Primo Piano - Giugno 2021

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cultura

Luisa Gabbi

TORNARE A TEATRO PER COSTRUIRE COMUNITÀ

LA GIOIA DI ALESSANDRO PELLI, DIRETTORE DELL'ASIOLI «Il teatro nasce per costruire una comunità. Dopo lockdown e chiusure spero che adesso si possa ricominciare a ricostruire comunità anche attraverso occasioni culturali”. È felice di aver riaperto le porte del Teatro Asioli il direttore Alessandro Pelli, responsabile anche dei servizi culturali della Biblioteca Einaudi. Lo abbiamo intervistato prima dell’inizio della seguitissima rassegna Correggio Jazz. «Riaprire il teatro è una grande gioia. Le difficoltà indubbiamente ci sono, ma la soddisfazione è tanta. Era già stata tantissima l’estate scorsa, quando siamo stati i primi a riaprire e con 40 serate all’aperto. Questa fase di chiusura è stata più lunga, però c’è stata qualche possibilità alternativa con le attività on line di tutti i teatri». Come è nato il cartellone? «Siamo riusciti a salvare il cartellone già previsto in autunno con alcune modifiche di date, soprattutto per raccordare gli impegni degli artisti internazionali. Superato un pessimismo iniziale, ce l’abbiamo fatta e, toccando ferro, andiamo avanti». Qualche sottolineatura su Correggio Jazz? «Sarebbero tutti da citare. Sono tutti progetti originali, dai grandi gruppi internazionali ai gruppi italiani come sempre individuati tra i più innovativi e interessanti». Come vi siete organizzati per riaprire l’Asioli? «Secondo le linee guida di Ministero e Regione, sperimentate nell’autunno scorso. Ora la soglia degli spettatori è fissata al 50% della capienza autorizzata». Quanti posti? «Al massimo 249 persone, ma per rispettare il distanziamento a posti sfalsati forse dovremo rinunciare a qualche posto».

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Oltre che assistere ai concerti dal vivo, sarà bello tornare a godersi il teatro… «Assolutamente sì! Dalle mail, dalle telefonate che riceviamo mi sembra che le persone siano contente di tornare concretamente in teatro. C’è qualche disagio con gli orari per rispettare il coprifuoco, soprattutto per quella parte di pubblico che viene da Bologna, dalla Romagna, ma c’è voglia di tornare e in particolare per la rassegna jazz». Le misure di sicurezza sono ormai rodate? «I teatri, quando sono stati aperti, lo hanno fatto in sicurezza. Garantiamo il distanziamento, l’igienizzazione, il settaggio del ricambio dell’aria. Poi è chiaro che qualcuno conserva timori. Il pubblico è abituato, prenota, arriva per tempo, è prudente e disciplinato». Però, anche se chiuso al pubblico, il cuore del teatro ha continuato a battere, giusto? «Sì, non si è mai fermato. La riflessione

che abbiamo fatto è che il teatro non poteva diventare un capannone abbandonato e non poteva neanche interrompere di comunicare la sua esistenza al pubblico. Quindi ci siamo organizzati in modo in parte autonomo, in parte con Ater, con proposte ad hoc, a cui assistere nell’unica modalità possibile, cioè attraverso i canali internet. Questo per mantenere un teatro vivo, un rapporto con il nostro pubblico, dare spazio agli artisti, sostenere artisti e tecnici che sono sicuramente tra le categorie più colpite». Sui social del Teatro Asioli ci sono infatti vere chicche. Qualche esempio? «La Conta di Natale con Claudio Milani, un calendario di Avvento con un appuntamento al giorno per bambini. Poi la prima della “Pastorale” della Michele Merola Dance Company in streaming dal teatro. Ma soprattutto abbiamo organizzato residenze artistiche, raccontandole sul web con video ad hoc e buoni risultati di visualizzazione».

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