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Com’è il Covid, per davvero
PARLANO TRE CORREGGESI CHE HANNO CONTRATTO IL VIRUS
Barbara Bellelli
Dario Manzini Molte persone hanno difficoltà a rendersi conto della gravità della situazione pandemica e a comportarsi in modo adeguato. Leggendo quel che si trova sui giornali e
nei social media, l’impossibilità di andare nella casa di vacanze e la rinuncia al pranzo di Natale con tutti
i famigliari paiono sacrifici enormi. Siamo abituati ad una ritualità che serve a mantenere un equilibrio psicologico e a “garantire la felicità”. L’attuale stile di vita ha bisogno di essere continuamente alimentato da regali, pranzi, viaggi, feste... I giornali sono pieni di notizie ed ogni sera in televisione si susseguono tavole rotonde di virologi, pneumologi, epidemiologi, opinionisti e politici di ogni credo e di ogni tendenza. Il “dibattito urlato-volgare” è diventato un format televisivo. Invece di usare prudenza e buon senso, questi personaggi, posti di fronte ad una telecamera o ad un microfono sono diventati “fenomeni”. Sostenevano le teorie più assurde, tesi spesso opposte, creando sconcerto e perdendo di credibilità. Abbiamo visto in televisione il viso arrogante del prof. Alberto Zangrillo che, con fare irrisorio, sosteneva: “Il virus dal punto di vista clinico non esiste più. Non si può continuare a portare l’attenzione, anche in modo ridicolo, dando la parola non ai clinici, non ai virologi veri, cioè a quelli che si auto-proclamano professori. Dico quello che vedo e ne ho le palle piene. Agli italiani va detta la verità. Riprendete a vivere, andate in vacanza, al ristorante, in banca…” . Quante persone hanno creduto a queste parole e poi si sono ammalate? Non sono stati da meno certi predicatori, in preda a chissà quale mistica visione, come il direttore di Radio Maria, Livio Fanzaga: “Questa epidemia è un progetto che io ho sempre attribuito al demonio, che agisce attraverso menti criminali che l’hanno realizzato con uno scopo ben preciso: creare un passaggio repentino, dopo la preparazione ideologica, politica e mass-mediatica, per un colpo di stato sanitario o massmediatico. Un progetto volto a fiaccare l’umanità, metterla in ginocchio, instaurare una dittatura sanitaria e cibernetica, creando un mondo nuovo che non è più di Dio Creatore, un mondo nuovo senza Dio. Il mondo di Satana. Dove saremo tutti degli zombie” . Anche il presidente della Confindustria di Macerata, durante l’assemblea annuale degli industriali, ha espresso concetti che lasciano basiti: “Le persone sono un po’ stanche (della pandemia e delle restrizioni) e vorrebbero venirne fuori, anche se qualcuno morirà... pazienza” . A questo punto, se vogliamo ascoltare parole di buon senso e sapere cosa è questo virus, forse è meglio se lo chiediamo a qualche correggese che lo ha vissuto. Dario Manzini (28 anni), Barbara Bellelli (51), Emilio Gianotti (75).
Ti sei fatto una idea di come hai contratto il virus?
Barbara: «L’ho contratto cantando con le “Coriste per Caso” in occasione della fiera di S. Luca. Siamo sempre state attente in tutto: abbiamo portato la mascherina, mantenuto la distanza di un metro una dall’altra, aperto le finestre, preso il disinfettante con noi. Nel momento in cui si cantava però la mascherina veniva abbassata o tolta e, qualcuna senza saperlo, aveva contratto il virus così purtroppo molte di noi si sono ammalate». Dario: «Giocando a basket con gli amici, prima che il decreto impedisse di fare sport di squadra. Siamo sempre stati attenti ad ogni particolare, ci misuravamo la febbre a casa e prima di entrare in palestra, disinfettavamo maniglie, palloni, rubinetti. Facevamo la doccia uno alla volta negli spogliatoi per evitare contatti ulteriori oltre a quelli sul campo. Ma non è bastato, perché in uno sport di contatto tutto il contorno è pura prassi». Emilio: «Non riesco a capire come ho potuto contrarre il virus. Tutti i miei familiari sono risultati per fortuna negativi e mi sono sempre comportato in modo corretto, rispettando le precauzioni necessarie ma probabilmente non sufficienti».
Quando ti sei accorto di essere ammalato?
Barbara: «La settimana dopo il concerto ho cominciato ad avere alcuni sintomi: stanchezza, male alle ossa, ma non avevo febbre. Anche altre coriste accusavano malesseri, alcune avevano già la febbre ma si pensava che fosse una forma d’influenza dovuta al freddo accumulato durante le prove per lo spettacolo. Al sabato non sentivo il sapore, era tutto inodore e quindi ho avuto la certezza di aver contratto il virus. Ho telefonato alla guardia medica e ne ho avuto conferma». Dario: «Una domenica mattina, esattamente cinque giorni dopo che ho avuto contatti con i compagni di squadra, svegliandomi con una lieve febbre». Emilio: «Dopo alcuni giorni di febbre e tosse persistente, il medico di famiglia mi ha fatto fare accertamenti che hanno evidenziato subito la presenza del coronavirus».
Che decorso ha avuto la malattia?
Barbara: «Al lunedì ho telefonato alla mia dottoressa che, oltre a prenotarmi il tampone, mi ha dato subito la cura per la polmonite (antibiotico e cortisone). Non avevo più voce e non riuscivo a parlare per più di un minuto senza dare un colpo di tosse. Alla sera è arrivata la febbre che, nei giorni successivi, ha raggiunto anche 39°C. Il tampone è risultato poi positivo. Non riuscivo a stare in piedi, avevo un malessere generale, dolore alle ossa e anche ai nervi; l’appetito era rimasto ma avevo nausea, quello che ingoiavo non andava mai giù. Ho dovuto prendere anche delle medicine specifiche e dei ricostituenti». Dario: «La febbre, nel mio caso, non è mai salita oltre i 37.8 °C, ma è stata una fedele compagna per quasi due settimane. Ho avuto dolori muscolari nei primi due-tre giorni. Inizialmente poca tosse, poi è un po’ peggiorata, ma mai nessun problema a respirare. Al termine delle due settimane mi sentivo di essere guarito anche se ancora un po’ “fiacco”». Emilio: «Sono stato ricoverato a Guastalla in terapia intensiva per polmonite bilaterale, sinceramente non ricordo molto ciò che è accaduto perché ero confuso, assente, dormivo in continuazione e ho solamente dei flash».
Quali sono stati i momenti più difficili?
Barbara: «Sono riuscita subito ad isolarmi in casa dal resto della famiglia avendo una stanza ed un bagno per me, ma purtroppo non è stato sufficiente. Quando mio marito e le mie figlie hanno fatto il tampone sono risultati tutti positivi. Avevamo mangiato insieme al sabato, quando avevo già intuito di essere ammalata ma non ne ero sicura. Per me è stato un momento difficile, avevo un tale senso di colpa… Mio marito e una delle mie figlia hanno dovuto dichiarare i contatti che avevano avuto al lavoro e quindi lasciare in quarantena altre persone. L’altra figlia l’ha segnalato a scuola e la classe ha dovuto fare il tampone: per fortuna tutti i ragazzi sono risultati negativi. In quei giorni ero stanchissima, non avevo fiato e avevo mille preoccupazioni; ho ricevuto tanta solidarietà ma arrivavano anche notizie veramente
brutte di persone che erano decedute. Il secondo tampone è risultato negativo anche se non ero ancora in formissima. Mia figlia, che non aveva avuto sintomi, al secondo tampone è risultata ancora positiva. E questo le ha provocato delusione e molta ansia». Dario: «Vivendo con la mia compagna, in una casa con due sole stanze, il disagio maggiore è stato quello di non uscire mai dalla camera da letto; non semplice, ci si sente carcerati. Siamo stati particolarmente attenti a tutto e siamo riusciti a non contagiare anche lei». Emilio: «Quando non respiri, vi garantisco che pensi proprio sia arrivata la fine. Posso solo ringraziare il mio medico di famiglia per la sua tempestività nell’agire e i dottori, gli infermieri dell’ospedale che mi hanno curato nei momenti più difficili».
Adesso come va?
Barbara: «Ricominciare a lavorare è stata molto dura perché ero provata, per fortuna ho iniziato gradatamente. Direi che ci è voluto un mese buono per ritornare alla normalità a livello fisico ed anche a livello mentale». Dario: «A distanza di due mesi dalla fine della “prigionia” non ho nessuno strascico, solo una gran voglia di avere una casa più grande». Emilio: «Sono stato dimesso asintomatico ma positivo, il recupero è stato lento e faticoso, ero diminuito di peso e andavo in affanno facilmente. Io e mia moglie siamo stati isolati in due stanze separate. A casa nostra non si faceva altro che disinfettare tutto quello che veniva toccato e per timore abbiamo protratto la quarantena di un’ulteriore settimana».
Che consigli ti senti di dare?
Barbara: «Il Covid 19 esiste e dobbiamo tutti prenderne atto. É difficile accettare quello che questo virus ha provocato, ma dobbiamo resistere per i nostri figli e superare questo momento per ritornare alla serenità. Ritengo comunque che ci sia tanta confusione e ancora troppa libertà nel muoversi». Dario: «Seguire le direttive del governo, avere fiducia e smettere di criticare chi lavora anche per noi; non saranno perfetti, nessuno lo è. Mi sento di dire che le mascherine sono un grande aiuto a evitare il contagio e penso che il limitare i pranzi e le cene troppo numerose sia stata una gran cosa da parte del governo. È stato un Natale strano, ma proteggere i nostri cari è più importante di vederli per una ricorrenza. Se mi è permesso, vorrei anche fare i complimenti a tutti i commercianti correggesi, ho visto molta attenzione e premura nel proteggersi e nel proteggere chi entrava per comprare». Emilio: «Non sono in grado di dare consigli, non ho capito nemmeno come mi sono infettato... ma certamente mascherina sempre, distanziamento e non assembramenti. Posso
solo garantire che sentire parlare di gente infetta e provarlo personalmente è una cosa com-
pletamente diversa. Questa è una esperienza devastante per te e per i tuoi famigliari. Ho molta fiducia nella scienza e sono certo che ne usciremo se ognuno di noi farà con coscienza e responsabilità la sua parte».
Lazzaretti Giuseppe Gommista