Primo Piano - Giugno 2021

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PRIMO PIANO Direttore: Lorenzo Soldani Redazione: Francesca Amadei, Fabrizia Amaini, Barbara Berretti, Emiliano Bertani, Marilena Bertani, Giacomo Bigliardi, Luisa Cigarini, Claudio Corradi, Tosca Covezzi, Sara Culzoni, Matteo De Benedittis, Mauro Degola, Giulio Fantuzzi, Luisa Gabbi, Liviana Iotti, Viller Magnanini, Adriana Malavolta, Maria Chiara Mantovani, Francesca Manzini, Francesca Nicolini, Maria Chiara Oleari, Luciano Pantaleoni, Maria Paparo, Guido Pelliciardi, Federica Prandi, Gian Paolo Rinaldi, Erik Sassi, Lorenzo Sicomori, Nadia Stefanel, Gabriele Tesauri Hanno collaborato: Gabriele Fabbrici, Tiziano Ghidorsi, Laura Losi, Luciana Radeghieri, Tania Riccò, Arianna Tegani, Rino Testa. Impaginazione grafica: Studio il Granello Stampa: Tipografia San Martino snc San Martino in Rio (RE) Editore e proprietario: Circolo Culturale Primo Piano, Correggio Registrazione: Aut. Trib. di RE. n. 437 del 23/05/79 Iscritto al Registro Operatori Comunicazione (R.O.C.) con il n. 34700 Direttore responsabile: Liviana Iotti Segretaria di redazione: Tosca Covezzi Sede legale: via Santa Maria, 1 - Correggio tel. 0522 691875 info@primo-piano.info Abbonamento annuale: Ordinario 20 € Sostenitore 30 € Fuori comune 30 € On line (maggiorazione di 2 € Paypal) Digitale 10 € Come abbonarsi: Presso una delle seguenti sedi: - Berretti ferramenta e casalinghi P.za Garibaldi 11 - Caffè Mini Bar - C.so Mazzini, 30 - Edicola Andreoli Luisa - P.za Garibaldi - Edicola La Dolce Vita - P.le Aldo Moro (Espansione sud) - Edicola Porta Reggio - P.za Porta Reggio - Libreria Ligabue - via Conciapelli 16 - Libreria Moby Dick - C.so Cavour 13 - Tabaccheria B&B - via Repubblica 14/A - Tabaccheria Catellani - C.so Mazzini 15/b - Tabaccheria del Centro - P.za S.Quirino 10/b - Tabaccheria Mille Idee - via Tondelli 2/o (Espansione sud) - Tabaccheria Nuvola di Fumo - via Carlo V 8/a oppure - on line www.primo-piano.info - bonifico bancario BPER Banca filiale di Correggio IT 76 Z 05387 66320 000002937443 Chiuso in redazione: martedì 1 giugno 2021

In copertina: Lydian Sound Orchestra - David Murray Special Guest (Correggio Jazz al Teatro Asioli) - Foto di Tiziano Ghidorsi

VIRGOLETTE

Lorenzo Soldani

UN’ESTATE DI SPERANZA Giugno segna l’arrivo dell’estate, la stagione che normalmente associamo al divertimento ed al riposo dopo le fatiche del lavoro e dello studio. Mai come di questi tempi c’è bisogno di staccare da tutto e sorridere. Non è certo arrivato il momento di abbassare la guardia, ma i segnali che arrivano da questa uscita sembrano incoraggianti: l’accelerazione della campagna vaccinale, che trovate puntualmente descritta anche in questo numero, contribuisce a limitare la circolazione del Covid, permettendo le prime riaperture. Con la copertina abbiamo voluto mettere al centro il ritorno in attività del Teatro Asioli, il simbolo della cultura nella nostra città, un aspetto di vitale importanza che ha sofferto infinitamente del dramma della pandemia. La fame di eventi culturali è tangibile, come dimostrato anche dal successo dei nostri ultimi due incontri online, di cui trovate il resoconto e che potete consultare in qualunque momento sui nostri canali Facebook e Youtube. Non poteva mancare un approfondimento sulla scuola, un’altra delle “vittime” del Covid, che raccontiamo attraverso la prospettiva dei docenti e degli studenti, di ogni ordine e grado. Come sempre porteremo nelle vostre case le storie più belle e virtuose della nostra comunità: nel numero di Giugno troverete un focus sulle curiosità della storia locale, con l’intervista al vicepresidente della società di studi storici, Valter Pratissoli, col racconto dell’arrivo a Correggio di Napoleone e con le ormai classiche rubriche “Come Eravamo” e “Cultura Popolare”. Concludo l’editorale mandando un caloroso abbraccio al nostro Gian Paolo Rinaldi, che dovrà prendersi una pausa forzata dal giornale, almeno per un pò. Speriamo di poter tornare presto a ridere con le sue vignette.

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Cultura 4 Tornare a teatro per costruire comunità 37 La filosofia, un esercizio per tutti

anno 43 / n. 410

Istruzione

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La scuola resiste al Covid

Personaggio

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Giulia 刘和她的兄弟们 - (Giulia Liu e i suoi fratelli)

Vaccinazioni 11

Correggesi in linea con l’andamento provinciale

Dal Mondo 14

Il diritto alla salute non è uguale per tutti

Pubblici servizi 16

Gruppo IREN: buon bilancio e forti investimenti ambientali

Iniziative 18

Trova un sasso e trovi un sorriso

Storia locale 20 Ricerca storica, un lavoro oscuro ma prezioso 34 Roberto Incerti, pioniere dell’automobile

Primo Piano incontri 22 23

6

Merito e solidarietà per una crescita sostenibile Il coraggio di fare politica

Volontariato 24

Passeggia e raccogli, vedrai Correggio più pulita

Accadde a Correggio 25

Ei passò

Sport 26

In palla per la ripresa e non solo in palestra

Impresa 28

Quell'ineffabile profumo della carta

Lavoro 30

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I sogni son desideri, a volte realtà

Artigianato 32

Tra violini e chitarre, ecco il liutaio appassionato

Per non dimenticare 36

Il doveroso ricordo di due splendidi amici sportivi

Rubriche 2 virgolette: Un’estate di speranza 12 opinioni d'autore: Chi semina ignoranza raccoglie tempesta 38 notizie in breve 40 come eravamo: La bella Rocchetta dalle tre vite: caserma, carcere e ostello gentile 42 cultura popolare: Ma va a caghêr!

12 giugno 2021

44 una mostra al mese: XVII. Mostra Internazionale di Architettura 44 raccontami: Benevolenza cosmica 45 agricoltura, verde, ambiente: L'orto docet, poi ti cambia la vita 46 l’angolo del relax

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cultura

Luisa Gabbi

TORNARE A TEATRO PER COSTRUIRE COMUNITÀ

LA GIOIA DI ALESSANDRO PELLI, DIRETTORE DELL'ASIOLI «Il teatro nasce per costruire una comunità. Dopo lockdown e chiusure spero che adesso si possa ricominciare a ricostruire comunità anche attraverso occasioni culturali”. È felice di aver riaperto le porte del Teatro Asioli il direttore Alessandro Pelli, responsabile anche dei servizi culturali della Biblioteca Einaudi. Lo abbiamo intervistato prima dell’inizio della seguitissima rassegna Correggio Jazz. «Riaprire il teatro è una grande gioia. Le difficoltà indubbiamente ci sono, ma la soddisfazione è tanta. Era già stata tantissima l’estate scorsa, quando siamo stati i primi a riaprire e con 40 serate all’aperto. Questa fase di chiusura è stata più lunga, però c’è stata qualche possibilità alternativa con le attività on line di tutti i teatri». Come è nato il cartellone? «Siamo riusciti a salvare il cartellone già previsto in autunno con alcune modifiche di date, soprattutto per raccordare gli impegni degli artisti internazionali. Superato un pessimismo iniziale, ce l’abbiamo fatta e, toccando ferro, andiamo avanti». Qualche sottolineatura su Correggio Jazz? «Sarebbero tutti da citare. Sono tutti progetti originali, dai grandi gruppi internazionali ai gruppi italiani come sempre individuati tra i più innovativi e interessanti». Come vi siete organizzati per riaprire l’Asioli? «Secondo le linee guida di Ministero e Regione, sperimentate nell’autunno scorso. Ora la soglia degli spettatori è fissata al 50% della capienza autorizzata». Quanti posti? «Al massimo 249 persone, ma per rispettare il distanziamento a posti sfalsati forse dovremo rinunciare a qualche posto».

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Oltre che assistere ai concerti dal vivo, sarà bello tornare a godersi il teatro… «Assolutamente sì! Dalle mail, dalle telefonate che riceviamo mi sembra che le persone siano contente di tornare concretamente in teatro. C’è qualche disagio con gli orari per rispettare il coprifuoco, soprattutto per quella parte di pubblico che viene da Bologna, dalla Romagna, ma c’è voglia di tornare e in particolare per la rassegna jazz». Le misure di sicurezza sono ormai rodate? «I teatri, quando sono stati aperti, lo hanno fatto in sicurezza. Garantiamo il distanziamento, l’igienizzazione, il settaggio del ricambio dell’aria. Poi è chiaro che qualcuno conserva timori. Il pubblico è abituato, prenota, arriva per tempo, è prudente e disciplinato». Però, anche se chiuso al pubblico, il cuore del teatro ha continuato a battere, giusto? «Sì, non si è mai fermato. La riflessione

che abbiamo fatto è che il teatro non poteva diventare un capannone abbandonato e non poteva neanche interrompere di comunicare la sua esistenza al pubblico. Quindi ci siamo organizzati in modo in parte autonomo, in parte con Ater, con proposte ad hoc, a cui assistere nell’unica modalità possibile, cioè attraverso i canali internet. Questo per mantenere un teatro vivo, un rapporto con il nostro pubblico, dare spazio agli artisti, sostenere artisti e tecnici che sono sicuramente tra le categorie più colpite». Sui social del Teatro Asioli ci sono infatti vere chicche. Qualche esempio? «La Conta di Natale con Claudio Milani, un calendario di Avvento con un appuntamento al giorno per bambini. Poi la prima della “Pastorale” della Michele Merola Dance Company in streaming dal teatro. Ma soprattutto abbiamo organizzato residenze artistiche, raccontandole sul web con video ad hoc e buoni risultati di visualizzazione».

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Una scelta che vi distingue. Chi erano gli artisti residenti? «La On Time Band, gruppo che ha partecipato al Cantiere per Gian Maria Testa. Con loro abbiamo registrato e trasmesso cinque singoli per il web ed è stata realizzata una produzione originale, programmata nella rassegna jazz. Un’altra residenza è stata il Cantiere del Circo contemporaneo Zoè, con la creazione di due nuovi spettacoli, che vedremo a Correggio, e cinque scene per il web». L’Asioli è stato come un laboratorio permanente... «Sì. Da ultimo fuse* una compagnia ospitata per creare nuovi progetti. Una delle pochissime in Italia che lavorano sull’interazione tra reale e virtuale nella progettazione delle loro performance. Si

verso occasioni culturali, che sono comunque occasione di ricreare comunità, piccole o grandi che siano. Il teatro nasce per costruire una comunità. Noi ci impegniamo a fare questo. Tutte le occasioni culturali hanno sempre questa finalità, penso anche ai gruppi di lettura online della Biblioteca Einaudi. Non è sufficiente ritrovarsi assieme solo per la convivialità enogastronomica per dare vita a una comunità». L’assenza di occasioni collettive di cultura secondo lei ha lasciato dei danni? «Difficile dirlo. Penso di sì, ma c’era una tendenza già in atto di individualizzazione dei consumi che il lockdown, che ha costretto le persone ad esser individui più che comunità, ha rafforzato. Io mi auguro una reazione delle persone che

ANCHE NEL LOCKDOWN IL CUORE DEL TEATRO

NON HA MAI SMESSO DI BATTERE muovono sulla scena internazionale tra arte contemporanea e teatro. Anche loro sono stati molto seguiti. Abbiamo comunque messo a valore il teatro. Lasciare un teatro chiuso è un crimine contro l’umanità teatrale e le compagnie teatrali. E quindi l’abbiamo riempito». Non trova che, in questo anno, dal punto di vista simbolico, il tema del ritrovarsi, del riallacciare relazioni sia stato più incentrato sui consumi di cibi e bevande, anziché di altre occasioni quali il teatro? «Io spero che adesso si possa ricominciare a ricostruire comunità anche attra-

vogliano tornare a una fruizione collettiva dei contenuti culturali». State già lavorando sulla prossima stagione? «Certo. Con la campagna vaccinale in corso spero che almeno dal 2022 saremo abbastanza tranquilli». Qualche anteprima? «Stiamo pensando a un’anticipazione nell’estate all’aperto, nel cartellone estivo al quale tutte le istituzioni culturali di Correggio stanno lavorando». In effetti i correggesi sono molto af-

fezionati ai loro servizi culturali… «Certamente, Correggio ha una storia antica dei suoi servizi culturali cui l’Amministrazione comunale è molto attenta. Cerchiamo questa estate di metterli tutti in opera per creare occasioni di incontro attorno a oggetti culturali da parte di tutta la comunità». IL CARTELLONE Con Correggio Jazz, rassegna promossa da Comune di Correggio e Jazz Network (Crossroads), il Teatro Asioli ha riaperto il 17 maggio. In scena il pianista Giovanni Guidi e la sua nuova “Orchestra Little Italy”. Il 18/5 il duo Chano Dominguez e Hamilton De Holanda. Il 20/5 i sax baritoni Barionda di Helga Plankesteiner, con Javier Girotto; il 22/5 Guano Padano con “Movie soundtrack project”, segue il gruppo italo-francese di Matteo Bortone. Il 23/5 solo del pianista Greg Burk e a seguire Unscientific Italians suonano Bill Frisell; il 25/5 David Murray e la Lydian Sound Orchestra; il 28/5 il nuovo trio di Franco D’Andrea; il 31/5 la On Time Band con special guest Gabriele Mirabassi nella produzione originale dedicata a Gianmaria Testa; quartetto League-Laurance-Loueke-Ballard il 12/6. A Palazzo Principi il pianista Gonzalo Rubalcaba con la cantante Aymée Nuviola il 16/7 e, gran finale, il 20/8 la rising star Shai Maestro con il suo quartetto. Prenotazione obbligatoria. Info: Teatro Asioli tel. 0522 637813 info@teatroasioli.it www.correggiojazz.it

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istruzione

Giacomo Bigliardi

LA SCUOLA RESISTE AL COVID IL BILANCIO DELL’ULTIMO ANNO NELLE PAROLE DI STUDENTI E INSEGNANTI

E così, siamo arrivati a giugno. Tra distanze, mascherine e schermi, la scuola è riuscita a farcela, traghettando gli studenti da un anno all’altro. In un modo un po’ confuso, a volte improvvisato e precario, certo, ma dopotutto ce l’ha fatta, e questo è un sollievo. La scorsa estate, l’attuale ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi (che al tempo faceva parte della famosa task force di Conte e che intervistammo su Primo Piano) era intervenuto per parlare di come potesse ripartire la “scuola del futuro”. Tra le tante cose, si era lasciato sfuggire questa frase: «Si ha sempre la percezione che quando i bambini e i ragazzi cambino, cambino sempre in peggio. Ci dimentichiamo che quello che fanno è crescere». È vero, e lo è anche in questo momento storico. Il punto è che anche se abbiamo cercato di “mettere in pausa” la vita normale e la scuola normale correndo ai ripari, non è stato

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possibile mettere in pausa la crescita di bambini e ragazzi. In questo mondo in bilico, loro stanno già crescendo e anzi, sono già cresciuti. E nel farlo, tengono a mente il valore che diamo alla scuola oggi; non tra qualche mese, non quando tutto tornerà normale, ma adesso, nel momento della difficoltà. Qui trovate alcune riflessioni di studenti e insegnanti, raccolte tra Correggio e dintorni. Tutti hanno raccontato la loro esperienza nell’affrontare la didattica al tempo del Covid. Molti di loro hanno sottolineato in più modi quanto la scuola sia cambiata, e credono che non sarà mai più quella di prima. In fin dei conti, la scuola cambia con chi la fa. La scuola, anche lei, cresce. Paolo Bartoli docente - scuole superiori Quest’ultimo anno scolastico è stato meno complesso dei mesi del 2020 in

cui era scoppiata la pandemia. Però abbiamo delle dispersioni, ossia studenti che non riescono a procedere in didattica a distanza (Dad). Dovremo prevedere lavori di recupero anche lunghi: da questa situazione uscirà una “generazione Covid” con una formazione più bassa rispetto alle precedenti, e ci vorrà del tempo per eliminare le differenze. Da un

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punto di vista psicologico, penso che i ragazzi abbiano patito. Per loro anche l’ambiente domestico si è rivelato complesso, dato che la vita familiare per come era stata impostata dai genitori è stata messa in discussione. Gli stessi rapporti tra docenti sono stati complessi. Inoltre, chi è abituato a insegnare entrando tutte le mattine in classe si è trovato in una situazione tragica, con venti persone che ti guardano da un monitor. Si crea una difficoltà comunicativa che ostacola quel colloquio umano che siamo abituati a creare in classe. Fortunatamente ci siamo attrezzati per superare questo periodo, e grazie agli sforzi della dirigenza, degli insegnanti e degli studenti ce l’abbiamo fatta. Aria Tolve studentessa - scuole superiori Quest’ultimo anno è stato pesante e stressante. Mi è dispiaciuto per come si sono evolute le cose, e fa star male vedere come la scuola in questa pandemia sia stata messa indietro rispetto a tante altre cose. Mi ha anche dato fastidio il fatto che le decisioni e i vari decreti fossero sempre comunicati all’ultimo: abbiamo fatto continui cambi e questo ha destabilizzato molto la situazione. La Dad non ha molti lati positivi, specialmente per chi è all’ultimo anno delle superiori e deve sostenere l’esame di maturità. Per quanto riguarda i rapporti umani, mi rendo invece conto che in quest’ultimo periodo in cui siamo ritornati a scuola, si sono creati dei legami molto belli. Sto passando queste ultime settimane guardandomi intorno, cercando di raccogliere le sensazioni per ricordarmi che cosa significhi davvero “stare a scuola”. AUTOFFICINA

Sofia Toaldo docente - scuole elementari Personalmente, sono soddisfatta di quest’ultimo anno. Noi insegnanti abbiamo dovuto imparare ad arrangiarci, per cercare di seguire tutte le norme ma nello stesso tempo andare incontro alle esigenze dei bambini. Ci siamo dovuti inventare nuove soluzioni con meno risorse. Per quanto riguarda i bambini, alcuni di loro hanno sofferto l’ansia della situazione, ma penso che il loro vissuto sia molto diverso da quello degli adulti. Spesso i più piccoli subiscono le ansie dei genitori: la maggiore fonte di stress proviene proprio dagli adulti. Se i bambini trovano davanti a loro delle figure che riescono a rasserenarli, allora cambia tutto. Leonardo Lazzaretti studente - scuole superiori All’inizio è stato complesso prendere confidenza con i dispositivi per la Dad, specialmente per i professori. Con il passare del tempo però, ci siamo trovati tutti abbastanza bene. Penso che la Dad abbia comunque dei vantaggi, e ti permette di sfruttare strumenti di cui non disponi in una lezione normale. Anche quando eravamo a casa, io e i miei compagni abbiamo creato dei gruppi di studio online per trovarci, e penso che questo sia stato molto d’aiuto per superare la distanza. È stata proprio la lontananza, infatti, uno degli elementi più complessi di questo periodo: non vedere gli amici e non avere vicinanza fisica è difficile. Ho intorno a me persone che l’hanno sofferto molto. Penso comunque che questo anno porterà molti cambiamenti nella scuola, e ritengo che alcune delle novità introdotte con

la didattica a distanza rimarranno anche in futuro. Federica Del Coco docente - scuole medie La scuola che stiamo vivendo noi oggi è completamente diversa da quella che ci trovavamo a vivere sia l’anno scorso che due anni fa. Quando a settembre siamo ritornati in classe, abbiamo cercato di ripartire seguendo il vecchio stile, ma si è capito subito che non era possibile. Anche solo tutte le norme sanitarie e i dispositivi azzeravano i capisaldi della scuola: prestarsi le cose, passarsi anche solo una biro, avere vicinanza fisica. Non c’è stato modo di sfruttare in modo costruttivo le relazioni tra ragazzi, anche solo per forme di tutoraggio tra pari. Quando poi siamo arrivati a febbraio, siamo tornati di nuovo in Dad. Nelle classi rimanevano in presenza gli studenti con bisogni educativi speciali: noi insegnanti ci ritrovavamo a fare lezione contemporaneamente agli studenti da casa e a quelli che potevano venire in classe. Questo però era complesso, non solo per noi, ma anche per gli stessi ragazzi, perché rischiavano di crearsi dinamiche dannose. La nostra scuola si è attivata per risolvere molti problemi, dando hardware in comodato d’uso per gli studenti in difficoltà, e ci siamo messi davvero a disposizione della comunità. La sensazione è quella di aver fatto un buon lavoro, di avercela fatta. La chiave è cercare di mantenere l’entusiasmo per quello che si fa. Solo così è possibile trasmetterlo agli studenti: in fin dei conti, siamo tutti dalla stessa parte.

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GIULIA 刘和她的兄弟们 (GIULIA LIU E I SUOI FRATELLI) GRANDI PIATTI A MILANO, RAGAZZI A RIO SALICETO

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personaggio

«L’Italia, l’Emilia in particolare, è la patria della qualità, del buon gusto, una scuola naturale: esserci cresciuta, per me, come per i miei fratelli, è stata una fortuna davvero grande» mi dice via skype Giulia Liu, titolare di Gong Oriental Attitude, uno dei ristoranti di cucina etnica più blasonati di Milano. Cinesi di seconda generazione, la trentasettenne Giulia e i suoi due fratelli hanno conquistato da tempo le prime pagine delle riviste e del web dell’alta ristorazione. Digiti “fratelli Liu" su Google e compare una lunga sfilza di immagini di gourmet raffinatissimi, nonché di recensioni invidiabili. Giulia si dice onorata per l'attenzione di Primo Piano. Detto da chi è stata sulla copertina di Life … insomma! Video-balbetto qualche complimento, incantato dal volto e dal garbo. Giulia, Claudio e Marco Liu impersonano tre belle storie di successo, nella Milano del food per i palati più fini, il fine dining, secondo l’inglesismo dei suoi lovers. Claudio, il fratello maggiore, è fondatore e patron di Iyo – Taste Experience, scrigno prezioso di cucina giapponese, nato dall’incontro con lo chef Haruo Ichikawa. Il primo etnico in Italia a guadagnare la stella Michelin, ora affidata all’estro culinario di Takeshi Iwai. Marco, nato in Italia, il più giovane dei tre Liu, con l'aiuto della sorella ha trasformato la pizzeria dei genitori, primo approdo di famiglia nella città meneghina, nel Ba

Giulio Fantuzzi

- Asian Mood, altra vetta di cucina etnica. Infine Giulia: dopo una pausa di tre anni per matrimonio e maternità, sei anni fa apre con il marito, in Corso Concordia, il suo Gong, dove tradizione cinese e stile italiano si fondono per un nuovo inizio. Nei templi orientali il gong, mi spiega Giulia, significa pausa, meditazione e, appunto, nuovo inizio. Alle pareti di questo elegantissimo ristorante campeggiano quattro gong di onice, massicci, scintillanti, di due metri e mezzo di diametro. Impresa rocambolesca, mi racconta, ricavarli tali da una pietra preziosa. Illuminati di sera, ben visibili dalle ampie vetrate, sembrano l’invito ad entrare in una galleria d’arte. L’eco del gong allora ci riporta all’inizio, dove si plasma l’avventura di Giulia, Claudio e Marco. Un salto dalla metropoli ambrosiana alla quiete bucolica di Rio Saliceto, dove la famiglia Liu ha vissuto per quasi tre lustri. Ebbene sì, l'adolescenza di Giulia e dei suoi fratelli porta l'impronta della nostra terra. Nicoletta Ficarelli, moglie del veterinario Danilo Davolio e madre di sei figli piuttosto grandicelli in giro per il mondo, i Liu li conosce bene. Abitavano accanto. Deliziosa la Giulia! Nicoletta la ricorda nel suo precoce varo di quel senso di responsabilità che poi l'ha sempre accompagnata: quando, cioè, a otto anni d'età accudiva, con la cura degna di una madre,

il fratellino Marco, ora un omone bello alto, che sapeva appena camminare. I genitori Liu a Rio avevano un maglificio e lavoravano con la proverbiale lena cinese. Tra famiglie e figli, Davolio e Liu, il vicinato fu davvero tale. Compleanni festosi, misto giochi (nascondino e ristorante i più gettonati), compiti, merende e marachelle apolidi, che non hanno mai conosciuto differenze etno-somatiche. Ragazzini intelligenti, affettuosi, volenterosi. Claudio, appena dodicenne, aggiustò in pochi minuti la cuci-taglia inceppata della madre di Nicoletta. Uno spirito pratico innato. Quando le parlo dei Davolio e di Nicoletta, il volto di Giulia si illumina. «Selenia e Lavinia Davolio, in particolare, vicinissime a me per età sono state e restano le mie sorelle adottive. Siamo rimaste in ottimi rapporti. Anche quando non ci sentiamo per un po', sappiamo che ci siamo. Sempre. I nostri momenti più belli li abbiamo condivisi con le nostre famiglie. E "zia Nicoletta" ha un posto speciale nel mio cuore». Simile il rapporto con tanti correggesi, riesi, carpigiani, in primis gli amici di scuola; anzi, Giulia pensa presto di organizzare una cenetta di classe. Se poi al Gong beh, sarà di classe in tutti i sensi! Dopo le medie Giulia studia al Vallauri di Carpi, indirizzo abbigliamento. Il suo sogno, visto il lavoro conto terzi nella maglieria dei suoi, è diventare

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Il Ristorante Gong di Milano

stilista e mettersi in proprio. Poi il trasferimento dei Liu a Milano. Diciottenne, Giulia frequenta la NABA, Nuova Accademia delle Belle Arti, percorso moda. Il sogno fashion continua. Ma la passione per la cucina e per il cibo lievita. È nel dna genitoriale, poi l'innesto dell'adolescenza in terra emiliana, quella scuola naturale, fa il resto. Tempo perduto? Le chiedo. «Tutto giova - risponde - tutto è formazione. Moda, food, design, specie qui a Milano, hanno connessioni intime. L'offerta del Gong, come dei ristoranti dei miei fratelli, del resto, è frutto di un lavoro sartoriale, su misura, dove il dettaglio minuto, l'estetica, la cromia, l'ambiente, fanno parte della scelta che origina un piatto, condivisa da chi cucina, chi presenta, chi consuma». Giulia è felicemente sposata con Lorenzo, che le vuole «un sacco di bene». Spalla preziosa per reggere ritmi di lavoro che mettono a dura

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Nicoletta Ficarelli Davolio

prova la famiglia. Hanno una figlia di otto anni, Asia. La cucina del Gong è affidata all'italiano Guglielmo Paolucci, executive chef, e al cinese Zuo Cuibin, sous chef. La terza via della fusione tra tradizioni d'oriente, tecniche innovative e gusto italiano nasce già nel fuoco dei fornelli da questa coppia molto affiatata. La brigata di cucina è composta da 14 persone. Per il servizio di sala, Giulia coordina un team di oltre 20 persone tra sommelier, maître e collaboratori. Menu con più di sessanta piatti, ognuno dei quali frutto di ricerche, studi, prove. Piatto icona, il Raviolo Wagyu, ripieno di ragù del pregiato manzo giapponese, su una base di crema di foie gras e tofu, finito con lamella di tartufo. Azzardo evocare un ripieno nostrano, il piatto icona che più apprezzo: i cappelletti reggiani. Giulia sorride, non se la prende affatto. Piacciono tanto anche a lei. «Nei cappelletti - mi dice - si trova quel sapere

Giulia, ragazzina: avventura nel nostro Naviglio

artigianale, quella genuinità, che insegnano tanto all'alta ristorazione contemporanea. Sono un piatto simbolico, che rappresenta la vostra empatia, il regalo più bello che ho ricevuto dai Davolio e dalla mia reggianità d'adozione». È a quel tesoro dell'empatia che Giulia Liu dice di attingere ogni giorno per tenere l'armonia nella squadra del Gong e per nutrire un bel rapporto con i clienti. Che dire, signora Liu? La ringrazio per l'elogio di questa virtù, questa "reggiana attitude" di cui forse noi stessi non siamo sempre consapevoli. Vale un invito a coltivarla sempre, anche in tempi difficili: c'è posto nel mondo per l'empatia. Verremo, verremo al Gong, gentilissima Giulia. Grazie. Buon lavoro e buona fortuna. O meglio, buona stella. Perché monsieur Michelin non tarderà, ne sono certo, a passare da lei in Corso Concordia.

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vaccinazioni

Liviana Iotti

CORREGGESI IN LINEA CON L’ANDAMENTO PROVINCIALE LENTA L’ADESIONE DEI 60-64ENNI Un anno e mezzo in compagnia del Covid 19. Una convivenza drammatica che ora, grazie ai vaccini, vede diminuire i suoi aspetti più tragici: i ricoveri, le terapie intensive, le morti. Anche il Comune di Correggio ha contato le vittime, erano 46 al 30 maggio scorso. Gli infettati alla stessa data sono stati 2042. Questa è la fase in cui si può fare anche un primo bilancio sull’andamento della campagna vaccinale nel nostro territorio, partendo dai dati ufficiali forniti dall’Azienda USL di Reggio Emilia. Al 15 maggio scorso nel Comune di Correggio erano 1746 le persone di oltre 79 anni che avevano ricevuto almeno la prima dose di vaccino, vale a dire il 90% dei 1932 assistiti di quella fascia d’età. Per quanto riguarda invece gli assistiti della fascia di età dai 70 ai 79 anni, sul totale di 2313 soggetti, 1987 (86%) hanno ricevuto almeno la prima dose di vaccino al 15/05/202. Per i 6069enni: 2007 (69%) sul totale di 2929. Le percentuali di vaccinati di queste categorie nel nostro Comune sono in linea con i dati relativi al territorio del Distretto Sanitario. Fascia oltre i 79 anni - sul totale di 4151 soggetti, 3760 (91%); fascia 70-79 anni: - sul totale di 5177 soggetti, 4450 (86%); fascia 60-69 anni - sul totale di 6306 soggetti, 4274 (68%). Una situazione analoga a quella provinciale.

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Dall’analisi dell’Azienda USL risulta che la fascia d’età che sta aderendo con più ritardo è quella dei 60-64enni, alla fine di maggio al 65%. Per questo la Direzione Sanitaria ha lanciato un appello: queste persone relativamente giovani, ma comunque a rischio, dovrebbero vaccinarsi per poter andare in vacanza in sicurezza nel rispetto di se stessi e degli altri. Il mese di giugno vedrà protagonisti

soprattutto i 50enni e i 40enni. La fascia tra i 55 e i 59 è già stata in parte vaccinata. Nelle prime settimane si comincia con coloro che vanno dai 50 ai 54 anni che verranno vaccinati anche con l’aiuto dei Medici di Base. Da metà giugno inizieranno ad essere vaccinati anche i 40enni. Sempre nel corso del mese di Giugno dovranno essere vaccinati anche gli educatori dei Centri Estivi per Ragazzi.

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a cura di Mauro Degola

OPINIONI D’AUTORE

CHI SEMINA IGNORANZA RACCOGLIE TEMPESTA

CONVERSAZIONE CON UMBERTO GALIMBERTI Umberto Galimberti è un filosofo e psicanalista italiano; professore di antropologia culturale all’Università Ca’ Foscari di Venezia, poi di filosofia della storia e di filosofia morale; collaboratore del Sole 24ore e, oggi, di Repubblica; autore di molte opere sul pensiero scientifico, tra cui il fondamentale “Dizionario di Psicologia”, e di saggi sulla società contemporanea. Primo Piano lo ha avuto ospite nell’ottobre 2018 al teatro Asioli con la conferenza “Ma è un paese per giovani?”

Recentemente Umberto Galimberti ha contribuito al saggio del prof. Paolo Iacci “Sotto il segno dell’ignoranza” (ed. EGEA). Leggendolo ho compreso che l’ignoranza non è di per sé negativa o positiva, ma uno stato naturale dell’uomo. Anche il più sapiente di noi non potrà conoscere che una piccola parte delle cose. Invece il grave è ignorare la propria ignoranza o addirittura farne uno strumento di consenso e di potere. Ogni tanto Primo Piano e Galimberti si sentono. Oggi gli abbiamo posto alcune domande su questo argomento. A metà dell’800 Victor Hugo sentenziava: «L’unico pericolo sociale è l’ignoranza, più della miseria».

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Nel frattempo è sparito chi alla gente indicava la cultura come via d’uscita dalla emarginazione (tra i tanti ne ricordo due: le scuole promosse dai partiti e don Milani). Galimberti, come siamo messi oggi? «Peggio. La società oggi è molto più complessa di quella di Victor Hugo, oggi ha per confini il mondo, e la gente non è in grado di comprenderla. Arrivano i populisti con quattro slogan e ci convincono che la realtà e la soluzione dei problemi si riducono a quei quattro slogan. Questa “dittatura della ignoranza”, così la chiama Paolo Iacci, è quindi il contrario della “democrazia” come l’abbiamo conosciuta dai Greci in poi». Scuola e scienza dovrebbero essere gli strumenti che aiutano a comprendere e gestire questa complessità, no? «Purtroppo la scuola finisce per essere di servizio all’economia. Le competenze andrebbero sicuramente acquisite all’università, ma fino ai 18 anni si dovrebbe pensare a formare l’uomo, porlo di fronte alle domande fondamentali: cos’è giusto e cosa non lo è, che cosa è vero e che cosa è falso, com’è fatto il mondo e come è fatto l’uomo,

quali sono i suoi limiti e le strade per superarli. E solo dopo porsi il problema pratico di “ciò che serve”. Le polemiche sul latino o sulle lingue diverse dall’inglese ne sono una prova». Capisco. Tu dici che bisogna “imparare” a riconoscere i propri limiti, altrimenti si costruisce un cittadino autistico, non in grado di conoscere il mondo reale. «Gli uomini non abitano “il” mondo, ma la rappresentazione che ne hanno, e questo serve per poterlo comprendere e domare. Ogni epoca “descrive” il mondo secondo una propria rappresentazione (gli antichi coi miti, il medioevo con la religiosità, l’età moderna con la scienza e oggi con la tecnica); ma anche ogni persona conosce il mondo attraverso una personale rappresentazione formatasi con la propria storia individuale (area geografica, risorse, famiglia, esperienze, e via di seguito). “Educare” significa arricchire questa rappresentazione, uscendo dall’autosufficienza, riconoscerne i “limiti” ed avvicinarsi alla realtà oggettiva attraverso il confronto con le altre rappresentazioni, le altre storie». Quindi “comprendere gli altri” non è una fissazione “buonista”, è nel mio interesse di individuo, perché è il solo modo per trovare il mio posto nel mondo reale. «Attenzione: “comprendere” richiede studio, fatica. Per fare un esempio, bisogna cominciare a eliminare quegli aggettivi possessivi che dicono “mia” moglie o “mio” figlio. Si tratta di altre

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persone, non di una qualche forma di proprietà. E vanno comprese nella loro piena individualità. Perché quando la moglie esce dallo stereotipo, dalle aspettative che ne ha il maschio, ecco che i violenti arrivano al femminicidio. L’educazione all’alterità vuol dire comprendere l’altro alla pari. Anche dire “mio” figlio porta al risultato di cancellare l’autorità dell’insegnante o a negarne le decisioni, quando invece per una personalità infantile in forte evoluzione la figura dell’educatore dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale». Però dovrebbe fare da argine contro l’ignoranza anche il progresso tecnologico, che dai tempi di Victor Hugo ha compiuto varie rivoluzioni. «La tecnica, pur offrendoci strumenti importanti, è parte della complessità del mondo contemporaneo. Con una serie di gravi rischi. Pensiamo all’intelligenza artificiale. Essa, per esempio, osserva i nostri comportamenti, li raccoglie nei “big data” e li fa elaborare da un algoritmo che costruisce il nostro profilo: tutto ciò che non viene ricompreso in quel profilo non interessa, non esiste. Ora succedono due cose: quel profilo può essere venduto e comprato; inoltre diventa la nostra vera identità. Questo, in prospettiva, è un rischio per i sistemi democratici e liberali. Ma non voglio entrare troppo nel filosofico. Poiché faccio meno fatica ad affidarmi ad altri che risolvano i miei problemi, ecco che se intendo l’istruzione come una serie di nomi, date e fatti, posso non studiare e delegarla a Wikipedia. E se intendo la scienza come opinioni in libertà, posso ignorare le competenze e delegarla ai forum sul web. É evidente che questo uso dell’informatica non riduce minimamente la mia ignoranza, e

che del mondo vero ne so esattamente come prima. Anzi, io sono un potenziale pericolo per me e la comunità, perché sono molto più lontano di una volta dalla consapevolezza della mia ignoranza». Adesso la domanda delle domande. Da questa traumatica esperienza della pandemia abbiamo imparato qualcosa? Ognuno di noi si è trovato da solo davanti ai lutti, ai sentimenti, alle cose che contano davvero; agli errori della politica, allo scardinamento della propria vita sociale; al dipendere da altri, soprattutto dai competenti. Tutto ciò modificherà il nostro rapporto con l’“ignoranza” e migliorerà i nostri futuri comportamenti? «No, senti: la pandemia la si subisce, non è un processo di apprendimento di nuovi sentimenti. Non devi applicare agli altri il tuo modello culturale. Da questa vicenda usciremo tentando di recuperare tutto com’era prima. Anzi, come un drogato dopo un periodo di astinenza, per prima cosa esagereremo. Sentivo ieri una mamma dire all’altra: “Io non mi vaccino, non se ne parla proprio” e l’altra “fai bene; io ho fatto vaccinare i miei perché sono vecchi, ma noi siamo giovani, perché dovremmo vaccinarci?”. Ecco: tu non sei giovane, sei un untore, pensi solo al tuo bisogno e alla tua soddisfazione, non hai proprio consapevolezza dei limiti individuali e del fatto che se ognuno non comprende i bisogni dell’altro anche i propri verranno certamente compromessi. In fondo questa è l’ignoranza: la nefasta incapacità ad uscire da se stessi». Qui, per ragioni di orario, finisce la nostra chiacchierata. Con Galimberti si può non essere sempre d’accordo, ma certamente dal confronto con lui si esce un po’ meno ignoranti.

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dal mondo

Maria Chiara Oleari

IL DIRITTO ALLA SALUTE NON È UGUALE PER TUTTI

AGATA MISELLI, MEDICO IN TANZANIA CON IL CUAMM è la vostra esperienza? «La nostra esperienza col Covid ufficialmente è terminata a Maggio 2020, quando, nonostante l’evidenza di numerosi casi sospetti, il presidente ha dichiarato il paese libero dal Covid. Da allora sono state abolite le misure per prevenire il contagio e tutti i test diagnostici… lo stesso presidente è morto a marzo di quest’anno in circostanze molto dubbie, ma la versione ufficiale è che sia morto per problemi cardiaci».

Agata durante una visita neonatale

Agata Miselli, reggiana, trentacinquenne, dal 2017 vive e lavora in Tanzania. Fa il medico nell’ospedale di Tosamaganga, un piccolo villaggio rurale a 500 chilometri da Dar Es Salaam, dove opera il CUAMM, la nota ONG di Padova con più di settant’anni di storia che si spende per la promozione e la tutela della salute in Africa. Laggiù ha conosciuto Luca, un collega diventato suo compagno. Agata, che raggiungo via Skype, è figlia di Valerio Miselli, medico come lei, ma in pensione. Valerio, che è stato primario di diabetologia all’ospedale di Scandiano, vive e abita a Correggio da una quindicina d’anni. Ai nostri poliambulatori di via Circondaria lo trovi come vaccinatore Covid volontario. La passione per la professione medica e per l’impegno a favore dei popoli africani è un tratto che sicuramente unisce Agata e papà. Da pensionato Valerio, infatti, si è prestato per diverse esperienze mediche ed educative a Zanzibar, Nairobi,

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Maputo. Se penso ai vaccini che si fanno a Correggio, li vedo come il portato di quel diritto alla salute che la nostra Costituzione indica come fondamentale. Un diritto che noi tutti, qui, diamo per assodato. Parlando con Agata mi rendo conto di quanto siamo fortunati. Perché non è così dappertutto. Agata, di cosa vi occupate tu e Luca in ospedale? «Seguiamo ambiti un po’ diversi: io sono specializzata in medicina interna mentre Luca è pediatra e neonatologo. Io seguo un progetto dedicato ai pazienti affetti da malattie croniche, come ipertensione e diabete: abbiamo implementato un servizio innovativo per migliorare la qualità delle cure e la formazione del personale su queste malattie, prima neglette e ora sempre più frequenti».

Quindi voi da maggio 2020 non potete fare tamponi?! Ma avete avuto casi? «La mancanza di test per la conferma diagnostica ci impedisce di fare considerazioni precise, ma grossolanamente abbiamo assistito a due picchi di mortalità della popolazione generale, il primo tra aprile e giugno dell’anno scorso, il secondo tra gennaio e marzo di quest’anno. Molti uomini adulti, per lo più sopra i trent’anni, hanno sofferto di polmoniti con gravi insufficienze respiratorie. Abbiamo perso anche alcuni colleghi, un chirurgo generale ed un tecnico di laboratorio. Ciononostante, considerata la totale assenza di misure di protezione, avremmo potuto aspettarci molto peggio». Qual è stata la reazione al Covid e alla decisione del presidente, lì in

Ho letto che il Covid non ha colpito particolarmente in Tanzania. Qual

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ospedale e nella gente comune? «In ospedale, grazie al supporto del CUAMM, alcune misure di protezione dei pazienti e del personale sanitario sono state prese in linea con le direttive OMS. Dopo l’intervento del presidente però la situazione si è fatta più tesa, e devo riconoscere che ho percepito una generale solidarietà rispetto alle decisioni prese. In questo paese, la morte è esperienza comune ma l’isolamento vuole dire abbandono: le strutture e lo staff sanitario non sono in grado di assistere dignitosamente pazienti che necessitano di spazi di isolamento e personale dedicato, la grossa paura era che questi pazienti venissero trascurati». Facciamo un passo indietro: com’era la situazione sanitaria in Tanzania prima del Covid? «La Tanzania è un paese in crescita e questo si riflette anche sul sistema sanitario: siamo abituati a pensare alla medicina nei paesi africani come una medicina d’urgenza che deve far fronte ad infezioni acute ma limitate nel tempo. Ora il quadro sta diventando più complesso: le condizioni di vita stanno migliorando, i farmaci per malaria, HIV e tubercolosi, insieme agli altri antibiotici, sono diventati più accessibili, per cui ora

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emerge la prevalenza di patologie croniche che prima non venivano identificate. Il sistema sanitario locale non è ancora pronto per far fronte a patologie che devono essere seguite nel tempo e le terapie sono quasi sempre a carico del paziente. Per le malattie croniche le risorse da investire sono elevate e spesso mettono intere famiglie in ginocchio, cosicché i pazienti spesso rinunciano alle cure. In questo contesto si inserisce il progetto per cui lavoro con il CUAMM: offriamo consultazioni e esami diagnostici gratuiti; non avendo fondi sufficienti per coprire in modo sostenibile le terapie farmacologiche di questi pazienti, lavoriamo sull’appropriatezza delle prescrizioni e sull’educazione alla prevenzione delle malattie e/o delle loro complicanze». Come vedi il futuro della Tanzania? Pensi che combacerà con il tuo? «Sicuramente io e Luca rimarremo fino alla fine del contratto, ma non nascondo che siamo un po’ stanchi… È un’esperienza bella ma totalizzante, e implica pesanti responsabilità. Intanto torneremo a breve in Italia per vaccinarci e ne approfitteremo per riposarci un po’! Per quanto riguarda la Tanzania, il suo

futuro, beh, è il presente. Nuove infrastrutture in costruzione, piccoli business che aprono, diffusione di servizi come luce e acqua sono un’esperienza quotidiana. Accanto a questi si sviluppano i servizi pubblici, e il ruolo del CUAMM è anche quello di cercare di influenzare e supportare nello sviluppo di servizi sanitari che non lascino indietro le categorie più deboli, come i miei pazienti diabetici e cardiopatici, ma anche le mamme e i bambini. È un lavoro delicato e difficilissimo, ma anche molto importante. La Tanzania è un paese molto giovane: se la morte è un’esperienza comune, molto di più lo sono le nascite! Nel nostro ospedale abbiamo una media di circa 8 parti al giorno per un totale di circa 2.800 parti all’anno. Sono numeri altissimi». Guardando agli anni in Tanzania, cosa diresti che ti abbia lasciato maggiormente questa esperienza? «Penso di aver vissuto amplificate le responsabilità, i limiti ma anche le soddisfazioni del lavoro di medico. Lavoro qui da tre anni e mi sembra di averci lavorato per trentatré. Mi porterò a casa una lezione di crudezza e concretezza, la stima che ho sviluppato per i miei colleghi medici tanzani, per la perseveranza che mostrano nell’indossare il camice bianco tutti i giorni; mi porterò a casa tantissime delusioni e la consapevolezza che ho vissuto una vita privilegiata, e che è per me un privilegio poter scegliere dove lavorare. Mi porterò, spero, un chicco di speranza che, anche se ora mi sento un po’ stanca e demoralizzata, ritroverò gli stimoli e il supporto per scegliere ancora di occuparmi dei più deboli».

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pubblici servizi

Luciana Radeghieri

GRUPPO IREN: BUON BILANCIO E FORTI INVESTIMENTI AMBIENTALI

MIGLIORIE IN CORSO PER LE RETI GAS E ACQUA A CORREGGIO

da sinistra a destra: Massimiliano Bianco e Renato Boero

IREN S.p.A è la società di multiservizi nata nel 2010 dalla incorporazione di IRIDE, Società dei servizi municipalizzati di distribuzione di acqua, gas ed energia elettrica di Liguria e Torino, ed ENIA. Quest’ultima aveva unificato nel 2005 le province dell’Emilia Occidentale, dove la Provincia di Reggio Emilia aveva conferito AGAC, costituita nel 1994 attraverso l’unificazione delle vecchie municipalizzate comunali. Quotato in borsa, il gruppo IREN è, per dimensioni, la terza impresa del settore delle multiutility in Italia dopo la milanese A2A e la bolognese HERA. Occupa 8.500 addetti e serve circa 6 milioni di utenti. Il 6 maggio l’assemblea degli azionisti di IREN ha approvato il bilancio di esercizio al 31 dicembre 2020, esponendo ricavi per 3.7 miliardi di euro, in riduzione del 12,8% per effetto del calo dei prezzi, del clima mite e degli effetti del lockdown in seguito alla pandemia. La redditività complessiva della gestione (ebitda) è stata di 927 milioni di euro (in crescita dell’1,1%) che, dopo ammortamenti, svalutazioni, oneri finanziari e tasse si riduce ad un utile di 235 milioni di euro, in linea con quello dell’anno precedente.

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L’approvazione del bilancio 2020 di IREN ci dà l’opportunità di riflettere sull’impresa che gestisce servizi essenziali per la nostra comunità. Il Comune di Correggio ha in IREN una quota di partecipazione. Capita a volte di sentire tra i nostri concittadini un senso di nostalgia per la vecchia municipalizzata, quando uffici e automezzi stazionavano in sede qui, nella prima periferia della nostra città. Come se oggi le decisioni della grande IREN fossero più lontane rispetto alle necessità del nostro territorio. Ma non è così. Su Correggio, negli anni, sono stati realizzati importanti investimenti proprio grazie alle dimensioni dell’impresa allargata. Così come i benefici ottenuti grazie agli interventi infrastrutturali non ci sarebbero stati se

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avessimo mantenuto un orizzonte localistico. Solo nel 2020, circa 60 milioni di euro dei 685 complessivi sono stati investiti per l’ammodernamento delle reti gas e per la realizzazione di infrastrutture nella provincia di Reggio e, in quota parte, anche nel nostro Comune. Ma partiamo dal consuntivo economico. Il Presidente del Gruppo, Renato Boero, ci ha dichiarato: «Il 2020 è stato un anno caratterizzato sia da una crescita interna, sia da importanti operazioni di acquisizione, come il ramo ambiente dalla liquidazione di Unieco con impianti in Piemonte, Toscana e lo stabilimento di Carpi per il recupero dei gas di frigoriferi e televisori, che ci hanno consentito di estendere i servizi ambientali e di diversificare. Siamo diventati il primo operatore nella filiera della plastica in Italia. Gli investimenti tecnici realizzati nel periodo ammontano a 685 milioni di euro, in forte crescita (+31%) rispetto al 2019. Di questi, oltre 350 milioni di euro sono stati investiti su progetti che riguardano l’economia circolare, evidenziando l’attenzione che il Gruppo dimostra nei confronti dell’ambiente». L’Amministratore Delegato, Massimiliano Bianco, mette in evidenza che nel 2020 l’azienda ha ulteriormente ampliato i territori in cui opera, assumendo un respiro nazionale. La forte spinta sugli investimenti consente di

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confermare il raggiungimento degli obiettivi strategici dell’ultimo piano industriale e di intervenire con un ruolo da protagonista nel programma di ripresa economica post-pandemia e di realizzazione dei progetti di Recovery Fund. Per avere un’idea di quale sia l’importanza di IREN per la nostra collettività conviene poi riferirsi al Bilancio di Sostenibilità 2020, approvato insieme a quello economico, che rendiconta le performance tecniche, ambientali e sociali del Gruppo nello scorso anno, e costituisce un’occasione di confronto partecipato con tutti i portatori d’interesse dei territori serviti. IREN ha esteso il servizio di raccolta rifiuti porta a porta, che ha permesso il raggiungimento del 69,3% di raccolta differenziata complessiva, ed ha incrementato del 38% il volume di rifiuti recuperati negli impianti del Gruppo, grazie all’ingresso nella filiera della plastica conseguente all’acquisizione dell’azienda “I.BLU”, con sede a Cadelbosco. Inutile sottolineare come, per valorizzare lo sforzo dei cittadini che hanno aderito alla raccolta differenziata, sia fondamentale che i rifiuti così selezionati vengano trasformati. Grazie a specifici investimenti ha ampliato del 3% la capacità di trattamento delle acque reflue ed ora prevede la realizzazione di cinque impianti di trattamento in Liguria. Ha esteso del 1,9% la rete di teleriscaldamento a favore di una maggior qualità dell’aria dei territori del Gruppo e di un contestuale minor consumo di gas ed elettricità. Uno dei maggiori problemi della rete idrica italiana è rappresentato dalle perdite di rete, che si verificano dalla captazione e conduzione fino all’utilizzazione

finale. La strategia di Iren si basa sulla “distrettualizzazione” delle reti, che ha consentito di portare tali perdite al 33,3% rispetto ad una media nazionale del 43,7%, con una minor necessità di prelievo di acqua dall’ambiente (-3%). Cosa farà in futuro la nostra multiservizi? Il recupero dell’economia nazionale dopo la pandemia sarà lungo e difficile. Iren, pur confrontandosi con uno scenario economico dei suoi territori ancora debole, rispetterà il piano industriale da tempo approvato, che si conclude nel 2025. Il Piano prevede rilevanti investimenti soprattutto nelle divisioni Reti e Ambiente, con particolare attenzione al settore idrico, per incrementare la capacità depurativa e ridurre le perdite. Per il settore ambiente, gli investimenti saranno rivolti alla costruzione degli impianti di trattamento e smaltimento rifiuti previsti, ad estendere la raccolta porta-a-porta e per la tariffazione puntuale sui territori serviti. Impegni sicuramente non scontati e di grande rilievo.

Assicurazioni e Finanza

Entrando più nello specifico del nostro Comune, possiamo dire che nell’anno in corso su Correggio la società di gestione IRETI ha programmato un importante intervento di ammodernamento e potenziamento delle reti di distribuzione del gas metano e di acqua nel quadrante sud del nostro centro abitato. Nel periodo estivo avranno inizio, infatti, i lavori di sostituzione di 800 metri della rete idrica in via Manzotti, sostituendo le vecchie con nuove condotte in polietilene ad alta densità, mentre per la rete del gas metano si poseranno tubazioni in acciaio rivestito. Un importante intervento che avrà inizio nella seconda metà dell’anno è la realizzazione del nuovo serbatoio idrico presso la centrale di Rubiera, che aumenterà la capacità di stoccaggio di acqua potabile a servizio anche del comune di Correggio, con un nuovo sistema di pompaggio che ottimizzerà il sistema di trasporto di acqua potabile.

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iniziative

Francesca Nicolini

TROVA UN SASSO E TROVI UN SORRISO L'IDEA DI ALESSANDRA CONQUISTA I SAMMARTINESI

Capita a tutti, almeno una volta nella vita, di raccogliere un sasso e di portarlo a casa. Che fosse in riva al mare, su un sentiero di montagna, o nel letto di un fiume. Un sasso di forma strana, di un colore gradevole, di una consistenza particolare. Sasso che rimane sul comodino per anni, dentro una scatola insieme a tanti altri o in bella vista in salotto. Tutti, per un qualche motivo, hanno raccolto un sasso e lo hanno portato a casa. E ancora oggi ricordano quel momento, anche a distanza di tempo. Alessandra Beltrami, originaria di Correggio, che da circa venti anni vive a San Martino in Rio insieme al marito e suo figlio di 9 anni, è un'appassionata di sassi. Non perché sia stata fin da piccola abituata a raccoglierli, ma perché ha saputo trovare in questi elementi naturali un rimedio positivo alle difficoltà di questi tempi. L’iniziativa “I sassi di San Marti-

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no” è stata lanciata proprio da lei, un po' per gioco, un po' perché solo chi ha il coraggio di proporre qualcosa di nuovo ha il desiderio di cambiare davvero le cose. Il progetto consiste nel cercare un sasso, dipingerlo o scrivere una frase di augurio e successivamente posizionarlo in qualche punto del paese, che sia un parco, una panchina, una piazza. Un dono per chi ha la fortuna di trovarlo, un messaggio positivo per chi magari fino a quel momento ha vissuto una giornata storta. L’idea originale “Un sasso per un sorriso” nasce da Heidi Aelling, signora di origini svizzere residente a Recanati. Un'idea che si è presto espansa in tutta Italia, grazie al tam tam dei media. Alessandra ci racconta: «Un paio di mesi fa ho letto di questa iniziativa, mi ha colpito molto, sia per il messaggio che porta, sia per la semplicità della sua realizzazione. Ho pensato che sarebbe stato interessante poter farla arrivare anche nel nostro piccolo paese. Da mamma capivo che soprattutto

i bambini avevano voglia di fare qualcosa che potesse farli sentire più vicini in questo periodo di forzato distanziamento sociale. Ho condiviso un articolo che trattava dell'argomento su Facebook, chiedendo se fosse fattibile anche a San Martino. In diversi si sono mostrati entusiasti, così ho creato la pagina social dedicata». Alessandra, insieme ad altri cittadini, inizia a donare tempo libero ed energie a tutto questo. C'è chi dipinge e pubblica sui social le proprie creazioni, chi scrive semplicemente grazie sotto la foto di un sasso ritrovato. Ci confida: «è una gioia vedere la foto del tuo sasso ritrovato dopo qualche giorno che lo hai nascosto. C'è sempre chi ha l'idea, ma serve sempre un grande team per realizzare un bel progetto. I nostri sassi vogliono regalare un sorriso, una gioia a chi li trova, un semplice augurio di buona giornata». Questa iniziativa ha sicuramente risvegliato lo spirito creativo dei più grandi, che hanno rispolverato pennelli e vernici acriliche aiutando i più piccoli ad esprimere il proprio senso artistico e a vivere una sorta di caccia al tesoro. Alessandra ha fatto studi e lavora in un ambito che non lascia molto spazio alla creatività, così nel tempo libero la ricerca ostinatamente: «è un dono, una cosa con cui nasci e che mi ha sempre accompagnato fin da bambina. La

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creatività è non vedere le cose per come sono, ma per come potrebbero diventare. Quando si inizia a creare qualcosa non c'è un vero progetto da seguire, le cose vengono da sé. Che si tratti di organizzare un evento, riciclare un oggetto, scattare una fotografia o realizzare una torta. Vedere la propria creazione terminata è una sensazione piacevolissima». E ci invita a non dimenticare: «ogni sasso ha un grande valore, perché è un esemplare unico, creato a mano da qualcuno. Questi può essere uno sconosciuto che ha utilizzato il proprio tempo, cioè la cosa più preziosa che ha, per farci un regalo. Dovremmo fermarci maggior mente e non dare per scontate queste piccole grandi cose». Alessandra, riflettendo su questo anno di pandemia, sostiene: «i bambini ci riescono a stupire sempre, riescono ad adattarsi ad ogni situazione. Il loro modo di interagire è cambiato per regole imposte, ma riescono nonostante tutto ad essere vicini e complici. Il rapporto tra genitori e figli è senza dubbio cambiato, io direi decisamente in meglio, è il risvolto positivo di questo periodo. Si sono cancellati tantissimi impegni extra-scolastici ed extra-lavorativi "obbligando" le famiglie a stare di più insieme. La vita frenetica di prima ci costringeva a volte a vederci veramente per poche ore al giorno, mentre ora dopo la scuola siamo sempre insie-

me a fare passeggiate, curare l'orto, fare giochi di società o preparare la cena. Il tempo scorre più lentamente ora». Attraverso questa campagna Alessandra ha avuto modo di approfondire anche il tema ambiente: «è una questione estremamente rilevante, è l'eredità più importante che lasciamo ai nostri figli e alle

future generazioni, abbiamo noi l'onere di insegnare loro a rispettare l'ambiente in cui viviamo. Purtroppo non tutte le famiglie hanno la sensibilità o non vogliono concedersi il tempo di regalarsi una passeggiata a contatto con la natura, ma sono contenta perché i sassi di San Martino hanno contribuito in piccola parte ad avvicinare le persone all'ambiente». Facendo un bilancio a qualche mese di distanza, si può dire che San Martino

abbia accolto di buon grado l'iniziativa, contando oltre 200 iscritti e facendo sì che l'amministrazione comunale accogliesse positivamente la richiesta di concepire una mostra a cielo aperto nei Prati della Rocca a partire dai primi di giugno. "I sassi di San Martino in Rio" andranno a fianco di importanti monumenti come un Pompili e un Rivalta, verrà creata una sorta di opera d'arte in cui i sassi possano essere lasciati dai propri autori in totale autonomia. La scenografica Rocca Estense, con i suoi prati, si presta tantissimo per ospitare eventi per grandi e piccoli. Inoltre, il valore aggiunto che da sempre anima il paese è il volontariato. Esistono moltissime associazioni, ognuna con una propria missione, caratterizzata da persone molto disponibili che collaborano tra di loro. Insomma, i Prati sono una cornice ideale per dare vita a iniziative di successo! Ringraziamo Alessandra per la sua disponibilità e condividiamo il suo monito: «Dobbiamo essere positivi e ottimisti, sempre! Davanti ad un ostacolo, ad un momento difficile, non bisogna abbattersi o commiserarsi, occorre trovare il modo di reagire ed aggirare il problema. Dalle difficoltà nascono nuove opportunità, l'inventiva e la creatività possono aiutarci a coglierle».

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storia locale

Adriana Malavolta

RICERCA STORICA, UN LAVORO OSCURO MA PREZIOSO

VALTER PRATISSOLI NE ILLUSTRA DIFFICOLTÀ E NECESSITÀ

Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con uno speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare – nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza. Antonio GRAMSCI, Quaderni dal carcere (12).

Correggio, non solo per il suo illustre passato di Principato e per la presenza di artisti di rilievo, può annoverare un numero non indifferente di suoi concittadini che, in vari modi, ne hanno voluto conoscere e approfondire la storia e continuano a farlo, individualmente o all’interno delle numerose associazioni, società e circoli culturali che si occupano di arte, di letteratura, di educazione e, naturalmente, di “storia locale”. In quest’ultimo campo si distingue la “Società di studi storici”, con la quale collaborano molti studiosi locali e non solo. Della “Società” il professor Valter Pratissoli è socio fondatore e attuale vice presidente: a lui chiedo quale sia oggi lo stato di salute della Società di Studi Storici di Correggio. La sua risposta contiene la denuncia di una situazione problematica e faticosa, al limite della sopravvivenza: l’esiguità dei fondi (il sodalizio si regge grazie alle quote sociali e a un piccolo contributo comunale) e tante difficoltà (trovare persone disposte a dedicarsi con continuità ad un lavoro di raccolta, raccordo e organizzazione, mantenendo vive le necessarie relazioni) rendono assai problematico poter arrivare ogni anno alla pubblicazione e presentazione degli “Atti” e, periodicamente, all’uscita dei “Quaderni” della collana. Ci sarebbe bisogno di nuova linfa, ma questo tipo di attività non attira i gio-

vani che, giustamente, hanno obiettivi a breve termine e desiderano il riconoscimento del lavoro svolto. Al contrario, queste attività di ricerca, assieme al necessario impegno organizzativo, richiedono tempi lunghi, dedizione e soprattutto gratuità. Non sono comunque mancati giovani laureandi che hanno scelto argomenti storico-locali per la loro tesi; ma alla fine nessuno ha perseverato. «Il nostro è comunque un lavoro corale - spiega Pratissoli - perché occorrono figure disposte a collaborare, cercando con pazienza gli indizi e i documenti, seguendo le varie piste di lavoro, soprattutto nei luoghi deputati alla conservazione come gli archivi (di stato, vescovili, comunali, parrocchiali, giudiziari) e le biblioteche, senza tralasciare gli immensi campi della cultura materiale e immateriale. Va comunque ricordato che le naturali e primarie fonti di documentazione per la nostra storia sono la Biblioteca e l’Archivio storico di Correggio. Naturalmente, al termine di ogni ricerca, seguono la redazione dei contributi e la paziente preparazione della pubblicazione, avendo pur sempre cura di tutti gli aspetti editoriali. Tutto ciò comporta dei costi, di cui le ridottissime finanze della Società possono solo in parte farsi carico». Per non gravare sul bilancio societario,

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pur continuando a pubblicare i frutti della ricerca, nel 2012 è nata, dalla collaborazione tra Pratissoli, Nazzaro Benati, Giovanni Fontanesi e altri amici, la collana “Prime forme”- Fonti e materiali per la storia di Correggio. Si tratta della pubblicazione di testi per la “storia” (nel senso più largo del termine) della nostra città, del territorio e zone limitrofe, motivata dall’intento di offrire ad una cerchia più vasta la possibilità di conoscere e di accedere con facilità alle fonti (inedite o rare) ed ai materiali (tesi di laurea, raccolte di documenti, inventari) che interessano la nostra storia locale. L’ ultimo lavoro uscito per “Prime forme” risale all’ottobre dell’anno scorso: ecco un passaggio della sua presentazione, che purtroppo non è potuta avvenire in presenza a causa della pandemia. “La collana “Prime forme” si arricchisce di una nuova pubblicazione, dopo una lunga - ma non inoperosa - pausa, segnata anche dai recenti e dolorosi avvenimenti. Le “Notizie storico-statistiche di Correggio”, completate nel 1873 e aggiornate al 1881, opera di Francesco Gianotti (1797-1883), impiegato - poi segretario comunale - e maestro di calligrafia. Sono frutto di una raccolta, con finalità divulgativa, compiuta da un dilettante appassionato della storia di Correggio. La suddivisione dell’opera per tematiche consente di focalizzare i vari argomenti e avvenimenti, conciliando la sintesi storica (antica e recente) con l’attualità. Tipico prodotto di una visione borghese e conservatrice, le “Notizie storico -statistiche”, pur coi loro limiti, costituiscono un vasto repertorio di informazioni, aneddoti, cose e luoghi (spesso scomparsi) della Correggio ottocentesca. Il volume è inoltre corredato dallo stem-

mario delle famiglie nobili correggesi (l’autore fu anche segretario della Commissione araldica) e arricchito da un CD allegato che, oltre alle immagini a colori, contiene le “Notizie storiche della città di Correggio”, prima parte dell’opera di Gianotti, compilata assemblando testi editi, manoscritti e documenti di storia locale”. Il professor Pratissoli conclude la nostra conversazione con una illuminante riflessione sullo stato della ricerca storica, sulle sue difficoltà e sulle sue necessità. «La cultura e lo spettacolo hanno subito colpi molto gravi nell’anno appena trascorso e, già in tempi meno infausti, hanno dovuto farsi largo in una società spesso superficiale ed attratta da fenomeni effimeri (che le politiche culturali ed editoriali corteggiano e assecondano), in un tempo che sembra, sempre più, voler fare a meno della storia, barattandola spesso con squallidi surrogati. Diventa quindi assai difficile promuovere eventi culturali di spessore, frutto di una seria ricerca e organizzazione, come anche proporre conferenze o incontri di approfondimento su temi impegnativi

come quelli di storia. La ricerca storica locale è un lavoro oscuro ma prezioso: difficilmente ci si imbatte in una scoperta eclatante, ma si scoprono tanti piccoli dettagli e puntualizzazioni, spesso però capaci di favorire una nuova e diversa lettura dei fatti. Nella ricerca storica occorre dare importanza a tutti i reperti, senza perdersi d’animo davanti agli innumerevoli vicoli ciechi. Occorrono tempo, persone e mezzi, per poter rintracciare, raccogliere e compulsare le fonti, sia pure per motivi occasionali (come una tesi di laurea o per esigenze professionali); ma soprattutto c’è bisogno di nutrire e trasmettere l’amore e la passione per la cultura». Dopo questo esplicito invito “alla storia”, Valter Pratissoli tiene a precisare che, nonostante i tempi bui e tempestosi, tutti gli studiosi, anche dilettanti, che frequentano la nostra Biblioteca Comunale, trovano sempre accoglienza e disponibilità da parte del personale, nonché l’insostituibile collaborazione del dottor Gabriele Fabbrici, direttore del Museo Civico e dell’Archivio Storico. Come un approdo sicuro.

SONO USCITI FINORA I SEGUENTI VOLUMI DI PRIME FORME: • Alessandro Vicini, Cronaca sugli avvenimenti di Correggio (1834-1854), a cura di N. Benati - G. Fontanesi -V. Pratissoli, Correggio 2012. • Verso la fine del mondo. Disastri e cattive notizie in una raccolta del primo Ottocento attribuita a Fortunato Brunetti, a cura di A. Falcolini Cottafavi - N. Benati - G. Fontanesi - V. Pratissoli, Correggio 2013. • Pietro Zaccarelli, Fascio di notizie relative alla parrocchia di San Giorgio in Rio di Correggio, 1796, a cura di N. Benati - G. Fontanesi -V. Pratissoli, C. Rovatti Zaccarelli, Correggio 2014. • La Madonna di Trignano. La miracolosa statua della Beata Vergine del Carmelo, a cura di N. Benati - G. Bursi - V. Pratissoli, Correggio 2015. • Gioseffo Rivolta - Francesco Mazzucchi Augustoni - Rinaldo Negri, Memorie. Persone e avvenimenti di Correggio (1755- 1765), a cura di N. Benati • G. Fontanesi - V. Pratissoli, Correggio 2016. • Santa Maria della Consolazione a San Martino di Correggio. Un oratorio e quattro famiglie, a cura di N. Benati - G. Fontanesi - V. Pratissoli, con Appunti di architettura di Gianluca Nicolini, Correggio, 2017. • Andrea Plichero, La chiesa plebana di Fosdondo: genesi, storia, restauri, prefazione di Corrado Corradin I. In appendice: Le visite pastorali alla parrocchia di Fosdondo (sec. XVI-XIX), a cura di N. Benati - G. Fontanesi - V. Pratissoli, Correggio, 2017. • Mariangela Parmiggiani, Luigi Asioli (1817-1877), a cura di N. Benati - G. Fontanesi - V. Pratissoli, Correggio 2018. • Soldati Correggesi Morti Nella Grande Guerra, a cura di N. Benati - G. Fontanesi - V. Pratissoli, Correggio 2018. N.B. Tutti i volumi sono stampati, in editoria digitale, a richiesta.

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Primo Piano incontri

Tania Riccò

MERITO E SOLIDARIETÀ PER UNA CRESCITA SOSTENIBILE CARLO COTTARELLI AGLI STUDENTI DELL'EINAUDI

«Quanto ancora può aumentare il debito pubblico, dato che ad oggi è superiore al 160%? Si possono correggere gli errori fatti in passato? I finanziamenti ottenuti dall’Unione Europea sono davvero così convenienti?». Questi sono solo alcuni dei quesiti che gli studenti delle classi terminali dell’indirizzo economico dell’Istituto Luigi Einaudi di Correggio hanno posto al professor Carlo Cottarelli, nel corso dell’incontro on-line, tenutosi lo scorso 29 aprile, dal titolo “Per riveder le stelle – Oltre il nostro resistibile declino” organizzato da Primo Piano Incontri e condotto da Giacomo Bigliardi. «La situazione che attualmente stiamo vivendo necessita di essere compresa, in modo da attuare scelte consapevoli. Seppur in ritardo, siamo ancora in tempo», dicono i ragazzi. Carlo Cottarelli - economista famoso a livello internazionale, già Commissario alla Spending Review e volto noto anche al pubblico televisivo - ripercorrendo i principali temi trattati all’interno del suo ultimo libro “All’inferno e ritorno - per una ripresa economica e sociale”, ha esposto con parole chiare e ponderate il proprio punto di vista rispetto alla situazione italiana attuale.

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Partendo dalle crisi sanitarie ed economiche dettate dalla pandemia, con una crisi finanziaria solo sfiorata, Cottarelli ha esposto un’analisi critica della differenza tra debito buono (quello contratto per favorire la crescita) e debito cattivo, per poi fornire una propria chiave di lettura della ripresa economica e sociale sulla quale interrogarsi. Le politiche economiche degli ultimi anni hanno mirato ad obiettivi immediati e poco lungimiranti, viceversa occorre adottare politiche orientate ad una giustizia sociale ispirata da principi chiave come quello dell’uguaglianza di possibilità e del merito, accompagnati da un certo grado di solidarietà. Così sostiene l’economista. In che modo il principio di uguaglianza di opportunità è rispettato nel nostro Paese? I ragazzi studiano, si informano, fanno del loro meglio. Tuttavia spesso si vedono superati da coetanei con mezzi differenti dai loro, mezzi superiori, e non si vedono riconosciuti i loro meriti. «Dovremmo essere noi giovani a parlare di questo, a tentare di porre rimedio a queste disfunzioni, ad impiegare il tempo in modo più costruttivo, invece di preoccuparci unicamente di ricevere quanti più like possibili da una foto pubblicata sui social», affermano.

Un altro aspetto che è stato tenuto in considerazione è quello di uno sviluppo che, oltre ad essere economico, sia rispettoso dell’ambiente. Sicuramente per poter conseguire un obiettivo di tale portata sono necessari investimenti sia in ambito pubblico che privato, che purtroppo non tutti (famiglie e imprese) sono disposti a sostenere. Una crescita di questo genere può presentare una percentuale di vantaggi molto elevata, ma per poter arrivare a questo è necessario partire a monte, dalla mentalità delle persone, che al giorno d’oggi non hanno fatto propria l’ottica del cambiamento sostenibile ma continuano a vedere come unico scopo del proprio lavoro l’arricchimento materiale. I ragazzi sono ben consapevoli che il cambiamento deve venire in primis da loro, come singoli cittadini, che uniti possono fare la differenza. «Consideriamo inutile lamentarci continuamente di provvedimenti presi da persone alle quali siamo stati noi cittadini ad attribuire potere. Crediamo dunque che questa situazione di emergenza possa lasciare qualcosa di positivo alle persone, se in grado di coglierlo, e che sia arrivato il momento di guardare ad un futuro rinnovato e più giusto», concludono infine i ragazzi che hanno partecipato all’incontro.

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Primo Piano incontri

Francesca Nicolini

IL CORAGGIO DI FARE POLITICA

DIALOGO TRA MICHELE SERRA E MATTIA SANTORI

Martedì 23 maggio è andato in onda l'evento "E la politica..come salvarla?”. Dialogo tra un venditore di amache e un allevatore di sardine. Uno scambio di pensieri tra Michele Serra, maestro di giornalismo che da oltre 29 anni con le sue “amache” ci racconta il quotidiano e Mattia Santori, giovane portavoce delle Sardine, fenomeno di politica attiva che ha saputo riempire le piazze di tutta Italia. Due generazioni diverse, ma con saldi punti in comune: il valore della comunità, l'importanza della buona politica, la battaglia contro l'indifferenza. La serata, introdotta dalle note del maestro Franco Battiato, scomparso proprio quel giorno, è stata una iniziativa fortemente voluta. Seppur, si sa,

quando si parla di politica si ha sempre la paura di sbagliare, per Primo Piano questa non deve essere considerata un tabù, ma un concetto su cui interrogarsi e per cui partecipare. Nella nostra Carta dei Valori si legge: non coltiviamo nessun disprezzo per la politica. Ne condanniamo invece, con fermezza, le degenerazioni e gli abusi. Ma crediamo nella politica come strumento principe per occuparsi del bene pubblico, per mettere a frutto il pluralismo delle idee, per misurarsi sui problemi della comunità e affrontarli con cognizione di causa e saggezza. La serata è stata scandita dalle domande dei nostri concittadini Roberto, Maria, Cecilia e Lorenzo, che hanno interpellato i due ospiti con sentiti

Valerio Cerati

ringraziamenti e domande sul futuro della politica, della comunicazione e della società in generale. A più riprese sono emersi concetti quali: la difficoltà di oggi nel distinguere la realtà dalla finzione generata dai media, l'impegno autentico dall'egoistico interesse personale. Mattia ha più volte ribadito che la politica non può essere trainata dalle associazioni, deve essere spinta da qualcosa di diverso, di più strutturato, stabile e continuativo. Perché quando si entra nei palazzi, per forza si è poi costretti a scendere a compromessi. Michele, dal canto suo, ripete come un mantra che solo insieme, solo con la partecipazione di tutti, si può fare buona politica. Perché affidarsi all'uomo solo al comando, ci ha già insegnato il passato, non porta a grandi risultati, anzi. Il futuro dei giovani passa dalla partecipazione, dalla voglia di rendersi protagonisti, proprio come hanno fatto quelle sardine, che pacificamente hanno reso le piazze italiane un pacifico mare. Quei mari Mattia li ricorda bene, ne parla ancora con grande commozione e orgoglio. Un profondo grazie a Cantine Riunite, Transcoop, Unipol Rental e Cooperativa sociale L'Ovile, perché il loro supporto, in questo momento così difficile per la cultura, è un forte segno di speranza e di rinascita.

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Un unico interlocutore per la cura dell’intero patrimonio

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volontariato

Emiliano Bertani

PASSEGGIA E RACCOGLI, VEDRAI CORREGGIO PIÙ PULITA L'IMPEGNO ECOLOGICO DI BOKAR E MONICA

Il mondo del volontariato, anche in tempi di restrizioni, non si ferma, anzi, cerca sempre di adattarsi alle situazioni contingenti. In questo numero parliamo di raccolta rifiuti: abbiamo contattato due volontari, Bokar e Monica, che si stanno impegnando per tenere pulita la nostra città. Ecco la loro esperienza. «Mi chiamo Bokar Diop, sono un ragazzo afro-italiano nato 29 anni fa a Modena e cresciuto a Correggio. Fin da piccolo i miei genitori si sono impegnati ad insegnarmi il rispetto del pianeta. I loro buoni insegnamenti hanno fatto nascere in me il desiderio di studiare per dedicarmi alla cura dell’ambiente, così mi sono laureato in ingegneria civile ed ambientale. In seguito sono entrato a far parte dell’Associazione Legambiente di Reggio Emilia, prima come volontario, poi come guardia ecologica e zoofila. A luglio dello scorso anno, grazie ad una mia cara amica, Sabrina Veroni, ho iniziato a raccogliere i rifiuti che vedevo per le strade di Correggio insieme ad alcuni ragazzi. Da lì in poi è stato un susseguirsi di nuova gente che si è aggiunta, gente educata e piena di energia che costituisce l’anima del gruppo. Da quel momento è nato il “Gruppo di Plogging di Correggio di Legambiente”. La parola Plogging è stata coniata in Svezia: in italiano potrebbe tradursi in “passeggia e raccogli”. Mi piace definirla un’attività fisica sostenibile, un

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modo per prendersi cura del territorio. Permette infatti di ripulire il tragitto da cartacce, mozziconi di sigarette e rifiuti vari mentre si cammina, contrastando così il cosiddetto littering (l’abitudine di gettare rifiuti nelle aree pubbliche). Ogni domenica facciamo plogging dalle nove alle undici. Abbiamo interrotto l’attività ad ottobre 2020, all’inizio della seconda ondata di Covid-19, per poi ripartire più motivati (e cresciuti di numero) ad aprile. Il nostro scopo è restituire pezzo dopo pezzo un posto più bello ai cittadini. Da marzo insieme a Legambiente organizzo una serie di incontri online, “I GIOVEDÌ CON LEGAMBIENTE”, rivolta a chi desidera approfondire le principali tematiche ambientali. In generale i cittadini Correggesi hanno un alto senso civico e ci tengono ad avere una città bella e pulita. In futuro ci piacerebbe molto poter collaborare attivamente anche con le scuole e l’amministrazione comunale: vogliamo aiutare le Istituzioni senza sostituirci a loro, favorendo la solidarietà, l’attivismo per il volontariato ed il rispetto per l’ambiente per “pensare globalmente ed agire localmente”. Chiunque desideri aggiungersi al gruppo è il benvenuto! Per partecipare basta scrivere un email a: eventi@legambientereggioemilia.it. Tutto il materiale necessario per iniziare l’attività (guanti, pinza raccogli rifiuti, pettorina ad alta visibilità e sac-

chi) sarà fornito da Legambiente Reggio Emilia». Da Budrio, dove vive, interviene Monica Pirondini: «siamo un gruppetto di amiche che, grazie a questo progetto, si sono ritrovate e si divertono; siamo semplici “operaie” con voglia di lavorare e pulire il nostro paese. Ci siamo chiamate “Pulizie a Bòdri”. Questa iniziativa è partita da me già anni fa. Andavo da sola con l’aiuto di mio marito Claudio, non resistevo nel vedere tanto sporco nei fossi e nelle nostre campagne: mi piace andare al mattino presto, c’è poca gente in giro e una volta pulito mi sento bene. A gennaio mi ha fermata l’amica Vera, dicendo che voleva unirsi a me. La seconda volta abbiamo pulito l’esterno della chiesa di Budrio (raccolta pattume e giardinaggio). Si sono poi unite a noi altre 5 persone formando il gruppo. Al momento non c’è nessuna collaborazione con altre associazioni, che abbiamo comunque contattato per informazioni sullo smaltimento rifiuti vista la loro maggiore esperienza; inoltre ci hanno procurato magliette e accessori per pulire. Aneddoti divertenti? Beh sono caduta spesso nel fosso, ma per fortuna sempre senza farmi male! Quando farà più caldo, una domenica, finito il lavoro, ci faremo una bella grigliata tutti insieme: penso che il progetto vada anche preso così, è faticoso ma deve essere anche divertente».

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accadde a Correggio

Giulio Fantuzzi

Gian Paolo Rinaldi

EI PASSÒ

BASTA CON I NOBILI, PROCLAMÒ BONAPARTE QUEL GIORNO

Quel giorno, il generale Napoleone Bonaparte, passò da Correggio. Due volte, al mattino e poi al pomeriggio. Era il 15 ottobre (pardon, vendemmiaio) del 1796. La sua carrozza si fermò in piazza delle Erbe (l’attuale piazza Garibaldi) alla posta dei cavalli. La cronaca di Correggio del Vellani racconta l’episodio con dovizia di particolari e con una malcelata diffidenza per quello spirito rivoluzionario e gia-

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cobino che, pochi giorni prima, aveva issato sotto l’Orologio di piazza una pioppa ornata di tricolore, coccarda e berretto frigio: l’albero della libertà. Napoleone, durante il cambio dei cavalli, ricevette l’omaggio dei rappresentanti dell’amministrazione ducale decaduta. A loro disse che, secondo il voto della Repubblica Francese, il popolo doveva essere libero e felice:

in nome di tale principio si doveva avvisare tutta la città ed il contado per eleggere una nuova municipalità, fatta di artisti, operai, possidenti e gente savia. Non di soli nobili, che non avevano fatto altro che opprimere i popoli ed ordire le catene ai sovrani. E chiese di bruciare, l’indomani, per mano di uno sbirro, il libro d’oro che riportava i nomi dei nobili correggesi. Via i privilegi della nascita e largo ad uno stato di uguaglianza, con la preminenza dei capaci. La vera nobiltà sono i meriti, disse. Poi si sa come va il mondo. Il libro d’oro venne bruciato, ma dopo qualche tempo fece la stessa fine anche l’albero della libertà. Erano passate da Correggio le truppe degli austriaci con il vessillo della restaurazione. Un solenne “Te Deum” in San Quirino cantò subito la ritrovata fedeltà dei correggesi ai sovrani estensi. Questo non toglie che durante il periodo repubblicano e del Regno d’Italia un ordine nuovo, nel nome di Napoleone, portasse notevoli riforme nell’amministrazione municipale, nell’istruzione, nella milizia e nella sanità. Grande sovrano è il tempo, che scandì poi quel 5 maggio 1821. Duecento anni fa. Ei fu. Ma non invano.

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sport

Viller Magnanini

IN PALLA PER LA RIPRESA E NON SOLO IN PALESTRA

LORENZO CAVALLINI: AL VIA LA PALLAVOLO CORREGGIO

Pronti alla ripartenza? Ne parliamo con Lorenzo Cavallini, responsabile tecnico della Pallavolo Correggio. «Il messaggio che vogliamo mandare alle nostre atlete, alle loro famiglie e a tutta Correggio è che siamo prontissimi: alcuni nostri gruppi hanno già ripreso le attività, seppur a ranghi ridotti, allenandosi con normale regolarità». Come avete gestito le vostre attività durante la pandemia? «Già da febbraio 2020 abbiamo posto grande attenzione al rispetto delle regole introdotte dai DPCM e dai protocolli emanati dalla Federazione Italiana Pallavolo, adeguando le modalità e le tempistiche di accesso agli impianti, la frequenza e la durata degli allenamenti, le dinamiche da rispettare durante l’attività sportiva ed infine ponendo grande attenzione sulle pratiche di disinfezione e sanificazione di tutti i locali frequentati dalle nostre atlete. Abbiamo anche deciso, nella fase più critica della seconda ondata dei contagi, di sospendere tutte le nostre attività da novembre 2020 a febbraio 2021,

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nonostante avessimo la possibilità di poter continuare, al fine di tutelare al massimo la salute delle nostre atlete e delle loro famiglie, oltre a quella dei nostri tecnici e dirigenti». Quali sono i problemi principali che dovrete affrontare in questa fase di ripresa? «C’è sicuramente ancora tanta incertezza e questa situazione non agevola il rientro in palestra. Ad oggi abbiamo alcuni gruppi che continuano la loro attività, mentre altri hanno optato di prorogare la sospensione in attesa che la situazione migliori. Ci tengo a

sottolineare che la maggior parte delle nostre atlete e delle loro famiglie ha deciso di sospendere l’attività non tanto per la paura del contagio (situazione che peraltro non si è mai verificata al nostro interno), ma per le forti restrizioni previste nella gestione di un eventuale positivo all’interno del gruppo squadra, che di fatto pone in quarantena automaticamente tutto il gruppo, anche a fronte di tamponi negativi. Risulta perciò ovvio che le famiglie, sopratutto dei più piccoli, preferiscano evitare queste possibili dinamiche che metterebbero a rischio la frequenza Con la denuncia dei redditi puoi destinare il 5x1000 dell’importo al volontariato E’ un gesto di solidarietà che non ti costa nulla

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scolastica dei bambini, in un periodo già molto complesso e difficile. A mio giudizio, se queste regole non cambieranno sarà molto difficile che lo sport giovanile possa normalizzarsi e riprendere a pieno ritmo». Attualmente come procede la vostra attività? «Come dicevamo, alcuni gruppi hanno ripreso ad allenarsi, ciò detto la presenza in palestra delle nostre atlete tesserate è ancora ridotta a poco più del 50%, con alcuni timidi segnali di ripresa delle adesioni, segno che c’è più fiducia e voglia di tornare alla normalità da parte di tutti, ragazze e famiglie». Quali sono i vostri programmi per l’estate? «A breve allestiremo due campi da pallavolo all’aperto, uno per i più piccoli ed uno regolare nella zona del salone delle feste, dove svolgeremo attività programmata almeno per tutto il mese di giugno, in forma gratuita per le nostre atlete già tesserate e per tutti coloro che vorranno avvicinarsi al nostro sport. Sarà un modo per ritrovarsi e divertirsi insieme, soprattutto

per i più piccoli, i più penalizzati nello svolgimento delle attività sportive. Inoltre, dopo la pausa forzata dello scorso anno causa Covid, riproporremo come ogni anno ai nostri gruppi l’ormai consueto appuntamento estivo del “Cavacamp”: accompagneremo a Cesenatico le atlete della nostra società (e non solo) per una settimana di pallavolo, mare e divertimento». Che cosa vi aspettate dal nuovo anno sportivo? «Beh, sicuramente un adeguamento dei regolamenti, che ad oggi sono davvero troppo penalizzanti per chi cerca di impegnarsi e praticare questa disciplina e tutti gli sport di contatto in generale. Dal punto di vista sportivo, invece, puntiamo a iscrivere le nostre squadre in tutte le categorie federali (FIPAV) e a schierare una squadra senior di categoria, formata dalle nostre atlete più rappresentative cresciute nel nostro vivaio. Puntiamo inoltre, come da dieci anni a questa parte, a crescere e a strutturarci sempre meglio, sia al nostro interno sia con collaborazioni con altre società

dei comuni limitrofi, il tutto per dare alle nostre ragazze gli strumenti migliori per crescere e migliorarsi». Dieci anni fa Correggio Volley salì agli onori della cronaca sportiva... «Sì, in effetti proprio dieci anni fa la nostra squadra maschile di serie B1 conquistava la Coppa Italia, coronando un percorso davvero fantastico, che portò la nostra città e il Correggio Volley ai vertici della pallavolo italiana con la promozione in serie A2 nel campionato 2011-2012, con un gruppo di ottimi giocatori guidato dal compianto Gianfranco Astolfi. Avevamo programmato i festeggiamenti per i nostri 30 anni di attività con numerose iniziative, con il coinvolgimento delle autorità locali, dei nostri ex giocatori e giocatrici e dei nostri importanti sponsor. Al momento tutto è rinviato, ma non appena sarà possibile festeggeremo insieme a tutta la città i nostri 30 anni di storia ed il ritorno ad una tanto attesa normalità».

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impresa

Laura Losi

QUELL'INEFFABILE PROFUMO DELLA CARTA

LA POKER SRL: AVVENTURE DI UNA CINQUANTENNE

Fabio Montanari, Marcello Rossi, Aimone Spaggiari, Claudio Manicardi e Massimo Bedocchi

Tante sono le realtà aziendali di Correggio che sono riuscite a sfidare il tempo ed a consolidarsi nel corso di diversi decenni. Nella loro storia si condensa la soddisfazione dei fondatori ma anche di tutti noi, che da bravi emiliani sappiamo apprezzare il valore del lavoro e dare il giusto peso alla parola "operosità". Con questo spirito andiamo a scoprire cosa si nasconde dietro all’insegna di colore blu della Poker s.r.l., ben visibile lungo Viale dei Mille e che sappiamo far capo ad un personaggio tra i più noti della vita sociale della nostra città, Aimone Spaggiari. Tutto ebbe inizio a metà degli anni Sessanta, mi racconta Aimone, quando da giovane studente dell'Istituto Tecnico per periti lavorava nei mesi estivi presso la cartolibreria Scaltriti: fu proprio lì che, rimasto talmente affascinato dal profumo della carta, decise di farne a sua volta una professione. «Quello della carta, della cellulosa, è un odore particolare, un vero profumo, che si riconosce ad occhi chiusi; anche al tatto la carta, con tutte le sue grammature, è sempre stata per me fonte di un piacere che col tempo non si è mai affievolito». Preso da questo piacere, Aimone, appena ventunenne, iniziò la professione di venditore per aziende leader del settore del forniturismo di articoli di cancel-

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leria per ufficio, acquisendo un bagaglio di esperienza che, nel giro di breve tempo, gli consentì di fare il grande passo e mettersi in proprio. L'avventura di Poker iniziò 50 anni fa, per mano di tre amici, tra cui lo stesso Aimone. Partendo da una piccola esposizione, dove «tutto l'assortimento era sul tavolo», riuscirono ad acquisire clienti importanti come le Camere del Lavoro, la Cooperativa Muratori, diverse ceramiche ed aziende metalmeccaniche, tutte grandi utilizzatrici di carta in un periodo di sviluppo economico in cui gli uffici non lesinavano le stampe e facevano uso di molte e diverse tipologie di carta. «Il percorso sembrava spianato, ma c'era un ostacolo. La normativa vigente all'epoca imponeva il contingentamento delle licenze e non consentiva di aprire una sede fissa di vendita di articoli di cancelleria oltre a quelle già presenti sul territorio. Ma la difficoltà aguzza l'ingegno e, grazie al suggerimento dell'allora giovane Sindaco Giulio Fantuzzi, che volle incoraggiare questo nostro terzetto, iniziammo con una licenza per commercio ambulante, per poi trasferire in sede fissa per qualche tempo l'attività a Bagnolo in Piano». «È stato un periodo di espansione, di tanto lavoro e di belle soddisfazioni, perché nel frattempo si era aggiunto a questa

avventura un nuovo socio, il compianto Pierino Montanari. Il passaggio da un terzetto ad un quartetto di soci, tutti con un po’ di passione per il gioco delle carte, spiega l’origine del nome Poker. La creatività e l'entusiasmo di Pierino, già falegname, contribuì ad inserire nell'azienda il settore dell'arredamento per ufficio, mentre io potevo dedicarmi alla parte commerciale». Quando il raggio di attività di Poker è arrivato a ricomprendere le province di Reggio Emilia, Modena, Mantova e Parma, si sono aggiunti all’organico societario nuovi membri: prima Claudio Manicardi, poi suo fratello Fabio, poi Massimiliano Bedocchi e per ultimo Marcello Rossi, che da cinque anni si occupa stabilmente della nostra nuova sede di Carpi. «Tengo a precisare che oggi noi cinque siamo soci alla pari, non ci sono quote di maggioranza: tra noi vige un'assoluta democrazia», sottolinea Aimone. In effetti questa atmosfera familiare la si coglie in tutti i reparti dell'azienda, dalle due impiegate amministrative ai venditori e al magazzino. Alla Poker trovi 20 addetti che si dimostrano operosi ma con il sorriso. Ma come si colloca un'azienda come Poker nell'attuale panorama dell'e-commerce? È cambiata la concorrenza? «Purtroppo con l'avvento dell'e-com-

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merce la concorrenza è cambiata moltissimo ed in modo molto rapido. Oggi dobbiamo confrontarci con molta concorrenza sleale, che sfrutta prezzi civetta per attirare nuovi clienti a discapito della qualità della merce. Passato il primo impatto iniziale, abbiamo reagito e ci siamo messi sul mercato dell'e-commerce anche noi. Lì la competizione è sicuramente più aggressiva perché non c'è modo di studiare più di tanto la concorrenza, si deve elaborare una buona strategia e non demordere. Finché ci saranno studenti ed aziende, il settore della cancelleria non passerà mai di moda e lo stesso dicasi per la Pubblica Amministrazione, che si è evoluta verso le piattaforme telematiche per gli acquisti ma resta sempre una cliente sicura». Il lockdown ha influito sul vostro fatturato? «Assolutamente sì. I primi tempi è stata dura perché nella primavera del 2020 siamo arrivati a perdere il 40% del fatturato in pochi mesi, tra la Pubblica Amministrazione e molte aziende nostri clienti fissi in smart working e tutti gli studenti in DAD. Anche qui però siamo riusciti a reagire. Abbiamo dovuto ricorrere per un breve periodo alla cassa

integrazione, ma abbiamo mantenuto l'obiettivo di non licenziare nessuno. Questo ci sarebbe dispiaciuto davvero molto, perché buona parte dei nostri dipendenti è con noi da parecchi anni e ci consideriamo una grande famiglia. Poi, dato il periodo, abbiamo iniziato a commercializzare gel igienizzante e mascherine: questo ha dato nuova linfa al nostro fatturato, che resta stabile tra i 3 e i 4 milioni di euro all’anno». Quali sono i vostri punti di forza? «Senza dubbio l'attenzione per il cliente; quello del "cartolaio" è un lavoro semplice e allo stesso tempo complicato. Dietro un oggetto che può sembrare banale ci sono tanto lavoro, tanta preparazione e soprattutto tanta varietà nei materiali. Bisogna conoscere le caratteristiche tecniche di ogni prodotto del catalogo per saper consigliare il cliente in modo mirato. Poi ci teniamo ad effettuare le consegne con il nostro personale: abbiamo in organico due autisti che sono sempre in movimento; non ricorriamo mai a corrieri terzi, per assicurare la dovuta puntualità, con soddisfazione della clientela. Inoltre, la chiusura in poco tempo delle due cartolibrerie storiche del paese ci ha inaspettatamente trasferito una nuo-

va fetta di mercato, perché ora si rivolgono a noi ancor più gli studenti delle scuole dell'obbligo per gli articoli tipici e soprattutto per i libri di testo. Poi c'è tutto il settore dell'arredo ufficio, nel quale siamo in grado di fornire soluzioni chiavi in mano». Tra le migliaia di articoli per ufficio che ha visto passare sotto ai suoi occhi nel corso dei decenni, ce n'è uno che non passa mai di moda? «Il fotocopiatore. Questo senza dubbio è l'unico bene che è rimasto nel tempo! Certo, si è evoluto: inizialmente c'era il "ciclostile", poi, da quando la tecnologia ha prodotto il fotocopiatore, questo non ha più avuto rivali». A conclusione della nostra chiacchierata, Aimone mi ha accompagnato in visita per tutta la sede. Occupa ben 1.700 metri quadri di superficie, incluso il magazzino ordinatissimo con articoli di cancelleria di ogni tipo. Un incanto di forme e colori, da sentirsi come Alice nel Paese delle Meraviglie! E nell’aria quel profumo di carta, lo confesso, ha stregato anche me.

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GAIA GORNI, DICIANNOVENNE, REALIZZA QUELLO DELLA FOTOGRAFIA COME LAVORO 30

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lavoro È da qualche mese che parliamo di giovani e lavoro, e spesso ci siamo trovati a raccontare i lati più difficili dell’essere un giovane in un mondo che offre poche tutele e valorizza sempre meno le competenze individuali. Oggi però abbiamo una storia diversa. Una storia che mette in luce e dà valore alla creatività, al talento ed alla voglia di fare che, così spesso, viene descritta come una virtù persa dai giovani. È la storia di Gaia Gorni, una ragazza di diciannove anni di Reggiolo che, dopo aver finito il liceo a Correggio, ha scelto di seguire la sua passione più grande: la fotografia. Dopo meno di un anno, Gaia lavora a tempo pieno come fotografa, ha aperto la partita Iva e sta perfino pensando di prendere un dipendente. Tutto questo, in sei mesi. «Ho sempre avuto la passione per la fotografia», racconta, «anche se all’inizio non immaginavo che avrei fatto un lavoro in quel settore. Poi pian piano mi ci sono sempre più trovata, ho avuto persone intorno che mi hanno incoraggiata e ho capito che potevo trasformarla in qualcosa di più di un passatempo». Gaia adesso si occupa di fotografia per la moda e del prodotto, oltre a gestire vari profili social di negozi ed attività della zona. Questo significa che scatta le foto, produce i contenuti e li carica in rete. Lavora sette giorni su sette, dal mattino alla sera, e ha dovuto acquisire competenze di ogni tipo. «Innanzitutto ho dovuto sviluppare un tariffario», spiega, «poi ho imparato ad essere segretaria di me stessa, mandando mail, pianificando e tenendo i rapporti con i clienti. Poi ci sono i sopralluoghi, il lavoro di editing sulle foto al computer, la promozione sui canali social...» Spesso è difficile avere la percezio-

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Giacomo Bigliardi

ne di quanto lavoro ci sia dietro a questo tipo di professioni, e Gaia ammette che all’inizio è stato complicato far capire alle persone che aveva intorno cosa significasse ciò che faceva. «I miei amici mi dicevano che se non avessi fatto l’università, non sarei diventata nessuno. Vedevano quello che facevo come una specie di anno sabbatico. Sono fortunata perché la mia famiglia mi ha sempre supportata nelle mie scelte. Conosco altre persone che magari sono state costrette dai genitori a cambiare percorso: purtroppo, quando non hai un terreno fertile intorno, fare certe scelte diventa difficile». Ascoltando queste parole, si capisce quanto la scelta del lavoro sia diventata per Gaia anche una scelta di vita, che mette in gioco tutta la sua persona. Spesso, i tanti giovani che “non sanno cosa fare della loro vita” non hanno nemmeno la possibilità di conoscerli, i propri sogni, i propri talenti. Non hanno la possibilità di spiccare il volo e vedere cosa succede. Quello che dice Gaia è molto vero: se non hai un terreno fertile intorno che ti aiuta a far emergere queste parti di te stesso, diventa difficile trovarle da solo. A lei che qualcosa è riuscita a trovare, provo a chiedere quale significato dia al suo lavoro. «La fotografia è una cosa in cui riesci a portare fuori molto di te. Si crea un incontro tra le altre persone e la tua creatività. È come vivere una vita amplificata, in cui rendi gli altri partecipi di quello che pensi e sogni. Si raccontano sempre le storie di persone che a cinquant’anni mollano tutto, cambiano lavoro e dicono di trovare la felicità. Non è più facile se uno inizia a lavorarci fin da subito?»

Dal 21 maggio al 4 luglio, potete trovare le foto di Gaia Gorni all’interno del circuito off del festival di Fotografia europea. La mostra, dal titolo “Il pathos della lontananza”, si trova presso Spumanteria all’opera (Galleria Cavour 8, Reggio Emilia).

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artigianato

Lorenzo Sicomori

TRA VIOLINI E CHITARRE, ECCO IL LIUTAIO APPASSIONATO

GIULIANO COVEZZI E I SEGRETI DI UN'ARTE ANTICA

L’affabilità è la dote che colpisce incontrando per la prima volta Giuliano Covezzi. Si ha subito la sensazione che qui la fretta e l’impazienza non siano di casa. 70 anni, grandi baffi e fisico asciutto, mi riceve nel laboratorio di via Buonarroti dove trascorre buona parte del suo tempo, in compagnia del suo fido cane da caccia, dedicandosi, ora che è in pensione, alla sua passione principale: la liuteria. Il liutaio, che svolge uno dei cosiddetti “mestieri d’arte”, progetta, realizza e ripara gli strumenti musicali ad arco, come violini e violoncelli, e a corda pizzicata, come chitarre e mandolini. Si occupa di ogni fase della loro creazione: dalla scelta dei materiali alla realizzazione dei pezzi, verniciatura, assemblaggio e regolazione del suono. Caro Giuliano, com’è scattata questa passione per una attività che sembra rivestire caratteri quasi esoterici, un sapere antico e che richiede un alto grado di competen-

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za, conoscenze di materiali, sensibilità musicali? «Voglio innanzitutto chiarire che in questo campo non vi sono segreti. Vi sono ottime scuole che insegnano questo mestiere ed un giovane può scegliere questa professione tradizionale, studiando e facendo esperienza in botteghe affermate. Per me il desiderio di costruire strumenti musicali è nato da ragazzo, combinando la passione per la musica con l’amore per quel meraviglioso materiale che è il legno. Verso i sedici anni ho studiato chitarra andando a lezione dai maestri correggesi Malmusi e Parmigiani, mentre la capacità di lavorare il legno l’ho appresa da mio nonno, bravissimo a riparare gli attrezzi che erano d’uso comune in una azienda agricola. La mia vita professionale, tuttavia, prese un’altra direzione: frequentai l’istituto professionale di meccanica a Carpi e a diciassette anni andai a lavorare presso la ditta GS, ora SNAP-ON, di Correggio. La passione per la musica e gli strumenti musicali, comunque, non venne mai meno. Prima di andare a militare avevo già costruito alcune chitarre, molto semplici, con un suono piuttosto grezzo. Nel corso degli anni venni in contatto con la liuteria Lodi di Carpi, già allora molto affermata, che mi diede le nozioni fondamentali per la costruzione degli strumenti. La liuteria Lodi riparava strumenti importanti, come le chitarre di Antonio De Torres; ebbi cosi l’occasione di conoscere da vicino le tecniche tradizionali».

è veramente difficile ed impegnativa: dalla scelta dei legni, alle bombature, alle “effe” e alle numerose fasi della lavorazione. Alla fine poi deve essere dotato di buona intonazione, suonabilità ed emissione sonora. Come in ogni mestiere, per avere buoni risultati ti devi specializzare e così decisi di dedicarmi alla chitarra classica, acustica ed al mandolino napoletano e americano». Potresti raccontarci le fasi principali della costruzione di una chitarra classica, caratteristica per le sonorità calde e rotonde date dalle corde di nylon e dalla forma della cassa? «Una nota particolare va alla scelta dei legni, che non solo devono essere stagionati ma anche specifici per le varie parti dello strumento. Quelli della cassa e della tavola armonica hanno la funzione di garantire la qualità del suono. Il legno che spicca per importanza è quello per la tavola armonica: deve essere un legno di risonanza, con una particolare attitudine sonora. Io utilizzo preferibilmente il legno di abete della val di Fiemme, che mi viene fornito dalla Guardia Forestale; bisogna essere in grado di selezionarlo e serve una buona dose di competenza ed esperienza, ormai patrimonio di pochi. Purtroppo la tempesta Vaia, che qualche anno fa si è abbattuta su quelle valli, ha fatto strage anche di questi abe-

Oltre alle chitarre hai costruito altri tipi di strumenti? «Inizialmente mi appassionai al violino e ne costruii sette o otto. Di solito si riproduce uno strumento storico, tipo Stradivari o Guarneri, ma la realizzazione

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«Grazie alla mia esperienza meccanica ho costruito personalmente alcuni macchinari o adattato macchinari esistenti per potere eseguire lavorazioni di precisione sul legno. Mi sono così dotato di piccole seghe a nastro, seghe circolari, trapani ed un tornio, che mi permettono di ridurre i tempi di lavorazione. Per esempio per la chitarra classica cui sto lavorando ora possono servire otto o nove mesi di tempo, ma non ci lavoro assiduamente».

ti. All’interno della cassa sono applicati listelli di abete che ne rinforzano le caratteristiche strutturali e sonore. Per le fasce ed il fondo utilizzo legni duri e compatti come l’acero, il palissandro, il mogano o il cipresso. Per la tastiera utilizzo l’ebano e per il ponte, al quale si legano le corde, principalmente il palissandro. Si procede poi con le lavorazioni, usando sagome di riferimento per la tavola armonica ed il fondo, tagliando il legno con idonee seghe elettriche. Il legno delle fasce viene curvato con particolari procedimenti a caldo. Il manico poi è costituito dalla giunzione di tre pezzi di legno: ai lati due pezzi più grossi di mogano e al centro una lamina sottile di ebano o acero per la tastiera. In una chitarra classica il lato estetico non è secondario ed è concentrato in particolare sul roso-

ne centrale intorno alla buca; con un compasso a taglio vengono effettuate due incisioni concentriche, profonde circa un millimetro, e con un piccolo scalpello viene asportato il legno fra di esse ricavando lo spazio per la rosetta decorativa, che va incollata nella sua sede e successivamente levigata. Tutti questi pezzi vengono poi incollati mettendoli in pressione, poi si passa alla verniciatura. Per quest’ultima operazione utilizzo resine che vengono diluite in alcool, ma cerco di stenderne il meno possibile perché la vernice influenza la voce dello strumento». È una lavorazione con una forte presenza di manualità, ma vedo che nel tuo laboratorio hai anche elettroutensili particolari.

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Mi accompagna nel magazzino a fianco del laboratorio: in un armadio sono appese cinque chitarre tra acustiche e classiche, di colori e dimensioni diverse. Giuliano prova qualche accordo per farmi sentire i diversi suoni che escono da quei legni scuri e levigati. In un altro armadio sono appesi cinque mandolini, tre napoletani e due americani, veri gioielli di artigianato dove ogni superficie è curva e impreziosita da legni pregiati. Il brano che Giuliano esegue al mandolino napoletano è semplicemente bellissimo. Ma questi strumenti sono in vendita? «No, i miei strumenti non hanno mercato. Uno strumento di liuteria costa molte migliaia di euro: un musicista si rivolge ad un marchio affermato mentre un prodotto industriale si compra con qualche centinaia di euro. Ho diversi amici musicisti, a volte presto loro i miei strumenti, a volte suoniamo assieme per divertirci e a volte teniamo piccoli concerti di beneficenza in centri sociali o in case protette per anziani, così, per passione». Nel 2012 la liuteria tradizionale cremonese è stata iscritta nella lista del patrimonio culturale dell’umanità dell’UNESCO. ELETTRAUTO MANUTENZIONE E LAVAGGIO CAMBI AUTOMATICI DIAGNOSI ELETTRONICA VENDITA E RIPARAZIONE PNEUMATICI RICARICA CLIMATIZZATORI ASSETTO RUOTE EQUILIBRATURA ELETTRONICA TAGLIANDI CERTIFICATI ANCHE PER VETTURE IN GARANZIA

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storia locale

Gabriele Fabbrici

ROBERTO INCERTI, PIONIERE DELL’AUTOMOBILE

DA CORREGGIO A TORINO, DIETRO UN SOGNO... A CUSCINETTI Roberto Gaetano Carlo Incerti nasce il 30 settembre 1862 a Mandriolo di Correggio. Il padre, Gallo Callisto, aveva 38 anni mentre la madre, Fortunata Tamagnini, era trentenne. Sapeva leggere e scrivere, come si legge nell’atto di emigrazione a Torino nel 1893, ed esercitava la professione di impiegato. Nel capoluogo piemontese, dove diviene “meccanico”, sposa l’11 novembre 1893 Italia Orsola Maria Cociglio, giovane sarta di origine veneta, da cui nel 1905 avrà una figlia, Matilda. Nel 1903 fonda con Ettore Rabezzana la società in nome collettivo “Incerti Roberto & C” per “l’esercizio dell’industria di costruzione meccanica”, con sede in Torino e capitale sociale di 10.000 lire. Il 21 gennaio 1904 la ditta Incerti acquista dalla Bassignana un terreno fabbricabile di poco più di 1.770 metri quadrati, nelle immediate vicinanze dello stabilimento Fiat, tra via Marocchetti, via Correggio e corso Massimo d’Azeglio. Il talentuoso Incerti deposita una domanda di brevetto, presso la prefettura di Torino il 31 gennaio 1906, per “perfezionamenti nella costruzione dei cuscinetti a sfere mantenute distanziate”. Brevetto che viene rilasciato pochi giorni più tardi, il 27 febbraio e per la durata di tre anni. Incerti era riuscito a coronare il suo sogno e la Società venne premiata con medaglia d’oro all’esposizione internazionale di Milano di quell’anno. Intanto, la FIAT del Senatore Giovanni Agnelli guardava con interesse alla RIV di Roberto Incerti perché produceva i cuscinetti a sfera, requisito essenziale nella fabbricazione delle auto da corsa. Nel 1905 alla ditta era stato proibito di gareggiare ad una corsa automobilistica, il cui regolamento imponeva ai partecipanti di correre con vetture di serie prodotte in almeno dieci esemplari e con tutti i pezzi realizzati rigorosamente nella nazione di provenienza: i cuscinetti era-

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no acquistati in Francia. Agnelli fece forti pressioni sui soci. Nel 1908, nonostante alcune resistenze, viene approvata la partecipazione della ditta con metà dell’aumento di capitale della Società in nome collettivo Incerti & C. “fino alla cifra di L. 1.200.000”. Così, Incerti e Rabezzana da soci si ritrovano di fatto dipendenti, pur con una cospicua percentuale derivante dagli utili da incassare a fine gestione. Il 23 maggio 1906 è posta in liquidazione anche la società “Incerti Roberto e C.” e nasce una nuova società in accomandita semplice, della durata di dieci anni, sotto la denominazione: “R. Incerti e C.”, destinata a fabbricare cuscinetti a sfere,

sfere in acciaio e pezzi di meccanica, trasferendo la sede a Villar Perosa. Incerti avrebbe dovuto dedicare la sua intera attività alla società, mentre Agnelli, con una deroga della Camera di Commercio, poteva accettare e conservare qualsiasi carica presso altre aziende commerciali ed industriali, purché non fossero in concorrenza con la società Incerti nella produzione di cuscinetti a sfere e sfere in acciaio. Nessun impegno particolare era assunto da Rabezzana, che era socio accomandante. Il 10 settembre 1907 viene depositato in Svizzera il brevetto di un nuovo tipo di cuscinetto a sfere, a nome di Giovanni Agnelli e Roberto Incerti e il 2 ottobre

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Uscita operai negli anni venti a Villar Perosa

successivo richiesto in Italia, sempre a nome di Agnelli e Incerti a Villar Perosa, il brevetto di un “coussinet à espacement des billes perfectionné” che sarà concesso il 5 febbraio 1908. In questi anni la società deposita numerosi brevetti industriali frutto del lavoro di ricerca di Incerti, ma spesso firmati anche con il nome di Giovanni Agnelli. Se ne conteranno almeno sei, di cui uno depositato in Svizzera, forse estensione di un brevetto italiano. Il 29 ottobre 1907 Ettore Rabezzana recede dalla società prelevando la sua quota, seguito, il 31 dicembre 1908, dallo stesso Incerti che, però, prima di uscire di scena, chiede ed ottiene il cambio di nome in “Officine di Villar Perosa”. Per ottenere ciò, Incerti deve però dichiarare di abbandonare il settore e di non intraprendere attività concorrenziali con la sua ex impresa. Nel corso del 1908 Incerti presenta istanza di riconoscimento di ben tre brevetti. Uno, a nome suo e di Agnelli, per perfezionamenti nella costruzione dei cuscinetti a sfere, è rilasciato il 31 agosto 1908; gli altri due, intestati alla ditta Incerti e relativi a nuove gabbie per cuscinetti a sfere, sono concessi nel 1909, quando ormai Roberto Incerti si era allontanato dalla società, che non portava più il suo

nome. Incerti, in realtà, avrebbe dovuto attenersi all’impegno di non costruire o depositare brevetti a suo nome fino al 1916, limitandosi a costruire e vendere serie di biciclette o biciclette complete soltanto sotto il nome di altra ditta, per tre anni. Temporaneamente Agnelli superò l’ostacolo del divieto di usare il nome di Incerti, facendo seguire alla nuova denominazione “Officine di Villar Perosa. Agnelli e C.”, l’indicazione “già Roberto Incerti e C.”. L’ostilità di Agnelli, anche sindaco di Villar Perosa, provoca una vera e propria damnatio memoriae nei confronti di Incerti, tanto che la storiografia ufficiale della RIV (acronimo di Roberto Incerti Villar Perosa) e della Fiat lo hanno sempre tenacemente ignorato, o al più gli hanno dedicato poche e insignificanti righe. Dopo la parabola di Incerti, la RIV nel 1919 divenne la Società Anonima per Azioni Officine di Villar Perosa e nel 1943 “RIV- Officine di Villar Perosa”, che nel 1965 venne assorbita dalla Skf (Svedish Kullager Fabrike), dando vita alla Riv-Skf.

E Incerti? Il 13 dicembre 1951 muore a Torino per insufficienza miocardica e bronchite diffusa, complicate da marasma senile nel dicembre del 1951. Aveva 89 anni ed abitava in un alloggio in affitto in via Pinelli 34: nessun rappresentante della RIV-Officine Villar Perosa prende parte alle sue esequie. A funerali avvenuti, la famiglia lo ricorda con un necrologio pubblicato su “La Stampa” del 16 dicembre 1951 in cui la sua lunga vita è definita “operosa e onesta”. La figlia di Incerti, Matilde, priva anch’essa di proprietà immobiliari, gestì a Torino, tra il 1956 e il 1972, un negozio al minuto di profumi, fiori finti, capelli, piume e pelletterie. Il 31 dicembre 1972 presenta denuncia di cessazione dell’attività per “passività della gestione e malattia della titolare”. Solo a metà anni 2000, tuttavia, qualcosa è cambiato: il comune di Villar Perosa ha dedicato a Incerti una via della zona industriale. Modesto ma importante ricordo di uno dei pionieri dell’industria automobilistica italiana.

Per approfondire R. Allio, Roberto Incerti e le origini della Riv, in “La storia e l’economia, miscellanea di studi in onore di Giorgio Mori, vol. 2., Varese, 2003 (estratto).

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per non dimenticare

Viller Magnanini

IL DOVEROSO RICORDO DI DUE SPLENDIDI AMICI SPORTIVI MARCO TESTI E PAOLO FERRARI

In un periodo non certamente da annoverare tra i più felici, si aggiungono alle tribolazioni sanitarie, già di per se demoralizzanti per lo sport, anche eventi infausti che purtroppo ci toccano, nel vero senso della parola. Ci addolora nel profondo la scomparsa a fine aprile di due amici e sportivi correggesi, Marco Testi e Paolo Ferrari, che vogliamo ricordare tramite le parole di chi ha percorso un lungo pezzo di strada “sportiva” assieme a loro: per Marco Testi, il circolo Tennis Correggio, nella persona di Ero Caffagni; per Paolo Ferrari, “al Moster”, il compagno di tante raccolte di funghi, Marcello Lo Perfido, e quello di tante battute di pesca, Claudio Maioli. Li ringraziamo per la loro testimonianza. Per Marco il tennis era una passione di famiglia. Il padre Alfredo, detto Dimo, ha rappresentato per il Circolo Tennis Correggio un punto di riferimento e lo stimolo per dare impulso al settore giovanile. Il fratello Tiziano, che ci ha lasciato a marzo, seguì le orme del padre diventando presidente in un quadriennio non facile, quello del trasloco del circolo in via Terracchini. Marco ben presto seguì le orme famigliari con la racchetta in mano e raggiunse anche risultati di un certo rilievo. Nel 1995 fu eletto nel consiglio direttivo del circolo, di cui diventò anche presidente fino al 2008. Come presidente avviò subito contatti stringenti con la Federazione Italiana Tennis, dando notevole impulso alla scuola tennis con sensibile aumento degli iscritti. Nel 2000 organizzò per il circolo il 1º torneo internazionale Under 12, che vide la presenza di 180 ragazzi provenienti da tutto il mondo. Nel 2008 venne nominato direttore tecnico del circolo, carica che ricopri fino al giugno 2016. In questo periodo si qualificò anche come giudice arbitro. Per la sua la sua dedizione e per aver portato il circolo correggese a far parte del novero dei circoli più prestigiosi gli venne assegnata la “Stella di bronzo al merito sportivo”. Ciao Marco, riposa in pace: se esiste un po’ di spazio dove ora ti trovi, sono sicuro che riuscirai a organizzare qualche partita di tennis.

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Nel ricordare Paolo Ferrari, per tutti “al Moster”, vengono alla mente subito parole che lo caratterizzavano: era caparbio ed esuberante, in tutto ciò che faceva puntava sempre al massimo delle sue possibilità e... ci riusciva, sia nel lavoro che nello sport. Calcio (dagli amatori alla Bagnolese in eccellenza), ciclismo (sempre con i primi), pesca subacquea in apnea (di livello nazionale), basket (indomabile), tennis (lottatore inesauribile) e fungaiolo (inarrivabile maestro). Sperimentato tanti sport, raggiunto secondo il suo sentire l’apice, smetteva, per ripartire subito con un altro obiettivo: aveva tuttavia eletto a sua passione principale, senza mai abbandonarla, i funghi, dei quali conosceva tutto; aveva persino divulgato il suo sapere girando video molto belli, che furono trasmessi anche da emittenti televisive importanti e che si trovano tuttora visibili sui “social” più importanti. Poliedrico all’ennesima potenza, i funghi li sapeva cucinare e anche molto bene, tanto che partecipò e vinse una puntata alla “Prova del cuoco”, nota trasmissione tv. Una malattia feroce ci ha tolto il piacere della sua compagnia. Un cuore grande Paolo, che si esaltava nei momenti conviviali da lui organizzati e cucinati, il godimento dei suoi racconti romanzati, delle guasconate assieme agli amici di sempre. Marcello e Claudio sperano che ovunque tu sia adesso ci siano uno specchio d’acqua pescoso ed una “costa” di una collina dove cercano di crescere e nascondersi i funghi, inutilmente, perchè li stai già raccogliendo. Ciao Paolo, non ti dimenticheremo mai.

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cultura

Arianna Tegani

LA FILOSOFIA, UN ESERCIZIO PER TUTTI

IL LABORATORIO DEI BAMBINI DELLA CANTONA DIVENTA UN LIBRO

Quando, nella primavera 2019, abbiamo iniziato il Laboratorio di filosofia con una cinquantina di bambini della scuola Cantona, nessuno di noi immaginava che la finzione di gestire un’Isola potesse anticipare la situazione attuale. Sì perché, dopo questi interminabili mesi di pandremia, siamo davvero in un nuovo mondo. Come dice Edgar Morin in “Cambiamo strada. Le 15 lezioni del coronavirus”, siamo in una realtà complessa, all’insegna dell’incertezza e dell’imprevisto, che esige una nuova via politico-ecologica-economica-sociale e un umanesimo rigenerato, solidale e responsabile. Difficile vero? Eppure gli studenti del Liceo “Corso” e i bambini della “Rodari” hanno raccolto la sfida del formatore Luca Mori, che ha riproposto l’esperimento mentale dell’utopia, caro a tanti filosofi. A partire da come viviamo in società, dalle leggi che ci governano, dalle relazioni tra noi, con le altre culture, con la natura possiamo immaginare nuove soluzioni ai problemi di

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oggi? Un mondo migliore è possibile? Il futuro è nelle scelte che facciamo insieme. La grande scoperta di questo laboratorio è che allenarsi al problem solving richiede metodo, tempo, ascolto. Bisogna partire da buone domande ed esercitare il dubbio, il coraggio di mettersi in discussione, esplorare territori nuovi. E se è difficile scegliere, bisogna riformulare le domande, darsi tempo, ascoltare più in profondità, gustare lo scambio reciproco, incoraggiare il farsi del ragionamento mentre il pensiero prende forma. Lo scopo non è collezionare opinioni diverse, appese come quadri in mostra, ma fare esperienza della bellezza di ragionare con la propria testa, scoprendo che con gli altri si ragiona meglio. A volte è facile, spesso è difficile, ma mai inutile. Si può cambiare idea perché, come dice Martina, «magari la tua idea è splendida, poi un altro te la migliora e diventa fantastica». Come in un enorme puzzle si è intenti ad incastrare le idee o si cerca il pezzo mancante per immaginare un mondo diverso. Afferma Luca Mori: «è necessario accompagnare il gruppo a sporgersi oltre quello che già sa, per pensare e sognare il mondo con altri occhi». Questa esperienza ci è così cara che l’abbiamo pubblicata nel testo: “Giocare con la filosofia. L’arte di sognare con i piedi per terra”. Il Centro Culturale Lombardo Radice è stato il promotore e l’ideatore di questa iniziativa editoriale. Nel video allegato al testo ci sono tante mani alzate per parlare, sguardi concentrati, risate e anche partecipa-

zione vorticosa ma, come dice Jacopo, «l’unico tempo perso è quando non ci si ascolta». Desideriamo riproporre l’esperienza non solo agli studenti, ma anche agli adulti e agli stranieri che frequentano le scuole per imparare l’italiano ed essere cittadini del nostro Paese. Siamo convinti che l’esercizio del pensiero e del dialogo siano la radice della democrazia e della cittadinanza. “Nessuno che impari a pensare può tornare ad obbedire come faceva prima” (Hannah Arendt). Se è vero che la politica è una seconda nascita perché consiste nell’agire insieme, cioè nel cominciare qualcosa che nasce dal discorso e dall’iniziativa con gli altri, allora abbiamo bisogno di rinascere davvero! Tornare ad una politica in cui le persone si ascoltano, si impegnano responsabilmente per gli altri, si appassionano per ciò che è giusto e buono per il nostro vivere insieme. Rinascere ad una società plurale, solidale, fraterna. Dopo la pandemia tutto è cambiato. Non siamo capaci di tenere il passo di una rivoluzione che ci spaventa un po’. Però possiamo, come hanno fatto questi studenti, fare un’esperienza positiva di riflessione insieme. Piccoli gruppi, timidi passi, una trama di relazioni che con fiducia gettano nel nostro territorio semi di novità.

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NOTIZIE IN BREVE EVENTI CULTURALI NEL MESE DI GIUGNO

CONVERSAZIONI D'ARTE E STORIA martedì 8 e mercoledì 30 giugno ore 21.15 Conversazioni d’arte a cura del prof. Claudio Franzoni e GianPaolo Lusetti martedì 15 giugno ore 21.15 Presentazione del fumetto “Francine e la visione di San Giovanni” a cura di Francesca Rustichelli con il Gruppo Teatrale Mandriolo domenica 13 giugno ore 16.00 e sabato 3 luglio ore 16.30 Inaugurazioni mostre Museo Il Correggio CONCERTI DI CLASSICA giovedì 10 giugno ore 21.15 con m° José Antonio Domené e M° Davide Burani domenica 20 giugno ore 21.15 M° R. Prosseda, M° L. Puxeddu, M° H. Liviabella e M° D. Formentelli lunedì 21 giugno ore 21.15 Concerto per soprano, flauto e arpa” concerto del trio Les Aquerelles domenica 27 giugno ore 21.15 Concerto per pianoforte e violoncello del duo C. A. Bacchi e A. Bruno

lunedì 28 giugno ore 21.15 Concerto della Formentelli Family con il M° R. Baraldi VISITE GUIDATE venerdì 4 giugno ore 16 Presentazione guida “Correggio dei Principi”. ore 17 Visita guidata alla Città ed al Museo su prenotazione lunedì 14 giugno ore 20.45 Visita guidata alla città su prenotazione domenica 27 giugno ore 17.30 Visita guidata ai luoghi allegriani CINEMA venerdì 18 e 25 giugno ore 21.15 Cinema a Palazzo BAMBINI giovedì 17 - 24 giugno ore 21 giovedì 1 luglio ore 21 Una ludoteca sotto le stelle Tutte le prenotazioni presso Biblioteca G. Einaudi: biblioteca@comune.correggio. 0522 693296. per Notti di Musica ed Immagini: Pro Loco.

LA CORREGGESE CAMBIA LA GUIDA TECNICA Nelle ultime partite di campionato, alle quali si devono aggiungere tutti i recuperi causati dalle soste per il Covid-19, al posto di Mattia Gori e del suo staff tecnico è arrivato alla Correggese Fabio Bazzani, una grande carriera da calciatore in Serie A con le maglie di Perugia, Lazio e Sampdoria prima di chiudere al Mezzolara, dove ha svolto anche il ruolo di allenatore. La società biancorossa ha comunicato l'esonero del mister Mattia Gori, che chiude l'esperienza a Correggio con 32 punti in 24 partite giocate. Una scelta del presidente Claudio Lazzaretti arrivata dopo la sconfitta nella sfida a Forte dei Marmi, con la squadra che tornava in campo dopo la quinta sosta forzata a causa del Covid-19. Nella prima parte della stagione, quando la squadra era riuscita ad allenarsi con costanza, erano arrivati risultati importanti. Nelle ultime stagioni mister Bazzani ha svolto il ruolo di vice al suo ex allenatore Serse Cosmi sulle panchine di Ascoli, Venezia e Perugia. In questa esperienza a Correggio avrà come proprio vice allenatore Lauro Bonini, nel ruolo di preparatore atletico Davide Zanasi, e Daniele Fontana che è rimasto l'allenatore dei portieri. «Sono molto felice di essere arrivato a Correggio - ha affermato Fabio Bazzani che ha guidato il suo primo allenamento - e vogliamo provare a ottenere dei risultati importanti visto che questa squadra ha delle qualità. Manca poco tempo al termine della stagione, ma tante partite: quindi il nostro destino è ancora nelle nostre mani. Chiaramente c'è poco tempo per lavorare visto che ogni quarantotto ore saremo in campo; sarà fondamentale la testa dei giocatori e la loro voglia di andare a conquistare un risultato importante».

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CORREGGIO IN BRICIOLE RASSEGNA DEGLI EVENTI CORREGGESI RACCONTATI DALLA STAMPA LOCALE

24 aprile 2021 • A San Martino in Rio viene rinvenuto il cadavere del cinquantottenne Paolo Eletti, colpito alla testa, mentre la moglie, in stato di incoscienza e ferita ai polsi, viene ricoverata al Santa Maria ed è in coma farmacologico; il figlio della coppia, Marco, di trentatrè anni, che aveva dato l’allarme, è stato fermato e condotto nel carcere di Modena dopo un lungo interrogatorio; sono stati ravvisati gravi indizi di colpevolezza 30 aprile 2021 • Durante i lavori di ristrutturazione di un’ala del Convitto era stato ritrovato un messaggio di antichi convittori datato 1880; oggi i piccoli alunni del Rinaldo Corso rinnovano la tradizione e nascondono in una nicchia del muro un’ampolla in cui hanno inserito una loro testimonianza dei nostri tempi, sperando che tra centocinquant’anni si verifichi il suo ritrovamento 4 maggio 2021 • A Rio Saliceto la “Manifattura Riese”, titolare del marchio “Navigare”, viene messa in liquidazione; 82 dipendenti, quasi tutte donne (la metà occupate nei punti vendita italiani), verranno licenziati; la storica azienda di Rio, dopo l’acquisto quattro anni fa della maggioranza delle azioni da parte di un fondo d’investimento, tre mesi fa era stata trasferita a Carpi con grande risalto ed impegno al rilancio; facile sospettare che alla nuova proprietà interessasse solo il marchio per poi cederlo 10 maggio 2021 • Vengono inaugurate due nuove aule per lo svolgimento di attività didattiche all’aperto, le strutture bioclimatiche, realizzate col contributo di Banco BPM, verranno utilizzate dalle scuole primarie “Allegri” e “San Francesco” maggio 2021 • Un quarantanovenne correggese con problemi di alcolismo, già sottoposto a sorveglianza speciale per aver disturbato le lezioni di una scuola, viene arrestato per aver minacciato più volte il medesimo barista facendosi servire gratuitamente alcoolici, per aver insultato i carabinieri accorsi, per essersi rifiutato di presentare i documenti d’identità e per aver preso a calci l’auto degli agenti • Muore a Magreta, nel modenese, il diciottenne correggese Riccardo Bellopede, studente della 5° B della sezione scientifica al liceo R. Corso; partecipando ad una festa di matrimonio, per sfuggire ad un gavettone, è uscito sulla strada venendo investito da un furgone; dolore e incredulità tra i compagni di classe

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a cura di Fabrizia Amaini

COME ERAVAMO

LA BELLA ROCCHETTA DALLE TRE VITE: CASERMA, CARCERE E OSTELLO GENTILE

Rocchetta dopo il restauro

Piazza mercato

L’attuale configurazione della Rocchetta risale al 1887, quando la realizzazione della Stazione ferroviaria portò alla demolizione della sezione dell’edificio originario che occupava Corso Cavour, impedendone il diretto accesso. Il preventivo di spesa per l’abbattimento fu di 1850,85 lire. La parte rimasta indenne subì una ristrutturazione che volle restituire all’e-

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Plastico della Rocchetta

dificio la dignità architettonica neoclassica e funzionale, sia rispettando la necessità di un collegamento del centro storico alla ferrovia, sia riprendendo lo stile dei palazzi adiacenti. Inizialmente la Rocchetta divenne sede della Caserma dei Reali Carabinieri, successivamente si trasformò in Carcere mandamentale con alloggiamento della guardia carceraria e

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del custode, funzione svolta fino ai primi del Novecento. Con la concomitanza dell’evento Giubilare del Duemila, è stato possibile approntare un intervento globale di recupero e consolidamento antisismico dell’edificio, occorso per l’aggravarsi delle condizioni statiche in conseguenza del terremoto del 1996. Oltre a recuperare una costruzione particolarmente significativa per la memoria storica correggese, si è potuto realizzare una struttura ricettiva a basso costo e conforme alle esigenze contemporanee, un Ostello, che nel rispetto della distribuzione architettonica-tipologica dell’edificio si è conformata agli usi di accoglienza assolti durante i secoli. Il bellissimo interrato, caratterizzato da ampi spazi con volte a botte, interamente lasciati con murature a vista, ospita oggi un suggestivo locale adibito alla ristorazione e alla cultura, chiamato “La Galera”. UN PO’ DI STORIA L’originaria edificazione della Rocchetta risale all’anno 1372, ad opera di Guido VII da Correggio. Rientrava nel contesto di una radicale trasformazione della politica estera dei ‘da

Ieri, oggi e domani...

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Correggio’, fino ad allora dimoranti principalmente in Parma e relativo contado, che determinò immediate e positive ripercussioni sul loro vecchio centro, segnando la dinamica crescita di un borgo bisognoso di una ri-fortificazione idonea alla sua difesa. La Rocchetta, anticamente detta “rocha parva o nova” per distinguerla dall’adiacente “rocha magna o antiqua” (cioè il Castello esistente fin dal 1009), era circondata da un fossato e chiudeva perpendicolarmente l’attuale Corso Cavour (detto allora “strada della montagna”), per salvaguardare il nucleo abitativo storico racchiuso nell’area del Castelvecchio, che rappresentava il centro pensante e politico della città. L’area racchiusa tra la Rocchetta e il Castello formava un’ampia piazza adibita a servizi vari, fra cui spiccava il campo impiegato per il “giuoco del ballone”, odierno stadio cittadino. Nell’Ottocento, fino al suo abbattimento, era principalmente adibita a uso di mercato. Fu occupata da un presidio spagnolo (chiamato nell’anno 1584 dal Conte Camillo I per dirimere controversie familiari) che fu cacciato dagli Estensi nel 1655, dopo oltre un settantennio di prepotenze e abusi.

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a cura di Luciano Pantaleoni

CULTURA POPOLARE

MA VA A CAGHÊR!

OVVERO LA FATICOSA RICERCA DI UN ARMONIOSO EQUILIBRIO La pariva sol na scurèsa… invece a gh’è gnu adré al fés. Sembrava solamente una scoreggia… invece gli è venuto dietro anche il fisso (altro...). Non di rado molte persone vivono l’espletamento di questo bisogno come un problema.

“Ma va a caghêr” è una delle espressioni più usate nel parlato comune, che assume toni e significati differenti a seconda del contesto e dell’intonazione della voce. Può esprimere stupore: ma va là?… ma cosa dici?... Risentimento: no assolutamente!... nemmeno per idea... Distacco: ma vai via... vattene lontano... Per alcuni è anche un augurio. Ho un amico, ogni volta che qualcuno gli dice “Ma va a caghêr”, risponde “Magari!”, lasciando tutti sorpresi. Per lui l’espletazione di questa funzione vitale è un problema e ogni cosa che la favorisce un sollievo. Sappiamo quanto sia importante avere un buon equilibrio intestinale. L’intestino è centrale per la nostra sopravvivenza: attraverso di lui il nostro corpo assimila e assorbe le sostanze nutritive vitali per la nostra salute e l’equilibrio biochimico che ci garantisce il benessere. (1) Inoltre vi è una stretta relazione tra intestino e cervello. Stress, ansie e paure possono incidere sul normale funzionamento dell’intestino e, al contrario, disordini e difficoltà intestinali possono avere ripercussioni sull’umore. In modo sintetico nella cultura popolare si diceva: Magna bein e chêga fort / e a n’aver paura ed la mort. Mangia bene e caga forte / e non aver paura della morte. In generale la necessità di defecare richiede una sollecita soddisfazione. È più pês na mêrda madura che un sach d’amsura. È più pesante da (sos)tenere una merda matura (che preme) / di un sacco di misura (un quintale). A volte, piccoli stimoli, nascondono più gravi situazioni.

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STITICHEZZA Il termine stipsi deriva dal greco styphein (stretto) ed indica una difficoltà nell’espletamento della funzione intestinale. È una sindrome di cui soffre circa il 15 per cento della popolazione e, stando a diversi studi pubblicati, in modo particolare le donne. La me murosa l’è dura di corpo quand la gh’a da caghêr la punto forto la punta forto e la s’cianca l’erba e la va cun al cul in mèsa a la merda. La mia morosa è stitica / quando deve cagare spinge forte / spinge forte e strappa l’erba / e cade con il culo in mezzo alla merda. Le feci dure e gli sforzi per l’evacuazione possono provocare irritazioni e prolasso delle emorroidi. Porre rimedio a tanta sofferenza non era semplice in anni in cui non erano ancora disponibili specifici antiinfiammatori o creme lenitive. Si narra la storia di una resdora che, afflitta da questo grave disturbo, aveva adottato una soluzione naturale che serbava gelosamente in un angolo recondito della cantina: una fetta di grasso che, alla bisogna, teneva tra le chiappe. La storia vuole che una volta, in cui soffriva particolarmente, sia andata in cantina a prendere la sua “magica soluzione” ma non l’abbia più trovata. Qualcuno, preso da un raptus di fame e ignaro della funzione alla quale era destinato, aveva preso il prelibato boccone e se lo era mangiato. La stipsi crea disagio ed una fastidiosa pesantezza. Le persone afflitte da questo disturbo, pur di riuscire a “liberarsi”, si sottopongono a riti segreti personalissimi, a pratiche originali, a misteriose pozioni confezionate con erbe magiche, a supposte di glicerina, a potentissimi clisteri... DIARREA La diarrea è la condizione opposta alla stitichezza. È il meccanismo di difesa attraverso il quale il nostro organismo cerca di espellere, il più velocemente possibile, sostanze nocive dal nostro organismo. Il termine pare che derivi da una parola greca che significa scorrere attraverso e rende bene la condizione nella quale ci si ritrova. Quand la gh’vin, al gh’a da cureregh adré. Quando gli viene ci deve correre dietro (si deve affrettare). A cmanda più al cul che al Re. Comanda più il culo del Re (ai bisogni impellenti bisogna dare

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immediata risposta). L’a caghê oc e budé. Ha cagato occhi e budella (gli è venuta una diarrea incontenibile). Molti casi sono dovuti a virus, a farmaci, ad intolleranze alimentari, a stati di ansia o al freddo (ciapêr dal frescum). L’espulsione è spesso accompagnata da crampi intestinali (stréch ed pansa). PRATICHE CORRELATE - PULIZIA In passato non essendo disponibili carte a tre strati, morbide e resistenti, si faceva con quel che c’era…. Si usavano foglie di grande dimensione, erbe, pezzi di carta di giornale… non senza problemi. A spaseres al cul cun l’erba / a s’grata la pela e t’armagn in man la merda. A pulirsi con l’erba / si irrita la pelle e ti rimane in mano la merda. Al più bel fat dal mond l’è spaseres al cul cun un sas rutond perché s’te drov la cherta s’la se s’cianca e a t’armagn in man la merda. Il più bel fatto del mondo / è pulirsi il culo con un sasso rotondo / perché se usi la carta / se si strappa ti rimane in mano la merda. CONSIGLI PER UN ARMONIOSO EQUILIBRIO Per prevenire queste problematiche è consigliato curare l’alimentazione evitando cibi fritti, eccessivamente grassi, bevan-

de gasate, zuccherate e privilegiando frutta e verdure. Pom cot / te n’in magn un e t’in chegh ot. Mele cotte / ne mangi una e ne caghi otto. Pom cot, nespel madur / merda fata seinsa cul. Mele cotte, nespole mature / merda fatta senza culo (naturalmente, senza fatica). È opportuno fare esercizio fisico: camminare, nuotare… Come ricordava il saggio “cinese”: caga poco chi fa poco moto. Deve essere fatta una vita “regolare”, dedicando il giusto tempo alle funzioni fisiologiche ed evitando situazioni stressanti. Deve essere raggiunto un armonioso equilibrio. Un ultimo consiglio: coltivare la creatività! Dedicarsi a un’attività piacevole e che stimoli la fantasia permette di distaccarsi dalle forme di stress e di concentrarsi su un aspetto più gratificante e piacevole. Un’attività “di pancia”, quindi, che stimola il pensiero: insomma, una vera e propria coccola per intestino e cervello. (1) Prendere la vita con maggiore leggerezza. Al mior fat ed la natura: caghêr quand l’è madura. La cosa migliore in natura / cagare quando è matura. (la migliore cosa nella vita / cagare con naturalezza). Fintant che la boca la tos e al cul al rend asideint al medseini e a chi li vend. Fino a quando la bocca prende e il culo rende / accidenti alle medicine e a chi le vende. Con buona pace dei farmacisti. (1) Gershon M.D. _ Il secondo cervello _ Utet 2013

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a cura di Nadia Stefanel

UNA MOSTRA AL MESE XVII. MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA How will we live together? Venezia, fino al 21 novembre

La mostra, curata dal libanese Hashim Sarkis, è costituita da 61 partecipazioni nazionali, dislocate tra i Giardini, l’Arsenale e il centro storico di Venezia, con tre paesi presenti per la prima volta alla Biennale Architettura: Grenada, Iraq e Uzbekistan. Intorno alla domanda aperta How will we live to-

gether? (Come vivremo insieme?) si sviluppano i diversi contributi che appaiono focalizzarsi su alcune delle questioni: una nuova idea di comunità globale che si attiva e organizza grazie agli strumenti digitali, ma che è anche capace di raccogliersi in piccoli gruppi locali preoccupati per le sorti del proprio territorio di appartenenza; la necessità di riscoprire una legacy culturale propria di ogni diverso Paese partecipante, per affrontare la multiculturalità e l’interdisciplinarietà del nuovo millennio. Interessante l’approccio del Padiglione Italia, curato dall’architetto, docente e ricercatore Alessandro Melis, che associa pensieri e discipline, lavorando nello stesso modo delle connessioni neuronali, cogliendo gli input provenienti dal mondo esterno, dal rumore di fondo, e tramutandoli in innovazione, creatività. La sperimentazione messa in campo mette in dialogo l’architettura con la botanica, l’agronomia, la biologia, l’arte, la medicina, le scienze sociali, la tecnologia e la storia. I progetti selezionati per l’esposizione rispondono ad ambiti di ricerca inerenti alla crisi ambientale, all’ambiente costruito, alla salute, alla pressione sociale, alla creatività ed all’ecologia, seguendo un decalogo che si declina in quattordici sezioni tematiche che tracciano i percorsi della resilienza.

a cura di Marilena Bertani

RACCONTAMI BENEVOLENZA COSMICA Fabio Bacà Adelphi Edizioni, 2019 Quante volte ci capita di avere delle giornate storte, dei momenti in cui non ne va bene una, quelle settimane in cui ci sentiamo tutti i pianeti e l’universo contro? Beh a Kurt O’Reilly, il protagonista di questo brillante romanzo, succede esattamente il contrario: lui è perseguitato dalla dea bendata, la fortuna gli arride, qualsiasi cosa faccia, e a lui questa cosa proprio non va giù. Per lavoro si occupa di statistica ed è quindi ben consapevole che tali fortuite coincidenze non possano accadere così di sovente: prova a fare investimenti rischiosi in borsa e di colpo guadagna migliaia di sterline, viene ferito di striscio da un proiettile ma salta fuori che a sparargli è stato un tiratore scelto della polizia e pertanto lo Stato gli riconosce un abbondante risarcimento, a lavoro fa il minimo sindacale e subito

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ottiene una promozione, persino i tassisti che lo accompagnano in giro si rifiutano di fargli pagare le corse. Com’è possibile tutto ciò? Sta impazzendo? Kurt non sa a chi rivolgersi, sa bene che a raccontarlo in giro le persone lo farebbero rinchiudere...insomma, chi si lamenta della buona sorte? Un giorno però inizia a domandarsi se la sua folle fortuna non comporti un’estrema sfiga per una persona a lui connessa e quindi inizia a chiamare tutti coloro che potrebbero essere coinvolti informandosi su come vanno le cose, se sono in salute e come se la sono passata negli ultimi mesi, ma niente, nulla che sia anomalo. Quindi chi è che complotta alle sue spalle? Una storia che fa sorridere fin dalle prime pagine, il protagonista è carismatico e dotato di un umorismo cinico che risponde colpo su colpo agli “sgambetti” della benevolenza cosmica che lo perseguita senza pietà. Bacà riesce a mantenere costante il ritmo e costruisce una trama esilarante e al limite dell’assurdo pur mantenendosi ancorata alla realtà; in fondo il fortunato Kurt è un uomo di logica ed il suo disperato obiettivo è proprio quello di ridurre il paradossale in qualcosa che sia comprensibile e calcolabile, quantificabile e analizzabile. Ci riuscirà?

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a cura di Claudio Corradi

AGRICOLTURA, VERDE, AMBIENTE

L'ORTO DOCET, POI TI CAMBIA LA VITA Cresce, a vista d’occhio. É questo uno degli aspetti più affascinati dell’orto domestico con la realizzazione del quale, per chi non lo ha mai fatto o non lo ha mai visto fare, si arrivano a scoprire una serie infinita di affascinanti fenomeni della natura. Uno in particolare, forse il più inaspettato, è quello della brevità del ciclo di vita di alcuni prodotti che, partendo da semi o da piccole piantine trapiantate, in pochissimo tempo (per alcune anche soli 30 giorni) sono pronti per essere raccolti. Una delle cose positive che ci ha regalato questo lunghissimo ed estenuante periodo di lockdown è proprio la riscoperta dell’orto domestico: con questo termine intendiamo tutto ciò che va dalla realizzazione più classica, costituita da quelle che dialettalmente a Correggio si dicono “prese” (che di fatto però sono “prose” o “porche”), fino ad arrivare al semplice vaso posto sul balcone nel quale si coltiva basilico, rosmarino o pomodorini. Pare siano stati effettivamente in tanti ad avvicinarsi alla coltivazione dell’orto in questo periodo e, per chi ha avuto questa opportunità o intuizione, gli aspetti piacevoli scoperti sono stati sicuramente sorprendenti. Al punto che questa nuova passione non si esaurirà sicuramente a breve, visto che la coltivazione di un orto è talmente coinvolgente da non poter più essere abbandonata. Un orto di fatto cambia la vita. D’altro canto, come si può resistere al fascino di una serie di semi o piantine minuscole che, in un periodo tutto sommato breve, possono colorare il nostro orto e diventare lattughe, zucchine o melanzane. La prima soddisfazione è quella di vedere il risultato produttivo, scarso od abbondante che sia, ottenuto grazie all’impegno profuso, non trascurabile in funzione della dimensione dell’orto, e la straordinaria collaborazione della natura. Poi arriva la soddisfazione dei sapori: il gusto nel vero senso della parola, vale a dire la ricchezza di una sapidità che talvolta

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non ritroviamo uguale in un prodotto di cui non conosciamo la provenienza, ma soprattutto che non abbiamo coltivato noi direttamente. É a questo punto che si diventa capaci di apprezzare anche una fragola più piccola od una carota meno perfetta. Non da ultimo, l’orto ci riporta a contatto con le stagioni. Potrebbe sembrare retorico ma già da diversi anni stiamo correndo il rischio di dimenticare che ogni essenza, orticola o frutticola che sia, ha una sua stagione ed il fatto che quel pomodoro lo si trovi al supermercato anche a Natale non significa assolutamente che quella sia la sua stagione. Prendere l’abitudine di ricercare i prodotti di stagione aiuta sicuramente l’economia domestica e l’ambiente, ma anche l’attività degli agricoltori. LA FUNZIONE SOCIO–EDUCATIVA DEGLI ORTI Non tutti hanno la possibilità di realizzare un orto a casa propria. Per questo motivo, in diverse realtà vengono allestiti spazi di terreno da assegnare a chi intende dedicarsi all’arte della coltivazione dell’orto, che è anche uno strumento per fare movimento, restare in tranquillità e trarre grande soddisfazione. Correggio non fa eccezione, basti per esempio pensare agli orti di Villa Gilocchi in via Mandriolo superiore, che vedete nell’immagine. L’orto in certi casi può diventare un hobby, ma al tempo stesso può essere educativo. Pensiamo per esempio agli orti didattici, da alcuni anni sempre più diffusi, che vengono realizzati all’interno delle scuole o nell’ambito di attività scolastiche. Iniziative che, soprattutto quando coinvolgono anche genitori e nonni, sono in grado di sensibilizzare le famiglie ad maggiore conoscenza dei cicli naturali ed al rispetto per l’ambiente, con ovvie ricadute sulle scelte alimentari dei consumatori.

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L’ANGOLO DEL RELAX QUIZ DI STORIA Splendida Gianna, per metà bracco e per metà levriero, nella sua posizione, ci ricorda un personaggio storico di epoca medioevale. Fu un grande condottiero e un signore illuminato. Chi è?

MODI DI DIRE Cun l'acqua ed San Zvàn, i van via al pólghi, i pióc e i pulèin

PROVERBIO DEL MESE S'a pôiv per San Quirèin dimondi saltót, pan e vèin

Cangrande della Scala Signore di Verona (1291-1329) Soluzione Quiz Storia:

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