Primo Piano - Novembre 2021

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PRIMO PIANO Direttore: Lorenzo Soldani Redazione: Francesca Amadei, Fabrizia Amaini, Barbara Berretti, Emiliano Bertani, Marilena Bertani, Giacomo Bigliardi, Luisa Cigarini, Claudio Corradi, Tosca Covezzi, Sara Culzoni, Matteo De Benedittis, Mauro Degola, Giulio Fantuzzi, Luisa Gabbi, Liviana Iotti, Viller Magnanini, Adriana Malavolta, Maria Chiara Mantovani, Francesca Manzini, Francesca Nicolini, Maria Chiara Oleari, Luciano Pantaleoni, Maria Paparo, Guido Pelliciardi, Federica Prandi, Gian Paolo Rinaldi, Erik Sassi, Lorenzo Sicomori, Nadia Stefanel, Gabriele Tesauri Hanno collaborato: Giulio Bulgarelli, Marcello Bulgarelli, Elia De Maria, Tiziano Ghidorsi, Laura Losi, Luciana Radeghieri, Sergio Staino, Donatella Zini Impaginazione grafica: Studio il Granello Stampa: Tipografia San Martino snc San Martino in Rio (RE) Editore e proprietario: Circolo Culturale Primo Piano, Correggio Registrazione: Aut. Trib. di RE. n. 437 del 23/05/79 Iscritto al Registro Operatori Comunicazione (R.O.C.) con il n. 34700 Direttore responsabile: Liviana Iotti Segretaria di redazione: Tosca Covezzi Sede legale: via Santa Maria, 1 - Correggio tel. 0522 691875 info@primo-piano.info Abbonamento annuale: Ordinario 20 € Sostenitore 30 € Fuori comune 30 € On line (maggiorazione di 2 € Paypal) Digitale 10 € Come abbonarsi: Presso una delle seguenti sedi:

In copertina: Andrea Gherpelli, attore protagonista della fiction RAI "Cuori" e agricoltore dei grani antichi per il "Busilan Gentile" della Pasticceria Alfieri. Articolo a pag. 4. Foto di Tiziano Ghidorsi

anno 43 / n. 415 Personaggio

4 Le mie dolcezze: set, campagna e bebè

Sanità 6 Una presenza rassicurante, il defibrillatore 10 Se permettete... vi apro il mio cuore

Cronaca

8 Dobbiamo liberarci della violenza di genere

Scuola 12 Passaggio in superiore, a gennaio la scelta 34 Evviva, si rivede la gita scolastica, e a piedi

Impresa 16 Auto e motori, tradizione di famiglia 28 Un balsamo di tradizione va alla conquista del mondo

Sport 18 Competere tra maschi su rotelle? Un piacere 24 Nel calcio, più che i piedi conta la testa

Commercio 19 Dopo più di mezzo secolo chiude la Supermoderna

Storia locale 20 Da museo librario per pochi a spazio lettura per tutti 22 Nive Veroni, una pasionaria

Eventi 23 Nel seicento a Correggio vagava uno strano pittore

- Berretti ferramenta e casalinghi P.za Garibaldi 11

Politica

- Caffè Mini Bar - C.so Mazzini, 30

26 Aria nuova con le elezioni a San Martino in Rio

- Edicola Andreoli Luisa - P.za Garibaldi - Edicola La Dolce Vita - P.le Aldo Moro (Espansione sud) - Edicola Porta Reggio - P.za Porta Reggio - Libreria Ligabue - via Conciapelli 16 - Libreria Moby Dick - C.so Cavour 13 - Tabaccheria B&B - via Repubblica 14/A - Tabaccheria Catellani - C.so Mazzini 15/b - Tabaccheria del Centro - P.za S.Quirino 10/b - Tabaccheria Mille Idee - via Tondelli 2/o (Espansione sud) - Tabaccheria Nuvola di Fumo - via Carlo V 8/a oppure - on line www.primo-piano.info - bonifico bancario BPER Banca filiale di Correggio IT 76 Z 05387 66320 000002937443 Chiuso in redazione: martedì 30 novembre 2021

La Correggio che verrà 30 Tutto intorno un bosco e la città respira

Televisione 32 Non urlare le notizie, prima regola di Telereggio

Curiosità 36 Il cambiamento climatico? Problema d’altri

Rubriche

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opinioni d'autore: L’Italia, laboratorio della biodiversità una poltrona in terza fila: Un nuovo inizio davanti a me agricoltura, verde, ambiente: L'albero di Natale, una boccata di ossigeno Correggio in briciole notizie in breve come eravamo: Del Correggio non ci resta che la cenere, ma dove? appuntamenti culturali: Gli scrittori di Tondelli, giochi e letture al Parco cultura popolare: Stati d’animo Correggio in gioco dicembre 2021


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personaggio

Federica Prandi

LE MIE DOLCEZZE: SET, CAMPAGNA E BEBÈ IL MOMENTO MAGICO DI ANDREA GHERPELLI

Andrea con Cinzia e Luca, titolari della Pasticceria Alfieri: ecco il Busilan Gentile

Incontrare e parlare con Andrea Gherpelli è un’esperienza speciale, di quelle che rimangono ben impresse nel cuore e nella mente, perché è il tipo di persona che ha la capacità di trascinarti con entusiasmo, passione e dedizione nei suoi tanti mondi. Dalla meccanica agricola, ai grani antichi, ai set cinematogafici, è un confronto stimolante e divertente. Andrea sta vivendo un momento d’oro sia umanamente che professionalmente. È diventato da poco papà della splendida Noa Celeste; ha reinterpretato il famoso busilan (la ciambella, per chi non conoscesse il termine dialettale emiliano) con la pasticceria Alfieri di Correggio ed è reduce da due successi cinematografici. Uno, con il ruolo dello scultore Giuseppe Mozzali nel

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film “Volevo nascondermi” sul pittore Antonio Ligabue e l’altro per il ruolo del dottor Enrico Mosca nella fiction “Cuori”, andata in onda tra ottobre e novembre su Rai 1 e seguita da quattro milioni di telespettatori. A ciò si aggiunge “Wild Teens”, un reality senza precedenti in onda su Discovery Plus che unisce l’agricoltura e le sue complessità con il mondo degli adolescenti. Andrea è il fattore che li accompagna in questo percorso insolito. Primo Piano approfondisce con lui le varie esperienze.

il giorno di San Martino, è sana e sta crescendo bene».

Andrea, tra i tuoi tanti recenti successi, partiamo da quello più intimo e importante: tua figlia. «Noa Celeste è una grazia del Cielo, una gioia immensa. Io e la mia compagna Elena siamo felicissimi. È nata

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È iniziata da poco la produzione e vendita di un dolce tradizionale emiliano, in collaborazione con la Pasticceria Alfieri: di cosa si tratta nello specifico?

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«Durante l’ultima fiera di San Luca, io e la mia compagna Elena abbiamo tenuto un incontro aperto al pubblico a Palazzo dei Principi sui frumenti secolari che io coltivo. Abbiamo raccontato le origini dei grani, la manipolazione delle farine e i prodotti che con esse produciamo nell’azienda agricola di Prato. Abbiamo anche parlato del frumento Gentil Rosso, una varietà di grano dalla spiga alta, di eccellente valore nutritivo e dal profumo intenso che io tengo integrale e macino a pietra. All’incontro c’erano anche Cinzia e Luca della Pasticceria Alfieri, da sempre attenti alla qualità delle materie prime e appassionati di grani antichi. In quel momento è venuta l’idea del "Busilan Gentile", che ora si può acquistare da Alfieri il sabato mattina e ai nostri mercati agricoli settimanali». Rimanendo nell’ambito agricolo, sei nel cast del reality Wild Teens su Discovery Plus. Come ti sei avvicinato al progetto? «Io non amo i reality tradizionali, ma quando gli autori me l’hanno proposto non ho potuto rifiutare perché è un format di argomento completamente nuovo, che mi riporta al mio lavoro di agricoltore. L’idea nasce dal voler mettere in contatto dei nativi digitali, dodici ragazzi dai 14 ai 18 anni, con la vita rurale, fatta di tempi precisi e lavori scomodi. Per venti giorni, alle Cascine Orsine in provincia di Pavia, i giovani concorrenti, privi dello smartphone, devono fronteggiare una quotidianità fatta di lavoro nei campi, accudimento di bovini, pulizia di stalla e pollaio, approvvigionamento di cibo. Io sono il fattore, ma anche colui che assiste al loro disorientamento, alle loro crisi, ai loro conflitti e infine alla loro rinascita».

Andrea nei panni del dottor Mosca, tra i protagonisti della fiction di Rai 1 "Cuori"

Cosa hai portato a casa da questa esperienza? «È stato un percorso umano interessante: inizialmente questi ragazzi sono entrati in cascina pensando di essere persone strutturate, ma il contatto con la natura e i suoi ritmi li ha molto disorientati. Sono crollati uno a uno come dei birilli ed è stato in quel momento che ho potuto mettere nuovi semi, dare loro nuovi messaggi. Il mio insegnamento principale è stato: chi semina raccoglie, badate a cosa seminate! Nel tempo hanno imparato a responsabilizzarsi ed adattarsi alle situazioni. Questo programma ha fatto capire loro che dietro al telefono c’è un mondo in cui l’erba cresce, i semi germogliano, i frutti si raccolgono». Dalla campagna alle corsie dell’ospedale Molinette di Torino negli anni ‘60, quando si faceva strada l’idea del trapianto di cuore: sei stato ammirato da quattro milioni di telespettatori nel ruolo del dottor Mosca. Cosa c’è di Andrea in lui? «Caratterialmente il dottor Mosca, con AUTOFFICINA

il suo cinismo e desiderio di riscatto sociale, non ha nulla a che vedere con me. L’unico aspetto che ci accomuna è l’origine contadina, anche se lui, a differenza di me, è figlio di un porcaro. In questo personaggio però ho messo tutto lo studio e l’esperienza di venti anni di recitazione». Incontrandoti ho appurato che sei una persona molto concreta: come vivi la dicotomia agricoltore-attore, campagna-set cinematografico? «Rimango me stesso in ogni circostanza che la vita mi offre. Il mondo dello spettacolo è fatto di vento che viene e va; è fondamentale rimanere con i piedi per terra e non cedere a lusinghe». Progetti futuri? «Per il momento io ed Elena stiamo valutando di implementare la nostra gamma di prodotti, aggiungendo qualcosa di salato da realizzare con un altro grano duro antico: il grano del Miracolo».

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sanità

Laura Losi

UNA PRESENZA RASSICURANTE, IL DEFIBRILLATORE UN SALVAVITA PREZIOSO PER I CORREGGESI

Il volontario Gabriele Moroni, nella sede CRI, con due defibrillatori.

Non è infrequente leggere di persone colpite da arresto cardiaco che vengono salvate grazie al pronto intervento di un passante. Il Ministero della Salute attesta che ogni anno si verifica un caso di arresto cardiaco ogni mille abitanti, il che corrisponde a circa 60.000 casi totali all’anno; di tutti questi, la sopravvivenza dopo l’episodio critico è molto bassa, essendo relativa al solo 2% dei soggetti colpiti. Questa percentuale però sale al 50% se entro pochi minuti dall’arresto interviene la defibrillazione precoce. Dall’attimo in cui la persona perde coscienza, il suo cuore si ferma e lui smette di respirare, fino al momento in cui arriva la prima ambulanza, trascorre un lasso di tempo che nelle aree urbane è in media di 6-8 minuti. Se nell’attesa nessuno esegue manovre di rianimazione, i danni per la vittima diventano irreversibili. Nella realtà italiana, purtroppo, la percentuale di soggetti in arresto cardiaco sottoposte da astanti (“first responders”) alle manovre riani-

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matorie di base, in gergo tecnico BLS (Basic Life Support), è bassissima. Ciò fa capire l’importanza che la diffusione delle buone pratiche di rianimazione deve avere presso la popolazione, fino a diventare uno degli obiettivi primari per la società, dove tutti possono concorrere al benessere di tutti. Al raggiungimento di questo obiettivo dà una grossa mano il progresso scientifico-tecnologico, grazie al quale abbiamo a disposizione un’appo-

sita apparecchiatura, il DAE (acronimo di defibrillatore automatico esterno), progettata per rilevare, grazie a due piastre-elettrodo adesive che vengono applicate sul torace del paziente, le alterazioni dell’attività elettrica del cuore in caso di arresto dovuto a fibrillazione ventricolare o a tachicardia ventricolare senza polso, ed erogare una scarica elettrica quando necessario. In sostanza, il DAE è in grado di analizzare il ritmo cardiaco e diagnostica se lo stesso sia defibrillabile o meno, sottraendo questo compito al soccorritore, che riceve precise istruzioni dalla macchina su quando innescare la scarica elettrica al cuore per rianimarlo. Ogni DAE è conservato nell’apposita e riconoscibile custodia che in caso di necessità può essere aperta per consentire l’estrazione dell’apparecchio. La comunità correggese si è attivata su più fronti, già da alcuni anni, per installare sul territorio diversi DAE, grazie alla sinergia tra più soggetti, pubblici e privati, tutti accomunati dall’obiettivo di diffondere la cultura della prevenzione: l’Amministrazione Comunale, la Croce Rossa, le Scuole, gli imprenditori, le società sportive, i semplici cittadini. In particolare, Comune e Croce Rossa locale si sono attivati con un’apposita convenzione per gestire 6 DAE destinati alla collettività: quattro sono collocati in centro storico (in Piazza Ga-

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ribaldi nei pressi del civico 12, in Corso Mazzini - angolo Via Antonioli, presso il civico 6 di Corso Mazzini in direzione Porta Reggio e in Corso Cavour di fronte al Teatro Asioli), uno all’Espansione Sud in Piazzale Tondelli e l’ultimo in ordine di installazione (settembre 2021) al Villaggio Industriale, all’altezza del civico 55 di Via Costituzione. Una volta entrati, a titolo di donazione o acquisto, nella disponibilità del Comune, i DAE vengono inseriti nel piano di manutenzione seguito da Croce Rossa, che si occupa di mantenerli sempre in piena efficienza mediante un controllo programmato trimestrale, la sostituzione delle piastre alla scadenza, la fornitura dell’attrezzatura accessoria e lo scarico dei dati presso il 118 nel rispetto di un preciso protocollo sanitario. L’installazione dell’ultimo defibrillatore ha portato, grazie alla collaborazione con l’azienda Bett Sistemi, all’attivazione da parte di Croce Rossa di un corso specifico al quale diverse aziende con sede al Villaggio Industriale hanno iscritto uno o più addetti, formando così un gruppo di lavoratori, già incaricati del primo soccorso aziendale, che hanno acquisito la qualifica di Operatore DAE. Una sicurezza in più, considerando l’elevato numero di persone che lavorano in una zona che fino a pochi mesi fa era sprovvista di dispositivi salvavita, dato che non c’è l’obbligo di installare il defibrillatore nei luoghi di lavoro. Il Comitato di Croce Rossa è operativo anche sui 4 defibrillatori installati dal Comune di Rio Saliceto, con le stesse modalità gestionali. Ci sono poi i DAE collocati presso gli Istituti scolastici, per i quali il Ministero dell’Istruzione, nell’ambito del Decreto Sostegni del marzo 2021, ha

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Il defibrillatore al Villaggio Industriale

istituito uno stanziamento di 1.000 euro per l’acquisto di un DAE per ciascun plesso in cui questo fosse ancora mancante, ovvero per il rinnovo delle dotazioni strumentali già a disposizione. Anche per il personale delle Scuole, Croce Rossa svolge il proprio ruolo nella formazione degli Operatori DAE e nel mantenimento delle qualifiche, mediante l’attivazione di corsi riconosciuti. Un DAE è collocato anche al Centro commerciale di Piazzale Finzi, grazie alla donazione dei soci Coop nel 2016 alla collettività; infine ci sono le società sportive, che hanno l’obbligo di disporre nella palestra di un DAE e di personale adeguatamente formato per il suo utilizzo. Per dare un po’ di numeri, nel 2019 Croce Rossa ha formato sul territorio 37 operatori DAE “laici”, ossia non “sanitari”, tra personale scolastico, addetti aziendali e privati cittadini che hanno frequentato l’apposito corso della durata di 5 ore; vi sono poi circa 260 volontari CRI che hanno acquisito la qualifica di Operatore DAE “sanitario” e che ogni anno devono sostenere l’apposito esame per il suo mantenimen-

to. Nell’anno 2020 si è avuto di fatto il beneficio del rinnovo automatico delle qualifiche, ma nel 2021 sono ripresi i corsi di formazione e gli esami per il mantenimento delle qualifiche, perché solo una formazione costante consente di mantenere quella sicurezza nell’approccio al dispositivo salvavita e nel suo utilizzo, che rende davvero efficace la manovra di rianimazione. A tutt’oggi, nell’anno in corso il Comitato CRI di Correggio ha già organizzato due corsi per l’ottenimento della qualifica, formando complessivamente 34 nuovi addetti laici, e sei corsi di aggiornamento. Tutto questo è davvero significativo se si pensa che nell’anno 2020 i servizi di emergenza-urgenza sul territorio servito dal Comitato sono stati 5.581, di cui 1.366 relativi a pazienti in codice rosso, ossia in immediato pericolo di vita. Con questa carrellata sulla situazione defibrillatori speriamo di aver suscitato nei lettori il desiderio, o anche solo la curiosità, di saperne di più e, perché no, di mettersi alla prova in prima persona. Per questo il Comitato di Croce Rossa di Correggio è sempre a disposizione!

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cronaca

Giacomo Bigliardi

DOBBIAMO LIBERARCI DELLA VIOLENZA DI GENERE

I TANTI CASI SONO SINTOMO DI UN PROBLEMA DI TUTTA LA SOCIETÀ

Pubblico numeroso il 20 novembre all'incontro al Centro sociale 25 Aprile

Juana Cecilia Hazana Loayza è il nome della donna uccisa poche settimane fa, proprio qui, a Reggio Emilia, per mano dell’ex compagno. È un nome, una storia, una vita stroncata da un crimine orribile, che è sintomo di una società con un serio problema legato alle questioni di genere. Quello che è successo ha un nome specifico: si chiama femminicidio. Perché, si potrebbe obiettare, serve un nome apposta per un crimine che potrebbe essere semplicemente chiamato “omicidio”? La risposta è semplice: perché più di un omicidio su due che vede come vittima una donna, in tutto il mondo,

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è commesso da un ex partner o da un familiare; e perché nove donne uccise su dieci in Italia sono vittime di persone che conoscevano. Quando un fenomeno assume proporzioni così grandi non può essere generalizzato, va guardato in faccia. Va chiamato con il proprio nome, va discusso, e va inquadrato nel contesto che lo ha reso possibile. Il 25 novembre è stata la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. È per questa occasione che Correggio ha ospitato un incontro con il filosofo femminista Lorenzo Gasparrini. Ro-

mano, autore di diversi libri sul tema e attivo nel settore della formazione aziendale, è stato invitato dal Coordinamento donne Spi-Cgil di Correggio e da un gruppo di giovani correggesi. Nelle due ore trascorse, il filosofo ha coinvolto il centinaio di presenti in una serie di riflessioni su che cosa sia la violenza di genere, quali siano le sue radici, quali i suoi eccessi. Le sue prime parole sono state: «Mi tocca sempre spiegare che l’espressione “violenza contro le donne” è il nome di un problema sociale, non quello di una serie specifica di azioni precise che possiamo enumerare che accadono contro le donne. È il

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nome di una questione sociale, e come in tutte le questioni sociali, anche qui sono coinvolte tutte e tutti, con compiti, funzioni e ruoli diversi». Com’è possibile che siano coinvolti tutti? L’errore è che ci concentriamo solo su chi compie i fatti più eclatanti, i crimini peggiori, mentre ci dimentichiamo che attorno ad assassini, stupratori e uomini violenti c’è un contesto che li porta a diventare ciò che sono. C’è un contesto sociale che attribuisce alla differenza di genere tra uomo e donna una differenza di identità, di responsabilità, di ruoli; che fa sì che una donna vittima di violenza sia giudicata per come era vestita, e che rende assurda la possibile notizia che a essere stuprato, a essere inseguito, a essere stalkerato sia un uomo, non una donna. Queste cose non sono naturali: le crea la società. «Se io cammino per strada da solo di sera», ha spiegato Gasparrini, «e davanti a me c’è una donna, se quella si gira e mi vede, subito si stringe nel vestito e affretta il passo. Perché fa così? Io di certo non le ho fatto niente. A farle paura non sono io, è il mio corpo. La mia responsabilità di uomo è domandarmi: che cosa ha fatto diventare il mio corpo un’arma, il simbolo di una paura? È questa la cosa che non mi deve stare bene. È questa la cosa verso cui devo assumermi una responsabilità». Una gran parte della riflessione del filosofo si è concentrata sul tema del potere. Il potere che passa, inevitabilmente, all’interno di ogni relazione sociale, di ogni gesto, di ogni contesto. Una famiglia è impostata secondo una relazione di potere: il modo in cui vengono gestite le situazioni, come vengono divisi i compiti, le responsabilità, tutto crea un’idea di chi abbia il potere di fare cosa. «Ci raccontiamo che per natura le donne sono più multitasking e

più brave a fare tante cose insieme», ha spiegato Gasparrini, «il punto non è che sono più brave, sono solo più allenate: hanno iniziato a occuparsi di certe cose fin da quanto sono molto giovani. Lo stesso vale per il lavoro domestico, o anche per la cura dei figli: chi ha detto che sia una naturale competenza della donna? Non ci rendiamo conto che tutti i gesti e le relazioni sono intrise di potere, anche nelle situazioni che sembrano più innocue. Non notiamo le posizioni di autorevolezza e le forme di controllo che si sviluppano nelle nostre relazioni». Perché dev’essere l’uomo a fare “il cavaliere”? Evidentemente c’è un racconto sociale che fa sì che l’uomo occupi una posizione di privilegio, che sia l’uomo a concedere e la donna a concedersi, che l’uomo sia autorevole, nel lavoro e nella famiglia, e che la donna per essere autorevole debba mostrare di “avere gli attributi”. Un altro tema molto presente nell’incontro con Gasparrini è stato quello del linguaggio. Il filosofo ha spiegato: «Nel linguaggio è depositata un’idea sociale: prendere la donna come riferimento negativo di un agire sociale. I primi insulti che i bambini maschi fanno tra di loro riguardano il fatto che non si comportino “da uomini”, bensì “da femminucce”. È chiaro che un bambino di cinque o sei anni non ha davvero capito cosa sta dicendo, ma sa che in quel modo sta offendendo la persona che ha di fronte. Il punto non è che gliel’abbia raccontato qualcuno: questa cosa è nella cultura, gli è arrivata attraverso i film, i cartoni animati, i discorsi che sente dagli adulti. È una cultura dispari e discriminante». I media italiani hanno grossi difetti in questo senso. Provate a fare caso a quante volte le donne vengono indicate sui giornali solo con il proprio nome di battesimo,

e non con il cognome; provate poi a vedere quante volte succede per gli uomini. Indicare una persona con il solo nome la sminuisce, le toglie autorevolezza e credibilità. Spesso poi, nel racconto dei giornali, l’uomo che commette una qualche forma di violenza, fisica, sessuale o psicologica, è “accecato dalla gelosia” o incapace di accettare un tradimento. In sostanza, il comportamento maschile viene sempre descritto come una conseguenza di quello femminile. Numerosi sono poi i casi in cui vengono fornite informazioni non essenziali che riguardano, per esempio, come la donna era vestita al momento della violenza, o se fosse ubriaca, drogata. Il racconto dei media, in sostanza, è viziato di pregiudizi e luoghi comuni che ancora non siamo riusciti a superare. Come venire fuori da tutto questo? Nelle parole di Gasparrini, «seminare, coltivare, svolgere un’adeguata educazione affettiva, a scuole e nelle famiglie. Lavorare sul linguaggio e sui paradigmi sociali, in ogni loro aspetto, con il coinvolgimento delle istituzioni e delle scuole. Non basta essere onesti e non fare azioni violente: quello è il minimo. Dobbiamo pensare a fare qualcosa di più del minimo». Un consiglio: la prossima volta che vedete una qualunque notizia di cronaca che ha come vittima una donna, provate a invertire i generi. Trasformate la donna in un uomo e l’uomo in una donna. Che sapore vi lascia? Molte volte un sapore strano. Non ci siamo abituati. Non siamo abituati all’uguaglianza.

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sanità

Elia De Maria

SE PERMETTETE… VI APRO IL MIO CUORE

CONFESSIONI E CONSIGLI DI UN CARDIOLOGO AMICO

Interno di cardiologia nell'Ospedale di Carpi

Elia De Maria, nostro concittadino, è medico dell'Unità Operativa di Cardiologia dell'Ospedale Ramazzini di Carpi. È altresì responsabile della Aritmologia dell’Area Nord dell'ASL di Modena Frequentavo le scuole medie e guardavo un cartone animato bellissimo: "Siamo fatti così -Esplorando il corpo umano". Banalmente, più o meno allora, decisi di fare il medico. Nel corso degli anni poi capii che la medicina è una di quelle attività umane per cui il verbo che meglio la descrive è essere. Mi capitò, anni fa, di incontrare ad un congresso un mio professore di cardiologia ottantacinquenne e pensionato, che partecipava attento prendendo appunti. Alla mia domanda: «Cosa ci fa qui prof?», la risposta fu: «Ovvio. Mi sto aggiornando per la mia professione. Perché non si smette mai di essere medico». La scena mi è ritornata alla mente nel pieno della pandemia, mentre scorrevo sul sito della FNOMCeO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri) l’elenco dei tanti medici deceduti a causa del virus. Moltissimi erano in pensione, tantissimi medici di Medicina Generale. Semplicemente erano ritornati in servizio per dare una mano,

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per rendersi utili, per arginare un nemico invisibile e spaventoso. Era tanta la paura: un sentimento tangibile che si leggeva negli occhi di chiunque si incontrasse in ospedale. Gli occhi, d’altronde, insieme al nome scritto con un pennarello su un pezzo di carta appiccicato sul petto, erano diventati l’unico modo di riconoscere colleghi diventati improvvisamente dei “palombari”, coperti dalla testa ai piedi. Gli occhi erano spesso l’unico modo di comunicare con le persone colpite dalla polmonite ed attaccati ad un ventilatore. Occhi che cercavano di comunicare e chiedere aiuto, anche da intubati. Uno degli aspetti peggiori del Covid è il fatto che il deterioramento della funzione respiratoria è spesso così repentino da arrivare all'intubazione nel giro di pochissimo tempo. Così capitava di vedere pazienti che non respiravano più, ma erano del tutto coscienti, e venivano intubati quasi da svegli. Se si prova ad immaginare cosa voglia dire, vengono

i brividi di paura. Io ne ho avuta tanta di paura: per la mia salute e la mia vita, ma soprattutto per quella dei miei familiari cui avrei potuto trasmettere la "bestiaccia". Avevo battezzato il mio garage come una sorta di camera di decontaminazione nella quale mi cambiavo, tornato dal turno, prima di rientrare in casa. Per un bel pò il mio unico detergente era il disinfettante e praticamente mi ci facevo il bagno. E a me è andata anche bene, non ero esat-

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tamente in prima linea, non ero in un reparto Covid. Lavoro in un reparto di Cardiologia che, essendo rimasta l’unica aperta in tutta l’Area Nord della provincia di Modena, doveva restare “Covid-free” per poter accogliere e curare i malati cardiologici acuti. Ricordo gli striscioni all’esterno dell’Ospedale di Carpi: “Grazie ai nostri Eroi!” e “Siete i nostri Angeli”. Questo ci ha dato una bella spinta per andare avanti e non farci travolgere dall’onda della paura. I dati di novembre 2021 dicono che il Covid finora ha colpito nel mondo 251 milioni di persone, causando almeno 5 milioni di morti. In Italia, da inizio pandemia, ci sono stati 4,8 milioni di contagi e 132.000 decessi. Nel 2020 ci sono stati oltre 100.000 morti in più rispetto alla media degli ultimi anni: i decessi nel periodo 2015-2019 sono stati 600650.000 all'anno, nel 2020 circa 750.000. L’aspettativa di vita nel nostro Paese è diminuita di 1,2 anni durante la pandemia. L'incremento di mortalità (+20%) non è spiegato solo dalle morti attribuite al Covid, ma include gli effetti indiretti della pandemia sulla diagnosi ed il trattamento di altre patologie. In ambito cardiologico, un dato comune a livello mondiale è stato la drastica riduzione, specie durante il primo lockdown, dei ricoveri per infarto miocardico e in generale per le patologie cardiache acute (fino a -50%). In pratica, anche in presenza di sintomi cardiologici severi molte persone non sono andate in ospedale, per paura del virus. A livello italiano vi è stato un aumento del 20% della mortalità cardiovascolare. In Emilia Romagna, tutto sommato, è andata un po' meglio: tutti i dati sopra citati sono andati nella stessa direzione, ma con un impatto meno drammatico rispetto ad altre

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regioni. Resto convinto che la sanità in Emilia Romagna sia un fiore all'occhiello e che nella nostra Regione ci sia il giusto “mix” tra ospedali di eccellenza e medicina del territorio, elemento che è risultato decisivo nella lotta al virus. Un dato che, tuttavia, preoccupa è quello relativo al peggioramento durante la pandemia di alcuni aspetti dello stile di vita che si traducono in aumento dei fattori di rischio cardiovascolare: fumo, sedentarietà,

sovrappeso, cattive abitudini alimentari, consumo di alcolici. Non bisogna mai dimenticare che la prevenzione delle malattie è molto più conveniente della cura, sia dal punto di vista individuale (migliore stato di salute e benessere) che collettivo (riduzione della spesa sanitaria e minore impatto sociale delle malattie). E questo risulta ancora più importante ai tempi del Covid-19.

LO STILE DI VITA CHE AIUTA A PREVENIRE LE MALATTIE CARDIOVASCOLARI (E NON SOLO). DIETA. Più frutta e verdura, meno grassi animali e zuccheri raffinati. Evitare il sovrappeso. Ippocrate (460-377 a.C.) diceva: «Fa che il cibo sia la tua prima medicina». SALE. Nei paesi occidentali si assumono fino a 10 gr al giorno di sale (Cloruro di Sodio), mentre il fabbisogno effettivo è di 2-3 gr. Questo favorisce ipertensione arteriosa ed arteriosclerosi. Contenuto di sale per 100 gr di alimento: prosciutto crudo 2,5 gr, parmigiano reggiano 0,6 gr, fagioli 0,005 gr. Insomma: il sale va bene in zucca ma non nel piatto. ALCOLICI. L'etanolo è una sostanza tossica, ma se non si esagera gli effetti negativi sono minimi e non è necessario privarsene del tutto (salvo specifiche patologie es. epatiche). Occorre limitarsi a 20-30 gr di etanolo al giorno nell'uomo (2-3 drinks) e 10-20 nelle donne (1-2 drinks). Un "drink" (unità alcolica) contiene 14 grammi di alcol e corrisponde a 330 ml di birra (una lattina), 125 ml di vino (un calice) o 40 ml di superalcolici (un bicchierino). ATTIVITÀ FISICA. Lo so, manca sempre il tempo. Ognuno, però, dovrebbe trovare la strategia più adatta a sé. Io faccio così: arrivo a lavoro qualche minuto prima, parcheggio a circa 1-1,5 Km dall'Ospedale, poi a passo svelto raggiungo il reparto. In questo modo arrivo a percorrere ("passeggiata veloce") fino a 15 km settimanali. FUMO DI SIGARETTA. Se non volete smettere per le vostre coronarie e i vostri polmoni, fatelo almeno per il vostro portafogli: un fumatore spende fino a 2.200 euro all’anno. APPROCCIO ALLA VITA. Un comportamento caratterizzato da aggressività, eccessiva ambizione/competizione, ritmi frenetici, incapacità a rilassarsi etc, aumenta notevolmente il rischio di infarto. Vale davvero la pena arrabbiarsi in auto se siamo dietro ad una piccola utilitaria che va ai 20 km/h, pur avendo tutta la strada libera davanti a sé?

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scuola

Giulio Fantuzzi

PASSAGGIO IN SUPERIORE, A GENNAIO LA SCELTA

L’ORIENTAMENTO SCOLASTICO PER I NOSTRI STUDENTI

In gennaio c’è una scadenza importante per gli studenti di terza media, che coinvolge anche le loro famiglie: l’iscrizione alla scuola superiore. Un richiamo impertinente al futuro, nel bel mezzo di un presente invasivo e confuso. Per agevolare tale scelta, le scuole superiori della nostra provincia hanno presentato la propria offerta formativa in un “Open day” online per l’orientamento scolastico. Tra queste le quattro scuole superiori correggesi, ognuna delle quali poi ha tenuto anche autonome iniziative: Liceo Rinaldo Corso, ITC Luigi Einaudi, Convitto Rinaldo Corso, Istituto paritario San Tomaso. Curiosiamo un po’ sulle iscrizioni per l’anno 20212022 in corso, qui riportate. Dagli iscritti alle classi quinte, seconde e prime si vede che la popolazione scolastica cresce ad un ritmo sostenuto. Il calo della natalità, infatti, si avvertirà per l’istruzione superiore solo tra un paio di anni. Mentre a livello nazionale si assiste ad una marcata “liceizzazione”, a Correggio vi è un equilibrio tra Liceo e Istituto tecnico, con un tasso di crescita un po’ superiore in quest’ultimo. Al Liceo prevale il ramo scientifico, poi il linguistico e il classico. All’ITC va forte l’indirizzo economico e giuridico, seguito dall’informatico e dal meccanico. Forte è la presenza dell’istruzione

professionale al Convitto, con prevalenza del comparto turistico alberghiero sull’agrotecnico e sull’industriale, mentre il San Tomaso conferma la sua entità nelle scienze umane con i due indirizzi formativi, pedagogico ed economico. L’offerta formativa del distretto scolastico correggese è molto ampia, variegata. L’arco delle valenze formative ha elevato progressivamente la sua qualità e soddisfa le aspirazioni della grandissima parte dei ragazzi del nostro distretto, riducendo al minimo la pendolarità verso altre destinazioni. Un vecchio pregiudizio fa ancora presa: grossolanamente, i più portati allo studio sarebbero vocati per il liceo, poi a scendere verso il tecnico e il professionale. La realtà però ha tinte meno forti. Frequentare con successo un tecnico o un professionale non è una barzelletta, ammesso che lo fosse in passato. Le paratie tra gli indirizzi scolastici si sono alzate, accompagnando il libero accesso all’Università per chi prosegue gli studi. La formazione di una mente aperta, bussola per una visione critica del mondo, è l’obiettivo educativo comune delle nostre scuole superiori, pur nelle specificità dei loro indirizzi. Tra dirigenti scolastici, impegnati a perseguirlo, c’è un clima di collaborazione costante, sostenuto dalla nostra

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Amministrazione comunale. Dalle medie inferiori i ragazzi escono con un documento che, assieme all’Invalsi e al certificato delle competenze, li accompagna: è il Consiglio orientativo, predisposto dal Consiglio di classe. Nella grande maggioranza dei casi viene rispettato nella scelta delle superiori. Le attitudini documentate già nel primo ciclo, se seguite, comportano positivi riscontri nel tempo, che si traducono in successo scolastico. Famiglia e insegnanti, a Correggio, in generale s’intendono e collaborano. Non mancano però le discordanze, per tanti motivi: il gruppo di amici da seguire, lo chef tuttologo di moda, l’ossequio alla tradizione di famiglia, o, più banalmente, la convinzione del genitore di avere un piccolo Einstein tra le mura domestiche. Ciò provoca insuccesso e contribuisce ai numeri della dispersione scolastica, un male che il Paese non si può permettere. L’orientamento scolastico serve per aiutare ogni ragazzo a coltivare le proprie vocazioni, a realizzare il proprio talento. La scuola deve educare, non solo istruire. Non basta trasmettere contenuti culturali e scientifici. Bisogna prendersi cura delle condizioni concrete dello studente, piegarsi su di lui, coglierne le varie intelligenze, senza l’assillo della selezione, ma con quello della formazione. Coltivare gerarchie predefinite tra discipline umanistiche e tecniche per la loro intrinseca attitudine formativa non ha più molto senso. Ognuna di esse, dalla filosofia alla tecnologia dei materiali, all’economia, se non propina solo contenuti ma coinvolge e suscita emozioni, curiosità per meglio comprendere la realtà complessa che ci circonda è formativa. Pensando ad Alessandro Gassmann, che nella fiction TV interpreta un professore inquieto ma capace di suscitare tanta empatia negli studenti con una didattica del tutto originale, viene da chiedersi: quanta strada deve ancora compiere la docenza standard? La formazione continua degli insegnanti, per esempio, vive ancora nel limbo dell’incertezza. Ad onor del vero, oggi vi sono linee guida scientifiche, che nelle scuole di Correggio si stanno prendendo seriamente. Sono le otto competenze chiave europee per l’orientamento, che abbracciano scuola, lavoro e vita. Ingredienti di ogni percorso di crescita e maturazione. L’Unione europea le vede come leve per la cittadinanza responsabile, la tenuta della democrazia, la sostenibilità ambientale; sfide che richiedono un uomo nuovo, dove la conoscenza diventi sapere, con una rinnovata unicità interdisciplinare. Una cassetta degli attrezzi per imparare ad imparare, in ogni circostanza. Missione impossibile per il pachiderma scuola? Ardua sentenza. Posso dire che sento preoccupazione per lo stato delle competenze relazionali. Il contesto di socialità che offre la scuola agli adolescenti infatti è irripetibile. Ed è messo a dura prova dalle restrizioni Covid. Il ritorno in presenza, si spera totale, sarà accompagnato da uno sforzo rilevante per “il fare insieme”, in gruppo, nel team: attività di laboratorio più legate al territorio, escursioni turistiche e culturali, esperienze di rapporto con il mondo del lavoro che a Correggio preme per la ripresa e chiede, collaborando, profili non solo tecnologici per soddisfare la propria domanda. È tanto. Sento preoccupazione per l’affanno delle famiglie che si sono misurate con la DAD e con una genitorialità più impegnativa; per i problemi psicologici emersi a scuola, che hanno comportato anche una certa demotivazione allo studio; per la situazione dei disabili.

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E tanto altro. Ma ho sentito operatori attenti ed appassionati che, malgrado ovvie frustrazioni, vedono nella scuola in cui operano l’essenza formativa dell’uomo che verrà. E tengono. Ora la scelta a voi, ragazzi di terza media. Dal prossimo anno sarete studenti delle superiori. Dopo la scelta, la parola. Chiedete. E credo che vi sarà dato. Un sentito grazie ai dirigenti scolastici per i colloqui: Viviana Cattaneo – Liceo Rinaldo Corso Maria Cristina Santini – ITC Luigi Einaudi Rossella Marra – Convitto Nazionale Rinaldo Corso Luca Spinardi – Istituti scolastici San Tomaso Annita Verticilo – Istituto Comprensivo Correggio 1 Rita Fabrizio – Istituto Comprensivo Correggio 2 Postilla personale: fin da piccolo volevo fare l’ingegnere. Però per andare al Liceo scientifico (Carpi o Reggio), c’era da prendere tutti i giorni la corriera. Così per comodità mi iscrissi al Classico a Correggio. Poi la laurea in ingegneria arrivò e felicemente. Il mio orientamento scolastico fu dunque... una corriera. Così va la vita. G.F. POPOLAZIONE SCOLASTICA DELLE SCUOLE SUPERIORI DI CORREGGIO Anno scolastico 2021-2022 1a

2a

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TOT*

Ipsia (Industria)

65

39

28

206

Agrotecnico

35

26

34

148

Turistico Alberghiero

92

78

64

364

TOTALI

192

143

126

718

Economico/ Giuridico

115

100

77

467

Informatica

75

55

37

251

Meccanica

47

29

0

107

Meccano - plastico

0

0

21

50

237

184

135

875

Classico

33

41

27

185

Linguistico

47

49

64

253

Scientifico

45

35

46

215

Scientifico Scienze Appl.

72

35

37

248

TOTALI

197

160

174

901

Liceo Scienze Umane

23

25

28

129

TOTALE GENERALE

649

512

463

2.623

CONVITTO

ITC L. EINAUDI

TOTALI LICEO CORSO

S. TOMASO

* Comprende anche le terze e le quarte non riportate qui

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opinioni d'autore

a cura di Claudio Corradi

L’ITALIA, LABORATORIO DELLA BIODIVERSITÀ

TELMO PIEVANI: LA LOTTA PER IL CLIMA SIA TOTALE Pochi giorni dopo la serata correggese voluta da Primo Piano con Telmo Pievani e Giovanna Zucconi si è conclusa a Glasgow, in Scozia, la ventiseiesima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici: la conferenza delle parti Cop 26. Il 13 novembre scorso, 197 paesi hanno sottoscritto un nuovo patto per il clima che tuttavia non ha pienamente soddisfatto le aspettative. In merito a questi temi l’opinione dell’autore di “Viaggio nell’Italia dell’antropocene” ci potrà aiutare ad interpretare meglio gli obiettivi prefissati; per questa ragione gli abbiamo chiesto prima di tutto se dobbiamo necessariamente essere pessimisti. Pievani esordisce premettendo: «iniziamo innanzitutto ad analizzare gli aspetti che ci permettono di essere ottimisti». L’esperto sostiene che sia già di per sé positivo il fatto che siano definitivamente scomparsi i negazionisti, quelli che si ostinavano a ritenere che il problema climatico fosse un falso mito: oggi, finalmente, ci si trova tutti concordi sul fatto che il problema climatico sia reale e debba essere affrontato. È anche cambiato il linguaggio dei leader del mondo, divenuto oggi molto più positivo e propositivo rispetto al passato. Anche questo è un bene. È infine stato riconosciuto univocamente il valore della biodi-

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versità, che significa vita, vitalità e qualità, e su questo fronte sono state fatte molte dichiarazioni d’intenti. Ovviamente tutto questo, secondo Telmo Pievani, non è sufficiente per essere pienamente ottimisti, soprattutto perché Cina ed India, che da sole pesano per il 25% delle emissioni mondiali, hanno dichiarato che si faranno carico della transazione ecologica solo quando avranno completamente esaurito i loro combustibili fossili, quindi non prima del 2050/2070. Questo inevitabilmente comporterà l’innalzamento delle temperature medie di almeno 2 gradi centigradi rispetto al periodo pre-industriale (in genere ci si riferisce al confronto con le temperature medie del trentennio precedente il 1900). A quel punto ci troveremo in una condizione limite ma non per questo oggi possiamo permetterci di scoraggiarci, magari aiutati dal fatto di poter guardare un’altra faccia della stessa medaglia. Infatti l’Europa da sola vale un 14,5% delle emissioni di Anidride Carbonica del pianeta: abbiamo la legislazione

ambientale più avanzata a livello mondiale, la più virtuosa e quella che ci permetterà di avere un peso politico rilevante; siamo un punto di riferimento, dobbiamo sentirci sulle spalle una forte responsabilità. L’autore ovviamente non nega che l’innalzamento delle temperature di 2°C avrà un costo ambientale rilevante e che, da questo punto di vista, l’Italia pagherà un prezzo molto alto. L’aumento della temperatura significherà innanzitutto problemi all’agricoltura per l’incremento della salinità dei terreni, che si sta già registrando in tante aree al confine con l’Adriatico. Assisteremo quindi alla desertificazione del meridione e vedremo ulteriormente aumentare i problemi di dissesto idrogeologico, ai quali già siamo notoriamente soggetti. Questi fenomeni si intensificheranno e si aggraveranno proprio a causa del riscaldamento climatico. Non da ultimo, dovremo anche fare i conti con la crescente carenza di acqua potabile, quella che oggi sprechiamo per un 40/50% a causa dell’obsolescenza delle infrastrutture alle quali la politica,

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perennemente a caccia di consensi e non concentrata alla soluzione dei problemi, non vuole mettere mano. A ben pensarci la gestione di una rete idrica fatiscente ha comunque dei costi elevati e continua a generare sprechi: la realizzazione di nuove infrastrutture permetterebbe di risolvere i problemi, peraltro in tempi brevi, senza aggravare eccessivamente i costi. Costi che per esempio potrebbero addirittura essere azzerati se spalmati su di un momentaneo ricarico del prezzo dell’acqua in bolletta, per un periodo di tempo ben definito e solo per coloro che hanno un tenore di vita elevato. L’acqua, sottolinea Pievani, va salvaguardata perché costa poco ma vale tanto. Spesso i legislatori evitano di affrontare queste scelte, perché se da un lato

dovrebbero essere considerate virtuose dall’altro potrebbero essere utilizzate per fare campagna elettorale avversa. Invece è giunto il momento che la politica svolga il suo ruolo, a partire dalla tassazione delle emissioni volta a disincentivarle. Le attività che producono molte emissioni dovranno risarcire il danno ambientale che arrecano. D’altro canto in Italia, dal punto di vista delle tecnologie rispettose dell’ambiente, siamo all’avanguardia: basti per esempio pensare allo stato dell’arte nella produzione di bio-plastiche. Il fatto poi che oggi costino di più ed il loro utilizzo debba essere incentivato dipende principalmente dalle scelte dei governi. Si dovrà anche comprendere che il nostro paese, per la conformazione del suo territorio

e la sua eterogeneità di caratteristiche, oltre che di complessità della biodiversità (la più ricca a livello europeo), diventerà sicuramente una sorta di laboratorio di sperimentazione capace di provare, testare, inventare. Per questo saremo sempre più osservati, presi a riferimento ed imitati: anche questa è una bella responsabilità. Le attuali scelte di Cina ed India hanno segnato una strada senza ritorno, l’incremento di temperatura ci sarà ed a subirne le conseguenze peggiori sarà il settore primario, l’agricoltura, che dovrà adeguarsi e modificarsi. Questo anche ricorrendo alla ricerca genetica, che potrebbe essere addirittura in grado di individuare piante con attività fotosintetica migliorata capaci di contribuire, per quanto possibile, al contenimento della presenza di Anidride Carbonica in atmosfera. Se poi l’innovazione tecnologica, che deve essere al servizio di tutti, fosse addirittura in grado di replicare in modo artificiale quello straordinario miracolo di biochimica che è la fotosintesi clorofilliana avremmo raggiunto traguardi veramente importanti. È evidente che dal punto di vista ambientale possiamo considerarci un paese con ottime potenzialità di diventare virtuoso, ma è altrettanto chiaro che del lavoro da svolgere ne abbiamo ancora molto, indipendentemente dalle posizioni di India e Cina che sono inevitabili ed avranno ripercussioni su tutti. Dalla situazione climatica attuale non si torna più indietro. Ci dovremo adattare: dobbiamo modificare rapidamente il nostro stile di vita ed iniziare ad operare, ognuno nel ruolo che gli compete, per avviare una transazione ecologica tanto urgente quanto indispensabile.

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impresa

Lorenzo Sicomori

AUTO E MOTORI, TRADIZIONE DI FAMIGLIA LA SCHIATTI CLASS FA BELLA MOSTRA DI SÈ

Il punto vendita multibrand di Correggio

Non passa inosservato a chi transita, spesso a passo d’uomo, sulla tangenziale di Reggio verso Parma, lo scintillante e maestoso showroom della Schiatti Class, concessionaria delle auto Jaguar e Land Rover e delle moto Triumph, dove mi trovo. Tra le tante auto e moto inglesi, simbolo di eleganza e raffinatezza, dopo periodi altalenanti, alcune sono ritornate prepotentemente sul mercato grazie ad investitori stranieri che le hanno riportate agli antichi splendori. Anche il cinema ha contribuito a creare dei miti: come non ricordare che la Jaguar E-Type è stata l’auto di Diabolik e Batman e che i protagonisti dei film d’avventura girati in Africa viaggiavano su Land Rover? Questi due marchi “british” del segmento premium (termine che identifica le auto di lusso) sono ora di proprietà della indiana TATA Motors che, dopo il rilancio, sta ora affrontando la transizione energetica; infatti gran parte della gamma ha anche una versione elettrica o ibrida. Il titolare della Schiatti Class srl è Lorenzo Schiatti che, con il cugino Luca, dirige questa

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grande impresa commerciale che fattura circa 60 milioni di euro e occupa 70 dipendenti. Entrambi correggesi, fanno parte di una numerosa e nota famiglia di Fosdondo, che ha fatto del commercio di auto un’attività capace di coinvolgere già due generazioni. Lorenzo com’è iniziato questo tuo viaggio nel settore auto? «Ho iniziato lavorando con zio Ettore (il compianto Ernesto per i nostri lettori) e zio Livio, titolari di quel grande autosalone a Correggio che faceva onore alla strada per Carpi. Sono stati dei grandi maestri: dinamici e dotati di grande spirito di iniziativa, avevano iniziato nei primi anni ‘60 l’attività di commercializzazione di auto, comprando veicoli usati a Milano per rivenderli nelle nostre zone; dagli anni ’80 partì l’importazione diretta dalla Germania. Fu un’esperienza per me fondamentale, che durò dal 1982 al 1996, e mi diede la forza di intraprendere una nuova attività personalmente. Nel 1997 si liberarono su Reggio i marchi inglesi. Riuscii ad acquisire il

mandato di MG, MINI, ROVER e LAND ROVER e aprii la concessionaria sulla via Emilia. Questi marchi intorno agli anni ’80 ebbero vita travagliata. Passarono di mano tra diversi proprietari, alcuni fallirono come MG e Rover negli anni 2000, altri come Mini e Land Rover finirono in BMW che li valorizzò. In particolare Land Rover a fine anni ’90 lanciò sul mercato un modello di SUV innovativo: una 4x4 compatta e dalle linee eleganti che riscosse immediato successo e per diversi anni fu il quattro ruote motrici più venduto in Europa. Tra di noi, qui, lo veneriamo scherzosamente come “San Freelander”, il santo protettore che fece la nostra fortuna. La nostra concessionaria sull’onda di quell’andamento positivo delle vendite si consolidò e nel 2000 acquistai i capannoni industriali dismessi in via Cipriani; ristrutturati, sono diventati l’attuale sede, per una superficie di 15.000 mq (di cui 8.000 coperti). Oltre allo showroom per auto e moto nuove, qui si trovano l’esposizione di auto usate, l’officina, il magazzino ricambi e gli uffici».

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Nel frattempo hai acquisito altri marchi e aperto altre sedi, no? «Sì, la positiva dinamica del mercato ci ha dato l’opportunità di acquisire il marchio SAAB dal 2002, fino a quando la casa madre ha chiuso i battenti nel 2009, e dal 2008 anche Jaguar. Il gruppo Land Rover e Jaguar, ora di proprietà della indiana TATA, ha investito sul rinnovamento di gamma e tecnologia e questo ha avuto importanti ritorni sul piano delle vendite. Nel 2010 abbiamo poi aperto la sede di Parma della nostra concessionaria e nel 2018 il nuovo punto vendita multibrand a Correggio: un polo di vendita e noleggio di qualsiasi marchio. La scelta è stata anche dettata dalla mia volontà di continuare a mantenere l’attività su Correggio, con lo stesso venditore che dall’82 è ormai un punto di riferimento». E le moto? «Nel 2019 il concessionario Triumph su Reggio dismette l’attività e subentriamo noi, anche perché si rimane nei territori di Albione sia per stile che per tradizione. Il marchio, fondato nel 1885, ebbe una storia gloriosa ed anche in questo caso il cinema ha avuto un ruolo importante: con i film “il selvaggio” e “La grande fuga” i rispettivi protagonisti Marlon Brando e Steve McQueen guidano una Triumph. La società però, per varie vicende, fallì nel 1985. Il marchio è stato riportato in vita nel 1988 da un miliardario inglese e attualmente, con una gamma di modelli nuovi e motori all’avanguardia, ha ritrovato un suo mercato». In ottobre pare che il mercato dell’auto abbia subito un tracollo con un calo degli ordini del 30%. Cosa sta succedendo? «Dal mio osservatorio il dato riguarda la consegna più che le vendite. In questo momento noi stiamo raccogliendo molti ordini, ma non riusciamo a consegnare le auto al cliente perché le case non riescono a produrle per la carenza di componenti; il danno di questo ritardo si riflette anche sul concessionario perché la maggior parte dei contratti di vendita prevedono il ritiro dell’usato che è valutato al momento della stipula, ma se l’auto rientra 6-8 mesi dopo la data prevista il valore diminuisce e questo ci penalizza ulte-

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Lorenzo Schiatti

riormente. Anche il mercato dell’usato si è di conseguenza ridotto a causa del blocco del nuovo; noi ora stiamo acquistando usato anche senza la vendita del nuovo». E sulla “rivoluzione elettrica”, che sta cambiando il mercato dell’auto, cosa ne pensi? «Credo sia avvenuta una fuga in avanti, nel senso che se devi viaggiare in città o nei dintorni allora può essere compatibile un’auto con un’autonomia di 300 chilometri, ma se devi affrontare lunghe percorrenze si evidenzia il problema della totale assenza della infrastruttura di ricarica su tutto il territorio nazionale, che rende estremamente difficoltoso il viaggio per chi l’auto la usa per lavoro. Per questo credo che il diesel, sempre più tecnologico e meno inquinante, avrà ancora vita lunga. Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico di cui erano accusate le auto soprattutto diesel, un po’ polemicamente, faccio notare che è emerso che durante il lockdown i livelli di CO2 e di particolato in atmosfera non sono diminuiti. Inoltre ricordo che praticamente tutti i camion e le navi continuano a viaggiare tranquillamente a gasolio».

A proposito di navi, il tuo showroom, all’esterno lunghissimo, bianco con inserti in metallo brunito al centro, sembra veramente un grande transatlantico che solca la pianura! «L’attività del concessionario è fortemente condizionata dalle grandi case; oltre ad importi obiettivi di vendita, ti dettano anche l’architettura esterna e interna degli showroom fino ai materiali necessari per le opere edili. Per la verità il risultato mi pare molto elegante, in linea con lo stile dei marchi. Inoltre le case impongono anche un budget di pubblicità attraverso i canali tradizionali ma sempre più attraverso i social ed è stato necessario dotare la struttura aziendale delle professionalità adeguate». Da correggese mi sembra che la vendita di auto sia una passione che abbia preso diversi componenti della famiglia Schiatti, vero? «Sì, oltre a me e Luca, in azienda abbiamo i figli di Luca, Simone alla vendita e Federico, che gestisce la nostra carrozzeria Jolly a lato della sede di Reggio Emilia, e mio figlio Sebastian ha sempre mostrato grande passione per i motori, anche se studia ancora all’università».

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sport

Marcello Bulgarelli

COMPETERE TRA MASCHI SU ROTELLE? UN PIACERE

foto Franco Gasparini

FRANCESCA MANIERO DI CORREGGIO HOCKEY, PER ESEMPIO

L’hockey su pista sta conducendo la sua battaglia contro uno stereotipo centenario come la storia di questa bellissima disciplina: quello per cui l’hockey non sarebbe uno sport “per signorine”. Tra le paladine di questa battaglia, non solo sportiva ma anche culturale, c’è Francesca Maniero, classe 1999, novarese di nascita ma ormai correggese d’adozione. Francesca è una giocatrice del Correggio Hockey e della nazionale italiana femmini-

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le. Poiché il Correggio Hockey non ha (ancora) una squadra femminile, Francesca gioca nel campionato di serie A2 con la Minimotor Correggio insieme ai maschi e nel campionato femminile con la Roller Matera. Una situazione particolare ma non unica, che la accomuna alla sua compagna di nazionale e di club Pamela Lapolla, anche lei sdoppiata tra la squadra di serie A2 maschile e quella di serie A femminile della Roller Matera. Evidentemente, una ragazza che gioca in un campionato di categoria maschile rappresenta una notizia; al punto che, nella settimana in cui l’Italia ha giocato il Campionato Europeo femminile in Portogallo, questa particolarità ha catturato la curiosità dei grandi media: prima la Gazzetta dello Sport con un’intera pagina dedicata a Pamela Lapolla, poi il Corriere della Sera con un articolo su Francesca Maniero che ha dato il là ad una vera e propria valanga mediatica. Nei giorni successivi, Francesca è stata intervistata da diverse radio nazionali dopo un passaggio a Caterpillar su Radio2; una troupe del TG1 è persino venuta al palasport di Correggio per riprendere gli allenamenti della Minimotor ed intervistarla, mandando in onda il servizio nel telegiornale delle 20, il più seguito. Una “botta” di visibilità che Francesca Maniero ha utilizzato al meglio per raccontare la sua storia (simile a quella di altre ragazze che praticano l’hockey su pista) e per far fare all’hockey femminile un altro passo in avanti nel percorso di rilancio iniziato alcuni anni fa. «L’hockey non è uno sport solo per maschi - afferma decisa Francesca - perché la componente tecnica nel gioco prevale di gran lunga su quella fisica. Nel nostro sport i contatti violenti sono sempre puniti. Non siamo una brutta copia dell’hockey su ghiaccio sulle rotelle: siamo un’altra cosa. Gioco a hockey da sempre: nel mondo

delle rotelle le bambine sono spesso “dirottate” sul pattinaggio artistico, ritenuto più idoneo per le loro; mi sono sempre trovata a competere in mezzo ai maschi, per me è una cosa normale. Fino al 2012 un campionato femminile non esisteva nemmeno; adesso la Federazione sta investendo parecchio in questa direzione e gli sforzi si vedono. Abbiamo una nazionale competitiva (bronzo alle ultime due edizioni degli europei, ndr) e al campionato sono iscritte sette squadre, che possono sembrare poche ai non addetti ai lavori, ma per noi è un vero e proprio record. Un numero sempre crescente di club ha capito che l’hockey su pista piace anche alle bambine. La Spagna è la nazione guida in questo senso: lì il numero di atlete è in continua crescita da anni. Mi fa piacere che anche a Correggio da qualche anno si stia lavorando per creare un settore femminile e sono contenta di essere, assieme a Giada Martino, l’allenatrice dei due gruppi che si sono creati in questi mesi difficili. Adesso abbiamo un gruppo di una trentina di bambine tra gli 8 e i 12 anni, che presto esordiranno nei campionati giovanili, e tante altre che iniziano a pattinare con noi. Poter dare il mio contributo perché possano trovare un hockey femminile più strutturato e più maturo mi riempie di orgoglio».

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STORICA LAVANDERIA, MA ANCHE BELLA COMPAGNIA “Gentilissimi, ho appreso che il 30 dicembre 2021 chiuderà la vostra attività e desidero esprimere due sincere considerazioni; la prima è che non sono stato un super cliente, ma quando ho avuto bisogno mi sono sempre confrontato con persone gentili, competenti e pieni di passione per il lavoro; la seconda è l’ambiente positivo che si era creato nel vostro esercizio, un luogo in cui si sono ritrovati quotidianamente tanti amici e che ho frequentato anche io dopo il congedo dal lavoro. Dove regnava l’allegria, il dialogo sincero e costruttivo per donare un po’ di spensieratezza ai presenti e dove degli assenti non ho mai sentito parlar male. È stato fantastico. Grazie” È così che scrive un cliente affezionato della Lavanderia Supermoderna di Viale Cottafavi, che spegne le centrifughe il prossimo 31 dicembre. La aprì il signor Otello Montanari nel lontano 1963. Dopo aver lavorato alcuni mesi all’Italsalumi della famiglia Cagarelli, Otello prese in affitto un locale in Piazza Carducci e lo dotò delle attrezzature necessarie. La macchina per lavare era della marca Supermoderna e battezzò subito, con il nome ufficiale, tutta l’attività. Forse perché a Correggio i panni sporchi si lavano in casa, i clienti però tardavano ad arrivare. Fu così che la signora Tiziana Iotti, la prima cliente, per far apparire l’attività fiorente e con un buon afflusso di clientela, portò in lavanderia abiti e indumenti suoi per riempire gli appendiabiti allestiti, visibili dalla vetrina sulla piazza. Questa complicità fu di buon auspicio. L’attività ben presto decollò e cominciò a dare i suoi frutti al punto che Otello iniziò ad avvalersi della collaborazione, oltre che della moglie Vanna, anche della nipote Meris. Nel 1971 l’attività si amplia; viene acquistato un locale nel palazzo di Viale Cottafavi 7 e poi un altro locale adiacente. Nel primo si ricevevano i clienti

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con tutto l’abbigliamento esposto, pulito, stirato e con i nomi dei proprietari apposti su maniche e polsini; nel secondo locale soffiavano le “vaporette”, per lo stiro vero e proprio. Nel frattempo, Meris si sposa e si trasferisce fuori Correggio. Ecco che subentra, allora, il figlio William, che continuerà l’attività prima con i genitori e poi con la moglie Delia dopo la loro morte, fino ai giorni nostri. William e Delia continuano con l’esempio di Otello: professionali, gentili, efficienti e sempre pronti a scambiare due chiacchiere con il cliente di turno. In tanti anni di attività, William racconta che sicuramente non sono mancate anche alcune incomprensioni. Non tutti i lavaggi sono sempre perfettamente riusciti; si sa, ciò fa parte del rischio di ogni mestiere, fin da quando i panni si lavavano in Avdagna, sulle sponde del Naviglio nostrano. Tra un lavaggio e l’altro corrono confidenze, simpatie. Una chiacchiera tira l’altra e così, dopo e tra i clienti, anche gli amici di William finiscono per fare di SUPERMODERNA un punto di ritrovo per tutto il loro gruppo. William ha la passione del calcio. Tifosi, appassionati del pallone come del basket, commentano, discutono, scherzano in lavanderia. Sport pulito, s’intende, anzi lavato e stirato. Credo che quelli del pallone, rotondo od ovale, sentiranno la mancanza di questa curiosa e animata “Lavanderia Tuttosport”. Con la famiglia Montanari ci conosciamo da tanti anni, in quanto anche io sono stata cliente della lavanderia. William e Delia affidano a Primo Piano il loro ringraziamento: «a tutti i clienti, dai più storici ai più recenti, per la fiducia con la quale ci avete accompagnati per tutti questi anni e che ha trasformato un lavoro in ricca esperienza umana». Al loro grazie si unisce il mio verso di loro. Riposatevi, ma sappiate mantenervi sempre così.

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storia locale

Viller Masoni

DA MUSEO LIBRARIO PER POCHI A SPAZIO LETTURA PER TUTTI

CINQUANT'ANNI FA NASCEVA LA NOSTRA BIBLIOTECA COMUNALE

Quest’anno ricorre un anniversario importante per la vita culturale della nostra città: cinquant’anni fa, precisamente l’8 maggio 1971, venne inaugurata la nuova Biblioteca Comunale. Era collocata dove ora si trova la galleria delle esposizioni e si articolava sostanzialmente in due parti. Innanzitutto la sezione di pubblica lettura, composta da tre sale, delle quali una dedicata ai ragazzi: cosa allora rarissima nelle biblioteche italiane. Allestita e attrezzata in modo moderno, funzionale e confortevole al tempo stesso, disponeva di un fondo librario di circa 7.000 volumi, diversi abbonamenti a periodici e circa 55 posti a sedere. In queste sale i volumi erano disposti a scaffali aperti e ordinati secondo la classificazione decimale Dewey. Si trattava di una scelta tecnica a monte che scaturiva da una motivazione culturale e politica innovativa: creare le condizio-

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ni organizzative per consentire il più largo accesso alla Biblioteca, per renderla accogliente e facile da usare, per valorizzare l’autonomia dei suoi frequentatori. Era una soluzione che la poneva fra le pochissime biblioteche italiane impostate su questo modello. Altro elemento importante era l’orario di apertura: ben 26 ore settimanali dal lunedì al sabato, comprese due aperture serali. Le sezioni di conservazione, a loro volta, ospitavano diversi fondi librari con più di 40.000 volumi, metà dei quali antichi. A Correggio una Biblioteca Pubblica esisteva da quasi due secoli. Dopo diversi traslochi e traversie era stata collocata e riorganizzata nel Palazzo dei Principi durante gli anni del fascismo. Più o meno con quella sistemazione aveva ripreso a funzionare dopo la guerra. Si trattava però di una

sorta di Biblioteca-Museo – non a caso era collocata nelle sale dove ora è allestito quest’ultimo - più adatta ad essere conservata che ad essere usata, certamente poco consona ad essere fruita da quei ceti popolari ai quali intendevano rivolgersi i nuovi amministratori. Il pubblico aveva accesso solo alla sala di consultazione (la Sala del camino): un ambiente austero, freddo, poco illuminato, dotato di tavoli e sedie antiche di cui si aveva timore servirsi. Lì erano collocati i cataloghi (che si intravvedono in basso appoggiati alla parete nella foto in b/n), strumenti preziosi per il reperimento delle fonti disponibili, ma altrettanto respingenti per il pubblico meno esperto e acculturato, a partire dai ragazzi. Essi costituivano però l’unico intermediario per l’accesso ai libri - peraltro in gran parte vecchi, in tutti i sensi - senza la possibilità di curiosare fra gli scaffali e sfogliare i libri prima di sceglierli. Il passaggio da questa situazione alla realtà inaugurata nel 1971 richiese quasi dieci anni di impegno da parte degli amministratori dell’epoca. Oggi sembra scontato, ma allora occorsero molto coraggio e grande determinazione per affermare, nei principi e nei fatti, il carattere necessario delle spese per la scuola e la cultura, di contro alla facoltatività dichiarata dalla legge. Scontrandosi con norme relative al funzionamento dei Comuni in gran parte risalenti al regime fascista, con gli organi di controllo governativi pronti a frustrare ogni “fuga in avanti” (che altro non erano che tentativi di dar corso alle indicazioni del Titolo V della Costituzione, del quale invece la maggioranza parlamentare continuava a rinviare l’applicazione). Così gli amministratori comunali correggesi furono fra quelli che decisero di ricorrere all’indebitamento attraverso la contrazione di mutui, quando si trovarono impossibilitati a trovare un’altra

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strada per finanziare investimenti considerati fondamentali per lo sviluppo della propria città. Per fortuna quegli amministratori - in primis il Sindaco Renzo Testi e gli Assessori alla Pubblica istruzione Angelo Giampietri e, soprattutto, Nive Veroni (*) - ritenevano che lo Stato sociale fosse fatto anche di teatri e di biblioteche. Naturalmente essi erano supportati da una convinzione diffusa nel PCI locale, tanto da averla dichiarata nei programmi elettorali. Poterono inoltre godere della fondamentale collaborazione di tecnici competenti e motivati: in primo luogo il direttore della Biblioteca Alberto Ghidini (scomparso nel giugno scorso), ma vanno altresì ricordati i consigli e l’appoggio di Luigi Balsamo, dal 1965 al 1973 responsabile della Soprintendenza bibliografica dell’Emilia-Romagna. Il risultato fu il restauro e la riprogettazione dell’uso sociale del Palazzo dei Principi, che divenne sede di un centro culturale polivalente articolato in: Galleria delle esposizioni e Sale per le attività culturali (allestite già a partire dai primi anni Sessanta), Archivi Storici (riordinati nel 1968), Fonoteca

(inaugurata nel 1974), Museo (per il cui riallestimento e apertura si dovettero però aspettare ancora vent’anni) e Biblioteca, la quale doveva costituire “il centro gravitazionale” dell’intero complesso. Fu progressivamente incrementata, inoltre, l’attività di promozione ed elaborazione culturale. A completare quell’importante e innovativo progetto di “rinascimento” delle Istituzioni culturali comunali il 18 novembre 1973 arrivò anche l’inaugurazione del Teatro Asioli, completamente rinnovato e restituito alla disponibilità pubblica. Tutto questo con decisioni prese dal Consiglio Comunale quasi sempre all’unanimità e, inoltre, con un coinvolgimento attivo dei cittadini che, pur con tutti i suoi difetti, né prima né dopo ha avuto eguali. I risultati in termini di fruizione della nuova Biblioteca furono immediati ed eclatanti. Nel 1972 furono registrate 20.492 presenze e 10.016 prestiti (a fronte dei 3/4.000 che costituivano la media annuale negli anni Sessanta); in soli 20 mesi dall’apertura più dell’8% dei correggesi si iscrisse alla Biblioteca. Tutti ne erano orgogliosi, anche coloro che non l’avevano ancora

utilizzata, perché comunque si riteneva servisse ai cittadini e ai giovani in particolare. Per iniziativa della cartolibreria Scaltriti, alcune immagini della nuova Biblioteca divennero cartoline: anch’esse degne, assieme ai tradizionali monumenti ed opere d’arte, di rappresentare il meglio della città. Il successo della Biblioteca non fu solo locale: divenne uno dei modelli al quale si ispirarono altre realtà che in Italia stavano nascendo o si stavano rinnovando, diventando così meta di molte visite da parte di amministratori e bibliotecari provenienti da tutta Italia. Da allora è trascorso mezzo secolo. Nel frattempo le istituzioni culturali correggesi hanno avuto diversi sviluppi. Magari ci sono aspetti criticabili, ma non si può certo dire che esse si siano impoverite: di sedi, mezzi, prestazioni, centri di documentazione, orari di apertura, attività. Né si è spenta la voglia e la capacità di progettare e realizzare attività e servizi innovativi. Dopo il rinnovamento delle sedi della Biblioteca “G. Einaudi” e del Piccolo Principe, nel 2003, le presenze degli utenti e i prestiti si sono moltiplicati, rispettivamente, per quattro e nove volte rispetto al 1972. Tutto questo ha fatto guadagnare un alto gradimento da parte dei correggesi e ha procurato riconoscimenti anche a livello nazionale. Tuttavia la data di nascita della moderna biblioteca correggese penso rimanga l’8 maggio 1971. Dopo si è migliorato, e anche molto, ma a partire da quel che già c’era. (*) È appena uscito un libro dedicato alla sua vita, di cui parliamo nella pagina che segue.

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storia locale

Guido Pelliciardi

NIVE VERONI, UNA PASIONARIA DONNA DI CULTURA, PROTAGONISTA DEL NOVECENTO CORREGGESE autoritario alla repubblica democratica, nata dalla Resistenza e retta da una Costituzione (“la più bella del mondo”), nella quale le donne come la Nive si sono riconosciute adoperandosi poi, da protagoniste, per realizzarla».

Nive (a sinistra) con l'amica Diva Caffagni

“Nive Veroni. Quasi un’autobiografia” è il nuovo libro pubblicato dal centro culturale L. L. Radice, dedicato alla nostra concittadina protagonista della vita politica di Correggio, e non solo, nella seconda metà del secolo scorso. A Lucio Levrini, autore del libro assieme a Laura Testi e Marta Garosi, abbiamo chiesto un commento. Il libro sarà presentato domenica 12 dicembre alle ore 16 presso il Palazzo Principi. Interverranno il Sindaco Ilenia Malavasi, Laura Artioli, Franca Pinnizzotto, i curatori del libro. Ingresso con prenotazione ed esibizione del green pass. Una nuova biografia femminile? «Diverse biografie prodotte dal centro culturale hanno protagoniste donne che hanno vissuto a lungo e che hanno lasciato un’impronta profonda lungo tutto il loro cammino di quasi un secolo. Il “secolo breve”, come si dice, ma in cui è capitato di tutto. Mai forse nella storia è successo che una persona nella sua vita abbia assistito a tanti e diversi scenari: dalla penna e calamaio al digitale, dalle ristrettezze al welfare e alla società dei consumi, da un regime

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Partiamo dalle origini di Nive. «Sono a Mandrio, alla Berlecòuna, la casa popolare di via San Pellegrino, la casa natale di Dorando Pietri: una comunità unita e solidale, che lascerà un’impronta per tutta la sua vita. Anche la vita della Nive fu una lunga maratona. Partita da Mandrio, ha fatto il giro d’Italia dal Sud, al Centro per poi tornare nella sua provincia di origine, ricoprendo importanti ruoli nel mondo associativo, istituzionale e politico». Le altre tappe di questo lungo giro d’Italia? «A Milano alla scuola di partito, in Sicilia per la campagna elettorale del 1948; una breve sosta a Roma, alla direzione nazionale del Pci (c’è chi dice segretaria di Luigi Longo), poi a Perugia dove compì importanti esperienze politiche e situazioni sentimentali. Qui si legò a un compagno da cui ebbe la figlia Ginevra. . Infine tornò a Reggio Emilia dove ricoprì diversi incarichi: prima all’Api (Associazione Pionieri d’Italia), poi al Comune di Correggio come assessore alla pubblica istruzione, cultura, assistenza, lasciando un’impronta profonda nella costituzione degli Istituti Culturali, infine all’edilizia privata; in seguito tornò a Reggio Emilia alla scuola del Pci. Nive non abbandonò mai la militanza politica e culturale. Fu tra i fondatori del Centro Culturale L. L. Radice, aderì al Centro Luna, un’associazione che aveva come riferimento un raffinato pensiero femminista».

curava con tanto affetto, a cui confidava, come a veri amici, la gioia e le preoccupazioni della sua vita. Sono pagine dalle quali emerge tutta la Nive: i suoi affetti, la sua partecipazione continua ai grandi fatti della società, la sua generosità verso chi ha più bisogno, ma anche una Nive inedita che con amore cura le piante del suo balcone e i canarini nella gabbia; che contempla le stelle con la curiosità di un’astronoma dilettante. Una personalità complessa, un libro molto ricco, che accompagna il lettore lungo tutte quelle tappe, dove vita pubblica e vita privata si intrecciano. Il libro è arricchito da testimonianze di amici e amiche, di compagni e compagne, che riflettono sui momenti salienti e significativi della vita della Nive».

Perché quasi un’autobiografia? «Perché il testo del libro contiene molte pagine tratte dai suoi diari, che Nive

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eventi

Donatella Zini

NEL SEICENTO A CORREGGIO VAGAVA UNO STRANO PITTORE

MARCO BIANCHI TORNA IN VITA PER UN GIORNO

Marco Bianchi, chi era costui? Oddio, non fai in tempo a finire il liceo che già il Manzoni è lì che ti tortura con le sue frasi ad effetto. Eppure viene così spontaneo pensarlo. Sono pochi i correggesi che conoscono la storia di questo pittore locale del Seicento, storia a dir poco rocambolesca. Ogni riferimento a Rocambole, eroe dei romanzi d’appendice di Ponson du Terrail, non è puramente casuale, vista l’affinità dei due: avventuriero e ladro gentiluomo l’uno, un po’ avventuriero, certamente ladro l’altro, ma dotato del talento prezioso della sua arte di “pittore figurista e cartografo”,;per entrambi, in comune, la “confidenza” con il carcere. Il progetto, realizzato domenica 31 ottobre, giornata nazionale del Trekking Urbano, è nato in primo luogo grazie al paziente ed appassionato lavoro di ricerca del compianto Iames Amaini e alla fine scrittura della cugina Fabrizia Amaini, che hanno lavorato alla realizzazione di un libro d’arte ed approfondimento storico del periodo in cui Marco Bianchi trascorse la sua vita a Correggio. Il pittore visse tutte le conseguenze e le contraddizioni di quel periodo, cer-

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tamente non felice per la nostra città (la peste nel 1630 e, pochi anni dopo, la perdita del Principato e le conseguenti difficoltà economiche). Iames aveva un grande desiderio: vedere il suo libro trasformato in azione teatrale per dar vita al pittore e alle traversie della sua esistenza (delle sue opere non ci è rimasto quasi nulla, se non l’affresco posto sotto il portico del Palazzo della Ragione, vedi Palazzo dell’Orologio e una Fuga in Egitto, ora nella chiesa della Madonna della Rosa). A lui si è unita la mia passione per le avventure, meglio se complicate, e all’ entusiasmo di Francesca Manzini dell’Ufficio Turistico Comunale che organizza il Trekking ogni anno, e così il sogno di mostrare alla gente chi era Marco Bianchi è divenuto realtà. Dal libro d’arte al testo per il trekking: sfida accettata, del resto non era la prima volta per me. Nonostante il freddo e il grigio che ci avvolge abitualmente in questa stagione, il pubblico ha seguito (in senso letterale, era proprio dietro a noi) con curiosità il percorso attraverso la nostra città che ha rivelato lati inediti dei luoghi frequentati abitualmente. L’entrata in scena del Bargello e degli

Sbirri che trascinavano davanti alla chiesa della Madonna della Rosa Marco Bianchi, il figlio Casimiro e il cognato Folloni è stata inaspettata, un coupe de theatre. Marco l’abbiamo catturato anche noi e l’abbiamo mostrato a chi ci seguiva, nelle sue debolezze e fragilità, nei lati oscuri di un carattere difficile, ma anche nell’amore per la famiglia: la moglie, Madonna Caterina, avrebbe fatto di tutto per lui e l’abbiamo vista in azione, davanti alla Galera - attuale Ostello – per tentare di corrompere la moglie del Bargello con un bel prosciutto, proveniente dalla merce trafugata dal marito e dai cognati. Ma soprattutto lo abbiamo mostrato nella passione per il suo mestiere di pittore e cartografo, ostinatamente portato avanti anche in cella. Molte delle mappe disegnate in galera, infatti, rappresentano l’eccellenza della produzione di Marco Bianchi. Attraverso di esse il Duca di Modena, allora novello Signore di Correggio, riuscì finalmente a dirimere antiche ed estenuanti contese fra borghi e stati confinanti. Ora Marco Bianchi non rappresenta più un mistero. Un grazie speciale all’indimenticato Iames Amaini e ai miei attori, il Gruppo Teatrale Mandriolo.

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sport

Francesca Nicolini

NEL CALCIO, PIÙ CHE I PIEDI CONTA LA TESTA

PAOLO ROZZIO, NOSTRO CONCITTADINO, CAPITANO DELLA REGGIANA Perché il numero 4 sulle spalle? «L’ho scelto perché mi è sempre piaciuto Sergio Ramos. Poi, ovviamente, se dovesse capitare di doverlo cambiare non ne farei un dramma!». Cosa ami fare nel tempo libero lontano dal campo? «Nei ritagli di tempo studio psicologia. Sono iscritto all’università da quasi tre anni. Credo che sia molto importante per un giocatore avere delle soluzioni concrete una volta finita la carriera, senza sottovalutare il fatto che avere un bagaglio culturale solido serve nella vita di tutti i giorni. Mi piacerebbe un domani occuparmi di qualcosa vicino al mio percorso di studi, come l’applicazione della psicologia all’ambiente sportivo. Vedremo. Seguo anche delle lezioni di chitarra con il mio maestro Jonathan Gasparini, ma soprattutto mi dedico alla mia famiglia: a Ilaria e a mia figlia Bianca». La canzone che non può proprio mancare nella playlist pre-gara? «It Takes A Fool To Remain Sane dei The Ark. Mi da una carica pazzesca».

Paolo Rozzio, nasce a Savigliano, in provincia di Cuneo, il 22 luglio 1992. Attuale capitano della Reggiana, ha capito che il calcio sarebbe diventato il suo mestiere quando, a 9 anni, è entrato nelle giovanili della Juventus. Vive a Correggio con la compagna Ilaria e la figlia Bianca. Qual è l’aspetto migliore di essere un calciatore professionista? «Beh, a mio parere è avere la fortuna di viaggiare frequentemente ed entrare in contatto con moltissima gente. Il mondo del calcio non è fatto solo di calciatori, ma di un’intera macchina organizzativa che ruota attorno al rettangolo verde.

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Chi ha influito maggiormente sulla tua carriera? «Sono tante le persone che hanno contribuito al prosieguo della mia carriera. Sicuramente un grazie va ai miei genitori, che ci hanno creduto e che mi hanno sempre sostenuto nelle decisioni prese. Anche quelle che mi allontanavano fisicamente da loro». La vittoria più bella e la sconfitta più amara? «Sembrerà banale, ma la vittoria più bella è senz’altro la finale dei play off del 22 luglio 2020 contro il Bari. Era il giorno del mio ventottesimo compleanno, non potevo ricevere regalo più bello. Una notte magica, dopo una stagione personale e di squadra molto positiva.

La sconfitta più amara è avvenuta a Siena, il 3 giugno 2018. Una partita difficile da dimenticare, che ha segnato il fallimento della Reggiana. Ma è servita anche questa per avere un motivo in più per rialzarsi e darsi un obiettivo concreto che poi abbiamo raggiunto a distanza di due anni!». Cosa significa guidare lo spogliatoio della Reggiana? «Portare la fascia al braccio e rappresentare una piazza cosi bella e calda è un onore! Poter rappresentare una società cosi storica è motivo di grande orgoglio e responsabilità. Ogni volta che scendo in campo mi sento felice e fortunato. Sono sensazioni difficili da descrivere». Ti sei mai chiesto perché a Reggio Emilia ci fosse una tifoseria così numerosa? «Prima di approdare a Reggio me lo chiedevo. Poi ho capito. Appena arrivato, nel 2016, ho compreso fin da subito che la Reggiana non è un amore solo della città, ma di tutte le zone limitrofe a Reggio Emilia. Questo fa capire quanto i reggiani siano legati alla propria terra e alla propria squadra. Uno degli aspetti più belli e autentici è vedere i nonni o i padri portare allo stadio i propri nipoti o figli. Una tradizione che si tramanda di generazione, come la pasta fatta in casa». La retrocessione delle scorso anno si poteva evitare? «Beh, quando si retrocede è normale chiedersi se ci siano dei rimpianti, oppure no. Credo che qualcosa in più da parte di tutti si sarebbe potuto fare, anche perché se ci fossimo riusciti ci saremmo salvati. Dall’altra sono sicuro che la voglia di rimanere in categoria non sia mancata. È stato un anno davvero difficile, sotto tanti punti di vista, ma la delusione vissuta ha generato una reazione positiva».

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Contano più i piedi o la testa? «Conta molto di più la testa. L’aspetto mentale è fondamentale. Se non sei collegato con la testa, anche con piedi eccezionali, molto difficilmente riesci a raggiungere il tuo obiettivo. Poi ovviamente anche la tecnica fa la differenza, ma al giorno d’oggi saper gestire la tensione e mantenere la concentrazione è la base».

«Perché no! Magari quando dovrò affrontare gli ultimi anni della mia carriera. Al di là del fatto che ci viva con la mia famiglia, è sempre stata una società con trascorsi calcistici molto importanti. Ora che lo avete scritto, è considerato promessa? (ride)».

Il calcio è qualcosa di più dei milionari ingaggi dei calciatori della massima serie? «Credo che si sia perso molto dello spirito originario del calcio. Quella che da sempre è una passione popolare si sta perdendo all’interno degli ingranaggi milionari, tra gente che pensa solo ai propri interessi e al portafoglio. A livello dirigenziale, ancora troppe società falliscono da una stagione all’altra lasciando a casa giocatori con famiglie. Questo non deve più succedere! A livello tecnico invece credo che la meritocrazia sia sparita del tutto».

Cosa ti piace di Correggio? Luogo del cuore? «Correggio è un paese in cui vivo molto bene. Questo è dovuto, oltre che alla bellezza dei suoi paesaggi, soprattutto al fatto che gli amici della mia compagna Ilaria mi hanno accolto come se fossi cresciuto con loro sin da piccolo. Sono ragazzi eccezionali! Colgo l’occasione per salutarli! Il Bar Teatro è il posto che mi fa sentire più a casa, perché è quello dove ci ritroviamo maggiormente con tutta la compagnia. È un luogo di condivisione, che mi sembra di frequentare da sempre, anche questa è una fortuna per chi proviene da lontano e deve cercare punti di riferimento».

Un domani alla Correggese? Ci hai mai pensato?

Che sport farà tua figlia Bianca? «Spero che Bianca faccia sport a pre-

scindere da quale vorrà scegliere. Ammetto che la mamma spinge molto per la pallavolo (ride), ma avrà totale libertà in merito. Sicuramente la sosterremo in qualsiasi decisione dovesse prendere, anche quella del calcio. Il calcio femminile si sta facendo strada anche se non come all’estero, ma sicuramente anche l’Italia raggiungerà gli stessi risultati tra qualche anno. Credo che anche le donne meritino visibilità, e in questo Milena Bertolini, nostra concittadina, sta gettando semi importanti. La strada è quella giusta». Un saluto ai tuoi fan? «Ringrazio i miei tifosi per tutti i messaggi che mi scrivono quotidianamente. Quando è nata mia figlia e quando mi sono fatto male al ginocchio recentemente ne ho ricevuti talmente tanti che probabilmente devo ancora finire di rispondere a qualcuno. Ne approfitto per scusarmi con coloro a cui non ho dato risposta. È davvero bello sentire la loro vicinanza in momenti così cruciali della vita. Reggio Emilia è una piazza che sa voler bene, non è un caso che sia diventata casa mia».

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politica

Francesca Nicolini

ARIA NUOVA CON LE ELEZIONI A SAN MARTINO IN RIO TANTI GIOVANI NEL CONSIGLIO COMUNALE

Il 4 ottobre San Martino in Rio ha riconfermato Paolo Fuccio sindaco. La sua lista civica Centrosinistra per San Martino ha ottenuto il 46,8% dei voti. Da pochi giorni il primo cittadino ha nominato la giunta che lavorerà per i prossimi 5 anni; ne fanno parte come vicesindaco con deleghe Luisa Ferrari, prima degli eletti, Valerio Bizzarri (lavori pubblici, urbanistica e viabilità), Rosamaria D’Urzo (infanzia e istruzione), Matteo Panarari (welfare); Marco Baroni è il capogruppo di maggioranza. Dopo la vittoria, Fuccio ha posto l’accento sulla folta presenza giovanile in consiglio comunale: «l’analisi del voto porta con sé un’ evidenza, la voglia di rinnovamento della classe dirigente e fiducia nei giovani. Marco, Filippo, Pria, Stefania e Daniel sono stati in grado, già in campagna elettorale, di accorciare le distanze tra la politica e i più giovani. Ragazze e ragazzi preparati, volenterosi, che lavoreranno fin da subito al fianco degli assessori per maturare esperienza in campo amministrativo, preparandosi così a un futuro ricambio generazionale. L’obiettivo rimane sempre e solo uno: il bene della nostra comunità». Conosciamoli più da vicino.

Marco Baroni, 33 anni, perito industriale. «Ho fatto un passo avanti perché non sono il tipo a cui piace criticare aspettando che siano gli altri a risolvere i problemi. San Martino è un paese molto solidale. Viviamo un momento storico dove si pretende molto e si fa poco per gli altri. Nel volontariato le tante associazioni sammartinesi sono maestre. Oggi la quotidianità è complessa, il mondo del lavoro sta cambiando ad una velocità impressionante, molte delle occupazioni del futuro ad oggi ancora non esistono. Sarà fondamentale rimanere al passo con i tempi. Siamo nativi digitali, abbiamo la responsabilità di snellire i processi, rendendoli più chiari e fruibili».

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Filippo Semellini, 26 anni, studente di Medicina e Chirurgia. «Politica spesso NON è. Molte volte gli slogan si sostituiscono alla concretezza. Politica è FARE, più che PARLARE. Sogno un paese più fiero di sé stesso, legato alle proprie radici ma volto al futuro, che è innovazione, salute pubblica, tecnologia e competenze, parità dei diritti, ambiente.A volte mi preoccupo per i miei coetanei, la situazione di incertezza (lavorativa, ad esempio) che stiamo vivendo è terreno fertile per divisioni, disgregazioni sociali e perdita di speranza. Non dobbiamo permettere che tutte le crisi che stiamo vivendo in questi anni spengano i sogni. Per ora posso anticipare che verrà istituito un incontro periodico tra i giovani e l’amministrazione comunale»

Prabhjyot Kaur Singh detta Pria, 24 anni, studentessa di Ingegneria Gestionale. «Ho accettato di candidarmi perché sono figlia di due culture e penso di poter offrire uno sguardo plurale sul paese. Sogno una comunità dove tutti possano sentirsi liberi di esprimersi senza timore. Dobbiamo educare bambini, ragazzi, adulti ad utilizzare un linguaggio inclusivo e privo di pregiudizi. I giovani possono insegnare a guardare in modo imparziale le innovazioni, a condurre grandi cambiamenti con tenacia e coraggio. Ho percepito fin da subito che la politica è una sfida quotidiana e che amministrare un paese è più complicato di quanto possa sembrare. Abbiamo tanto da fare!».

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Stefania Gianotti, 28 anni, Industrial Controller. «Politica è impegnarsi per gli altri. Ho sempre vissuto a Fazzano, mi sono trasferita a San Martino a gennaio. Qui ho frequentato le scuole medie, ho le amicizie di sempre, continuo a praticare sport. È giunto il momento che anche io faccia qualcosa. Quando guardo San Martino vedo grande potenziale: è un paese piccolo, ma in una posizione strategica, con ottime società sportive, importanti aziende e un castello in pieno centro. Immagino un centro storico più “vivo”, con maggiori punti di incontro per i ragazzi. Vorrei rendere l’amministrazione più vicina ai giovani, che appaiono svogliati e poco appassionati, ma che in realtà sanno essere collaborativi e particolarmente attenti alle tematiche ambientali e sociali».

Daniel Rustichelli, 21 anni, studente universitario di chimica. «La politica è un’aspra e continua lotta tra ideale e realtà. Mi sono proposto perché ero convinto, come lo sono tuttora, che fosse un bel segnale per i più giovani. In primis vorrei dedicarmi al contrasto alla dispersione scolastica, proponendo mezzi che diano supporto agli studenti con più difficoltà, principalmente legate all’apprendimento e contesti sfavorevoli allo studio. Noi giovani mediamente abbiamo maggiore fiducia nella scienza e maggiore consapevolezza di fronte all’utilizzo improprio dei social network. E non è poco in questi tempi di virus (informatici e non solo)!» Per maggiori informazioni e aggiornamenti seguire la pagina Instagram: whathappens_samma

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impresa

Erik Sassi

UN BALSAMO DI TRADIZIONE VA ALLA CONQUISTA DEL MONDO

L'ACETAIA CASTELLI DI RIO SALICETO, PASSIONE SECOLARE

Andrea Iotti con il padre Danilo

Tra le campagne che attraversano Mandrio e Rio Saliceto sorge l’Acetaia Castelli, fiore all’occhiello nella produzione di aceto balsamico di assoluta qualità. Il nostro territorio è particolarmente adatto alla produzione di balsamico per le estati calde e secche, che creano le condizioni ottimali per il processo di ossidazione acetica, per l’evaporazione e concentrazione del prodotto. Il freddo invernale invece favorisce i momenti di sedimentazione e decantazione, che sono responsabili della limpidezza. L’Acetaia Castelli è situata in una casa colonica di circa 130 anni, completamente ristrutturata al suo interno in modo tale da essere trasformata in un perfetto luogo di affinamento dell’aceto balsamico. Oggi però “la casa” non basta più: con l’inizio del 2022 saranno addirittura tre i luoghi dedicati a questa che, a tutti gli effetti, è diventata una realtà aziendale importante. Oltre

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alla sede storica di Via Castelli (l’Acetaia prende proprio il nome della via) e il primo stabilimento già attivo di Via Fossatelli se ne aggiungerà un terzo, sempre in Via Fossatelli. La storia ha inizio nel 1895 ed è destinata a continuare nel tempo. Da Giuseppe Poli ad Aldo Poli, passando per Danilo Iotti e arrivando oggi ad Andrea Iotti; di generazione in generazione maestri sotto il segno della qualità. Abbiamo incontrato Andrea, giovane imprenditore agricolo, che, dopo esperienze lavorative di tutt’altro tipo, oggi si occupa a 360° dell’azienda di famiglia: dalla produzione alle risorse umane fino alla commercializzazione. «Questa è la quarta generazione di famiglia per quanto riguarda l’acetaia, fino a pochi anni fa la produzione era per parenti e amici, non era un’attività vera e propria. Nel 2012 c’è stata una svolta e siamo diventati una realtà aziendale», racconta Iotti. «Tutto iniziò

durante la fiera del nostro comune, Rio Saliceto. Quasi per gioco ci presentammo con tre prodotti: le cose andarono piuttosto bene, ci prendemmo gusto e partecipammo ad altre importanti fiere come quella di Gonzaga. L’anno successivo il nostro stand arrivò a Firenze per poi consacrarsi a Cibus (evento di riferimento per il settore agroalimentare italiano) nel 2014», continua. Da sempre i prodotti dell’Acetaia Castelli sono composti semplicemente da mosto d’uva cotto o, in alternativa, mosto d’uva cotto ed aceto di vino, esclusivamente di proprietà e senza aggiunta di componenti artificiali. Tutte le produzioni sono ottenute con materie prime genuine di altissima qualità, inoltre è fondamentale l’azione del tempo che, insieme alle diverse essenze donate dai sette legni delle botti in acacia, ciliegio, pero, ginepro, gelso, castagno e rovere, invecchiano l’aceto rendendolo autentico e pregiato, den-

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so e luccicante come l’animo di chi lo cura con passione, anno dopo anno. «Durante i primi anni abbiamo investito in maniera corposa creando un’azienda strutturata; al momento siamo

in sette, ma siamo in crescita anche da questo punto di vista. Sotto il profilo commerciale abbiamo due direttori e una rete sempre più importante che si occupa del mercato italiano e di quel-

NUMERI, CURIOSITÀ E PROGRAMMI L'acetaia Castelli è partita commercializzando tre prodotti/ referenze, mentre oggi sono oltre cento; vengono prodotte oltre 250.000 bottiglie l’anno; prodotti di punta: il balsamico bianco (che principalmente viene commercializzato all’estero) e i balsamici alla frutta (che rappresentano una novità); il top di gamma è l’aceto balsamico Tradizionale Reggio Emilia bollino Oro, invecchiato oltre 25 anni (non è per tutti …); sono presenti 800 botti di cui 101 certificate come Tradizionale di Reggio Emilia, le restanti aceto balsamico di Modena IGP; le botti più grosse sono da 225 litri, mentre le più piccole e preziose da 10 litri; le certificazioni sono DOP, IGP e BIO; tre parole chiave: 1. Balsamico - termine usato per caratterizzare il prodotto della trasformazione del mosto d’uva cotto e ridotto a fuoco diretto a cielo aperto immesso in barili di legno di essenze e capacità diverse. L’intervento dell’uomo e la sua prolungata permanenza nei barili stessi consentono, da sempre, di paragonarlo ai “balsami”, prodotti naturali di origine vegetale caratterizzati da profumi e sapori fragranti e squisiti. 2. Rabbocco – operazione con la quale si riporta al livello

lo estero. Abbiamo raggiunto quote di mercato impensabili puntando tutto sull’eccellenza del prodotto e non ci poniamo limiti per il futuro» aggiunge Iotti.

desiderato il liquido all’interno dei barili. Generalmente ne viene interessato quello di capacità maggiore della batteria, destinato a ricevere il mosto cotto d’annata. Non si esclude, tuttavia, di intervenire nello stesso modo su altri per effettuare eventuali necessarie correzioni. 3. Fermentazione – trasformazione biochimica di una sostanza organica ad opera di fermenti. Nel caso specifico del “balsamico” lo zucchero viene trasformato in alcool e quest’ultimo in acido acetico. Insieme ad Andrea si parla anche di presente e futuro. «Siamo nati per passione, ma dopo nove anni oggi siamo ad un bivio: i numeri raggiunti ci portano a dover diventare grandi e gli obiettivi sono quelli di incrementare tutti i nostri macro-settori (i clienti privati Italia ed Europa, la grande distribuzione italiana e l’e-commerce). I mercati su cui puntare sono ancora molteplici, come ad esempio l’estremo e medio Oriente; il meglio deve ancora venire!», conclude Iotti. All’Acetaia Castelli di certo anche la fantasia non manca e sono diversi i prodotti “collaterali” che stanno prendendo piede: ne sono un esempio i dolci. Panettoni, cioccolatini, torroncini, tartufini... e visto che siamo prossimi alle feste natalizie non vi resta che fare un salto in Acetaia Castelli per un regalo originale!

per cambiare il mondo partiamo da vicino. Scegli i nostri prodotti locali, prendi posizione per un’economia più giusta. giulia è una delle nostre fornitrici di frutta e verdura. le coltiva vicino a casa tua. dicembre 2021

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la Correggio che verrà

Luciano Pantaleoni

TUTTO INTORNO UN BOSCO E LA CITTÀ RESPIRA

AREE DI RIEQULIBRIO ECOLOGICO E TERZO PAESAGGIO: LAVORIAMOCI Gli obiettivi assegnati ai piani urbanistici dalla nuova legge regionale sono definiti nell’articolo 1: a) contenere il consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile; b) favorire la rigenerazione dei territori urbanizzati e il miglioramento della qualità urbana ed edilizia; c) tutelare e valorizzare il territorio nelle sue caratteristiche ambientali e paesaggistiche favorevoli al benessere umano ed alla conservazione della biodiversità. Un tempo le città si dovevano proteggere dagli assalti e dai pericoli che venivano dall’esterno, per controllare l’accesso delle persone, per evitare invasioni... costruivano delle mura. Oggi è necessario fare il contrario, proteggere la campagna dall’invasione della città. Non esistono più confini definiti, non sappiamo più dove comincia l’una e dove finisce l’altra. Attualmente l’approccio alla città storica avviene attraverso file interminabili di “capannoni”, casualmente accostati. Le trasformazioni in atto nel mondo del commercio svuotano i centri storici e circondano il centro urbano con “magazzini specializzati”. Il paesaggio si sta “americanizzando”, forme e colori si susseguono e si mescolano senza un disegno unitario o un pensiero che li coniughi. Si sente il bisogno di ricreare armonia, di conferire un’identità ai luoghi.

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Assume un’importanza strategica, da questo punto di vista, la frangia di territorio che sta tra la città storica e la campagna. Questa è costituita da luoghi antropizzati e da zone marginali o abbandonate dove è possibile “ricreare la convivenza tra città e campagna attraverso il terzo paesaggio”. IL TERZO PAESAGGIO Il paesaggista Gilles Clément nel suo Manifesto del Terzo paesaggio (Quodlibet) ci invita a porre una particolare attenzione ai luoghi abbandonati dall’uomo, parchi e riserve, ma anche gli spazi più piccoli e diffusi, quasi invisibili: le aree industriali dismesse dove crescono rovi e sterpaglie; le erbacce al centro delle aiuole spartitraffico... Questi spazi vengono considerati come opportunità fondamentali per la conservazione della diversità biologica. Interessanti esperienze di rigenerazione urbana per le aree di margine si stanno attuando in diversi paesi, con questo nuovo approccio, e con il coinvolgimento delle comunità. Non v’è miglior modo per preservare e curare l’ambiente che creare consapevolezza e responsabilità nei cittadini. IL RIEQUILIBRIO ECOLOGICO Nel nostro territorio da parecchi anni assistiamo ad una specializzazione

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delle colture agricole e alla progressiva scomparsa di alberi dalla campagna. Un tempo vi erano molte piante e anche la vite era maritata all’olmo; nei nuovi impianti è sostenuta da pali di ferro, cemento o legno… Gli alberi sono rimasti in città. Pochi nella città storica, molti nelle periferie: nei parchi pubblici e intorno alle abitazioni. La regione sta promuovendo da anni la creazione di aree di riequilibrio ecologico “di limitata estensione inseriti in ambiti territoriali caratterizzati da intense attività antropiche che, per la funzione di ambienti di vita e rifugio per specie vegetali e animali sono organizzate in modo da garantire la conservazione, il restauro, la ricostruzione”. (6/2005) Qualcosa è stato fatto, tanto rimane da fare. IL GRANDE BOSCO Potremmo realizzare un Grande Bosco che, accompagnando le tangenziali, abbraccia tutta la città, avvolge le aree industriali, conferisce un’identità a questi spazi attualmente disorganici e crea un confine naturale verso la campagna. Questo si potrebbe collegare con i parchi pubblici esistenti dei vari quartieri e con i parchi urbani della città. Tracce di questo potenziale bosco si possono intravedere in alcuni tratti della tangenziale sud e della tangenziale nord. Il Bo-

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sco esalta la naturalità e non ha bisogno di un disegno strutturato. “Considerare la non organizzazione come un principio vitale grazie al quale ogni organizzazione si lascia attraversare dai lampi della vita. Avvicinarsi alla diversità con stupore”. LE PISTE PEDONALI E CICLABILI All’interno del bosco possono essere previste piste pedonali e ciclabili che si connettono con quelle esistenti. E creano un reticolo di percorsi alternativi. Si potrebbe realizzare anche un Gran Tour della città (gir ed la mura) che offre l’opportunità per affascinanti passeggiate. LE PORTE DI INGRESSO ALLA CITTÀ Un tempo le porte di ingresso alla città avevano prevalentemente funzioni di

difesa, di controllo ed erano presidiate da autorità comunali o militari. Erano ornate con scudi araldici, sculture o iscrizioni e venivano usate per esporre gli editti. Attualmente quando arriviamo in prossimità della città nulla ci accoglie e niente ci viene comunicato. Incontriamo rotonde, spesso simili… e si vive un senso di smarrimento. Si potrebbero realizzare delle nuove porte, in corrispondenza degli accessi alla città dalle varie direzioni, che comunichino accoglienza, che rendano immediatamente comprensibile la posizione ed agevolino l’ingresso in città. Dovrebbero essere realizzate con materiali semplici, non costosi e capaci di durare nel tempo. L’argomento si presta particolarmente per un concorso di idee tra giovani artisti.

NON SARÀ DOMANI È evidente che per realizzare un progetto di questa portata servono tempo e risorse. Alcuni terreni sono già di proprietà dell’Amministrazione Comunale, altri potrebbero essere acquisiti o ricevuti in donazione. Normalmente i progetti condivisi e di grande fascino suscitano entusiasmo, partecipazione e coinvolgimento. Il recente vertice di Glasgow ha reso tutti più coscienti della necessità di intervenire per rendere possibile la transizione ecologica. Alcune decisioni devono essere assunte in ambito internazionale altre sono spesso la somma di volontà diffuse: nazionali, regionali, comunali... e anche personali.

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televisione

Liviana Iotti

NON URLARE LE NOTIZIE, PRIMA REGOLA DI TELEREGGIO

MATTIA MARIANI, DIRETTORE DELLA TV PIÙ AMATA DAI REGGIANI

Più di trent’anni della mia vita trascorsi nella redazione, tra gli studi, davanti alle telecamere: per me Telereggio è stata una seconda casa, una famiglia che ancora oggi sento vicina. La prima domanda per Mattia Mariani, Direttore dell’emittente televisiva privata più seguita sul nostro territorio, non può che essere amichevole e premurosa: come state? «Se ti può rassicurare siamo in forma anche se i problemi non mancano, come in tutte le famiglie e tutte le aziende», mi risponde. Mattia Mariani guida Telereggio dal 2014; prima di lui furono direttori Paolo Bonacini e Paolo Pessina. Mi ricorda subito che fra due anni l’emittente

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celebrerà il cinquantesimo anniversario della nascita: la testata fu registrata in Tribunale nel 1973. Proprio in questo periodo sta vivendo una nuova importante tappa della propria esistenza: il cambiamento delle modalità di trasmissione del digitale terrestre dalla tecnologia Mpeg-2 alla tecnologia Mpeg-4. In questi decenni molte cose sono state trasformate dalle tecnologie, ma una rimane ferma anche oggi: Telereggio è la televisione privata locale italiana più capillare. Il suo segnale arriva con buona potenza in tutti gli angoli della nostra provincia e non solo, la si vede bene in tutta la regione e anche nel mantovano.

Raccontiamo la Telereggio di oggi in cifre? «Siamo sempre orgogliosi della quantità di reggiani che ogni giorno ci guardano: una media di 95.000. Oltre al TG diretto da Gabriele Franzini, il più seguito di tutte le televisioni private della regione, autoproduciamo diverse trasmissioni settimanali e ogni mattina c’è la diretta di BuongiornoReggio, condotto e curato da Susanna Ferrari. Tra giornalisti e tecnici, i nostri dipendenti sono 21. Dal 2017 siamo parte di Trmedia, società che fa capo a Coop Alleanza 3.0 e che raggruppa anche TRCModena e TRCBologna». Le cifre citate dal Direttore, anche se significative, non rendono a pieno cosa sia diventata negli anni Telereggio: un punto di riferimento per buona parte della comunità, che cerca un’informazione completa e corretta. «Ci sentiamo addosso - spiega Mariani - la grande responsabilità di chi entra ogni giorno nelle case e comunica con le persone. Dobbiamo cercare di essere precisi, fornire dati, attenerci ai fatti e non urlare le notizie, in un mondo che è sempre più sommerso da linguaggi e messaggi violenti. Dobbiamo essere centro di ascolto delle esigenze e cercare di far crescere il confronto tra cittadini e istituzioni». Il rapporto con le amministrazioni locali è fondamentale per una televisione così radicata sul territorio. Come lo state vivendo in questa fase? «Raccontare la vita nei nostri Comuni, ascoltare la gente nei mercati locali, sentire le opinioni degli artigiani, degli agricoltori è sempre stata una delle caratteristiche di Telereggio. Le amministrazioni locali sanno che siamo uno strumento che conosce profondamente la storia e lo sviluppo della nostra realtà provinciale, molto utile quindi nella promozione dell’immagine delle diver-

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gior parte (90%) digitalizzata. È una grande ricchezza, come viene utilizzata? «È una risorsa unica, che ovviamente usiamo per arricchire la nostra programmazione. Abbiamo riscosso un bel successo con la trasmissione “La Clessidra”, che ha attinto abbondantemente dal nostro archivio. Ora siamo al lavoro per una nuova trasmissione de-

Uno degli studi regia di Telereggio

se realtà, così vorremmo che anche da parte loro ci fosse un’attenzione maggiore nei nostri confronti». Uno dei punti deboli di Telereggio come di tutte le televisioni private locali è l’età media molto alta del pubblico: nel vostro caso il 64% è costituito da ultrasessantenni. Questo scarso appeal nei confronti dei giovani è ormai inevitabile? «L’informazione attraverso Internet mette in crisi la stampa e l’emittenza televisiva tradizionale. Sono i giovani a trainare questa tendenza. La televisione, anche locale, può comunque trovare

dicata agli anni ‘80: cinque puntate, dal

proprie strade per mantenere un ruolo ed interessare anche il pubblico giovanile. Noi in questi anni abbiamo invitato tante scuole a visitare i nostri studi per far capire cosa significa fare giornalismo televisivo. Ospitiamo spesso studenti con stage e collaborazioni. La nostra redazione è relativamente giovane, tra i 40 e i 50 anni. Insomma, non ci arrendiamo».

titolo “Reggio ‘80”, che racconteranno

Con il suo archivio Telereggio offre alla comunità reggiana anche un notevole patrimonio storico: immagini e testimonianze a partire dalla fine degli anni ‘70, la mag-

da sette anni: il suo sorriso e il suo otti-

personaggi e vicende della cronaca, della politica, della cultura e dell’economia di quel periodo storico nella nostra provincia». Essere Direttore di Telereggio non è facile. Una televisione locale è ancora uno strumento potente e complesso da governare. Mattia Mariani ne è alla guida mismo trasmettono fiducia. Accanto ha una squadra solida e io, da ex collega, auguro a tutti di continuare ad essere “la televisione dei reggiani”.

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Modena

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scuola

Maria Chiara Oleari

EVVIVA, SI RIVEDE LA GITA SCOLASTICA, E A PIEDI I RAGAZZI DEL SAN TOMASO SULLA VIA FRANCIGENA È difficile rendere a parole lo sconforto che si è respirato nello scorso anno scolastico, in particolare nei giorni di scuola che precedevano nuove chiusure, nuovi periodi di DAD al 100%. Una pesantezza che ha incupito docenti, famiglie e soprattutto i bambini e i ragazzi. Continui rimandi delle riaperture, sterili dibattiti sui banchi, polemiche sui mezzi di trasporto, confronti sul mondo della scuola che spesso avevano un grande assente: gli studenti. Con l’inizio del nuovo anno scolastico, forti del vaccino messo velocemente a disposizione della popolazione, una delle necessità che abbiamo sentito come prioritarie - al Liceo del San Tomaso come in tante altre scuole - è stata quella di ripartire con gite scolastiche che potessero permettere ai nostri studenti di ritrovare quella socialità che è venuta a mancare negli ultimi due anni di scuola. Da qui è nata l’idea di portare gli alunni della quinta del Liceo delle Scienze Umane del San Tomaso a percorrere a piedi gli ultimi gli ultimi 100km della Via Francigena, percorrendo il tratto da Viterbo a Roma! La proposta, supportata fin da subito dai dirigenti della scuola e dal consiglio di classe, è stata accolta con insperato entusiasmo dai ragazzi e dalle loro famiglie. E così, dopo un mese di scuola e con l’autunno alle porte, ci siamo letteralmente incamminati verso Roma: 27 studenti di quinta con altrettanti zaini, 4 professori, 100 km da fare in 5 giorni, 1 pulmino di supporto e tanta voglia di riprendersi un po’ di normalità. Non solo socialità, ma anche l’occasione di prendersi del tempo per sé, per riflettere anche e soprattutto sulle scelte future: prima ancora di capire quali strade sono possibili dopo l’Esame di Stato, è bene verificarsi sui propri desideri, le relazioni, quello che nella vita si ritiene prioritario e che va a costruire la propria identità. Irene Boselli e Andrea Macchioni ci

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raccontano questa esperienza dal punto di vista degli studenti. Com’era la giornata tipo in gita? I: Sveglia alle 7, colazione e preparazione dello zaino per poi partire il più velocemente possibile. Si leggeva il tema del giorno con qualche domanda come spunto e poi… si iniziava a camminare,

in rigoroso silenzio per la prima mezzora! A: Pausa merenda a metà mattina, poi si mangiava il pranzo al sacco insieme in posti lungo il cammino; una volta arrivati a destinazione doccia e un momento di ristoro insieme negli ostelli che ospitano i pellegrini lungo la Via Francigena. La serata si passava insieme con sem-

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plicità, spesso arricchita da un piccolo momento di condivisione sulla giornata. Come descrivereste questa esperienza a chi non l’ha vissuta? Abbiamo solo camminato? I: Nella pratica sì, ma non è solo camminare. Si sta tanto insieme ma si sta anche da soli, avendo così la possibilità di riflettere. A: Camminando scopri il tuo passo e impari anche a rispettarlo, provando ad aspettare gli altri e dandoti la possibilità di rallentare. Capisci meglio cosa riesci e cosa non riesci a fare. Qual è l’aspetto del cammino che vi ha colpiti di più? I: Innanzitutto non pensavo che in un piede potessero formarsi così tante vesciche! Poi probabilmente mi è piaciuto il silenzio: i primi giorni siamo partiti a camminare e c’era quasi il bisogno di riempire il cammino con la musica, poi alla fine si stava bene anche in silenzio. Una pace che a casa non ritrovi, che aiuta a fare ordine nei pensieri e nelle scelte. A: A me ha colpito la nostra reazione alla fatica: dopo i tanti km percorsi durante la giornata, temevo che una volta arrivati tutto si trasformasse in un mortorio, invece c’era sempre voglia di stare insieme e di scherzare. In più mi ha stupito incontrare tanti pellegrini che percorrono la Via Francigena, anche dalla Francia! Se vi chiedessero cosa c’entra questa gita con la scuola, cosa rispondereste? I: Sicuramente un’esperienza così obbliga a mettersi parecchio in gioco, e facendo questo scopri meglio i compagni di classe, andando oltre il contesto scolastico. In più ti rende più consapevole

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dei tuoi strumenti. A: Concordo, fare una gita di questo tipo aiuta ad unire la classe! E poi sembrava di essere tornati alla normalità, cosa quasi incredibile dopo due anni scolastici passati in casa. Anche il momenti di riflessione durante il giorno ci hanno aiutati ad aprirci con gli altri, dandoci uno spazio in cui essere liberi di essere noi stessi. Il momento migliore del pellegrinaggio? I: L’arrivo a Roma, vedere tutta la città dall’alto del Gianicolo e sapere che ci si è arrivati a piedi è stato incredibile... ma più di tutto il momento in cui ci siamo presi per mano e siamo entrati tutti insieme, anche i più azzoppati, in piazza San Pietro! A: Anche per me l’arrivo in San Pietro e anche il ritorno in treno dove, pur essendo tutti stanchissimi, eravamo ancora felici per essere arrivati insieme a Roma. La vera chiave di volta per la riuscita di questa esperienza scolastica non convenzionale sono stati gli studenti, con il loro entusiasmo e la loro disponibilità a mettersi in gioco in ogni aspetto: i km giornalieri, la fatica fisica, le riflessioni proposte, location e cibo spartani, vivendo gomito a gomito giornate intense fisicamente e mentalmente. Un messaggio importante che ci viene recapitato: i giovani sono ancora assetati di relazioni vere, sono pronti alla riflessione e son aperti alle sfide che si pongono loro davanti. C’è domanda di vita, a maggior ragione con/dopo il Covid: a noi - comunità educante - il compito di farcene carico, cercando insieme risposte creative e significative.

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curiosità

Giulio Bulgarelli

IL CAMBIAMENTO CLIMATICO? PROBLEMA D’ALTRI QUELLA BREVE MEMORIA CHE CI FREGA

Neanche due anni fa ho fatto girare fra gli amici la foto di cui sopra. Tutta gente di una certa età, ma ancora ben presenti con la testa. Bene, non tutti hanno riconosciuto il cinema Cristallo di Correggio. Eppure ci erano andati, o almeno passati davanti tante volte. Nessun ricordo della prima nazionale del film “Radiofreccia” (ottobre 1998, tre giorni di programmazione continua, quello che si dice “un evento”), ignoto il nome, a nulla giovando che è lo stesso della pizzeria da asporto che ci sta ancora oggi di fronte, e diventata così toponimo per archeologi nostrani (come l’ancor nota località “i Cappuccini”, oppure via del Lazzaretto). L’episodio mi è tornato in mente quando in occasione del recente Cop26 di Glasgow, è tornata fuori la domanda: come mai il cambiamento non viene avvertito? La risposta ovvia è che il cambiamento è graduale ma talmente impercettibile che solo in rapporto a tempi lunghi assume rilevanza. Tempi troppo lunghi per rimanere dentro la memoria del singolo individuo, così da fargli avvertire la gravità della situazione. Il meccanismo ha un nome (sindrome di Pauly), e si può meglio definire come “slittamento della linea di riferimento”. Per poter misurare quanto un cam-

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biamento sia avvenuto nel corso del tempo, si confrontano nella mente due immagini, la prima sarà ovviamente di oggi, ma quella precedente? Bene, per la memoria ambientale, ulteriori ricerche (Fabio Deotto, L’altro mondo – Bompiani) hanno individuato tale limite in circa cinque (cinque!) anni. Un po’ meglio se la cavano scienziati, che individuano il riferimento nell’inizio della loro carriera professionale. Ecco perché non sentiamo più dire “qui una volta era tutta campagna”: era sparita già molto prima, e con essa la sua immagine. Così il cambiamento, già avvenuto in modo sostanziale, non ha modo di essere avvertito dalla gente comune perché il confronto avviene con una situazione troppo recente, già deteriorata. È l’e-

sempio della rana messa lentamente a bollire, citato da Telmo Pievani al teatro Asioli nel recente incontro promosso da Primo Piano. E sono gli abitanti del luogo i meno consapevoli del cambiamento avvenuto proprio a casa loro. Jared Diamond (Collasso – Einaudi) cita sé stesso, tornato dopo quarant’anni nel Montana dove passava le vacanze estive da bambino: trova completamente sparita la neve che ricordava coprire tutti i monti intorno, diversamente dalla percezione degli abitanti locali. Se non bastano i dati a disposizione per avvertirci del cambiamento già avvenuto, è anche per la nostra difficoltà ad accettare il concetto di “fine”. L’esperimento realizzato (rivista NeuroImage – 2019) ha evidenziato che i nostri cervelli sono programmati per non farci pensare continuamente alla morte: sono cioè perfettamente in grado di comprendere che la vita ha un termine, ma più propensi a pensarlo riferito agli altri, piuttosto che noi stessi. Fatto tutt’altro che negativo. Scansare il pensiero di “fine” ha allontanato pensieri funesti e consentito di guardare con fiducia al futuro: in breve, ha consentito il progresso. Adesso però ci gioca contro: arriverà anche il disastro ambientale, l’apocalisse planetaria, ma finirà per riguardare gli altri. Io me la caverò, garantito.

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a cura di Barbara Berretti

UNA POLTRONA IN TERZA FILA

UN NUOVO INIZIO DAVANTI A ME

Provando la stessa gioia di un bambino che viene accompagnato per la prima volta alle giostre, mercoledì 27 ottobre mi sono nuovamente seduta nella “mia” poltrona a teatro per assistere allo spettacolo che ha dato il via alla stagione 2021-2022 dell’Asioli: La vita davanti a sé, con Silvio Orlando. Ci tengo immediatamente ad anticiparvi che è stato un felicissimo ritorno! È stato bello ritrovarmi finalmente di fronte ad un palcoscenico, animato da persone in carne ed ossa; mi ha reso felice la condivisione dal vivo delle emozioni suscitate da ciò a cui si assiste; mi ha quasi commosso vedere che in tanti, insieme a me, hanno colto l'opportunità di rimpossessarsi delle vecchie "belle abitudini". Lo spettacolo che ha rappresentato il mio debutto è un adattamento, fatto da Orlando, del bestseller “La Vie devant soi” di Romain Gary e Émile Ajar, che ha poi replicato nella serata successiva. Sulla scena, il versatile attore napoletano veste con naturalezza i panni del protagonista Momò, un bimbo arabo di

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dieci anni che vive a Parigi nel quartiere multietnico di Belleville, ospite della pensione gestita da Madame Rosa, ossia un’anziana ex prostituta ebrea che si prende cura degli "incidenti sul lavoro" delle colleghe più giovani. Nei 90 minuti della durata della pièce Orlando, accompagnato dalle accattivanti musiche dell’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre, conduce con delicatezza lo spettatore nell'universo di Momò, guidandolo tra le pieghe del suo animo: così ci si ritrova a sorridere, contagiati dallo sguardo ingenuo e a tratti ironico del bambino, ma anche a partecipare al suo piccolo grande dramma. L'universo dell'orfano Momò, come del resto quello della maggior parte di tutti noi, è infatti contraddittorio, perché costituito da presenze e da mancanze, da possibilità e da incertezze: il bambino ha un amico ed una figura femminile che lo affiancano nel suo percorso di crescita, ma non ha vicino a sé una vera madre, che tra l'altro cerca disperatamente; ha tutta la vita davanti a sé, ma non sa come e con chi affrontarla, dato che la sua

“benefattrice” Madame Rosa è vecchia e malata. E quando Momò si aggira in cerca di attenzione tra le vie di Parigi, risultando invisibile agli occhi di chi non è disposto a farsi muovere a compassione dal suo evidente disagio, o attirando l'attenzione di chi è ancora in grado di donare affetto, lo sguardo del bambino e dello spettatore si posano contemporaneamente sul suo e sul nostro futuro. E grandi interrogativi aleggiano su entrambi: alla morte dell'ex prostituta, il protagonista del romanzo troverà qualcuno disposto ad accoglierlo e accompagnarlo nel suo cammino? Noi saremmo disposti ad aprirci ad "uno come lui"? E cosa ne sarebbe della nostra vite se ci trovassimo al posto suo? La frase conclusiva del romanzo, quasi urlata da Orlando, forse potrebbe aiutarci a trovare un appiglio al quale aggrapparci per affrontare l’incertezza del suo e del nostro futuro: «Bisogna voler bene». Eh già, Momò, hai proprio ragione tu: bisogna saper voler bene e imparare a sostenersi vicendevolmente, evitando di dimenticare che “nessun uomo è un'isola, completo in se stesso" [cit.]; ed io, spettatrice della tua toccante storia, ti ringrazio per avermelo ricordato!

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a cura di Claudio Corradi

AGRICOLTURA, VERDE, AMBIENTE

L'ALBERO DI NATALE, UNA BOCCATA DI OSSIGENO

Quando si arriva all’inizio del mese di dicembre ritornano puntuali le disquisizioni sull’albero di Natale. Non tanto quelle legate alle origini della sua tradizione, che peraltro è molto articolata e complessa, quanto quelle sulla scelta fra albero vero o albero artificiale. Questo oltretutto dando quasi sempre per scontato che l’albero di Natale, per tradizione, debba necessariamente essere una conifera, vera o finta che sia,. Il termine conifera deriva dal fatto che queste piante, che possono essere pini, abeti, cipressi, larici ed altro ancora, producono i loro semi all’interno di un cono legnoso: la classica pigna. Nulla a che vedere quindi con la forma conica e regolare alla quale ci siamo ormai affezionati e che ogni anno vorremmo

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addobbare in modo diverso. I sostenitori dell’albero sottolineano la naturalità della pianta e la totale riciclabilità della stessa, tanto se dotata di apparato radicale quanto se cedua (cioè tagliata). Se dotata di apparato radicale, dopo un primo utilizzo ludico potrà essere posta a dimora anche in campo, mentre in caso contrario andrà a costituire biomassa legnosa. In ogni caso gli alberi di Natale coltivati, grazie all’attività fotosintetica che svolgono nel loro ciclo di vita, avranno prodotto una buona quantità di ossigeno. Nell’arco di un anno, in un ettaro di terreno coltivato ad alberi di natale viene prodotto l’ossigeno necessario a 45 persone per lo stesso periodo. Gli alberi senza apparato radicale in genere sono il frutto di potature di sfoltimento oppure, se cedui, sono stati tagliati senza intaccare l’apparato radicale che resta in campo per ricacciare nuovi polloni e costituire nuove piante, e quindi nuovo ossigeno. La vendita di esemplari di questo tipo non dovrebbe suscitare polemiche sebbene ovviamente una pianta dotata di vita sia sicuramente più piacevole, anche dal punto di vista simbolico. Quello che è certo è che un alberello vero costa di meno di un albero finto che tuttavia, se non ci verrà voglia di diversificare già il prossimo anno, potrà essere riutilizzato nel tempo. A livello ambientale va considerato che mettersi in casa un albero derivato dal petrolio, pur essendo riciclabile in quanto generalmente costituito in Pvc (polivinilcloruro) e di provenienza cinese, significa avere immesso nell’ambiente circa 40 kg. di gas serra. Non si dimentichi però che in fatto di scelte natalizie una grande differenza di impatto ambientale la possono fare anche gli addobbi ed i materiali che li costituiscono. Questi, peraltro, vengono sostituiti e rinnovati quasi tutti gli anni ed è per questo che sarebbe bene non fossero le classiche palle di plastica.

AAA: ALBERI, ADDOBBI, AMBIENTE Quando si parla di addobbi Natalizi per gli alberi occorrerebbe prima di tutto distinguere fra gli allestimenti in giardino e quelli nelle case. In giardino si possono ottenere ottimi risultati estetici anche addobbando, a dispetto della tradizione, piante a foglia caduca; anche a Correggio occasionalmente capita di osservarne di piacevoli. In ambiente interno invece la soluzione classica resta la più pratica e diffusa. Le associazioni agricole stimano che l’88% delle famiglie italiane per Natale addobbi l’albero in casa e che, nonostante l’utilizzo di alberi veri sia in aumento del 10 % rispetto ad una decina di anni fa, per il 70% si tenda ancora a preferire l’albero di plastica. I loro sostenitori li ritengono di maggiore praticità, soprattutto perché sporcano meno, e per il fatto che possano essere utilizzati per più anni e riciclati a fine carriera vengono spesso ritenuti di minore impatto ambientale rispetto alle piante vere. Nella realtà invece si stima che nonostante tutto l’albero artificiale inquini 10 volte di più.

AUTORIPARAZIONI

ASCARI-ALI snc autorip.ascari@libero.it

SERVIZIO GOMME

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CORREGGIO IN BRICIOLE RASSEGNA DEGLI EVENTI CORREGGESI RACCONTATI DALLA STAMPA LOCALE 19 0ttobre 2021 • Un imprenditore agricolo correggese è stato scoperto dalla locale Guardia di Finanza a beneficiare dal 2014 al 2020 di 8.000 euro di contributi europei su un terreno che risulta incolto; colpito da sanzione amministrativa 21 ottobre 2021 • Vigili del fuoco e soccorsi intervengono alle 12.30 sulla provinciale nei pressi di Budrio: un’auto ha sbandato finendo contro un albero; al volante un anziano che è rimasto ferito • A Correggio è di nuovo possibile recarsi di persona agli sportelli Cup per prenotare visite ed esami, ma restano in funzione le altre modalità (telefono 0522.391522, web, farmacie, fascicolo sanitario personale) 24 ottobre 2021 • Riapre la “Bocciofila Vicentini” di via Circondaria, dopo una serie di importanti interventi di adeguamento antisismico alla struttura per 800 mila euro 26 ottobre 2021 • Rubati dall’auto del parroco di Correggio don Alberto Debbi oggetti liturgici e tonache; il parroco si era recato all’oratorio di san Prospero per un incontro coi giovani; il giorno dopo i carabinieri hanno rinvenuto la refurtiva abbandonata a Fosdondo nell’ex casello della ferrovia 5 novembre 2021 • Per la quarta volta in due mesi il trentenne correggese conosciuto dalle forze dell’ordine si introduce al Convitto, questa volta con un complice, per appro-

priarsi di computer e contanti dei distributori automatici; individuato a colpo sicuro e, naturalmente, denunciato 8 novembre 2021 • Viene inaugurato alle Corti il nuovo atelier “Le Corti”, uno spazio-laboratorio di creatività, condivisione e socializzazione, rivolto a persone con disabilità psicofisica in carico al Servizio sociale integrato dell’Unione Comuni Pianura Reggiana; sostituisce un nido privato convenzionato che ha cessato l’attività • Il martedì alle 20.30 tornano al Caffè Principe di Correggio le “language nights”, sospese per la pandemia: un modo per conoscersi chiacchierando in inglese, spagnolo, russo e cinese in madrelingua; l’idea è di Eleonora Carminati, varesina d’origine, correggese d’adozione, che quando si è trasferita nel Reggiano ha deciso di portare qui un’esperienza che a Varese ha avuto molto successo, con scambio di libri e partite a Scarabeo nelle diverse lingue 10 novembre 2021 • A San Martino in Rio scatta la terza denuncia in poche settimane per una coppia di coniugi di 39 e 45 anni, ritenuti responsabili di altri furti in fotocopia; la coppia è affezionata ai supermercati Coop e Conad dove hanno fatto razzia di alimenti (prevalentemente punte di Parmigiano Reggiano e insaccati vari) ma non disdegnando anche vestiti, scarpe e piccoli elettrodomestici 12 novembre 2021 • È deceduto per malattia, a 80 anni di età, l’imprenditore Mirio Brozzi, fon-

datore e a lungo alla guida della “Duna Corradini”, impresa specializzata in imballaggi con poliuretani, resine epossidiche e rigenerate che ha sede a Soliera; l’azienda era nata dalla storica impresa correggese “Gustavo Corradini Poliuretani”, fondata nel 1957, di cui Brozzi era un dirigente, e poi ceduta negli anni Ottanta agli americani di Dow Chemical; nel 2016 aveva ricevuto il cavalierato per meriti della Repubblica 15 novembre 2021 • Soccorsi mobilitati alle 6,20 nelle campagne di Correggio, tra Fosdondo e Bagnolo; un’auto è finita fuori strada in via Beviera; ferito il conducente; la notte successiva è avvenuto un analogo incidente in via Fazzano, con un sessantaseienne in gravi condizioni 18 novembre 2021 • Al culmine di una furiosa lite un trentacinquenne pesta la compagna davanti alla figlia e poi aggredisce i carabinieri accorsi verso le 22, avvertiti dai vicini; arrestato per resistenza, lesioni a pubblico ufficiale e maltrattamenti in famiglia, che pare durassero da diversi anni 20 novembre 2021 • Una 50enne correggese ha pubblicato un’inserzione sul web per vendere un divano e due poltrone, ma, anziché ricevere i soldi, si è ritrovata il conto alleggerito di 250 euro; il sedicente acquirente, un trentatreenne milanese, telefonicamente ha preteso le indicazioni per pagare in contanti ed è scattata la truffa; individuato e denunciato

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NOTIZIE IN BREVE

ausercorreggio1995@gmail.com

L'ABBINATA VINCENTE DI AUSER: GNOCCO FRITTO E BACCALÁ Si è conclusa con domenica 10 OTTOBRE la serie dei cinque fine settimana che hanno impegnato i Volontari di AUSER Correggio con i loro ormai... famosi "Gnocco Fritto, Baccalà e Sughi”. L'appuntamento è stato particolarmente apprezzato dalla "nostra Correggio" che con la partecipazione di oltre 1500 persone ha premiato l'ottima qualità di quanto è stato proposto. Nei cinque fine settimana hanno lavorato, a rotazione, circa 65 volontari. Ai cittadini e ai volontari un forte ringraziamento da parte dell'Auser di Correggio e un arrivederci a maggio e settembre 2022.

UN MESSAGGIO IMPORTANTE DALL’ASSOCIAZIONE “SOSTEGNO E ZUCCHERO” La presente vuole essere una testimonianza dell’impegno dei volontari dell’Associazione Sostegno e Zucchero ODV che, con il loro Laboratorio Creazioni in collaborazione con il Comune di Correggio, l’Unione dei Comuni e la rete del Telefono d’Argento (Gruppo Primavera, Emmaus, Auser, Avo, Pro loco), sono stati parte attiva nel ripristino dei negozi non in uso nella nostra Correggio, allestendo le vetrine con manufatti, quadri e creazioni che, con la pulizia e l’allestimento dei negozi, hanno contribuito a rendere bella la nostra Correggio. In tempi di piena pandemia, quando si usciva poco e le fiere erano annullate, le attività sopra dette hanno permesso, nel rispetto delle regole di non assembramento, di poter arricchire la passeggiata sotto i portici dei Correggesi riscuotendo un importante successo, evidenziato anche sulla stampa nazionale con la rivista mensile “Noi Donne”. Ora che la pandemia è meno opprimente, comune, commercianti e volontariato vogliono assicurare a Correggio un Natale speciale, dove “Speciale” è il presupposto iniziale per fare bella la nostra Correggio. Diversi manufatti allestiranno le vetrine di 90 negozi, un importante gesto di solidarietà dei nostri commercianti verso il Volontariato. Sostegno e Zucchero avrà una vetrina del negozio ex Manila in prossimità dell’orologio, posizione simbolo della bellissima Piazza di Correggio, che in questi anni è stato luogo di altre iniziative come il Poster della Pace e l’esposizione delle “Bambole dal Cuore”, per raccogliere fondi a favore della ricerca. Quest’anno il Natale Speciale vedrà Angeli alti 50 cm, che si potranno prenotare a sostegno del volontariato e del Laboratorio Creazioni. Ogni angelo avrà un braccialetto colorato secondo il significato dei colori: rosso è amore, giallo è giovinezza etc. Il Laboratorio Creazioni, attivo dal 2017 e sostenuto dai volontari, accoglie e affianca una quindicina di persone disagiate o fragili che così si sentono utili, trasformando la loro fragilità in un prezioso aiuto di solidarietà sociale. Col supporto dell’Unione dei Comuni si realizzano dei progetti che quest’anno allestiranno le vetrine di Correggio ma che nel 2020 hanno allestito le vetrine di Fabbrico, a testimonianza dell’unità di intenti fra Enti pubblici e associazioni di volontariato. Si scambiano manufatti ed esperienze, si trasmettono emozioni positive, idee e tutto quello che serve per stare insieme. Il volontariato è gioia, condivisione ed un momento di solidarietà, ma anche di amicizia. Siamo sempre alla ricerca di volontari per un volontariato attivo, sereno e divertente che aiutando gli altri arricchisce ognuno di noi. presidente Marco Curti - vice presidente Luciana Redeghieri

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INAUGURATO IL “BOSCO NUOVO” Sabato 20 novembre, in occasione della Giornata nazionale dell’albero, è stato inaugurato IL BOSCO NUOVO. Si trova a sud di Correggio, all’interno del Parco Articolo 21. L’Amministrazione Comunale, dimostrando grande sensibilità per il riequilibrio ecologico del territorio, ha aderito al progetto della Regione Emilia Romagna “Mettiamo radici per il futuro”. Su un’area di circa 15.000 mq. sono stati piantumati 1.400 alberi, 1.300 donati dalla Regione e 100 donati da Sicam. Alla cerimonia hanno partecipato numerosi cittadini, diversi consiglieri comunali, la giunta, i rappresentanti di Lega ambiente Correggio, studenti e insegnanti dell’Istituto Comprensivo Correggio 2. Ha aperto la cerimonia il sindaco di Correggio Ilenia Malavasi, ricordando che da tempo l’Amministrazione Comunale è sensibile ai temi ambientali e si sta impegnando nella piantumazione di nuovi alberi. Nel precedente mandato erano state messe a dimora circa 900 piante, nel 2021 altre 300 ed ora questo bosco. Complessivamente saranno piantumati in questi anni circa 25.000 nuovi alberi, uno per ogni abitante della città. È già stata individuata una nuova area in via Astrologo, di proprietà del Comune, dove nei prossimi mesi verranno messi a dimora circa 600/700 alberi. Davide Baruffi, sottosegretario della giunta della Regione, ha ricordato come il Bacino Padano sia uno dei territori più inquinati in Europa e quanto sia strategico l’impegno che l’Amministrazione Regionale sta profondendo in questo ambito, con grandi investimenti per dare attuazione ai 45 progetti già in essere e a quelli che verranno attuati in futuro, che coinvolgeranno anche l’area naturalistica del Po. L’Amministratore delegato di Sicam, Luca Gazzotti, ha detto di sentirsi orgoglioso per il ruolo svolto dalla sua azienda nel progetto e di considerare questo intervento un primo passo verso politiche aziendali di responsabilità ambientale. I ragazzi delle scuole medie hanno letto testi scritti da loro e di autori classici sull’importanza della difesa e della valorizzazione dell’ambiente. Al termine, a sorpresa, sono intervenuti piacevolmente anche Fabio Storchi, presidente di Confindustria Reggio Emilia, e Marco Ligabue a testimoniare l’interesse di tutta la comunità per questo argomento. Insieme alle autorità, gli studenti hanno tagliato il nastro. Questi alberi cresceranno con loro e, se li sapranno difendere, forniranno qualità all’ambiente in cui vivranno. Sono importanti le radici piantate in terra, ma altrettanto lo sono i “semi di consapevolezza” che crescono nelle menti delle persone.

Il 7 dicembre ricorre il primo anniversario della scomparsa di

Il 6 dicembre ricorre il trigesimo della morte di

Tonino Rizzi

Ivan Ferrari

Ti ricorderemo sempre per la tua onestà e bontà.

Ti ricordiamo sempre con tantissimo amore

Anna Rossana Patrizia

La tua famiglia

Valerio Cerati

333/2901347 vcerati@fideuram.it Ufficio di Reggio Emilia Via A. Gramsci 88/B

Un unico interlocutore per la cura dell’intero patrimonio

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a cura di Fabrizia Amaini

COME ERAVAMO

DEL CORREGGIO NON CI RESTA CHE LA CENERE, MA DOVE? un evento: si cercano i resti di Antonio Allegri (la cenere) nel cortiletto della chiesa e convento di san Francesco. Quei sei uomini rappresentano l’élite culturale e politica di Correggio e dintorni: da destra Riccardo Finzi (storico e bibliotecario correggese), Iotti (rabdomante), Pietro Cottafavi (podestà), Ettore Lasagni, Caselli (segretario comunale) e Otello Siliprandi (ingegnere archeologo reggiano). Vien spontanea la domanda: ma i correggesi neanche sapevano per certo il luogo di sepoltura del loro Pittore? Per rispondere bisogna ripercorrere la storia dopo la sua morte.

L’Opera pel Mondo, ha Modena il Teschio, a noi che resta? L’Onor, le copie, il Cenere, la nostra Gloria è questa. Con queste parole dagli accenti retorici e velati di profonda amarezza, nel 1835 il correggese Antonio Guzzini fissava lo stato d’animo suo e dei suoi concittadini, per la scarsa fortuna avuta in patria da Antonio Allegri, detto il Correggio. Dapprima la dispersione delle collezioni dei Principi di Correggio, successivamente le spoliazioni delle sue opere da parte dei Duchi di Modena, fra Seicento e Settecento, ne avevano cancellato la presenza artistica. Dunque, che cosa resta in Correggio del suo sommo Pittore? - si chiedeva Guzzini. Non resta altro che la cenere. Dei tanti misteri che aleggiano intorno alla figura di Antonio Allegri, quello del luogo che conserva le sue spoglie rimaneva per i correggesi il più affascinante, tanto che nel 1934 era partita una nuova campagna di scavi. Si trovarono delle ossa che furono consegnate all’Istituto di Anatomia di Modena, ma attendono tuttora l’esito sulla loro autenticità. DOVE SI TROVA LA CENERE DI ANTONIO ALLEGRI? Marzo 1934. Dietro ad un alto cumulo di terra, tre uomini in età e in abito da manovalanza, due con in pugno quelle che paiono vanghe, e un terzo con le braccia dietro la schiena, buttano l’occhio all’obiettivo. Alle loro spalle un gruppo di sei uomini, dall’aspetto elegante e aristocratico, paiono in attesa di un evento da immortalare per i posteri. È davvero

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Antonio Allegri morì il 5 marzo 1534. Il giorno seguente si svolsero le esequie, chi dice sontuose, chi il contrario. Lo storico Riccardo Finzi sostiene che ebbe funerali poveri, ricavandolo dal registro dei morti tenuto dai frati di san Francesco, che ricorda l’avvenimento con parole comuni. Per la sepoltura furono chiesti 13 soldi e otto danari (somma a quel tempo corrispondente al valore di quattro polli). Antonio venne sepolto nel chiostro esteriore della chiesa di san Francesco, in una cappella a forma di camera ad uso dei Confratelli del Santissimo. La cappella faceva angolo con la chiesa adiacente e vi si accedeva dalla strada pubblica, e più tardi dal chiostro (o portico) esterno di detto convento (costruito nel 1623-’24). Pare che nella cappella fossero sepolti i membri degli Aromani, famiglia della madre. La bara fu collocata ai piedi di un altare e sulla sepoltura fu posto un coperchio di legno con inciso la scritta: Antonius de Allegris Pictor. Oltre un secolo dopo, nell’anno 1641, Padre Lucio Zuccardi, guardiano del convento, allo scopo di costruire le cappelle laterali di san Francesco, fece demolire in parte tale cappella per aprirla all’interno della chiesa. I resti del corpo del Pittore e di altri suoi familiari vennero allora spostati nel chiostro interno, a poca distanza dalla prima sepoltura, nel vicino angolo di detto chiostro. Da lì i resti mortali non furono più trasferiti e si desume vi si trovino tuttora. Per meglio capire la collocazione della tomba, si propone la testimonianza più antica della prima traslazione delle spoglie del Correggio, fornita dal milanese oratoriano Padre Sebastiano Resta, grande estimatore del Pittore, che da Roma arrivò apposta a Correggio, nel 1690, per identificarne il luogo preciso di sepoltura. Dopo avere parlato con quanti avevano assistito ai lavori di ampliamento della chiesa di San Francesco e all’esumazione delle ossa del Correggio, il Resta trasse le sue conclusioni che tratteggiò in un piccolo schizzo. Anche se altri studiosi non concordano col Resta e segnalano un luogo di sepoltura diverso, anche se spostato di poco, l’im-

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L’anno 1641 le ossa di Antonio Allegri furono trasportate dal luogo segnato A al sito dell’altro muro segnato B, dove, secondo gli antichi testimoni, giacciono in terra sotto i mattoni. Dunque, secondo Sebastiano Resta, le ossa del Correggio giacciono sotto il pavimento dell’entrata laterale della chiesa.

Pianta della chiesa di san Francesco secondo la ‘Pianta della città di Correggio del 1819’. Il piccolo segno + nell’ingresso laterale, evidenziato dal cerchio rosso, indica il luogo di sepoltura di Antonio Allegri, secondo le indicazioni dello studioso Padre Sebastiano Resta.

portante è sapere che almeno le ossa del Correggio sono rimaste a Correggio. E il fatto non è scontato, dato che il Duca di Modena, non bastandogli il saccheggio delle sue opere, voleva depredare pure le sue ossa. E come spiegazione si racconta un episodio tra il macabro ed il comico, accaduto nel 1786 quando a Modena regnava il Duca Ercole III d’Este (padrone del Principato di Correggio acquistato dalla casata estense nel 1635). Il Duca tanto teneva alla Scuola di Pittura del suo Ducato da invidiare le consimili di fuori, e avendo saputo che la Scuola di Roma vantava il teschio di Raffaello, volle, per la sua, il teschio del Correggio. Dette subito ordine al Governatore di Carpi e Correggio, Conte Fabrizi, perché soddisfacesse in pieno il suo desiderio. Essendo però ormai trascorsi due secoli e mezzo dalla sepoltura, i frati del convento avanzarono

delle difficoltà (probabilmente pretestuose al fine di conservare a casa propria almeno le ossa del Pittore) a precisare il luogo certo della tomba del loro illustre concittadino, ma il Duca non si scoraggiò. Ordinò che si scavasse in quell’angolo dell’orto conventuale indicato dai frati come probabile, e che si estraesse un cranio antico da presentare come autentico. Era un cranio terroso, sdentato, boccheggiante, ma servì ottimamente all’impresa, al punto che tutto il paese esultava e strabiliava nell’ammirare il teschio di quel grande. Poi, chiuso in un cofano con sigilli, fu recato personalmente dai dignitari a Modena dove venne posto con tutti gli onori nell’Accademia di Belle Arti. Ma all’Estense, questa volta, la ciambella riuscì senza buco. Il famoso teschio, sottoposto in seguito ad attenta perizia dall’anatomico Giovanardi, fu giudicato appartenente a una donna di assai avanzata età.

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a cura di Guido Pelliciardi

APPUNTAMENTI CULTURALI IN DICEMBRE

GLI SCRITTORI DI TONDELLI GIOCHI E LETTURE AL PARCO Sabato 4 / ore 16.00-19.00 / Casa nel Parco Dalle 16 alle 19 per ragazzi dagli 11 ai 14 anni “Oggi giochiamo a… giochi strani: Tauro, Pylos e Chamaleon con giochi inusuali e regole insolite”. Dalle 16.15 alle 17.15 e replica dalle 17.30 alle 18.30 per bambini dai 5 anni: “La signora neve e altre storie del focolare”, letture animate con burattini a cura di Chiara Merinoni. Necessaria la prenotazione tel. 0522.643811 Sabato 4 / ore 20.30 / Teatro Asioli POUR UN OUI OU POUR UN NON (Per un sì o per un nò)

Spettacolo teatrale di Nathalie Sarraute, con Umberto Orsini e Franco Branciaroli. Regia di Pier Luigi Pizzi. Come possono le parole non dette o le intonazioni ambigue provocare malintesi e guastare definitivamente il rapporto tra due vecchi amici? Sabato 4 / ore 21.00 Centro sociale 25 Aprile Piazzale 2 agosto TES TE’, CA SO PO ME’ Commedia dialettale di Antonio Guidetti con la compagnia Fnil-Bus Theater di Gattatico. Prenotazione tel. 0522.642691 Domenica 5 ore 11.00-16.00 / Teatro Asioli Visita guidata su prenotazione: tel. 0522.631770

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Martedì 7 / ore 21.00 / Cine+ TITANE Proiezione del film di Julia Ducournau. Genere drammatico. Durata 108 minuti. Ballerina in un “salone di auto”, le sue performance erotiche la rendono preda facile degli uomini. Ma Alexia uccide e colleziona omicidi… sarà costretta a fuggire e ad assumere l’identità di un ragazzo. Martedì 7 e mercoledì 8 ore 20.30 / Teatro Asioli LET’S TWIST AGAIN

Spettacolo acrobatico, comico, musicale di Alexander Sunny con la compagnia The Black Blues Brothers. In una fumosa sala d’aspetto di una ferrovia, cinque uomini ingannano l’attesa ascoltando da un juke-box brani indimenticabili di Glenn Miller, Keith Emerson, Aretha Franklin, Chubby Checher, Elvis Presley e interpretandoli con acrobazie incredibili, salti mortali, esercizi con la corda… Giovedì 9 e martedì 14 ore 21.00 / Cine+ UN FIGLIO Proiezione del film di Mehdi Barsaoui. Genere drammatico. Durata 96 minuti. Tunisia, estate 2011. Le vacanze nel sud del Paese di una famiglia normale diventano un dramma per il figlio: la necessità di un trapianto porterà alla luce un segreto tenuto a lungo nascosto.

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Sabato 11 dalle / ore 9 / Palazzo Principi PIER VITTORIO TONDELLI NON ERA INVIDIOSO A trentanni dalla scomparsa dello scrittore correggese le “Giornate Tondelli” di quest’anno prevedono: ore 9.00 Seminario Tondelli , 21a edizione, rivolta in particolare a studenti universitari con presentazione di tesi e studi inediti, coordina Gino Ruozzi (docente letteratura italiana Università di Bologna); ore 15.30 presentazione del libro “Viaggiatore solitario. Interviste e conversazioni 1980-1991” (Bompiani. 2021) con gli scrittori Gabriele Romagnoli e Marco Belpoliti, e con i docenti di letteratura Roberto Carnero e Gino Ruozzi. A seguire proiezione di estratti dal film “Ciao, libertini! Gli anni Ottanta secondo Pier Vittorio Tondelli” di Stefano Pistolini, prodotto da Sky Arte. A Reggio Emilia, alle 21.00 al Teatro Ariosto, dialogo tra Luciano Ligabue, Gabriele Romagnoli e Antonio Spadaro (direttore di Civiltà cattolica). Domenica 12 alle ore 11, al Ridotto del Teatro Municipale “Pier Vittorio Tondelli non era invidioso: i suoi scrittori e i vizi della società letteraria”, dialogo tra alcuni scrittori scoperti da Tondelli: Romolo Bugaro, Bruno Conti, Giuseppe Culicchia e Paolo Di Paolo; conduce la giornalista Simonetta Scandivasci. Sabato 11 ore 16.00-19.00 / Casa nel Parco Dalle 16 alle 19 per ragazzi dagli 11 ai 14 anni: Fumetti e manga per le feste a cura di Brik Ragazzi. Dalle 16.15 alle 17.15 e in replica dalle 17.30 alle 18.30 per bambini dai 5 anni: Zia Natalina racconta, letture e narrazioni a cura di Alessia Canducci. Prenotazione necessaria. Domenica 12 / ore 16.00 / Palazzo Principi NIVE VERONI quasi un’autobiografia Presentazione del libro del centro culturale Radice con gli autori e con la sindaca Ilenia Malavasi, Laura Artioli e Franca Pinnizzotto. Domenica 12 / ore 17.00 / Teatro Asioli IL RE DEGLI IGNORANTI Celentano tribue show con Maurizio Schweizer e la sua band. Giovedì 16 / Casa nel Parco STOP MOTION DI NATALE Dalle 16.15 alle 17.15 e dalle 17.30 alle 18.30 laboratorio per ragazzi dagli 11 ai 14 anni a cura de La Tata Robotica. Giovedì 16 / ore 18.30 / Palazzo Principi QUELLO CHE POSSIAMO IMPARARE IN AFRICA La salute come bene comune. Presentazione del libro di don Dante Carraro (Laterza. 2021) direttore di CUAMM – Medici con l’Africa, conduce Pier Luigi Senatore direttore di Radio Bruno. Don Carraro, impegnato da trentanni con la più grande Ong italiana operante in Africa, sostiene che c’è tanto da

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imparare tra la popolazione africana, a partire dalle cose importanti della vita come la condivisione e il sostegno reciproci piuttosto che il denaro e il delirio di onnipotenza dell’Occidente... Giovedì 16 e martedì 21 / ore 21.00 / Cine+ I PROFUMI DI MADAME WALBERG Proiezione del film di Gregory Magne. Genere commedia. Durata 100 minuti.

Un film che ci invita con garbo e delicatezza a mantenere uno sguardo positivo e ad “annusare” le nuove opportunità che la vita ci offre, malgrado ostacoli e avversità. Venerdì 17 / ore 20.30 / Teatro Asioli SUL BEL DANUBIO BLU Spettacolo di operetta della Compagnia di Corrado Abbadi. Musiche di Johann Strauss Sabato 18 dalle 16.00 alle 19.00 Casa nel Parco Per ragazzi dagli 11 ai 14 anni, torneo a premi di Tichet to ride a cura di Dario Cappelli in collaborazione con Asmodes Italia. Per bambini dai 5 anni, Gioca con noi a… I tre porcellini, L’isola del tesoro e altri giochi da tavolo. Prenotazione necessaria: Sabato 18 / ore 22.00 Sala Il Girasole Fosdondo NON SIAMO MICA GLI AMERICANI Concerto cover band di Vasco Rossi. Possibile cena alle ore 20.00 con prenotazione necessaria tel. 346.0946538 Domenica 19 / ore 17.00 e in replica alle 17.30 e alle 18.00 Corso Mazzini MERRY CHRISTMAS CORREGGIO Spettacolo di teatro, danza ed effetti pirotecnici a cura di Etoile di Daniele Franci. Domenica 19 / ore 21.00 Basilica di San Quirino CONCERTO DI NATALE della Banda Cittadina Luigi Asioli

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Martedì 21 / ore 16.00 / Casa nel Parco Incontro con il Gruppo di Lettura della Casa nel Parco (ragazzi 11-14 anni) a cura di Alice Torreggiani. Martedì 28 dalle 10.00 alle 12.00 Casa nel Parco LA CASA NEL BOSCO Laboratorio creativo a cura di Chiara Marinoni. Per bambini dai 6 anni dalle 10.00 alle 10.45 e in replica dalle 11.00 alle 11.45 Prenotazione necessaria tel. 0522.643811

Mercoledì 29 dalle 10.00 alle 12.00 Casa nel Parco UN MORBIDO AMICO con baffi, muso e coda. Dalle 10.00 alle 10.45 e in replica dalle 11.00 alle 11.45 per bambini dai 6 anni, laboratorio creativo a cura di Chiara Marinoni. Prenotazione necessaria. Giovedì 30 dalle 10.00 alle 12.00 Casa nel Parco SCACCIAPENSIERI Dalle 10 alle 10.45 e in replica dalle 11.00 alle 11.45 per bambini dai 6 anni, laboratorio a cura degli operatori della Biblioteca ragazzi - ludoteca Piccolo Principe. Prenotazione necessaria.

IN GENNAIO A TEATRO Sabato 8 ore 20.30 Teatro Asioli LA VEDOVA SOCRATE spettacolo teatrale di Franca Valeri liberamente tratto da “La morte di Socrate” di Durrenmatt, con Lella Costa. Monologo ambientato nella bottega di antiquariato di Santippe, moglie del filosofo, dipinta dagli storici come una delle donne più insopportabili dell’antichità. Racconto ironico e acuminato con Santippe che confesserà tra l’altro come “la morte di un marito è un così gran dolore che nessuna donna ci rinuncerebbe”...

Iniziamo facendo un accenno all’edizione della fiera di San Luca e con una punta di orgoglio possiamo dire che, dopo un periodo trascorso in “solitudine”, vedere il nostro centro storico pieno di gente è stato piacevole, ha ridato forza e speranza per il futuro. San Luca 2021, con il contributo della bella stagione autunnale, è stata una bellissima fiera. Un ringraziamento a tutti coloro che hanno partecipato. Passiamo al futuro e con la carica e la fiducia che l’evento San Luca ci ha dato, vi proponiamo i prossimi appuntamenti:

DICEMBRE Sabato 4 e 11 e Venerdì 24 Mercatini di Natale, esposizione delle creazioni degli artisti dell’ingegno. Domenica 12 Mercatale, mercatino di scambio e vendita riservato alle ragazze e ragazzi. Sabato 18 “Ai portici dell’antico”, mercatino dell’antiquariato e degli artisti dell’ingegno. Eventi culinari: Sabato 4 dalle ore 12.00 “Polenta in piazza con stracotto di somarina” a cura di Pro Loco, è possibile prenotare chiamando il n. 0522641817//3395201613 e dalle ore 16.00 “Cioccolata in Piazza” a cura di Pro Loco Giovani. Intrattenimento: Sabato 11 il centro storico sarà allietato dalla musica degli zampognari.

Sabato 15 ore 20.30 Teatro Asioli ORCHESTRA CUPIDITAS concerto per pianoforte e orchestra. Antonino Fiumara al pianoforte, Pietro Mazzetti direttore. Musiche di Edvard Grieg e Ludwig Van Beethoven (Sinfonia n.7 in La maggiore Opera 92)

GENNAIO 2022 Riparte la rassegna dialettale al Teatro Asioli. Con l’evento, che già da diversi anni Pro Loco organizza e che ha portato sul palco del nostro teatro compagnie dialettali sia autoctone sia di comuni limitrofi, si vuole mantenere vivo il nostro dialetto attraverso farse e scenette divertenti e piene di doppi sensi. Partecipate alle serate del 5 e 22 gennaio alle ore 21.00, avrete modo di passare una serata in allegria seduti comodamente in poltrona. Sabato 15 ritorna “Ai portici dell’antico”, mercatino dell’antiquariato e artisti dell’ingegno. Tutti gli eventi sono organizzati nel rispetto delle norme anti-covid. Pro Loco e Pro Loco Giovani vi augurano un sereno Natale e un 2022 pieno di salute e gioia.

Seguiteci sui social per maggiori informazioni . info@prolococorreggio.it - mercatini@prolococorreggio.it - www.prolococorreggio.it.

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SOLUZIONE CRUCIVERBA NOVEMBRE 2021 $ / 0 2 6 ( 2 , 1 $ 1 7 & , 7 8 6 3 $ $ 2 7 , 7 ( 6 7

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IL CINEMA POLITEAMA a cura di Adriana Malavolta A partire dal 1905, le proiezioni cinematografiche furono portate a Correggio da ambulanti. Nel 1911 si ha notizia di tre esercizi di spettacolo: il teatro comunale Asioli, il teatro sociale Trianon (o teatro d’estate) e il cinema Bios: questo locale consisteva in un grande padiglione costruito in legno, ubicato più o meno nella stessa area dove, di lì a qualche anno, sarebbe sorto il Politeama. ll 25 dicembre 1914 fu infatti inaugurato il Politeama, che l’impresario Francesco Rio ha eretto nel largo spazio che si trova all’interno della casa di sua proprietà, intitolato a Teresa Mariani, nota attrice teatrale, più volte ammirata al Teatro Asioli. Dice “La Voce del Popolo”: […] esso si presenta elegantissimo, […] è un moderno e geniale modello di edilizia e di arte che si presta benissimo a tutti gli usi e per tutti gli scopi di cui era vivamente sentito il bisogno”. Negli anni ‘20, una ristrutturazione e il violento clima politico - la paura delle squadre fasciste sconsigliava di uscire di casa la sera - non poterono interrompere la programmazione, fatta anche da film italiani ma dominata da Hollywood. Il cinema sonoro ebbe un’ottima accoglienza a Correggio, il 21 ottobre del 1931. Cominciarono a dilagare i film musicali e la commedia brillante, film di gangster, horror, comici e western importati dall’estero, opportunamente doppiati. Grande successo anche per il cinema italiano, nei due generi della commedia e del film in costume. Dal ‘40 anche a Correggio i film americani non vennero quasi più proiettati per la politica protezionistica del regime fascista e dal ‘43 vennero proibiti. Il Politeama si mantenne attivo nel dopoguerra, in concorrenza con il cinema impiantato dal 1943 nel teatro “Asioli”.

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Alla fine del 1956, in pochi mesi, il Politeama compì una radicale trasformazione: il loggione e la galleria furono sostituiti da un’unica capiente balconata. Anche la platea fu ampliata per soddisfare una richiesta di spettacolarità che la nascente televisione non era in grado di assicurare. Mentre il cinema “Asioli” nel 1960 chiuse, il Politeama seppe rilanciarsi. La disaffezione del pubblico ai cinema correggesi cominciò a farsi sentire negli anni ‘70. La struttura del Politeama, ormai vecchia e cigolante, non era in grado di rinnovarsi. Il locale sopravvisse malamente ancora un paio d’anni prima di essere chiuso e ceduto definitivamente. “Una domenica di maggio 1984, dopo 70 anni di servizio ininterrotto, il Politeama chiudeva per sempre. Gli spettatori della mia generazione avranno di questo cinema il ricordo di un luogo del desiderio, come di un “posto delle fragole” legato all’infanzia e all’adolescenza”. (Testo ridotto da “Lo spettacolo cinematografico a Correggio e il cinema Politeama”, di Alberto Ghidini). Nel 1986 cominciarono i lavori di demolizione del cinema, all’interno di un ampio intervento urbanistico ambizioso e originale che ci consegna oggi un’area recuperata con un elemento di base tipico della tradizione correggese: l’edificio a corte. “L’intervento assume un’immagine unitaria, scandita dal ripetersi di pieni e di vuoti, di edifici e di piazze che sono tra loro relazionate da una nuova via pedonale che mette in diretta comunicazione Corso Mazzini con Via Borgovecchio e poi via Conciapelli”. (Tratto da “Politeama, teatro di vita quotidiana 1989” a cura di Luciano Pantaleoni, edito da Cooperativa Edificatrice Comprensoriale di Correggio, 1989).

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a cura di Luciano Pantaleoni

CULTURA POPOLARE

STATI D’ANIMO La psicologia distingue le emozioni dagli stati d’animo. Le emozioni sono sentimenti intensi rivolti a qualcuno o a qualcosa. Sono modalità brusche e immediate al quale il nostro organismo risponde quando ha uno stimolo inaspettato. Gli stati d’animo sono sentimenti meno intensi che non hanno una causa contestuale. Quando un’emozione non viene completamente elaborata compresa ed integrata entra in contatto con una complessità di sistemi di credenze e di valori individuali trasformandosi spesso in uno stato d’animo. Negli stati d’animo devono sempre essere considerati alcuni elementi essenziali. La componente fisiologica. Le reazioni del sistema neurovegetativo (tachicardia, respiro frequente). La componente cognitiva. Le rappresentazioni mentali che sostituiscono la realtà e la semplificano. Componente espressiva. Le espressioni facciali e fisiche che si assumono. Nella cultura popolare vi sono termini che esprimono con particolare efficacia alcuni stati d’animo. Le tre componenti spesso si sovrappongono. Al s’è argiulì Termine utilizzato per descrivere lo stato d’animo di una persona che si riprende da una malattia, che ritrova salute ed entusiasmo, si rimette in forze. Persona che ritrova serenità, riprende vivacità, si ringalluzzisce, si rallegra, si rinfranca.

dal latino fustis (bastone) e descriva l’atteggiamento di chi si mantiene “dritto” come un bastone. L’è tut ingase Questa espressione utilizza la metafora del gas per descrivere uno stato d’animo. Essere pieno di gas rimanda immediatamente all’idea di un corpo gonfio all’inverosimile, pronto ad esplodere, capace di volare: in effetti le persone ingasedi sono tronfie, su di giri, eccitate, elettrizzate… si sono montate la testa. Al s’è scmintì Descrive lo stato d’animo di una persona dominata da un senso profondo di scoraggiamento, avvilita, sfiduciata, abbattuta, demoralizzata. Atteggiamento di chi si è perso d’animo, si è afflitto moralmente, si è depresso. Al gh’a al magoun La metafora in questo caso usa al magoun (il magone) è il ventriglio degli uccelli, la parte che permette di assimilare e deglutire il cibo per descrivere la difficoltà a “digerire”, assorbire, accettare una situazione difficile. L’espressione viene usata per descrivere una emozione viscerale negativa, un groppo alla gola che non va né su né giù, un pianto trattenuto e non espresso. Una afflizione morale tenuta nascosta, il sentire accoramento, il dispiacere, l’angustia, lo struggimento. Al s’è inascarì Espressione usata soprattutto per indicare la condizione di chi ha perso il controllo a causa della pulsione sessuale. L’arraparsi, l’eccitarsi sessualmente, il farsi prendere dal desiderio, dalla voglia. Chi vive questo stato viene considerato assatanato, concupiscente.

Al s’è mes in fustinela L’espressione descrive una baldanza fuori tempo e fuori luogo, l’agghindarsi ed atteggiarsi in modo eccessivo. L’agitazione, la smania, l’orgoglio per un risultato conseguito, l’eccitazione dovuta all’attesa. Si usa spesso per anziani che vogliono darsi un atteggiamento non consono alla loro età. Vi sono due ipotesi sull’origine di questo modo di dire. Vi è chi ritiene che derivi da fustinela (sottana pieghettata). Il termine, che si riferiva a qualcosa di lezioso, ben descriveva questo stato d’animo. Vi è, invece, chi ipotizza che il termine derivi

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Al gh’a l’argint viv ados Argento vivo era il termine con il quale si definiva il mercurio. Come si sa è molto difficile trattenere una goccia di mercurio che sfugge sempre da una parte all’altra… e quindi per estensione l’espressione viene utilizzata per descrivere una persona agitata, molto vivace, smaniosa, precipitosa, impaziente. Il termine viene usato particolarmente rivolgendosi ai bambini.

Al gh’a la gnagna Il termine gnagna è diffuso in diversi dialetti e assume vari significati: organo sessuale femminile, bella donna… Nel nostro dialetto viene utilizzato per indicare la zazzera cioè la capigliatura lunga e incolta sul collo, la collottola… ma soprattutto indica uno stato d’animo. Essere indolente, stanco, pigro, giù di corda, apatico, abulico, svogliato. Non aver voglia di far niente.

L’è arvers cme na breta Essere rovescio, disgustato, contrariato, irritato, infastidito, seccato, maldisposto, di malumore. A chi aveva questo comportamento veniva di solito posta la domanda: “t’et visti a l’arversa stamateina?”, come se ai vestiti rovesciati corrispondesse un atteggiamento contrario...

A gh’red anca al bus dal cul Questa espressione viene utilizzata per descrivere una persona che vive una sensazione di piacere diffuso, di gioia, soddisfazione irrefrenabile e completa che coinvolge ogni parte del corpo… ogni parte del suo corpo sorride, anche il culo. Non va dimenticato che in dialetto il termine cul (culo) indica anche la fortuna.

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CORREGGIO IN GIOCO

ORIZZONTALI 1. Vuoto non sta in piedi - 4. Chi lo dice, acconsente - 5. Lavorano la terra - 13. L’inizio dello shopping - 14. La Tebaldi della lirica (iniz.) - 15. Una Francesca attrice - 16. Iniziali di Camilleri - 17. Il nome del commediografo Benelli - 18. Il cuore del metalmeccanico - 20. La più famosa delle eresie - 23. Personificazione di una divinità sulla terra per la religione induista - 27. Il titolo del dipinto nella fotografia - 30. Jean, ex pilota della Ferrari di Formula 1 - 34. Accordi che precedono i contratti definitivi - 35. Roccia detritica granulosa - 36. L’autore del dipinto nella fotografia - 38. Pietre preziose di pregio - 39. Piccolo canale anatomico - 40. Battenti di finestre - 41. E’ stato il gioco dell’ippica per eccellenza - 42. InterCity Notte - 43. In mezzo al fumo - 45. Un giocatore d’attacco - 46. Bianca di capelli - 47. Donna che lavora ad alta quota... - 50. Fine di domande - 51. Manifestati, resi evidenti - 53. Come dire a voi - 54. La Comaneci ex ginnasta - 56. Lo sono kaiser e spadone - 57. Liquore per cocktail - 58. Insieme gradevole di suoni - 59. Il nome della Callas - 60. James del film La valle dell’Eden.

VERTICALI 1. Mucchi di rami secchi - 2. Sono diverse in casa - 3. Il personaggio reso celebre da Charlie Chaplin - 4. Se è... wagon, è un’automobile familiare - 5. Il cuore dei compaesani - 6. Operatore di grandezza fisica usato nel calcolo vettoriale - 7. Sponda di fiume - 8. Seguaci di un movimento ereticale del Medioevo - 9. Un animale che si gioca... a dadi - 10. Trieste sulle targhe - 11. In come e in dove - 12. Son pari nell’aroma - 14. Cadenze musicali - 15. Rafael, tennista spagnolo - 19. Cani siciliani di piccola taglia - 21. Caduta al suolo, attraverso la pioggia, di particelle solide inquinanti - 22. La sinfonia di Beethoven con l’Inno alla gioia - 24. Voler bene - 25. Ginevra, Signora di Correggio, indicata come una delle possibili protagoniste del dipinto - 26. Società Italiana Autori ed Editori - 28. Grave infezione - 29. Ottenne l’indipendenza dall’Inghilterra nel 1922 - 31. L’abbreviazione latina con cui l’autore firmò l’opera pittorica - 32. Il Museo di San Pietroburgo dove l’opera è esposta - 33. La si prova per le persone gradevoli - 37. Grande Traversata delle Alpi - 41. Rametto tolto da una pianta e fatto germogliare - 44. Il segno della sottrazione - 45. Era il partito del Presidente Saragat - 46. Costosi o amati - 48. Un titolo da antichi notai - 49. Davanti a Giorgio o Martino sul calendario - 51. Un segno matematico - 52. Un fiume che attraversa il Tirolo - 53. I confini del Venezuela - 55. La fine della commedia - 56. La città nella conca d’oro (sigla).

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