morillo dei Conti d Oriseo Primo Sorvegliante : Francesco Costa

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Secondo Sorvegliante Oratore Tesoriere Segretario

: : : :

Francesco Gurreri Domenico Ryolo Vincenzo Marini Carmelo Trevale Gaetano Castronovo Benedetto Contrino

I Maestri Venerabili delle due Logge sopra riportate rappresentarono a Naro le tendenze politiche del tempo. Ignazio Specchi Gaetani Marchese di Sortino nel 1848 e nel 1860 aveva rappresentato il patriottismo del patriziato liberale in quella Naro borbonica e retriva, che se ne andava, in un tempo in cui il suo andarsene veniva decretato dalla storia. Ma il liberalismo del Marchese Specchi fu moderato da un istintivo riserbo aristocratico che lo trattenne sempre dall abbandonarsi ad ogni eccesso. Baldassare Gaetani Morillo dei Conti d Oriseo, invece, che aveva partecipato nel 1820 alla guerriglia di Gaetano Abela e che, condannato a salire il patibolo, era stato graziato per intercessione del fratello Ferdinando, molto ben visto presso la Corte, aveva riassunto in sé agli occhi dei giovani naresi, le virtù ribelli e cospiratrici contro il governo borbonico. Altri affiliati alla Massoneria, i cui nomi si rilevano da un documento presso l Archivio comunale di Naro furono: Antonino Giudice, Vincenzo Ryolo Conte di Reda, Giovanni Gaetani Conte di Layatico, Cesare Gaetani, Salvatore Imperia, Alessandro Imperia e Antonino Principato Martorelli dei Baroni di Torre d Arena. Questi uomini di onorata memoria, del patriziato e della borghesia intellettuale cittadina, ci confermano che a Naro, a quel tempo, vi furono persone impegnate ad offrire alla cosa pubblica abilità e talenti, carichi di impulsi morali capaci di dare una spinta alla


solidarietà con l appoggiare le oneste iniziative anche in campo profano. Ma per comprendere meglio perché questi cittadini naresi siano appartenuti alla Massoneria, sarà bene esaminare, sia pure per sommi capi, quel tormentato periodo storico che va dal 1860 al 1909. Attorno al 1860 Naro era ancora una cittadina di stampo feudale, dove la gente sembrava vivere assonnata nella quiete dei vecchi ordinamenti e dalla quale, dopo la Restaurazione, veniva destata di tanto in tanto, di soprassalto, dal rumoreggiare minaccioso di improvvisi tumulti popolari. Quando il 4 Aprile del 1860 Palermo insorse, anche Naro fu travolta dall insurrezione, ma ad opera di gente della peggiore risma, la quale corse alla Gran Corte Criminale, bruciò i registri dei reati ed aprì le porte delle carceri. Il pronto intervento armato della polizia borbonica represse immediatamente la sommossa. Tuttavia, nonostante si fosse provveduto ad ottenere una certa calma in paese, con arresti e condanne, molte furono le difficoltà di quei giorni, rese più gravi dalle confuse notizie che giungevano da Palermo. La sommossa, in realtà, aveva prodotto nella classe dirigente di Naro una certa perplessità, che fomentava la naturale diffidenza tra i signori del paese per le opposte opinioni che li separavano. D altronde fu un antitesi inevitabile quella che divise politicamente i naresi di quel tempo in liberali ed in conservatori. Ma allo sbarco di Garibaldi in Sicilia, il 18 Maggio, Naro fu il primo Comune della Intendenza di Girgenti a issare sul Castello il vessillo tricolore. Un comitato provvisorio provvide alla cosa pubblica, alla sicurezza delle persone e a mandare a Palermo in sostegno dei garibaldini, armi, uomini e munizioni. Domenico Ryolo, Calogero Trevale e Calogero Lucchesi Palli, si diedero ad arruolare giovani appartenenti ad ogni ceto sociale perché insieme a loro si recassero ad ingrossare le file dei volontari garibaldini. Il Lucchesi Palli, addirittura, con cento giovani naresi, segui Garibaldi sino a Gaeta. Fu, insomma, un divorante bisogno di vita nuova quello che spinse i liberali ad insorgere e a stringersi attorno ad un gruppo di aristocratici che, come abbiamo già detto, facevano capo a Ignazio Specchi di Sortino e a Baldassare Gaetani Morillo, nei quali si impersonava tutto il movimento politico della cittadina. Il 28 Maggio, quindi, ad unanimità, si ebbe piena adesione al voto di tutta la Sicilia, che aveva nominato Dittatore il Generale Garibaldi a nome di Sua Maestà Vittorio Emanuele il Re d Italia. Consultando i vari documenti di archivio, si rileva, dunque, che il movimento risorgimentale a Naro fu principalmente opera di pochi intellettuali del patriziato, della borghesia e di qualche clericale. Ne rimase

Sicilia estraneo il popolino, che a quel tempo versava in una grande miseria e si trovava nel più urgente bisogno di aiuto. Ad esso pensarono subito i maggiorenti del paese con provvedimenti immediati, cercando di attuare salutari riforme in ogni ramo della pubblica amministrazione e rivolgendo la loro azione generosa a provvedimenti di carattere sociale. Con ciò non si deve pensare a idee umanitarie che in un certo senso seguissero quelle dell internazionale Socialista o quelle di Carlo Marx. I rappresentanti della società narese, sia liberali che conservatori, erano ben lontani dalle idee di questi movimenti emergenti, invece, nel proletariato, oppresso da una miseria e da un ignoranza plurisecolare. In questo clima di assestamento, tra miseria e fame che nel popolino davano origine a movimenti anarcoidi, lavorano a Naro le due Logge massoniche. Ad esse appartennero quegli uomini che avevano voluto l unità di Italia, che si erano formati in un età in cui l entusiasmo per le scienze ed il progresso ereditato dall Illuminismo era molto vivo e che nella Massoneria, istituzione essenzialmente umanitaria, cercarono, nel miglioramento di se stessi, la comprensione, se non la soluzione, dei più urgenti problemi umani e sociali. Infatti il primo provvedimento del Consiglio Comunale del 1860 fu quello di minacciare con la destituzione dalla sua carica il Magistrato Municipale nel caso che non provvedesse a frenare l arbitrio dei rivenditori dei generi alimentari e a sorvegliare la bontà del pane e della pasta, il peso e la misura. Inoltre i membri del Consiglio, mostrandosi larghi ed aperti alle idee più mature del pensiero politico del tempo, il 17 Maggio del 1861 mandarono una petizione alla Camera dei Deputati in Torino perché si approvasse la mozione dell On. Corleo "al concedersi in enfiteusi redimibile i beni della Chiesa e del demanio pubblico in Sicilia, che nelle mani degli enti morali giacevano incolti e senza curati". La petizione venne accolta e ben presto, qui a Naro, si procedette all applicazione della legge sulla censuazione dei beni ecclesiastici. Da quel momento, però, ebbe inizio la decadenza del clero narese che da quanto sappiamo non aderì al movimento risorgimentale, se si fa eccezione del Padre Riformato Giovanni Pantaleo. Questi nel 1860, abbandonata la sua cella, si era unito alle file dei garibaldini spinto da un esaltante misticismo patriottico contro la tirannide. Da una parte, quindi, a Naro c era una sinistra formata da una cerchia ristretta di intellettuali patrizi e borghesi, i cui nomi figurano nei piedilista delle logge Era d Italia e Luce dell Avvenire. Essi miravano sinceramente a migliorare le condizioni del popolo. Dall altra parte c era una destra formata di ex borbonici, ricchi

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Sicilia proprietari terrieri che, preoccupati dei loro interessi privati, in Consiglio votavano per la maggior parte delle imposte gravanti sul popolo, imputandone la colpa al nuovo Governo piemontese per alimentare sordamente il malcontento della gente. Che gli ex borbonici a Naro cercassero di approfittare del malcontento del popolo, causato dal vistoso numero di dazi imposti dopo l unità d Italia è dimostrato da alcune delibere del tempo presso l Archivio Comunale. In realtà la politica finanziaria del nuovo Governo, se da una parte esasperava l animo dei contadini e della piccola borghesia, dall altra parte ledeva pure gli interessi dei grossi proprietari terrieri. Pertanto questi ultimi nelle elezioni amministrative del 1862, furono compatti contro i liberali di sinistra. Da quelle elezioni infatti uscì una maggioranza conservatrice della quale facevano parte don Antonino Lauria, il Barone Sillitti, don Calogero Cammilieri ed altri possidenti legati più ai propri interessi personali. Costoro, avversi per indole aristocratica a favorire il popolo, dal bilancio del 1863 eliminarono subito la sovrimposta fondiaria e aumentarono la pressione fiscale delle imposte locali a danno della popolazione sulle botteghe dei caffettieri, macellai, pastai, venditori e commercianti. Quanto al cattivo andamento della pubblica sicurezza - leggiamo in una delibera - esso si attribuiva alla impreparazione politica del popolo siciliano, allo stato di sua educazione e alle sue abitudini ingenerate in natura. Il massone Domenico Ryolo, di una chiaroveggenza straordinaria, sentì che bisognava andare risolutamente incontro ai nuovi tempi: il problema sociale era una legge storica da accogliere ed egli da autentico progressista l accolse. Infatti in un articolo pubblicato su L Umanitario del Gennaio 1868 egli mise coraggiosamente le mani nella piaga che affliggeva le nostre campagne, cercando e dimostrando le vere e recondite cause del malandrinaggio. Secondo Il Ryolo gli statisti, i deputati, i senatori, i ministri studiavano le cause dei vari mali che gravavano sul Meridione e li cercavano là dove sapevano di non trovarli. Non si erano accorti che, risolta la questione politica, ne restava da risolvere una ben più grande e più importante: la questione sociale. Domenico Ryolo si batté con estrema energia per le cause sociali. con larga comprensione ed umanità verso i diseredati. Possiamo pertanto affermare che a Naro, in quegli anni, alle tendenze retrive di destra e all anarchia degli infimi ceti sociali, fece riscontro la sinistra liberale formata per la maggior parte da persone affiliate alla Massoneria. Nelle Logge massoniche quei Naresi si educarono all amore della Patria, alla disciplina, al sentimento del dovere, dell onore e della dignità personale nonché alla responsabilità morale ed alla solidarietà. A nostro credere i liberali naresi furono spinti dunque dal disagio materiale e morale del tempo ad affiliarsi alla Massoneria, nelle cui Logge invece le istanze fondamentali di liberalismo erano vigorosamente espresse. Tuttavia la loro attività

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massonica deve essere filtrata attraverso una serie di rapporti e di suggestioni culturali propri di quel tempo in cui, mentre sulla scena italiana si andavano svolgendo i fatti della grande storia, a Naro si svolgevano avvenimenti minori, non meno significativi ai fini della comprensione del fenomeno massonico. Nel 1865 il massone Ignazio Specchi di Sortino faceva il suo ingresso nel Parlamento italiano. Misurandosi con le urgenze e le esigenze del momento, fece sentire la sua autorevole voce perché in Sicilia si governasse con particolare attenzione agli effettivi bisogni locali di ogni Comune. Ma il Marchese Specchi, purtroppo, appartenne a quei pochi uomini politici che non furono in grado di far trionfare in Parlamento il loro convincimento autonomistico. In realtà l accentramento di tutti i poteri nella capitale, il carovita, il fiscalismo, la scarsa capacità di imporre l ordine in Sicilia, non potevano produrre che motivi di inquietudine e di apprensione tra i Parlamentari del Sud. Il 1866 indubbiamente fu un anno molto importante, decisivo per certi avvenimenti politici, ma triste e disastroso per i piccoli e i grandi centri del Meridione su cui si abbatterono il colera e la carestia. A Naro il male si diffuse rapidamente mietendo numerose vittime. Fu in quella dolorosa circostanza che il Sindaco Don Benedetto Celauro, massone, propose in Consiglio la fondazione di un ospedale che "fra tutti gli istituti di beneficenza è il più, umanitario per eccellenza". Ne furono benemeriti il massone Domenico Ryolo che ne attuò la realizzazione nel 1896 come presidente della Congregazione di Carità e il massone Antonino Principato Martorelli, che nel 1905 lasciò tutto il suo ingente patrimonio all ex ospedale San Rocco risorto sotto titolo di Ospedale Umberto I. Di quell anno 1866 fu un altro provvedimento del Sindaco Celauro, in vista pure dei gravi effetti della carestia. Egli, in quella congiuntura infatti chiese aiuto al Governo perché volesse alleggerire il fardello delle imposte. Ma stranamente il Prefetto non fece nulla per venire incontro alla popolazione oppressa dalla fame, dalla miseria e dal colera. Anzi, nel discorso pronunziato il 28 Ottobre 1867, all apertura della sessione autunnale del Consiglio Provinciale, egli faceva rilevare che nonostante la difficoltà dei tempi, dai Comuni debitori, tra cui Naro, aveva riscosso e versato nella cassa provinciale dall Agosto 1866 al Settembre 1867, per soli residui attivi, la cifra non insignificante di Lire 31.815,59. In verità nei primi di Giugno di quell anno 1867, quando già il colera dilagava per tutto il paese, il Consiglio Comunale era stato sciolto e i Consiglieri con le loro famiglie per timore del contagio si erano rifugiati in campagna. Il Prefetto, con dispaccio del 17 Giugno 1867, aveva autorizzato il Delegato straordinario Dottor Mazzarella, ad usare la forza perché il tesoriere del Comune tornasse in paese onde esigere regolarmente le imposte. Quindi, inteso del grave deficit della cassa finanziaria del Comune di Naro, con nota del 23 Giugno dichiarava essere il tesoriere stesso tenuto a sborsare degli anticipi e annunziava il trasferimento di un Com-


Sicilia

missario esecutivo per la riscossione dei residui attivi. Questi, di nome Giuseppe Chiodo, sulle prime cominciò a svolgere convenienti pratiche per la riscossione, con coazioni contro i morosi, ma tali pratiche morivano prima di nascere poiché né il Commissario poteva costringere i debitori a pagare in quanto assenti, né i presenti avevano la possibilità di pagare. A questo punto il tesoriere stabilì di estinguere personalmente il debito erariale pagando del proprio alla Provincia la somma complessiva di lire 2.502,95. Per di più egli dovette anche anticipare al Commissario esecutivo la somma di lire 430 per indennità di ottantacinque giorni a lire cinque al giorno, a decorrere dal 23 Giugno al 17 Settembre. Cessata l epidemia di colera, il Consiglio Comunale di Naro fu rieletto. Dal punto di vista finanziario, intanto, il Governo si trovava in gravi difficoltà per le spese sostenute nella guerra del 1866, alle quali si aggiungevano le spese delle nuove esigenze nazionali come strade, ferrovie, organizzazione amministrativa e necessità di rafforzare l apparato militare. Bisognava aumentare le entrate e pertanto il Governo tolse l assistenza ai poveri, diminuì le spese pubbliche, aumentò l imposta fondiaria, prese per sé il monopolio dei tabacchi ed impose la tanto deprecata tassa sul macinato. Tale politica, se da un lato portò al pareggio finanziario, dall altro creò malcontento e favorì l ingrossamento delle file democratiche chiamate "i partiti ostili al Governo". Nel 1869, intanto, abbiamo a Naro una netta maggioranza di sinistra capeggiata dal liberale Alessandro Specchi Marchese di Sortino figlio di Ignazio primo Senatore del Regno, entrambi, padre e figlio, massoni. Quindi nel 1870 il Municipio di Naro offrì all intendenza di Finanza, Direzione Generale delle Gabelle, la somma di lire 20.000 per l abbonamento al dazio di consumo a decorrere dal 1871 al 1875, da pagarsi in dodici rate e da tenersi in economica amministrazione. Era un provvedimento di massima importanza poiché tale somma in economica amministrazione non sarebbe stata riscossa in modo vessatorio ed inumano come, invece, sarebbe accaduto se fosse stato in mano di enti privati. Ma l Intendenza di

Finanza richiese per l appalto la somma di lire 28.000. Il Comune di Naro accettò la richiesta, però, per il bilancio del 1872/73 dovette cercare di ovviare l inconveniente delle imposte comunali sui generi di consumo, aumentando a lire 30.000 la tassa di famiglia e la sovrimposta fondiaria. Quest ultima proposta suscitò le proteste di alcuni grossi proprietari terrieri ex borbonici che, capeggiati dal Barone Amedeo Sillitti, avrebbero richiesto l imposizione della tassa sugli animali, sulla rivendita dei generi di consumo, sulle vetture, sui domestici, sulle farine, sugli spiriti e per di più la riduzione della sovrimposta fondiaria. Il Consiglio con quattordici voti negativi, cinque affermativi ed uno di astensione poté respingere l attacco contro l amministrazione comunale, ma non gli fu possibile arrestare le conseguenze del ricorso presentato dal Barone Sillitti e dalle sue sorelle, contro la sovrimposta fondiaria. Il ricorso, respinto dalla Prefettura, venne inoltrato al Ministero delle Finanze. Prolungandosi così le pratiche, mentre tutti i Municipi della Provincia avevano già realizzata la riscossione della sovrimposta ai tributi diretti, il Municipio di Naro ne rimaneva privo. Tale problema veniva a capovolgere tutti i piani dell amministrazione alla quale il 13 Maggio l Intendenza di Finanza ingiungeva di pagare la somma del debito arretrato a tutto Aprile, inclusi gli interessi del 6% di mora. Era a quel tempo Sindaco il Marchese Alessandro Specchi, il quale si precipitò a chiedere una proroga, visto che ancora non si erano riscosse la sovrimposta fondiaria e la tassa di famiglia. L Intendenza non rispose, ma mandò l avviso d asta per procedere ugualmente all appalto del dazio di consumo. Il Sindaco, ricevuto l avviso d asta, si recò dal Prefetto signor Ferrari perché intervenisse con la sua autorità a favore del Comune di Naro. Qui purtroppo, si interrompono le fonti storiche di un periodo in cui la nobiltà godeva ancora dei residui di una Naro, che sino al 1812 era stata in Sicilia una Città Demaniale sotto il Regno borbonico. P.60-62: Vedute di Naro (AG); p.63: Naro in una cartolina d epoca.

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Economia

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N

el periodo di profonda crisi del sistema economico in cui viviamo, sembra interessante, e tutt altro che scontato, capire cosa rappresenti per un massone la conoscenza dell impresa. Credo sia non poco utile argomentare come la capacità di sviluppare la propria consapevolezza abbia storicamente aiutato i framassoni a ottenere una capacità specifica di interagire con i fenomeni, a tutti i livelli, che non deriva dalla conoscenza di particolari modalità operative profane, per lo più aliene ad ogni tipo di organizzazione iniziatica, ma dalla capacità, o quantomeno dal tentativo dei suoi membri, di riflettere sulla natura ultima dei fenomeni. Una storia Un antica storia racconta di un popolo primitivo, che viveva all oriente rispetto a tutti gli altri villaggi. Esso aveva scoperto il segreto del fuoco e lo sapeva usare sia per i riti propiziatori, sia per gli usi domestici. Un giorno, quattro uomini si allontanarono da questo luogo e incominciarono un viaggio verso occidente, in cerca di altri uomini, a cui insegnare ciò che sapevano fare . Erano stati sconsigliati dagli anziani e dai sacerdoti, maestri, che conoscevano il vero secretum. Essi avevano cercato di dissuaderli dicendo loro che non bastava sapere come fare una cosa per poterla divulgare e insegnare. Dopo un lungo cammino arrivarono in un nuovo villaggio dove il fuoco non era conosciuto e, convinti di potere essere utili a quegli uomini, accesero la fiamma. Furono presi per demoni e solo con la fuga riuscirono a salvarsi dai guerrieri, che li temevano e che non osarono seguirli nel bosco che stava prendendo fuoco dietro di loro. Dopo un altro lungo cammino giunsero in un altro villaggio, dove incontrarono un popolo che aveva conosciuto il segreto del fuoco ma che, oramai, aveva perso la conoscenza, tramandata solo tra i sacerdoti, che, rispettati e venerati dal popolo, usavano la fiamma per i soli riti sacri. I quattro uomini provarono a spiegare che il fuoco poteva servire anche per cuocere le carni e scaldare i corpi, ma furono tacciati di sacrilegio e solo con la fuga riuscirono a salvarsi


dai guerrieri che li temevano e che non osarono seguirli nel bosco che stava prendendo fuoco dietro di loro. Dopo un ultimo lungo cammino, arrivarono a un altro villaggio dove il segreto del fuoco era conosciuto per gli usi domestici, ma non per gli usi propiziatori. Si definirono sacerdoti, pensando di poter disporre di quel potere che li aveva fatti quasi uccidere nell ultimo villaggio che avevano visitato. Gli anziani di quel villaggio, che temevano che i nuovi riti potessero scardinare le tradizioni, li fecero scacciare. Furono i quattro uomini a perdersi nel bosco, e non fecero più ritorno al loro paese. Uscire dal dato Così come nella storia dei portatori di fuoco, non sempre la conoscenza operativa è sufficiente. Non basta sapere come si fa una cosa. Husserl direbbe: occorre uscire dal dato . L aspirazione a una verità universale e infinita è ciò che, per Husserl, ha, per tutte le civiltà, valore esemplare. "La cultura fondata sulla pura ragione e, al massimo grado, sulla libera scienza universale rappresenta l idea teleologica assoluta e al contempo l idea che già opera nella cultura europea" determinando la crisi delle scienze europee. Anche nella scienza economica, la tecnica operativa è il frutto di scelte che hanno carattere strategico e in tal senso ne è il risultato, ma si giustifica essa stessa su basi teoretiche, che prescindono dall aspetto in-mediatamente pratico e teleologico e che si giustificano sul piano gnoseologico su basi di tipo ontologico. Socrate[Platone, Apologia di Socrate.], quando si difende dall attacco degli Ateniesi, lancia, contro coloro che possiedono la conoscenza della tecnica, l accusa di non saper ragionare sulle proprie composizioni : di non sapere ciò che dicono. L imprenditore moderno, come l artigiano dell antica Atene, crea valore indipendentemente dalla conoscenza ontologica del fenomeno: quasi in virtù di una predisposizione animale simile alla ispirazione divina (enthousiazontes) di cui parla Socrate; questo fatto non è qui in discussione. Crisi dei valori Occorre capire cosa accade quando questo spirito animale non è più guidato da una concezione etica e valoriale, ma da un mero intento speculativo. La crisi

dei valori e la conseguente perdita di motivazione di una generazione, e poi di una classe politica e finanziaria internazionale, hanno determinato la perdita della direzione del sistema economico e finanziario. Non solo i singoli piccoli investitori sono stati attratti, come Ulisse dalle sirene, dalle prospettive di ricavi miracolosi, che nelle fantasie dei promotori erano capaci di esprimere rendimenti a due cifre, ma anche il sistema bancario e finanziario nel suo complesso. Quest ultimo, infatti, sembra, in qualche modo, avere rinunciato alla valutazione personale ed etica dei protagonisti dell impresa, in favore di funzioni di valutazioni stocastiche espresse quasi esclusivamente mediante indici e indicatori meccanicamente calcolati. Il sistema economico, depauperato dei principi religiosi o laici che lo avevano orientato fin dall inizio, ha cominciato a comportarsi come una barca in mezzo al mare senza timone ed è apparso totalmente ingovernabile, determinando la crisi della fine del 2008. Massoneria nella società La domanda è se e come la Massoneria oggi possa rappresentare per i suoi membri e, poi, in qualche modo, per la patria e per l umanità un punto di riferimento che possa permettere un riorientamento del sistema. Non certo attraverso una diretta azione economica, che anzi, sembra aliena all ispirazione di un associazione iniziatica, ma attraverso ciò che la Massoneria può fare, e cioè attraverso la propagazione dei suoi ideali. Per spiegare: ritengo che si debba passare attraverso un approccio trascendentale dove il termine trascendentale è usato nel senso proprio dello studio della filosofia per indicare ciò che va oltre la realtà tangibile degli enti e la capacità di sentire direttamente dall essere umano attraverso i propri sensi e le facoltà dell anima. Il problema della trascendenza è fondamentale nel pensiero filosofico occidentale con riferimento allo studio della metafisica. Per quanto questo concetto possa non apparire di immediata comprensione l economia aziendale ha in sé un aspetto metafisico che supera ampiamente il dato sensibile e la razionalità dimostrabile. Questo approccio, proprio della concezione massonica della conoscenza, utilizzato nella scienza

Economia economico aziendale permette di cogliere gli aspetti più profondi dei meccanismi etici che stanno alla base dei processi economici. Husserl sostiene che trascendente è l oggetto della coscienza intenzionale, non però nel senso che esso sia in sé , cioè ontologicamente in-attingibile, ma nel senso che la coscienza tende inevitabilmente a ciò che è altro da sé , Sartre direbbe verso un mondo che la trascende. Non si tratta, evidentemente, di sostituire lo studio dei dati sensibili e dei rapporti tecnici con riflessioni, più o meno astratte, sugli aspetti ontologici, perché nello studio dell economia aziendale è immanente un aspetto sensibile che è espresso dai dati numerici di alcuni risultati. Si tratta, invece, di riflettere, in chiave epistemologica, sui meccanismi che determinano questi risultati e sulle cause da cui essi sono generati. La ricchezza aziendale non nasce da sé, ma è il frutto ultimo dell intuizione dell imprenditore che si combina con la sua capacità di organizzare e con una serie di cause esogene, che, con il tempo, possono diventare endogene. L impresa è la realizzazione del pensiero dell imprenditore, ed è da questi definito nell ambiente mediante l azione. L azione è ciò che genera la ricchezza. Il Rituale del Solstizio di inverno pone davanti al massone una riflessione fondamentale sul senso del lavoro e quindi dell agire nella comunità economica. Con il lavoro l uomo impara a conoscere la materia. Con l esperienza scopre la concatenazione dei fenomeni. La conoscenza dell uomo sarebbe ben povera cosa se si limitasse a una semplice registrazione dei fatti . La ragione Ma l uomo è capace di stabilire delle relazioni tra i fatti. Questa funzione dell uomo è la Ragione. Se l uomo ha potuto progredire, se è giunto a controllare le forze più ribelli della natura e se, uno a uno, riesce a carpire a questa misteriosa Natura i suoi segreti più nascosti, è in virtù della Ragione. Il lavoro e la Ragione formano un unità organica. Il fine, di questo lavoro è comune a quello di molti altri ed è la conoscenza. Senza il lavoro la Ragione non esisterebbe; senza la Ragione non vi sarebbe lavoro costruttivo. Come la Luna che

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Economia brilla nella notte ci fa scoprire il Sole, così il lavoro ci fa scoprire la Luce della Ragione . Ma non solo avvisa ancora l antico rituale: il Lavoro e la Ragione, ...sono strumenti preziosi ma anche pericolosi. Il Lavoro, invece di liberare l Uomo, lo ha reso schiavo, così che egli cerca di liberarsene. L Uomo si sovraccarica sempre più di bisogni che per essere soddisfatti, esigono un attività sempre più frenetica e un alienazione sempre più profonda. La Ragione non ha avuto la forza di guidare l Uomo verso la sua liberazione. Tuttavia la Scienza gli ha fatto scoprire numerosi segreti della natura, ma lo ha anche distolto dal suo proprio essere. La Scienza è stata utilizzata dall uomo per una falsa liberazione, in qualità di dominio sugli altri con la forza e il terrore, e con la minaccia della distruzione ... gli attrezzi per far scaturire la Luce .... ci fanno sprofondare ancor più nelle tenebre. E [l unico] mezzo per .... uscire da questo vicolo cieco... è l Amore! . Allo stesso modo, la ragione ha agito sulle determinazioni dell uomo nella scienza economica. La determinazione dell Illuminismo, per cui esiste solo quello che è dimostrabile, si adatta all impresa in quanto operare nell ambiente , ossia in quanto realizzazione in atto di un pensiero, che, in potenza, rappresenta qualche cosa di ontologicamente diverso. L azienda è una manifestazione del pensiero dell imprenditore, è l espressione del suo agire, ma non è l agire stesso. L impresa L impresa, in definitiva, si compie esprimendosi proprio attraverso l azienda, che, come detto, ne è l ordine economico, ma ad essa non si limita: nell impresa vi è l espressione spirituale dell imprenditore. Vi è la realizzazione dei suoi valori e della sua volontà di realizzare i propri bisogni organizzando cespiti, persone e competenze al perseguimento del proprio fine. L impresa si esprime nello stesso modo dell arte, nel senso inteso da Schelling: è espressione dell assoluto. L impresa, nel suo manifestarsi attraverso l attività economica, assume una propria esi-

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stenza e trascende la volontà dello stesso imprenditore, assumendone una propria e diversa. L impresa è una manifestazione della volontà dell imprenditore, è una singolarità dell assoluto. Ecco che, allora, se non è quell Amore di cui parla il Rituale del Solstizio d inverno ciò che orienta l agire dell imprenditore, ma una sorta di imperativo categorico Tu devi guadagnare il sistema rischia di perdere ogni meccanismo di autoregolamentazione e quindi i cespiti, le persone e le competenze non vengono più orientate a un fine comune, ma ad azioni casuali che sembrano di volta in volta quelle più opportune indipendentemente da ogni riflessione in termini di sostenibilità nel tempo. La concezione sistemica dell impresa [Reboa, Proprietà e controllo di Impresa - Aspetti di Coorporate Governance, Milano, 2002], proposta dalla scuola aziendale istituzionale, rappresenta l azienda come un insieme di attività e risorse organizzate ai fini produttivi e di flussi che esprimono le relazioni dinamiche che collegano l impresa ai suoi diversi interlocutori. Si consideri l esempio di un imprenditore/pittore che realizzi un attività di produzione consistente nel trasformare il semilavorato tela da disegno nel prodotto finito quadro capolavoro . Dal punto di vista del fisico, forse, potrebbe essere semplicemente attività di trasformazione di una tela bianca in una tela colorata attraverso un processo di ricoprimento di uno spazio non occupato da alcunché. Descrivere l agire del pittore in questo modo indubbiamente esprime il processo che sta alla base, ma solo da un punto vista meccanico e non anche dal punto di vista del valore: che è l aspetto più rilevante per lo studioso di economia di azienda. Il quadro del pittore è in grado di suscitare delle soddisfazioni che vanno sicuramente molto oltre all aspetto meccanico della trasformazione e che hanno a che fare con le emozioni del pubblico e quindi del cliente o, meglio, del sistema dei clienti. Il processo di creazione del valore, d altronde, non può essere nemmeno spiegato solo in termini prezzo. Il meccanismo del valore aggiunto , espresso in termini di differenza tra i

costi e i ricavi, indubbiamente, permette di manifestare il fenomeno con le parole e di spiegarlo affinché possa essere compreso, ma non può essere nemmeno il meccanismo del prezzo che permette di comprendere il processo di creazione. Il prezzo pagato dal cliente è necessariamente inferiore al valore che questi attribuisce al prodotto. In effetti, questi si appropria, ogni volta che acquista un bene o un servizio, di un valore superiore rispetto a quello a cui ha dovuto rinunciare in termini di scambio monetario, perché, fino al punto di indifferenza, in ipotesi di razionalità, non avrebbe alcun senso sprecare delle energie per effettuare lo scambio. Solo attraverso questo processo si giunge all equilibrio Paretiano, il risultato di questo processo è che si addiviene ad un prezzo per cui detenere denaro o beni è, dal punto di vista macro - economico, indifferente; si noti, però solo da un punto di vista macro-economico. Per il bambino che pieno di gioia si avvicina al suo gelato per iniziare a leccarlo, avere un euro al posto del proprio cono non sarebbe affatto indifferente, e così è per quella mamma che gode della vista del proprio fanciullo felice in cambio del sacrificio della propria monetina. Analogamente per il gelataio che lo ha venduto e che, a fine giornata, con gli euro incassati, potrà portare la propria fidanzata a cena, avere i gelati tutti per sé non sarebbe stato affatto indifferente. Lo stesso processo di vendita, quindi è processo di creazione di valore, perché solo la generazione di un utilità maggiore rispetto a quella a cui il cliente rinuncia rende possibile lo scambio. Il risultato di questo scambio non può che essere l equilibrio. Precisato che l attività di produzione di beni e servizi da parte dell impresa è attività generatrice di valore, si tratta di riflettere se questo sia o meno sufficiente a spiegare l attività creatrice dell imprenditore. I casi del maniscalco dell antica Atene o del pittore in questo caso potrebbero trarre in inganno: solo quando l imprenditore è anche l intero organismo personale dell impresa l attività di creazione dell impresa e dell imprenditore potrebbero, forse, essere considerate coincidenti.


L impresa è creata dall agire consapevole dell imprenditore mediante proprie operazioni economiche e attraverso la sua attività lavorativa e il coordinamento delle operazioni economiche e delle attività lavorative compiute da altri che costituiscono condizioni di pertinenza dell impresa stessa. Nell azienda si trova la manifestazione, fuori di sé, dell intuizione e della volontà dell imprenditore. Eppure l impresa è, al contempo, una singola comunità etica, formata da diversi membri che agiscono in condizione di libertà, al fine di soddisfare bisogni e desideri distinti e al contempo condizionati da quelli di un altra comunità etica, più grande, che costituisce l ambiente di riferimento e da tante comunità etiche più piccole che sono le famiglie e gli istituti territoriali con cui l impresa viene a contatto nello svolgimento della propria attività. Qui sta il nocciolo: l impresa è la libera realizzazione della stessa idea in sé di imprenditore, attraverso l impresa l imprenditore, che prima era tale solo come idea ossia in potenza , si determina e diventa in atto . L azienda è la determinazione dell impresa che a sua vota si determina come accidentale. E si badi: non si può prescindere dallo spirito immanente dell imprenditore nella realizzazione dell impresa. L imprenditore è necessario alla stessa esistenza di un impresa come noi la intendiamo, ossia come ragion sufficiente della stessa. Questo assunto, evidentemente, non lo esclude dal giudizio etico sul suo operato, che, anzi, non può prescindere, a questo punto, da quello sull impresa stessa come realizzazione del suo atto di volontà, che comunque resta altro da lui, perché l imprenditore è il primo motore dell impresa , ma essa è comunque una sua determinazione che non può coincidere con l idea in sé. Ciò che viene escluso dal giudizio etico è solo il fatto in sé. L impresa esiste, ed esiste in quanto espressione di un imprenditore che agisce in essa e per il tramite di essa nell ambiente. Nel lungo periodo il rifiuto di qualunque visione etica, lo sprezzo delle cosiddette virtù in favore del vizio , inteso come predominanza dell ottica

individualistica ed egoistica e la ricerca del mero profitto personale hanno determinato un deterioramento del sistema che ha causato povertà per i suoi attori. Nulla di nuovo sotto il sole: da tempo la biologia ci aveva insegnato che l inquinamento di un sistema avrebbe causato un deterioramento o addirittura la degenerazione di tutte le sue parti. La conoscenza dell imprenditore, quando si concretizza nell azienda, è una conoscenza che non ha bisogno di essere né riconosciuta né validata ed ha a che fare con la capacità dello stesso di creare, modificando l ambiente in cui egli opera. Se però tali modificazioni non rispondono a nessuna visione valoriale alla fine sarà tutto il sistema a perdere ogni valore e quindi nel lungo termine ogni orientamento e di conseguenza la direzione. L Ordine dei Liberi Muratori appartiene alla classe degli Ordini Cavallereschi e ha per fine il perfezionamento degli uomini e il bene della patria e dell Umanità. L iniziato Libero Muratore, anche quando agisce nell ambiente per creare un impresa sa che il suo lavoro deve essere ragionevole e ispirato dall Amore, e che il fine non può essere quello meramente speculativo, ma deve esserci la visione di quel perfezionamento di cui danno atto gli Statuti. L impresa è la realizzazione del pensiero dell essere e l essere è l imprenditore. Vi è quasi una certa analogia con il Golem ebraico. È l imprenditore a scrivere la parola vita sull impresa ed è l imprenditore che può decidere di cancellarla. L impresa, pur non avendo una coscienza propria, ha una sua vita ed è un soggetto autonomo, ma la cultura di cui si fa portatrice è quella del suo creatore che la ha dotata del suo spirito. L imprenditore realizza il suo pensiero nell attività dell impresa: l azienda. La gestione strategica che traduce l orientamento strategico dell impresa in decisioni e obiettivi a lungo termine è naturalmente condizionata, e determinata dalla gestione operativa che è realizzata nell accidentalità. L accidentalità quotidiana, di conseguenza, condiziona la gestione di tutta l azienda.. Il valore dell azienda è dato anche dal consenso

Economia che essa ricava nell ambito degli interlocutori sociali che la giudicano in base a principi certo di economicità, ma anche di eticità. Il concetto di attribuzione di un valore necessita però di un giudizio senza che vi sia in realtà alcun elemento di contraddizione. In tal senso l azienda non ha valore solo perché riesce a conseguire un fatturato, ma anche perché ottiene un certo successo sociale; perché i mercati dei capitali sono disposti a darle fiducia, perché essa non tiene comportamenti invisi alla collettività. L imprenditore, per essere tale, non ha bisogno di essere accettato, perché l azienda di per se stessa non ha bisogno di alcuna accettazione. Nel momento in cui, però l azienda, si rivolge al mercato dei capitali, le teorie dell imprenditore devono incontrare il certo successo sociale che non è determinato da una correttezza formale del metodo, ma dalla capacità di dette teorie di generare valore secondo l accezione economica ed etica corrente. Se la Massoneria vuole essere propagatrice degli ideali che la hanno ispirata, in un ottica moderna, per la quale essa possa tornare a rapportarsi con le Istituzioni pubbliche territoriali con quel grado di autorevolezza che le compete, deve trovare il coraggio di farsi promotrice di un sistema economico orientato alla vera Filantropia. Il papa, i gruppi di opinionisti, i giornali, le associazioni in genere, sono in grado di determinare variazioni dei prezzi dei corsi azionari delle imprese che agiscono in maniera eticamente corretta o in maniera riprovevole, condizionando l opinione corrente. La Massoneria non può indicare dogmaticamente comportamenti alla comunità economica e sociale sottolineandoli come disdicevoli e quindi di per se stessi da rifiutare, ma deve farsi propagatrice degli ideali di Pace d Amore e di Fratellanza. Deve cioè collaborare affinché si formi un concetto di valore non solo economico, ma anche etico, che possa essere tradotto in prezzo dell azienda dagli analisti finanziari.

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Ars audiendi Silvia Braschi

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e dallo spazio remoto qualcuno potesse captare i segnali provenienti dal nostro mondo, indicherebbe la Terra come il pianeta del frastuono , tanto la nostra atmosfera è satura di onde elettromagnetiche che incessantemente la percorrono, rimbalzando da un luogo a un altro, viaggiando fra terra e cielo. Possiamo udire, vedere ed essere informati su tutto e su tutti. Con la stessa facilità, o forse faciloneria, si parla di tutto e di tutti, spesso senza riuscire a distinguere la differenza fra cultura e informazione. È un mondo pieno di parole. Ma, valicato un certo limite la parola, usata e abusata, perde di contenuto: diviene rumore privo di senso. La nostra mente isola e definisce le percezioni e gli stimoli che provengono dall ambiente circostante, la parola ci consente di comunicarli. Dunque, l uso della parola vuota di significato, è una minaccia per la nostra stessa identità. Occorre quindi isolarla dal rumore che essa stessa produce e dare spazio al silenzio. Anche nelle profondità oscure dell universo un segnale, per significare, deve essere circondato dal silenzio. L etimologia del verbo ascoltare è quanto mai articolata e poliedrica e, attraverso il greco ed il latino poi, trae le sue origini da una delle tante radici indoeuropee che hanno costruito la nostra lingua. Un primo significato è udire con attenzione, in cui è implicito il concetto di partecipare (per esempio a un rito religioso) ma anche, se si ascolta qualcuno con partecipazione emotiva, quello di assistere e sostenere.

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La seconda accezione è quella di obbedire, come pure dare retta, nel senso di accettare e assimilare i consigli di altri o la voce della propria coscienza. Al concetto di obbedire appartiene anche quello di essere discepolo di qualcuno, significato mutuato dal greco akoùo (odo, sento, obbedisco, imparo, esaudisco) e che ritroviamo nel termine acusmatica, ossia il modello d insegnamento che si attribuisce alla scuola pitagorica, secondo il quale, durante il periodo propedeutico ai Misteri, i discepoli ascoltavano le lezioni del maestro stando dietro una cortina, ovvero senza vederlo e osservando il più rigoroso silenzio. Ciò delinea i tratti essenziali di una sapienza riservata solo a quanti potevano ascoltare . Questo ci conduce alla sottile distinzione fra ascoltare e udire. Si ascolta il rumore del silenzio, si ode la voce del vento o il rintocco di una campana. L essere in ascolto trascende, dunque, il semplice sentire acustico per approdare al comprendere: capire qualcosa o qualcuno, nel senso di intenderlo all interno di una corrispondenza comunicativa, che ci conduce, poi, verso la condivisione con l altro. Peculiare dell ascolto, inteso come capacità di catturare, di penetrare significati che non ci appartengono, sono anche l inquietudine e il desiderio di conoscenza, come pure la sincerità di intenti e la volontà nel perseguire il proprio fine. Tale è il nostro livello di tensione emotiva e spirituale, che si risveglia in noi un maggior grado di attenzione. In effetti, quando si ascolta per comprendere, la coscienza è sempre vigile e pronta a captare quell intreccio di richiami e riso-


l Occhio di Minerva

nanze che provengono da un soggetto che non siamo noi, aprendoci all incontro e al dialogo. Difatti, se i nostri sensori sono attivati, siamo in grado di percepire con i sensi e con l intelligenza. In tal modo l anima comprende... L analisi terminologica finora fatta, sembra suggerirci che essere un ascoltatore è diverso dall essere un buon ascoltatore; un ascoltatore può rimanere un semplice uditore, ma un buon ascoltatore è colui che si sia esercitato nell attenzione agli altri ed abbia acquisito l arte dell ascolto. Da qui l invito a fare nostra la lectio di un grande filosofo, Plutarco di Cheronea, che nella sua opera - L Arte di saper ascoltare ci suggerisce come fare buon uso del senso dell udito, fra tutti il più soggetto alle [...] suggestioni della parola , ma anche in grado di discriminare tra vizio e virtù. Quella parola dalla lama tagliente, che può ferire o risanare, in quanto [...]strumento capace di procurare i danni e i benefici più grandi. Plutarco non a caso si rivolge al giovane Nicandro, ormai giunto a varcare la soglia che lo condurrà dalla fanciullezza all età virile. Secondo il rito tradizionale, Nicandro ha infatti dismesso la toga pueris (o praetexta) listata di porpora, per indossare la bianca toga virilis. Al giovane, Plutarco offre i propri consigli affinché [...] sappia ascoltare correttamente chi cerca di persuaderti con l arte della parola . Il filosofo non tralascia neppure di ricordargli la gravità del passo che sta per compiere con il quale, come conviene a qualsivoglia rito iniziatico, dovrà assumersi nuove e importanti responsabilità. Se finora gli è stato insegnato che [...]seguire Dio e la ragione sono la stessa

cosa[...], d ora innanzi dovrà rammentare che questa sua crescita [...] non significa liberarsi di ogni autorità, ma vuol dire solo assumerne un altra, qual è appunto la ragione, che prende il posto dei maestri[...] e da quel momento assurgere a guida divina della nostra esistenza. È solo seguendo la ragione che si può essere veramente liberi . L ascolto è dunque propedeutico all uso della parola, ma - per ben ascoltare - occorre predisporre l animo al silenzio. Infatti, ci dice Plutarco, chi sa prestare orecchio con tacita attenzione, può sempre imparare qualcosa dal proprio interlocutore, in quanto si deve partire dal presupposto che la ricerca del sé si realizza anche nell ascolto de l altro inteso come specchio di se stessi. Dobbiamo dunque giudicare prima noi che colui che parla [...]È facilissimo, infatti, biasimare gli altri, ma è cosa sterile e vuota se quella critica non la volgiamo anche verso noi stessi e se non c induce a correggere o ad evitare analoghe scorrettezze. Quando sentiamo uno che sbaglia chiediamoci - ripetendo il celebre detto di Platone - se anche noi per caso non siamo simili a lui . L insegnamento è, quindi, ascoltare per ascoltarci, l invito è a cogliere l opportunità di trasformazione interiore per predisporci al dialogo. Infatti [...]chi si reca da uno per ascoltare la sua parola ma non ne attinge alcuna luce per la propria mente,[...]non si purifica interiormente, non si libera dal buio e dalle scorie dell anima, che solo la filosofia riesce a scacciare . La filosofia, dunque, come strumento privilegiato per agire su se stessi, a condizione che tale scelta sia davvero espressione di una volontà di trasformazione in grado di creare un habitus

vivendi, cioè il vivere secondo ragione. Plutarco ci ricorda infatti che [...]Bisogna però che alla teoria si unisca la pratica, attraverso l esercizio delle personali capacità inventive, - ovvero il ragionamento critico - per costruirsi una forma mentis non da sofisti, [...]ma intima e filosofica, nella convinzione che un buon ascolto è il punto di partenza per vivere bene . Vorrei concludere ricordando le parole del Gran Maestro Luigi Pruneti tratte da Equinozio: tempo di bilanci, tempo di riflessioni (Officinae, settembre 2009). Il silenzio è capacità di rimuovere l effimero, di far emergere e coagulare la propria energia in uno sforzo di comprensione, è attitudine ad aprire se stessi all ascolto. Noi non siamo più capaci di ascoltare, udiamo, voci, rumori, suoni, canti. [...] Ascoltare se stessi e gli altri significa andare in profondità, cogliere il sé e l altro da sé. [...] Per questo l Apprendista non parla, non incide tavole, ma apre vie che, attraverso il proprio microcosmo, lo accorderanno sulle note del macrocosmo. Risolto tale momento l iniziato potrà ricevere la parola [...] La sintesi fra ascolto e parola danno luogo al dialogo [...] . Queste considerazioni, che stigmatizzano i termini della questione, ci aprono a doverose riflessioni sull importanza di vivere, nel giusto equilibrio, i rapporti sinergici intercorrenti fra silenzio e parola e fra ascolto e dialogo, al fine di affinare il nostro spirito con l uso di strumenti che, soprattutto a noi Massoni, dovrebbero essere noti e particolarmente congeniali.

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Canzone perduta

La vita è una canzone Raffaele Mazzei

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oi della mia generazione, siamo sopravvissuti al Formitrol, al Vinavil appiccicato alle dita, ai pupazzi di Topo Gigio, alle fialette puzzolenti del Carnevale, al Rim, al Piccolo Chimico, ai barattoli che muggivano, al colorante cancerogeno E123, ai tatuaggi removibili, alla colla Coccoina, alle bustine per fare l acqua frizzante: l Idrolitina, la Cristallina, la Salitina M.A., l Idriz, l acqua di Vichy. Al View Master, al giradischi di Selezione, al gioco di chi ride prima. Abbiamo mangiato intere scatole di pastelli a cera fatti di sostanze che non usavano neanche in Vietnam. Abbiamo deglutito chili di dentifricio Paperino s semplicemente perché era buono. Abbiamo ingurgitato tonnellate di carne agli estrogeni. La mucca pazza c era già, allora, era la mucca Carolina. E noi impazziti, impazzivamo per i robots di latta e di metallo che si muovevano e sputavano scintille. Davamo ultimatum alla terra dentro cesti di vimini trasformati in astronavi. Ci siamo massacrati con le autopiste Policar. Abbiamo lanciato migliaia d aerei di balsa con carica ad elastico. Ci siamo spaccati le mani col meccano. E i polsi con le palle click-clack. Abbiamo saltato come scemi sulla palla-canguro, abbiamo sognato la bicicletta Saltafoss e la bicicletta Tin-tin Ager sgranocchiando Carrarmato Perugina. Ci siamo tesi agguati con la pistola Oklahoma, sparato a bruciapelo gommini negli occhi e ci siamo spaccati la testa a colpi di fionda. Ci siamo massacrati di schicchere dietro le orecchie. Fieri e impassibili sfidavamo la sorte: a Viserba di Rimini, negli anni 60 , l impresa più rischiosa consisteva nel mettere una monetina da cinque lire sui binari poco prima del passaggio del treno per farla diventare ovale. Se l avessero saputo i miei genitori... Poi arrivava il momento del gelato: io avrei voluto granite, ricoperti, Coppe Smeralde, o schifezze del genere per strafocarmi in santa pace. Ma il Dottor No, la mamma, perfida e inflessibile muoveva come un tergicristallo l indice della mano destra e con tono perentorio decretava: "no, no, questi sono i soldi, vatti a comprare un Camillino". Chissà perché era convinta che il gelato al biscotto facesse meno male...

Canzone perduta

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on solo chi ci odia o ci invidia ci limita e opprime; chi ci ama

nondimeno ci limita. Che gli dei mi concedano, lontano dagli affetti, d'avere la fredda libertà delle nude vette. Chi vuole poco, ha tutto; chi niente vuole è libero; chi non ha e non desidera, uomo, è simile agli Dei. (Fernando Pessoa)

Forse anche lei era vittima di una delle primissime leggende metropolitane...la storia, appunto, che il gelato al biscotto faceva meno male...Di tutto quel tempo cos è rimasto oggi? Non certo Braccobaldo o le colonie estive o la tessera del Club di Topolino o il cavallo di ghisa del barbiere. Di quell enorme montagna d oggetti, sono rimaste pochissime

cose: la penna Bic, il Buondì, la Nutella, il Ciocorì e Orzoro. Ma soprattutto tante canzoni, le canzoni che ci hanno emozionato e formato. O addirittura, come nel mio caso, ci hanno spinto a cantare e a scrivere canzoni. Pezzi di vita che ci sopravvivono e ci sopravvivranno...se qualcuno le ricorderà, se qualcuno le canterà. Le canzoni "impegnate" dei cantautori, ma anche quelle di Mogol-Battisti, hanno favorito il transito dal pensiero magico

dell infanzia verso un pensiero creativoimmaginifico e poi esistenziale. A volte persino verso orizzonti sacrali, per chi era dotato delle giuste qualificazioni iniziatiche. E sapeva vedere e sentire dentro ed oltre il suono della parola-simbolo. Per tirare le somme, utilizzerò piccole e grandi, banali e altissime, parole di canzoni e canzonette: ho visto la gente della mia età andare via lungo le strade che non portano mai a niente. Cercare il sogno che conduce alla pazzia nella ricerca di qualcosa che non trovano. Insomma bisogna saper perdere! Non sempre si può vincere. E quando cade la tristezza in fondo al cuore, come la neve non fa rumore. Volente o nolente chi non lavora non fa l amore...e al giorno d oggi è sempre più vero. Già da allora, esotericamente parlando, smarrirmi in questo bosco volli io per leggere in silenzio un libro scritto ad est. Col cuore di simboli pieno, io t ho amato sempre, non t ho amato mai, amore che vieni, amore che vai. Ho sempre condiviso l affermazione che dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior. Basta ricordarsi dove andava a trovare gli Apostoli Gesù... C è un altro verso geniale di De Andrè che spesso mi ritorna in mente: pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra. D altra parte non c è niente di più triste, in giornate come queste che ricordare la felicità sapendo già che è inutile ripetere: chissà? Domani è un altro giorno si vedrà. Mi avvio a conclusione dando del tu al lettore: forse questo ti sembrerà strano ma la ragione ti ha un po preso la mano ed ora sei quasi convinto che non può esistere un isola che non c è. E proprio vero: nella mia fanciullezza incantata a Forlì, tra il Ronco e le prime colline, sulle Biciclette verso Casa, la Vita ci sfiorò, ma il Re del Mondo ci tiene prigioniero il Cuore. Nonostante tutto, nel procedere isterico dei giorni, fra clamori e pause, tra aggressività e volgarità quotidiane, nel chiarore del Tempio, nel silenzio della notte, nella nostalgia del mio Spirito smarrito spero che ritorni presto l Era del Cinghiale Bianco...

P.70: 25/3/2007, R. Mazzei in concerto al Teatro d. Muse di Ancona.

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Il simbolo perduto Dan Brown, Mondadori, Milano 2009,pp.604

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an Brown ci mette in mano un segreto, anzi il più segreto dei segreti, con il suo nuovo libro che s immagina sarà destinato ad un successo un po minore di quello toccato all ormai iconico Codice da Vinci. Non è certo un augurio quello che gli facciamo, ma una triste considerazione su quanto poco piaccia ciò che parla un linguaggio un po più elevato rispetto al mediocre cattivo gusto delle violenze, degli intrighi spionistici e degli ettolitri di sangue, che caratterizzano l attuale romanzo d evasione. Stavolta l autore della corsa parigina si trasforma in un saggio conoscitore delle più mistiche verità, celate nelle forme e nei segni. Videmus nunc per speculum et in enigmate è forse l unica celebre frase del Nuovo Testamento cui non ricorre, ma tutte le fonti citate e tutte le numerose rivelazioni sono tese a dimostrare il celebre assioma trasmesso da Paolo ai Corinzi in una delle sue lettere. Ne Il simbolo perduto si parla molto di Massoneria. Ma si parla della

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ricerca massonica del vero, e se ne parla appropriatamente. Si vuole dimostrare come tutta la civiltà americana sia basata su principi massonici, trasmessi in tempi passati ed ancora leggibili dell urbanistica di Washington, luogo sacro alla più antica tradizione e folto di siti edificati sulla falsariga di celebri monumenti: il Campidoglio, il Tempio di Vesta, o Heredom. La città si apre come uno scrigno, un contenitore di verità segrete. Tanto segrete da trovarsi sotto gli occhi di tutti ma per tutti i profani incomprensibili, perché, appunto, solo lo sguardo dell iniziato sa leggere nei simboli. Si parla di rituali massonici. Ma qui non è chiaro di quale Massoneria siano frutto, né a quale ordine siano proprie certe dizioni o certi lemmi, che non corrispondono a quelli noti al mondo massonico. Inoltre gestualità corrette, mischiate a invenzioni teatrali, sembrano costituire una specie di gioco letterario per non svelare ciò che il massone giura di non


Recensioni

rivelare a chicchessia. Errori messi lì a bella posta per dire e non dire. Ma non con l intento di diminuire la portata morale e filosofica dell istituzione. C è anzi un palese desiderio di dimostrare come la Massoneria non sia mai stata conosciuta correttamente fuori dalla sua cerchia e come su di essa gravino molti pregiudizi. Robert Langdon, ancora una volta protagonista, è un docente esperto di simbologia; viene così dipinto: "Aveva passato anni a scrivere della ricca tradizione massonica di simboli e iconografia metaforica e sapeva che la massoneria era sempre stata una delle organizzazioni più ingiustamente diffamate e incomprese al mondo. Accusati di ogni nefandezza, dall adorare il diavolo al cospirare per un unico governo mondiale, i massoni seguivano la politica di non reagire mai alle critiche, e questo faceva di loro un facile bersaglio" (p.125). Durante la corsa per "riportare alla luce il più sublime segreto dei massoni di cui la maggior parte dei fratelli negava persino l esistenza" si incontrano e si scontrano accademici, architetti, uomini di fede, scienziati e politici, nonché personaggi di grande prestigio e responsabilità. Nel tourbillon dell intera notte essi vivono frenetiche avventure per non permettere che il segreto della piramide massonica cada in mani profane. Questo sarebbe un rischio enorme per la sicurezza del paese, ove per paese s intende: USA. Certo, perché se il mondo potesse sapere e vedere ministri, ammiragli, capi della CIA ecc. partecipare ai riti (ripeto inventati) potrebbe non capire e scambiare ciò che è simbolico o ereditato dagli antichi misteri, per terrificanti liturgie, afferma Dan Brown. Teschi, cappucci, giuramenti arcaici non sono perle per

il gregge che non conosce e non vuole uscire dalle tenebre dell ignoranza. In buona sostanza questo è quanto si può dire di questo libro, che peraltro è un bel thriller d azione e che rispecchia come una fotocopia lo schema de Il Codice da Vinci. Come quello la storia dura un giorno e una notte, anche in questo caso vi sono letture simboliche delle icone architettoniche e pittoriche della città sacra americana, la scienza è usata per trascinare il lettore in meandri convincenti solo se si tiene ben presente che il libro è un romanzo e che come tale va letto. I massoni descritti sono tutti individui eccellenti nei ruoli sociali, nella conoscenza e nella limpidezza delle azioni. Uomini saggi che perseguono il bene comune,

senza egoismi. Ma tra loro, figlio del loro sangue, alligna anche il cattivo. Questi è entrato in Massoneria per carpirne il segreto ed avere così potere sul mondo, credendo che il segreto massonico sia qualcosa di materiale. E un personaggio che può essere considerato come la controiniziazione descritta da Guénon. Naturalmente sarà lui a soccombere sotto i suoi blasfemi ritualismi e i suoi stravolgimenti dei messaggi di conoscenza celati nei testi della tradizione. Non solo il bene trionfa sul male, ma cosa ancora più insolita, è la conoscenza a trionfare sull ignoranza, e la purezza vince la sua eterna battaglia manichea contro il male. Pochi sono i sensazionalismi in confronto agli inattesi messaggi spirituali. Dire che da uno scrittore disinvolto, quale è apparso Dan Brown ne Il Codice da Vinci, l istituzione massonica si potesse aspettare questo strano ed inatteso regalo, è un azzardo. Era quasi sottinteso per i Figli della vedova il doversi rassegnare all ennesimo fraintendimento o al milionesimo attacco. Invece ci si trova di fronte ad una corale ricerca di motivi di speranza, in personaggi illuminati da improvvise aperture della mente e pervasi da un entusiasmo che ha sapore di genuinità. Fa piacere leggere: ..il nostro corpo fisico si è evoluto nel tempo, ma ciò che è stato creato a immagine di Dio è la mente....non è il corpo ad assomigliare a Dio, è la mente . Il tessuto della narrazione è tutto uno stupore, una criptografia, una sciarada, una performance enigmistica; scoperte seguite da sorprese incontenibili, sangue quanto basta e qualche morto, ma in fondo spazzata via la pur necessaria ludicità e l esagerazione dei casi, il libro trasmette l idea che Dan Brown qualcosa di Massoneria ne sappia davvero.

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Recensioni I Luoghi delle Triplici Cinte in Italia

Marisa Uberti, Giulio Coluzzi, Eremon edizioni, Aprilia (Lt) 2008, pp.315

Molte delle verità che noi non vediamo sono nascoste nell ombra (Guillaume Durand de Mende, Il Razionale o Manuale dei divini uffici, 1284). Nel panorama dei simboli afferenti alla più antica tradizione, ne emerge uno che nel tempo venne scambiato per un gioco. Si tratta della triplice cinta, un glifo che ha attraversato i millenni apparendo nei luoghi più disparati del mondo, legato alle culture più varie. Da noi in Europa in un momento imprecisato dell età moderna fu considerato un ottimo tavoliere per un gioco di pedine un po più semplice degli scacchi; ma che in origine fosse un gioco è totalmente smentito dalla sua allocazione spesso posta su muri, in verticale. Legato alle costruzioni sacre appare però anche sui conci di alcuni castelli di origine medievale, ad esempio in tempi recenti, chi scrive ne ha rilevati due nel castello di Gorzone in Valcamonica, assai probabilmente su pietre di riporto. Viene spontaneo pensare che sia una sorta di labirinto, un percorso, forse un viaggio dell anima, schematizzato per rendere sotto forma di simbolo un concetto di evoluzione e di conoscenza relativo ad un pensiero tradizionale. Il segno venne esaminato, per primo, con attenzione da René Guenon in Simboli della Scienza Sacra (Milano 1990) dove lo studioso lo rinomina con la dizione triplice cinta druidica . Oggi la sua fortunata definizione è accettata tout court nel lemma triplice cinta , quello che appare nel titolo del libro che proponiamo alla lettura, quasi come un manuale. Uno degli aspetti che conferisce particolare fascino al glifo è il suo legame con l ordine templare. I monaci cavalieri lo lasciarono inciso nelle prigioni dove trascorsero i loro ultimi mesi, ma anche sulle pietre delle loro commanderies o delle loro cappelle. Un censimento delle triplici cinte andava fatto. Se non altro come inizio di un lavoro più approfondito, perché il numero degli esemplari è tale da poter ragionevolmente ritenere che altri rilevamenti andranno a som-

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marsi a quelli già numerosi effettuati dai due autori, Marisa Uberti e Giulio Coluzzi. Chi ama le tracce lasciate dagli antichi eretici, dagli alchimisti, o semplicemente dai mistici di ogni religione, può oggi dedicarsi ad una nuova

altro tipo, durante vacanze che da banali si potrebbero trasformare in intelligenti . La caccia al segno minore è aperta. Ogni edificio medievale può essere considerato una bibbia di messaggi sintetizzati in piccoli graffiti, che nella loro estrema semplicità costituivano il veicolo di una sapienza complessa e di un sapere elitario, proibito ai non iniziati. Oggi si può riscoprire molto, soprattutto se una buona preparazione culturale affianca il gusto per la scoperta. Dalla patristica alla trattatistica, dalla conoscenza delle istituzioni a quella dei fatti storici relativi al territorio, ogni nozione viene chiamata in causa. Le epigrafi non sono le sole messaggere della storia affidata alla pietra, accanto ad esse a buon diritto vanno recuperate le silenziose tracce del segreto iniziatico.

Vittima persecutore, il mondo dello stalker

Barbara Fabbroni, Maria Assunta Giusti, EUR edizioni universitarie romane, Roma 2009, pp339.

impresa: rilevare e catalogare i segni della tradizione, seguendo l esempio di chi ha già tracciato il primo sentiero. Fotografare e classificare. Non è difficile e si può abbinare a percorsi di

Le vittime della Sindrome del Molestatore Assillante si potrebbe pensare che siano persone celebri rincorse dai fans, oppure simboli di bellezza e di sesso come attrici o modelle. E invece, no, dalle statistiche risulta che la maggioranza delle vittime è formata da persone normali, senza stigmate di notorietà. Inoltre pare anche che la maggior parte dei casi si verifichi negli USA in Inghilterra, in Canada e in Australia. Ma forse sono questi paesi che hanno messo in evidenza per primi il dilagare dello stalking. "Una forma particolare di molestia che negli ultimi anni ha destato l interesse della psichiatria, della psicologia e della medicina forense. Questo termine significa letteralmente inseguire o cacciare (atteggiamento tipico di tutti gli animali predatori) e si riferisce ad un insieme di comportamenti ripetuti ed intrusivi di sorveglianza e controllo, di ricerca di contatto e comunicazione nei confronti di una vittima che risulta infastidita e/o preoccupata da tali attenzioni e comportamenti non graditi. E un disturbo che sovente si manifesta in alcuni soggetti che perdono completamente le coordinate della consapevolezza nel momento in cui vedono sfumare l oggetto del loro desiderio. Il persecutore instaura con la sua vittima una forte polarizzazione ideo-


affettiva, tant è che spesso si può riscontrare un delirio erotomane. Questo atteggiamento si struttura sul fraintendimento del comportamento iniziale della vittima che viene scambiato per assenso." (p.49) Le molestie vengono perpetrate con i mezzi più attuali, telefonini e SMS, internet, e pedinamenti facilitati dalle tecniche apprese dalle fiction televisive o dalle varie rappresentazioni filmate di tutto il torbido che la mente umana può produrre. Purtroppo ciò che è delittuoso, frutto di ossessione o di turbamento è il tema prediletto di films e di inchieste. Dalla visione ludica all immedesimazione il passo è breve e può accadere che in qualche soggetto predisposto si insinui la volontà di imitare modelli penetrati nella sua mente attraverso il veicolo dell immagine televisiva e dell emozione mimetica. Barbara Fabbroni analizza il fenomeno dello stalking da diverse angolazioni: la paura nei rapporti interpersonali e l aggressività, l ossessione subita e data, il senso dell amore nella sua più vasta accezione, la psicopatologia dei rapporti affettivi o genitoriali, il gioco persecutore-vittima. Colpisce la drammaturgica poeticità di certi racconti di vita emozionale, dalla psicoterapeuta raccolti nel corso delle sue sedute. Il persecutore appare come colpevole ma anche come dolente attore privo di ogni capacità di autocontrollo. Nella caotica narrazione delle sue tragedie di amante rifiutato si percepisce l impossibilità di un dominio della ragione sui comportamenti e soprattutto si apprende come in alcuni casi estremi il soggetto trovi la liberazione attraverso un omicidio/suicidio. E una malattia mentale e come tale va curata in modo profondo giungendo alle sue cause, dunque mediante un percorso di terapia che impedisca allo stalker di agire fino alle estreme conseguenze. Il medico deve intervenire con rapidità, lo psicoterapeuta con sensibilità e competenza, mentre un opportuna legislazione deve tutelare tempestivamente le vittime per impedire che si giunga al reato. La punizione prevista dalla legge ci auguriamo che possa diventare nel tempo solo un deterrente.

più ciò che le circostanze li rendono. Se gli educatori e gli statisti si rendessero conto delle potenti forze del bene e del male che sono nel bambino, l educazione, ossia la cura dello

Maria Montessori

PaolaGiovetti,ediz.Mediterranee,Roma2009,pp.146

"Il bambini non sono per natura né fascisti né bolscevichi, né democratici; diventano per lo

sviluppo umano, sarebbe considerata il problema sociale più importante, ma il bambino è il cittadino dimenticato." Questo disse Maria

Recensioni Montessori, alla conclusione della sua esistenza dedicata senza tregua all educazione dell infanzia, durante un Congresso Internazionale tenuto a Sanremo nel 1949. Da allora molti dei suoi messaggi sono stati recepiti, e molto è stato fatto grazie alla sua lungimirante visione dell uomo. Oggi Paola Giovetti riassume con ampia documentazione la vita e le azioni di Maria Montessori in una monografia editata nel settembre 2009 dalle Edizioni Mediterranee. L opera evidenzia come alla grande pedagoga (18701952) "dobbiamo una nuova comprensione del bambino e un nuovo modo di intendere l insegnamento e la formazione dei docenti. Il suo famoso Metodo è utilizzato in tutto il mondo e trova echi e riflessi anche dove non viene ufficialmente citato. Maria Montessori è però molto più di questo. Ambasciatrice di pace (fu proposta tre volte per Premio Nobel) viaggiò instancabilmente in Europa, America e India per annunciare la scoperta del bambino e far capire che se si vuole un umanità migliore è dal bambino che bisogna cominciare, perché il bambino è il padre dell uomo, è la speranza per il futuro." Si delinea nelle pagine del volume l immagine di una donna incredibilmente votata alla sua missione e talmente coinvolgente nella sua determinazione, da conquistare in modo totale anche l amore del figlio, in un primo tempo lasciato alle cure di un istituto. Proprio attraverso la descrizione di questo amore, contrastato dalle convenzioni dei tempi, il lettore ricostruisce la verità dei sentimenti, la loro intensità e la grandezza morale dei personaggi. In ottimi rapporti con la Società Teosofica fondata da M.me Blavatsky, femminista sostenitrice del diritto di voto, fedele alle sue idee tanto da porsi in contrasto con Mussolini che la escluse dalle scelte del suo regime relative all istruzione, con il figlio Mario dovette emigrare a Barcellona in una sorta di esilio. L India la accolse con rispetto e ammirazione attraverso la Società Teosofica dove la Montessori lavorò per quasi dieci anni alla formazione degli insegnanti, vicina a Gandhi, a Tagore ed a personaggi di primo piano. Fu in quella terra che la dottoressa dette un organizzazione sistematica alla sue idee sulla pace ed a quelle sull educazione cosmica.

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Recensioni Si avvicinò anche al mondo neonatale. Nel 1948 scriveva: "..Ci rendiamo conto oggi che tutta la vita successiva è influenzata dalle difficoltà incontrate nell infanzia e anche prima della nascita. Oggi lo sappiamo tutti: è nella vita dell embrione e del neonato che si decide fatalmente la futura salute dell adulto e della razza. Perché dunque prestiamo così poca attenzione alla nascita-la crisi più grande che la vita possa affrontare?" La sua rinuncia al rapporto con il figlio in quella fase forse fu la causa dell interesse relativamente tardivo per i primi momenti della vita infantile. Nelle grandi anime ogni esperienza, anche la più triste, si traduce in impegno positivo e genera sapienza. Troviamo una sua frase che in sintesi può ben rappresentare la chiosa del suo agire: "Dobbiamo ricordare che la nuova era di cui si parla, la nuova era dell umanità, può realizzarsi solo attraverso una corretta educazione." Una vera scoperta per i tempi.

chi vive lontano dai luoghi aviti (ecco perché esso è prodotto in italiano ed in inglese) possa ritrovarvi la parte di essa che più gli è cara; e le giovani generazioni si sentano incitate a conoscere o a tener vive le radici e l identità culturale ereditate. La terra aquilana, sede del Tratturo Magno, che sin dal rinascimento acquisì parte della propria nobiltà e ricchezza grazie ai commerci della lana, è il luogo d elezione deputato a raccogliere lo sforzo di questo gruppo di ricercatori ed artisti volto al fine di perpetuare la memoria. Con i tratturi e la pastorizia transumante si attiva un processo di integrazione della povera agricoltura locale con le sterminate risorse di pascoli montani utilizzabili solo d estate, e di quelli della pianura costiera, soprattutto pugliesi, utilizzabili solo d inverno.

Tratturi e transumanza

L.Arcella, L.Biondi, W.Capezzali, P.Casale, F.Casu, C.Colangeli, V.Di Virgilio, G.Flati, A.Grassi, A.Lepidi, D.Magaldi, E.Medoro, A.Neri, E.Peretti, F.Redi, B.Ricottilli, G.Totani. A cura di L.Biondi, F.Celli, F.Merlonghi, E.Peretti, G.Totani, Arkhè edizioni. Per Deltensemble.

L opera che l Associazione Deltensemble dell Aquila ha prodotto costituisce il frutto del lavoro di ricerca di studiosi - molti, dell Università degli Studi dell Aquila - ed artisti che hanno collaborato per dare visibilità prismatica ad un fenomeno antico e a noi tanto vicino come quello della Transumanza, che è stata per secoli fonte pregevole di sostentamento economico e di supporto culturale per il territorio aquilano, per l Abruzzo e per le regioni limitrofe. La trattazione multidisciplinare, ampia ed articolata su questo tema, aldilà dei tanti studi monografici parziali, trae origine oltre dal timore che possano affievolirsi un patrimonio culturale e un mondo di valori che hanno plasmato la nostra storia eticamente e storicamente. A questo si aggiunge la volontà di ripercorrere diacronicamente, nelle sue molteplici sfaccettature, il fenomeno della Transumanza e nello stesso tempo di rinnovarlo nell arte attraverso la poesia, la musica, il canto, la pittura, affinché ognuno, in particolar modo

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Il sistema degli antichi tratturi, traccia unificante e collettiva del territorio, rappresentava l antico ordine dell architettura paesaggistica unendo realtà completamente diverse tra loro. Attraverso duemila anni di storia e di civiltà il tratturo conferma il suo valore di permanenza non solo come segno ben definito sul territorio ma anche sulle carte geografiche. Elementi costanti che qualificano con la loro permanenza il paesaggio tratturale sono: masseria fortificata, masseria complessa accorpata, masseria semplice, taverna, posta, chiesa, cappella, ponte, pozzo, fontana. Al volume è allegato un CD contenente la performance Adagio Transumante, poemetto del poeta aquilano Elio Peretti, con musiche originali di musicisti

aquilani eseguite dal gruppo cameristico Deltensemble. Fabrizio Casu.

Iran. Donne fra sedizione e tradizione

Beatrice Balestrazzi, Edizioni Giuseppe Laterza, p.360.

Estraggo dalla premessa alcune frasi che meglio di ogni altro commento ci dicono di dolori, di paure e di pudori. Una coraggiosa rivelazione anima le pagine di Beatrice Balestrazzi, scritte con la chiarezza del giornalista , con la lucidità dello storico e con la passione del vero amore per un popolo. "Questo libro è un'opera collettiva, l'insieme di tante voci. Io ho solo il merito di averle ascoltate e di essermi lasciata guidare da chi, prima di me, ha cercato di rispondere a questa domanda: Cosa e chi c'è sotto il chador?.... I libri di storia ...i saggi non riescono a dare l idea di come i concetti che spiegano, diventino le parole i sogni, le paure e le ambizioni della gente, perché nelle loro teorizzazioni evitano le banalità del quotidiano. La narrativa può invece interessarsi a come le speculazioni vengono interpretate e vissute dalle persone comuni nella vita di ogni giorno perché in parte attinge al reale. Pertanto i romanzi scritti dagli autori e dalle autrici iraniani hanno svolto un ruolo fondamentale, perché mi hanno aiutata a comprendere l anima e la sensibilità persiane ottocentesche nonché quelle contemporanee, accompagnandomi in questo viaggio affascinante che mi ha immerso nel tessuto delle interazioni delle donne nel privato e nel sociale... Desideravo sentire come mio il pudore delle ragazze avvolte nel velo o il loro scherno verso la tradizione, volevo provare sulla pelle la paura dei civili quando Teheran è diventata l'obiettivo dei missili iracheni del 1998, volevo immedesimarmi nell'angoscia delle fughe dalla capitale o delle corse in cantina con le madri che stringevano al petto i figli maschi appena adolescenti pregando perché non partissero come volontari al fronte o quando strette nel chador..." Voglio interrompere qui la citazione che peraltro è un sunto di tutto il lavoro. Ho desiderato solo risvegliare interesse e partecipazione per un libro che merita attenzione per la sua profonda serietà priva di pietismi facili. Introdotti con sapienza in un mondo che sappiamo esserci ma che spesso vogliamo ignorare per paura, spetta ora a noi comprendere.


fogliando il Dizionario Filosofico di Voltaire alla ricerca di suggestioni si constata ancora una volta l'utilità di un approfondimento delle fonti dei rituali massonici. Il trinomio Libertà, Uguaglianza, Fratellanza sembra imparentare strettamentelaLiberaMuratoriaconilbuioperiodo della Rivoluzione Francese. Durante la Rivoluzione il desiderio di distruggere la classe aristocratica che basava la sua forza non sul merito ma sul vantaggio di una nascita privilegiata era stato spinto allo sprezzo assoluto non solo della dignità ma della stessa vita umana. L'orrore della ghigliottina era stato legittimato in nome della Libertà, dell'Uguaglianza e della Fratellanza. Ma per comprendere lo spiritoeilvalorediquestitreidealibisogna andare indietro nel tempo e cercarne l'origine in quel felice momento filosofico che si chiama Illuminismo e nel quale si suole anche collocare l'origine storica dell'Istituzione muratoria. L'idea della Libertà presso la totalità dei pensatori illuministi deriva da un'ottimistica fiducia nell'uomo e nella sua qualità di essere pensante. La Libertà si identifica soprattutto nella libertà di pensiero quella che diffida del principio di autorità e sostiene per contro la forza dell'intelligenza nel demolire il pregiudizio. Alla voce Libertà del Dizionario Filosofico, Voltaire fa fare ad un immaginario personaggio inglese un significativo esempio del concetto illuminista di Libertà: "Quando si assiste ad uno spettacolo, ognuno dice liberamente la sua opinione e la pace non è affatto turbata; ma se qualche protettore insolente di un cattivo poeta volesse costringere tutte le persone di gusto a giudicare buono ciò che a loro sembra cattivo allora sì che si sentirebbero i fischi e che le due parti potrebbero prendersi a mele cotte in testa, come accadde una volta a Londra. Sono questi tiranni delle intelligenze ad aver causato una parte delle sventure del mondo. Noi in Inghilterra siamo felici soltanto da quando ciascuno gode liberamente il diritto di dire la sua opinione". La libertà di pensiero oltre a costituire per l'uomo obbiettivo morale da perseguire per la propria felicità è anche il cardine per la pace sociale dal momento che la buona armonia fra le parti viene compromessa quando una delle due tenta di prevaricare l'altra. Risulta consequenziale che per i Philosophes l'uguaglianza non sia tanto da identificarsi in uguaglianza né di mezzi economici né di mezzi intellettuali ma piuttosto l'uguale dirittodovere di ciascun uomo di usare le proprie facoltà e lo spirito critico senza che nessun presunto maestro di pensiero gli suggerisca come e quando farloesoprattuttoinchemodo.Assaipiùcomplesso è il valore della Fratellanza che Voltaire non affronta direttamente ma menziona alla voce "Teista" quella nella quale cerca di definire un modello di Fede in un'entità suprema che è molto vicina al Grande

Architetto dell'Universo. "La religione del teista è la più antica e la più diffusa giacché la semplice adorazione di un Dio ha preceduto tutti i sistemi del mondo. Egli parla una lingua che tutti i popoli del mondo intendono, pur non intendendosi affatto fra di loro. Ha fratelli da Pechino alla Caienna, tutti i saggi sono suoi fratelli". Questo concetto di fratellanza fra chi condivide i valori della saggezza offre uno spunto interpretativo interessante ma più oltre Voltaire aggiunge ulteriori elementi di riflessione definendo il teista come uomo che

Biblioteca i capifamiglia cantano inni di ringraziamento ogni mattina,solennemente;ecinqueoseimilamusicanti li accompagnano-Ma come! Non ci sono frati che insegnano e disputano e intrigano e fan bruciare la gente che non è della loro opinione?-Dovremmo essere pazzi- disse il vecchio- qui siamo tutti della stessa opinione e non riusciamo a capire cosa volete dire con i vostri frati". Ecco delineato ulteriormente il concetto di fratellanza, ossia di accordo dovuto ad unanimità di sentimenti e di pensiero. E l'unanimità deriva dall'uso della retta ragione che avvicina gli uomini. Quando questi hanno visto cose tanto straordinarie susseguirsi a ritmi serrati non possono più pensare che ci sia qualcosa di straordinario, quello che poteva sembrare tale è scoperto essere la regola. Discutendo con il filosofo Martin che si definisce 'manicheo' Candide domanda: "-Crede che gli uomini si siano sempre trucidati a vicenda, come fanno oggi? Che siano sempre stati bugiardi, imbroglioni, ingrati, briganti, deboli, incostanti, vigliacchi, invidiosi, golosi, ubriaconi, avari, ambiziosi, sanguinari, calunniatori, dissoluti, fanatici, ipocriti e stupidi?-Crede -disse Martin- che gli sparvieri abbiano sempre mangiato i piccioni, trovandone?-" La retta ragione dunque permette a Candide di individuare il male. Ma comprende anche che il male è nell'ordine delle cose e se l'affermazione del suo maestro "tutto va nel migliore dei modi" può lasciare sconcertati è la ragione che riporta ogni fatto alla sua dimensione. Deluso Candide afferma che l'ottimismo è credere cha vada tutto bene quando va tutto male; ma tutto è necessario nello svolgersi della vita. E così si giunge alla conclusione di tanto ragionare con le parole del philosophe Pangloss: "-Tutti gli eventi sono concatenati nel migliore dei mondi possibili; perché insomma, non t'avessero cacciato da un bel castello a pedate nel sedere per amore di madamigella Cunégonde, non fossi caduto nelle mani dell'Inquisizione, non avessi percorso l'America a piedi, non avessi dato un bel colpo di spada al barone, non avessi perduto tutte le pecore del buon paese di Eldorado, non saresti qui a mangiar cedro candito e pistacchi.-Ben detto -rispose Candide- ma dobbiamo coltivare il nostro orto-" Raccogliendo l'invito a coltivare il nostro orto pensiamo ai frutti che ne vogliamo raccogliere. Sarebbe molto costruttivo se questi frutti fossero quelli della libertà dell'uguaglianza e della fratellanza. Costituirebbero una bella via verso la pace sociale.

Un occhiata a Voltaire crede che la religione non consista né nelle opinioni di una metafisica inintelligibile né in vane cerimonie, ma nel fare il bene. "Il Maomettano gli grida: Bada ate,senonfaiilpellegrinaggioallaMecca!oSventura a te, gli dice un Recolletto, se non vai a Nostra Signora di Loreto!. Egli sorride di Loreto e della Mecca,masoccorrel'indigenteedifendel'oppresso". E' forse questa accezione quella cui si avvicina la Fratellanza che unisce i Liberi Muratori, un ideale capace di ispirare azioni superiori e virtuose. In quel gioiello di ironia e di ritmo letterario che è Candide, Voltaire tratta ancora in modo indiretto dell'idea di fratellanza delineando una sorta di religiosità che mira ad unire le diverse coscienze. Il protagonista del romanzo, nel corso di avventure straordinarie giunge ad Eldorado, il paese mitico in cui il fango è oro e i ciottoli sono pietre preziose. Qui interroga un vecchio saggio se in quel luogo si pratichi una religione. "Il vecchio arrossì un poco: -E come mai potreste dubitarne? Ci pigliate forse per sconoscenti?-" Candide per bocca del suo servo che funge da interprete insiste a chiedere quale sia la religione di Eldorado. Si sente rispondere: "-Ma ci possono essere due religioni? Noi osserviamo la religione di tutti; adoriamo Dio dalla sera alla mattina-" Candide vuole sapere ancora se essi adorino un solo Dio. "-Probabilmente -rispose il vecchiosiccome non ce n'è due, né tre, né quattro. Confesso che la gente del vostro mondo fa domande singolarissime- Candide non si stancava di interrogare il buon vecchio; volle sapere come si pregasse Dio in Eldorado. -Non lo preghiamo affatto- disse l'ottimo e rispettabile savio- non abbiamo nulla da chiedergli; ci ha dato quanto ci occorre; lo ringraziamo continuamenteCandide ebbe voglia di vedere dei preti; fece domandare dove stessero. Il buon vecchio sorrise. -Amici miei -disse- noi siamo tutti preti; il re e tutti

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allegrati caro usignolo, E loda il tuo Creatore. La tua voce risuoni chiara e pura, Sublime è il tuo Dio. Egli ti dona ogni alimento E te l offre nel tempo dovuto, Sii felice così. Perché mai ti affliggi, perché ti adiri con Dio se ti ha fatto usignolo, perché la tua piccola mente si turba Se non ti ha fatto uomo? Taci! Egli ha profondamente meditato ogni cosa, Sii felice così. Cosa accadrebbe a me, miserabile verme di terra Se volessi disputare con Dio? Se cercassi di forzare la porta del cielo Per combattere la sua immensa scienza? Dio non desidera che altri siano potenti, Chi suscita la sua ira si allontani, Oh, uomo, sii felice così! Se Egli non ti ha reso imperatore Non sentirti offeso, Tu forse avresti disprezzato il suo Nome E unicamente per questo l ha fatto. Gli occhi di Dio sono chiaroveggenti, Essi vedono nelle profondità del tuo cuore E ingannarli non ti è possibile! 78

Johann Valentin Andreae Le Nozze Chimiche di Christian Rosenkreutz (1459)


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R.L. XI Settembre Oriente di Pesaro

a medaglia della R.L. XI Settembre all'Oriente di Pesaro, (Valle del Foglia) è stata realizzata, per comprendere un simbolo della nostra Organizzazione in un lato e l origine del luogo di provenienza nell altro; per queste ragioni fu incisa, sul recto, una piramide sormontata da un sole che voleva essere, ed è, il nostro punto di riferimento per ogni desiderio di conoscenza che vada, come il sole stesso, oltre la vastità del tempo e dello spazio. Sul verso, invece, i simboli della nostra città e della sua storia: i Della Rovere e la loro lunga permanenza nell'intero Ducato di Urbino. Alcuni giorni prima della sua morte, infatti, avvenuta a Pesaro il 28 Settembre 1574, Guido Ubaldo Della Rovere, Signore del Ducato di Urbino, comunicava al

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R.L. Il Cenacolo Oriente di Pescara

uesto fregio, raffigura una tavola imbandita, una cazzuola ed un filo a piombo, disposti in simmetria, ove al centro domina l occhio onniveggente del G.A.D.U. con sottostanti le colonne J e B con il cielo stellato ed il pavimento a scacchi. Al suo interno, il tavolo, posto al centro con la scritta COGITEMUS LAETI CONVIVAE, esprime l invito a tutti gli uomini liberi e di buoni costumi a partecipare all agape materiale e spirituale. La cazzuola posta ad un lato è essenzialmente un emblema di sentimenti di illuminata benevolenza, di fraternità universale e di grande tolleranza, doti che contraddistinguono il vero Massone, ma

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Gonfaloniere della Città questo suo ultimo desiderio con le parole: Vi dono la mia rovere e voglio che sia posta nello stemma della Comunità, sopra il quartiere bianco e rosso, con quattro mani che si stringono fra esse e sorreggono la rovere e, sotto, il moffo PERPETUA ET FIRMA FIDELITAS e voglio essere nominato Signore e Padre vostro. Il Municipio di Pesaro esaudì la volontà del Duca con l aggiunta della scritta GUIDI UBALDI II PISAURENSIUM DOMINI ET PATRIS MUNUS. Sempre sul verso della medaglia, vi è incisa la data di fondazione di questa R.L. - 1947.

è anche potenza attiva; infatti l iconografia medievale rappresenta il Creatore con la cazzuola in mano, perché simbolo di energia creativa, non passiva. A destra il filo a piombo, strumento complementare alla livella. Tale strumento viene definito infallibile, cioè sta ad indicare il rigore, la rettitudine e viene utilizzato per innalzare le colonne che adornano il Tempio. Lungo il bordo del fregio insistono il logo della nostra R.L. e, separati da nodi d'amore, le iniziali della nostra Obbedienza.

R.L. Humanitas Oriente di Pistoia

a forma circolare della medaglia è un importante simbolo del movimento ma, al tempo stesso, del vincolo. Tutto ciò che è legato alla Libera Muratoria è in essa circoscritto. La piramide, nel mantenere la sua emissione energetica a cui si arriva solo oltrepassando le due colonne di separazione tra mondo sacro e profano, occupa il centro. Tutto ciò che è intorno è manifestazione: il pavimento a mosaico con squadra e compasso intrecciati ad indicare il lavoro che ogni massone svolge all interno della Loggia ma che nel contempo propone al di fuori di essa, per favorire lo sviluppo e la crescita di tutta l'umanità. Le grandi Luci,

necessarie nell alternanza del lavoro dall inizio alla fine. Il tutto immerso nei colori purificatori intesi come piani di lavoro cosmico alla cui elevazione ogni massone può tendere. Per ultimo il nome della Loggia, lungo tutta la circonferenza a simboleggiare l universo senza inizio né fine - Humanitas - come a segnare una frontiera ben delimitata tra l interno e l esterno, tra il dentro ed il fuori in grado di evidenziare i caratteri distintivi della specie umana: Libertà -Uguaglianza - Fratellanza.

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R.L. Gaspare Spontini Oriente di Jesi

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erché una nuova Loggia possa muovere i suoi primi passi, deve prima dotarsi del suo Simbolo Distintivo. I Fratelli fondatori, riunitisi per scolpire la prima tavola preparatoria, con

unanimità di consensi, hanno voluto che: - il Titolo Distintivo fosse Gaspare Spontini - il Simbolo Distintivo fosse un francobollo ma a forma di Triangolo equilatero ritagliato sullo spartito musicale della Ave maris stella scritto dal grande musicista massone. Nato a Maiolati, uno dei Castelli di Jesi, posto sulla riva destra del fiume Esino, è divenuto Maiolati Spontini in onore di questo suo illustre figlio. L effige unitamente alla catena d'unione

va a completare il fregio di Loggia. Fondare una Loggia è sicuramente molto importante per la vita stessa di una istituzione iniziatica, ma certamente non significa aver perseguito il fine ultimo: qui inizia il percorso e la strada da fare sarà lunga e non sempre facile da percorrere. Ed ecco, allora, il francobollo in quanto segno universale della comunicazione che cammina, è l auspicio che si percorrano instancabilmente le vie del mondo con la sicurezza dei principi, la forza dei sentimenti, il coraggio degli intenti che sono in noi tutti. È l augurio che non ci si fermi e si arrivi ovunque.

ad oggi l elenco delle Logge già pubblicato... R\L\ Cartesio Or\di Firenze R\L\ Nino Bixio Or\di Trieste R\L\ Scaligera Or\di Verona R\L\ Minerva Or\di Torino R\L\ Sile Or\di Treviso R\L\ Luigi Spadini Or\di Macerata R\L\ Enrico Fermi Or\di Milano R\L\ Kipling Or\di Firenze R\L\ Iter Virtutis Or\di Pisa R\L\ Venetia Or\di Venezia R\L\ La Fenice Or\di Forlì R\L\ Goldoni Or\di Londra R\L\ Horus Or\di R.Calabria R\L\ Pisacane Or\di Udine R\L\ Mozart Or\di Roma R\L\ Prometeo Or\di Lecce R\L\ Salomone Or\di Catanzaro R\L\ Teodorico Or\di Bologna R\L\ Fargnoli Or\di Viterbo R\L\ Minerva Or\di Cosenza R\L\ Federico II Or\di Jesi R\L\ Giovanni Pascoli Or\di Forlì R\L\ Triplice Alleanza Or\di Roma R\L\ Garibaldi Or\di Castiglione R\L\ Astrolabio Or\di Grosseto R\L\ Augusta Or\di Torino R\L\ Voltaire Or\di Torino R\L\ Zenith Or\di Cosenza R\L\ Audere Semper Or\di Firenze R\L\ Justitiam Or\di Lucca R\L\ Horus Or\di Pinerolo R\L\ Jakin e Boaz Or\di Milano R\L\ Petrarca Or\di Abano Terme R\L\ Eleuteria Or\di Pietra Ligure R\L\ Risorgimento Or\di Milano R\L\ Fidelitas Or\di Firenze R\L\ Athanor Or\di Cosenza R\L\ Ermete Or\di Bologna R\L\ Monviso Or\di Torino R\L\ Cosmo Or\di Albinia R\L\ Trilussa Or\di Bordighera R\L\ Logos Or\di Milano R\L\ Valli di Susa Or\di Susa

R\L\ Cattaneo Or\di Firenze R\L\ Mozart Or\di Genova R\L\ Carlo Faiani Or\di Ancona R\L\ Aetruria Nova Or\di Versilia R\L\ Giordano Bruno Or\di Firenze R\L\ Magistri Comacini Or\di Como R\L\ Libertà e Progresso Or\di Livorno R\L\ Uroborus Or\di Milano R\L\ Ugo Bassi Or\di Bologna R\L\ Ravenna Or\di Ravenna R\L\ Hiram Or\di Sanremo R\L\ Cavour Or\di Vercelli R\L\ Concordia Or\di Asti R\L\ Per Aspera ad Astra Or\di Lucca R\L\ Dei Trecento Or\di Treviso R\L\ La Fenice Or\di Livorno R\L\ Aristotele II Or\di Bologna R\L\ La Prealpina Or\di Torino R\L\ Erasmo Or\di Torino R\L\ Hiram Or\di Bologna R\L\ Garibaldi Or\di Toronto R\L\ Sagittario Or\di Prato R\L\ Giustizia e Libertà Or\di Roma R\L\ Le Melagrane Or\di Padova R\L\ Luigi Alberotanza Or\di Bari R\L\ Antares Or\di Firenze R\L\ Cidnea Or\di Brescia R\L\ Fratelli Cairoli Or\di Pavia R\L\ Nazario Sauro Or\di Piombino R\L\ Antropos Or\di Forlì R\L\ Internazionale Or\di Sanremo R\L\ Giordano Bruno Or\di Catanzaro R\L\ Federico II Or\di Firenze R\L\ Pietro Micca Or\di Torino R\L\ Athanor Or\di Brescia R\L\ Chevaliers d Orient Or\di Beirut R\L\ Giosuè Carducci Or\di Follonica R\L\ Orrione Or\di Torino R\L\ Atlantide Or\di Pinerolo R\L\ Falesia Or\di Piombino R\L\ Alma Mater Or\di Arezzo R\L\ Cavour Or\di Arezzo R\L\ G.Biancheri Or\di Ventimiglia

R\L\ Sibelius Or\di Vercelli R\L\ C.Rosenkreutz Or\di Siena R\L\ Virgilio Or\di Mantova R\L\ Mozart Or\di Torino R\L\ Ausonia Or\di Siena R\L\ Vincenzo Sessa Or\di Lecce R\L\ Manfredi Or\di Taranto R\L\ Cavour Or\di Prato R\L\ Liguria Or\di Orspedaletti R\L\ S.Friscia Or\di Sciacca R\L\ Atanor Or\di Pinerolo R\L\ Ulisse Or\di Forlì R\L\ 14 juillet Or\di Savona R\L\ Pitagora Or\di Cosenza R\L\ Alef Or\di Viareggio R\L\ Ibis Or\di Torino R\L\ Melagrana Or\di Torino R\L\ Aurora Or\di Genova R\L\ Silentium... Or\di Val Bormida R\L\ Polaris Or\di Reggio Calabria R\L\ Athanor Or\di Rovigo R\L\ G. Mazzini Or\di Parma R\L\ Palermo Or\di Palermo R\L\ XX Settembre Or\di Torino R\L\ La Silenceuse Or\di Cuneo R\L\ Corona Ferrea Or\di Monza R\L\ Clara Vallis Or\di Como R\L\ Giovanni Bovio Or\di Bari R\L\ EOS Or\di Bari R\L\ G. Ghinazzi Or\di Roma R\L\ D.Di Marco Or\di Piedimonte Matese R\L\ Orltre il cielo Or\di Lecco R\L\ San Giorgio Or\di Genova R\L\ G.Papini Or\di Roma R\L\ Anita Garibaldi/Alpi Giulie Or\di Livorno R\L\ Melagrana Or\di Cosenza R\L\ Il nuovo pensiero Or\di Catanzaro R\L\ M aat Or\di Barletta R\L\ Costantino Nigra Or\di Torino R\L\ Umanità e Progresso Or\di Sanremo R\L\ Fenice Or\di Spotorno R\L\ Ferd.Rodriguez Y Baena Or\di Milano R\L\ G.Bruno - S.La Torre Or\di Roma


Da questo numero la rivista è disponibile in libreria. Prossimamente in questo spazio verrĂ pubblicato lÂ’elenco completo delle librerie specializzate dove si potrĂ trovare Officinae. ‡ Â? “ Â?Â? ‘ ™ Â?Â? Â?   Â‚ š Â? “ € ‘ ˜ Â?

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